La copertina di un libro.

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D. Di Cataldo

Tesi di Laurea in Progetto Grafico e Virtuale

LA COPERTINA DI UN LIBRO



POLITECNICO DI TORINO FACOLTA’ DI ARCHITETTURA I CORSO DI LAUREA IN PROGETTO GRAFICO E VIRTUALE Elaborato di Laurea

LA COPERTINA DI UN LIBRO

Uno sguardo sulla grafica editoriale italiana ed europea attraverso le copertine Einaudi Editore e Penguin Books Relatore: Prof. Franco Mello Candidato: Di Cataldo Davide Anno Accademico 2007/2008


Indice

Introduzione Parte Prima. Il Libro: un oggetto comunicativo

p. IV 2

1. Lineamenti e tendenze nella grafica

editoriale italiana 1.1. La visibilitĂ simbolica del libro 1.2 I veri fondatori della grafica editoriale italiana 1.3 Il concetto di corporate image

2 2 5 10

2. La copertina: da semplice spazio di un libro a piccolo manifesto

19

2.1 Perchè la copertina deve essere un piccolo manifesto

23

3. Il marchio editoriale

25


Parte Seconda. Le copertine Einaudi Editore Sviluppi e mutamenti grafici della casa editrice torinese

p. 35

4. Un po’ di storia Einaudi

36

5. “Lo Struzzo”. Storia dell’ evoluzione grafica del celebre marchio Einaudi

39

6. La veste grafica Einaudi

42

Parte Terza. Le copertine Penguin Books

Uno sguardo sulla grafica editoriale europea nel mercato italiano

66

7. Germano Facetti

67

8. Penguin Books, le origini

69

9. Storia di un pinguino

71


10. Il primo cambiamento. Tschichold e Schmoller, 1947-1960

p. 72

11. Un nuovo Art Director: G. Facetti

75

12. I Penguin Books di oggi

81

12.1 Un richiamo moderno nei classici Penguin 12.2 Great Ideas by David Pearson

84 87

Osservazioni Finali

89

Bibliografia

93


Introduzione

L

e proposte grafiche suggerite da molti editori nei decenni passati hanno accompagnato le vicende intellettuali e molto spesso hanno inciso sull’avventura culturale italiana. Alcune case editrici hanno attraversato eventi più o meno giustificati, più o meno meritati, che si sono a volte potuti superare grazie alla solida tradizione di considerare il libro come oggetto. Oggetti da guardare, da riconoscere e da far propri, non solo da leggere, ma anche da mostrare. Nell’ osservare il ricco panorama della grafica editoriale in Italia e non solo, si può rilevare quanto si sia mantenuta intatta la suggestione, che certe collane o meglio certe case editrici, sono riuscite a suscitare al proprio pubblico. Stili differenti, espressione di generazioni e gusti diversi, sono presenti nel panorama grafico editoriale a testimonianza di una produzione copiosa e variegata. Quando si finisce di leggere un libro, sembra che quello che si è letto sia successo a noi, che ormai ci appartenga. La stessa appartenenza si può proiettare sulla veste grafica di un libro, sull’immagine di una casa editrice o sulla forma fisica di un libro. Appare evidente che, attraverso il lungo e contrastato cammino

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della grafica editoriale, si è affermato un forte rapporto tra grafico e editore (rapporto inizialmente conflittuale), che ha portato la veste grafica del libro al centro dell’attenzione, con risultati nuovi e inattesi. Questo aspetto è decisamente rafforzato dal momento in cui il grafico, attraverso la sua opera, ha occupato la maggior parte degli spazi tradizionalmente riservati all’ editore: coperta, sopracoperta, antiporta e frontespizio del libro. Istintivamente da queste premesse, verrebbe da dire che è il grafico che fa il libro. Forse si esagera, anzi sicuramente, ma di sicuro ciò che è vero, è che la memoria di ogni libro che abbiamo letto o che desideravamo leggere, l’immagine prima di ogni testo amato, restano legati al loro disegno, alla loro visuale a ciò che modernamente chiamiamo visual design. Nelle pagine di questo progetto c’è la volontà di analizzare quanto sopra citato, ripercorre la grafica editoriale e soffermarsi su alcune realtà editoriali italiane, che hanno fatto della grafica e della corporate image caratteristiche peculiari. In particolar modo, l’attenzione del mio progetto è posta sull’evoluzione grafica di un’ importantissima realtà editoriale torinese: la casa editrice Einaudi. Nello sviluppo del progetto, ho ritenuto importante iniziare mostrando una panoramica generale delle principali tendenze grafiche nell’ editoria italiana, soffermandomi sui concetti di corporate image e marchio editoriale.

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Successivamente, ho voluto descrivere ed analizzare un elemento importantissimo e vitale per la grafica editoriale: la copertina. Come già detto in precedenza, il focus del mio progetto è l’analisi dell’evoluzione grafica della casa editrice Einaudi, soffermandomi sulla sua storia, sull’evoluzione del suo marchio e sui suoi principali protagonisti in ambito grafico. L’analisi vaglia principalmente i mutamenti grafici avvenuti all’interno delle collane più importanti nel corso degli anni. In seguito il mio percorso si è incentrato sull’osservazione di altre importanti realtà editoriali europee presenti nel panorama italiano che, come Einaudi, negli ultimi anni, hanno subito notevoli cambiamenti nella loro veste grafica. La mia attenzione si è incentrata su una famosa casa editrice inglese: Penguin Books. L’ analisi dell’evoluzione grafica di questa casa editrice d’oltre confine, rappresenta un ulteriore termine di paragone, utile al raggiungimento di una visione più globale del complesso mondo del design editoriale. Il confronto tra diverse realtà dell’industria libraria italiana ed europea rafforza l’importanza, che negli ultimi anni ha raggiunto la progettazione grafica editoriale assumendo un ruolo di primo ordine e portando le case editrici all’avvio di vere e proprie progettazioni grafiche complessive o di specifiche collane che hanno contribuito alla loro espansione. Il significato del mio progetto è racchiuso all’interno di un pensiero

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di uno dei principali artefici della grafica editoriale italiana, Bruno Munari: “La copertina di un libro è un piccolo manifesto e ha lo scopo di comunicare all’osservatore che, in quel libro, c’è qualcosa di interessante per lui. Tutte le copertine di tutti i libri dovrebbero avere questo scopo, e non solo questo, ma anche di distinguersi in mezzo a tutte le copertine di libri allineati nella stessa vetrina e in qualunque altra vetrina ..”

[VII]


Parte Prima. Il Libro: un oggetto comunicativo


Parte Prima. Il Libro: un oggetto comunicativo 1.

Lineamenti e tendenze nella grafica editoriale italiana

1.1

La visibilità simbolica del libro.

L

a presentazione di un oggetto culturale è affidata a una serie di tecniche progettuali che hanno un fine fondamentale: quello di rendere forte e indelebile il ricordo e il valore simbolico dello stesso oggetto. Anche la storia comunicativa del libro, al di là del suo significato culturale affidato alle parole, riflette queste regole, che non sono una necessità del mercato, ma un accorgimento simbolico affinché nella molteplicità ogni identità sia riconoscibile. Sul piano della sua visibilità, il libro sedimenta così le tracce e le tendenze estetiche del periodo storico corrispondente; le parole scompaiono e diventano forma, lettering, assumendo così la funzione di un puro significante. Il libro come oggetto comunicativo è differente, rispetto al libro come testimonianza verbale, poiché rappresenta un vero e proprio invito al consumo. Il libro è un processo argomentativo che viene ridotto ad una rappresentazione simbolica, nella quale lo sguardo di un singolo

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individuo rappresenta l’atteggiamento più comune nell’individuazione e nel possesso di un oggetto, il libro, che ha il suo valore principale nella tradizione verbale: l’interpretazione visiva intorno al libro è il primo elemento strutturale che accompagna la storia grafica editoriale italiana e che differenzia il prodotto – libro degli ultimi decenni dai precedenti. La visibilità del libro è sempre esistita. Tra gli elementi più rinvigoriti, più rafforzati che il libro, in questi ultimi anni, ha sviluppato e ha messo al centro della sua presenza nel mercato delle comunicazioni e delle informazioni culturali, è proprio la sua veste grafica, la sua progettualità in quanto prodotto che autonomamente funziona, prima e dopo la scrittura e la stessa lettura. Se si vuole ricostruire alcune tendenze della grafica editoriale italiana, è necessario accostarsi al libro come ad una delle parti di un sistema d’identificazione visiva. La prima riflessione, quindi, è questa: la grafica editoriale italiana ha mostrato un progressivo interesse al libro come segno iconico proprio perché a livello della rappresentazione grafica è possibile disporre di infiniti modi di realizzazione dei contenuti verbali. L’oggetto visivo libro diventa autonomo rispetto al messaggio interno del libro; l’editoria italiana già alla fine degli anni quaranta e nei primi anni cinquanta carica di forti valori simbolici la prima e la quarta di copertina, per cui i libri si decodificano più facilmente al di fuori dei sistemi tradizionali di organizzazione (per

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esempio la catalogazione, tipica delle biblioteche, per autori, titoli, argomenti). E’ necessario uscire dal libro e dalla sua storia, per poterlo interpretare come oggetto visivo quale esso è, o quale esso appare in ogni luogo di esposizione pubblica e privata. E’ l’esposizione su un unico banco di vendita immaginario il solo modo per comprendere che l’editoria italiana di questi ultimi quarant’anni ha presentato il proprio prodotto, coniugandosi con quanto accadeva al di fuori del puro e semplice lavoro di scrittura verbale [4]


1.2

I veri fondatori della grafica editoriale italiana.

A

lbe Steiner, Bruno Munari, Max Huber, Luigi Veronesi, Egidio Bonfante, nel periodo che va dal 1945 fino alla fine degli anni cinquanta, sono stati i veri fondatori di una regia editoriale, basata sul tentativo di coniugare la necessità di una alfabetizzazione di massa, con la divulgazione delle ricerche più avanzate nel campo della comunicazione visiva, il tutto all’interno di un prodotto editoriale. Progressivamente attraverso la loro cultura grafica, la copertina del libro, cerca di parlare un proprio linguaggio visivo autonomo rispetto ai contenuti delle pagine interne. Questo processo è rappresentato, in maniera significativa, dalla grafica editoriale di Einaudi, dove per primo, su indicazione di Bruno Munari, il grafico interviene sul prodotto, salvaguardando la leggibilità del testo, quando esso è predominante, curando con una messa a punto tipografica la collocazione delle parole nella pagina, evitando forme che possono disturbare la lettura. La collana editoriale Il Politecnico di Steiner, Max Huber e la sua collaborazione con Einaudi e Feltrinelli, le Edizioni del Poligono di Luigi Veronesi, le Edizioni di Comunità di Egidio Bonfante, la collana PBE (Piccola Biblioteca Einaudi) disegnata da Huber e Munari, rappresentano alcuni esempi di ricerca grafica nell’editoria italiana.

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La serialità dei quadrati inscritti nel rettangolo del formato della copertina spiega, molto più chiaramente di ogni riflessione teorica, quanto fu importante il fatto che Munari, avendo fondato nel 1948 con Gillo Dorles, Gianni Monnet e Atanasio Soldati il Movimento Arte Concreta (MAC), trasferisse questa particolare ricerca compositiva nell’ambito di un prodotto seriale per antonomasia come il libro. In questo modo la copertina diventa autonoma rispetto ad ogni tipo di ingerenza di tipo letterario, assumeva una propria dignità, in grado di firmare il contenuto e non il contrario. Il grafico redattore diventa così, progressivamente, uno degli autori fondamentali del libro come oggetto comunicativo. La sua regia progettuale può manifestarsi secondo due atteggiamenti diversi, ma complementari: • il controllo visivo della collana, dentro la quale ogni libro assume il significato culturale che l’editore, insieme al designer e al direttore di collana, ha deciso nei minimi termini di una strategia a medio e a lungo termine. • la progettazione di ogni libro come singola merce comunicativa, isolata dal resto dell’ offerta editoriale. In questo caso il grafico diventa il protagonista, quasi assoluto, del prodotto editoriale; il coautore silenzioso che firma il prodotto, nel risvolto della prima o della quarta di copertina. Se leggiamo le interpretazioni visive delle parole, di un concetto, come l’espressione di un autore, il designer, potremmo comprendere

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perchè esiste un’autonomia espressiva della grafica editoriale rispetto al sistema e alle regole dell’industria culturale. In Italia, a metà degli anni sessanta, il libro si trasforma, soprattutto, in una rappresentazione iconica che non si relaziona alle specificità estetiche dell’autore, ma si coniuga particolarmente con il sistema delle comunicazioni visive, questo significa che il designer editoriale diventa coautore, anche per coloro i quali non leggeranno mai quel particolare libro.

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1. Copertina di Luigi Veronesi per le Edizioni del Poligono, 1945


2. Copertina di Egidio Bonfante per le Edizioni di ComunitĂ , 1960

3. Copertina per la collana Piccola Biblioteca Einaudi, progettata da Bruno Munari nel 1962

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[9]

4. Copertina di Bruno Munari, per l’ Almanacco Letterario Bombiani, 1966


1.3

Il concetto di corporate image.

S

uccessivamente, a metà degli anni sessanta, dopo il periodo storico dei fondatori, emerge la nozione di immagine coordinata (corporate image), già presente in altri settori comunicativi. Il primo esempio di immagine coordinata editoriale per una collana popolare di classici, è quello rappresentato dalla BUR (Biblioteca Universale Rizzoli) nata a metà degli anni cinquanta, nell’ufficio grafico interno e cosi sopravissuta graficamente fino agli anni settanta. Esempio che ha costituito una vera è propria rivoluzione per prezzo (dalle 20/50 lire alle 200 lire dei volumi doppi o tripli), dimensioni (16 x 10,5 cm, prima forma di tascabile), ma anche per la qualità nella cura tipografica. Dalla metà degli anni sessanta in avanti, il consumo visivo del libro si diffonde in maniera esponenziale, creando intorno a questo prodotto culturale, dal punto di vista del suo mostrarsi come oggetto comunicativo, un interesse professionale e una capacita di coinvolgere criticamente le influenze di altre aree della progettazione e della comunicazione culturale. E’ proprio negli anni della mobilitazione politica e culturale della fine degli anni sessanta che il libro comincia a diventare, progressivamente, un prodotto come gli altri, un bene di largo consumo.

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E’ cosi che ci si inizia ad interrogare quali forme di comunicazione, di marketing e di promozione, possono favorire maggiormente la diffusione del prodotto – libro. Le grandi immagini coordinate editoriali, ma anche le corporate image di alcune librerie, per prima la catena delle Librerie Feltrinelli diretta da Romano Montroni, hanno segnato gli anni sessanta come l’inizio di una nuova storia della grafica editoriale italiana: Mimmo Castellano con Laterza , le grandi invenzioni estetiche di Giulio Confalonieri e di Ilio Negri per Lerici , alcune copertine di Munari per l’Almanacco Letterario Bompiani (soprattutto il geometrismo raffinato per l’edizione del 1966). Questi sono anche gli anni, del coordinamento grafico di Albe Steiner per l’Universale Economica della Feltrinelli. L’editoria italiana scopre in questi anni la necessità, sia di un forte coordinamento comunicativo del libro, sia di una maggiore attenzione visiva alle diverse offerte che il mercato delle idee è in grado di proporre ai possibili lettori.

[11]

5. Collana popolare di classici edita da B.U.R (Biblioteca Universale Rizzoli) verso la metà degli anni cinquanta.


6. Collana popolare di Poeti, ideata e progettata da G.Confalonieri per Lerici Editori, 1958

7. Progettazione di Bruno Munari per Editori Riuniti. 1965

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8. Frontespizio e pagine interne del Primo Catalogo dei caratteri di Cassa, progettato da G.Confalonieri e I. Negri per Lerici Editori, 1960

9. Collana Universale Feltrinelli, progettata da Albe Steiner, 1958 - 1968 [13]


In questo contesto, nasce per esempio, la F di Feltrinelli , disegnata da Massimo Vignelli e Bob Noorda nel 1966, un simbolo che diventa elemento caratteristico di alcune collane di punta sul piano del dibattito politico – culturale (la collana di saggistica SC/10 - Serie cultura); il marchio che sa di antico, per la Vallecchi, di Bob Noorda,1960; ma anche la grafica poetica, tutta giocata sul lettering e la sua spazialità, di Pino Tovaglia per “Graphis” (copertina del giugno 1961), con la straordinaria sovrapposizione delle lettere che compongono il titolo della rivista. L’ editore Einaudi, proprio alla fine degli anni sessanta, pur mantenendo l’ impostazione grafica di Bruno Munari, sceglie per gli Struzzi e le Collezione di poesia , di affiancare gioco dell’immagine alla forma visiva del testo poetico, rendendoli un unico elemento persuasivo posto all’interno della qualità del singolo prodotto editoriale. Non è nemmeno un caso che, proprio nel 1968, Enzo Mari progetti per la Boringhieri la più rigorosa e coerente immagine editoriale di quegli anni , dove è evidente un ruolo importante di gestione progettuale, assunto dal visual designer, secondo una metodologia attuata nell’ industrial design e trapiantata in ambito grafico. Un progetto di questo tipo è possibile solo a condizione che il committente realizzi, dal punto di vista del prodotto editoriale, una tipologia culturale uniforme; in questo specifico caso l’area disciplinare è quella scientifica – psicologica, per cui l’interpretazione forte di Mari, controlla omogeneamente ogni possibile titolo e anticipa

[14]

10. La F di Feltrinelli, disegnata da Vignelli e Noorda nel 1966


in copertina il tema centrale del saggio, privilegiando la serialità e la ripetizione delle immagini. Nelle grandi aziende editoriali, questi sono gli anni, infatti in cui la comunicazione visiva del libro è coordinata da un art director insieme al direttore editoriale; con quest’ultima che si limita a svolgere un ruolo di regia con tanti attori, ciascuno con la propria veste grafica. Vale a dire che il coordinamento, spesso si presenta come una specie di regia occulta, attraverso la quale emerge, più che la figura del grafico – progettista, quella del grafico – organizzatore, il quale cercherà di relazionare le intenzioni comunicative dell’azienda, nella sua totalità, con la cultura visiva di ogni autore, illustratore, fotografo o altro visual designer, per cui il risultato sarà sempre ordinato, pur apparendo ogni libro disorganico rispetto a tutti gli altri. 11. M.Vignelli - B.Noorda, collana SC/10 Feltrinelli, 1966

[15]


12. B.Noorda, collana Problemi del nostro tempo, Vallecchi, 1967 - 1968

13. M. Castellani, collana Tascabili Vallecchi, 1970

[16]


14. P. Tovaglia, Copertina per Graphis, 1961

15. Progettazione di collane Einaudi: Collane di Poesie (1964); Gli Struzzi (1970)

[17]


[18]

15. Enzo Mari, Collana Universale scientifica Boringhieri, 1968


2.

La copertina: da semplice spazio di un libro a piccolo manifesto

N

el libro, o meglio, sul libro, dal rinascimento in avanti si è venuto formando uno spazio extratestuale di natura indicativa e designativa, di cui gli editori, si sono serviti e si servono per rendere espliciti i loro messaggi rivolti al pubblico, reale e potenziale consumatore del loro prodotto. Si tratta sostanzialmente di quello spazio che siamo soliti identificare col nome di frontespizio per il periodo più antico e di copertina per quello contemporaneo; uno spazio che in passato fu spesso raddoppiato dall’antiporta e oggi lo è dalla sovracoperta; uno spazio che gli editori hanno saputo nell’ultimo secolo via via estendere e moltiplicare, occupando con propri messaggi tutte le superfici esposte o esponibili offerte dal libro, e perciò anche l’esterno della copertura e persino le alette della sovracoperta. Negli spazi aperti ed esposti al suo “dominio”, e cioè il frontespizio, i due piatti della copertina e la sovracoperta, l’editore colloca testi e immagini atti a risvegliare l’attenzione del pubblico e a presentare nel modo migliore la sua merce. In genere la realizzazione pratica di tale complesso messaggio, che non è soltanto pubblicitario, è affidata a personale specializzato, cioè a tecnici della parola e dell’immagine, quelli che oggi denominiamo graphic designer, ma in passato erano redattori, disegnatori, artisti o illustratori.

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La presentazione esterna del libro, il suo “volto”, ciò che, attraverso un abile incrocio di parole e immagini, è destinato a suscitare l’interesse del pubblico reale e potenziale, e a determinare la fortuna o l’insuccesso sul mercato, è dunque il risultato della volontà del proprietario di quegli spazi (l’editore) e delle capacità comunicative dei realizzatori materiali di scritte e immagini. Ma i modi dell’occupazione di questi spazi vuoti, carichi di tanto potere espressivo, costituiscono ogni volta l’occasione di un possibile scontro fra istanze contrapposte: dall’ editore che si aspetta la realizzazione della sua politica editoriale e culturale, all’artista (in passato) o al grafico (oggi) che crea e produce sulla base della sua educazione professionale e della tradizione a cui attinge, fino all’autore che, dall’esterno, cerca di difendere la sua interpretazione di ciò che ha scritto.

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1. Prima o Piatto: su di essa sono indicati il nome dell’autore, il titolo del libro, l’editore e a volte è corredata di immagini. 2. Dorso o Costa: su di esso sono ripetute le indicazioni di copertina. 3. Quarta: sono contenuti dei testi molto brevi: a. il pezzullo: una breve testo che sintetizza il contenuto del libro b. una breve nota biografica dell’autore c.il prezzo del libro e un codice a barre .


Chi si sofferma oggi davanti alla vetrina di una grande libreria in una delle maggiori città di Italia, può sicuramente notare con interesse, divertimento e in alcuni casi fastidio, l’accatastarsi caotico di colori squillanti, di titoli “urlati” di vivaci soluzioni grafiche, di ardite sovrapposizioni di caratteri, di margini trasformati in pesanti cornici ornamentali; senza che sia individuabile una soluzione prevalente, un gusto comune, una tendenza stilistica in qualche modo uniforme. Tutto ciò, forse, significa che gli spazi di scrittura esposta offerti dal libro sono divenuti oggi una libera sperimentazione? In certa misura forse si: ma con molti condizionamenti e limitazioni, dove si consideri che il lavoro grafico è pur sempre in ciascuna occasione determinato dalla volontà e dalla politica commerciale dell’ editore. I generi editoriali che sono stati sottoposti a questo trattamento di sperimentazione grafica sono soprattutto quelli destinati al mercato di massa: libri di narrativa e libri per ragazzi; tascabili; libri d’arte e cataloghi di mostre. È in questi generi che l’intervento dei grafici appare particolarmente libero da convenzioni tradizionali, tanto da arrivare a modificare, oltre che l’impaginazione, anche il formato del prodotto, al di là di ogni preoccupazione funzionale. A parte si collocano alcuni generi particolari destinati ad un pubblico d’elite: il libro di poesie; mentre fuori dal potere creativo e progettuale dei grafici restano alcuni generi legati a mercati tradizionali, quali: quello saggistico e quello scientifico.

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D’altro canto in ciascun genere il grafico è intervenuto con la mentalità specificatamente pubblicitaria che gli è propria, creando messaggi comunicativi che servono al pubblico per individuare, non tanto il singolo prodotto – libro, quanto elementi più propriamente merceologi e seriali, che sottolineano l’appartenenza del prodotto a una “marca”, a una “serie”, a quella casa editrice. Si delineano così, stili e linguaggi grafici propri di ciascuna casa ( o di ciascuna collana), ripresi e ripetuti su ciascun prodotto, indifferentemente dal suo contenuto. Restando nell’esperienza italiana, le copertine dei libri Einaudi non possono essere confusi con quelle dei libri Feltrinelli o con quelli Bompiani. [22]


2.1

Perchè la copertina deve essere un piccolo manifesto

L

a copertina di un libro è un piccolo manifesto e ha lo scopo di comunicare all’osservatore che, in quel libro, c’è qualcosa di interessante per lui. Tutte le copertine di tutti i libri dovrebbero avere questo scopo, e non solo questo, ma anche quello di distinguersi in mezzo a tutte le copertine di libri allineati nella stessa vetrina. La prima parte del problema è: come comunicare con il probabile lettore. Ogni persona memorizza tutto ciò che le interessa di più e lo tiene in memoria come punto di riferimento per allargare le sue conoscenze in un determinato campo, al punto di non vedere ciò che non gli interessa. Il grafico deve tenere conto di tutto questo, nella progettazione e nella scelta delle immagini di copertina. Come le etichette dei vini sono differenti da quelle dell’acqua cosi è sbagliato fare una copertina di un libro scientifico che ricordi le copertine dei romanzi d’amore. Ogni persona ha in mente forme e colori del suo mondo di interessi, ed è questa la via per comunicare un messaggio. E non solo per le copertine dei libri. La seconda parte del problema di progettazione di una copertina di libro è che lo scopo di quest’ultima, oltre a farsi notare dal suo possibile lettore, è anche quello di distinguersi in mezzo a tutti i libri esposti insieme nella stessa vetrina. Ci sono periodi in cui domina-

[23]


no certi colori (ad esempio il rosso e il nero del Bauhaus) e allora il libro verde e azzurro si nota subito. In periodi dove tutte le pubblicazioni sono stampate a tutti i colori, un libro in bianco e nero si nota subito. In un periodo estremamente classico e rigoroso con le righe di testo (titolo ecc.) orizzontali, un libro con il titolo in diagonale si nota subito (come le serie Feltrinelli di Bob Noorda) eccetera. in conclusione, c’è da considerare quella che è definita “l’immagine della casa editrice”, per cui il lettore affezionato a un editore lo ritrova facilmente nel mucchio di libri esposti. Se l’editore è un editore che punta alla qualità piuttosto che alla quantità, allora vuol dire che anche il lettore è di qualità con abitudini estetiche particolari, sa distinguere colori raffinati, caratteri tipografici ricercati eccetera. A questa tipologia di lettore il grafico deve essere in grado di mostrare copertine con caratteri non volgari e ben disposti. immagini ricercate e colori raffinati. Per un editore popolare tutto può andare bene, tranne le cose troppo ricercate e raffinate, poiché essendo un editore di quantità si è già preparato una tale rete di distribuzione per cui il libro sarà anche nell’unica cartoleria – emporio della più piccola città e venderà lo stesso molto, anche con copertine non troppo curate graficamente. Bruno Munari “Millelibri” n. 1, dicembre 1987.

[24]


3.

Il marchio editoriale.

N

el panorama editoriale di questi anni, il libro è rimasto intatto nella sua forma, conservando il materiale e impiegando per il testo gli stessi caratteri, o caratteri ridisegnati sui modelli tradizionali. Sono decisamente cambiati invece le tecniche di stampa e il tipo di riproduzione delle immagini. Sono diverse le tecniche dell’allestimento, è cambiato non solo l’aspetto della copertina, o della sovracoperta, ma sono diverse anche le ragioni e i significati di quest’ultime. La copertina moderna è un valido spazio pubblicitario, così come in passato, la marca tipografica (il moderno marchio editoriale) si prestava a elemento illustrativo – ornamentale per frontespizi di ricca fattura assai elaborati. Gli stampatori del passato incontravano le stesse difficoltà, in misura diversa, dell’editore di oggi e per collocare la propria merce ricorrevano a diversi espedienti. Vi era, inoltre, la necessità di proteggere i volumi dalle contraf fazioni, per questo motivo, era di norma per ogni stampatore, fare uso del marchio di fabbrica chiamato anche con il nome di

[25]


marchia. I tipografi - stampatori del passato iniziano, fin da subito, a imitare la tradizione artigianale del marchio di fabbrica. Il marchio, o meglio la marca segna il libro come prodotto com merciale cosi come avviene con il prodotto del vasaio o del fabbro. Le marche di solito apparivano nel frontespizio, il loro scopo e funzione erano sempre gli stessi, come quelli del moderno brand: garanzia di qualità (marchi di qualità) e protezione del prodotto (marchio di prodotto). E allora qual’ è la differenza tra la marca del passato e il marchio dell’editore contemporaneo? Sicuramente una differenza sostanziale è riscontrabile nella funzione di questo segno. Nell’editoria attuale, il marchio si “scarnifica”, si semplifica, fino ad astrarre il proprio contenuto mediante una riduzione e una compressione degli elementi segnici. La sua funzione non è più relegata solo ed esclusivamente al frontespizio, ma si estende ad altre parti del libro: il dorso, per esempio, dove è soggetto a forti riduzioni di dimensioni. Il marchio editoriale attuale esce dall’oggetto libro per partecipare alla comunicazione visiva in tutte le sue possibili manifestazioni. Viene apposto su vetrine, allestimenti di stand e mostre, su automezzi, su gadget (penne, block-notes, portachiavi, ecc..), riprodotto su depliant, brochure, locandine, manifesti e qualsiasi altro materiale e mezzo informativo. Il nuovo marchio deve soddisfare tutte queste esigenze e sottostare ad una serie di vincoli progettuali molto diversi da quelli che

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potevano subire gli stampatori-editori del passato. La vera funzione del marchio editoriale consiste in un segno intenzionale, progettato per marcare prodotti, renderli unici e distinguibili tra loro. Rappresenta l’identità di un prodotto. Osservando il panorama editoriale in tutti questi anni, l’unico elemento di cui ho potuto notare dei forti cambiamenti è: il marchio editoriale. Ecco, qui di seguito, alcune evoluzioni stilistiche di alcuni dei principali marchi dell’editoria italiana. [27]


Il Saggiatore Il Saggiatore tenta diversi interventi, il primo marchio della casa editrice raffigura un arco con due frecce. Nelle versioni successive, progettate da Anita Klinz, l’idea della doppia freccia scoccata da un arco viene sostanzialmente mantenuta con alcune modifiche nella forma. Nella versione attuale, il concetto di base è invariato la freccia diventa singola la S sostituisce l’arco e viene aggiunto il lettering “Il Saggiatore”.

Prima Versione

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Versioni progettate da Anita Klinz

Versione attuale progettata dall’ Ufficio Grafico Interno


Editori Riuniti Gli Editori Riuniti, come altri editori, adottano il gusto estetico degli stampatori – editori del passato, dando di ciò un esempio lampante: da un carattere grottesco estremamente largo e racchiuso in un elisse allungata si passa ad un carattere del Cinquecento legato in monogramma

Prima versione progettata dall’ Ufficio Grafico Interno

Versione attuale progettata dall’ Ufficio Grafico Interno [29]

Franco Muzzio Editore Il marchio di Franco Muzzio Editore ricorre al vecchio simbolo dell’albero, usato da molti stampatori del passato e lo interpreta con forme e tecniche del nostro tempo, simulando otticamente e contemporaneamente la iniziale M dell’editore.

Versione attuale progettata dall’ Ufficio Grafico Interno


Armando Armando Editore Sergio Vezzali, per Armando Armando Editore, sceglie una A maiuscola tonda con uno svolazzo da iniziale calligrafica e, accoppiandola con un’altra in corsivo, ottiene la E, con un sapore che sa di antico. Nella versione successiva, di Giuseppe Rampazzo, il marchio assume caratteri più moderni, eliminando qualsiasi forma aggraziata, fino ad arrivare alla versione attuale dove la lettera A è inscritta in un quadrato rosso.

Versione progettata

Versione progettata

Versione attuale progettata

da Sergio Vezzali

da G. Rampazzo

dall’ Ufficio Grafico Interno

Feltrinelli Il primo marchio Feltrinelli realizzato da Albe Steiner si rifà molto allo stile del passato, in esso compaiono le tre iniziali dell’ editore, unite da una linea comune che le racchiude all’interno di una forma quadrata. Noorda ha progettato, insieme a Massimo Vignelli, l’attuale marchio della casa editrice Feltrinelli.

Versione progettata da Albe Steiner

[30]


Lo stile adottato da Noorda e Vignelli è fondato su tre concetti basilari: griglia polivalente, caratteri bastone e impaginazione asimmetrica. La loro era una forma di comunicazione e di espressione chiara ed efficace che si è avvalsa di una grafica semplificata e rigorosa.

Versione progettata da Bob Noorda

Arnoldo Mondadori Il marchio progettato da Bob Noorda nel 1969, costituito dall’unione delle lettere iniziali - A e M - del fondatore, Arnoldo Mondadori, arriva alla fine di una lunga evoluzione stilistica iniziata negli anni Venti. Nel 1996, al fine di rafforzare e unificare la percezione del marchio Mondadori è stato creato il logotipo.

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Versioni iniziali progettate dall’ Ufficio Grafico Interno

Logotipo attuale

Versione attuale progettata da Bob Noorda


Bollati Boringhieri

Versioni attuali progettate dall’ Ufficio Grafico Interno

Il Mulino [32] Versione attuale progettate dall’ Ufficio Grafico Interno

Scheiwiller

Versione progettate da Roberto Aloi

Versione attuale progettate dall’ Ufficio Grafico Interno


Vallecchi

Versione progettata da Bob Noorda

Versione attuale

Biblioteca Universale Rizzoli [33]

Versione progettata da John Alcorn

Bompiani

Versioni progettate dall’ Ufficio Grafico Interno

Versione attuale


Parte Seconda. Le copertine Einaudi Editore


Parte Seconda. Le copertine Einaudi Editore Sviluppi e mutamenti grafici della casa editrice torinese

L

’ immagine grafica della casa editrice Einaudi può essere certamente il modello ideale della nozione di immagine coordinata editoriale. Senza che sia mai stato redatto un manuale guida, l’immagine Einaudi è divenuta strada facendo un punto di riferimento. L’origine costruttiva, determinata dall’impostazione di Steiner, Huber e Munari si è in seguito stemperata in una grafica che ha assunto come costante l’essenzialità e l’assoluta semplicità. Einaudi possiede una fortissima personalità visiva, pur nella diversità delle collane, che ne fanno un caso unico del panorama editoriale italiano. L’intento delle pagine seguenti è quello di ricostruire gli sviluppi e i mutamenti grafici della casa editrice torinese nel corso degli anni. Evoluzioni grafiche che hanno permesso la nascita dell’ immagine Einaudi, riconoscibile da chiunque si trovi di fronte alla vetrina di una libreria.

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4.

Un pò di storia Einaudi.

1933.

Viene fondata la casa editrice Einaudi da un gruppo di amici, allievi del liceo classico D’Azeglio: Giulio Einaudi, Leone Ginzburg, Massimo Mila, Norberto Bobbio, Cesare Pavese, affiancati successivamente da Natalia Ginzburg (moglie di Leone) e Giaime Pintor. Leone Ginzburg fu il primo direttore editoriale. Le prime collane sono la “Biblioteca di cultura storica” e i “Saggi”.

1944.

Ginzburg viene torturato e ucciso dai nazisti. Einaudi continua la sua attività e si fa in tre: Pavese alla redazione romana, Vittorini in quella milanese, alla sede di Torino prima Mila, poi torna Pavese. L’ ideazione della rivista “Il Politecnico” è una delle imprese più rilevanti di Vittorini. Pavese assume la funzione di guida dell’ Einaudi. Si aggiungono le collane “Coralli”, “SuperCoralli” e “Millenni”

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1950

Muore Pavesi, la direzione passa a Luciano Foà. Nascono le collane de “I gettoni” e “Libri bianchi”

1960 – 1969

Giulio Bollati coordina l’insieme della proposte saggistiche proponendo “PBE” (1960), “NUE”(1962), “Collezione di poesie” (1964), “Nuovo Politecnico” (1965) Nel 1968-1969 nascono “Serie politica” e “Einaudi Letteratura”.

Anni ‘70

Einaudi in questi anni compie il massimo sforzo per ampliare il proprio pubblico. Con Storia d’Italia in sei grossi tomi vende circa un milione di copie. Nascono “Gli Struzzi” e anche l’Enciclopedia in 15 volumi

Anni ‘80

Sono anni difficili per la casa editrice, che passa attraverso una grave crisi finanziaria ma nonostante ciò crea nuove collane “Microstorie” e “Scrittori tradotti da scrittori”

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Anni ‘90

Con gli anni novanta c’è stato un parziale ricambio generazionale che ha portato la nascita della “Biblioteca Einaudi”, il rinnovamento della Pbe el’avvio della “Biblioteca della Pleiade”. Si apre un nuovo fronte: quello dei tascabili che rapidamente diventano una parte importante della case editrice. Nel 1996 nasce “Stile Libero”, collana di tendenza rivolta principalmente ad un pubblico giovanile.

Anni Duemila

Nel corso di questi anni Stile Libero diventa un vero e proprio sistema editoriale, suddiviso in collane che spaziano dalla narrativa ai DVD, dalla graphic novel alla saggistica. Nel 2005 sotto il marchio ET i tascabili assumono una fisionomia diversificata per genere e formato.

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5.

“Lo Struzzo”. Storia del celebre marchio Einaudi.

“E’ uno struzzo, quello di Einaudi, che non ha mai messo la testa sotto la sabbia” Norberto Bobbio L’emblema dello struzzo che contraddistingue le edizioni Einaudi è stato ereditato dalla rivista “La Cultura”, di cui Giulio Einaudi fu l’ultimo editore. Ma l’origine del logo risale a prima del 1574, anno in cui fu pubblicato nel volume Dialogo delle imprese militari et amorose di Monsignor Paolo Giovio. L’immagine dello struzzo è stata ideata da Giovio per Girolamo Mattei Romano, che aveva aspettato con pazienza e perseveranza il momento per vendicare l’uccisione del fratello. E’ questo il senso originario del motto “Spiritus durissima coquit” che accompagna l’emblema dello struzzo. Del logo originario esiste una diversa e raffinata versione disegnata da Giacomo Manzù nel 1961. Un’altra versione dello struzzo è presente nella collana Einaudi Tascabili, dove compare mentre corre e privo di motto.

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Si tratta di un disegno realizzato da Picasso che ne fece dono a Giulio Einaudi nel 1951. Nell’ ottobre 2000, in occasione della fiera di Francoforte, è stato presentato un nuovo struzzo d’artista realizzato da Giulio Paolini. L’interpretazione di Paolini del marchio Einaudi mostra uno struzzo stilizzato contenente quello originario, come ad indicare che l’innovazione della casa editrice conserva comunque una continuità con la propria tradizione.

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Logo originario del 1574, ideato da Monsignor Paolo Giovio, per “l’impresa” di Girolamo Mattei Romano.

Versione disegnata da Giacomo Manzù nel 1961.

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Logo realizzato da Picasso nel 1951, presente nella collana Einaudi Tascabili

Struzzo d’artista realizzato da Giulio Paolini nell’ ottobre 2000.


6.

La veste grafica Einaudi

C

ome è nata l’immagine Einaudi? O cosa è l’immagine Einaudi? Come risposte a quste domande non esiste nessun trattato o manuale in grado di raccontare la storia grafica della casa editrice torinese ma, è necessario osservare attentamente le copertine delle varie collane pubblicate in tutti questi anni. Seguire il processo di ridefinizione dell’immagine di una casa editrice, o di singole collane, consente di intravedere il contesto nel quale maturano alcune scelte stilistiche e di capire l’identità visiva voluta da ogni editore. Nelle parole di Giulio Einaudi possiamo intravedere alcune delle possibili risposte alle precedenti domande: “Sono stato sempre attento ad usare una forma che attirasse l’attenzione senza mai arrivare al disturbo ottico...Oggi ci sono libri che magari in vetrina hanno un forte richiamo visivo, ma poi sulla scrivania, danno fastidio...Caratteri troppo grandi...copertine troppo indiscrete..” dietro queste parole c’è un ideale di forma del libro e un rispetto profondo del lettore. Come già citato nelle pagine precedenti, Einaudi possiede una fortissima personalità visiva, voluta in primo luogo dal suo editore e trasmessa a tutti i collaboratori che negli anni si sono alternati all’interno dell’ufficio grafico della casa editrice. Osservando le copertine delle varie collane si può notare come l’ uso

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dell’impianto costruttivista, il quadratino rosso del Nuovo Politecnico, quello blu dei Paperbacks, la semplice asimmetricità dei Saggi, esprimono una filosofia d’immagine fortemente supportata dalla costante cura e attenzione alla qualità dei materiali e della stampa: una qualità che è essa stessa parte del progetto ideologico e culturale della casa editrice. Alle collane a carattere aniconico, con altrettanta essenzialità, si affiancano altre con un più discreto uso dell’immagine, come Einaudi Letteratura, Centopagine o i Supercoralli. La stessa serie delle grandi opere, dall’Enciclopedia alla Storia d’Italia, alle più recenti Storia dell’Arte italiana e Letteratura italiana, sono diversificate soltanto da un’immagine cromatica di ricercata coerenza tonale. Ma dove più sofisticato e complesso si esprime il disegno Einaudi è nel lettering, nella costante cura redazionale dei sommari, negli indici e nelle bibliografie, dove si gioca tutta la flessibilità dei toni chiaroscurati dal sapiente dosaggio dei corpi. Anche la pagina restituisce nella sua sobria compattezza tutto un lavoro di ricerca grafica unico nel suo genere.

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Il primo cambiamento grafico. Universale Einaudi, 1964

U

na delle prime trasformazioni grafiche all’interno di una collana della casa editrice torinese, fu quella avvenuta della “Universale Einaudi”. La collana nasce nel 1942, con una copertina in tinta unita (ocra, verdina, azzurro polvere o rosso mattone) accompagnata da una sovracoperta di uguale colore, semplice ma raffinata nella scelta e nella fattura di un disegno al tratto inserito al centro; sui risvolti una presentazione dell’opera, della collezione e l’elenco degli altri titoli. Già nel corso del 1943 l’aspetto dei volumi cambia: la sovracoperta scompare, la copertina si estende su due risvolti in cartoncino ruvido color panna con un disegno al centro. La copertina con i risvolti durerà qualche anno per poi essere sostituita da una che ne è priva. Ma il vero cambiamento grafico avviene nel 1964, quando Bruno Munari collabora con la casa editrice e ridisegna la veste grafica della collana. Munari sostituisce la copertina colorata con una sovracoperta bianca attraversata da strisce rosse orizzontali, con la fotografia in bianco e nero dell’autore. Munari penso a queste strisce rosse, come un binario che “gira”

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1. Sopra: collana Universale Einaudi, 1955. Progettazione di Francesco Menzio. Sotto: collana Nuova Universale Enaudi, 1964 - 1975.


attorno al volume evidenziando il titolo, anch’esso cambiato nello stile nel corpo del carattere, e la casa editrice. Negli anni Settanta pur mantenendo la stessa impostazione grafica, la “Universale” eliminerà la sovracoperta in favore di una semplice copertina priva di risvolti, assottigliando le linee rosse e introducendo alcune foto degli autori non più in bianco e nero.

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2. Collana Nuova Universale Einaudi, 1964. Progettazione di Bruno Munari


La nuova simmetria delle collane “Nuovo Politecnico” e “Piccola Biblioteca Einaudi”

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egli anni Settanta Bruno Munari mette in atto una vera e propria rivoluzione visiva ripercorribile attraverso l’immagine di collane emblematiche, come il “Nuovo Politecnico” e la “Piccola Biblioteca Einaudi”. Inizialmente curata da Albe Steiner, la grafica della collana “Politecnico Biblioteca”, subisce un notevole cambiamento con Munari. Alla copertina con illustrazione a tutta pagina di Steiner dai titoli a caratteri aggraziati si sostituisce la consueta copertina bianca dove Munari colloca un quadrato rosso che si posiziona ad altezza variabile in rapporto al titolo, quest’ultimo composto da caratteri senza grazie e in grassetto. Anche il nome della collana stessa si trasforma in “Nuovo Politecnico” a sottolineare il profondo cambiamento. Un altro esempio di profondo cambiamento attuato da Munari è la progettazione grafica della collana “Piccola Biblioteca Einaudi”. La copertina di questa collana si colloca come simbolo della unitarietà grafica della casa editrice. In essa compare per la prima volta la “gabbia” di quadrati modulari inscritti nel formato rettangolare del libro che ancora oggi rappresentano l’elemento simbolico di molte collane Einaudi.

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3. A sinistra: Albe Steiner, collana Politecnico Biblioteca 1946 - 1949; la seconda copertina è di Max Huber A destra: collana Nuovo Politecnico, 1965

4. Collana Nuovo Politecnico, Bruno Munari, 1965

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5. Collana Piccola Biblioteca Einaudi, Bruno Munari, 1965


Le cornici rosse della collana “I Millenni”

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ealizzati nel 1947 da Cesare Pavese, I Millenni ospitano classici da riproporre a una letteratura attuale. Tra loro possiamo trovare narratori d’ogni tempo e paese, la poesia, gli scrittori di storia, i racconti di viaggi e le raccolte di fiabe. La prima progettazione grafica realizzata dall’ufficio grafico interno alla casa editrice, prevedeva una copertina semplice ed essenziale. Il consueto bianco di copertina era completato da solo tre elementi aggiuntivi: il titolo, l’autore e il logo Einaudi. La razionalità globlale evidenziata da questa copertina, racchiudeva la necessità di mostrare il classicismo delle opere raccolte all’interno della collana. Nel corso degli anni, l’ufficio grafico interno decide di seguire le linee guida grafiche impostate, in altre collane, da Bruno Munari. Volendo mantenere l’aspetto essenziale e “classico”, la copertina subisce soltanto un’ importante modifica: vengo introdotte illustrazioni d’autore incorniciate in un quadrato rosso, simbolo di continuità con le strisce rosse de la “Nuova Universale” e il quadrato rosso de “Il Nuovo Politecnico”. A questi apparati illustartivi hanno contribuito importanti artisti come: Elio Vittorini, Giulio Bollati, Paolo Fossati e recentemente Tadini e Mattotti.

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6. Il primo volume della collana I Millenni, 1954


7. Collana I Millenni, ufficio grafico interno, 1984

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“La bianca” della collana “Collezione di Poesia”

N

ata nel 1964, la collana “Collezione di poesia” pubblica testi classici, moderni e contemporanei di tutte le letterature. Progettata dall’ufficio grafico interno, la copertina viene sopranominata “la bianca” per il suo colore dominante. Su di essa compare per la prima volta il testo originale della poesia contenuta all’interno, accompagnato dall’autore, dal titolo e dal logo Einaudi. L’immagine globale rispecchia a pieno la filosofia Einaudi, grazie all’essenzialità degli elementi, la coerenza tonale e il sapiente dosaggio dei corpi dei caratteri nel testo a fronte, nel titolo e nell’autore.

8. Collana I Millenni, ufficio grafico interno, 1964

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Le illustrazioni a colori delle collane “Nuovi Coralli” e “Supercoralli”

I

“Nuovi Coralli” e i “Supercoralli” sono dal 1948 una grande collana di letteratura, con romanzi e racconti del Novecento, con raccolte di poesia e di teatro. Fra il 1975 e il 1979 i volumi uscirono in brossura in una nuova serie. La veste grafica di queste collane si deve sopratutto alla collaborazione tra l’uffico grafico interno Einaudi e Max Huber. La grande novità introdotta da Max Huber è l’utilizzo di illustrazioni a colori che corrispondessero in termini di allusione artisticoculturale allo spirito del libro. Originariamente le immagini venivano incollate sulla coperta.

9. Collana Nuovi Coralli, progettazione di Max Huber, 1971

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La continuità delle immagini a colori nella collana “Gli Struzzi”.

L

a collana “Gli Struzzi” nata nel 1970, si rivolge a un vasto pubblico per riproporre libri essenziali: dai classici alla narrativa, alla poesia e al teatro contemporaneo. Curata dall’uffico grafico interno la veste grafica della collana subisce l’influenza dell’uso delle immagini a colori di Max Huber. Fin dalle prime copertine appare una novità: il logo Einuadi non è piu posto al centro o in basso ma bensì in alto a destra, quasi a voler indirizzare tutta l’attenzione dell’osservatore sugli altri elementi della copertina (autore, titolo e immagine). Anche il lettering del titolo e dell’ autore subiscono importanti innovazioni, entrambi vengono realizzati con lo stesso carattere e lo stesso corpo, quasi fossero parte di un testo continuo dove non esistono priorità. Nel corso degli anni la collana subisce molti restyling grafici, fino ad arrivare ad una copertina attuale molto simile per impostazione a quelle passate. Le uniche differenze sostanziali sono l’integrazione tra testo e immagine (il testo è parte integrante dell’immagine) e l’utilizzo di un lettering meno regolare con la diversificazione per corpo o per colore tra titolo e autore.

[53] 10. Particolare della parte superiore di una copertina della collana Gli Struzzi. In alto a destra è presente il logo Einaudi accompagnato dal nome della collana. Di seguito troviamo il lettering dell’autore e del titolo.


11. Ufficio Grafico Interno, collana Gli Struzzi, 1978 - 1987 - 1998 - 2006

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Il grande restyling della collana “Einaudi Tascabili”.

A

vviata nel 1989 da Oreste del Buono, la collana “Einaudi Tascabile” conta più di 800 titoli a catalogo. Nel 1992 è stata ridisegnata nella grafica e nell’impostazione editoriale con tre diverse sezioni: Letteratura, Saggi, Classici. Successivamente la collana si è arricchita con la serie Bilingue, Scrittori traditti da scrittori, Poesia e Grandi Tascabili. Quest’ultima, che accoglie solo novità, è nata con l’intento di divulgare grandi temi come le scienze, la psicologia, la medicina. L’immagine grafica iniziale, adottata dall’ufficio grafico interno, a differenza di altre collane non prevedeva la “classica” copertina bianca. Vi erano copertine dai colori tenui con al centro una campitura bianca dove trovavano posto il titolo, l’autore, il logo Einaudi e un’ immagine a colori in riferimento al contenuto del libro. Nel primo restyling le copertine dai colori tenui, vengono sostituite dalla classica “bianca” , con l’integrazione di immagini a colori e l’utilizzo di titoli e nomi di autori con caratteri e corpi meno aggressivi rispetto al passato. Il nuovo stile grafico si allinea in pieno a quello utilizzato per la collana de i “Nuovi Coralli” con un differente trattamento del lettering presente in copertina. Il grande cambiamento arriva con il restyling degli anni duemila,

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12. Collana Einaudi Tascabili, Ufficio Grafico Interno, 1990


piu precisamente nel 2005, nasce il nuovo marchio ET (Einaudi Tascabili). La collana si diversica nelle sezioni ma sopratutto nella sua veste grafica. Accanto alla nascita del nuovo marchio ET vi è l’introduzione del nuovo “struzzo Einaudi” disegnato da Picasso nel 1951. Entrambi i nuovi marchi vengono collocati nello stesso modo in tutte le copertine delle diverse sezioni della collana, ossia il logo ET è sempre posto sulla destra mentre a sinistra troviamo sempre “lo Struzzo”, le uniche variazioni sono di carattere cromatico. Il grande restyling porta, nelle copertine dei Tascabili, l’uso d’ immagini al vivo che riempono tutto lo spazio di copertina integrandosi pienamento con i lettering dei titoli e dei nomi degli autori. Quest’ultimi grazie all’accurato uso dei colori, dei corpi e dei caratteri sono parte integrante delle immagini di copertina e non rappresentano nessun distacco visivo. Nonostante il restyling, la veste grafica di alcune sezioni come “ET Poesia” e “ET Teatro” ha mantenuto alcuni chiari riferimenti al passato. In “ET Poesia” possiamo ritrovare in copertina il testo originale come succede nella collana “Collezione di Poesia” mentre in “ET Teatro” ritroviamo (sempre in copertina) l’icipit del testo teatrale presente all’ interno del libro come accade nella collana “Collezione di Teatro”.

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13. Collana Einaudi Tascabili, Ufficio Grafico Interno, 1996


14. Collana ET Geografie, 2005

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15. Logo ET

16. Logo Einaudi, disegnato di Pablo Picasso


17. Collana ET Teatro, 2000 - 2006

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18. Collana ET Pop, 2000 - 2005

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Il design Einaudi oggi

O

ggi, la ricerca grafica della casa editrice torinese è incentrata in particolar modo su una collana nata nel 1996 denominata “Stile Libero”. Rivolta principalmente ai giovani ma non solo, questa collana di tendenza ha da subito presentato le novità piu interessanti della letteratura e della cultura underground e pop. Nel corso degli anni Duemila, sempre attento alla ricerca e agli esordi letterali, “Stile Libero” diventa un vero e proprio sistema editoriale, articolato in collane che spaziano dalla narrativa ai DVD, dalla varia ai noir, dal graphic novel alla saggistica. Anche la sua veste grafica raccoglie lo spirito di uno “stile libero” rivolto ai giovani ma non solo, in grado di catturare l’attenzione del lettore in settori della narrativa poco conosciuti (noir, graphic novel, ecc..). Il nuovo design di questa collana si divide in modo netto dal passato ma, conversa in se l’intento visivo di molte altre collane, cercando di mantenere intatta la linea continua su cui l’immagine grafica Einaudi ha viaggiato in tutti questi anni. L’immagine di questa collana è uno sguardo al futuro, come lo sono i contenuti, con l’intento di mantenere intatta la tradizione einaudiana. Un esempio tangibile di tutto ciò sono le prime copertine progettate nel 1996, che conservano ancora la copertina bianca (segno inconfondibile di legame con le altre collane) integrata da

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19. Collana Stile Libero, 1996


immagini a colori. Osservandole sembra di stare di fronte ad una copertina de i “Nuovi Corralli” o de “Gli Struzzi”. La creazione di nuove sezioni come Noir e Inside ha portato la nascita di nuove copertine. In esse sono presenti immagini che occupano la totalità dello spazio di copertina, integrate del lettering dei titoli e degli autori. Quest’ultimi sapientemente gestiti grazie a giochi cromati o spaziali, dove il corpo del carattere e i suoi stili regolano gli equilibri globali della copertina. L’elemento costante rimane, come nella totalità delle collane einaudi, il logo della casa editrice che, posto subito sotto al titolo, interpreta l’elemento di equilibrio tra immagine e titolo stesso. Nella sezione Noir le immagini utilizzate per la copertina sono tutte in bianco nero con autore e logo einaudi di colore bianco, l’unico elemento di stacco è rappresentato dal colore del titolo del libro che è ripetuto nel logo della sezione Noir. L’ immagine globlale giocata su atmosfere in bianco e nero è un chiaro riferimento visuale ai contenuti del genere noir, dove ad emergere è solo il titolo come unico protagonista del romanzo visivo. La grande caratteristica che lega le immagini apparse nelle copertine di oggi e in quelle del passato, cosi visivamente diverse, tanto da sembrare lontane secoli tra loro, è l’ accurata ricerca con cui venivano scelte. Il filo conduttore, oggi come quarant’anni fa, è l’utilizzo non violento delle immagini, poste sulla copertina non come elementi

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20. Collana Stile Libero, 2002


puramente spaziali o di decoro ma bensi come chiari riferimenti simbolici ai contenuti dei libri. Anche il nuovo design Einaudi pone l’attenzione sulla ricerca simbolica dell’immagine come unico grande elemento comunicativo dello spazio copertina.

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21. Collana Stile Libero INSIDE, 2008

22. Collana Stile Libero EXTRA, 2008

23. Collana Stile Libero BIG, 2005


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24. Collana Stile Libero NOIR, 2004 - 2008


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25. Collana I Coralli, 2000 - 2007


Parte Terza. Le copertine Penguin Books


Parte Terza. Le copertine Penguin Books Uno sguardo sulla grafica editoriale europea nel mercato librario italiano

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opo aver attentamente osservato e analizzato gli sviluppi grafici che hanno attraversato la storia della casa editrice Einaudi, credo sia fondamentale avere una visione più globale di ciò che avviene nel design editoriale fuori dai confini italiani. Osservando il mercato librario italiano ho potuto constatare che una delle case editrici europee più presente è: Penguin Books. La casa editrice londinese rappresenta una delle realtà europee più sviluppate in ambito della grafica editoriale. Da questo punto di vista, la casa editrice nel corso degli anni ha subito importanti variazioni stilistiche, rendendola una dei pionieri nella ricerca grafica editoriale. Osservando la storia della casa editrice ho notato l’importanza del ruolo di art director assunto, per un decennio, da un famoso grafico - designer italiano: Germano Facetti. L’intento delle pagine seguenti è quello di ricostruire gli sviluppi e i mutamenti grafici della casa editrice londinese nel corso degli anni, attraverso l’esperienza del lavoro di un grafico italiano in una realtà editoriale europea.

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7.

Germano Facetti.

N

egli anni sessanta, il modello ideale di libro tascabile e di massa erano i Penguin Books, che dispiegavano la loro presenza sul mercato editoriale con una nuova e innovativa formula visiva che ne sanciva i successi commerciali, mantenendo integri i contenuti culturali dell’impresa editoriale e diventando un modello riconosciuto per tutto il panorama librario. Il regista di questa grande operazione d’immagine è stato Germano Facetti, singolare figura di grafico, designer e divulgatore. Facetti era giunto a Londra nel 1950, nei primi anni non è ancora un grafico. Studia tipografia al Central School of Arts and Crafts. Uno dei primi suoi lavori nel 1955, fu per l’ Istituto Italiano di Cultura : cura la grafica del manifesto e dell’allestimento di una mostra dedicata al design italiano. I richiami formali sono quelli della grafica italiana di allora, Huber, Steiner, studio Boggeri, con un montaggio di immagini e campiture di colore, e con l’uso di caratteri classici, come il Bodoni, impaginati secondo gli schemi della grafica costruttiva. Il primo impiego stabile nel mondo dei libri è presso la Rathbone Books. Per Facetti inizia a svilupparsi l’idea di immagine come montaggio, come strumento narrativo, documentario visivo. Per lui la grafica è innanzitutto questo, la severa regia dell’immagine, che va scoperta, redatta e progettata. E’ attorno a questa idea che orienta la sua ricerca

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sia nel campo professionale che culturale. Nel 1960 fonda e affresca con amici artisti e designer una libreria, la Poetry Bookshop a Soho. Ed è proprio questa piccola libreria che aprirà le porte della Penguin a Facetti.

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1. Germano Facetti


8.

Penguin Books, le origini.

I

primi dieci Penguin vennero pubblicati nel 1935. L’idea era di Allen Lane, giovane editore formatosi presso la casa editrice di suo zio John Lane. Agli inizi degli anni tranta Allen Lane intuì la necessità di mettere sul mercato editoriale un nuovo genere di prodotto, il libro di piccolo formato, maneggevole e di poco costo, ma con alta qualità editoriale, aperto alle nove tendenze letterarie e agli autori contemporanei. Un libro da vendere anche nelle stazioni e che costasse dieci sigarette: 6 pence. Lane affidò a Edward Young il progetto del marchio e della copertina. I primi dieci Penguin presentavano una forte caretterizzazione. L’organizzazione era in tre fascie orizzontali, due bande di colore separate da una bianca; in alto l’etichetta romboidale con il nome delle edizioni, al centro nella fascia bianca il titolo in Gill nero tondo e il nome dell’autore in Gill chiaro tondo, entrambi in maiuscolo e ad epigrafe e infine, in basso il marchio del pinguino. I colori individuavano la serie: arancio per i romanzi, verde per i gialli, blu per le biografie. Young rimase nella società fino al 1939, e fu responsabile di tutti i marchi e le copertine per quel periodo. Mentre il marchio fu ridisegnato diverse volte l’impostazione grafica rimase costante per tutte le copertine Penguin ante guerra.

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2. Copertine Penguin Books progettate da Edward Young, Blu per le biografie, Arancione per i romanzi, Verde per i gialli. 1935

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9.

Storia di un pinguino.

Penguin, 1935

Penguin, Allen Lane, 2003

Penguin, 1946

Penguin, 2003 [71]

Penguin, 1950

Penguin Group, 2008 Penguin, 1987


10. Il primo cambiamento. Tschichold e Schmoller, 1947-1960.

I

l primo grande cambiamento fu introdotto da Jan Tschichold, nel 1947. Tschichold stabilì le “Norme compositive Penguin, ridisegno e standardizzò i marchi Penguin, Pellican e Puffin e comincio a progettare le copertine delle diverse serie. Il suo approccio porgeva grande attenzione al dettaglio nella progettazione e nella produzione del libro. L’accuratezza redazionale e quella grafica dovevano andare di pari passo per esprimere la qualità delle edizioni. Jan Tschichold lasciò i Penguins nel novembre del 1949, il suo posto fu preso da Hans Schmoller. Schmoller era un elegante e fine progettista, che in modo ineguagliabile univa la sicurezza e la precisione tedesca con le raffinatezze della scuola tipografica inglese. Nel 1951 per le copertine di alcuni romanzi si introduce una impostazione con bande verticali, arrichita da un disegno con lo scopo di sostenere e promuovere in libreria quei titoli che non avevano incontrato un buon risultato di vendita con la copertina originale. Furono chiamati grandi designer affiancati da un gran numero di artisti che fornivano i disegni o le incisioni per le copertine Penguin, tipiche fino ad allora quasi invariabilmente per lo stile verticale (ad eccezione dei polizieschi).

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3. Copertine Penguin Books, con griglia orizzontale, progettate da Jan Tschichold, 1948

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4. Copertine Penguin Books, con griglia verticale, progettate da Hans Schmoller, 1951

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11. Un nuovo Art Director: G. Facetti

A

lla fine del 1960 la nomina di un art editor a tempo pieno era diventata imperativa. L’ambizione di Allen Lane era quella di affermare e difendere il modello Penguin. Si doveva cambiare l’imballo dei libri, ma senza perdere i connotati distintivi ed unici del sistema Penguin. E’ questo il compito di Facetti. I Penguin crime fu la serie scelta per testare la nuova impostazione grafica delle copertine, progettata sotto la direzione artistica di Facetti. L’obiettivo del grafico italiano era di rompere con lo schema che vedeva prevalere l’impostazione tipografica. Le frequentazioni degli ambienti innovativi del nuovo design e la scena artistica inglese lo spingevano a ricercare una frattura, marcare un passaggio verso la copertina come vetrina illustrata dei contenuti del libro Facetti chiese a tre grafici, Sewell, Birdsall e Marber, di formulare delle proposte per iniziare una collaborazione con lui. La scelta cadde su Marber. Egli era un giovane sconosciuto, notato da Facetti per alcune copertine di The Economist, inventive sia nell’uso delle immagini che nella tipografia. Facetti affida a Marber il disegno di diversi titoli, ma chiama molti altri designer al progetto di queste copertine. Sotto la direzione di Facetti lavorano, in questi anni, grafici,

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illustratori artisti, fotografi e designer chiamati per interpretare la filosofia “Penguin” e dar volto ai romanzi e ai gialli pubblicati. Le copertine cambiano di volta in volta, ma conservando l’arancio e il verde come colori chiavi, necessari all’identificazione delle collane e delle edizioni. Per il disegno delle copertine dedicate ai classici, Facetti opera un nuovo passaggio del suo progetto sistemico per i Penguin. Mantiene la gabbia, usa lo Standard o l’Helvetica per i testi, che però vengono composti ad epigrafe, sancendo un richiamo formale con le precedenti edizioni dei classici. Tutti i testi sono, soprattutto nei primi titoli, in negativo su fondo nero. Il nero è infatti l’altro elemento di novità. E’ il colore scelto da Facetti per caratterizzare la collana e su cui disporre testi e immagini. Per l’uso delle immagini il principio è quello di ricercare una vicinanza tra l’opera letteraria e l’icona visiva della copertina. L’immagine acquista un valore di documento, contribuisce ad anticipare e narrare i contenuti dell’opera ed allo stesso tempo diviene uno degli elementi con cui si costruisce l’identità della collana. I Penguin Modern Classics sono pensati in parallelo ai classici. La gabbia tipografica disegnata da Marber, predisposta sia per la quarta di copertina che per la prima, viene utilizzata in una prima fase su esplicito desiderio di Schmoller, con il mantenimento di caratteri tipografici di rimando ai classici, il Joanna, introducendo in copertina un’immagine. Nelle successive edizioni, la collana adotta un’impostazione tipo-

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grafica più aggressiva, adottando lo Standard Medium, composto a bandiera destra, in maiuscolo minuscolo. Lo scopo di Facetti è di creare una relazione più integrata tra e carattere e immagine, fino a liberare lo spazio dell’immagine a tutto il campo della copertina, dalla prima alla quarta. La collana dedicata alla poesia viene anch’essa coinvolta nel processo di cambiamento. Nell’impostazione di Schmoller la copertina si arricchiva di una texture di fondo, quasi una pregiata “carta da parati” di gusto Art&Craft, che dava risalto al cartiglio tipografico. La collana si è poi via via sviluppata, andando a modificare le dimensioni del cartigli tipografico a favore della decorazione di fondo. La “rivoluzione” di Facetti entra in questa collana con estremo fragore, utilizzando la nuova gabbia e i nuovi standard tipografici, preservando in un primo tempo le campiture decorative, ma spingendole fino ad occupare quasi l’intera superficie della copertina. Durante la gestione artistica di Facetti, la produzione dei Penguin si dilata e si articola in moltissime collane, oltre a quelle ormai classiche. Il proposito di Facetti, anche sull’onda delle indicazioni di Lane, che raccomandava di “ cambiare senza cambiare”, è quello di introdurre un piano di stutturazione grafica graduale nel cambiamento, ma finalizzato alla costurzione di un’unica identità, flessibile e in grado di caratterizzare le singole collane e i singoli titoli. Il passaggio dall’impostazione tipografica a quella più visuale si riflette e si dispiega nelle molteplici collane.

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L’approccio di Facetti è stato di fatto fortemente in sintonia con lo spirito Penguin, con le intuizioni del suo straordinario editore, perchè introducendo il passaggio all’immagine, l’ha sempre intesa come valore, come contenuto capace di dar risposte alle nuove necessità di consumo, ma fedele al principio di non essere mai elemento banalizzante e meramente decorativo. Scriveva Facetti: “ Non tutte le copertine Penguin sono elettrizzanti dal punto di vista del design. E’ molto più importante che la Penguin abbia stabilito un alto standard costante, piuttosto che oscillare dall’eccellente al pessimo, di copartina in copertina, come fanno quasi tutti gli altri editori.”.

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5. La gabbia disegnata da Marber per i Penguin Crime, a fianco le copertine della stessa collana


6. Germano Facetti, Penguin Special

7. Hans Schmoller, texture di Stephen Russ, per Penguin Poetry

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8. Germano Facetti, Penguin Classics 9. Germano Facetti, Penguin Modern Classics

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12. I Penguin Books di oggi.

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ggi la filosofia Penguin è guidata dal sapiente lavoro dell’ Art Director John Hamilton che ha deciso di suddividere la linea editoriale in due parti: Penguin Press e Penguin General. La prima sezione è incentrata sulla raccolta di collane più classiche (come Penguin Classics o Modern Classics), mentre nella seconda trovano posto le collane più moderne dedicate alla narrativa attuale più famosa e ai giovani scrittori emergenti (Essentials, Fiction). Una delle prime intenzioni del nuovo art director è quella di rinvigorire il design delle collane più moderne, quelle dedicate alla narrativa attuale. Hamilton crede che queste collane hanno bisogno di creare appeal su nuovi consumatori, in particolare quelli che generalmente amano spendere i propri risparmi sulla musica e sull’abbigliamento piuttosto che sui libri. E’ per questo motivo che affida le copertine ad illustratori e designer in grado di creare immagini accattivanti dal linguaggio moderno e simile a quello utilizzato nel mondo della musica e della moda, in modo da avvicinare un oggetto come il libro, da sempre considerato qualcosa di classico, al mondo pop, popolare. Il titolo chiave scelto da Hamilton, per queste collane è “Essential”.

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Un’ altra innovazione presente in queste nuove collane è il logo Penguin. Hamilton decide di abbandonare il famoso pinguino racchiuso in un ovale arancione per affidarsi ad un logo completamente trasparente che si adatta cromaticamente di copertina in copertina. Il nuovo logo si amalgama perfettamente alle nuove immagini senza rappresentare un elemento di distacco, creando una perfetta armonia di stile all’interno degli spazi della copertina. Le nuove copertine volute da Hamilton, racchiudono una grande pluralità di stili che si differenziano tra loro a secondo delle singole identità dei libri. Nella narrativa moderna ma, soprattutto negli autori emergenti, ogni copertiina rappresenta uno stile diverso fatto di immagini elaborate anche digitalmente e lettering diversi tra loro. Proprio quest’ultimi rappresentano un’altra grande novità, voluta da Hamilton. I lettering dei titoli e degli autori oltre ad essere diversi di copertina in copertina, appaiono totalmente differenti tra loro all’interno della stessa copertina. Non vi è piu la necessità di un uso comune del lettering per un intera collana, ma bensi la volonta di personalizzare ogni elemento compositivo della copertina, compreso il lettering, per ogni singolo libro. Vengono abbandonati gli schemi compositivi è ogni singolo libro assume la propria personalità, la proprio autonomia espressiva. L’unico grande elemento iconografico in grado di collegare le nuove collane alla grande tradizione Penguin è il famoso pinguino, che

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nonostante le possibili variazioni rimane l’unico costante legame tra passato, presente e futuro.

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10. Penguin Essentials


12.1 Un richiamo moderno nei classici Penguin.

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ltre alla grande varietà di stili che caratterizza le collane della sezione Penguin General, Hamilton ha voluto consolidare e rinvigorire la tradizione dei Penguin Classics. Il nuovo design applicato alle copertine dei grandi classici è un chiaro rimando alla tradizione dei Penguin Classics di Germano Facetti. Le nuove copertine contengono immagini legate iconograficamente al titolo del libro e sono collegate nella parte inferiore ad un box nero contenente il titolo del libro in arancione e il nome dell’autore in bianco. I caratteri tipografici utilizzati sono Futura per l’autore e Mrs Eaves per il titolo. L’immagine e il box nero sono uniti tra loro attraverso una fascia rettangolare di colore bianco contenente il nome della collana e il logo Penguin. Questo elemento assume una duplice funzione, da un lato è il raccordo tra due parti diverse tra loro (l’immagine e il box nero con autore e titolo) ma allo stesso tempo, dall’altro lato rappresenta un modo per evidenziare contemporaneamente due spazi compositivi differenti ma uguali sul piano simbolico. Il suo ruolo è fondamentale poichè rappresenta una linea di equilibrio tra i singoli spazi compositivi della copertina e attraverso il logo e il nome della collana evidenzia l’identità a cui appartiene il

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libro. Il discorso intrapreso da Hamilton nella collana Penguin Classics è valido anche nel restyling della collana Modern Classics, dove le copertine sono composte in modo molto simile a quello dei Classics. Anche all’interno del design di questa collana è forte la presenza di immagini combinate a testo tipografico. Quest’ultimo composto da titolo e autore, il primo in nero, il secondo in bianco entrambi con il carettere Franklin Gothic, é racchiuso in un box argentato posto nella parte inferiore dell’immagine di copertina. L’elemento comune su entrambe le collane è il logo Penguin racchiuso all’inteno dell’ovale di color arancio. [85]

11. Penguin Classics


12. Penguin Modern Classics

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12.2 Great Ideas by David Pearson

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’ultimo significativo lavoro in casa Penguin, è stato quello realizzato dall’Art Director David Pearson. Nel 2000 Pearson progetta la veste grafica della nuova collana Great Ideas. L’intento della nuova collana è quello di pubblicare i libri più importanti della storia, quelli che hanno “cambiato il mondo”. L’idea avvincente di Pearson è stata quella di riportare graficamente le copertine, della nuova collana, ai tempi in cui questi grandi successi furono originariamente stampati. L’utilizzo dei caratteri tipici della tipografia del passato e l’utilizzo del binomio cromatico rosso - nero riportano le copertine indietro nel tempo, quasi non fossero passati secoli di storia. Questa atmosfera vintage è valsa alle copertine Great Ideas e a David Pearson la nomination al Premio Design Museum’s Designer of the Year nel 2005.

13. Penguin Great Ideas, 2000

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14. Penguin Great Ideas, 2000 - 2005

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Osservazioni Finali

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sservare il libro oltre la sua forma è per la maggior parte delle persone un aspetto secondario. La possibilità di osservare il libro al di fuori dei suoi contenuti è per la maggior parte dei lettori un’utopia. Il rovesciamento di questo pensiero è ciò che mi ha accompagnato lungo il percorso di questo progetto, ed è l’aspetto principale per chi come me, vorrebbe da grande, fare della comunicazione, della grafica il proprio mestiere. Osservare il libro dal punto di vista del grafico, di chi lo “produce” e lo comunica al mondo esterno è un ulteriore visione di un oggetto all’apparenza così semplice. Il libro è un oggetto da guardare, da riconoscere e da far proprio, non solo da leggere ma anche da mostrare. Il libro deve saper comunicare oltre i suoi contenuti. Quando lo si finisce di leggere, sembra che quello che si è letto ci appartenga, la stessa appartenenza si può proiettare nella sua immagine, nella sua veste grafica o nella sua forma fisica. E’ questo l’intento di chi si occupa del progetto grafico di un libro. Sostenere la forza comunicativa di un libro, la sua immagine, il suo visual non è un atto di presunzione nei confronti dei contenuti, ma è la volontà di rafforzare il legame tra parole e immagini. Può sembrare un paradosso , ma è vero che la memoria di ogni libro che abbiamo letto o che desideriamo leggere è legato al ricordo della

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sua immagine, del suo aspetto grafico. In questo ricordo ad emergere è un elemento comunicativo chiave: la copertina di un libro. E’ su questo aspetto che la grafica editoriale degli ultimi cinquantanni ha incentrato i massimi sforzi creativi, dando vita ai migliori esempi di comunicazione editoriale. Albe Steiner, Max Huber, Bruno Munari, Luigi Veronesi, Egidio Bonfante sono i pionieri della grafica editoriale italiana, sono loro i fautori della nascita dell’immagine coordinata editoriale in Italia, già conosciuta come coorporate image in altri settori esteri del design. Nel concetto di immagine coordinata editoriale la copertina è l’assoluta protagonista della volontà di creare all’interno delle case editrice una linea continua visiva che attraversa collane, momenti storici e influenze culturali diverse. Il simbolo, per molte case editrici, della continuità e della filosofia editoriale. Passeggiando per le strade di Torino, la mia attenzione si è incentrata sulla vetrina di una libreria. All’interno vi erano due copertine Einaudi Editore. La prima copertina era di qualche anno fà, è portava il segno inconfondibile Einaudi, il colore bianco accompagnato dal titolo e dall’autore in nero con un immagine in bianco e nero; la seconda apparteneva sempre alla stessa casa editrice ma era di una nuova collana, il suo design era moderno grazie all’utilizzo di una fotografia digitale al vivo e il titolo era di colore blu. Entrambe le copertine pur appartenendo a momenti storici diversi racchiudevano in sé la stessa linea visiva, fatta di rigore compositivo e semplicità espressiva.

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Tutte e due sono il simbolo di un immagine coordinata duratura nel tempo, che esprime a pieno la filosofia della casa editrice torinese mostrandosi solo con tecniche grafiche diverse. Einaudi Editore è l’esempio più significativo della volontà di esprime visivamente attraverso la propria veste grafica un identità aziendale, di rendere un libro riconoscibile e inconfondibile, prima per la sua immagine, poi per i suoi contenuti. Tutti gli artisti che si sono affiancati a questa realtà hanno contribuito alla realizzazione di una continuità di stile e di progetto che dura ormai da parecchi anni. All’estero c’e chi, attraverso l’opera di un Art Director italiano, ha intrapreso questo percorso molti anni prima. Si tratta del lavoro svolto da G. Facetti per Penguin Books, la casa editrice londinese molto presente sul mercato editoriale italiano. La casa editrice del pinguino ha attraversato negli anni molti mutamenti stilistici, cambiando direttori, designer e art director ma senza mai modificare la propria filosofia e investendo molto nel mantenere costante la propria tradizione visiva. È proprio attraverso Facetti che emerge la volontà di creare un’immagine coordinata riconoscibile ovunque e costante nelle diverse collane, volontà mantenuta sino ai giorni d’oggi dove le copertine Penguin conservano le stesse qualità visive del passato, quasi non fossero mai avvenuti i diversi cambiamenti. Nella realizzazione complessiva di questo progetto il confronto tra due realtà editoriali simili nei propri intenti ma differenti per collo-

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cazione geografica, ha portato alla luce un aspetto negativo. Nell’ analisi stilistica della realtà Einaudi è emerso la totale assenza di una raccolta bibliografica e visiva di tutte le copertine più significative che hanno caratterizzato la storia di questa casa editrice. Nonostante negli anni ci sia stato l’apporto artistico di grandissimi designer, come Munari, la casa editrice non ha mai pensato di raccogliere le proprie copertine e testimoniare la propria storia visiva nel corso degli anni. Questo aspetto al contrario, non è trascurato all’estero dove Penguin, ad esempio, ha raccolto in un opera libraria tutta la storia delle proprie copertine, analizzandole e raccontando i principali protagonisti. Personalmente credo che sia penalizzante per una casa editrice cosi importante come Einaudi, non avere un opera che racconti la propria storia attraverso i propri occhi, ossia le proprie copertine.

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