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Mariangela Camocardi

Il talismano della dea

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PARTE PRIMA



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Milano 1668 I quattro secondini erano alle prese con un'impegnativa sfida a carte quando il capitano Joaquin de Fuentes scivolò inosservato nel budello maleodorante che si apriva davanti a lui, trattenendo il fiato mentre l'oscurità lo inghiottiva. Doveva agire con estrema cautela, per non aggravare le imputazioni contro la donna rinchiusa in una delle fetide celle di quella prigione. I calunniatori abbondavano, e qualcuno avrebbe potuto insinuare che la strega lo aveva irretito con una delle sue malie. Lo spagnolo si accigliò alla sola idea e continuò ad avanzare spedito. Nel cunicolo ardevano poche torce fumose, conficcate negli appositi anelli di ferro arrugginito infissi nella parete e così distanti l'una dall'altra che il loro fioco bagliore era insufficiente a rischiarare quella succursale dell'inferno. Fatta eccezione per lo sfrigolio della resina di cui le fiaccole erano impregnate e per il persistente, tedioso sgocciolio di un canale di scolo esterno, il silenzio era rotto solo dal battere cadenzato dei suoi passi. Probabilmente, pensò tra sé, perché essere segregati in un posto orribile come quello toglieva anche la forza di lamentarsi. Mentre procedeva, il suo sguardo non indugiò sugli angusti confini di quella tomba per vivi e sulle porte sbarrate delle numerose celle che si scorgevano a stento nell'oscurità. No, pensò, onestamente non poteva definire celle le gabbie per topi che ospitavano i detenuti. Cimici, pidocchi, scarafaggi e chissà 7


quali altri immondi parassiti si contendevano l'esiguo spazio, ed esservi segregati risultava di certo atroce da sopportare quanto il lezzo che ristagnava tra i muri trasudanti umidità e terrore. L'ufficiale si fermò davanti all'ultima porta e trasalì vedendo dallo spioncino che la donna giaceva scomposta come una bambola rotta sulla lurida paglia sparsa sul pavimento. Per un istante temette – o forse addirittura desiderò – che fosse spirata per intervento della divina Misericordia, sfuggendo così ai tormenti degli interrogatori che ancora avrebbe dovuto affrontare. Le dita ancora sul catenaccio, esitò a varcare la soglia. Stava rischiando grosso e ne era consapevole, anche se non avrebbe saputo spiegare quale inesplicabile impulso lo spingesse a prendersi tanta pena per quella sventurata che presto sarebbe stata arsa sul rogo. Quando gli era stato affidato quell'incarico, non aveva immaginato che l'avrebbe turbato tanto assistere ai supplizi cui erano sottoposti i detenuti. Ci voleva uno stomaco d'acciaio per resistere a tali e tante crudeltà, ma essere al soldo del Re di Spagna comportava obbedienza assoluta agli ordini e lui non aveva la possibilità di farsi trasferire altrove. Così, non avendo alternative, aveva eretto una barriera invisibile tra sé e le disumane sopraffazioni fisiche di cui era testimone, ostentando una maschera d'indifferenza che tuttavia, essendo solo esteriore, si era lentamente logorata. Finché il suo sguardo e quello della strega non si erano casualmente incrociati, e qualcosa dentro di lui si era ribellato. Oltre alla sofferenza che le straziava le carni, negli occhi di Adonella aveva colto l'innocenza di chi non ha commesso alcun peccato. Lei si era indubbiamente accorta del profondo sgomento che lo attanagliava – uno sgomento inusitato in un uomo che avrebbe dovuto essere abituato alla brutalità, e che viceversa ne era sopraffatto – e da quel momento, ogni volta che i secondini la conducevano nella sala delle torture, lo fissava con deliberata franchezza: indifferente ai patimenti fisici cui era sottoposta, non emetteva un solo lamento e sembrava tra8


esse il coraggio di resistere proprio dall'ammutolito raccapriccio che leggeva sul viso dell'ufficiale spagnolo, e che lui ogni giorno di più stentava a nascondere. Subito dopo l'arresto, Adonella era stata spogliata dai carcerieri, rasata in tutto il corpo e costretta a indossare l'umile tunica fornita dalla Curia, e infine purgata ripetutamente, pratica che l'aveva molto indebolita. Era la normale procedura cui erano sottoposte le presunte streghe: poiché si riteneva che le malefiche occultassero potenti amuleti o la prova di formidabili patti col diavolo nei capelli, nei peli, negli abiti e persino negli intestini, era opinione comune che solo denudandole, depilandole e purgandole avrebbero ammesso la loro colpevolezza. Joaquin ne aveva viste parecchie finire al cospetto degli inquisitori, e non una di esse si era salvata dalle sevizie, prima che i giudici le condannassero al rogo. Confessavano sempre. Tutte. E ardevano come sterpi secchi alla Vetra, sinistra e rinomata piazza alle spalle di S. Lorenzo Maggiore, dove fin dall'anno 1080 si giustiziavano i popolani destinati alla pena capitale. Gli aristocratici venivano invece decapitati al Broletto con un rapido e pietoso colpo di scure, per il quale qualsiasi condannato avrebbe indubbiamente optato, potendo scegliere come morire. Distogliendo la mente da quelle inopportune riflessioni, lo spagnolo entrò nella cella e chinatosi sull'informe mucchietto di stracci sfiorò il dorso della donna con la mano ricoperta dal guanto nero. Poiché non ottenne alcuna reazione, la scosse più forte, rabbrividendo nell'udire un flebile sospiro in risposta. «State male, señora?» proruppe ansiosamente, ma si rese subito conto che la sua era una domanda assurda. I seviziatori dell'Inquisizione si erano accaniti sulla prigioniera più di quanto un essere umano potesse sopportare, eppure Adonella non aveva ceduto, tacendo ciò che volevano estorcerle a tutti i costi e con ogni mezzo. Quella donna possedeva l'indomita tempra di una leonessa e sopportava stoicamente la tortura, tuttavia era solo questione di tempo: prima o poi sarebbe crollata, ingrossando il numero delle infelici creature che l'avevano prece9


duta sul banco degli accusati. E anche lei, come tutte le altre, avrebbe finito per sottoscrivere al cospetto di un notaio una confessione nella quale ammetteva di aver praticato le arti magiche, di servire il demonio e di aver cospirato contro la Chiesa e i suoi integerrimi rappresentanti. «Señora» ripeté Joaquin con voce arrochita dall'apprensione e dalla pietà, «che cosa vi succede? Che cosa avete?» Un braccio scarno e costellato di lividi sbucò dal tessuto ruvido; il capo rasato e coperto di piaghe infette e croste ruotò, mostrando un profilo che di femminile non aveva più nulla. Solo un occhio era rimasto intatto: verde come una scheggia di smeraldo e scintillante di un'angelica luce che nasceva da dentro, pareva brillare nella sinistra penombra della cella. Era uno sguardo che non vacillava, e che induceva i giudici a farsi un frettoloso segno della croce quando lei li inchiodava ai loro misfatti con un'espressione distaccata che non tradiva timore né soggezione. Povera anima, pensò Joaquin, oppresso da un empito di impotenza e compassione. Un anonimo delatore aveva sporto denuncia contro Adonella alle autorità religiose, accusandola di intessere sortilegi, incantesimi e fatture che colpivano l'intero vicinato, e ormai, dopo settimane e settimane di carcere e di supplizi, restava ben poco di attraente in lei. L'avevano sfigurata con tenaglie incandescenti, strappandole perfino denti e unghie. «Siete voi, capitano?» farfugliò la donna, cercando faticosamente di girarsi verso di lui. «Sono io. Vi ho portato una pozione che lenirà il dolore» rispose Joaquin porgendole una fiaschetta che conteneva, tra gli altri ingredienti, anche una generosa dose di oppio. Adonella, tuttavia, la rifiutò con un gesto risoluto. «Siete buono, capitano. Tanto da farmi ricredere sull'insensibilità della maggior parte degli uomini, religiosi compresi.» «Allora bevete ciò che vi ho portato e non fatemi perdere minuti preziosi. Non posso trattenermi a lungo» la sollecitò de Fuentes con un filo di impazienza. «È un rimedio preparato da un caro amico, un frate che conosce il potere curativo delle er10


be. Mi ha assicurato che vi farà bene e che lenirà il dolore.» «Vi ringrazio per la premura, ma potevate risparmiarvi la fatica, capitano.» «Non lo volete?» «No.» «Diòs, perché no?» sbottò de Fuentes, irritato. «Dio non esiste, capitano. Se no, come potrebbe permettere che alle sue creature venissero inflitti simili patimenti?» «Non siate blasfema, donna!» la redarguì con asprezza Joaquin, pur comprendendo da cosa fossero originate quelle amare parole. «E voi non siate risentito con me, ve ne prego!» «Come potrei non esserlo, dannazione?» ribatté lui. «Respingete quasi con sdegno l'aiuto che vi viene offerto e che altri sventurati nelle stesse condizioni apprezzerebbero. È come sputare in faccia a chi si sta prodigando per darvi una mano, oltretutto a proprio rischio e pericolo.» «Non è così, e voi lo sapete, capitano» lo contraddisse Adonella. «Voglio soltanto restare lucida, e quell'intruglio non ha altro vantaggio che annebbiare la coscienza.» «E che cosa c'è di male in questo, se vi risparmia altro dolore?» «Voi non capite...» mormorò Adonella scuotendo debolmente il capo e rivolgendogli uno sguardo amichevole. «Capire? A cosa alludete?» «Al fatto che io sono ormai un cadavere, il cui unico desiderio è poter guardare in faccia quei demoni in tonaca finché non esalerò l'ultimo respiro. È il solo piacere che posso concedermi, e non intendo privarmene.» «Preferite dunque soffrire? Non vi tenta l'idea di avere un barlume di tregua?» «Oh, se sapeste, invece, com'è allettante, capitano! E non sono pazza, se mai il sospetto vi avesse attraversato la mente. Rifiutare il laudano mi costa quasi tutta la forza di volontà che mi è rimasta, perché vi confesso che la sofferenza è terribile, soprattutto se qualcuno si diletta nell'infliggerla ad altri. No, 11


non berrò la vostra pozione, tuttavia potreste rendermi davvero felice portandomi qualcosa che ponga fine a questa prolungata agonia.» Adonella fece una pausa e si passò la lingua sulle labbra screpolate. «Se mi fosse concessa la grazia di scegliere una morte meno crudele, chiederei semplicemente di andarmene con dignità e non come una bestia su cui si infierisce sino all'estremo spasimo, sotto gli occhi di un pubblico ebbro di sangue.» Lo spagnolo si irrigidì e il suo sguardo si fece guardingo. «E che cosa vorreste che vi portassi?» «Veleno» bisbigliò la donna fissandolo implorante. Negli istanti di attonito silenzio che seguirono, i due occupanti della cella si misurarono a vicenda, come se ciascuno volesse valutare la pericolosità dell'avversario prima di affrontarlo in duello. Un enorme scarafaggio fece capolino da una fessura del muro e zampettò rapido verso Adonella, che lo guardò con apatica noncuranza. Ci era abituata e non ci badava più. «Veleno?» ripeté Joaquin con una smorfia più esplicita di un rifiuto, mentre schiacciava l'insetto sotto la suola dello stivale. «State scherzando, spero. Vi ho già riservato privilegi che nego ad altri, e non posso accordarvi ulteriori favori...» «Privilegi che non vi ho mai chiesto» lo interruppe lei. «È così, lo riconosco, non avete mai domandato nulla» fu costretto ad ammettere Joaquin. «Perché, dunque, fate questo per me?» «Perché io...» De Fuentes serrò le labbra e si accigliò. «Ebbene?» lo sollecitò stancamente la donna, guardandolo con un'espressione così rassegnata che il capitano si irrigidì. Joaquin si tolse il cappello piumato e si passò le dita tra i lunghi capelli bruni. Adonella aveva un aspetto e una personalità che gli rammentavano sua madre: gli occhi erano del medesimo colore, entrambe avevano lo stesso carattere ostinato, e non erano disposte a scendere a patti con l'ipocrisia altrui. Avversa a qualsiasi compromesso e in perenne contrasto con i severi costumi dell'epoca, Mercedes Carmen de Fuentes non si era mai voluta assoggettare alle intransigenti convinzio12


ni religiose che di quei tempi imperavano ovunque. Colta e intelligente, aveva saputo educare il figlio senza inculcargli idee preconcette benché Joaquin fosse nato da una relazione illecita con un gentiluomo inglese, il Visconte Wilton. Questi, sposato con una nobildonna londinese di alto lignaggio, non aveva potuto regolarizzare la relazione con l'amata Mercedes, né riconoscere il bambino nato dal loro rapporto. Colpevole di aver indotto un uomo all'adulterio, Mercedes era stata ripudiata dalla propria cattolicissima famiglia e per mantenere se stessa e il figlio aveva dovuto diventare una cortigiana, pur rimanendo interiormente integra, onesta e pulita. Apparentemente indifferente alle calunnie, si era poi legata sentimentalmente a un personaggio altolocato della corte spagnola, mostrandosi così emancipata da decidere in piena autonomia della propria vita e volgendo opportunamente a proprio profitto una situazione non certo facile da gestire. La personalità di Joaquin era stata dunque forgiata da una donna che non gli aveva mai consentito di sentirsi inferiore agli altri solo perché era illegittimo e il ragazzo aveva preso molto dalla madre: l'amante di Mercedes, che godeva di grande prestigio, aveva fatto ottenere al ragazzo un posto di ufficiale nei ranghi dell'esercito spagnolo, e in seguito Joaquin era salito di grado per meriti personali, sottoponendosi a un addestramento durissimo fino a diventare un eccellente uomo d'arme e uno spadaccino imbattibile. Adonella era molto simile a Mercedes: apparentemente fragile, era in realtà una coriacea combattente che, saldamente aggrappata alla propria innocenza, teneva testa ai propri aguzzini con un'audacia e un coraggio che ben pochi uomini avrebbero avuto in una situazione del genere. «Nel vostro caso ho voluto fare un'eccezione, señora» si risolse a spiegarle Joaquin. «Mi sono sentito in dovere di farlo.» «Per quale motivo?» «Perché vi ostinate a tacere quello che loro vorrebbero sentirvi dire, anche a costo di subire crudeltà in grado di abbattere la resistenza e lo spirito di sopportazione di chiunque.» Si rimi13


se il cappello e le lanciò un'occhiata eloquente. «Sono un uomo d'arme temprato dalla guerra, tuttavia non esito a confidarvi, e con un certo imbarazzo, che al vostro posto non sarei in grado di tollerare altri tormenti.» «Vedete, capitano, è proprio la mia innocenza a infondermi la forza d'animo che mi permette di resistere. Non la darò mai vinta a quegli scellerati perché non mi sono macchiata di colpe così turpi da giustificare un simile accanimento...» Adonella si appoggiò al muro incrostato di sporcizia ed emise una breve, amara risata che echeggiò tra le anguste pareti della cella. «Essere in loro balia vi diverte?» domandò Joaquin, chiedendosi per un istante se le facoltà mentali di Adonella fossero così compromesse dalla prigionia e dalla sofferenza da far vacillare la sua ragione. Molti impazzivano, là dentro, incapaci di accettare il loro infame destino. «Tutt'altro, capitano.» Un accenno di sorriso increspò le labbra della donna. «Sapete, credo che a denunciarmi sia stata una vicina il cui fidanzato si era infatuato di me. Lei era molto più bella di me e quello sciocco non mi interessava affatto, tuttavia la gelosia può rendere meschini e vendicativi anche senza motivo, e accusarmi di stregoneria si è rivelato un metodo efficace per sbarazzarsi rapidamente e per sempre di una rivale che quella giovane considerava insidiosa.» «Lo avete detto agli inquisitori?» «Naturalmente, ma una volta caduti nelle loro grinfie si è spacciati, lo sapete bene.» «Ditemi dove abita quella donna: mi recherò da lei e proverò a parlarle io stesso. Se è venale come dite, qualche moneta sottobanco potrebbe persuaderla a ritrattare le accuse nei vostri confronti e scagionarvi così agli occhi dei giudici.» «Credete davvero che rischierebbe la galera per avermi accusata ingiustamente? No, capitano, quell'arpia non ammetterebbe mai di aver giurato il falso solo per togliermi di mezzo» sibilò Adonella. «Che figuraccia farebbe di fronte alla gente?» «Ma è una mentitrice, oltre che una creatura malvagia.» «Ormai la mia sorte è segnata, capitano» sospirò Adonella 14


scrollando le scarne spalle e fissandolo con l'occhio sano. «A volte incontriamo il nostro destino proprio sulla strada che si è imboccata per evitarlo, e a questo punto dal boia non mi salverà nessuno, nemmeno voi.» «Vi prego, non disperate...» «Oh, non m'importa, sapete? E non maledico la sorte per avermi concesso di vivere così poco. Non era una gran vita, dopotutto.» «Dovete lottare» insistette Joaquin. «Siete ancora giovane, e forse gli inquisitori finiranno per convincersi che non siete una strega.» «Sono già morta, ve l'ho detto.» L'attenzione della donna scivolò su un punto imprecisato alle spalle del capitano. «Ero una servetta allegra e loquace e mi piaceva lavorare tra i tavoli e gli avventori della taverna, anche se il padrone mi dava poche monete di compenso. Stuzzicare gli uomini mi divertiva, ed essere corteggiata lusingava la mia vanità... Facevo la civetta, capitano, ma senza malizia e disonestà.» «La donna che vi ha denunciato non la pensava così.» «Vi garantisco che era in malafede, perché respingevo subito i mariti e i fidanzati delle altre, se mi strizzavano l'occhio.» «Tuttavia avete suscitato la sua gelosia, e a questo punto non fa differenza. Dovete soltanto sperare che i giudici prendano in considerazione la possibilità di assolvervi. Se continuerete a rifiutare di riconoscervi colpevole di stregoneria, dovranno rinunciare a infierire su di voi.» «Non è che un'illusione la vostra, e ne siete consapevole.» «Chi può dirlo?» Adonella scosse di nuovo il capo. «Temo sia finita, ma mi conforta aver scoperto che a questo mondo non tutti sono cattivi come Ernestina, e Vostra Eccellenza, a cui umilmente bacio le mani, ne è la prova.» «Non sono Vostra Eccellenza» si schermì lo spagnolo, e aggiunse sbrigativo: «Su, bevete la pozione. Vi darà immediato sollievo e dormirete tutta la notte». «Vi ho già spiegato che preferisco evitarlo per poter fissare 15


dritto negli occhi gli assassini che mi tormentano. Solo voi, se soltanto voleste ascoltare la mia supplica, potreste sottrarmi alla loro perfidia.» «Devo andare.» Joaquin si avviò verso l'uscita. «È rischioso per me indugiare qui con voi.» Adonella si protese verso di lui con un guizzo e lo trattenne con forza insospettabile. «Se davvero intendete aiutarmi, capitano, procuratemi del veleno.» «Che cosa dite? Siete fuori di voi, è evidente, perché il suicidio è un delitto che nessun cristiano deve contemplare, e tanto meno attuare.» «Morirò comunque, capitano, o l'avete scordato?» «Mi rincresce, signora, non posso esaudire la vostra richiesta.» «Sì, che potete. E saprei dimostrarvi la mia riconoscenza se mi fosse risparmiato il supplizio del fuoco.» «Non insistete, è inutile. Non riuscirete a smuovermi dalle mie decisioni, e questo è quanto.» «Vi imploro, capitano, non voltate le spalle a una donna che non ha nessuno all'infuori di voi a cui rivolgere la sua preghiera.» «Debbo lasciarvi, ora...» Joaquin cercò di liberarsi dalle mani sottili che gli serravano la caviglia in una spasmodica morsa, tuttavia la donna non allentò la presa. «Recatevi a casa mia» sussurrò Adonella, fissandolo con uno sguardo febbricitante. «Se non è una catapecchia poco ci manca, ma c'è un piccolo giardino, dove nelle sere d'estate sedevo a godere della frescura accanto a una vecchia quercia.» «State farneticando...» «Tra le radici dell'albero c'è una grossa pietra. Spostatela e scavate lì sotto: troverete un oggetto che vi ripagherà ampiamente per ciò che avete fatto e che farete ancora per me.» «Señora, rinunciate a pretendere quanto non ho la facoltà di darvi, vi imploro» replicò Joaquin sottraendosi infine alla stretta di quelle dita. «C'è un anello che mi appartiene e che sarà vostro.» Adonel16


la era pallida al punto che la pelle appariva diafana come cera. Tentare di convincere quello spagnolo ostinato e ligio al dovere a cambiare idea era una fatica superiore alle sue forze, e non la sorprendeva che fosse riluttante ad assumersi consapevolmente la responsabilità della sua morte, se ciò doveva accadere lontano dal campo di battaglia o dagli scontri armati connessi al mestiere del soldato. «Non voglio nulla da voi!» protestò Joaquin. «Non siate sciocco, capitano.» «Sciocco? Solo perché non mi lascio comprare?» «Apprezzo che siate così disinteressato, tuttavia vi offro l'opportunità di possedere qualcosa di unico, capite?» «Qualcosa di unico?» «Proprio così. E presto constaterete che l'importanza di quell'oggetto non risiede unicamente nel valore della gemma che vi è incastonata.» «Che cosa significa? Vi riferite a un gioiello?» «Sì, un anello che vi proteggerà dagli agguati della sventura, amico mio» gli rivelò la donna con un sorriso enigmatico. «Pregherete per la mia anima ogni qualvolta il Talismano della Dea opererà la sua magia, e mi sarete grato per aver...» «Se si tratta di un amuleto portentoso come asserite» tagliò corto lo spagnolo, interrompendola, «spiegatemi come mai con voi non si è dimostrato efficace!» L'ironia insita nella battuta non offese Adonella, che lo fissò imperturbabile. «In realtà i poteri del talismano non funzionano con chi ne ha la semplice custodia...» Non completò la frase e, in un tono fattosi a un tratto elusivo, aggiunse: «Vedete, l'anello doveva essere consegnato a una persona che attualmente si trova in Russia, e io ho accettato di custodirlo finché la legittima proprietaria non fosse venuta a riprenderselo. Purtroppo, una serie di sfortunate coincidenze le ha impedito di partire, e a me sono capitati guai anche peggiori. Di conseguenza, visto che sono condannata al rogo, alla mia morte il gioiello andrebbe perduto per sempre. Per questa ragione, e per sdebitarmi con voi per la gentilezza che mi avete dimostrato, ho voluto 17


rivelarvi dove si trova. Vi autorizzo a prenderlo e...». «Basta!» la zittì Joaquin, esasperato. «Questa è pura superstizione e io non voglio nulla da voi.» «Superstizione? Dubitate dunque del potere delle pietre?» «Vi ripeto che non mi interessa, e che non posso fare altro per aiutarvi, mi spiace!» Joaquin era stanco di ascoltare quei discorsi sconclusionati a proposito di talismani dagli straordinari poteri! Sordo alla concitata insistenza di Adonella, si voltò e uscì a passo di carica nel corridoio, il mantello che svolazzava intorno alla figura asciutta e prestante. Il chiavistello produsse un acuto cigolio scorrendo sulla porta di ferro che chiudeva la cella, e il capitano si allontanò silenziosamente senza che i carcerieri, ancora impegnati nella loro partita a carte, si accorgessero di lui. Rimasta sola, Adonella si sentì assalire dallo sconforto e raccogliendo le ginocchia ossute contro il petto permise alle lacrime di scorrerle lungo le guance scavate e cosparse di cicatrici. Non c'era punto del corpo che non fosse contuso e dolente, e doveva avere un aspetto orribile. Non che si curasse di ciò che vedevano gli altri, ormai. La bellezza del viso era la prima cosa che gli aguzzini avevano deturpato, come se l'avvenenza fisica fosse il tratto peggiore delle manifestazioni demoniache attribuite a quelle che consideravano streghe. I suoi giorni erano agli sgoccioli, in ogni caso, e se de Fuentes non le avesse procurato il veleno si prospettava per lei un epilogo che non riusciva ad accettare con il necessario distacco. Non era che una fragile donna, in fondo, del tutto inerme contro un esercito di uomini determinati a sopprimerla come una serpe molesta. Si comportavano come se lei e le sue sventurate compagne fossero un affronto per l'umanità!, rifletté, e scrollando tristemente il capo si accinse a predisporre la mente all'orrore che l'attendeva. Sapeva che il capitano spagnolo non era uomo da lasciarsi manipolare e corrompere facilmente, e forse la compassione non gli avrebbe permesso di concederle una morte più dolce. Era già tanto che si fosse prodigato per lei portandole cibo e medicamenti che avevano rallentato le infe18


zioni, mentre i disgraziati in catene nelle celle vicine non avevano avuto nulla. Il capitano era spinto essenzialmente dalla pietà, essendo lei la sola donna di quel braccio del carcere, si disse. Ma se poteva essere così generoso da alleviare, nei limiti del lecito, i patimenti di una strega disprezzata da tutti, come poteva negarle un ultimo favore e abbandonarla all'atroce destino che l'aspettava? Adonella rabbrividì all'idea di essere lambita dalle fiamme e arsa viva. Era una visione che la terrorizzava più della tortura stessa. Il fuoco l'atterriva fin da quando era piccola... probabilmente perché aveva avuto una qualche precognizione dell'orribile fine che le sarebbe toccata. La disperazione le serrò la gola in un nodo dolente che le impedì quasi di respirare. Possibile che perfino il cielo l'avesse abbandonata?, si domandò, angosciata. Non osava neppure figurarsi ciò che l'aspettava nella piazza della Vetra! Proprio in quel momento un raggio di luna filtrò attraverso la stretta feritoia della cella e, quasi in risposta alla muta, fervida invocazione della donna, l'argentea luce la sfiorò come una carezza, rischiarando le tenebre che aveva nel cuore. Sollevando di scatto il viso, Adonella smise di piangere e tutto lo squallore che la circondava, i nauseanti miasmi del bugliolo, l'abito lacero e sporco che aveva addosso, il dolore alle giunture, massacrate dai ripetuti strappi di corda a cui era stata sottoposta parvero svanire d'incanto, lasciandola come sospesa in quell'alone perlaceo che arrivava dall'infinito. L'angoscia fu lentamente sostituita da una dolce sensazione di pace che lenì ogni afflizione fisica e interiore. Dimentica delle membra gonfie e costellate di ecchimosi, Adonella si trascinò fino al centro della cella e si inginocchiò al cospetto del luminoso astro notturno. Avvolta da quella luminosità che sembrava infondere nuovo vigore al poco sangue che le era rimasto nelle vene, restò a lungo assorta, le palpebre abbassate e le mani giunte, come se stesse ascoltando qualcosa che udiva soltanto lei. 19


Poi si alzò faticosamente in piedi, vincendo le vertigini dovute al digiuno e alle privazioni cui veniva sottoposta a intervalli sempre piÚ ravvicinati. Una volta stabile sulle gambe, protese di slancio le braccia verso la regina delle stelle e della notte e le rese omaggio con un reverente inchino, prostrandosi fin quasi a terra. Quando si raddrizzò di nuovo, sorrideva: sapeva con assoluta certezza che quanto aveva chiesto le sarebbe stato dato.

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Prossima uscita Il Trono di Giada Alexandra J. Forrest Oltremare - Cina, fine XII secolo - Rimasto vedovo, Eric decide di tornare in Oltremare per combattere al fianco dei Crociati, ma durante la battaglia di Hattin viene fatto prigioniero. A salvarlo dalla schiavitù cui è destinato è lo stesso Saladino, che dopo averlo comprato al mercato degli schiavi gli propone un patto: Eric rimarrà al suo servizio per dieci anni, trascorsi i quali riavrà la libertà. Iniziano così le mirabolanti avventure di Eric in Oriente, al fianco della bellissima principessa siriana Ysatis, promessa sposa all’Imperatore dei Chin. Per amor suo Eric accetta di rimanere in Cina, senza minimamente sospettare che l’antica profezia sul futuro del Trono di Giada riguarda proprio lui e la donna che gli ha rubato il cuore.

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