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GIULIA

RITA

mi n ga r do

pubblicazione gratuita anno IV numero 13 gennaio /febbraio 2015

MU T AZI O NI


DMAG

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EXHIBITION

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Sergio Luongo è nato a Chieri (Torino) nel 1976. Attualmente sta lavorando sulle varie tecniche di analisi relative alla riproduzione manuale di immagini, utilizzando stencil, toner transfer, serigrafia su superfici quali ferro, legno, carta e stoffa. Attraverso le sue opere si possono percepire il degrado ambientale e la decadenza umana, esse riflettono il disagio e il malcontento dell'individuo, causa la totale perdita di controllo sui mutamenti ambientali e sociali. Dall’estate 2013 ha lavorato sul suo nuovo progetto Lakruda.

LU O N G O

Di tutto restano tre cose: la certezza che stiamo sempre iniziando, la certezza che abbiamo bisogno di continuare, la certezza che saremo interrotti prima di finire. Pertanto, dobbiamo fare dell’interruzione un nuovo cammino, della caduta un passo di danza, della paura una scala, del sogno un ponte, del bisogno un incontro

tr ed i ci

Fernando Pessoa

> http://lakruda.tumblr.com/lakruda

Il mio augurio per il 2015 è che possiate “volare alto” oltre le “miserie” contingenti del quotidiano, che non smettiate di perseguire il vostro splendido domani, nonostante tutto. Pronti ad affrontare le inevitabili mutazioni che il corso degli eventi e questo “nuovo mondo” ci impongono. F.C.

n.13

gennaio - febbraio 2015

hanno collaborato a questo numero

direzione editoriale

Davide Barbato, Caterina Berti, Ylenia Cafaro, Giovanni Ceni, Stefano Ciullo, Margherita Costa, Nicoletta Diulgheroff, Ilaria Gai, Massimo Gallina, Luciano Gallo, Andrea Gandiglio, Chiara Lombardo, Claudia Losini, Caterina Marini, Federico Minetti, Irene Perino, Antonino Raciti, Ugo Sandulli, Francesco Sparacino

Francesca Chiappero Stefano Saladino art director e grafica

elyron

redazione

corso Vittorio Emanuele II, 30 10123 Torino redazione@d-mag.it

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adv@d-mag.it editore

Elisa Talentino, Code di Pesce www.elisatalentino.it

Associazione Culturale DFT

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Danza dei Mutamenti, www.tecnologiafilosofica.it

Industrie Tipografiche Sarnub spa Registrazione presso il Tribunale di Torino n. 49 del 5/10/2012

DMAG è anche online www.d-mag.it DMAG è una free press distribuita tramite il circuito Freecards. La rivista è bimestrale. La redazione non si assume alcuna responsabilità per eventuali variazioni di programmazioni, date, eventi.


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Che cos’è la Danza dei Mutamenti?

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— F: Il progetto Danza dei Mutamenti nasce nel dicembre 2013 dall’incontro tra Tecnologia Filosofica, una compagnia di danza e teatro che da sempre pone l’accento sulla centralità del corpo come mezzo espressivo, e un musicologo, Paolo Antinucci, con uno spiccato interesse per lo spirituale. Si è trattato di un laboratorio sperimentale per danzatori non professionisti, basato sul testo dell’I Ching (detto anche “Libro dei Mutamenti”), che si concentra sull’atto danzato in quanto gesto rituale e catartico di metamorfosi interiore ed esteriore. L’idea è nata da Paolo. — P: Da anni mi interrogavo: qual è veramente l’effetto della musica sull’essere umano? Manca ancora una risposta esaustiva a questa domanda. Lo dimostra il fatto che in genere nel discorso sul linguaggio musicale non esiste un giusto mezzo: o si tenta una strada “bassa” e si usano metafore, oppure ci si avventura in tecnicismi per capire i quali viene richiesta una competenza tecnica esagerata. Io volevo invece concentrarmi sulla musica per chi l’ascolta, la fruisce. Non per chi la fa.

di questi 64 topoi permetteva a chi lo consultava di collocarsi nel cosmo. Ogni archetipo è rappresentato da un esagramma, un carattere costituito da un insieme di sei linee, che possono essere continue o spezzate. L’I Ching teorizza che ogni esagramma abbia la potenzialità di tramutarsi in tutti gli altri 63. È sufficiente saldare una linea che prima era spezzata (o viceversa) perché ci si trovi in tutt’altra situazione, e così via in un’eterna tensione al cambiamento. La musica funziona allo stesso modo: è un continuo fluire dal prima al dopo. — F: Il pubblico – sempre presente ai nostri incontri – veniva invitato a consultare l’oracolo, a estrarre un esagramma. I nostri danzatori a quel punto avevano il compito di offrire il proprio corpo e il proprio patrimonio emotivo in un atto rappresentativo dell’archetipo corrispondente, accompagnati da un brano musicale che Paolo aveva associato a ogni esagramma. Ogni sessione diventava un rito catartico di reciprocità, di scambio inevitabile col pubblico, destinato per forza di cose a terminare in una trasformazione.

Musica e I Ching. Perché questa associazione?

Che tipo di trasformazione? Cosa è mutato?

— P: Caratteristica unica della musica è che, nonostante sia un fenomeno fortemente razionale, matematico, in essa ha eguale importanza l’aspetto emotivo. Ho cercato qualcosa che avesse una struttura analoga e ho trovato l’I Ching: un testo filosofico con aspetti di calcolo combinatorio, che però viene usato da secoli come strumento divinatorio per predire il futuro e leggere la propria situazione interiore. E qui entra in gioco la danza, a sua volta un grande interrogativo, frutto di quell’ovvio e allo stesso tempo misteriosissimo matrimonio tra musica ed espressione corporea: cosa ci porta a muoverci a ritmo? — F: Ci siamo impegnati per indagare l’ascolto, praticato non con le orecchie ma col corpo intero. Per questo abbiamo scelto di non ricorrere alla scrittura coreografica e di usare invece la composizione istantanea, anch’essa una forma di scrittura, solo molto meno codificata.

— P: Una trasformazione che si può intendere come metafora, ma anche fuor di metafora. Attraverso la danza libera – che è non-forma, gesto intimo di presenza al mondo e a se stessi – è avvenuta nei nostri danzatori l’emersione di una vera seconda pelle. — F: Il cambiamento interiore portato da questo procedimento è stato talvolta così forte da riverberare nella fisicità, nella presenza corporea dei partecipanti. Per questo li abbiamo affettuosamente rinominati “mutanti”. — P: C’è inoltre un mutamento di altro genere: l’esperienza è stata pensata per essere itinerante. Ogni incontro si svolgeva in uno spazio diverso, di fronte ad un pubblico sociologicamente diverso. Abbiamo lavorato all’interno di una decina di realtà culturali significative per il territorio torinese, passando per una residenza artistica presso il Castello di Rivoli durante la quale i nostri mutanti hanno avuto l’opportunità di relazionarsi attraverso la danza anche con le opere d’arte esposte. Ogni pubblico è stato diverso, ma allo stesso tempo uguale: musica e danza sono espressione di un linguaggio dell’interiorità che è esperienza universale. E non esistono interiorità di centro o di periferia, nessuno è “portatore unico di verità”.

Un atto di liberazione da ogni mediazione, seppur artistica?

— F: Sì, era nostra precisa intenzione fare in modo che caso e alea avessero un ruolo di primo piano in quest’esperienza. Nutriti dalle letture dell’I Ching, i nostri danzatori hanno potuto tradurre la propria interiorità in movimento, attingendo alle proprie esperienze, ai propri drammi. — P: Del resto la musica fa proprio questo: permette di attingere al proprio patrimonio emotivo. Non comunica contenuti specifici, non inietta emozioni nello spettatore, nel performer, ma li mette di fronte all’interezza della propria specificità. Cosa avviene durante una Danza dei Mutamenti?

— P: L’I Ching enumera 64 archetipi – situazioni, caratteri, tipi umani, sentimenti – coi quali è possibile descrivere il mondo intero. Per questo veniva usato come mezzo oracolare: l’estrazione casuale di uno

L’esperienza mutante ora è terminata. La rifarete?

— P: Abbiamo voluto fare un laboratorio che fosse autenticamente sperimentale: tutti noi stavamo manipolando l’ignoto, docenti in primis. Pensiamo che sia un cammino che vale la pena di proseguire, anche se - facendo fede alla nostra missione di mutamento - sarà un cammino destinato a misurarsi col proprio passato e a cambiare, per farsi di nuovo. — F: Colgo l’occasione di ringraziare sentitamente a questo proposito il Cecchi Point, dove tutto ha avuto inizio e dove siamo tornati per la performance conclusiva.

la Danza dei Mutamenti è un progetto nato dalla collaborazione tra il musicologo Paolo Antinucci e la compagnia di teatrodanza Tecnologia Filosofica, nelle persone di Francesca Cinalli e Rodrigo Boggero, con la supervisione di Doriana Crema.

d anz at orimut a nti www.tecnologiafilosofica.it

di Caterina Berti

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Dall’incontro tra musicologia e teatrodanza, tra Oriente e Occidente, nasce il laboratorio sperimentale Danza dei Mutamenti, un percorso di danza educativo e performativo orientato all’ascolto.


Da La Bellapresenza a Secondo me i buoni, Ilario Rosso, torinese doc, da sempre affronta con ironica saggezza le figure umane e i nostri tempi. Il suo secondo album, uscito per INRI a ottobre, guarda al mondo con un apparente punta di amarezza, utile a riscoprire il vero significato dei “buoni”. Da “La Bellapresenza” a “Secondo me i buoni” sono passati più di due anni. Le tematiche trattate sono molto simili ma qui mi è subito saltato all’orecchio un po’ di rammarico, in sottofondo. Questo disco è particolare perché raccoglie sia pezzi scritti tra i due album che brani precedenti al primo: si può notare come il mio suono sia evoluto in questo tempo, ma anche il mio modo di raccontare le storie. Diciamo che è vero, c’è un tocco di amarezza, ma secondo me è un tratto che denota più maturità: nonostante l’approccio ai testi sia sempre lo stesso, come il gusto per il gioco di parole, per la storpiatura e la citazione, ho approfondito maggiormente i temi di cui parlo. Se prima raccoglievo “ritratti impressionisti”, quasi catalogando stereotipi umani, oggi le canzoni toccano più aspetti della realtà e in modo molto più trasversale. In questo disco hai scelto di parlare dei buoni. Al mio primo ascolto ho pensato di non darti ragione, perché per me i buoni non esistono. Ma poi mi sono ricreduta. Però lo chiedo a te: chi sono e dove si trovano, i buoni? Purtroppo parlare di buoni al giorno d’oggi risulta subito poco credibile, perché viviamo in un’epoca dove i valori dominanti sono la spietatezza verso tutto e tutti a favore di un arricchimento monetario. Io parlo più di bontà intesa come normalità: i buoni sono quelli che vivono bene, che soddisfano innanzitutto i loro bisogni fisiologici e che poi possono allacciare rapporti. Tendenzialmente intorno a noi si percepisce quella volontà verso ciò che fa stare bene, se vuoi puoi chiamarli buoni, pacifisti o quant’altro. I buoni poi secondo me si nascondono, sono silenziosi ma sono quelli che portano avanti il mondo. Secondo me è necessario distinguere tra buoni e buonisti. Il falso buonismo che ci circonda, amplificato dai social network, mi fa davvero paura, quindi secondo me il discorso che tu fai sui buoni è importante, perché la gente si è dimenticata di cosa vuol dire esserlo. Se tu ascolti il mio disco, e io stesso l’ho scoperto solo molto tempo dopo, scoprirai un tratto positivo: chi opera per un bene vero, anche fosse solo il proprio ma senza altri scrupoli, alla fine dei conti riesce a sopravvivere. Io penso che in Italia la maggioranza sia composta da buoni, perché altrimenti saremmo già sprofondati. Tutto sommato da questo pessimismo cosmico che ci circonda possiamo trovare quella spinta che ci fa andare avanti, e se andiamo avanti c’è qualcosa dietro che ci spinge. C’è una figura che ritorna spesso nei tuoi dischi, quella del cantore ubriacone, al limite tra il

6 bohémien e il compagno di sbronze. È quasi come se fossi tu stesso a entrare nelle canzoni per diventarne un personaggio narratore. In realtà le figure sono due: quella con il bicchiere di vino e quella con la chitarra. La prima guarda e la seconda scrive. Mentre ti perdi nei bicchieri guardi, immagazzini, e poi raccogli. Ho letto da qualche parte che la felicità è osservare, però credo che in realtà non sia sufficiente soltanto questo, almeno, fino al primo disco ho sposato questa idea, ma poi ho cominciato anche a viverle, le situazioni che rima semplicemente guardavo. E questo ha portato un grande cambiamento anche nel modo di raccontare, che si nota nel disco. Quindi tornando alla prima domanda: il tuo stile sta cambiando anche perché ora tu non solo osservi, ma sei partecipe del mondo intorno a te? Dove stai andando? Se devo confessartelo ancora non ho le idee chiare e soprattutto non ho ancora figli di questa nuova epoca, Forse solo in Rap-porto si nota la via che potrei percorrere, perché, passami la metafora, sa più di terra e un po’ meno di aria. Ho trovato Inconcludente un po’ simile alla storia di Figli di papà. Ma, mentre là si dipingeva uno stereotipo, qui nel bene e nel male mi ci ritrovo anche io. I due pezzi possono essere messi in relazione tra loro? Sì, ma mentre in Figli di papà tratteggiavo un ritratto, direi che Inconcludente è un ampliamento del discorso sui buoni, inteso come “persone che vivono bene”. È quasi una canzone misantropa, perché parla di come noi siamo portati da forze superiori come gli incasellamenti sociali, il buonismo e le costrizioni, a sentirci sempre insoddisfatti di ciò che siamo e che abbiamo, alla ricerca di qualcosa che nemmeno noi forse desideriamo volere. Oggi sembra quasi che se tu non stai salvando il mondo non sei nessuno, lo dico anche in una strofa, “E domani è un altro giorno per poter salvare il mondo”: per me l’inconcludenza non sta tanto nel dire “non sono sistemato”, quanto nel “non sto salvando il mondo”. E la filastrocca dei mesi? Questa ha una lettura ambivalente: la prima è un invito a ricordarsi che ogni giorno, seppur uguale all’altro sul calendario, è diverso perché può essere riempito con emozioni, relazioni, sentimenti. La seconda è un’accusa contro il contesto culturale del propinare sempre la stessa solfa, contro quell’egemonia culturale che nel bene e nel male subiamo in particolare dal ‘68 in avanti. C’è una canzone a cui sei più legato? Come sempre si va a infatuazione del momento, però da quando ho iniziato a fare il disco a ora, quella su cui mi sono più concentrato è La ballata degli ultimi ubriaconi, che contiene quel giusto equilibrio tra serio e faceto che meglio rappresenta anche il mio atteggiamento nei confronti della vita: profondo sì, ma anche leggero quanto basta per non screditarsi.

i l a SECONDO ME r o ss o

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save the date

Decemberists

1 MARZO 2015 MAGAZZINI GENERALI Via Pietrasanta 14, Milano

Sono davvero affezionata ai Decemberists. Vengono da Portland, Oregon, una città nota per la sua stravaganza e per la sua fertilità musicale. Tra l’indie e il folk, mi hanno sempre fatto divertire per la loro ironia nel raccontare storie quotidiane, ma anche gli sprazzi emotivi che hanno l’apice in un disco come “The hazards of love”. Il tour che toccherà anche Milano presenterà il nuovo album “What a terribile world, what a beautiful world”, in uscita il 20 gennaio 2015. Non aspettiamoci troppe sorprese a livello di suoni, ma forse il bello è proprio questo: ascoltarsi un po’ di sano, vero, rockfolk americano (e poi Colin Meloy somiglia tanto al Ben Gibbard di un tempo).

di Claudia Losini

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jukebox

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Il 13 si sa, molto più del 17, porta sfortuna. DMAG è arrivato a questo, fatidico, numero, quindi per l’occasione voglio consigliarvi una serie di canzoni portafortuna per liberarvi dai malocchi quotidiani, non perché io ritenga che il 13 sia sfortunato… ma non si sa mai. D’altronde l’anno nuovo, con tutte le promesse che si porta appresso, necessita per forza di talismani.

BEATLES ALL TOGETHER NOW

La cantavo disperatamente, sotto il diluvio universale del Primavera Sound di Porto qualche anno fa, quando due dei tre gruppi per cui avevo pagato il biglietto diedero forfait. L’ultimo proprio durante l’acquazzone. Ma grazie a queste disdette ho potuto scoprire gruppi molto interessanti che mi hanno accompagnato lungo questi anni, perciò…

ALPHABET FASCINATION

di numeri tredici e sfighe varie

Per questo devo ringraziare un’amica, che alla mia domanda: “qual è la tua canzone anti-sfiga?” ha risposto decisa questa, giustificandola con: “È proprio la mia canzone della felicità, proprio quella quando va tutto bene”. Come darle torto?

LA ROUX BULLETPROOF

“I’m having fun don’t let me down”. Uh quante volte l’ho cantata. Oggi sono a prova di proiettile: basta ripeterselo per un po’ di volte a mo’ di training autogeno.

BLUR PARKLIFE

Sei passato sotto una scala, una colonia di gatti neri ti segue da settimane, i quadrifogli ormai sono protetti da Greenpeace, il ferramenta ha finito i ferri di cavallo e l’esorcista ha il numero occupato. Ma chissenefrega, ascolti Parklife e passa tutto all’istante.

THEGIORNALISTI PROTEGGI QUESTO TUO

RAGAZZO

Non so a chi sia rivolta: a un Dio, a una madre o a te stesso, ma questa è una delle preghiere più delicate e sincere che abbia sentito in una canzone negli ultimi anni. Così vera, così semplice, così immediata. Proteggiamo tutti questa “testa benedetta da qualche prete negli 80”.

VILLA SCALCABAROZZI Via Mazzini 42-44 dal martedì al venerdì: 15-19 sabato e domenica: 11-19 lunedì chiuso CENTRO COMUNALE DI CULTURA

telefono 0131-949287 cultura@comune.valenza.al.it

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associazione culturale


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Le opere di Rita Mingardo sono uno studio sull'uomo e sulla natura, sul recupero del senso primitivo dell'essere; sono un documento su funzioni ed elementi che spesso non sono visibili all'occhio ma che caratterizzano ogni forma di vita. Il tratto sembra arrivare diretto dalle viscere ed è per lo spettatore come un pugno in pieno volto. La sua poetica è un invito ad andare oltre la superficie, a inoltrarsi nel profondo dell'essere umano, per scoprire ciò che in esso permane ancora dell'essere animale, e riemergere così, dopo il viaggio nelle viscere, nel sangue e nell'istinto, a una nuova visione di se stessi, della natura e del mondo. Chi è Rita Mingardo?

— Da sempre nutro estremo pudore per la mia identità, un atteggiamento un po’ fuori moda e indubbiamente controproducente visto il tempo in cui viviamo. Poche volte ho sentito l’urgenza di fare manifesto di me stessa, si sprecano troppe energie che ritengo invece indispensabili alla ricerca di una ben più importante definizione di se stessi. Considerando il fatto che al momento non mi ritengo “identificabile”, alla domanda potrei rispondere citando le parole di uno dei meravigliosi personaggi di Lewis Carroll: “Un’incognita…per ora brucaliffo!” Come e perché hai iniziato a dipingere?

— Credo derivi dai lunghissimi viaggi in macchina in giro per l’Europa fatti da bambina con la mia famiglia. Ore a guardare fuori dal finestrino, “guardare” diventa “osservare” e poi, tutto quello che gli occhi raccolgono, viene metabolizzato. Fin da piccola ho trovato nello scarabocchio, nel disegno e nell’utilizzo dei colori un modo soddisfacente per operare un’ulteriore trasformazione all’infinità di informazioni visive che ricevevo. Sentivo necessario che confluissero in qualcosa di concreto in modo da poterle riorganizzare e decifrare. Sei un'appassionata studiosa di Vali Myers, pittrice e danzatrice australiana, trasferitasi poco prima degli anni '60 in una capanna sui monti sopra Positano con il compagno Rudy, per creare e vivere secondo natura, cioè lontani dalle comodità e dalle facilitazioni delle abitazioni cittadine. Immersi nel verde ed esposti alle intemperie, isolati da tutto e tutti, hanno indagato e sperimentato “il senso primitivo che è in ognuno di noi”. Ci racconti qualcosa al riguardo? Cosa ti affascina della loro esperienza?

— Credo che Vali Myers avesse la capacità di percepire e vivere ogni posto e ogni situazione in modo assolutamente primitivo, una condotta dedita alla sopravvivenza dalla quale straripava una tanto imponente quanto sottile e astuta vitalità. Una donna eccentrica se messa in relazione con l’esterno, ma perfettamente centrata in se stessa, eccezionalmente esposta senza ombre ingombranti e misteri. Dopo anni passati nella più eccitante Parigi bohemienne del dopoguerra, il ritiro nella natura poteva essere per lei un giusto contrappeso per bilanciare tanto vissuto, un “ritorno all’ordine” strettamente individuale che ha voluto condividere e assaporare con un compagno fedele. Penso che entrambi avessero bisogno della ritmicità e delle regole che la natura impone per riuscire ad attuare la regressione alla quale aspiravano.

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Più che un atteggiamento tribale definirei la loro ricerca del senso primitivo come una volontà di fare branco; è questo uno degli aspetti che più mi affascina della loro esperienza, la possibilità di spaziare e vivere “secondo natura”, protetti dall’innata intelligenza organizzativa che proviene da ogni unione istintiva. È indubbiamente un lusso che in pochi sanno riscoprire e perpetuare.

Nel 2009 hai prodotto la serie di disegni Fisiologico Contemporaneo, che ricordano da un punto di vista compositivo i vecchi carnet di viaggio dei primi dell'800, in cui scrittori o studiosi prendevano appunti, attraverso schizzi, di realtà vegetali o animali, che fino a quel momento erano state per loro sconosciute. Ma nelle tue opere il mondo animale sembra legato a miti e leggende, e racconta di aspetti psicologici, emotivi e fisici dell'uomo. Da cosa nasce questa ricerca? E cosa ti ha permesso di scoprire sull'essere umano?

— Come ogni ricerca anche questa è nata dalla necessità di comprendere, per quanto è possibile, l’altro da sé. Nella storia, come nell’attualità, l’animale è utilizzato come mediatore, un importante punto di riferimento nella costruzione di simboli e rituali riferiti alla sfera del magico e del sacro con cui l’uomo ha da sempre avuto la necessità di mettersi in contatto. Le similitudini tra racconti, credenze e cerimonie tra le più disparate comunità e civiltà sono veramente molte, curiosi e affascinanti punti di unione tra le parti del globo che riportano all’universalità della fiaba e alla sua complessa struttura psicologica ed emotiva. Questa ricerca non poteva che sfociare nelle letture di alcuni testi su e di Carl Gustav Jung e la sua idea di “inconscio collettivo”, un pensiero che devo ammettere è molto stimolante e confortante. Nelle ultime opere racconti di visi che si trasformano in organi, o di corpi che perdono consistenza, per farsi scheletri o agglomerati di organi genitali maschili e femminili insieme. Le mutazioni riguardano l'esistenza di ogni uomo: cambiare è sinonimo di vita, di ciò che continuamente si altera e cambia forma, dalle cellule alle idee. Questo continuo spostamento, questo perenne cambio di prospettiva, di punto di vista, cosa ha a che fare con l'arte? E con la tua arte?

— L’Arte ha la peculiarità di saper gestire le mutazioni, di saper fluire nell’andamento che esse propongono come di capire quando invece è necessario creare enormi strappi e cambiamenti di rotta. Il continuo cambio di prospettiva è un movimento indispensabile per avere una visione d’insieme grazie alla quale poi si può decidere da quale punto specifico ripartire. Da questo si può dedurre che la fissità non è cosa contemplata dall’Arte: troppa resistenza, troppa ostentata stabilità ostruiscono il divenire e l’Arte, al contrario, ha l’impellente necessità di esistere. Per questo è più congeniale muoversi in un’apparente con-fusione continua perché essa permette la generazione di nuovi e infiniti punti di partenza, infinite nascite che danno la sensazione di potersi prolungare all’infinito. Credo che in tutta l’Arte ci sia sempre stata la primordiale necessità di sconfiggere la morte, di sopravvivere oltre. La mia ricerca si muove grazie all’ibridazione, alle fusioni tra maschile e femminile, tra luce e ombra, tra presenza e assenza, per ora nulla che punta all’Assoluto ma “semplicemente” alla composizione dell’essere umano su questa terra.

Dell'essere primitivo

che è in noi di Ugo Sandulli

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Il 24 e 25 gennaio il Teatro Baretti di Torino ospiterà la settima edizione dell’evento musicale che è già diventato un’istituzione per la città e per i suoi musicisti. La maratona musicale Mozart Nacht und Tag è una quaranta ore nonstop di concerti, proiezioni e letture, dedicati al più celebre esponente del classicismo settecentesco Wolfgang Amadeus Mozart. Ad occuparsi del coordinamento artistico, insieme a Giorgio Griva e Attilio Piovano, sarà Corrado Rollin. Sette anni fa sono arrivato al Teatro Baretti per proporre l’allestimento di una mia pièce teatrale dedicata al compositore inglese Frederick Delius perché speravo che Davide Livermore, direttore artistico del teatro e musicista, trovasse interesse a riguardo. È stato parlando di quel progetto che Livermore mi ha proposto di occuparmi della realizzazione di una sua idea, cioè la maratona. Non avevo mai organizzato nulla in vita mia, ma la cosa mi sembrava potenzialmente molto interessante, così ho accettato, forte anche della collaborazione di Giorgio Griva, che da molti anni organizza eventi musicali in città e conosce un gran numero di esecutori”. Qual’è il suo rapporto con l’opera mozartiana? Non è che sia un mozartiano “maniaco”, lo amo come penso non

possa fare a meno di amarlo chiunque si interessi di musica. Il mio campo di studio è essenzialmente il rapporto fra la musica e la letteratura e Mozart è uno degli autori più citati dagli scrittori. Con quale criterio verrà stilata la scaletta della maratona? Per quanto riguarda la scaletta, un criterio a dire il vero non c’è, nel senso che siamo totalmente in balia (in senso buono) dei musicisti. Intervengono gratuitamente e perciò propongono quello che hanno al momento in repertorio di Mozart. Certamente ci sono proposte che mi coinvolgono in prima persona come la lettura musicata della brevissima tragedia “Mozart e Salieri” di Pushkin che dovremmo inserire quest’anno”. L’armonia e l’eleganze delle composizioni del musicista viennese fanno sicuramente gola agli appassionati, ma la gratuità dei concerti permette anche ai non addetti un’iniziazione alla musica classica diventando tutti complici in quello che si manifesta come un forte trasporto emotivo e che si impadronisce della sala restituendo ai musicisti sul palco parte della loro devozione. Qual’è stata la risposta del pubblico nelle scorse edizioni? Ormai la Mozart Nacht und Tag è diventato un appuntamento tradizionale non solo per San Salvario ma per tutta Torino e questo ci riempie di

soddisfazione. Fin dalla prima edizione si sono mescolati i melomani abituati ad andare a concerto e i neofiti. La qualità fa venire i primi, la sensazione di “informalità” fa venire i secondi e, se tutto va come negli anni passati, avremo i “soliti” tremila passaggi circa e supereremo il nostro record di 110 litri di vin brûlé distribuiti al nostro pubblico (e preparati dai nostri numerosi volontari). Il quartiere di San Salvario, nei giorni della ricorrenza della nascita di Mozart, sarà la cassa acustica di questa mozartiana, dove anche i locali commerciali accoglieranno gli eventi. E oltre che nella sala del Teatro Baretti, al civico 4 dell’omonima via, i concerti saranno ospitati nella chiesa dei Santi Pietro e Paolo Apostoli, alla Casa del Quartiere, al Circolo dei lettori e al Castello del Valentino. La filosofia del Baretti è provare a fare cultura anche in luoghi non canonici e per pubblici eterogenei. E ci piace l’idea di provare a raccontare l’arte a chi magari non ha idea di come possa essere gradevole e gratificante se solo la si riuscisse a capire. Ovviamente bisognerà presentarla senza tanti paludamenti accademici. È cosi che vorremo condividere la nostra passione per la musica e perciò la scommessa l’abbiamo fatta, convinti in cuor nostro di vincere e tutto sommato direi proprio che abbiamo fatto bene.”

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della musica, di Antonio Raciti

Quella che sta crescendo a Torino è una ventata di aria fresca nel panorama letterario cittadino. Babelica, nome che evoca i concetti di contaminazione e incontro, vuole essere uno spazio reale e virtuale di dialogo con le culture del mondo, attraverso la cultura stessa. Il progetto, presentato il 19 dicembre, porta le firme di Cristiano Dennani, Tatjana Giorcelli e Simona Martino. I tre ideatori avevano avuto un’idea simile una decina d’anni fa ma non erano riusciti, per cause di forza maggiore, a realizzarla. Come le belle idee che hanno radice nelle nostre aspirazioni più profonde, non si è affievolita con gli anni ma è rimasta in un cassetto, sicura del www.produzionidalbasso.com/project/ proprio valore, fino a spingere per uscire e farsi, babelica/ finalmente, realtà. L’idea alla base è semplice quanto importante: la condivisione dei saperi. La convinzione che la cultura sia un bene prezioso, da coltivare e proporre senza elitarismi di qualsiasi tipo. La messa in pratica è varia e articolata su più livelli. Si compone di workshop, dibattiti, proiezioni, eventi, e non solo, dedicati alla cittadinanza e con un occhio di riguardo alla popolarità. A fare da collante, un luogo fisico ben delineato e inserito nella comunità cittadina: una libreria di quartiere. Il luogo, a questo punto, diventa simbolo del progetto e suo motore propulsivo: la bellissima e un po’ dimenticata Galleria Umberto I, scelta, mi confida Tatjana, “proprio perchè rappresenta il perfetto ponte tra la Torino popolare e multiculturale di Porta Palazzo e quella decisamente più borghese del Quadrilatero Romano”. La libreria sarà un osservatorio sui cinque continenti, un crocevia di storie che, anche a partire dai suoi scaffali, farà affidamento sulla condivisione dei saperi e degli interessi. Babelica avrà infatti un allestimento particolare, realizzato grazie alla collaborazione di esperti delle diverse letterature – con un’attenzione particolare alle case editrici minori – e, successivamente, grazie alle proposte dirette dei lettori attraverso il sito web, sul quale sarà inoltre presente un presidio letterario via chat, in grado di consigliare letture e suggerimenti. Le nuove tecnologie sono quindi – naturalmente – una parte importante del progetto. “Un ottimo mezzo in grado di arrivare a più persone possibile nel modo più diretto”, mi dice Tatjana. È stato quindi spontaneo affidarsi al web per l’iniziativa di raccolta fondi, attraverso Produzioni dal Basso, una delle principali piattaforme italiane di crowfunding. “Una scommessa che ci piacerebbe vincere”, dice Simona, “perchè sarebbe una vittoria di tutti coloro che sceglieranno di credere nella cultura e in ultima analisi, un’ opportunità per tutta la città”. di Federico Minetti Sessanta giorni di tempo, fino al 15 di febbraio, per rendere concreto quello che è un bellissimo sogno nel cassetto, in grado di cambiare un pezzettino di città e di mondo. In modo migliore.

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il luogo dove le cult— ure si incon trano

A Torino nasce Babelica: uno spazio dedicato alle culture di tutto il mondo

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via delle Rosine 1/bis L angolo via Principe Amedeo 10123 Torino tel. 011882723 cell. 3896686923 info@valentinalagana.it www.valentinalagana.it


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12 Ho incontrato Giulia Menegatti per la prima volta tanti anni fa. Su un autobus. Chiacchierava di teatro e le brillavano gli occhi. Oggi, intervistandola, ho la stessa sensazione di allora: se le faccio domande risponde come se trattasse qualcosa che reputa magico e fragile, come se volesse trasmetterti il senso folle e strampalato che c’è in chi, come lei, ha scelto di far vivere i sogni. Giulia ha le mani sottili. Immaginatele muoversi, mentre leggete.

Choices è un progetto di teatro e narrazione digitale dedicato alle scelte che facciamo nella vita

Quale percorso hai fatto, che formazione hai? Sono laureata in teatro educativo e sociale all’Università di Torino, una “palestra” teorica dove ho scoperto correnti e visioni, studiato teorie e partecipato a seminari con attori e registi. Una sorta di degustazione teatrale fatta di stili e modi diversi. Sono stati anni di incontri arricchenti con artisti come Peter Schumann/Bread & Puppet, Roberta Carreri/ Odin Teatret, Cathy Marchand/Living Theater. Dopo la laurea ho avuto la fortuna di “andare a bottega” in una compagnia di teatro ragazzi di Torino, Unoteatro, dove ho imparato a guidare furgoni, montare e smontare scenografie, pensare spettacoli ma soprattutto confrontarmi con un pubblico molto esigente: i bambini. Alcuni anni dopo sono partita per alcune esperienze all’estero dove mi sono occupata soprattutto di produzione teatrale. Chi ti ha contagiato teatralmente? La mia formazione è fatta di contaminazioni. Non avendo frequentato una scuola di teatro ho maturato la mia visione teatrale plasmandola grazie agli incontri che ho fatto lungo la strada. Se devo parlare di “maestri” penso soprattutto a Silvano Antonelli, con il quale ho imparato cosa vuol dire vivere in una compagnia di giro, recitando sul palco e

ch o ic e s

IL DESTINO IN UNA MANO

pensando nuovi spettacoli in furgone. Dopo quell’esperienza ho cominciato a cercare una mia direzione, interrogandomi su cosa voglio raccontare e chiedendomi quali sono le mie urgenze. Sto cominciando a capire che mi interessa soprattutto il teatro che intesse un dialogo con chi è seduto in sala e che si interroga sulle dinamiche di oggi provando a trasformarle in poesia per gli occhi e per le orecchie. Con te, oggi, vorremmo parlare dell’ultimo progetto – Choices – che è tra le proposte selezionate dalla Compagnia di San Paolo con la call ‘Scene allo sBando”. Come descriveresti il lavoro? Quale tua urgenza si cela dietro questa ricerca? Choices nasce da un elemento autobiografico: la mia difficoltà nel fare delle scelte. In questi ultimi anni ho fatto alcune scelte importanti in contesti complicati. Ecco allora che è nata in me la voglia di raccontare cosa si prova quando si fa una scelta e si è consapevoli che questa potrebbe cambiare la propria vita. Ho pensato che, come me, tutti vivono questi momenti in cui non si sa bene in che direzione andare, in cui ogni scelta sembra contemporaneamente giusta e sbagliata. E mi è venuta voglia di dare un corpo, anzi delle mani, a queste storie. Choices è un progetto di teatro e narrazione digitale dedicato alle scelte che facciamo nella vita. L’idea è di raccogliere storie di scelte da chiunque voglia condividerle e trasformare i materiali raccolti in uno spettacolo teatrale in cui in scena ci saranno solo le mie mani e pochi oggetti. Per molte culture le linee della mano raccontano ciò che siamo e il destino che ci attende. Sono affascinata dall’idea di destino ma credo molto nell’autodeterminazione, ovvero nella possibilità di creare la propria strada. Choices punta a raccontare tutto questo attraverso un teatro

13 essenziale, fatto da due mani che simboleggiano le mani di tutte le persone che sceglieranno di condividere con noi le loro storie. Insieme alla “testimonianza scritta di una scelta” chiederemo alle persone di mandare anche una foto del palmo della loro mano. Le mani e le storie diventeranno parte di un grande mosaico narrativo che verrà pubblicato sul sito www.progettochoices.it, una sorta di museo virtuale pensato per raccontare di un’umanità variegata. I “narratori di scelte” potranno mandare le loro storie anche attraverso la pagina Facebook del progetto www.facebook. com/choicesteatro e il profilo Twitter. Ne approfitto per invitare tutti i lettori di DMAG a mandare le loro storie e la foto della loro mano all’indirizzo progetto.choices@gmail. com. Per i più timidi garantiamo l’anonimato! Ci sarà tra le storie anche la tua? La tua mano, le tue linee, le tue scelte sono fra i pezzi di vita che racconterai? Non l’ho ancora deciso ma credo di si! Sappiamo che in teatro, anche per motivi economici, oggi si lavora sempre più in maniera individuale. Tu hai lavorato così o hai scelto, per questo progetto, di confrontarti con altri professionisti? In un primo tempo ho fatto il tuttofare, ho scritto il progetto e ho immaginato il suo sviluppo. Quando è arrivato il momento di formalizzarlo ho deciso però che mi sarebbe piaciuto condividere quest’idea con alcuni professionisti. La mia équipe è composta da due gruppi: i narratori e il nucleo artistico. Insieme a me in quest’avventura ci sono Marco Apostoli Cappello, la mente social e digitale che si occuperà dello storytelling online, Marco Magnone e Pierfranco Brandimarte, gli scrittori che metteranno mano alle storie ricevute per trasformarle in racconti e in drammaturgia per lo spettacolo, e infine Silvia Casarone e

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Rony Efrat, con le quali condividerò i giorni di prova e di costruzione dello spettacolo, due preziosi sguardi esterni sul lavoro. Tutti insieme partecipiamo alla fase di progettazione artistica, condividendo idee e spunti per capire dove vogliamo andare e in che modo. Dove debutterà il lavoro? A chi ti rivolgi? Il lavoro debutterà nell’edizione 2015 del Festival Incanti, la rassegna internazionale di teatro di figura che si svolge ogni anno a Torino a ottobre e che da vent’anni si occupa di teatro di figura e di contaminazione. Lo spettacolo si rivolge a tutti gli spettatori a partire dai 12 anni, età in cui si cominciano a fare le prime scelte, una fra tutte, in quale scuola andare. Mi piacerebbe però parlare soprattutto di una generazione in particolare: la mia, quella dei giovani adulti che negli ultimi anni hanno dovuto fare scelte spesso molto difficili come restare o partire, seguire le proprie vocazioni o ridisegnare completamente la propria vita. Lasciaci il nome di uno spettacolo che ti ha ispirato, un’immagine che ti emoziona e una parola che vorresti urlare. Uno spettacolo che non smette di ispirarmi è Kiss & Cry di Jaco Van Dormael e Michèle Anne De Mey, un lavoro di danza, teatro di figura e cinema in cui il video in presa diretta si fonde con una danza fatta solo dalle mani dei due interpreti. Il palmo della mano, con le sue rughe e le sue imperfezioni, è la mia immagine del momento. In quei centimetri di carne ci siamo noi con le nostre preoccupazioni, con le cicatrici e i calli che ci siamo fatti nel tempo e chissà, forse c’è scritto anche un po’ del nostro destino. Per la parola da urlare invece non ho dubbi: resistere! Grazie Giulia. Prendiamo fiato e la gridiamo con te.

ZYON

di Chiara Lombardo

www.zyon.it


DMAG

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LE PAGINE DELLA NOSTRA VITASegni d’aria e d’acqua di Joanpere Massana di Irene Perino

14 “Il mondo è un libro del quale ogni passo ci apre una pagina”, racconta Alphonse de Lamartine. E Joanpere Massana ne ha fatta molta strada, dalla sua Ponts a Torino, ospite, insieme alle sue opere, della Galleria De Chirico in Via della Rocca, 19. Se ognuno di noi sapesse immortalare la sua storia in un libro per poi unirla a quelle di tutti gli altri esseri viventi, avremmo tra le mani la storia del mondo intero, in cui pagine e pagine di vite vissute, tra gioie e dolori, si intersecherebbero tra loro creando una sorta di meraviglioso infinito. Joanpere è un abile narratore. Usa le sue mani come se fossero una penna che correndo su enormi fogli di carta cotone scrive la storia delle cose che ci circondano. Tutto parte dalla Natura che ci ha creato e dagli elementi che con noi condividono l’esistenza: aria, acqua, fuoco, terra. E poi continua con tutto ciò che da essi deriva: gli uomini e la loro struttura. Come la pelle umana, al cui studio attendo si sta dedicando in questi anni. Come il DNA, ossessivamente presente in molte delle sue opere. La prima personale dell’artista spagnolo alla galleria torinese mostra allo spettatore alcune pagine del Libro dell’Acqua e del Libro dell’Aria, cicli di studi artistici a cui Joanpere si è dedicato dal 2011. Ogni suo ciclo è una ricerca. E ogni ricerca si trasforma in un libro. Se mai fosse possibile trovare una così grande libreria, tutte queste storie, unite tra loro, ci racconterebbero il mondo visto dagli occhi del narratore. Ma in un libro, sempre, ci si riflette come in uno specchio. E quello che siamo nel profondo, di cui nella realtà non c’è segno, diventa chiaro e manifesto, rivedendo nelle vite dell’altro una parte della nostra esistenza. Ecco quindi che le opere di Joanpere, enormi tele che si presentano come grandi pagine di un libro al cui centro notereste un filo che funge da rilegatura, diventano racconti universali con i quali la nostra mente inizia a viaggiare, fermata dal solo supporto che ospita, in totale anarchia, quei segni così potenti che non sono però mai dei simboli poiché non pretendono di elevarsi ad un qualcosa di universalmente valido. In mostra regnano due dei quattro elementi, l’aria e l’acqua. Concepiti diversamente, aria e acqua raccontano storie diverse attraverso segni differenti.

L’acqua, il percorso ed il cammino dell’artista sulla retta via; l’aria, la libertà e la frivolezza della vita vissuta. La galleria diventa quindi teatro di emozioni diverse e quasi contrastanti. Nonostante il supporto sia sempre lo stesso, una spessa carta cotone lavorata seguendo una particolare procedura, sono i segni su di essa che, popolandola, ne cambiano il significato ed il ritmo narrativo. Intravediamo segni grafici che ci ricordano le onde del mare su cui paiono navigare imbarcazioni stilizzate, dirette verso una qualche meta a noi sconosciuta di cui son però segnati i traguardi intermedi. Disegni, numeri, colori. Le opere del Libro dell’Acqua trasmettono movimento e voglia di scoperta, portando la nostra mente a viaggiare seguendo quelle navi libere di salpare verso il proprio destino. Frizzante è invece l’aria delle opere del libro omonimo, allegre e spensierate, portatrici di un soffio vitale che spinge l’uomo a continuare il viaggio della sua vita. Sagome di piume vibrano nell’aria in una danza spensierata. Foglie prendono il volo da alberi stilizzati mossi dall’aria che si fa vento. Uccelli si librano felici nel cielo. E poi, quasi nascosti eppur così visibili, un orsacchiotto e un coniglio di pezza. Aria e acqua ospitano così i momenti più intimi delle vita del narratore. Come la nascita del suo secondo figlio, impressa sulla carta con un numero nel colore della passione: 4. La famiglia che cresce, la vita che continua. Tutto nelle opere di Joanpere è vita e materia, segno sulla carta come se fosse sulla pelle, una cicatrice che lascia il segno e che non fa tornare indietro ma che al tempo stesso rinvigorisce e rinforza. Le opere di Joanpere si leggono e non si guardano. E si sfogliano, senza però spostare alcune pagina se non con il potere della nostra mente. L’arte si fa scrittura, con quegli appunti a matita sulla carta cotone che danno voce e si uniscono ai segni materici. Il potere della parola, quasi annegata nei segni che provano a rappresentarla, da vita ai libri dell’artista. La pittura bidimensionale annullando la terza dimensione rende le opere semplice e leggibile solamente in orizzontale, proprio come se fossero un libro. E respirano, comunicano, raccontano. Dal un passato di tutti verso un futuro condiviso.

MUTAZIONI

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Infeltrimento teatrale di un classico della letteratura americana

di Enrico Gentina

ON STAGE – SAVE THE DATE Mutazioni genetiche. Mutazioni generiche. Genericamente parlando, si cambia sempre un po’ tutti, e oggi non sei già più quello di ieri né ancora quello che sarai domani. Si cambia. Si cambia casa, fidanzato. Si cambia la biancheria. Si cambia pelle. Si cambia locale, si cambiano le pile, cellulare. E invece dentro? Dentro, dentro intendo, cosa cambia? Intendo in profondo, cambia qualcosa? Cosa? Come? Chi lo decide? Chi lo capisce? Quali sono le mutazioni che avvengono dentro di noi? Quotidianamente. Quali controlliamo, quali subiamo? Mi si è rotto qualcosa dentro. Sì ma dentro non sono più quello di una volta. Mi hai ferito, profondamente. Questa cosa non la voglio affrontare mi toccherebbe troppo in profondità. Ecco. Il tema è: cosa cambia dentro di te? Cosa muta dentro? Lo monitori? Lo controlli? Come? È una presa di coscienza di un processo una volta che è terminato, oppure è un cambiamento previsto, programmato con una mappa che ti dice dove stai andando, che ti fa scegliere dove andare? Possiamo parlare di una evoluzione? Di un miglioramento? A me pare che la questione sia questa: capire come si cambia, come si è cambiati richiede grandi energie, tanto tempo e un grosso sforzo (fatica che, tra l’altro, pochi sono disposti a fare). Ma sono comunque azioni volte a conoscere un processo che già si è compiuto. La sfida oggi sarebbe dirigere la mutazione, decidere dove andare, decidere una direzione, magari pronti, a un certo punto, a constatare come la rotta fosse imprecisa e ci stesse portando da un’altra parte. Pronti comunque a governare il timone della barca anziché stare seduti a poppa a guardare il percorso fatto per capire dove ci si è venuti a trovare. Vatti a leggere I sette messaggeri scritto da quel campione di modernità, ora un po’ troppo dimenticato, di Buzzati. Manda i tuoi emissari avanti. Così: come se fosse capodanno veramente. Così: come se attuassi in prima persona la tua mutazione genetica. “... Per questo io intendo che Ettore e gli altri messi dopo di lui, quando mi avranno nuovamente raggiunto, non riprendano più la via della capitale ma partano innanzi a precedermi, affinché io possa sapere in antecedenza ciò che mi attende. Un’ansia inconsueta da qualche tempo si accende in me alla sera, e non è più rimpianto delle gioie lasciate, come accadeva nei primi tempi del viaggio; piuttosto è l’impazienza di conoscere le terre ignote a cui mi dirigo...” Dino Buzzati, I sette messaggeri, Milano, Mondadori, 1942

onstage

PICCOLE GONNE di Massimo Gallina

Nuova commedia per Alessandro Fullin. Piccole gonne, liberamente tratto da Little Woman di Mary Alcott, è la tagliente e ironica rilettura di un classico della letteratura americana. Lo spettacolo sarà in scena al Teatro Martinitt di Milano dal 19 febbraio al 8 marzo. Piccole donne è un affresco dell’America pioniera e puritana del XIX secolo. Nelle mani di Alessandro Fullin sono state però mescolate componenti pop a riletture in chiave “camp” rendendo il testo un’ ironica pièce che coniuga la Guerra di Secessione con Barack Obama. La delirante comicità del regista esplode sul palco fin dai primi minuti dello spettacolo. Si prosegue con interpretazioni musicali di Beth, esposizioni d’arte da parte della piccola Amy e brani scelti dei testi composti dalla giovane Jo. Non manca la danza sulle note della musica pop contemporanea. I personaggi sono illuminati dal gusto e il pensiero moderno: Mrs March, interpretata dallo stesso regista, da donna saggia e mite diventa una madre estremamente apprensiva che deve sistemare le sue quattro figlie con matrimoni all’altezza delle sue aspettative. Le figlie, brave ragazze responsabili per la penna della scrittrice, non hanno molto da offrire ai loro corteggiatori in scena: poche qualità unite a un aspetto stucchevole. L’avara Zia March riuscirà a portare all’altare ognuna delle sue nipoti? Prodotto dall’associazione Nuove Forme di Sergio Cavallaro, lo spettacolo è scritto e interpretato nello stile di Alessandro Fullin. Regista, attore e scrittore torna a recitare i suoi testi, dopo i numerosi romanzi pubblicati. Ho molto tempo dopo di te e Panico Botanico sono i titoli che meglio rappresentano il suo stile narrativo. Sul palco ha recitato, quasi sempre sui “tacchi”, nell’adattamento teatrale di Sissi a Miramar, spettacolo dialettale triestino di cui si parla di un sequel per questa stagione teatrale e nella piéce Chi ha ucciso Oscar Wilde?

> www.alessandrofullin.it > www.piccolegonne.it


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dmagallery in collaborazione con Mutabilis

Ingrid Sol Leccia

sembrava destinata a una carriera di pittrice, quando nel 2006 incontra lo scultore René Broissand, che le trasmette la passione e sensibilità per il metallo. Durante gli anni in cui condividono lo studio, Ingrid familiarizza con zinco smaltato, rame, acciaio. La scultura è soprattutto una questione di equilibrio e ritmo e le ha permesso di ampliare lo spazio creativo: liberarsi della tela è stato come liberarsi di uno spazio troppo definito. Ciò che più le interessa è partire dalla materia per andare alla scoperta dell’oggetto: un processo spesso lento, ma che permette di conoscere a fondo la materia. Poi, quasi istintivamente, tutti gli elementi trovano la loro “mise en place”. Per comprendere il lavoro dei “rubanes”, dei nastri, bisogna immaginare di piegare le lunghe fasce di 6 metri di metallo con la sola forza delle mani, delle braccia, delle gambe! Da questo “corpo a corpo”, nasce una sorta di danza armoniosa, un ritmo: l’equilibrio delle sue sculture che è al contempo forza , femminilità e leggerezza.

BAZINGA!

UN VIAGGIO ALLA SCOPERTA DI NICCHIE EDITORIALI

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a cura di

MC L’ N Francesco Sparacino

ARRIVANO I BOOK RIDERS

LA LETTERATURA AMERICANA SECONDO LA MCMUSA: dai corsi in aula al viaggio on the road

L’anno scorso mi sono imbucato a un corso di letteratura americana. A una lezione, per la verità. Per l’attinenza al tema, un mio amico era stato invitato a parlare del suo libro, e io l’avevo seguito. Il libro faceva da spunto per raccontare la scena grunge, la Seattle degli anni ’80 e ’90. Abbiamo visto qualche spezzone di Last days, alcune interviste a Kurt Cobain, un video straziante del cantante degli Alice in Chains. A tenere il corso c’era la McMusa, alias Marta Ciccolari Micaldi (o viceversa). Quel giorno non si è semplicemente parlato di letteratura, nel senso che sì, sono venuti fuori titoli e frammenti di libri, ma ciò che abbiamo davvero fatto è stato immergerci a fondo nell’atmosfera della città e di quegli anni. Altri nomi, altri libri, altre storie si erano alternati nelle precedenti sette lezioni. C’era stato spazio per Carver, Brautigan, Palahniuk, Katherine Dunn, ma anche per serie di successo come Grey’s Anatomy e Fringe. Si trattava insomma della conclusione di un viaggio a tappe attraverso il Pacific Northwest, con focus su Seattle e Portland. Se dovessi, fuori tempo massimo, stilare una lista delle migliori scoperte del 2014, ecco, i corsi/percorsi di letteratura americana di Marta avrebbero il loro posticino riservato. Alla base c’è l’attrazione per un Paese immenso e dalle mille sfumature, c’è la curiosità di approfondire e conoscere, c’è la capacità di raccontare con passione fino a portarti idealmente oltreoceano. Un “idealmente” che nel 2015 è destinato per la prima volta a essere messo da parte. Grazie alla collaborazione con il tour operator torinese Xplore, questa primavera partiranno infatti i Book Riders. Il corso di Marta prenderà il volo per trasferirsi direttamente sul luogo prescelto: Chicago e

l’Illinois. Dal 20 al 27 maggio, una settimana on the road per guardare con il naso all’insù la Willis Tower, ascoltare blues, scoprire i quartieri di Saul Bellow, l’università dove ha insegnato David Foster Wallace, parlare di Eggers, Saunders, Bradbury. Marta farà da guida letteraria e turistica, raccontando le diverse anime della metropoli e del suo stato; anche e soprattutto attraverso le parole di grandi autori che lì hanno ambientato le proprie storie. Per iscriversi e fare parte della truppa c’è tempo fino al 27 febbraio. Ma Chicago e l’Illinois è solo il primo dei Book Riders previsti. A ottobre la meta sarà la California, da Los Angeles a San Diego. Mentre in primavera 2016 sarà il turno del già citato Pacific Northwest. Se invece l’aereo vi fa paura, non c’è problema. I corsi di letteratura americana della McMusa manterranno ovviamente anche la loro veste originale e già da marzo arriverà il nuovo percorso dedicato alla Magic Louisiana: alla scoperta della “cultura nera e misteriosa nascosta nelle piantagioni di cotone, la musica che guarisce la violenza, la natura umida che accoglie nelle sue nebbie l’eco di riti magici, inseguimenti diabolici e disastri onnipotenti”. Tennessee Williams, Truman Capote, Nic Pizzolatto, True Detective, le piantagioni, i riti vudù, il blues. Tutto concentrato in otto incontri serali. Per sapere dove, come, quando, fate un salto sul sito di Marta: lamcmusa.com. Troverete non solo le informazioni di cui avete bisogno, ma – tra recensioni, curiosità, approfondimenti – anche una quantità di spunti sugli States, la sua cultura e i suoi autori, da permettervi in breve di atteggiarvi a zio d’America. Un esempio? Sapevate che il blog letterario americano Book Riot porta avanti una magnifica iniziativa anti-noia? Quale? Be’, scopritelo sul sito della McMusa.

foto Elena Datrino

DMAG

NOVITÀ

AA.VV.

TRAVIESA

Caravan, pp. 80, euro 3,50 (epub) Giorgio Falco, Sabrina Ragucci

CONDOMINIO OLTREMARE L’orma, pp. 176, euro 19

L’ESORDIO Marco Peano

L’INVENZIONE DELLA MADRE minimum fax pp. 280 / euro 14

L’amore di un figlio, Mattia, per la madre malata. Il disperato tentativo di non sprecare nemmeno un istante e vivere accanto a lei tutto il tempo che rimane. Sullo sfondo la provincia abitata dal protagonista, l’impiego in videoteca, il rapporto con padre e fidanzata. I ricordi diventano il rifugio per sfuggire al presente, in uno struggente romanzo sulla difficoltà di dire addio a ciò che più amiamo. Marco Peano è nato nel 1979 a Torino. Ha pubblicato racconti su varie riviste e antologie. È tra gli ideatori delle manifestazioni letterarie Esor-dire e Roland. Da anni è editor della narrativa italiana Einaudi.

Alan Pauls

STORIA DEL DENARO Sur, pp. 240, euro 15 AA.VV.

LA VITA SOBRIA

Neo, pp. 160, euro 13


DMAG

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HOLOSUITE

NARRAZIONI IMMERSIVE ED EMERGENTI

BY THE E-BOOK

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a cura di

indie web publisher & immersive experiences addicted www.holosuite.tv www.ipsilon.name

Caterina Berti

THE EMMAT PROJECT

PUBCODER LIBERI DI

BY ENRICA V A G L I E N G O

FARE LIBRI

quando a dare la vita sono i bit download: Emma Travet (aka Erica Vagliengo)

Non ci si pensa molto spesso, ma i libri,

VOGLIO SCRIVERE PER VANITY FAIR goWare 2014

Ma l’ebook interattivo è solo una parte della storia, o, meglio, di quello che Erica Vagliengo ha chiamato Emmat Project. Un progetto iniziato già nel 2007, con l’idea di dare vita alla sua protagonista femminile attraverso diversi canali web: un profilo MySpace, un blog firmato Emma Travet e merchandising dal sapore vintage, venduto soprattutto in America. Il web ha visto anche la nascita e la diffusione free dei primi due capitoli del romanzo, che sono diventati prima un libro cartaceo (2009) e poi, in versione aggiornata e rivisitata, un ebook arricchito da link rilevanti per la costituzione dell’universo narrativo (2014). Nel frattempo, Emma ha continuato a vivere sui canali social, che negli anni si sono moltiplicati: oggi possiamo trovarla online su Style.it, Facebook, Twitter, Blomming, YouTube….

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a cura di

Ylenia Cafaro

Apriamo il nostro ebook reader e cominciamo a leggere la storia di Emma Travet, giovane giornalista precaria (ma con stile) che ci racconta in prima persona il proprio sogno: Voglio scrivere per Vanity Fair. Tra le pagine del suo racconto, scopriamo aneddoti di amicizia, amore e lavoro che riflettono l’immagine di una classica ragazza della porta accanto (la porta dietro cui abita quella ragazza ironica e determinata, non l’altra). Emma ha ancora una peculiarità: non vive solo nel nostro ebook reader, ma assume vita propria nel mondo reale attraverso gli hyperlink. I collegamenti ipertestuali ci portano a scoprire le pieghe del mondo narrativo in cui Emma si muove: le interviste che fa per il giornale locale, i vestiti e gli accessori vintage che indossa (e che le lettrici possono acquistare), i blog che legge, fino a una colonna sonora che accompagna la storia. Link che collegano tra loro non solo pagine web, ma realtà e letteratura, dando vita – oltre che al personaggio – a un format narrativo capace di superare i confini dell’universo finzionale.

NUOVE PAGINE DIGITALI

L’aspetto davvero interessante di questo progetto è che i nuovi strumenti digitali - social media, blog, ipertesti, shop online - non servono solo come strumenti di promozione, ma sono veri e propri organi fondanti e costitutivi che intervengono nella costruzione del personaggio e della storia. Un personaggio che è risultato vero a tal punto da far confondere i lettori sull’identità Erica/Emma (rendendo tra l’altro Emma più nota della sua stessa autrice, come Erica fa ironicamente notare). Emmat è un progetto vivo, dinamico, che si aggiorna per stare al passo con i tempi. La prossima tappa sarà un sequel del primo libro, che, come ci dice Erica, racconterà “la storia di tre donne, una delle quali è Emma Travet, cinque anni dopo, in una situazione che non avrebbe mai immaginato”. Per seguire Emma, potete connettervi al sito ufficiale della sua autrice www.ericavagliengo.com, dove troverete ben distinti i canali social di Erica e quelli di Emma. Sono entrambe molto socievoli, contattatele tranquillamente. Ma attenti a non confonderle. Novitá di inizio anno: da ebook a cartaceo, ora puoi trovare Voglio scrivere per Vanity Fair anche nella versione cartacea, grazie al print on demand su Amazon.it E su www.depop.com/ericavagl trovate anche il suo shop online!

dopo averli scritti, bisogna anche farli. Con la carta, l’inchiostro, il filo per rilegare… E un e-book? Come si fa un libro elettronico? Ce lo siamo fatti raccontare dal team di PubCoder, il primo software per fare libri elettronici interattivi, multi-formato e multipiattaforma. E-book: libri di byte, fatti al computer. A dirlo, sembra quasi banale: al giorno d’oggi tutto è fatto al computer e per il computer. Ma il mondo dell’e-book è in realtà un mondo estremamente complesso: i device per leggere libri elettronici sono tanti e diversi, così come sono tanti e diversi i formati in cui vengono pubblicati e i negozi virtuali in cui vengono venduti. Kindle, .mobi, Kobo, .azw… Ce n’è abbastanza per far ammattire un potenziale acquirente/ lettore, figuriamoci chi gli ebook li vuole fare: scrivere, realizzare, illustrare e pubblicare. Ne abbiamo parlato con Daniela Calisi, technical evangelist del progetto PubCoder, il primo software (tutto italiano) che permette di creare libri digitali interattivi in tutti i formati e per tutti gli store da un’unica piattaforma.

Cos’è PubCoder? PubCoder è un software che permette di creare libri digitali interattivi, e quindi estremamente complessi - ricchi di illustrazioni, suoni, video e animazioni, in maniera molto semplice: per usarlo non c’è bisogno di saper programmare, di conoscere codici o linguaggi informatici particolari. Basta avere un concept e la voglia di realizzarlo: gli strumenti li mette a disposizione

il nostro programma. L’e-publishing è un settore complicato: troppi formati, troppi mercati… Finora ha funzionato così: un autore ha un’idea, trovata una casa editrice che lo spalleggi, deve cercare un programmatore che gli realizzi il progetto. E questa realizzazione ha un costo, che raddoppia (giustamente, perché raddoppia anche il lavoro) ogni volta che si vuole creare lo stesso libro per un altro store. Con PubCoder invece si lavora su un unico file, in formato .EPUB3, che poi è possibile esportare in un secondo momento in diversi formati e con diverse specifiche, in modo che si possa mettere in vendita su iBooks e su Amazon, Kobo, Google Books e quant’altro.

Perché avete scelto l’ePuB3? Come in ogni nuovo settore, anche nel mondo dell’editoria digitale regna una grande confusione. Ognuno arriva con la sua proposta e cerca di farla stabilire come standard. Ora che ci stiamo finalmente muovendo verso la maturità di questa nuova imprenditoria, è chiaro che si va verso l’EPUB3 come standard. L’IDPF, il Forum Internazionale dell’Editoria Digitale, di cui siamo membri, promuove questa scelta. PubCoder vuole essere uno strumento utile all’editoria, non piegare l’editoria alle sue condizioni. Per questo è stato progettato per essere di facile utilizzo ma estremamente potente e decisamente economico: di PubCoder si paga solo la licenza mentre i nostri competitor chiedono, oltre a questo, anche un contributo per ogni lavoro esportato. Volevamo un software che parlasse a tutti - autori, selfpublisher, agenti, grandi e piccoli editori - e

www.pubcoder.com

volevamo allo stesso tempo che fosse in grado di creare libri altamente interattivi. Così è nato PubCoder.

Cosa significa “libri altamente interattivi”? I libri che produciamo non sono solo multimediali: incorporano diversi media (immagini, audio, video, animazioni…) che “parlano tra loro”. Nei libri prodotti con PubCoder non è più il lettore che interroga uno a uno i diversi contenuti. Una sola interazione - una gesture - è in grado di mettere in modo una catena complessa di eventi, creando un’esperienza di lettura mutevole, emozionante ed immersiva.

Uno strumento eccellente per produrre libri per l’infanzia. Sì. Anzi: PubCoder nasce proprio per questo: Paolo Giovine, il fondatore del progetto, voleva fare libri digitali per bambini. Ma si è subito scontrato con una realtà segnata da complicazioni tecnologiche ed economiche scoraggianti, in cui vigeva una separazione pressoché completa tra chi il libro lo ideava, l’autore, e chi lo faceva, il programmatore smanettone. Dal lavoro assieme a Paolo Albert e Angelo Scicolone è nato PubCoder, con cui ad oggi sono stati creati meravigliosi libri per l’infanzia, come la guida Milano ad altezza bambino, ma anche raffinati libri per adulti come la malinconica graphic novel animata Not here, di Sophie Natta. E app! Con PubCoder si possono creare anche applicazioni per smartphone e tablet.

PubCoder, quindi, produce libri e app per smartphone e tablet, non per lettori a inchiostro elettronico (come il Kindle). Prevedete che sia questo lo standard del futuro? PubCoder ha scelto di produrre ebook in fixed layout. Degli ebook che si leggono sui reader si dice invece che hanno un flowable layout - cioè una struttura “fluida” - che è ciò che permette al lettore di fare cose come modificare il font di lettura o la grandezza dei caratteri, senza scardinare completamente l’impaginazione del libro. Il flowable ha senza dubbio il pregio di essere molto adattivo, ma non va bene per digitalizzare libri che contengano più di qualche rara immagine fissa. PubCoder ha scelto il fixed non certo perché ritenga il flowable perdente. Fixed layout per noi oggi è sinonimo di potenzialità di innovazione. Innovazione, non futuro (non è possibile prevedere davvero il futuro!). Se dovessi azzardare un oracolo, direi forse che in futuro si andrà verso un modello unico, capace di unificare fixed e flowable. Nel frattempo, lavoriamo per innovare.

PubCoder è stata nominata runner-up al Contec 2013 di Francoforte ed è partner educativo di IED e MiMaster. Le prossime release punteranno a massimizzare ancor più le interazioni con formati e standard di mercato. Disponibile al momento solo per MacOsX, si può provare in forma gratuita.

Welcome Home è una piattaforma che coniuga soluzioni abitative per soggiorni brevi a eventi e servizi nelle città di Torino e Milano. L’idea nasce dalla volontà di offrire qualcosa di più di semplici sistemazioni nelle città di riferimento ma anche di segnalare eventi ai quali accedere con tariffe agevolate e poter usufruire di servizi che possano rendere la permanenza presso le case diffuse unica. Tre le aree in cui è suddiviso il portale: dove stare che presenta una selezione di soluzioni abitative in zone strategicamente vicine ai punti di interesse turistico della città; una rosa di spettacoli teatrali ed eventi nella sezione cosa fare accompagnati dalle abitazioni più vicine e i servizi disponibili in come abitare che si possono abbinare alla residenza scelta per soddisfare gli interessi dell’ospite. La ricerca delle soluzioni abitative è in continua crescita così come i servizi da proporre ai potenziali ospiti e alleati commerciali con cui creare una rete di servizi che renda ogni soggiorno un’esperienza migliore. www.welcomehome.travel


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FIL VERT

GREEN ECONOMY

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a cura di

Andrea Gandiglio direttore editoriale greenews.info

2014

In termini generali il 2014 non verrà sicuramente ricordato come un anno di progressi nella green economy, anzi, stiamo toccando il fondo del barile. Avevamo già ricordato, nella prima puntata della nostra rubrica, alcuni pessimi segnali del primo semestre, ora cercheremo di completare l’opera con altri flash. Partendo dai capolavori di retromarcia della politica: se il Decreto “Ambiente Protetto” nascondeva infatti, dietro ad un nome suggestivo, l’innalzamento di legge per gli scarichi industriali, lo “Sblocca Italia”, la prima cosa che sbloccherà sono le trivelle per le esplorazioni petrolifere, in un suolo, come quello italiano, che anche se spremuto al massimo non potrà che offrire qualche misera goccia di “oro nero”, ininfluente sui conti pubblici, ma devastante per il turismo nazionale, che vale invece il 10% del PIL. Chi pagherà i danni ai beni ambientali e paesaggistici della collettività? Con le norme oggi in vigore nessuno Il disegno di legge contro gli eco-reati – a dispetto del tanto

celebrato velocismo del Governo – è infatti ancora parcheggiato nelle commissioni del Senato, tanto da spingere il presidente di Legambiente, Vittorio Cogliati Dezza, a scrivere una letterina a Babbo Natale, perché riesca a persuadere il presidente di Confindustria Squinzi a smetterla di remare contro. Intanto la sentenza Eternit va in prescrizione, nell’indignazione generale, e la famiglia Riva dell’Ilva sembra evaporata insieme ai conti bancari offshore. Anche la nuova Commissione Europea a guida Juncker “regala” all’ambiente e alla salute dei cittadini comunitari una bella mazzata di fine anno, ritirando una serie di iniziative legislative in ambito ambientale, come la direttiva sulla qualità dell’aria, quella sulla gestione dei rifiuti e sulla “circular economy”, con la risibile giustificazione di volerne presentare di più ambiziose nel 2015! Se fino ad oggi l’Unione Europea aveva salvato gli Italiani dall’inattività e inadeguatezza, in campo ambientale, dei propri politici, sembra ora che inizi anche a lei a zoppicare, a forza di camminare con gli zoppi Per finire l’anno senza farsi mancare nulla arrivano poi la chicca dell’aumento dell’IVA sul pellet (biomassa rinnovabile), dal 10 al 22% e il rapporto ISPRA sulla salute delle acque superficiali e sotterranee italiane, che conferma ‘incremento nel

arte

16 GENNAIO 2015

— Live Music Club via Mazzini 58 Trezzo sull’Adda (Mi)

ALPHA BLONDY

FINK

— Circolo Magnolia via Circonv. Idroscalo 41 Segrate (Mi)

numero di sostanze contaminanti riconducibili a pesticidi, fungicidi e insetticidi, secondo una dinamica diabolicamente raffinata: calano i quantitativi dei singoli fitofarmaci, ma aumentano le varietà e gli sconosciuti effetti cumulativi del “cocktail” di sostanze a cui sono sottoposti l’uomo e l’ambiente, spesso con conseguenze irreversibili. Ci sarà pur stato però, anche nel 2014, qualcosa di positivo? Certo, ogni giorno, in questo strano e incomprensibile Paese, c’è qualcosa di stupefacente nella sua eccellenza, a partire dalla caparbietà con cui molti artigiani, imprenditori e professionisti continuano a spaccarsi la schiena e spremersi le meningi per restare in Italia, riattivare filiere dimenticate e generare valore e ricchezza conciliandoli con la sostenibilità ambientale. Il problema è che, mediamente (e mediaticamente), non fanno notizia, generano pochi voti, dal punto di vista elettorale, e quindi non vengono aiutati da nessuno. Nemmeno dal consumatore che, alla fine, si indigna ma poi compra i prodotti dei soliti furbi – che costano meno (a che prezzo!) o addirittura costano di più, perché “sono più trendy” Se vogliamo “recuperare il futuro” è veramente l’ultima chance. Ma bisogna attivarsi subito, tutti e veramente. Non nel 2020, ma dal 1°gennaio 2015. Buon anno!

mi l a n

04 FEBBRAIO 2015

TENACIOUS D

— Alcatraz via Valtellina 25, Milano 12 FEBBRAIO 2015

BUD SPENCER BLUES EXPLOSION

— Tunnel via Sammartini 30, Milano

cinema

17.12.2014 / 15.02.2015

13/25.01.2015

10.01.2015/01.02.2015

– Fondazione Stelline corso Magenta 61, Milano La britannica Vanessa Winship è la prima donna ad aver vinto uno dei più prestigiosi premi fotografici internazionali: quello della Fondazione Henri Cartier – Bresson. Ora i suoi bianchi e nero sono esposti alla Fondazione Stelline. In oltre cento fotografie viene proposto un percorso che abbraccia tutta la ricerca degli ultimi anni della Winship.

– Teatro Franco Parenti – Sala 3 regia e spazio scenico Emanuele Valenti Nata dai laboratori di Scampia e ora Premio della Critica 2014, Punta Corsara è in realtà una punta di diamante della nuova scena teatrale italiana. Tenacia, entusiasmo, allegria, energia, ostinata passione per il teatro, momento di incontro intellettuale e sociale, queste le caratteristiche di una realtà spettacolare nuova e dalle idee davvero originali. Tra queste, Hamlet Travestie, in scena al Franco Parenti, ispirato alla riscrittura burlesque settecentesca di John Poole che passa da Shakespeare a Don Fausto di Antonio Petit. Amleto è solo la vicenda di alcuni parenti che vogliono guarire un ragazzo di Napoli che è convinto di essere il principe di Danimarca. Una famiglia fuori di testa nella temperatura di una Napoli contemporanea piena di contrasti. In scena, lo spettatore assiste a una divertita e divertente invenzione di teatro popolare.

– Spazio Oberdan - Sala Alda Merini Regista, sceneggiatore, attore, montatore e costumista: tutto questo è Xavier Dolan, l’enfant prodige del cinema mondiale. A 25 anni ha già firmato 5 lungometraggi, tutti presentati ai festival di Cannes e Venezia, il primo dei quali, J’ai tué ma mère, realizzato a nemmeno vent’anni. Nato a Montreal, in Canada, Dolan costituisce dunque un caso unico nella storia del cinema, anche perché questa prolificità va di pari passo con una qualità espressiva e una maturità di linguaggio davvero sorprendenti e rari.

HAMLET TRAVESTIE

02.10.2014 / 01.02.2015

JOAN JONAS

– Light Time Tales – Hangar Bicocca via Chiese 2, Milano Grande sperimentatrice, sempre aperta alle collaborazioni multidisciplinari, l’artista porta avanti la propria (instancabile) ricerca fra video, installazioni e performance. La rassegna comprende dieci installazioni e nove video, riunendo così per la prima volta in Italia le più importanti opere della performer, oltre a una nuova produzione site-specific. Nel 2015 Joan Jonas rappresenterà gli USA alla Biennale di Venezia.

wha t’s o n i t or in o arte

musica

teatro

FINO AL 24 GENNAIO 2015

22 GENNAIO 2015

16 / 17 GENNAIO 2015

LINEA SENZA FINE

– Galleria Opere Scelte Una collettiva con opere di Frederic Anderson, Marco Manzoni, Alessia Panfili e Yuji Mario Petriccione. Tutti e quattro gli artisti riportano su carta bianca immagini mentali pure, spesso prive di rimandi razionalmente comprensibili e utilizzano la grafita non come semplice mezzo espressivo bensì come soggetto dell’opera. FINO AL AL 12 APRILE 2015

MARCO POLO

o

teatro

VANESSA WINSHIP

27 GENNAIO2015

UN ANNO GRIGIO CHE CHIAMA ALL’AZIONE Per poter partire di slancio nel nuovo anno è sempre importante fissare un’immagine mentale dell’anno che si è chiuso, una sintesi dei fatti salienti, che dovrebbero, in qualche modo, nel bene o nel male, orientare le nostre scelte future.

musica

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– Museo d’Arte Orientale Sulle tracce di Marco Polo, il viaggio del fotografo Michael Yamashita in compagnia di Mark Edwards, giornalista del National Geographic, che ha scritto la storia del viaggio. Un reportage fotografico che da Venezia arriva alla Cina offrendo al pubblico una finestra privilegiata su culture, religioni, storia e natura. 76 immagini di grande formato, realizzate nei quattro anni dell’avventura, sono ora esposte al MAO in occasione di una mostra in collaborazione con il National Geographic Italia. Accanto alle immagini, alcuni video documentari, inclusi nella lista dei 20 migliori documentari di National Geographic Channel degli ultimi dieci anni, raccontano l’esperienza di Yamashita lungo la Via della Seta.

NOVARA JAZZ: MELODIUS CON MASSIMILIANO ROLFF & FABIO GIACHINO

– Opificio Cucina & Bottega via Gnifetti 45, Novara h 19:00 L’unione tra Melodius e il Massimiliano Rolff Duo diffonde le sue note sul palco dell’area Boccascena di Opificio, Cucina & Bottega nell’atmosfera di un’indiscussa serata jazz. Taste of Jazz: ore 19.00 aperitivo + concerto + Birra Jazz a 10€ oppure cena + concerto + Birra Jazz a 25€ 12 FEBBRAIO 2015

TRUST

– Astoria via Berthollet 13, Torino I Trust sono un duo canadese composto da Robert Alfons dei Winnipeg e Maya Postepski degli Austra. Il loro primo album “TRST” esce nel 2012 e ora portano in tour il loro secondo lavoro, “Joyland”. Il loro suono è scuro e la voce di Alfons ha permesso loro paragoni ai primi Depeche Mode. A me piacciono per la loro profondità e per il loro richiamo non troppo velato a sonorità 80s, con aperture di synth elettronici che sfociano anche nel pop (“Dressed for space”). A tratti simili ai Glass Candy e ai Chromatics, i Trust sono un gruppo che indubbiamente ha del potenziale e merita di essere ascoltato.

DODICI A DODICI

XAVIER DOLAN: 4 ANTEPRIME

– BellARTE via Bellardi 116, Torino h 21.15 regia Simone Schinocca Non esistono amori diversi. Con questa convinzione la stagione Nova Vita ha istituito la Micro rassegna dell’Amor Novo, organizzata da Tedacà con il patrocinio del progetto Omofobia. No grazie, la collaborazione di Queever e Quore. Iniziata con Io, mai niente con nessuno avevo fatto, di Vucciria Teatro, la rassegna continua a gennaio con Dodici a dodici, una produzione Tedacà, e termina a marzo con 12 baci sulla bocca di NesT - Napoli est Teatro. Dodici a dodici è la storia di una coppia che sta insieme da ventiquattro anni, di cui dodici passati a lottare contro la malattia. Una relazione che potrebbe essere eterosessuale, omosessuale o lesbica, ovvero una storia “semplicemente d’amore”. info: 0117727867, info@ tedaca.it - www.tedaca.it.

n 22 / 23 / 24 GENNAIO 2015 PRIMA ASSOLUTA

IO

– Caffè della Caduta via Bava 39, Torino ore 21 di e con Francesco Giorda produzione Teatro della Caduta “Andrà tutto bene. Come un volo aereo. Decollo, crociera e atterraggio.Un bel respiro profondo e quando ti risveglierai sarà tutto finito.” Ma ho paura. E se poi non mi sveglio? Tutti hanno paura dell’anestesia totale. E cosa faccio la notte prima, mica dormo. Sarebbe come andare al ristorante prima di un pranzo di nozze. IO penso. IO mi faccio uno spettacolo, ma giusto per me. IO sono lo spettatore per cui scrivo lo spettacolo di cui IO sono il protagonista. Una sintesi che riconduce il punto di vista dello spettatore e dell’artista ad uno spettacolo pienamente soddisfacente per entrambi: IO. IO spettatore ho adorato il taglio ironico, per nulla esplicito, azzardato ma mai offensivo.IO attore non posso che essere soddisfatto. Un pubblico attento e reattivo, che è stato con me in tutto e per tutto fino alla fine. Poi ci siamo addormentati. L’anestesia fa il suo effetto ma il cuore continua a battere.


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INTRATTENIMENTO, VARIE ED EVENTUALI

dizionario del lusso low cost di Giovanni Ceni

R Ho scritto Dizionario del Lusso Low cost dopo una domenica pomeriggio in un centro commerciale pieno di merce orribile, di persone stanche e senza sorriso che lavoravano tutta la settimana per potersi rilassare comprando qualcosa. All’uscita i cassonetti vomitavano spazzatura. Nello sterminato parcheggio i fumi dei gas di scarico delle auto ti prendevano la gola. I capannoni industriali intasavano il paesaggio circostante bloccando l’orizzonte. Ho pensato che tutto questo non fosse indice di benessere né tanto meno di lusso così ho deciso di dire la mia. Scusate lo snobismo, del resto mi sembra il male minore.

Razzismo — Non estasiatevi in viaggio per la tribù in via d’estinzione se poi vi irrita la presenza di un extracomunitario nel vostro condominio. Lusso e stupidità sono incompatibili. Regali — Non fateli perché vi sentite obbligati. Non c’è nulla di meno lussuoso del regalo fatto per ricambiare un invito a cena, magari scelto in fretta in un autogrill e pagato il doppio del suo valore. Piuttosto dopo un mese portate a sorpresa un mazzolino di fiori, un oggettino fatto da voi. Ricchi — Sarà più difficile che un ricco conosca il lusso che un cammello passi per la cruna di un ago. Risveglio mattutino — Bello se poetico. Vi alzerete tardi e molto riposati. Spezzerete un panino ancora tiepido di forno e sbocconcellandolo vi domanderete cosa fare nel pomeriggio. Ronzio d’insetti — È di gran lusso fermare l’auto in un viottolo di campagna verso sera d’estate, spegnere il motore e tendere l’orecchio al ronzio degli insetti. Rugiada — Troverete l’energia per svegliarvi al freddo dell’alba. Gli amanti del lusso l’ammireranno pura su dei sottili fili d’erba verdissima. Coglieranno la foglia imperlata di rugiada ma sarà inutile, le gocce scivoleranno via Torneranno a letto a mezza mattina con i brividi. Rumori — Di lusso: il vociare dei bambini nel cortile della scuola che sarà comunque non troppo vicino alle vostre finestre, le lezioni di piano nell’appartamento dall’altra parte del cortile, un motorino che passa nel silenzio della notte e si disperde nella lontananza, il primo autobus del mattino, un aereo postale che passa ad alta quota ma il silenzio è tale che ne avvertite il rombo basso e continuo, i passi leggeri sulla ghiaia. Non di lusso: la televisione accesa mentre si fa conversazione, le parole di una persona poco sincera e sospettosa, la telefonata di un venditore, i discorsi di un leader davanti alla folla di elettori, un camion che vi sorpassa in autostrada.

la pillola di Lucio RIFLESSIONI SEMISERIE SU VITA, MORTE E MIRACOLI di Luciano Gallo Buongiorno. Intanto grazie per aver notato la rivista, sarai certamente una persona attenta ai particolari se, nonostante tutte le informazioni visive che hai intorno, la tua attenzione si è fermata proprio su DMAG, oppure sei una persona interessata ai mille aspetti culturali che la rivista tratta, gli appuntamenti le rubriche, o sei rimasto affascinato dalle copertine e dall’impaginazione che vantano già numerose imitazioni mal riuscite… Però in questo momento stai leggendo la mia pillola… incredibile. Se sei arrivato a leggere la mia Pillola e stai continuando, vuol dire che nel luogo in cui ti trovi, non hai proprio nulla da fare. Forse stai aspettando amici che ti hanno tirato pacco? Sei seduto nella sala d’aspetto del dentista che non arriva bloccato dal traffico?, o semplicemente hai mangiato particolarmente male e stai sperando di liberare il tuo corpo dal demonio, in quel luogo dove molte persone leggono. In uno o in nessuno di questi casi, visto che siamo all’inizio dell’anno, io ti auguro un buon 2015. Spero per te che sarà un anno bellissimo, pieno di novità, pieno di cambiamenti positivi, di successi e di serenità personale e professionale. Lo auguro a te, mio lettore casuale e in fondo, facendolo, lo auguro un po’ anche a me stesso. Non so come la pensi tu, o quale sia la tua percezione del mondo, ma credo sia abbastanza assodato che quelli appena passati, siano stati anni davvero duri da digerire. Molte persone che conosco personalmente, di fronte al declino in corso, hanno perso le speranze, sono diventate pessimiste e lamentose, e hanno finito per adattarsi a vivere senza quelle cose bellissime che sono i sogni, chiudendosi in se stesse e vivendo alla giornata. Mi auguro che tu sia stato più fortunato, e in caso contrario ti auguro che con questo 2015 tutta quella tristezza venga spazzata

via, che il cambiamento sia radicale, che la situazione del paese migliori, e, con la consapevolezza di quanto siamo caduti in basso, tu affronti il nuovo corso degli eventi fortunati con la sobrietà e la serietà che di solito mancano a noi italiani. Sobrietà e serietà quindi, questo è l’unico augurio, l’unico cambiamento, l’unica vera mutazione che auspico per te, e anche per me dai. Tanti auguri da Lucio. Scrivetemi sulla pagina Facebook “Pillola di Lucio” o scrivete a pilloladilucio@gmail.com

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mufimakeup

horoscocult

a cura di Margherita Costa

di Nicoletta Diulgheroff

Sono sicura che tra tutti i regali che avete ricevuto a Natale vi sarete beccate pure qualche trucco, magari un set di pennelli che giace inutilizzato da dieci giorni sul comò perché non sapete cosa farne. Vi domandate a cosa servano tutti quegli aggeggi e come si possano usare? Tranquille, ci pensa Mufi! Un buon kit base ne contiene almeno dieci, che sono fondamentali per applicare il trucco nella maniera migliore per ciascuna zona del viso. Il più comune è quello da fondotinta, che evita di impastricciarvi le mani e stende bene il prodotto sul viso senza lasciare strisciate. Poi c’è quello la cipria, gonfio e morbido, che permette di applicare la polvere sul viso con delicatezza e fissare il trucco. Poi c’è quello da terra, o da contouring, che permette di sfumare il colore in alcune zone per scaldare l’incarnato e creare giochi di profondità con i volumi. Infine quello da blush, che serve giusto per applicare uno zic di colore ben sfumato sulle guance. Il correttore e l’illuminante potete anche metterli con le mani, ma solo se mi promettete che farete attenzione a non ficcarvi le dita negli occhi oppure a non trasformarvi in una palla da discoteca… andateci piano! Per gli occhi poi ne servono almeno altri quattro: per applicare l’ombretto chiaro all’interno dell’occhio e sotto l’arcata sopraccigliare, per applicare l’ombretto scuro al centro della palpebra mobile, per sfumare il colore nella piega e per applicare l’eyeliner oppure per ammorbidire il tratto della matita. Un pennellino angolato piuttosto rigido e spesso serve per definire le sopracciglia, mentre il più piccino della vostra collezione serve per applicare il rossetto senza fare danni. Ora mettetevi davanti allo specchio e sperimentate! Per questo e altri trucchi sul makeup venitemi a trovare sul blog mufimakeup.blogpsot.it Baci!

Modella Alena Mayuk, fotografa Olga Makarova

DMAG

trendtopics by Caterina Marini

QÈC- QUALCOSA E’ CAMBIATO

Mariantonietta Davoli detta Marenna, sarda adottata da Firenze, è la responsabile e creatrice dell’atelier Qèc nel quale ”decostruisce” e “costruisce” con materiali che sono tagli di stoffe e fili che altri hanno accantonato, giudicandoli inservibili e inutili. Nelle sue creazioni nulla è casuale, tutto è stato pensato e scelto. Ispirata dal suo universo fatto di colori e tessuti, dà forma ad abiti che riflettono il suo passato da architetto e, bellissime gallinelle tridimensionali fatte di altrettanto meravigliosi tessuti che prendono forma di pochette, borse, borsoni, cuscini e ciondoli di stoffa… Perché le galline? “La gallina stilizzata è presente in tutti i disegni tradizionali sardi. Ci sono galline nei tappeti, arazzi e in genere nei tessuti sardi e nelle ceramiche e ogni tipo di altro oggetto “ ci risponde Marenna. Così oggi Qèc, propone un design moderno che riflette una delle più antiche tradizioni artigianali sarde. http://www.qualcosaecambiato.it facebook.com/pages/qèc

ARIETE.

Anno che parte finalmente bene e che, se non immediatamente evidente a tutti, riaprirà i giochi in campo affettivo e lavorativo. I primi due mesi gratificanti e ricchi di soddisfazioni soprattutto per la prima decade, comunque migliori anche per tutti gli altri, che in generale rialzano la testa e ripartono gagliardi.

TORO.

Non è ancora l’anno della ripresa della tranquillità e solidità del cuore e del portafoglio, ma solo fino a settembre, e i primi due mesi vedono un po’ tutti trincerati in difesa e troppo chiusi e diffidenti, ma almeno per i nati della terza decade un po’ di alleggerimento c’è. Ruminano più sereni i nati della prima decade.

A febbraio inizierò un corso introduttivo all'astrologia, articolato in 10 appuntamenti settimanali di due ore. Per info: diulghi@gmail.com

LEONE.

Arriva la riscossa e l’orgoglio dei risultati ottenuti farà rialzare la testa nel 2015 a moltissimi, e renderà speciale la vita soprattutto ai nati tra 6 e 10 agosto. I nati della terza decade respirano più sicuri già nei primi due mesi, quando i nati a inizio segno iniziano a cogliere risultati e premi; gioiosi e fortunati gli altri.

VERGINE.

Anno a due velocità, che parte in salita, per i nati della prima decade, affaticati e a tratti disorientati già nei primi due mesi, ma in ripresa da agosto. Decisamente più costruttivo e creativo per quelli della seconda decade, che macinano lavoro e buoni incontri già da subito. Tranquilli e fattivi quelli della terza.

BILANCIA.

GEMELLI.

In netta ripresa quasi tutti quest’anno! Molto bene a gennaio e febbraio la prima decade: costruttiva e progettuale, con ottime occasioni di nuovi contatti e contratti, buone le relazioni per quelli della seconda, ancora un po’ in periodo di cambiamenti grossi e non sempre graditi, fiduciosa e grintosa la terza.

CANCRO.

Liberi finalmente dai carichi e dalle responsabilità eccessivi, pronti al nuovo, e trasformati in questo 2015, iniziano l’anno con ancora strascichi di stress le prime due decadi, ma è questione di un paio di mesi, mentre avvertono finalmente un alleggerimento i nati della terza, anche se le spese corrono ancora.

Anno impegnativo per i nati della prima decade, premiante e a tratti esaltante per quelli della seconda, leggero e piacevole per quelli della terza. I primi due mesi vedono sugli scudi, a rivedere relazioni e attività i nati a inizio segno, decisamente più allegri e indaffarati tutti gli altri, alcuni decisamente fortunati. Netto miglioramento nel 2015 per quasi tutti, solo i nati tra 6 e 9 luglio ancora in affanno per grossi cambiamenti non sempre graditi. I primi due mesi ancora un po’ troppo “freddi” e solitari per quasi tutti, con l’eccezione dei nati tra il 25 e il 28 giugno che navigano al caldo di affetti e progetti gratificanti.

SCORPIONE.

SAGITTARIO.

Arriva l’appuntamento con serietà, responsabilità e bilanci in questo 2015: un senso di maturità e un po’ di smarrimento per i nati della prima decade, con un moltiplicarsi di contatti stimolanti; veleggia galvanizzata da nuovi orizzonti e possibilità la seconda decade, ottimisticamente goduriosa la terza.

CAPRICORNO.

Un anno che pur se a passi lenti produrrà risultati importanti. I primi due mesi buoni e produttivi per la prima decade, discreti per la seconda, con l’eccezione dei nati tra 3 e 5 gennaio, impegnati ad affrontare cambiamenti strutturali di vita e personalità; sereni per i nati della terza decade che raccolgono.

ACQUARIO.

E finalmente un anno come si deve! I primi due mesi vedono in pole position i nati della prima decade, in particolare quelli di inizio segno a cui si aprono di colpo prospettive solide ed eccitanti. Bene anche per la seconda decade se curano gli eccessi, anche di pigrizia. Più leggero e sereno per la terza decade.

PESCI.

Un anno con luci e ombre in cui sarà la prima decade a doversi confrontare, e da subito, con stanchezza e limiti, mentre la seconda naviga con sicurezza e creatività che cambiano la vita. Si godono i risultati conquistati nel finale del 2014 quelli della terza, e possono essere fiduciosi e ottimisti.


DMAG gennaio/febbraio 2015

pubblicazione gratuita anno IV numero 13

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