Reality 70 web

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ISSN 1973-3658

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Anno XV n. 4/2013 Trimestrale â‚Ź 10,00


Rag. Alessandro Susini Agente procuratore Promotore finanziario

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IMPRESA

CARISMI


EDITORIALE

Tanto tonò che piovve! L

a scalata dalla Toscana a un’importante segreteria romana e le speranze di rinnovamento sono state come un fiume in piena: travolgenti e vittoriose. Speriamo che tutta quest’acqua, che ha creato un nuovo e spumeggiante corso, non si traduca col tempo e l’assimilazione ai rituali della politica, in altri e già sperimentati danni. Ma ritorniamo sui nostri binari, parliamo di cultura e di informazione, ricordiamo l’importanza di divulgare le notizie, sottolineiamo l’indipendenza e la libertà di fare il nostro lavoro, che nel nostro caso e per nostra scelta, significa soprattutto far conoscere i meriti e le eccellenze del territorio toscano, perché ricordiamo che Reality è “realtà del territorio”, come affermava Mario Lepri alla nascita del magazine. Alcuni vedono il nostro periodico un po’ fuori dalla realtà vissuta in quanto oggi le problematiche sono molte, e noi certamente non possiamo raccontarle tutte. Ne siamo consapevoli, anche perché le viviamo di persona, come tutti. La storia ci insegna che nel passato non sono mancati i periodi critici, e sono stati sempre superati con grandi sforzi e non pochi cambiamenti. Pensando in positivo, con la voglia di costruire, il mondo è andato avanti. Il nostro modo di fare informazione ha due scopi: anticipare eventi e quindi promuoverli portando a un vasto pubblico la notizia, e raccontarli commentandoli a coloro i quali non hanno potuto parteciparli in prima persona. Scrivere di un evento significa lasciarne una traccia durevole. Le copie in giacenza degli ultimi cinque anni di Reality sono state proposte nelle due esposizioni di Reality Cover, la mostra delle opere realizzate per le copertine del magazine, sicché i visitatori hanno potuto rileggere gli articoli relativi agli artisti avendo a disposizione per un riscontro le loro opere pittoriche o scultoree. Ebbene, la rivista è andata a ruba: in due edizioni della mostra sono state acquisite oltre 1500 copie. Un modo, dunque, di rimettere in circolo, con gli arretrati della rivista, i suoi contenuti relativi agli eventi culturali, alle manifestazioni sociali, alle attività economiche e aziendali soprattutto, lo ripetiamo, del nostro territorio. Inoltre, con molta soddisfazione possiamo dire che grazie all’applicazione scaricabile APP, ci leggono anche all’estero, e non sono poche le richieste di copie cartacee della rivista sollecitate dalle “visite” elettroniche. Sono risultati che ci incoraggiano a proseguire nel nostro percorso, cercando sempre di sensibilizzare le varie aziende pubbliche e private a credere e investire in nuovi eventi, incontri, pubblicazioni e convegni, e naturalmente a usare Reality come mezzo di promozione e narrazione degli eventi. Ah, quasi dimenticavo! Vi ricordate lo scorso anno, di questi tempi: presepe o albero? Quest’anno albero. Un sereno e felice Natale

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MAGAZINE

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Centro Toscano Edizioni srl Sede legale Largo Pietro Lotti, 9/L 56029 Santa Croce sull’Arno (PI) Studio grafico via P. Nenni, 32 50054 Fucecchio (FI) Tel e fax 0571 360592 info@ctedizioni.it - www.ctedizioni.it Direttore responsabile Margherita Casazza direzione@ctedizioni.it Direttore artistico Nicola Micieli Redazione redazione@ctedizioni.it Studio grafico lab@ctedizioni.it Abbonamenti abbonamenti@ctedizioni.it Text Paola Baggiani, Irene Barbensi, Graziano Bellini, Brunella Brotini, Giulia Brugnolini, Margherita Casazza, Carla Cavicchini, Francesca Ciampalini, Andrea Cianferoni, Carlo Ciappina, Stefano Dedalus, Carmelo De Luca, Carlo Junior Desgro, Angelo Errera, Federica Farini, Maura Laura Ferrari, Eleonora Garufi, Letizia Grazzini, Matthew Licht, Roberto Mascagni, Paola Ircani Menichini, Franco Micieli, Nicola Micieli, Ada Neri, Paolo Pianigiani, Giampaolo Russo, Marika Salvadori, Domenico Savini, Stefano Stacchini, Leonardo Taddei.

Photo Archivio CTE Stampa Bandecchi & Vivaldi s.r.l. - Pontedera (PI) ISSN 1973-3658

In copertina Girolamo Ciulla Senza titolo, 2013 tempera su carta velina e carta da disegno cm 140x100

Reality numero 70 - dicembre 2013 Reg. Trl. Pisa n. 21 del 25.10.1998 Responsabile: Margherita Casazza dal 19.11.2007 © La riproduzione anche parziale è vietata senza l'autorizzazione scritta dall'Editore. L'elaborazione dei testi, anche se curata con scrupolosa attenzione, non può comportare specifiche responsabilità per eventuali involontari errori o inesattezze. Ogni articolo firmato esprime esclusivamente il pensiero del suo autore e pertanto ne impegna la responsabilità personale. Le opinioni e più in genere quanto espresso dai singoli autori non comportano responsabilità alcuna per il Direttore e per l'Editore. Centro Toscano Edizioni Srl P. IVA 017176305001 - Tutti i loghi ed i marchi commerciali contenuti in questa rivista sono di proprietà dei rispettivi aventi diritto. Gli articoli sono di CTE 2013 - Largo Pietro Lotti, 9/L - Santa Croce sull’Arno (PI) - tel. 0571 360592 - mail: info@ctedizioni.it AVVISO: l’editore è a disposizione degli aventi diritto con i quali non gli è stato possibile comunicare, nonché per eventuali, involontarie omissioni o inesattezze nella citazione delle fonti e/o delle foto.


SOMMARIO

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ARTE E MOSTRE In viaggio con Ciulla Kemp Cigoli a San Miniato L’albero dei libri parlanti Sottopelle Masolino senza Masaccio L’arte in Italia

T 34 36 38

L 40 42 44 47

letteratura L’uomo che aveva fretta Quadri di Natale opposti Braccio di ferro Novità editoriali

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territorioe storia Magia del Natale In bianco Dottor Barellai

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SOMMARIO

S 48 50 53 54 56

spettacolo

San Marino capitale del cinema Vittoria Colonna di Stigliano Michele Placido Russia vs resto d’Europa Il cuore per imparare

E 58 61 62 63 65 67

C 69 71 72 74 76 77 78

COSTUME Alzheimer I segni dell’anima

Mangiare salumi è un peccato Il dalmata Mode di Moda C’erta una volta un albero Oroscopo

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economia e società Codice etico KAZI Il collezionista Corri la vita Le stelle del calcio Forza Lupi

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A

artista

in

viaggio con

Girolamo

Ciulla

Nicola Micieli

Riflettere sulla mia opera non è semplice come si pensa; le influenze maggiori sono legate prevalentemente al ricordo infantile della Sicilia e di Caltanissetta, la mia città. Circondato da tutto ciò che vedevo, ho assimilato immagini e sensazioni che ho coltivato ed elaborato per realizzare le mie opere. Posso dire che la mia è una continua ricerca di simboli. Ad esempio, durante un viaggio in Egitto mi innamorai della figura del coccodrillo, che ho poi portato avanti nel mio lavoro associandola a soggetti del mito della Magna Grecia. Altra componente importante del mio pensiero, che in un certo senso va a braccetto con la memoria, è il sogno: le mie opere sono proiezioni oniriche di figure mitologiche. Sempre legato al retaggio infantile è anche il senso del gioco. Per me l’arte è divertimento. Nel momento stesso in cui non mi dovessi più divertire smetterei di fare arte. Girolamo Ciulla

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o raccolto di buon grado l’invito di Girolamo Ciulla a illustrare questo mio viaggio nella sua scultura con aperture dello sguardo sullo studio/laboratorio di Pietrasanta, anziché con singole opere isolate da ogni contesto. Alcune delle quali, peraltro, appaiono ben leggibili nei popolati interni che Sebastiano Leta ha variamente fotografato. Scorgiamo piccole statue di donne dalle vesti ampie e solenni, spesso rastremate e scanalate come colonne. Recano sempre qualcosa tra le mani: un oggetto o un animale evidentemente simbolico del loro ruolo e della loro virtù. Il loro corpo talora si fa ricetto, e accoglie altra figura di analogo significato e funzione, della quale dunque appaiono portatrici e custodi. Figure angeliche dell’annuncio, dunque, e insieme vestali del tempio. Le immagini in fila professionale, procedere lentamente con

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i loro doni votivi. Altre sculture con esse interloquiscono per compresenza e sovrapposizione, negli spazi dello studio/laboratorio. Numerose stele a fasciame soprattutto di stele spighe, alcune parietali perché sviluppate sul piano, e recano anch’esse al culmine o incastonati nel loro corpo di colonne o di stuoie fittili, oggetti e segni simbolici di una vitalità e di una sacralità legate alla messe dei doni della terra. Con le stele, costruite sovente a fasciame di giunchi come esse di steli e spighe, stanno – ma idealmente avanzano lente in un ipotetico mare o fiume verso la soglia dell’altrove – barche che bombate che paiono calotte di conchiglia. Le prenderesti, se fosse possibile, nel palmo della mano. Ti faresti portatore di loro, che portano magari una scimmia che a sua volta porta legata alle spalle una soma, forse un obolo per il transito,


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eppure danno l’astrale suggestione di un’arca in navigazione nello spazio. Sono presenze aliene, nel senso che indubbiamente appartengono a una dimensione altra e metastorica dello spazio e del tempo, ma qui, nell’ambiente si consuma e si invera la giornata laboriosa di Girolamo Ciulla, le percepisci come presenze familiari, non estranee e stranianti. E stanno sui ripiani degli scaffali, sui piedistalli o posate a terra come le statuette dei Lari domestici dovevano stare sulle mensole, le nicchie, gli altarini nella casa romana. Avverti tale anche la grande scultura in corso d’opera che raffigura un possente uomo ignudo, lui pure portatore di un dono tra le mani congiunte a corona. Sempre a corona, direi meglio a corno regale, sovrasta il capo di questo kouros statuario la coda di un coccodrillo riverso alle sue spalle, al quale è legato da una fascia passante dal suo ventre a quello del mastodontico rettile sacro agli egizi, e da Ciulla acquisito quale figura centrale della sua zoologia simbolica, ma ancor più della sua morfologia scultorea, per quanti temi formali sono scaturiti dalla sua conformazione. Questa imponente opera di appresta a varcare l’oceano, destinato all’America, messaggero del sincretismo delle culture che si incrociano nell’opera di Girolamo Ciulla, e merita osservare, per inciso, che non sono frequenti le figure maschili nel suo mondo, sorta di matriarcato sostanzialmente fondato sulla cultura della terra generatrice, dunque della Grande Madre mediterranea. Sulla scena dello studio/laboratorio non di rado compare l’artista, seduto o astante, tra le figure del suo mitografico immaginario, consegnato ad estesi disegni scialbati di colore e a sculture in materiale lapideo preferibilmente granuloso e butterato, non riducibile alla compattezza dei volumi e alla politezza delle superfici. Ciulla avrà forse anche lavorato il classico marmo dalla grana finissima e canterina che si presta alla pellicolare assolutezza del finito, ma certo egli predilige e ha soprattutto affrontato le numerose varietà del travertino e le più rare pietre tufacee e arenarie nelle ossidazioni e viraggi dalle terre bruciate alle ocre scure e chiare sino al biondo da pietra di Trani. Sovente Ciulla interviene anche sulle sculture con parziali riprese parziali di colore, e lo deposita sempre perché si mostri come assorbito dalla porosità della materia. Colore residuale, dunque, testimonianza d’un para-

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mento che le rivestiva intere, le sculture che ora ne recano tracce stinte come sinopie, mentre rilucevano al tempo indefinito ma arcaico al quale dovrebbero appartenere. Le intuiamo remote e come evocate, ma pur sono creature d’un uomo del nostro tempo, che vi riversa intero il proprio sentire e pensare, idealmente retrodatandole a un’età regolata da un’altra concezione dell’essere e del vivere nella comunità degli uomini e nella natura. Assorto e silenzioso come le sue creature, dunque, Girolamo Ciulla fotografato nello studio, persino piegato sul lavoro: la scultura e negli ultimi tempi con particolare attenzione, il disegno colorato che ha il respiro e l’eleganza dei grandi cicli parietali. Nel “reportage” di queste pagine non compaiono le rituali e stereotipe riprese degli artisti in posa nei loro atelier, che dovrebbero far loro da specchio mentre sono spesso ambienti artificiali, da set fotografico, appunto. Nel caso di Ciulla c’è una reale e piena, anche sofferta corrispondenza tra la persona – spirito e corpo e nervi e umori – e la fisicità dell’opera formalmente decantata, ma per sommersi accenti testimone del vissuto. Per questa ragione trovo significativa l’immagine dell’angolo del laboratorio nel quale bozzetti, gessi, attrezzi, panni, oggetti vari e altri inequivocabili “documenti” concreti e memoriali del lavoro e della vita,

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si accatastano e convivono in stretta connessione, velati dalla polvere che il lavoro ha depositato ovunque. La foto in bianco e nero scattata da Libero Musetti fissa con icastica e inamovibile assolutezza l’intima e materiale corrispondenza.tra Girolamo Ciulla e la scultura, giocandola sulla totemica simmetria della forma. L’impianto si impernia su un asse perfettamente centrale. L’artista seduto in primo piano fa da base a una regale e lunare figura, alla quale appare assimilato dalla riduzione dell’immagine a una forma peculiarmente grafica, per così dire, determinata dal forte contrasto. La maestosa presenza ancillare campeggia su una cortina di note nucleari e di filamentose colature e linee, tirate come per una partitura di musica concreta, e ne scaturiscono temi decorativi di straordinaria eleganza. Insieme Cerere e Proserpina, ma anche Demetra e Regina di Saba quella ieratica figura che ha la potenza generatrice del solare ariete – araldico inserto angolare della favolosa scena – e il mistero permutatore della discesa ipogea, della traversata notturna allusa dalla testa della divina musa. Alla quale fa da corona un copricapo a mezzaluna profilato sul registro notturno del cielo. La memoria va alle stele della Lunigiana, che Ciulla conosce bene per essere prossima a Pietrasanta dove egli opera ormai da decenni, quella singolare terra stretta tra la Liguria,


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la Toscana e l’Emilia. Già Marilena Pasquali, in un suo saggio che delucida il ventaglio intero dei simboli e dei luoghi mitografici ricorrenti nelle opere di Ciulla, rilevava l’analogia lunigianese delle sue teste risolte con l’arcuata corona del copricapo. Delle quali sottolineava l’appartenenza lunare e femminile, ponendole in dialettica relazione con la compresente natura maschile e solare dei corpi eretti a stele o a totem, pur quando figure ancillari comunque riferibili alla terra e alla Grande Madre, alla cui virtù generativa e alla cui ciclicità concorrono il maschile e il femminile, il sole e la luna, la generazione e la corruzione. C’è dunque una destinazione simbolica che assegna la scultura di Ciulla a una pagana sacralità, della quale si fanno portatori le figure non meno che gli animali e gli oggetti della fabbrica umana, che nella visione di Ciulla testimoniano tutti l’appartenenza a un’età nella quale gli dei immortali scendevano sulla terra ed erano partecipi della vicenda degli uomini. Raccolte numerose in un ambiente o uno spazio non deputato all’esposizione che di fatto ne astrae i contenuti e la stessa natura assegnando loro lo statuto dell’arte, esse che sono luoghi simbolici rendono area sacrale e familiare lo stesso luogo che le accoglie. Per questa ragione considero l’ambiente nel quale Ciulla concepisce e materialmente dà corpo e forma alle pro-

prie visioni, senz’altro utile a meglio intendere lo spirito che le anima. Da sempre Ciulla pone al centro della propria ispirazione il tema del mito, segnatamente di origine mediterranea. Come dire il bacino generatore delle più antiche civiltà. Alle quali l’artista ha sempre guardato come alla fonte della propria ispirazione di scultore nativamente incline alla mitopoiesi, lui siciliano cresciuto in una terra nella quale i segni e le testimonianze della civiltà arcaiche sono componenti dello stesso paesaggio fisico e antropico. Un paesaggio disseminato non già di reperti archeologici splendidi ma ormai muti, bensì portatori di significati e valori originari intatti e attuali per l’esistenza umana e la cultura della vita e della morte; e in forma diversa, al sorgere e al tramonto del sole sulla terra, quei radicali della cultura si ripropongono oggi come nei millenni trascorsi. Sono contenuti che sa leggere in trasparenza, oltre lo schermo della forma simbolica nella quale sono racchiusi, lo sguardo poeticamente ispirato dell’artista mitografo per vocazione, poiché all’immagine egli affida la propria visione e narrazione del mondo, che è quel che fa Girolamo Ciulla da decenni ormai, con sincera e poetica partecipazione. Nicola Micieli

Fotografie di Sebastiano Leta

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Girolamo Ciulla nasce nel 1952 a Caltanissetta, dove esordisce nel 1970 alla VII Rassegna d’Arte Contemporanea. Dal 1987 comincia la collaborazione con la Galleria Forni di Bologna ed espone in rassegne critiche e nelle principali fiere d’arte italiane e internazionali. Dello stesso periodo sono le importanti personali nelle gallerie Gian Ferrari di Milano e Davico di Torino. Nel 1988 si trasferisce a Pietrasanta ed espone alla Versiliana. Tra le rassegne si ricordano: Arte Segreta (Galleria Forni, 1987), Per un amico. 27 scultori ricordano Pier Carlo Santini (Lucca, Fondazione Ragghianti, 1994), XXXIV e XXXV Premio Suzzara (1994 e 1995), XVI Biennale Internazionale del Bronzetto (Padova, Museo degli Eremitani, 1995), Situazione scultura (Lucca, Palazzo Ducale, 1996), Continuità dell’immagine. Aspetti della Pittura e della Scultura (Ancona, Mole Vanvitelliana, 1997), Arte nella città. Sculture in un percorso urbano (La Spezia, 2000), Da Boccioni a Bacon alla contemporaneità (Galleria Forni, 2000), Mito contemporaneo (Vicenza, Basilica Palladiana, 2003), Lo sguardo italiano. Ventidue artisti per Bufalino (Comiso, Teatro Naselli, 2004), Lo spirito della pietra (Roma, Accademia di San Luca, 2005), Fuori del labirinto. Atti e storie del Mediterraneo (Massa, Palazzo Ducale, 2006). Tra le principali rassegne estere quelle al Musée des Beaux-Arts, Bemay, Normandia (1990); Museum der Skulpturenmodelle, Grenzach-Wylhen, Baden Wurttenberg (1992); Contemporary Art Center, Schalkwyk, Utrecht (1998); Boulevard des Sculptures 2002, Kijkduin, L’Aia (2002); Triptyque, Abbaye du Ronceray, Angers (2004); Biennale d’Arte Contemporanea, Busan, Corea del Sud (2006). Di rilievo le sculture realizzate per diversi contesti monumentali: chiesa di San Pietro, Caltanissetta (2002); Coccodrilli per la piazza di Castagnola (2003); Mensoloni per la piazza di Caltanissetta (2003); grande Cerere per la ProSementi, Bologna (2005). Opere monumentali nelle città di Seoul (Korea), Assuan (Egitto) e Malindi (Kenya). Negli anni recenti Ciulla tiene mostre personali di particolare rilievo a Pietrasanta, in Piazza Duomo e nella Chiesa di Sant’Agostino (2006) e a Londra, presso la Albemarle Gallery (2007). È inoltre invitato da Marilena Pasquali alle rassegne: Morandi e la natura morta oggi in Italia (Francavilla al Mare, Museo Michetti, 2007), Nuova Biennale del Muro Dipinto (Dozza, Bologna, 2007), L’alibi dell’oggetto. Morandi e gli sviluppi della natura morta in Italia (Lucca, Fondazione Ragghianti, 2007). Nel 2010 è alla Biennale Scultura Internazionale di Racconigi; nel 2011 alla Biennale Progetto Scultura a Rimini e alla 54.a Biennale d’Arte di Venezia, Padiglione Italia, Regione Siciliana. Tiene inoltre due personali: Le misteriose declinazioni del mito, Galleria La Vite, Catania; Il mito contemporaneo, Museo Archeologico di Aidone, MorgantinaAidone. Del 2012 è la prima personale parigina dal titolo Le mythe contemporain presso la Galleria Agnès Monplaisir.

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Foto di Libero Musetti


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MOSTRA

Kemp Franco Micieli

foto di Richard Haughton Courtesy Galleria Peccolo

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er parlare in modo semplice dei disegni di Lindsay Kemp esposti alla Galleria Peccolo di Livorno si dovrebbe riuscire a tracciare le parole sulla pagina bianca con la stessa linearità e fluidità dei morbidi pennelli giapponesi con cui Kemp crea il suo mondo sospeso, i suoi Disegni danzanti, la “miracolosa” fusione nell’istante creativo, della forma e del contenuto delle parole. Ma i suoi disegni devono essere visti più che descritti, suggestivamente evocati nel proprio immaginario! Lui stesso nella presentazione della mostra “immagina” e vive i propri disegni come… cartoline spedite da istanti volanti, elettrocardiogrammi di vitalità, doni… Gli slanci d’amore sono istanti magici di rivelazione, urgenza di animare il vuoto della pagina bianca con la sua… galleria di eroi e archetipi – di marinai e toreri, ballerine e madri, angeli e diavoli… , di cui riesce a cogliere, con rapida e limpida esecuzione del tratto ed equilibrio dei colori, la giocosa vitalità, l’andare verso lo spazio e la luce e attraverso i quali evoca e ci trasmette le sue visioni, ironiche, a volte beffarde e perfino crudeli della vita ma anche quelle più intime e familiari, i sogni, la struggente e ineffabile bellezza della vita. L’infanzia, Liverpool, il porto, il mare, il padre marinaio, i regali destinati alla madre – ventagli, vesti orientali – che fin da bambino indossava per i suoi travestimenti teatrali, il suo modo di comunicare con il movimento sensuale e la danza, l’impulso al magico rapimento dell’istante da condividere, sono visioni presenti nell’immaginario poetico non solo dei disegni, ma di tutta l’opera creativa di Kemp: Mimo, ballerino, coreografo, attore, regista, scenografo, costumista, truccatore, eccelso dispensatore di paillettes, di luci cangianti, di tripudi e polveri di stelle.

Con la formazione nel ’64 della celebre Lindsay Kemp Company usa un modo nuovo e affatto originale di comunicare ma allo stesso tempo antico, che proviene dalla commedia dell’arte e dal teatro elisabettiano. Inizia a portare in giro per il mondo il suo teatro danza in cui la parola si esprime quasi del tutto nella mimica, nei ge-

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sti, nella scia improvvisa della cometa del suo corpo che guizza leggero oltre il tempo e la gravità, facendosi esso stesso materia in movimento e oltre, pura energia, ma, ci ricorda, “… sul palcoscenico di carta bianca, come su quello nel teatro, la danza è anche equilibrio e tecnica …” Nelle figure ampie, nitide, armoniz-


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zate nello spazio, posate o sospese, ma sempre in movimento, nella fluidità del suo gesto pittorico traspare la qualità della formazione, gli studi di pittura al Bradford College of Art di Liverpool con il maestro David Hockney – massimo rappresentante della Pop Art anglosassone e la «… galleria … [dei suoi personaggi, come dice Kemp]… si veste di echi di Cocteau, Mirò, Picasso, Matisse, di calligrafia giapponese e grafiti preistorici …» Lo si è definito un folletto, un eccentrico e trasgressivo affabulatore, il fauno Nijinsky de L’après midi d’un faune ma, osservando i suoi disegni, pensando a lui e ai suoi spettacoli ho istintivamente immaginato Kemp come un funambolo della relatività generale, senza rete e senza filo, in perenne equilibrio dinamico, ma lanciato a velocità folle nello spazio-tempo con la sua massa fisica, per ampliare lo spazio e rallentare il tempo – ogni disegno, ogni figura o gruppi di figure, ogni inizio e fine di linee tracciate, ogni gesto, ogni “volo” si dilata e si curva nell’universo dell’immaginario e diventa un istante unico e irripetibile, un sogno vissuto ad occhi aperti, che anima le figure e le fa vivere dello stupore di esistere ancora, sulla carta. Ciò che rende i suoi disegni personali è l’espressione sincera di rivelare in ogni istante la sua vita danzante in equilibrio. Per aderire pienamente al messaggio della sua arte è importante lasciarsi guidare, diventare un po’ bambini e come Lui spiccare il volo verso universi fiabeschi, immersi nelle tenebre dell’invisibile materia e nella luce della divina armonia, in un viaggio sempre più veloce in cui lo spazio si dilata e il tempo a poco a poco si contrae.

Spero che i miei disegni non abbiano bisogno di aiuto per fare il viaggio dalla mia mano al tuo occhio… e dal tuo occhio all’immaginazione che tutto comprende senza parole. Sono cartoline spedite da istanti volanti, elettrocardiogrammi di vitalità, doni. Come danzatore, so che ogni istante della danza è irripetibile e impossibile da catturare: sono attimi che si accendono e spariscono per sempre. Ecco perché in scena ogni momento deve essere vissuto all’ennesima potenza. E ecco perché quando disegno devo iniziare e finire in pochi istanti, senza pensare o riflettere o esitare. Pochi rapidi gesti, per far partire una freccia che vuole arrivare allo spettatore con la stessa spontanea immediatezza con la quale io l’ho trasmessa alla carta. Nessuna correzione, tranne quella di una nuova pagina bianca e, subito, un altro disegno. Ecco perché ricorro sempre agli stessi facilmente riconoscibili leitmotiv, le stesse figure che fanno gli stessi gesti, perché così la mia mano è libera di volare. La ripetizione crea scioltezza. Migliaia di variazioni sugli stessi temi. Quando disegno c’è musica, nella stanza o nel silenzio. E così nasce la danza di un nuovo danzatore dentro di me, che nell’istante balza fuori come un lampo o un angelo dal mio corpo, una linea nera che atterra sul bianco splendore della pagina… e esegue la sua danza, l’unica, quella per la quale forse verrà ricordato, fatta da lui, non da me. Ma sul palcoscenico di carta bianca come su quello nel teatro, la danza è anche equilibrio e tecnica, accumulo di stimoli e influenze. E così la mia galleria di eroi e archetipi – di marinai e toreri, ballerine e madri, angeli e diavoli – si veste di echi di Cocteau, Miró, Picasso, Matisse, di calligrafia giapponese e grafiti preistorici. Il cuore di ciascuno è pieno di danzatori ma l’importante è osare, alzare il sipario e mostrarli al mondo. Sciogliere il nodo e farlo diventare una linea, un sorriso.

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Per te Lindsay Kemp

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foto di zzzzzzzzzzzzzzz zzzzzzzzzzzzzzzzzzzzzz zzzzzzzzzzzzzzzzzz


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mostra

Cigoli a San

Miniato

omaggio al pittore a 400 anni dalla scomparsa Giulia Brugnolini

S.E. Vescovo di San Miniato Fausto Tardelli, il presidente della Fondazione Antonio Guicciardini Salini e il sindaco di San Miniato Vittorio Gabbanini; scatti della mostra

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all’8 al 28 novembre, il Palazzo Grifoni di San Miniato si è trasformato nel Palazzo del Cigoli: in omaggio ai 400 anni dalla morte del grande pittore e architetto sanminiatese Ludovico Cardi, la Fondazione Cassa di Risparmio di San Miniato ha organizzato un’esposizione dal titolo, appunto, Omaggio al Cigoli, che ha visto in mostra l’Autoritratto del Maestro, uscito per la prima volta dalla Galleria degli Uffizi, affiancato a due opere, il Noli me tangere e la Madonna con Bambino tra i santi Michele e Pietro Apostolo, provenienti rispettivamente dal Conservatorio di Santa Chiara e dal Museo diocesano d’Arte Sacra di San Miniato, mai esposte insieme prima d’ora e che, per l’occasione, sono state restaurate grazie alla Fondazione Cassa Risparmio di San Miniato. Ci è sembrato naturale – ha evidenziato Il Presidente della Fondazione, Antonio Guicciardini Salini – nel 400esimo anniversario della scomparsa del Cigoli, uno dei massimi artisti del ‘600 italiano e certamente il più illustre del nostro territorio, ricordare la sua figura con un omaggio: un’esposizione che punti più sulla qualità che sulla quantità. Ricordiamo che Ludovico Cardi, detto “il Cigoli” dal luogo in cui nacque nel 1559, è pittore ma anche scultore, architetto, scenografo, fine intellettuale: di lui si ricorda anche l’amicizia con Galilei, di cui resta un lungo carteggio. La sua pittura si forma in ambito manierista per poi sconfinare nel barocco, seguendo una linea evolutiva che non è mai costante, sempre in bilico tra moderno e classico, segnando un capitolo fondamentale dell’arte italiana. Morì

poche settimane dopo aver ottenuto uno dei riconoscimenti più ambiti della sua professione, il titolo di Cavaliere dell’Ordine di Malta e dopo aver affrescato per Papa Paolo V la cupola della cappella Paolina, in Santa Maria Maggiore. La mostra Omaggio al Cigoli, in si-

nergia con la 43esima Mostra Mercato Nazionale del Tartufo Bianco, ha riscosso grande successo tra i visitatori, attirati soprattutto dal ritorno “a casa” del celebre Autoritratto, commissionato nel 1604 da Cosimo II de’ Medici, affinché venisse a far parte della sua raccolta. Lo storico dell’arte David Parri, in occasione dell’inaugurazione, ha tracciato sapientemente i lineamenti di quest’opera: “l’Autoritratto tradisce il temperamento malinconico di un artista che è ormai all’apice della propria carriera, come indicano i pennelli e il compasso orgogliosamente impugnati”. Salini ha, così, ricordato il costante impegno dell’istituzione sanminiatese a favore dell’arte e della cultura e la convinzione che, attraverso la valorizzazione delle ricchezze artistiche, si possa concretamente promuovere il territorio e favorirne lo sviluppo economico. Foto di Riccardo Lombardi

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MOSTRa

l’albero dei

libri parlanti

diventa l’albero di Ilaria, poi un libro Marika Salvadori Assessore alla Cultura Comune di Castagneto Carducci

Stefano Tonelli mentre depone ai piedi del platano i libri

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ai rami dell’albero filtra la luce, del sole o delle stelle. Dal nostro le foglie hanno bisbigliato per tutta l’estate poesie e sussurri a chi si è avvicinato curioso. L’installazione L’albero dei libri parlanti dell’artista Stefano Tonelli ha accolto maestosa gli ospiti di Bolgheri, borgo toscano che vide Giosuè Carducci bambino, sollecitando riflessioni e stupore. L’antico platano di Piazza Alberto è stato trasformato in un testimone vivo e comunicante dell’unione indissolubile tra la natura e la storia dell’uomo: ai suoi rami Stefano ha affidato alcuni libri, intervenendo sulla loro copertina come fossero piccole tavole, come

tante storie colorate, come a rimarcare il dubbio se in principio fu il segno o la parola. I libri si trasformano metafora di una vita, della vita di ciascuno: edito o meno, ognuno scrive il proprio libro, la storia di sé. L’albero e i libri diventano parlanti perché lievi, sotto ai rami, si diffondono le parole del Cantico dei Cantici o la storia del Piccolo Principe, per il sorridente stupore di chi si sofferma ad ascoltarle. Un’opera che parla all’uomo, attraverso la poesia e la natura: testimone di una lotta tenace per la cultura e il rispetto di sé. Una storia ben più triste ha però scosso la comunità di Castagneto Carducci, imponendo una riflessione

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e urlando impegno, civile, morale e culturale. Il 1° maggio 2013 Ilaria Leone, giovane e splendida donna, è stata uccisa, vittima di un sentimento sbagliato, malato. L’idea di dedicare l’Albero dei libri parlanti a Ilaria nasce dalla volontà di Tonelli di compiere un gesto poetico e di amore in memoria della vita spezzata di questa diciannovenne. Per non dimenticare. Mai. Intorno a questo imperativo si sono riuniti Stefano Tonelli, l’Amministrazione comunale e IAIA – Ilaria Associazione Impegno Antiviolenza, insieme decisi a costruire un momento di riflessione, pace e a condividerlo con quante più persone possibile. È nato quindi, il 5 settembre, L’albero di Ilaria: un omaggio silente fatto di segni e contenuti, non una commemorazione, non una pietas fine a se stessa ma, attraverso la poesia, una trasformazione del dolore in “gioia”, in un gesto collettivo di comunione. All’albero sono state fissate alcune immagini sorridenti di Ilaria, sospese tra il bisbiglio delle foglie e i libri, che scendono come doni per chi li sa cogliere. Di fronte all’albero si è svolta una silenziosa e commovente processione di familiari, amici, conoscenti, sconosciuti che hanno lasciato su un lenzuolo bianco ai piedi del platano un libro, un regalo a Ilaria, con una dedica. Tutti i libri regalati a Ilaria sono stati poi raccolti nella biblioteca comunale, in uno scaffale a lei dedicato, e lì costituiranno una memoria viva e proficua. L’emozione e la commozione di quella giornata saranno raccolte in un libro: un documento poetico e di impegno civile che mira a fissare e tramandare la potenza di quel ge-


sto di amore e di bellezza. Il libro sarà realizzato dall’artista Stefano Tonelli e dall’Amministrazione comunale grazie al sostegno della Banca di Credito Cooperativo di Castagneto Carducci. Una raccolta poetica di immagini, fotografie, frasi ed emozioni che arriverà tra le mani dei cittadini del comune di Castagneto Carducci e da lì inizierà una nuova storia. Perché il racconto che abbiamo in mente si tesse con i fili della vita di ciascuno: l’impegno alla costruzione di una realtà senza violenza prende avvio dalla consapevolezza di ognuno. E la coscienza si costruisce anche attraverso la grazia e la bellezza. In un periodo come questo, in cui l’Italia sta conoscendo una straziante strage quasi quotidiana di donne, l’urgenza di fare qualcosa di sano, di buono, si fa più necessaria. Abbiamo deciso di iniziare da qui, prendendoci per mano per camminare più sicuri. E siamo partiti da un libro per raccontare una grande e spontanea installazione collettiva, un omaggio alla memoria e all’impegno. Un canto corale che inviti ognuno ad abbattere stereotipi, errori, ingiustizie e violenza. Spinti dalla voce di Ilaria e da tutte quelle voci di donne che urleranno attraverso le pagine del nostro libro.

IAIA – ILARIA ASSOCIAZIONE IMPEGNO ANTIVIOLENZA. Dall’omicidio di Ilaria Leone, la giovane donna diciannovenne morta dopo essere stata violentata e abbandonata ancora viva in un’oliveta a pochi passi dal tranquillo borgo di Castagneto Carducci, nasce IAIA – Ilaria Associazione Impegno Antiviolenza – il cui scopo è promuovere iniziative, dibattiti e azioni al fine di contrastare ogni forma di violenza e innescare un cambiamento culturale nei riguardi del fenomeno della violenza sulle donne. IAIA vuole offrire aiuto a tutte quelle donne che subiscono violenza sia nella famiglia sia nel tessuto sociale per restituire loro forza, dignità, autonomia e autostima. Per info: 324-6187613, iaia.associazione@gmail.com

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MOSTRA

Sottopelle vedere dentro vedere oltre il corpo morto del Cristo di Mantegna Stefano Stacchini

Cristo di Andrea Mantegna, Pinacoteco di Brera Biennale di Venezia, 2012 Tesa 99, Arsenale Novissimo

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hi non avesse presente il Compianto sul Cristo morto del Mantegna lo può vedere qui a fianco. Una pittura di pietra come tutto lo stile di Mantegna, dove un corpo morto crocifisso (si notino le ferite alle mani e ai piedi) non ha nulla di divino intorno. Angeli, Cherubini e quanto appartiene alla tradizione sacra. Unico particolare, nella penombra in alto sulla destra, una piccola ampolla di olio suggerisce che l’uomo disteso in quella prospettiva audace è l’Unto. La posizione del Cristo e la composizione anticipano di diversi secoli gli scorci che sono stati resi possibili solo dal teleobiettivo nella fotografia. L’impressione che se ne trae è quella di un corpo morto, sacro, forse, solo ai suoi cari che lo piangono appena inquadrati sulla sinistra. Negli anni Settanta, Sandra Borsetti curiosa e sperimentatrice di teatro e Carlo Fabre, fotografo e creativo a Firenze, allestirono un set fotografico in tutto identico a quello del Cristo morto alla ricerca di quello spazio che l’autore aveva volutamente tolto, per sperimentare con le loro riprese quella asciuttezza mai vista per una divinità. Ne uscì una pubblicazione tanto piccola quanto preziosa dalla quale partirà quel che stiamo illustrando. Il fascino segreto di quel Cristo morto interessava da tempo Alberto Bartalini, architetto sui generis con convinzioni sulla teatralità dell’Arte, e durante le sue frequentazioni con Vittorio Sgarbi non mancava mai di sottolineare come quel Mantegna fosse portatore di messaggi universali e mai come oggi attuali. Per la Biennale di Venezia 2011 Vittorio Sgarbi proponeva pertanto un intervento su quel capolavoro e nel-

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la Tesa 99 dell’Arsenale Novissimo, come documentato in catalogo, prendeva vita l’installazione Sottopelle. Cinque autori – Francesco Federighi, Renato Frosali, Roberto Gasperini, Renato Meneghetti e Stefano Stacchini – sotto la regia di Alberto Bartalini allestivano una basilica laica dove gli studi sui corpi morti dei diversi autori venivano radiografati artisticamente su lastre di policarbonato e poi sovrapposti agli originali a rappresentare un coro che assiste alla evaporazione ascensionale e centrale del più celebrato corpo morto di Cristo del Mantegna. Il senso generale dichiarava la sacralità di qualsiasi corpo morto a prescindere dal suo storico vissuto. E a sottolinearne ulteriormente il concetto, dalle vecchie capriate degli oltre 800 metri quadrati della Tesa pendevano 15 lunghe coperte di lana militari su cui una improbabile Sindone, riprodotta col volto di Che Guevara, simbolo di qualsiasi altra Icona di morte violenta, ripeteva con ossessione il segreto di quel Cristo di Mantegna così Uomo e così poco Dio. Philippe D’Averio ha letto e apprez-

zato quel lavoro come felice rapporto interattivo tra opera e ambiente. Ma una Biennale che si esaurisse nella semplice esposizione di un’opera finirebbe per avvalorarne solo l’aspetto commerciale annullandone la portata culturale comunicativa e svilendo la poetica sofferta dell’autore. L’Operazione sul Cristo morto del Mantegna, per questo motivo, ha continuato a vivere entrando in sinto-

nia con altri ambienti, così rivelando la sua caratteristica iniziale e peculiare di opera in divenire con tutti i suoi significati interni. E dopo essere passata dalla Chiesa di Santa Maria del Popolo a Roma per la Pasqua 2013, è approdata a ottobre al Palazzo del Governo del Popolo di Assisi dove anche Papa Francesco l’ha visitata e dove “da simbolo a Segno” è diventata “Cenacolo”.

Biennale di Venezia, 2012 Tesa 99, Arsenale Novissimo Palazzo del Governo del Popolo, Assisi Pasqua 2013

foto di zzzzzzzzzzzzzzz zzzzzzzzzzzzzzzzzzzzzz zzzzzzzzzzzzzzzzzz

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A

FOCUS

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asolino asaccio

senza Paolo Pianigiani

N

iente, in apparenza, li avvicinava: Masolino, al secolo Tommaso di Cristoforo di Fino. (Panicale, 1383 - Firenze 1447?); e Masaccio, il cui vero nome era Tommaso di ser Giovanni di Mone Cassai (San Giovanni Valdarno, 21 dicembre 1401 - Roma, 1428). E invece lavorarono insieme, intervenendo nelle stesse opere dipinte, quasi prestandosi i pennelli e tuffandoli negli stessi colori. O dividendosi le campiture della parete, come per la Cappella Brancacci, al Carmine, dove i grandi critici si giocarono reputazione e gloria cercando di individuare ora la mano sensibilissima del più anziano Masolino, ora quella più energica di Masaccio, il ragazzino terribile del primo Quattrocento fiorentino. Ma spesso e volentieri sbagliando e di grosso. Per esempio il Longhi, quando assegnò a Masaccio tutta la scena del Tributo e al solo Masolino la coppia, fuori dal mondo reale, dei due giovanetti al passeggio fiorentino. La critica recente, aiutata dai restauri intercorsi, assegna oggi tutto

a Masolino, aprendo chiavi di lettura ancora inesplorate. E se non fosse proprio vero che Masolino era con un piede nel Gotico, mentre con l’altro brancolava incerto nelle pianure del Rinascimento? Mentre Masaccio, nato già con le febbre dell’innovazione addosso, trascinava imperioso il più anziano (di una ventina d’anni) pittore su strade non sue? A guardare le opere di Masolino che sono a Empoli i dubbi ci stanno tutti. Non a caso qualcuno, il Cavalcaselle per esempio, ha ipotizzato anche a Empoli la presenza inquietante di Masaccio. Che invece sembra non esserci proprio mai stato. Si tratta di quattro lavori ad affresco, tre nella chiesa conventuale di Santo Stefano degli Agostiniani e uno nel Battistero presso la Collegiata. Opere importanti, dipinte per essere eterne, sul muro. E abbiamo anche una data certa, ritrovata da Giovanni Poggi nel 1905 (Masolino e la Compagnia della Croce in Empoli. “Rivista d’Arte”, anno III, n. 2-3, pag. 46-53): è il 1424,

Firenze, Chiesa del Carmine, Cappella Brancacci, scena del Tributo Empoli, Chiesa di Santo Stefano degli Agostiniani

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il 2 di novembre quando, avendo terminato di affrescare la Cappella di Sant’Elena, già acquistata dai frati agostiniani dalla Compagnia nel 1397, il maestro fiorentino riceve il prezzo pattuito: 74 fiorini d’oro. Si tratta della “Storia della Croce”, purtroppo non conservata se non nelle sinopie quasi svanite e in pochi frammenti, bellissimi. Intorno a quella data girano le altre opere conosciute, la Madonna con Bambino e Angeli e il così detto Sant’Ivo fra i Fanciulli, frammentario, e la Deposizione nel Sepolcro del Battistero. Possiamo dire, considerando l’esiguo numero delle opere di Masolino rimaste nel mondo, che a Empoli siamo stati fortunati. E se mani sacrileghe e obbedienti ai dettami del Concilio di Trento non avessero scialbato la Storia della Croce saremmo stati forse il riferimento primo per i tanti appassionati di storia dell’Arte. Ma quello che è rimasto basta e avanza: Masolino si manifesta pienamente per quello che è, pittore di primo piano nel panorama fiorentino, degnissimo protagonista e iniziatore, insieme a Masaccio, Donatello e Brunelleschi, del periodo più splendente della cultura toscana, italiana ed europea: il Rinascimento.


foto di zzzzzzzzzzzzzzz zzzzzzzzzzzzzzzzzzzzzz zzzzzzzzzzzzzzzzzz Š Alena Fialovå.

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L’arte in italia

ANTONIO POSSENTI

IL CIBO IMMAGINARIO

26 ottobre 2013 15 dicembre 2013

3 dicembre 2013 6 gennaio 2014

FIRENZE

ROMA

Palazzo Pitti

PONTORMO NELLE SUE TERRE 29 novembre 2013 2 marzo 2014 EMPOLI

Palazzo delle Esposizioni

Casa del Pontormo e sedi varie

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ossenti racconta la commedia umana intrisa dalla favola, infatti le opere in esposizione rappresentano un libro aperto sulla propria formazione permeata dalla cultura classica, moderna, contemporanea, elaborata attraverso una dimensione fantastica, creando un linguaggio comunicativo nuovissimo, immediato, intrigante. Le sue creature custodiscono le impressioni immagazzinate durante le continue peregrinazioni nel mondo, plasmandole di un lirismo poetico. La collezione appartenente alla Banca di Cambiano, presente in mostra, è costituita da 40 opere, 12 disegni, 12 scritti, un tesoro che evidenzia le capacità narrative dell’artista attraverso le immagini, l’indole riflessiva e raffinata, infondendo nell’osservatore considerazioni profonde dettate dalla scoperta di dimensioni decisamente originali.

I

l Cibo Immaginario. 1950-1970 Pubblicità e immagini dell’Italia a tavola, mostra ideata e curata da Marco Panella, prodotta da Artix in collaborazione con Coca-Cola Italia, Gruppo Cremonini e Montana, racconta 20 anni di vita e costume italiani attraverso iconografia, stili e linguaggi della pubblicità del cibo e dei riti del mangiare. Immagini che rendono fruibile per la prima volta al grande pubblico un percorso culturale che ha segnato la modernità italiana cogliendone l’evoluzione, soprattutto, una storia visiva. Il linguaggio espositivo è quello dei materiali cartacei sopravvissuti e recuperati dalla dispersione, cercati e trovati nelle case e nelle cantine, nei mercatini del piccolo modernariato e sui siti di aste telematiche, materiale povero e al tempo stesso ricco di vita vissuta.

G

li Uffizi approdano a Empoli con una esposizione dedicata al Pontormo, un’opportunità per ammirarne l’operato (il Gabinetto Disegni e Stampe ha prestato gioielli pregevoli per la comparazione con la produzione leonardesca) e valorizzare la sua casa, che custodisce in comodato la Madonna del Libro appartenente al celebre Museo. Grazie all’evento, sono arrivate in città altre opere realizzate da maestri a lui contemporanei o vicini ai suoi insegnamenti, basti menzionare l’Empoli, Bronzino, Macchietti, Cigoli, Naldini, Betti. L’esposizione, coinvolgente anche la Chiesa e la Compagnia di San Michele, vuole essere l’occasione per far conoscere un grandissimo artista rinascimentale ma, sopratutto, volano per la conoscenza di un territorio dalle ricchezze inestimabili.

MOATAZ NASR - Un ponte tra Pisa e Santa Croce sull’Arno 7 dicembre 2013 - 9 febbraio 2014

SMS - Pisa / Villa Pacchiani - Santa Croce sull’Arno

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entro Espositivo SMS San Michele degli Scalzi e Villa Pacchiani ospitano il progetto curato da Ilaria Mariotti, realizzato dal Comune di Pisa e dal Comune di Santa Croce sull’Arno, finanziato dalla Regione Toscana in ambito di Toscanaincontemporanea 2012, in collaborazione con Galleria Continua di San Gimignano e Associazione Arte Continua. Partendo dal concetto che l’arte contemporanea possa costituire un linguaggio universale, chiama a intervenire e a dialogare con il territorio pisano uno tra gli artisti arabi più affermati sulla scena contemporanea internazionale, Moataz Nasr. Un progetto che propone un confronto tra un artista internazionale e il territorio fatto da persone, saperi, tessuto urbano, tradizione industriale, si è posto da subito quale occasione per creare connessioni. Tra i due Comuni, di Pisa e Santa Croce sull’Arno.

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Carmelo De Luca

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WUNDERKAMMER 15 novembre 2013 2 marzo 2014 MILANO Museo Poldi Pezzoli Gallerie d’Italia

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al XVI secolo, regnanti, principi, scienziati diventano precursori del collezionismo privato, non a caso l’attrazione per il bello inconsueto stimola la ricerca, il possesso, l’esposizione, dei natu-

ULRICH GLANTSCHNIGG 20 novembre 2013 31 ottobre 2014 BOLZANO Museo Mercantile

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no sconosciuto illustre è un controsenso? No davvero, ne è prova Ulrich Glantschnigg, raffinato pittore barocco e interprete originale della lezione caravaggesca. Bolzano dedica al pittore una

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ralia, bizzarre creature generate da madre natura, e degli artificialia, opere eccezionali create dalla mano umana. Per tali mirabilia vengono realizzate le artistiche Wunderkammer arredate con mobili splendidi, capolavori dell’ebanisteria custodenti perle, coralli, reperti archeologi, sculture fantastiche, animali e pietre rare, cammei, filigrane, libri introvabili, insomma il sancta sanctorum della bellezza. Il Museo Poldi Pezzoli esplora questo magnifico mondo attraverso Ulisse Aldrovandi, Ferdinando Cospi, Manfredo Settala, Gian Giacomo Poldi Pezzoli, padri del collezionismo nell’Italia settentrionale. Il progetto, supportato dalla Fondazione Mazzotta, trova proseguo nelle Gallerie d’Italia grazie agli esempi contemporanei raccolti in scatole, valigie, saloni, originali contenitori d’autore, recanti la firma di Marcel Duchamp, Alik Cavaliere, Emilio Isgrò e altri importanti maestri. In effetti le avanguardie dadaiste e surrealiste, le postavanguardie e gli artisti odierni riprendono l’eredità tardo-rinascimentale delle meraviglie realizzando opere uniche, originali, bellissime.

mostra ospitante i soggetti profani creati attraverso pennellate morbide e incisive, appartenenti alla Cancelleria di Palazzo Mercantile, supportati dagli eccezionali prestiti privati, realizzati per facoltosi borghesi bolzanini agli inizi del XVIII secolo. Anche i temi sacri ostentano vanitosamente la loro bellezza grazie alle tele provenienti dal coro del Duomo cittadino, in particolare Santa Caterina, i Santi Floriano ed Eligio, l’Adorazione dei Magi (ques’ultima da ammirare in loco). L’arte creata da Glantschnigg vanta una matrice realistica ottenuta con il sapiente utilizzo del chiaroscuro, evidente nelle opere di genere oppure in quelle ritraenti il quotidiano, mestieri, personaggi, caccia, ricreando uno spaccato di storia al naturale! L’evento rappresenta, anche, la ghiotta occasione per visitare il famoso mercatino natalizio di Bolzano e i “Suoni per vedere”, interessante mostra allestita presso il Museo Civico, che vuole dare lustro alle sue importanti collezioni strumentali mediante un’ambientazione sonora collegata ad alcune opere presenti nel percorso espositivo.


GIORGIO VASARI E L’ALLEGORIA DELLA PAZIENZA 26 novembre 2013 5 gennaio 2014 FIRENZE Palazzo Pitti

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a mostra omaggia il bel dipinto appartenente alle collezioni medicee, opera delicatissima creata grazie alla collaborazione tra Vasari e lo spagnolo Gaspar Becerra. Commissionata da Bernardet-

DISEGNO SEGRETO OMAGGIO A MICHELANGELO 13 dicembre 2013 5 gennaio 2014 FIRENZE Accademia delle Arti del Disegno, via Ricasoli 68

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a Classe di Pittura dell’Accademia delle Arti del Disegno organizza la mostra Disegno segreto. Omaggio a Michelangelo per i 450 anni dalla fondazione dell’accademia e per il giubileo miche-

to Minerbetti, vescovo aretino ma, anche, ambasciatore di Cosimo I, L’Allegoria della Pazienza trova ispirazione nella scultura antica plasmata da un simbolismo richiamante il tempo e la vita umana, così la giovane donna incatenata alla roccia attende pazientemente la disgregazione del masso lapideo grazie all’acqua corrosiva uscente da un vaso, riacquistando così l’amata libertà. Questa geniale rappresentazione ha successo presso le corti del tempo, basti menzionare Ercole II d’Este, che ne ordina la duplicazione presso il castello di Ferrara e su un artistico medaglione, entrambi presenti negli spazi espositivi. Per l’appunto, l’evento fiorentino ripercorre la nomea acquisita dal bel dipinto attraverso creazioni di pregevole fattura, ne sono prova le opere prima menzionate, prestate da Mantova, le medaglie di Pompeo Leoni, una grande tavola appartenente all’Accademia di Venezia, la piccola tavoletta degli Uffizi, erroneamente denominata Artemisia che piange Mausolo, disegni e incisioni del Gabinetto Disegni e Stampe di Firenze e del Louvre: una mostra da non perdere.

langiolesco (1564-2014), curata da Alessandro Vezzosi in collaborazione con Andrea Granchi e Roberto Giovannelli. L’esposizione allestita negli spazi espositivi dell’Accademia delle Arti del Disegno, è il secondo appuntamento organizzato dalla prestigiosa istituzione, in collaborazione con Casa Buonarroti, per rendere omaggio al genio di Michelangelo. In mostra i lavori di 14 artisti contemporanei che si sono ispirati ai disegni “segreti” realizzati da Michelangelo nelle cave di marmo di Carrara e oggi conservati presso Casa Buonarroti. Alcuni di questi disegni, assai poco conosciuti e di grande interesse per l’intreccio tra pensiero e progetto, materia e astrazione, talvolta contraddistinti dal simbolo dei tre cerchi (che evoca quello dell’Accademia) vengono presentati in mostra contestualmente ai lavori degli artisti contemporanei. Artisti in mostra: Roberto Barni, Carlo Bertocci, Adriano Bimbi, Umberto Buscioni, Gianni Cacciarini, Luigi Doni, Raul Dominguez, Roberto Giovannelli, Andrea Granchi, Riccardo Guarneri, Rodolfo Meli, Vairo Mongatti, Renato Ranaldi, Vittorio Tolu.

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magia del Natale Austria e Alto Adige Schoenbrunn © ENAT Popp Hacker

Carmelo De Luca

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bbene si, girovagare tra le rinomate città asburgiche durante l’Avvento è una vera goduria! Si parte da Graz con il suo ragguardevole patrimonio culturale e culinario, così importante da eleggerla Capitale dei Sapori. Passeggiando per il delizioso centro storico, scorgerete dodici mercatini ricchissimi di delizie locali, giocattoli, giostre, pista da pattinaggio, ruota panoramica, insomma un’opportunità allettante per i bambini, che dovranno assolutamente visitare Karmeliterplatz e Kapistran Pieller Platz. E Salisburgo? La sua magica atmosfera si rafforza in dicembre grazie all’aria profumata dal vin brulé e dalla neve poggiata sugli edifici barocchi, tra i quali si nasconde Domplatz e il Castello di Hellbrunn (durante le feste, i suoi giardini ospitano oltre 400 abeti pomposamente agghindati con ghirlande luminose e una miriade di palle rosse), capolavori architettonici ospitanti gli antichi mercati di Natale, presso i quali trionfa l’artigianato di qualità. Anche la Carinzia vanta un’offerta invidiabile in tal senso, le sue magnifiche realtà urbane fanno a gara per diventare bellissime, basti menzionare Villach con i suoi spettacoli, addobbi, squisite bevande calde, Klagenfurt e il mercatino inebriato di profumi emanati dai caldissimi dolci , incenso, vino speziato, ma anche il Lago Millstätter See con la romantica terrazza brulicante di bancarelle ospitanti ogni bene, dalle caldarroste al Wurstel, dall’arrosto di maiale al pane casereccio. Vienna celebra il Natale addobbando la piazza antistante il Kunsthistorisches Museum, qui troverete tradizionali casette

stracolme di prodotti culinari, giocattoli, oggetti da regalo, in realtà tutta la capitale offre attrattive allettanti. Dulcis in fundo, lo storico Tirolo festeggia l’Avvento con allettanti attrattive consolidate nei secoli, ne sono degna prova Lienz (il suo mercatino è una vera delizia per occhi e palato), l’aristocratica Innsbruck e i suoi stand con prodotti rigorosamente artigianali da visitare gustando “Kiachl”, Krapfen e vin brulé. Ah, la sensazione del freddo passerà ammirando le sontuose case gotiche-barocche e il blasonato Tetto d’Oro, rinomate attrazioni cittadine. Tutto finito? No davvero! Sconfinando attraverso le arcigne Alpi, ci si imbatte nello straordinario Alto Adige, le cui attrattive natalizie sono leggenda, d’altra parte Bolzano e la scenografica Piazza Walther, sede del famoso mercato natalizio, non hanno rivali se siete alla ricerca di un’idea originale da tradurre in regalo, magari rimpinzandosi la pancia grazie alla variegata gastronomia locale. Ah, due invitanti pacchetti promozionali, denominati “Magie d’Avvento” e “A passeggio per il mercatino di Natale” (quest’ultimo offerto dal Park Hotel Laurin), rappresentano offerte decisamente allettanti valide sino al 20 dicembre: Per informazioni, contattate la locale Azienda di Soggiorno. E in provincia? Recatevi a Bressanone, il cui architettonico Duomo barocco protegge il mercatino natalizio allietato da canti tradizionali, strumenti a fiato, giostra in stile retro, carrozze con cavalli pronti a scorrazzarvi per il nobile centro storico, insomma una magica atmosfera d’altri tempi. Nelle vicinanze cittadine, in piena Val Isarco,

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l’HotelFeldthurnerhof, rappresenta una idea per il soggiorno (la struttura possiede sauna alpina, idromassaggio, bagno turco). Avvento e benessere si coniugano degnamente a Merano, rinomato centro termale e indiscussa capitale liberty: tra un trattamento wellness e l’altro, si consiglia una puntatina al mercatino di Gesù Bambino, decisamente bello, caratteristico, ricchissimo (assaggiate l’ottima cucina casereccia, da leccarsi i baffi!). L’offerta alberghiera vanta strutture validissime, ne sono prova l’Europa Splendid, il City, il Westend, il Flora, l’Ansitz Plantitscherhof. A Brunico, dominata dal suo austero castello, sono i romantici portici e Piazza Tschurtschenthaler ad ospitare gli artigiani con i loro rinomati prodotti (gustate i biscotti al panpepato, sono una delizia), tra coinvolgenti melodie natalizie intonate dai cori, e a scaldarvi ci pensano gli immancabili falò. Per il pernottamento, l’Hotel Blitzburg vanta una posizione centrale, centro benessere, gustose ricette locali, vicinanza con gli impianti sciistici di Plan de Corones e Dolomiti. Il nostro viaggio termina a Vipiteno con la medievale Torre delle Dodici, ospitata nella piazza principale. Nel salotto buono della città, ha sede il mercato del Natale e, anche qui, il turista può deliziare gola e vista grazie alla profumata cucina locale, manufatti artigianali, diavoletti animanti il centro storico per la festa di S. Niccolò. Al turista esigente si consiglia l’Hotel Lilie, in pieno centro, che vanta ben 5 secoli di storia. Questa splendida struttura tardo-medievale abbina egregiamente il sapore antico della struttura al confort moderno.


Graz © Graz Tourismus Harry Schiffer

Bolzano © Alex Filz

Merano © Laurin Moser

Villach

Vipiteno © Laurin Moser

Salisburgo, Hellbrunn

Bressanone © Laurin Moser

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CARTOLINE

in bianco vacanze di Natale

Carlo Ciappina

Alta Pusteria

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ssociare il Natale all’Alto Adige viene spontaneo, d’altra parte questa realtà costituisce un vanto per il patrimonio nazionale grazie alle Dolomiti, vanitose signore dall’aria sofisticata. Qui, gli sport invernali rappresentano una goduria per gli appassionati felici di scorrazzare sulle magnifiche piste ospitate presso Plan de Corones oppure di vivere la favola grazie al paesaggio dominante l’Alpe di Siusi insieme al caratteristico mercatino natalizio ospitato a Castelrotto con i suoi tipici prodotti artigianali, comodamente sdraiati su una romantica slitta trainata da aitanti cavalli. A proposito, soggiornando presso il

Camping Residence Corones o l’Alpe di Siusi, camperisti e famiglie hanno diritto ad agevolazioni allettanti. Le belle Dolomiti proteggono anche l’Alta Pusteria, luogo magico dominato da un silenzio irreale dolcemente disturbato dalla neve che si affossa sotto gli sci lungo le piste attraversanti paesaggi incontaminati, disseminati tra l’Alpe di Nemes e la Valle di Braies; qui il profumo emanato dalle piante aghiformi invade piacevolmente abitazioni, cheti laghetti, sentieri. Questi luoghi sono facilmente raggiungibili agli ospiti alloggiati presso l’Hotel Monika (ski pass gratuito sino al 24 dicembre per pernottamenti superiori alle 4 notti), che vi sollazzerà con gustosi piatti locali e il rinomato centro benessere. E cosa dire della Valle Isarco? Il suo territorio è una vera attrattiva per gli sport invernali grazie a LadurnsColle Isarco, Plose-Bressanone, Gitschberg-Jochtal, Monte CavalloVipiteno, bianchissimi comprensori la cui aria salubre è impregnata di essenze ai dolci artigianali e bevande fumanti. Insomma un posto che non si dimentica sotto le feste natalizie insieme a Bressanone e Vipiteno, due perle dalle rilevanze storico-artistiche straordinarie. Per dormire si consigliano i famosi alloggi a tema: Un vero piacere soggiornarvi! Altra meta appetitosa è la Val Gardena con le sue piste variegate, dalle panoramiche a quelle ripide per i temerari, raggiungibili anche grazie alla recente ovovia Dantercepies collegante Selva con Passo Gardena. Tra le news si segnala l’ampliamento de La Longia, scenografico “campo da sci” che, dall’arcigno Monte Seceda, conduce sino a Ortisei! Gli amanti dell’urbano non

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devono perdere Selva, circondata dalle montagne Sella e Sassolungo: una delizia per la vista. Quanto a rifugi, baite, hotel, c’è l’imbarazzo della scelta, non a caso i riconoscimenti assegnati alle strutture ne supportano la qualità, basti menzionare la Baita Gamsblut, l’albergo 1966 Portillo Dolomites, l’Hotel Genziana. Una sentita menzione merita la Val Venosta, ben posizionata nell’olimpo del turismo invernale grazie a Belpiano, Malga San Valentino-Maseben, Watles-Slingia, Ortles, Malga TarresVal Martello, votata agli sport più disparati inerenti la neve, circondata da montagne possenti, natura talmente bella da sembrare scolpita da mano umana, quiete assoluta. E l’offerta nei dintorni bolzanini? Niente paura, segnaliamo l’escursione presso Castel Firmiano, periferia sud di Bolzano, storico maniero turrito facente parte del blasonato Messner Mountain Museum. I suoi storici ambienti custodiscono meraviglie richiamanti il legame tra ambiente alpino, uomo, religione, ma anche le origini e l’evoluzione di questi nobili rilievi, insomma il sancta sanctorum della cultura montana. Concludiamo, segnalando la meta trentina del rinomato comprensorio DolomitiPaganella, dove praticare sci alpino, di fondo, ciaspole, snowboard, telemark, grazie a 50 km di piste e 17 impianti. Ma non è finita, infatti questi magici luoghi possiedono una eccellente offerta turistico-ricettiva, centri wellness e SPA, Palaghiaccio, il Paganella Fun Park, allettanti offerte per la famiglia, tra le quali menzioniamo Christmas for Family e Dolomiti Paganella Family Festival: il Natale, da queste parti, è una vera goduria, approfittatene!


Plan de Corones

Val Gardena

Alpe di Siusi

Dolomiti Paganella

Salto con le ciaspole, Paganella ValCima Venosta foto Tonina - ApT Dolomiti Paganella

Museo Messner Castel Firmano

Valle Isarco

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Storia

dottor Barellai

versus scrofola Il flagello dei poveri e dei bambini fra i 3 e gli 8 anni nell’800 Paola Ircani Menichini

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a scrofola, o adenite tubercolare delle ghiandole linfatiche, oggi è una malattia poco nota, ma nell’Ottocento era tristemente conosciuta come il flagello dei poveri perché colpiva di preferenza i bambini fra i tre e gli otto anni e, una volta contratta, presentava una mortalità elevata. Il rapporto sanitario sugli Asili Infantili fiorentini redatto dal dottor Tito Nespoli nel 1854, riportava dati sconfortanti al riguardo e affrontava il problema dell’alimentazione dei piccoli in relazione alla miseria delle famiglie che pativano il lavoro scarso e mal retribuito e l’aumento del prezzo del pane. Con poco o quasi nulla da mangiare, i bambini che ne facevano parte crescevano come pianticelle su terreno arido, conducendo un’esistenza stentata e con poche difese immunitarie. Quindi si ammalavano facilmente e quando contraevano la scrofola, potevano presentarsi anche rachitici, deformi, ulcerati e segnati da vecchiaia precoce.

1. Ritratto del dottor Giuseppe Barellai 2. L’Ospizio Marino di Firenze a Viareggio nel 1867

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Una cura o meglio una profilassi contro l’adenite nel suo primo stadio erano i bagni di mare che in Italia agli inizi dell’Ottocento cominciarono – per gli abbienti – a diventare di moda nel periodo estivo, sull’esempio della Gran Bretagna. Tale proprietà benefica però era già nota a Pisa verso la metà del secolo antecedente tanto che ogni giorno le barche salivano dalla foce dell’Arno portando un carico di acqua salata in città, destinato in parte ai conservatori (Sant’Anna, il seminario, gli orfanotrofi) e in parte a un deposito pubblico autorizzato. Ai primi dell’Ottocento poi a Bocca d’Arno due famiglie di contadini ospitavano a turno per quindici giorni nelle loro abitazioni i piccoli malati di scrofola, per lo più figli di altri contadini. E tra 1842 e 1860 il governo granducale concedeva gratuitamente il beneficio della cura nel luogo detto il Gombo, dove nel 1833 Gaetano Ceccherini aveva fondato uno stabilimento balneare con

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la prospettiva di fare buoni affari. I bambini giornalmente venivano condotti al mare, facevano il bagno e alla fine erano riportati all’ospedale e riconsegnati alle famiglie. In seguito il Comune si prese carico delle spese fino a quando nel 1876 fu fondato l’ospizio marino di Pisa a Bocca d’Arno. Nel frattempo l’Università faceva la sua parte con i professori Morelli e Cartoni che si applicavano allo studio delle malattie tubercolari. Non solo Pisa: anche nella vicina Lucca era conosciuta questa profilassi e, per l’infanzia bisognosa, era stata attrezzata la spiaggia di Viareggio, un modesto villaggio di pescatori che nel 1742 contava appena 222 anime, mentre nel 1833 grazie alle bonifiche si era ampliato e ne dichiarava 5232. Ai bagni della cittadina la direzione degli ospedali e ospizi del ducato mandava i trovatelli dell’orfanotrofio, i quali dal 1823 alloggiavano a pensione presso dei privati e dal 1841 erano ospitati in una vec-


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chia caserma dei carabinieri. Solo nel 1864 furono ammessi alla cura anche i bambini non illegittimi che dal 1872, assieme agli altri, dimorarono in un ospizio vero e proprio. A Firenze invece la profilassi dei soggiorni balneari per i piccoli scrofolosi fu attuata più tardi rispetto alle città con il territorio affacciato sul mare. Mentre i ricchi, quando fu di moda, intrapresero felicemente i viaggi verso i luoghi di villeggiatura per la salute del corpo e per il divertimento, i poveri si contentarono di affollare gli stabilimenti urbani a prendere i bagni d’acqua salata. Tutto ciò fino a quando il dottor Giuseppe Barellai non si prese a cuore il problema dei piccoli. Questo benefattore di grandi ideali e altrettanta sensibilità era nato a Firenze il 17 gennaio 1813 e aveva frequentato dapprima le Scuole Pie della sua città e poi l’Università di Pisa, dove si era legato in stretta amicizia con il poeta Giuseppe Giu-

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sti. Conseguita la laurea, aveva ottenuto l’incarico di medico aggiunto alla corte granducale grazie al dottor Angelo Nespoli, celebre diagnostico dell’epoca. Nell’aprile 1848 si era arruolato tra i volontari toscani per la guerra contro l’Austria e al fronte aveva avuto il compito di organizzare l’assistenza medica. Il 29 maggio a Curtatone e Montanara, mentre i giovani compatrioti, che si erano battuti come leoni, si stavano ritirando sconfitti, era rimasto presso i feriti per proteggerli dalle «baionette» dei croati. Fatto prigioniero, era stato detenuto prima a Mantova e poi a Theresienstadt in Boemia. Rientrato a Firenze, nel 1849 aveva dato le dimissioni da medico di corte non volendo più lavorare al servizio di Leopoldo II (e degli austriaci). Nel 1852 avvenne l’incontro più triste e più importante della sua vita. Si trovava all’ospedale di Santa Maria Nuova quando assistette, commuovendosi profondamente, all’agonia e alla morte di due piccoli ammalati di scrofola. Da questo fatto nacque in lui la ferma determinazione di fondare un ospizio marino per i bambini fiorentini bisognosi che potessero usufruire della cura in modo organizato. E il suo amico pittore Stefano Ussi, conosciuto a Theresienstadt e da lui pregato, disegnò i due piccoli infelici in un quadro che diventò subito famoso e che fu detto «i gobbini». Per attuare l’impresa delicata e difficile, il Barellai costituì nel 1853 un comitato e si rivolse ad associazioni e a private persone per raccogliere i fondi necessari. Raggiunta una cospicua somma, l’epidemia di colera asiatico del 1854 e 1855 e la mancanza di personale adatto impedì le partenze

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dei bambini per il mare. L’anno successivo il progetto ebbe la collaborazione dei padri della SS. Annunziata di Firenze e delle suore Terziarie di Viareggio, che accettarono l’incarico di accompagnatori e di responsabili: così tre bambini provenienti dagli Asili Infantili furono condotti in treno al mare e 15 giorni dopo riportati in città. Gli anni seguenti il numero dei piccoli aumentò in progressione e i viaggi-soggiorno a Viareggio divennero sempre più frequenti. Presto si intraprese anche la costruzione dell’ospizio marino di Firenze su una parte di spiaggia donata dal governo granducale. La prima pietra fu benedetta nel 1861 e l’edificio, che oggi è detto il Palazzo delle Muse ed è sede del Comune, fu agibile per una metà nel 1867. Giuseppe Barellai però non pensò con questo di avere finito la sua nobilissima missione e nei restanti anni della sua vita si batté ancora per i piccoli ammalati, viaggiando in Italia e all’estero a promuovere i soggiorni marini: sue tappe furono Milano, Bologna, Roma, il Lido di Venezia, Berck in Francia, la Svizzera. Morì il 3 dicembre 1884 all’età di 71 anni e fu sepolto nel camposanto della Misericordia di Firenze. Nell’elogio funebre il dottor Francesco Boncinelli ricordava il lusinghiero numero dei bambini che grazie alla sua promozione avevano beneficiato degli ospizi marini d’Italia dal 1856 al 1882: ben 52.151 1.

Note 1 Bibliografia: E. Poggi, Ricordi della vita di Giuseppe Barellai…, Firenze 1888; P. M. Pennoni, osm, La prima colonia marina d’Italia e il beato Antonio Maria Pucci dei Servi di Maria, Roma 1953.

3. Lapide commemorativa di Giuseppe Barellai posta sulla sua casa in via dei Neri a Firenze (brunelleschi.omss.fi.it). 4. Stefano Ussi, disegno de I gobbini, 1852-1853 5. Ospizio Marino di Boccadarno, collezione Moreno Bertini, Capannoli


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lo scaffale del poeta

l’uomo che aveva fretta Emanuel Carnevali Paolo Pianigiani

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manuel Carnevali, la sua è la storia di un uomo, è la storia di un poeta. Un poeta differente, che andò a cercare patria e parole in America, quella più densa e vitale, nelle vie di New York, e lo fece a sedici anni, nel 1914. Un ragazzo. Come tanti emigranti, ma con dentro l’infinito: un nucleo incandescente che all’inizio non sapeva come esprimersi. Non conosceva assolutamente l’inglese e iniziò a vivere come poteva farlo un giovanissimo sperso per il mondo. Con le mani, lavando i piatti. Non serve altro. Sveltezza e attenzione a non farli cadere, impilati fino all’inverosimile. Il passato che si portava dall’Italia rimase nel sottofondo, la grande città lo invase con

i suoi rumori, i suoi vapori, le scritte sulle insegne luminose che dovevano sembrare immense ai suoi occhi bambini. Allora la letteratura si giocava tutta sulle riviste, che ben presto furono invase dalle sue composizioni, inviate in lettura con il coraggio della disperazione, piene di vita e di ansia, in un inglese elementare ma efficacissimo. L’inglese ha pochissime parole e a N.Y. ne ha ancora meno. Si fa conoscere, si incontra e si scontra con altri autori, come lui in cerca di gloria. Sono per esempio Ezra Pound, o William Carlos Williams, che era alla continua ricerca del verso perfetto. è conosciuto nella cerchia ristretta dei lettori. E subito lo va a dire a casa, in Italia, a quelli di cui si fidava e che pensava lo potessero capire. Papini e Croce per esempio, allora due riferimenti senza pari. Son belle e piene di vitalità le lettere a Papini, che si sono conservate, con proposte e promesse da parte del giovanissimo poeta di diventare una presenza attiva lì in America, un punto di passaggio e di trasmissione per la cultura viva italiana. L’avrebbe tradotta lui, per il nuovo mondo, ne sarebbe stato il pioniere assoluto. Rimase un tentativo vano, la letteratura americana non aveva bisogno di noi. Aveva i suoi miti e i suoi protagonisti. Em, come lo chiamavano gli amici, divenne anche un critico. E anche vice direttore di rivista, una delle migliori: “Poetry Magazine” diretta da Harriet Monroe. Durò poco, anche perché era assolutamente inadatto a ruoli “normali”, para impiegatizi e simili. Poi arrivò il disastro, la malattia rara e terribile che lo ridusse al nulla. Encefalite letargica, si chiamava. Oggi è stata quasi completamente debellata, ma allora non aveva cure. Chiese

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aiuto a casa e il padre l’accolse al ritorno: era il 1922. Gli ultimi 20 anni li trascorse fra sanatori e cliniche, dove manteneva rapporti epistolari in inglese con gli amici, alcuni dei quali non lo abbandonarono mai, fino alla fine. Che arrivò improvvisa e atroce, provocata da un boccone di pane che gli andò di traverso, mentre si trovava ricoverato nella Clinica Neurologica di Bologna. Era l’11 gennaio del 1942. Poi più nulla, o quasi. In America però qualcuno si ricorderà di Em, il maestro del coro del Metropolitan di N.Y., David Stivender, che nel 1971 venne da noi, in Italia, a rintracciare tutto quello che era rimasto degli scritti di Carnevali, dopo aver fatto lo stesso nella sua città. Il suo lavoro ha dato la possibilità a Maria Pia Carnevali, sorella da parte di padre di Emanuel, di pubblicare, dopo un attento lavoro di traduzione, Il primo Dio, nel 1978. E oggi? Carnevali aspetta ancora di essere conosciuto come merita. Abbiamo bisogno di lui, del suo coraggio e delle sue parole. I suoi libri, anche i recenti, sono esauriti e introvabili nelle librerie. Ma ci sono ancora oggi gli editori? Bibliografia essenziale in italiano Voglio disturbare l’America: lettere a Benedetto Croce e Giovanni Papini ed altro, a cura di Gabriel Cacho Millet, Firenze: “La casa Usher”, 1981 Diario bazzanese e altre pagine, a cura di Gabriel Cacho Millet, Bazzano: “Quaderni della Rocca”, 1994 Saggi e recensioni, a cura di Gabriel Cacho Millet, Bazzano: “Quaderni della Rocca”, 1994 Il primo dio, a cura di Maria Pia Carnevali, con un saggio di Luigi Ballerini, Milano: Adelphi, 1978 e 1994 Racconti di un uomo che ha fretta e altri scritti, a cura di Gabriel Cacho Millet, trad. Maria Pia Carnevali, Roma: Fazi, 2005


Certe cose si nascondono agli occhi della gente e si odono piangere sommessamente. Certe cose cadono dal cielo: cose nere informi, mostri della notte e terrore dei giorni. Certe cose sembrano essere state [predisposte da Dio e dal Diavolo. Certe cose sembrano nate in un abisso e cresciute nelle tenebre. Certe cose portano l’immagine della bontà come se il fuoco ve l’avesse scolpita in bassorilievo. Certe cose ridono fino a divenire teschi e poi continuano a ridere. Certe cose sono come alberi di pesco, portano a lungo frutti verdi. Certe cose sono come il vino che uno beve soltanto per ubriacarsi. Certe cose colpiscono il cuore come un colpo di gong, così che poi risuona a lungo. Certe cose schiacciano il cuore come [se fosse uno scarafaggio. Ed è orribile, come spiaccicare uno scarafaggio. Certe cose sono come il fulmine: possono essere guidate anche se pericolose. Certe cose sono come pensieri dal piede [pesante,

hanno il piede pesante anche se abitano [il cielo. Certe cose sono come le aquile. Vivono in alto – possono benissimo dimenticare la valle. Certe cose sono come il terremoto: utilizzano tutte le nostre paure. Certe cose sono come la Bellezza che è [morta da tempo: solo l’acqua profonda del pozzo può lavarle [e destarle. Le sue labbra sono rose che imputridiscono nell’acqua. Le sue palpebre due avvizzite viole. I suoi occhi sono pozzanghere. La sua voce è quella di un uccello mentre lo strozzano. La sua giovinezza, passando, indugia nelle sue mani. Esse si librano, fluttuando, come due farfalle sul cadavere della sua carne. C’è un capriccio sinistro in lei, come di una bocca morta che sorrida. Le sue gambe ben tornite raccontano una impudente bugia. La sua anima giace nel disordine di un’orgia, sulle cui ceneri e gli sparsi avanzi pende, come fili di fumo azzurro, una eleganza di piccoli gesti.

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Si pettinino pure i capelli – queste grottesche commesse – in quel modo buffo o in quell’altro. Si dipingano pure le labbra di un grido rosso. Si inciprino pure la faccia fino a inaridirla. Io le immagino davanti allo specchio che tentano di fare una poesia.


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RACCONTO

quadri di Natale opposti C

’era una volta e c’è ancora una donna sola, tra il Natale e i suoi profumi, che osservava un tramonto. Era felice pensando al suo passato e ancora più felice pensando al suo futuro. Aveva avuto tutto quello che desiderava: un amore struggente, un lavoro importante, una famiglia solida. Il suo futuro era ancora più promettente perché aveva deciso di cambiare la sua vita: aveva scelto di essere felicemente sola, bastandosi. Aveva deciso di abbandonare tutto quello che aveva desiderato e ottenuto per dedicarsi solo a se stessa. Oltre il muro, la finestra della sua camera con vista, aperta.

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’unica cosa che sembrava felice in quella casa era l’albero di natale: lui non lo era affatto. I graffiti sul muro della sua vita raccontavano di un passato luminoso che sembrava declinarsi verso il tramonto. Dalla finestra della sua camera con vista, vedeva la finestra della camera con vista di lei: questa era la sua tortura. Un futuro senza di lei era fosco e buio. Lei era stata la sua luce e ora nessun’altra luce sarebbe più dovuta entrare. Il suo sguardo sul futuro si fermava davanti alle imposte perennemente chiuse.

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opposti ataleN di quadri

quadri di Natale opposti L

e luci e i profumi del Natale intorno a lei rendevano ancora più intima l’atmosfera. Il Natale è una festa da passare in compagnia eppure lei era entusiasta di essere sola. Stava riorganizzando la sua vita. Mille progetti riempivano le stanze della sua casa e sui muri vedeva disegnati i particolari di quello che sognava per se stessa: un manoscritto, una casa da ristrutturare e i viaggi da fare.

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a musica in quella casa non suonava più da tempo, i suoi tormenti bastavano a riempire la sua mente con rumori assordanti. Il tormento era lei, lì davanti, con la finestra aperta verso un futuro tutto suo dal quale lui era totalmente escluso. Testi e foto di Letizia Grazzini e Graziano Bellini

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racconto

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davvero

lettura per ragazzi

diFerro 2

Matthew Licht

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a sua barchetta prendeva acqua e l’albero si era spezzato. Grosse pinne triangolari fendevano l’acqua nerastra, illuminate dai lampi a babordo. Nel bagliore elettrico, vide un sorriso orrendo. Stava guardando in bocca ad un grande squalo bianco. Distogliendo lesto lo sguardo, vide la sagoma di un’altra barca. «Evviva!» pensò. «Mi hanno avvistato. Sono salvo». Un lampo illuminò una bandiera nera con un teschio e ossa incrociate sulla barca diretta verso di lui. Ma i marinai a bordo non erano pirati umani. Una ciurma di scheletri e lupi mannari brandiva scimitarre, mitra, lanciafiamme. «All’arrembaggio, miei prodi ricoperti di sangue e budella!» urlò il Capitano pirata. Sembrava Ugo il Wrestler Gigante. Aveva sulla spalla un avvoltoio. «Ecco il cretino che ci ha fatto saltare l’ora della ricreazione, la settimana scorsa. Useremo i suoi intestini come cime. I suoi occhi fungeranno da luci di bordo. Ma prima gli faremo ingoiare un topone vivo». Dei vampiri pirata gettarono ganci incandescenti sopra il mare ribollente di squali e alligatori. Ciò che restava della vela della barca di Matt si infiammò subito. Stava affondando. Matt si coprì gli occhi e sperò che un lampo lo carbonizzasse prima che i pirati venissero a bordo o che lo divorassero gli squali. Al di sopra dei tuoni e le cannonate, udì in lontananza, «Ehi, bamboccio.

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Ma non hai nemmeno l’accortezza di dare un segnale d’allarme? Non vi insegnano nulla di utile, a quella scuola per babbei? Salta in acqua, bamboccio». Quella voce da ranocchio gli giunse da un bellissimo yawl a poche centinaia di metri. «Ma il mare è pieno di squali», urlò Matt. «Non ti preoccupare degli squali. Comunque ti consiglierei di nuotare il più veloce possibile». Matt non aveva scelta. Pirati pelosi, pieni di zanne e corna piombavano a bordo della sua barca. Una sciabola gli sibilò vicino all’orecchio, e fece un grande buco nella tolda. Una testa di squalo vi sbucò, battendo le mascelle piene di dentoni seghettati. Matt si gettò in mare e nuotò come un forsennato. L’acqua era gelida. Le onde sembravano alte 30 metri. Matt guardò giù e vide meduse, polpi incavolati e anguille elettriche che si preparavano per un assalto. Cercò di volare in acqua. «Dacci dentro con le spalle, ragazzo. Ritmo!» Lo squalo martello che gli nuotava accanto strizzò l’occhio. «Stai andando benissimo, pupo». Si leccò i baffi, che, essendo squalo, non aveva. «Yum. Ragazzo farcito di spinaci e polpettone». Una razza manta diabolica batté contenta le ali nere. «E gelatina al lime come dolce». Con una manovra a tenaglia, i mostri marini da incubo si lanciarono all’attacco. Mani forzute issarono Matt dall’acqua appena in tempo. Continuò a frullare braccia e gambe per alcuni minuti. Tratto da Sognilandia (OTTO Luogo dell’arte)


«Ma guarda un po’... » La voce suonò parecchio familiare. «Di vela non ci capisce nulla, ma nuota come una sardina». «Wow! Braccio di Ferro! Grazie!» Matt era bagnato fradicio, tremava. Braccio di Ferro gli passò un asciugamano e dei vestiti asciutti da marinaio. «Non c’è di che, pupo. Ma per favore non chiamarmi così. Solo in arte mi chiamano Braccio di Ferro. Sono Isidoro Barmint, e sono molto lieto di conoscerti». Matt si mise il pesante maglione e si sentì subito benissimo. All’est fiorivano i primi colori dell’alba. «hi Braccio di Ferro... ehm, cioè Signor Barmint... » «Non c’è bisogno di essere formali, qui in mezzo al mare. Chiamami pure Isidoro, o più semplicemente Isi». «D’accordo, Isi... ma perché non hai preso quei pirati con un laccio fatto di serpenti marini per poi mollargli un ceffone da farli volare in Cina? Perché non hai usato un sommergibile nazista come mazza da baseball per pestare gli squali? Perché non ti sei mangiato i soliti spinaci?» Braccio di Ferro si grattò il mento ispido e gonfio. Cazzò di un poco la randa e aggiustò il timone. «Mi dispiace dirtelo… quella roba lì è molto divertente, lo so, ma è tutto per fare spettacolo. Bluto e io siamo amici dai tempi della Marina Militare. Quando mi prende per le caviglie e mi scuote peggio di un asciugamano bagnato... beh, diciamo che sono molto contento che sia lui a farlo. È un bravissimo attore. Quando mi salta su e giù sulla colonna vertebrale, sembrerebbe proprio che mi odia a morte. E quando gli tiro un pugno in faccia, vola all’indietro come pochi tipi da 200 chili si sognerebbero. È proprio un grande. Ma sono tutti grandi: Poldo, Pisellino, la Strega del Mare e tutti gli altri. Sono stato molto fortunato, in carriera». «E allora gli spinaci?» «Ohi. Non mi fraintendere. Ottima roba davvero, gli spinaci. Pieni di vitamine e minerali, e per giunta gustosi. Adoro gli spinaci, davvero. Ma non facciamoci illusioni... gli spinaci sono solo spinaci, una verdura, foglie. Non trasformeranno mai le tue braccia in delle locomotive o schiacciasassi fumanti. Francamente, sospetto che il produttore dello show sia azionista dell’azienda United Spinach s.p.a». «Allora come hai fatto per avere gli avambracci così grossi?»

«Issando cime, per anni e anni. Passando il cencio sulla tolda. Stivando e scaricando carichi. Tenendo dritto il timone in mezzo a tempeste e uragani quando le onde fanno del loro meglio per buttarmi in mare. Non è possibile far finta di essere forti. E ora arriva un’altra cosa che è impossibile fingere». Braccio di Ferro... ehm, cioè Isidoro Barmint, fece un sorriso impacciato. Gli luccicarono gli occhi. Stette più dritto. Qualcuno arrivava da sotto coperta. Matt Ferguson sentì dei passi pesanti e goffi, e poi una voce che gli era nota. «Ehi-iiii! Ra-ga-zziiiii!» Una donna eccezionalmente alta e snella, coi capelli neri tirati severamente all’indietro sulla testa tonda, emerse dalla cabina. La sua gonna lunga sventolò nel venticello che faceva dondolare la barca. Faceva del suo meglio per non cadere. «Ho pensato che magari aveste fame dopo tutto quel dramma. Vi ho fatto dei panini alle sardine». Matt Ferguson quasi urlò, «Olivia!» «Ohhh, che carino, mi riconosce. Ma qui in mezzo al mare mi chiamo semplicemente Nadine, tesoro mio. Nadine Gutz. E sono felicissima di conoscerti». Si aggrappò disperatamente all’albero maestro e li guardò mentre mangiavano i panini. Braccio di Ferro... cioè Isidoro Barmint, la guardava trasognato. «Grazie, Nadine. Sei una bambola vivente. Non è una bellezza, pupo? Da quando la vidi per la prima volta, ne sono innamorato pazzo. E mi innamoro sempre di più. Quando la vedo, mi sembra di volare». Matt Ferguson non riusciva a capire dove poteva stare nascosta, tanta bellezza. Però sorrise, fece cenno di sì e mangiò il panino. Gli sembrò di capire che l’amore, come la forza fisica, fosse l’altra cosa che è impossibile fingere. Quando avevano finito di mangiare, Olivia... cioè Nadine... prese i piatti. Diede un bacio all’occhio chiuso di Brac... Isidoro Barmint, e si diresse barcollando giù verso la cambusa. Cuori rosa fluttuarono nell’aria come farfalle. «Ci-aaaa-ooooo!» urlò lei. «È stato bello conoscerti, giovanotto.» «Avanti, pupo. Prendi il timone. Stai attento agli iceberg. Ti ho mai raccontato di quella volta che io e Bluto abbiamo scoperto toponi morti nella botte dell’acqua dolce a tre giorni da Dar es-Salaam in mezzo ad un

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calmo piatto e ci...» Delfini verdi saltavano e sembravano giocare nella scia della barca. Matt avrebbe voluto passare una giornata a guardarli, e sentire storie di mare e marinai e paesi sconosciuti, ma tutto a un tratto, Brac... Isi Barmint... si alzò di scatto dalla matassa di cime che gli facevano da poltrona e diede uno strattone al timone. «Uhò! Per mille balene! Sarà meglio che ti scenda su quell’isola lì, pupo. Ma non ti ricordi che oggi c’è un’esame di matematica o qualcosa del genere?» Rise con quel suo caratteristico risolino strano. «Il tempo vola sul serio, quando ci si diverte». Matt Ferguson si svegliò di botto. Sua madre stava rumorosamente preparando la colazione al piano di sotto e discutendo a voce spiegata con suo padre della festa che volevano dare venerdì sera. La prossima volta che la Maestra Watley decise di presentare un’altra puntata dello scuolaquiz Chi Ti Piacerebbe Conoscere? Matt le rispose tranquillamente, «Mi piacerebbe conoscere Elzie Chrisler Segar». «Eh? E chi sarebbe? Mai sentito questo nome. Ti stai di nuovo inventando delle storie strambe, Matt Ferguson?» «Certamente no, Maestra. Elzie Segar era un bravissimo artista, uno dei migliori fumettisti della storia. Un grande innovatore. Vorrei davvero conoscere una persona che riesce a far vivere i propri sogni nelle teste di sconosciuti». Maestra Watley poteva solo scuotere la testa. «Molto bene, Matt. Bravo. OK. Ora... Wanda Nickerson, tocca a te. Con chi, in tutta la storia della civiltà umana, vorresti incontrarti a cena stasera?»


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NOVITà EDITORIALI

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ania Piazza, trascina il lettore in una sorta di vortice seduttivo, risucchiandolo dalla prima all’ultima pagina, non per vedere “come va a finire”, ma per un inesorabile magnetismo, dove la scrittura-contenuto si fa irresistibile attrazione. Quello che rincuora è la totale estraneità a certa letteratura dei nostri giorni, dove il pregio stilistico, la struttura compositiva o la finezza d’analisi cedono il passo al marketing editoriale. La cura delle parole, un “racconto antico”, la cui originalità risiede nello scavare in quella riserva fuori dal tempo che si identifica col termine “classico”. Racconta la storia di due vite unite da un disegno vecchio di secoli. Elsa, traviata dalla sua inutile ricerca di un figlio, con l’anima sterile ormai, eremita nel mondo; e Gabriele, nel quale lei vede il figlio mai avuto, che si porta sulle spalle i solchi enormi tracciati dal padre quando lui era solo un bambino. è il racconto di una dannazione, alla quale entrambi andranno incontro correndo, impotenti e ignari.

La cura delle parole di Tania Piazza Edizioni: EdizioniSi

ROMANZO

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n viaggio che parte dalle prime tracce della concia delle pelli, nel XIV secolo, ai luoghi della concia e ai conciatori di Santa Croce sull’Arno e Ponte a Egola. È la storia dei conciatori che da una cultura contadina, troveranno nell’associazionismo, unito all’inventiva individuale, la forza e l’intelligenza per risolvere i problemi ambientali e affermarsi nel villaggio globale. La concia al vegetale è una lavorazione antichissima che, nel processo, utilizza solo estratti naturali, attingendo a una tradizione e a una cultura che sono patrimonio del Comprensorio, contraddistinto da un marchio che garantisce la qualità in Toscana. Pubblicazione voluta dal Consorzio Vera Pelle Italiana Conciata al Vegetale inserita nella collana diretta da Gianpiero Maracchi I Mestieri d’Arte-Quaderni d’Artigianato.

Concia al vegetale di Valerio Vallini Edizioni: Edifir /Firenze

storia

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’ è un luogo che forse più di altri spiega la passione, il carattere, la tenacia della protagonista di questo libro. Un luogo autentico e unico, tra le colline di Siena, Arezzo e Firenze. In questo angolo della Toscana nasce Loriana Betti e da qui inizia il racconto della sua vita. Un breve scritto che accompagna i festeggiamenti dei suoi 25 anni di attività nel campo della pasticceria, un’occasione per ringraziare tutti coloro che nei vari momenti, hanno creduto al suo sogno sostenendola e partecipando alla sua sfida. Una passione, quella per i dolci, nata fin da bambina, quando ogni festa era un’occasione per cimentarsi nella realizzazione di una torta. Un giorno, sostenuta dal marito, con i soldi della liquidazione, nel fondo sotto casa apre una pasticceria con laboratorio proprio, e dolce dopo dolce inizia un passaparola sulla prelibatezza dei suoi dolci.

Edizioni: Arti Grafiche Nuova Bonafè

racconto

DA UN CHICCO DI GRANO LORIANA BETTI: la mia storia

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di Valentina Moschini e Bettina Pellegrini

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’eccezione della menzogna, si sa, è generalmente negativa.Qui ogni autore, come scoprirete dai racconti, ne evidenzia le molte sfaccettature mentre altre restano ancora da esplorare. Perché affrontare questo tema in una biennale? Perché il vivere quotidiano è compagno della menzogna, non solo quando la sentiamo espressa a parole, ma soprattutto quando silenziosamente striscia accanto a noi come un serpente. Questo libro, contenente 20 racconti interpretati da 20 pittori e da 20 attori di teatro, è dedicato a mettere in luce la parte nobile della menzogna, elevandola a necessità inserendola a pieno titolo nel mondo della cultura, affinché possiamo tutti finalmente sollevarci dal fardello del senso di colpa. Mostra visibile al pubblico dal 30 novembre presso Galleria il Germoglio, via Guerrazzi 34, Pontedera (PI).

arte - concorsi

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Sinfonia della menzogna

di Manrico Mosti

Edizioni: Galleria il Germoglio

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cinema

San Marino capitale del cinema

Andrea Cianferoni

Per una settimana, la più antica repubblica del mondo, è stata la protagonista del cinema internazionale

John Turturro

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opo il successo dello scorso anno il San Marino Film Festival ha passato con successo anche la seconda edizione, divenendo ormai un fantastico appuntamento con l’arte del grande schermo, sempre presso il Palazzo del Cinema del Palace Hotel nella Repubblica di San Marino: con la Presidenza dell’industriale Roberto Valducci e la direzione artistica di Romeo Conte, il San Marino Film Festival, ha visto sfilare una vera e propria parata di stelle. Fin dall’inizio con la partecipazione straordinaria di Catherine Deneuve, che ha ricevuto il Premio Titano d’oro alla Carriera e che è stata poi ricevuta dagli Eccellentissimi Capitani Reggenti. A fare da madrina al festival è stata l’attrice napoletana Luisa Ranieri, premiata con il San Marino per il Cinema, la quale sollecitata dalle domande della giornalista Claudia Catalli, si è raccontata a partire dai suoi nuovi progetti cinematografici: Allacciate le cinture di Ferzan Ozpetek e Maldamore di Angelo Longoni. Tra i prossimi progetti cita la miniserie tv Il caso Calabresi dedicata al commissario Luigi Calabresi che la vedrà recitare al fianco di Emilio Solfrizzi, mentre dichiara di essere al lavoro su un progetto importante insieme al compagno, l’attore Luca Zingaretti. Ospite al San Marino Film Festival in qualità di presidente della giuria per i cortometraggi dedicati all’infanzia, l’attrice e produttrice Maria Grazia Cucinotta ha fatto il punto della sua carriera di attrice, produttrice e anche regista durante l’appuntamento CineCocktail condotto dalla scrittrice e giornalista Claudia Catalli. «Sono positivamente impressionata da questo Festival. Non pensavo di trovare una simile struttura, spazi

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e clima qui sono davvero ideali, tanti ospiti, tante occasione di incontri per trattare temi diversi, vedere le pellicole del futuro e valorizzare i giovani.» Poi un richiamo agli esordi della carriera: «Ci sono stati periodi nei quali ho dovuto lottare al buio. Viola contro tutti è stata una sfida vinta ma quanta fatica e quante porte in faccia, anche dopo il Postino, il film che mi ha lanciata e ancora oggi devo ringraziare Massimo Troisi». La voce si strozza: «Il prossimo anno saranno vent’anni dall’uscita del film e dalla sua scomparsa. è una pellicola che trattiene l’amore degli ultimi giorni di Troisi e per questo prezioso, fa innamorare ancora, perché dall’amore nasce amore». «San Marino mi ricorda una favola di Italo Calvino. Sono davvero felice di averla visitata». A parlare è John Turturro, alla seconda edizione del San Marino Film Festival. L’attore americano, che ha appena finito di girare il suo nuovo film da regista, Fading Gigolò, interpretato da Woody Allen, si è raccontato e ha rivelato, per la gioia dei numerosi fan del film Il Grande Lebowski dei fratelli Coen (dove interpreta il mitico giocatore di bowling in tuta viola) che «Mi piacerebbe tornare ad interpretare Jesus Quintana: i due registi lo amano molto ed è nato da un personaggio che avevo interpretato da ragazzino a teatro, nel film il pubblico ha dimostrato di apprezzarlo e non è detto che non ritorni sugli schermi. Il mio rapporto con i Coen è sempre stato fantastico, sono bravissimi a scrivere i film e mi hanno anche prodotto Romance and Cigarettes. Per loro ho pronto un copione di un vecchio film francese da riadattare e vorrei riuscire a girarlo entro ottobre 2014.»


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Sul suo incontro con Francesco Rosi al San Marino Film Festival, in occasione della presentazione de La Tregua, l’attore americano ha sottolineato: «Francesco è uno dei più grandi registi al mondo», gli ho detto che avrei sperato di girare un altro film con lui. Ha avuto una straordinaria influenza su di me, sul set de La tregua ho potuto conoscere le persone con cui ho girato Passione e che ho chiamato anche per il mio nuovo film, Fading Gigolò, da Marco Pontecorvo che cura la fotografia a Simona Paggi che cura il montaggio. Sul set de La tregua ho anche avuto il privilegio di conoscere Gillo Pontecorvo e lo stesso Primo Levi. Grazie a Rosi ho potuto scoprire anche la musica italiana e in particolare quella napoletana che ho usato moltissimo per Passione. Il nuovo film da regista di Turturro, Fading Gigolò, in uscita in Italia ad aprile vanta la presenza come interprete di Woody Allen di cui racconta: «Ci siamo passati almeno 15 volte il copione ogni volta aggiungendo e cambiando dialoghi e situazioni». Woody è una persona molto intelligente e professionale. Nel film il suo personaggio è un duro, usa sempre la parola “fatale” accanto alla parola gigolò. Anche la vita della grande attrice Anna Magnani sbarca a teatro, alla seconda edizione del San Marino Film Festival, grazie alla rappresentazione di Solo Anna, monologo di 50 minuti in atto unico tratto dal testo teatrale di Franco D’Alessandro, Roman nights, interpretato da Lidia Vitale (già in-

terprete in film quali La meglio gioventù; La doppia ora; La bellezza del somaro; Tutti contro tutti; I nostri ragazzi) e diretto da Eva Minemar. Il premio Titano d’Oro consegnato alle attrici Maria Grazia Cucinotta e Zhao Tao, che ha presentato in anteprima italiana il film “Il tocco del peccato” e il Premio alla Carriera all’attrice Serena Grandi, è stato poi consegnato al Maestro Francesco Rosi, presente a San Marino per un incontro eccezionale sul suo film La tregua, alla presenza straordinaria di John Turturro, protagonista del film e di Pippo Baudo nella veste di moderatore dell’incontro. Il tutto alla presenza dell’attore Rade Serbedzija, anch’esso protagonista nel film tratto dal libro autobiografico

di Primo Levi. L’attore croato, già in Eyes Wide Shut, ultimo film del compianto Stanley Kubrick e in Mission Impossible 2, di John Woo, ha incontrato anche l’attrice cinese Zhao Tao, sua compagna di set nel film Io sono Li di Andrea Segre.

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1. Roberto Valducci e Catherine Deneuve 2. Luigi LoCascio 3. Zhao Tao 4. Luisa Ranieri

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5. Romeo Conte e Geppi Cucciari 6. Giammarco Tognazzi 7. Maria Grazia Cucinotta 8. Massimo Cristaldi 9. Lidia Vitale 10. Michael Shamberg


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A TU PER TU

Vittoria

Colonna di Stigliano regista

Roberto Mascagni

Stemma del Pontefice Martino V, nato Oddone Colonna (1368-1431), papa dal 21 novembre 1417. La famiglia dei principi Colonna fu nel Medioevo una delle più potenti di Roma e d’Italia e vanta ben oltre mille anni di storia. Hanno dato lustro alla famiglia alcuni viceré, condottieri, vescovi, venti cardinali e la poetessa Vittoria Colonna, amica di Michelangelo, che la stimò molto. All’inizio del XIV secolo fu Papa Martino V a elevare ad Arcivescovado la sede vescovile di Firenze.

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ittoria Colonna di Stigliano, nata a Dublino da madre irlandese, ha trascorso l’infanzia a Wicklow. Dal padre italiano Vittoria ha subìto il fascino di un paese visto con gli occhi della fantasia, immaginato per esaudire due desideri: conoscere direttamente l’Italia e, una volta raggiunta, poter studiare il “bel canto”. Ma il suo percorso artistico, e quindi di vita, è stato diverso: rivolto, invece, al teatro. «Quando potei finalmente raggiungere Roma – Vittoria spiega – avevo 18 anni. Volevo coltivare la mia passione per il “bel canto”, poi iscrivermi all’Accademia di Belle Arti per studiare pittura. Il soggiorno in Italia mi entusiasmò, perché ovunque vedevo l’Arte, nella sua espressione più alta e originale. Trascorsi alcuni anni, tornai in Irlanda per frequentare la Gaiety School of Acting dove ammettevano solo venti studenti. Trovavo la pittura troppo statica – aggiunge –, perciò passai alla recitazione per poter esprimere il mio “io” come fa il pittore con il pennello». Le sue prime esperienze teatrali le compie al seguito di compagnie che mettono in scena Checov e altri classici del teatro. L’occasione per debuttare nel cinema si presenta quando un amico le offre una parte in un film. L’invito, subito accettato, le fa “scoprire” la regia e sorgere il desiderio di esercitarla in prima persona. «Da quel momento – Vittoria racconta – sentii che la mia vita era la regia. Girai il mio primo “corto” e non mi sono più guardata indietro. Dopo alcuni anni di ricerche, potevo finalmente esprimermi nella mia totalità: inoltre come scrittrice e soprattutto ricercatrice».

Vittoria Colonna non ha frequentato una scuola di cinematografia per non avere – afferma – un’impostazione troppo tecnica, «ma solo la possibilità di esprimere le mie idee istintivamente. Se penso ai registi che mi hanno influenzato, i nomi sono Bertolucci, Fellini, Sorrentino, Inàrritu, Haynes, Malick e Kubrick». Ormai avviata sulla strada della regia ha diretto numerosi video musicali, per i quali ha ricevuto riconoscimenti internazionali: tra questi l’Irish Music and Television Award (IMTV) nel 2009, il Best Music Video presso il Los Angeles Film and Script Festival nel 2012, il Golden Ace Award del Las Vegas International Film Festival nel 2012 e il Golden Palm Award al Mexico International Film Festival. Quando ha diretto Identities (presentato nel 2008 al Rome Independent Film Festival, al Visionaria Film Festival, al Raindance, al Galway Film Fleadh and Cork Film Festival)

© Daniel Holfeld

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– «un documentario molto delicato» – ha raccontato la storia di cinque transgender, cioè quelle persone che non si riconoscono nello “stereotipo di genere”: normalmente identificato come “maschile” e “femminile”, Vittoria ha capito che voleva dedicarsi a progetti riguardanti «gli outsiders, gli ultimi, i dimenticati. Quelli che stanno ai margini della società. Tra l’altro – aggiunge – questo film ha vinto l’ICCL Human Rights Film Award giudicato dai registi Jim Sheridan, Rebecca Miller e l’attore Jeremy Irons». Oltre a Identities, Vittoria Colonna ha scritto, diretto e co-prodotto il cortometraggio My Identity: per i quali ha ottenuto due prestigiose benemerenze: l’Irish Council of Civil Liberties e lo Human Righ Fil Award, oltre a essere stata nominata per il Celtic Media Award Il suo percorso professionale è continuato manifestando nuovi e diversi linguaggi: «Mi sto spostando dal documentario alla fiction per dare rilievo alle minoranze, anche se il tema principale del mio lavoro continua a essere solidale con gli emarginati. Ho vinto diversi premi con la produzione di videoclips musicali per artisti come Julie Feeney, Dirty Epics, The Coronas, N11 and Preachers Son». Altri Film Festival dove Vittoria Colonna è stata premiata sono il The Los Angeles Film and Script Festival 2012, il Mexico International Film Festival 2012, il Las Vegas International Film Festival 2012, l’ ICCL Human Rights Award 2009 and l’Irish Music Television Award 2009. Fino a oggi ha conseguito una sua reputazione indagando complesse questioni etiche: con film, documentari, video e arte, per rivelare gli aspetti più aspri dell’esistenza, esplorando questi dramma-


casione del Babel Film Festival (www. babelfilmfestival.com). Questo Festival è il primo concorso cinematografico internazionale destinato esclusivamente alle produzioni che raccontano le minoranze, in particolare linguistiche. «È importante vedere che i nostri film in lingua gaelica sono finalmente presentati a un pubblico italiano». In questi giorni Vittoria Colonna si trova a Los Angeles per girare un cortometraggio chiamato Sandboy. È la storia di una giovane donna che deve tici temi con onestà e talvolta con humour nero. Dei suoi cortometraggi ricorda con maggior compiacimento 4 Bhanríon (4 Regine): storia di quattro sorelle anziane che giocano a poker tra di loro per attribuire alla perdente l’incarico di curare la vecchia madre malata: con risultati… mortiferi. «Era un progetto divertente da dirigere – commenta Vittoria –, perché amo la commedia dark, le storie di donne complesse e complessate. Le interpreti erano le più importanti attrici teatrali irlandesi: Geraldine Plunkett, Máire Ni Ghráinne, Brid Mc Carthy, Áine Ní Mhuirí e Sheila Flitton». La pellicola è stata premiata come il miglior film narrativo breve al Moon-dance International Film Festival (USA, 2013), oltre ad aver ricevuto nominations in altri eventi come il LA – Indie Film Festival e il Galway Film Fleadh. La “prima” italiana si è svolta in ocfarsi una ragione della morte dei suoi cari, ritirandosi in uno stato “purgatoriale” dentro una casa nel deserto californiano. «Ho scritto questa storia – Vittoria spiega – in memoria di un caro amico scomparso prematuramente in un incidente d’auto. Credo che volessi esprimere il significato della perdita e della negazione». Se dovessi incitare Vittoria Colonna le suggerirei il motto: “Anche il coraggio s’impara”, ma non ne ha bisogno, perché lo dimostra esercitando con dedizione l’arte sua di scrittrice e di regista: studiando e faticando per apparire sincera, senza un velo d’artificio, perché il suo pubblico senta tanta schiettezza. In arte, l’ènfasi è la strada più facile; sincerità e semplicità sono sulla vetta del monte, e arrivarci senza affanno riesce a pochi.

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Vittoria Colonna di Stigliano insieme con la band Dirty Epics, interprete del video-music Enthralled. Due immagini del film 4 Bhanríon (4 Regine), diretto da Vittoria Colonna di Stigliano e interpretato dalle più importanti attrici del teatro irlandese: Geraldine Plunkett, Áine Ní Mhuirí, Máire Ní Ghráinne, Brid Mc Carthy e Sheila Flitton. Questo ha vinto il premio della giuria al Babel Film Festival come migliore “corto”


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A TU PER TU

Michele

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Placido

Tutto d’un pezzo nella sua poliedricità

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e Fiorella Mannoia cantava e senz’altro continua a cantare Come si cambia, intervistando Michele Placido avverto sempre più quella padronanza di linguaggio unita a una buona cultura che lascia di stucco, tanto che oggigiorno è considerato, a giusta causa, uno dei più affermati attori teatrali. Oseremo pertanto dire personaggio con la P maiuscola nel mondo dello spettacolo. E quindi, come si cresce! Per carità, nel suo modo di parlare velocissimo ha sempre fatto trasparire buone conoscenze e adesso. Adesso lei è una figura completa, lo sa che tempo addietro un’attrice che aveva lavorato con lei raccontò che sul set si concentra così intensamente che non la “smuove” nemmeno un terremoto? Guarda sornione e «Ah sì? Eh, grazie, il lavoro è lavoro!» Mentre l’osservo rimango colpita dalla massa di capelli bianchi elegante eppur disinvolta, nonché da quegli occhi mobilissimi che vedono così intensamente tanto da “perforare” l’anima. Lo sguardo è tipico del sud e, quegli occhietti a “triangolo rovesciato” mi riportano all’amicizia che avevo con Gabriele La Procina, anche lui di “giù“, – orgogliosissimo d’esserlo – di Vieste precisamente, divenuto poi santacrocese. Ma ritorniamo a Placido, al suo grande amore per la recitazione: «Dai venti anni sino ai 28 feci teatro intensamente, poi cinema, dopo televisione, però è sempre un gran piacere respirare la polvere del palcoscenico. È di fronte al pubblico che hai la possibilità di verificare le tue capacità professionali. Praticamente è il sunto poetico di una drammaturgia in due ore che permette all’attore dicia-

molo!, di esaltarsi. Il cinema è arte nobile anch’esso, però, lì si lavora a pezzetti.» Nutre una certa predilezione per Pirandello? Direi proprio di sì, è l’autore della mia vita, colui con cui mi sono confrontato più volentieri, mi fa sentire a mio agio. Lo trovo estremamente moderno, occupato delle nevrosi umane del ‘900 dove l’uomo è prigioniero, limitato nella sua condizione così borghese e di cui malamente si libera o non se ne libera! Noi pensiamo che la felicità si possa raggiungere col benessere sociale o lo status, invece! Nel L’uomo dal fiore in bocca, notiamo la crisi di due soggetti: uno non riesce a confrontarsi con l’idea della morte, seppur vivendola molto ironicamente. Beh, siamo tutti angosciati e quando vien fuori che non siamo eterni ci attanaglia il pensiero del trapasso. Sì, amo Pirandello con tutti quei suoi meccanismi psicologici, preferendolo a Ibsen, Shakespeare. Di conseguenza penso che ami la Sicilia? Moltissimo, sia dal punto di vista geografico che storico. Terra di gran cultura, vedi anche Sciascia, Verga. Amo la mia regione, come no? C’è qualcosa che la rende più drammatica, vedi la metafora nelle sue tragedie nonché gli aspetti più reconditi, culturali, letterari che racchiude. Osserverei che nella sua spettacolarità è tragicamente protagonista. È spontaneo per noi spettatori identificare – tanto per porre un esempio – Zingaretti a Montalbano, lei seppur anni addietro, e non pochi, al commissario Cattani. Eh, cara mia, noi siamo fortunati poiché altri non vengono ricordati per niente, anche se ci sono bravi artisti

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che lavorano bene, ma francamente non amo vivere di ricordi, non è sano e non è giusto farsi condizionare anche se per il pubblico può essere diverso. Ricordo quel critico che diceva di Cattani ce ne sono stati tanti, nessuno però ha avuto il carisma di Placido. Che dire, fa piacere, è positivo, secondo me il successo fu decretato dal fatto che vi erano tutti gli elementi eterni – come direbbe Dostojesky – della lotta tra il bene e il male: chi guarda spera sempre che il bene trionfi. Nelle storie di mafia ci sono cattivi e buoni e le persone si identificano. Gli sceneggiatori inizialmente lavorarono benissimo, vi erano registi di cinema che dettero grande classe alla fiction tipo Damiano Damiani e altri. Dopo qualcosa s’incrinò e prese più forza il sentimento, l’amore. Anche lei mi domanda se la mafia sarà sconfitta. Non credo. Dici Sicilia… mafia, Napoli… camorra e via via altri fenomeni. C’è stato di peggio, ovunque, si pensi al nazismo, all’imperialismo, a chi si arricchisce e si è arricchito con lo sfruttamento di paesi poveri, e quindi sempre di morte si parla: Falcone soleva dire che per sconfiggere la mafia ci vorranno un paio di generazioni. Gli faccio osservare che è difficile smettere di parlare con lui e quindi: appuntamento con Zio Vanja al teatro di Castelfiorentino il 22 e 23 gennaio magari per proseguire l’intervista? Mah, parleremo dello spettacolo ma non so quando. Appena termina noi attori andiamo tutti insieme a cena e, come lei immaginerà, a ore non dico piccole ma quasi. Che sia l’ora “piccola” a fermarmi…

Carla Cavicchini


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musica

Russia vs

resto d’Europa Junior Eurovision Song Contest 2013 Leonardo Taddei

1. Dayana Kirillova, Russia 2. Eliias, Svezia 3. Gaia Cauchi, Malta 4. Barbara Popovic, Macedonia 5. Mylene & Rosanne, Paesi Bassi 6. Michele Perniola, San Marino 7. Ilya Volkov, Bielorussia 8. Rustam Karimov, Azerbaijan 9. Sofia Tarasova, Ucraina 10. Il gruppo The Smile Shop, Georgia

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’ultima settimana di novembre ha rappresentato per L’Ucraina un momento cruciale della propria storia. Attesissima da buona parte della popolazione era infatti la firma dell’accordo di associazione con l’Unione Europea, che avrebbe permesso alla nazione dell’ex blocco sovietico, indipendente dal 1991, di intrattenere rapporti economici e finanziari con l’UE. Sfortunatamente, però, per le migliaia di manifestanti scesi in piazza in molte città, e in particolare nella capitale Kiev, per ribadire la loro volontà di compiere un primo passo in avanti nel processo di integrazione con gli altri paesi della comunità, il niet di Mosca ha avuto la meglio sulle lusinghe europee provenienti da Bruxelles.

In un clima incandescente, e proprio l’indomani degli accesi scontri avvenuti nel paese, si è svolta, presso la sede del Palazzo Ucraina di Kiev, l’XI edizione del Junior Eurovision Song Contest 2013. L’evento, condotto da Zlata Ognevich, cantante nell’edizione Senior dello scorso anno, e Timur Miroshnychenko, già padrone di casa nel 2005, è stato trasmesso in Eurovisione da NTU, la tv di stato ucraina. La sera del 30 novembre, alle ore 20, ben 12 paesi europei si sono dati battaglia, a suon di musica, per conquistare la vittoria finale del concorso, che quest’anno, per la prima volta, ha visto premiare anche il secondo e il terzo classificato. Ciascun paese ha avuto la possibilità di selezionare un proprio giovane artista, cantante o gruppo, per un massimo di sei persone sul palco con età compresa tra dieci e quindici anni, e una canzone di durata inferiore a due minuti e quarantacinque secondi, eseguita dal vivo su base musicale. Nonostante i ritiri di Albania, Belgio e Israele, ad Armenia, Azerbaijan, Svezia, Georgia, Moldova, Russia, Bielorussia, Ucraina e Paesi Bassi si sono aggiunti anche Malta, Macedonia e il debuttante San Marino. E proprio a quest’ultimo si deve il ritorno della lingua italiana all’interno della manifestazione, grazie alla canzone O-o-o Sole intorno a me, un’uptempo brillante e piena di energia, magistralmente scritta da Antonello Carrozza e Piero Romitelli, già autore per Marco Mengoni, e cantata in maniera superba dal talentuoso Michele Perniola, vincitore nel 2012 della VI edizione del talent show Ti lascio una canzone, in onda su Rai Uno e condotto da Antonella Clerici.

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Le voci di una possibile partecipazione per la Serenissima Repubblica del Titano erano già state anticipate l’anno scorso, insieme a un probabile interesse anche da parte dell’Italia, che però non si è concretamente realizzato a causa dell’orario a cui viene generalmente trasmesso l’evento e della conseguente collocazione all’interno del palinsesto Rai in una fascia temporale riservata tradizionalmente a programmi di altro target. Alla vigilia del concorso la canzone

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data da tutti come super favorita era il brano The start (L’inizio), in gara per Malta. E a vincere qui a Kiev è stata proprio Gaia Cauchi, la piccola diva maltese che ha esaltato con la sua potente voce black una canzone difficile e tale da richiedere un’ampia estensione non alla portata di tutti. Sul podio, al secondo e al terzo posto rispettivamente, si sono classificate l’Ucraina con la canzone We are one (Siamo una cosa sola) di Sofia Tarasova, e la Bielorussia, rappresentata da Ilya Volkov con il brano Poy so mnoy (Canta con me). Ironia della sorte, nell’ultima votazione, e per solo due punti di distacco, la Russia è scivolata al quarto posto con la sua Dream on cantata da Dayana Kirillova. Almeno per quanto ha riguardato la musica, pertanto, da Kiev il risultato è stato chiaro e palese: Russia sconfitta dal resto d’Europa, e sorpassata proprio dalle sue due storiche alleate Ucraina e Bielorussia. Certo, pensare che le notizie circolate poco prima dell’inizio della serata riguardanti la PBS – la rete televisiva maltese, che a quanto pare non si sarebbe tirata indietro ad una possibile copertura economica relativa all’organizzazione dell’evento per l’anno venturo – avessero potu-

to influenzare il risultato della gara, avrebbe fatto inorridire e impallidire organizzatori, commentatori e fans inclusi. Ma, come si suol dire, a pensar male si fa peccato, ma ci si azzecca quasi sempre. E allora, da quel momento, anche per quanto ha riguardato la musica, il risultato è apparso un po’ meno chiaro, e anche un po’ meno palese: Russia sconfitta dal resto d’Europa? Questo sì, la classifica ormai è stata scritta negli annali. Però, per farsi un’idea più completa e comprendere se la geopolitica sia effettivamente permeata anche nel mondo della musica, meglio affidarsi alle sagge parole di Bogdan, un ottuagenario signore ucraino presente tra il pubblico della serata. «É inutile accanirsi», spiega in uno stentato inglese. «É come chi imbroglia nello sport: queste situazioni accadono sempre, anche in manifestazioni grandi e importanti, e non ci si può far niente. Anzi, è proprio dove ci sono più interessi in ballo che si rischia maggiormente. Però oggi ha vinto la più brava con la canzone più bella: ti sembra poco? Non ha senso andare a chiedersi se ci sono stati interessi in gioco tali da modificare il risultato finale. E poi come lo dimostri?» continua sorridendo. «Non esiste mica l’antidoping nella musica!» E allora, nonostante le immancabili polemiche di rito, cala il sipario anche su questa edizione del Junior Eurovision Song Contest, con buona pace di tutti, o quasi. Ma quale spiegazione daranno gli organizzatori a Bogdan, o agli altri malfidati complottisti bolscevichi, se quando verrà annunciata la nazione ospitante dell’edizione 2014 verrà pronunciato proprio il nome di Malta?

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musica

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cuore

imparare sentire la testa

Nec vero sine philosophorum disciplina genus et speciem cuiusque rei cernere neque eam definiendo explicare nec tribuere in partis possumus nec iudicare quae vera quae falsa sint. Cicerone, De Oratore Irene Barbensi

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ella mitologia greca Euterpe è una delle Muse, figlie di Zeus e Mnemosine. È la musa della musica, più tardi anche della poesia lirica, e secondo alcuni inventrice dell’aulos. Nelle raffigurazioni è spesso rappresentata con un flauto, sovente doppio e il suo nome deriva dal greco eu (bene) e τέρπ-εω (piacere) e significa “colei che rallegra”. La musica perciò intrattiene un rapporto privilegiato con il piacere. Già Aristotele, nella Politica, aveva individuato per lo meno tre ambiti all’interno dei quali si poteva esplicare il piacere musicale: la musica può essere semplice riposo e distrazione, ma la musica concorre anche alla «ricreazione intellettuale e alla cultura dello spirito», infine la musica promuove in qualche modo la virtù

perché «è in grado di dare una certa qualità al carattere, in quanto abitua a poter godere i veri piaceri». Nel Medioevo la Musica era una delle sette arti liberali e in particolare del Quadrivio, insieme all’Aritmetica, la Geometria e l’Astronomia, propedeutica all’insegnamento, alla teologia e alla filosofia, e aveva come simbolo un giovane uomo con la clessidra e come figura allegorica una donna che suona un organo portatile o che canta. Nel Seicento il discorso sulla musica nasce come discussione attorno ai piaceri che essa veicola, in che modo agisca sul senso, sull’immaginazione o sull’intelletto e se possa essere considerata promotrice di valori sociali o al contrario di isolamento nell’uomo. La musica ha fornito stimoli di rifles-

sione e discussione attraverso i secoli interessando le più importanti menti filosofiche, il cui piacere derivato dall’ascolto è stato spesso attribuito a due fattori, uno strutturale, dal momento che la sua composizione rivela uniformità nella varietà e uno dovuto alla sua capacità di suscitare le passioni, in virtù dell’analogia tra suoni musicali e accenti della voce umana. La riflessione e la ricerca sui benefici derivati dall’ascolto della musica continua ancora oggi, coinvolgendo brillanti menti che hanno fornito fondamenti scientifici a quella che è stata per generazioni solo una disquisizione filosofica. A livello fisico, per esempio, è stato trovato che la musica migliora le funzioni del sistema immunitario con un aumento sia dell’immunoglobulina

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A (un anticorpo che gioca un ruolo critico nell’immunità), sia del numero delle cellule Natural killer – o linfociti. Ad altri livelli, si è scoperto che riduce i livelli di stress e i livelli del cortisolo (l’ormone dello stress). Ma non solo: la musica è risultata più efficace nel ridurre l’ansia prima di un intervento chirurgico, che non i farmaci. E, infine, nel promuovere la produzione dell’ormone ossitocina – l’ormone dell’amore, felicità o appagamento. Sappiamo che il nostro cervello, alla nascita, ha già grandissime potenzialità: il suo sviluppo dipende da come lo stimoliamo e da cosa ci mettiamo dentro. Questo vale particolarmente nella prima infanzia, ma poi anche durante tutto il periodo in cui la formazione nervosa del cervello continua a maturare, per tutta l’adolescenza. Gli stimoli e gli apprendimenti sono tanti, in questo periodo, in famiglia, a scuola, nel rapporto con i coetanei, nelle cose lette e nelle esperienze fatte. La musica, in tutto questo, quale ruolo può avere? Suonare uno strumento, in qualche modo arricchisce i circuiti cerebrali? Studi effettuati su soggetti di diverse età, che avevano imparato la musica da piccoli oppure che non l’avevano mai imparata hanno dimostrato che le persone con un’esperienza musicale precoce, anche se abbandonata in anni successivi, mostravano risposte molto più chiare e definite di chi invece non aveva alcuna esperienza. Come se la musica avesse stimolato il cervello nella fase di maturazione, durante l’infanzia, a stabilire connessioni molto più efficaci per elaborare i suoni in arrivo dal mondo esterno. A quanto pare, la risposta di chi ha studiato musica non è in generale migliore o più forte, ma più selettiva, cioè in grado di estrarre in modo più efficace il significato dai suoni, in breve, di discriminare fra suoni importanti e rumore di fondo. La musica e il parlare sono diversi ma anche simili, e sembra che l’esperienza musicale migliori la capacità cerebrale di elaborare le parole e di comunicare in generale. Perciò ascoltare o fare musica fa bene alla salute, sia mentale che fisica dimostrandosi vincente su più e più fronti, attestandosi, piuttosto che un semplice intrattenimento, a vera e propria forma d’arte benefica, specialmente se fatta con gli altri, suonando insieme. Fondazione Peccioliper, tel. 0587 672158 accademiamusicaleav@fondarte.peccioli.net www.fondarte.peccioli.net www.accademiamusicale.com

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ECONOMIA

Codice etico di distretto il Ministro Orlando loda il “modello distrettuale santacrocese” Carlo Junior Desgro

1. Assessore Provincia di Pisa dott Lucia Curcio, il prefetto Francesco Tagliente, il sindaco Osvaldo Ciaponi e il Ministro Andrea Orlando 2. Presidente Provincia di Pisa Andrea Pieroni, Assessore Provincia di Pisa Graziano Turini 3. Presidente Assoconciatori di Santa Croce sull’Arno Franco Donati 4. Sindaco di Santa Croce sull’Arno Osvaldo Ciaponi, il ministro Andrea Orlando, assessore Ambiente e Energia Regione Toscana Anna Rita Bramerini e Andrea Pieroni 5. Ingegnere Nicola Andreanini dell’Aquarno con il ministro Andrea Orlando e Franco Donati 6. Osvaldo Ciaponi, il ministro Andrea Orlando e Franco Donati

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lGoverno punta a valorizzare le imprese che operano nel rispetto dell’ambiente premiando concretamente gli sforzi di chi riesce a realizzare un’impresa ecocompatibile. L’auspicio è che le migliori pratiche espresse dal distretto industriale santacrocese possano essere esportate anche nel più ampio contesto nazionale»: il ministro dell’ambiente Andrea Orlando, ospite a Santa Croce sull’Arno in occasione della sottoscrizione del codice etico di distretto, ribadisce così l’impegno del Governo al fianco delle imprese in grado di fare risultati valorizzando il proprio contesto socioeconomico ed elegge il “modello Santa Croce” come sintesi di imprenditoria moderna e vincente. Impegno per l’ambiente, capacità di sollecitare un dialogo produttivo tra pubblico e privato e investimenti nella ricerca tra i principali meriti riconosciuti dal ministro Orlando al distretto industriale santacrocese, che trovano ora nel codice etico di distretto la migliore garanzia di tutela: sottoscrittori del codice sono soggetti pubblici e privati, istituzioni, associazioni di categoria e sindacati in rappresentanza dell’intero tessuto socio-economico del territorio, trasparenza e correttezza nella libera affermazione della concorrenza tra i punti fondamentali in cui si articola il codice etico. Configurato anche nella sua governance da atti normativi di Stato e Regione Toscana, il Distretto Industriale di Santa Croce sull’Arno rap-

presenta oggi uno dei poli produttivi maggiori del centro Italia connotandosi per una struttura di piccolemedie imprese integrate con attività conto-terzi specializzate in alcune fasi di lavorazione afferenti ai settori della concia e del calzaturiero. Riconosciuti i singoli codici etici di cui le organizzazioni afferenti al Distretto Industriale si sono dotate negli anni, con la sottoscrizione del codice etico di distretto tutte le componenti socio economico istituzionali del Distretto si impegnano ora a condividere modelli di comportamento ispirati a integrità ed eticità sviluppando azioni coerenti. «Con la sottoscrizione del codice etico – dice il presidente della Provincia di Pisa Andrea Pieroni – raccogliamo una sfida importante: questo codice ha un valore ancora maggiore se pensiamo che non è indotto da alcun

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obbligo di legge. Ci è sembrato opportuno ribadire attraverso questo documento il modello sano di impresa cui si ispira l’attività del nostro distretto industriale». «Questo documento – dice il presidente Assoconciatori Franco Donati – recepisce ed esalta le buone pratiche che la nostra associazione si era già impegnata a valorizzare attraverso la precedente sottoscrizione del proprio codice etico. Siamo consapevoli che un’attività di impresa può confermarsi vincente e garantire risultati solo se ispirata alle migliori pratiche in termini di responsabilità e rispetto, valori che i nostri imprenditori conciari cercano ogni giorno di salvaguardare in modo concreto, facendo in modo che le performance delle proprie aziende si inseriscano nel modo più virtuoso nell’intero contesto socio-economico territoriale».


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Codice distrettuale in sintesi Questi i 13 i punti in cui si articola il codice etico distrettuale: principio di legittimità morale, equità, diligenza, trasparenza, onestà, legalità, riservatezza, imparzialità, assenza di conflitto di interesse, tutela ambientale, protezione della salute, lealtà nel libero gioco della concorrenza e pari opportunità. Tali principi sono da intendersi declinati nelle singole previsioni dei Codici etici già assunti dalle organizzazioni afferenti al Distretto Industriale. In rappresentanza di ciascuna della organizzazioni che ne fanno parte, all’interno del Distretto è costituito un Comitato etico che vigila sul rispetto del codice da parte degli aderenti allo stesso. 6

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FORMAZIONE

KAZI

Developing Intercultural Competence on the Workplace KAZI significa “lavoro” in swahili

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’agenzia Fo.Ri.Um. nell’ambito della progettazione europea ha ottenuto un finanziamento per la realizzazione del progetto KAZI – Developing Intercultural Competence on the Workplace. Il progetto verrà realizzato in partenariato con 4 enti di altrettanti paesi europei: la Svezia, l’Austria, la Grecia e la Spagna.

to e promozione dei diritti umani. L’Agenda europea per l’integrazione dei cittadini di paesi terzi (2011) raccomanda l’organizzazione di programmi introduttivi per i migranti: appena arrivati favorirne l’inserimento nella società e nel luogo di lavoro, così come pure lo sviluppo di metodologie e strumenti per dotare gli insegnanti e i formatori delle competenze per gestire la diversità.

Contesto di riferimento KAZI significa “lavoro” in swahili, una lingua parlata da 80 milioni di persone in Africa sub-sahariana, da dove provengono molti immigrati in Toscana. Secondo Eurostat (2012) ci sono quasi 4 milioni di persone che migrano ogni anno nell’UE. Circa 2 milioni di questi provengono da paesi terzi e 1,5 milioni sono i cittadini dell’UE che migrano in un altro Stato membro. Sommandoli entrambi, i migranti (persone che non sono cittadini del paese in cui risiedono) ammontano a 29 milioni, pari al 5,8 % della popolazione totale dell’UE. Il progetto si sviluppa in linea con i principi del Consiglio Europeo di Tampere (1999) e Le Hague (2004), nonché con i principi fondamentali comuni della politica di integrazione degli immigrati nell’Unione europea (2004), la strategia Europa 2020 (2010) e il programma di Stoccolma (2010) i cui obiettivi sono quelli di riconoscere pienamente il potenziale di migrazione per la costruzione di un’economia competitiva e sostenibile e, come un chiaro obiettivo politico, l’effettiva integrazione degli immigrati legali, sostenuta dal rispet-

La competenza interculturale può essere definita come la capacità di comunicazione efficace e la cooperazione con persone di altre culture. La competenza interculturale è stata indicata dalla UE come una delle otto competenze chiave per l’apprendimento permanente. Finalità e obiettivi I partner svilupperanno una serie di materiali formativi modulari (Pacchetto di Competenze di sviluppo interculturale nei luoghi di lavoro, in breve I-Pack) per la realizzazione di programmi di formazione per i lavoratori migranti (compresi disoccupati in cerca di lavoro), i loro colleghi e datori di lavoro e supervisori. Sarà inoltre sviluppato un manuale che descrive come utilizzare l’I-Pack, rivolto a formatori. Gli argomenti che saranno trattati sono i seguenti: • sviluppo della consapevolezza culturale • comprensione del rapporto di lavoro • diritti e doveri sul rapporto di lavoro • primo giorno di lavoro • puntualità e frequenza

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• imparare a fare il tuo lavoro • andare d’accordo con il supervisore • andare d’accordo con i colleghi • perseguire i propri diritti sul posto di lavoro • codici di abbigliamento • prodotti alimentari • linguaggio del corpo • la religione sul luogo di lavoro • i rapporti con l’altro sesso • sentirsi come un migrante • comunicare con i colleghi che parlano poco la lingua • rispetto delle altrui convinzioni e principi • negoziare in modo costruttivo

Francesca Ciampalini

L’I-Pack sarà utilizzato per: • la formazione iniziale dei lavoratori migranti • la formazione iniziale dei colleghi di migranti • attività di sensibilizzazione per i datori di lavoro e supervisori. Obiettivi finali saranno • una migliore comprensione dell’altro, • una maggiore adeguatezza al ruolo • una riduzione dei possibili conflitti • migliorare l’efficacia del proprio lavoro • migliorare il benessere sul posto di lavoro Valore aggiunto europeo Questo progetto, grazie all’apporto dei 4 paesi europei coinvolti offre la possibilità di soluzioni su misura a livello nazionale. Questo progetto fornirà a ogni paese partner l’occasione di imparare da altri paesi, collaborare e sviluppare idee comuni per la promozione della competenza interculturale.

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Collezionista io c’e l’ho

Stefano Dedalus

Oggetti della collezione Roberto Cintelli

Cartolina di Empoli, Collezione Guerri

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n tanti anni ne ho conosciuti più di uno, e mi son fatto un’idea precisa di lui: del “Collezionista”. Non importa di cosa, quello che conta è lo spirito, le costanti, le cose simili. E non mi si parli di manie, o lati oscuri della mente: il Collezionista è un mestiere. S’impara da piccoli, mettendo da parte tutto quello che capita, dai pennini d’altri tempi ai tappi di bottiglia, via via che scorrono gli anni, gli albi dei fumetti o le biciclette d’epoca. è una passione come un’altra, che ti serpeggia dentro insieme ai liquidi vitali, ai neuroni o globuli rossi che siano. Le regole son sempre le stesse: accumulare per poi organizzare negli scaffali, con gli indici in bell’ordine e l’immancabile lista della disperazione, detta anche “mancolista”. Con in bella evidenza e sottolineato in rosso il pezzo che manca a completare la serie completa dei francobolli della Lituania, o di paesi sconosciuti. Salvo l’apprendere con sorpresa che quel paese proprio non esiste e

che si trattava di abile truffa editoriale. Ma serve anche quello, la brutta esperienza: affina le capacità e l’errore non si ripeterà in futuro. L’ultimo, formidabile collezionista, che ho conosciuto è un medico. Serissimo e apprezzato nel suo lavoro. Ma anche collezionista. Ogni tanto ci incontriamo, per festeggiare insieme, estraendolo da appositi recessi conosciuti solo da lui, l’ultimo pezzo raro giunto per posta raccomandatissima. Vuoi l’autografo periziato di Napoleone, vuoi la scatola rarissima di carta da foto, quella preparata con i nitrati d’argento. Coi disegni liberty che la rendono preziosa. Una volta arrivato nelle mani sensibili del mio amico, l’oggetto perde la sua funzione anonima di reperto inutile al mondo e diventa protagonista. Viene studiato, comparato, se del caso riparato (le colle speciali o le carte in simil oro, originali e assolutamente d’epoca, son lì nella scatola del pronto intervento, accanto alla borsa della professione, quella con lo stetoscopio e il ricettario. E soprattutto ritrova le coordinate del tempo. Quando e da chi è stato pensato, prodotto, venduto, utilizzato. E poi, come per tutte le cose di questa terra, abbandonato in qualche soffitta, aspettando il trovarobe, l’antiquario, l’appassionato dall’occhio buono che lo recuperi, magari insieme a tutta l’altra mercanzia, e lo proponga sul mercato. O sui mercatini specializzati; ve ne sono di magnifici, dove il collezionista arriva, facendo finta d’esser distratto, di aver poco tempo, di non essere interessato a nulla. Già, perché la massima gioia di questa professione è quelle di combinare un affare. L’affare della

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vita, che capita una sola volta. L’acquisto del pezzo raro a un prezzo infinitamente inferiore al suo valore. Non è facile riuscirci. Chi vende spesso è a sua volta collezionista o sa come pensa e come si comporta il suo cliente. Ne conosce le debolezze e i gusti, sa quando può chiedere di più o quando deve scendere con il prezzo, per non perdere la vendita. Ma l’importante è il gioco, raffinatissimo, dove chi vende conosce quasi sempre il vero valore dell’oggetto e chi compra spera nel miracolo. Che a volte arriva. Il dottore questa volta ha da mostrarmi una cartolina, rarissima e quasi sconosciuta nei cataloghi, reperita abilmente a un’asta elettronica. Questi mezzi moderni non sono graditissimi a chi ne fa uso. Manca lo scontro diretto, manca la trattativa con il suo linguaggio di gesti e di parole. Serve solo l’abilità a inserire all’ultima frazione di secondo utile il prezzo leggermente più alto. A volte ci si riesce, a volte, per i motivi che fanno arrabbiare, le vie del web si bloccano e l’ultima offerta utile viene ignorata. E il rivale, solo una sigla o pseudonimo, ma odiatissimo lo stesso, si porta via il tesoro. Questa volta è risultato vincitore lui, per 15 centesimi. La cartolina, attesissima, è appena arrivata, nel contenitore protetto dalle pieghe, con la scritta a inchiostro e la foto in seppia. Brillano gli occhi mentre me la mostra trionfante, a completare la serie da anni rimasta incompleta. Per 15 centesimi in più, mi dice, l’ho portata a casa. Chissà come c’è rimasto male X0515. Che da qualche parte starà ora maledicendo i server, il suo computer o la moglie che l’ha distratto. Per 15 centesimi! Maledizione!


eventO

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Corri laVita A

ppena conclusa la XI edizione di Corri la Vita, si comincia a pensare all’organizzazione della successiva, quella del 2014, perché successo chiama successo. La manifestazione benefica, che lo scorso anno ha riunito circa 28 mila persone, quest’anno si è svolta, sempre a Firenze, il 13 ottobre: in occasione della seconda Giornata nazionale del Camminare. Organizzata in collaborazione con la Lega Italiana per la Lotta contro i Tumori – Sezione Firenze (LILT), è nata per sostenere progetti “noprofit” che aiutano le donne malate di tumore al seno. Al “Via!”, dato in piazza del Duomo da Cesare Prandelli, c.t. della Nazionale Italiana di Calcio, ormai da alcuni anni “starter” ufficiale di Corri la Vita, è iniziata la gara non agonistica percorsa intorno ai monumenti, alle chiese, ai palazzi, attraverso i giardini storici aperti per l’occasione. Visite guidate sono state offerte dall’associazione “Città nascosta”. La manifestazione ha per scopo la raccolta di fondi ideata dalla presidente marchesa Bona Frescobaldi per contribuire al sostegno delle strutture pubbliche specializzate nella lotta contro il tumore al seno. «Corri la Vita – Bona Frescobaldi spiega – consiste in una gara com-

petitiva di circa 14 chilometri, e di un “percorso passeggiata” di circa 5 chilometri». Nel pomeriggio gli iscritti alla corsa hanno potuto visitare gratuitamente alcune mostre: L’Avanguardia russa, la Siberia e l’Oriente – Kandinsky, Malevič, Filonov, Gončarova, aperta in Palazzo Strozzi; al Forte Belvedere la personale dell’artista cinese Zhang Huan L’Anima e la materia; al Museo Ferragamo Salvatore Ferragamo – Il calzolaio prodigioso. Infine, al Museo Gucci, le opere di Joana Vasconcelos, oltre alla collezione permanente degli archivi Gucci. I numerosi e famosi “testimonial” sono visibili su www.corrilavita.it . Inoltre è online il sito dell’Associazione Senonetwork ItaliaOnlus www. senonetwork.it . Alla prima edizione di Corri la Vita, nell’ottobre 2003, si iscrissero 3.500 partecipanti: un risultato straordinario e inatteso, che fruttò 185 mila euro. Da allora, il numero delle adesioni è cresciuto fino a raggiungere le 27.500 presenze. Dall’edizione del Decennale, nel 2012, la partenza è avvenuta da piazza del Duomo con arrivo in piazza della Signoria. Tutti i podisti indossano la maglia ufficiale della gara: gialla, donata da Ferragamo. In 10 anni sono stati raccolti circa 2.500.000 mila euro e coinvolti 137 mila iscritti. Dal 2003 a oggi i progetti sostenuti da Corri la Vita sono: il Centro di Senologia del C.S.P.O. (Progetto Firenze Donna 2), lo Studio H.O.T. (Hormone replacement therapy and low-dose Tamoxifene) promosso dal prof. Umberto Veronesi, il Ce.Ri.On. (Centro di Riabilitazione Oncologica di Firenze), F.I.L.E. (Fondazione Italia-

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na di Leniterapia), Diagnostica Senologia dell’Ospedale di Careggi, The Vito Distante Project in Breast Cancer Clinical Research, SenoNetwork ItaliaOnlus, portale ideato dal prof. Luigi Cataliotti, che riunisce tutte le Breast Unit Italiane, al quale hanno già aderito 87 Centri di Senologia che trattano ogni anno circa 29 mila casi di tumore alla mammella. Corri la Vita ha ottenuto l’Alto Patronato del Presidente della Repubblica, della Regione Toscana, della Provincia e del Comune di Firenze, del C.O.N.I e dell’A.D.S.I. – Associazione Dimore Storiche Italiane.

Domenico Savini

al centro la presidente di “Corri la Vita” marchesa Bona Frescobaldi insieme con il Sindaco di Firenze Matteo Renzi


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evento

le

stelle

Calcio

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Assegnato a Montecarlo il Golden Foot 2013. Il premio è andato a Didier Drogba, attaccante ivoriano del Galatasaray.

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l numero uno alla corte del Principe è Didier Drogba. L’ivoriano, nell’esclusiva cornice monegasca del Montecarlo Bay, si è aggiudicato il Golden Foot 2013. Il Golden Foot è un premio internazionale destinato a calciatori che abbiano compiuto 28 anni, i quali si siano distinti per i loro risultati sportivi, sia a livello individuale che di squadra, e per la loro personalità. Viene assegnato annualmente a un giocatore in attività in base alle votazioni del pubblico effettuate via web tramite il sito ufficiale della manifestazione, su un pool di 10 candidati selezionati da un’apposita giuria composta da giornalisti di ogni parte del mondo. Sono inoltre premiati i grandi campioni del passato. I vincitori lasciano l’impronta dei propri piedi sulla Champions Promenade, una particolare Walk of Fame in stile Hollywood Boulevard sul lungomare del Principato di Monaco, e proprio per questo motivo il premio può essere vinto solo una volta per ogni giocatore. Per il centravanti del Galatasaray si tratta di un riconoscimento di grande prestigio, anche perché è stato in grado di battere la concorrenza di altri nove candidati fortissimi. Da Cristiano Ronaldo

ad Andrea Pirlo, passando per Andrés Iniesta, Frank Lampard, David Trezeguet, Samuel Eto’o, Iker Casillas, David Beckham e Miroslav Klose. Drogba succede così a Zlatan Ibrahimovic, vincitore nella passata edizione. Insieme

a lui sono entrati nella “promenade” dedicata agli assi del calcio anche tre stelle del passato: Carlos Valderrama (Colombia), Osvaldo Ardiles (Argentina) e Jean-Pierre Papin (Francia). La serata di premiazione dell’undicesima

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Edizione di “The Champions Promenade – Golden Foot” è stata presentata dall’attrice Lorena Baricalla, con la partecipazione degli attori Armand Assante e Tony Schiena e del produttore cinematografico Julius Nasso.

Giampaolo Russo

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ECONOMIA E SOCIETA

forza lupi O

ltre 400 persone hanno partecipato alla presentazione di tutte le squadre della “Lupi” Pallavolo, svoltasi nella sede del principale sponsor Gruppo Biokimica, alla presenza del patron Massimo Baldini e dei suoi più stretti collaboratori. Tra le numerose autorità intervenute, il sindaco di Santa Croce sull’Arno Osvaldo Ciaponi, e l’assessore allo sport Piero Conservi, oltre a personalità del mondo della pallavolo e tantissimi industriali sostenitori della squadra. Il logo dell´azienda comparirà sulle maglie della prima squadra per il campionato nazionale di B1 e su quelle delle squadre del settore giovanile. Un vivaio ricco, quello biancorosso, che si è arricchito e per questa stagione con una novità che potremo defini-

re storica: per la prima volta dopo cinquantuno anni i “Lupi” hanno anche inserito delle squadre femminili, quattro in totale (mini e super mini Volley, under 13 e due formazioni under 16). Le piccole “lupacchiotte” hanno sfilato sul palco, allestito nello stabilimento del Gruppo Biokimica, presentate dal capo ufficio stampa Marco Lepri e dal presidente Agostino Pantani. Una serata che ha esaltato la tradizione della storica società santacrocese e la volontà da parte del Gruppo Biokimica di rilanciarla a quei livelli che più le competono. Il patron Massimo Baldini ha dichiarato che il suo augurio sia quello di una stagione di punta con la possibilità di raggiungere risultati di prestigio e i giocatori, da parte loro, hanno promesso il massimo impegno.

La squadra 2013-14, Marco Lepri insieme all’Assessore allo sport Conservi, Baldini della Biokimica Group, il Sindaco di Santa Croce sull’Arno Ciaponi e il Presidente dei Lupi Pantani. Il pubblico alla presentazione

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medicina

Alzheimer

qualcosa di nuovo c’è... S

i sa che la malattia di Alzheimer è una malattia neurologica, progressiva, che altera l’intelligenza, la memoria, il comportamento fino a rendere la vita un inferno per coloro che hanno un familiare, un parente che ne è affetto. La malattia è dovuta alla degenerazione dei neuroni di alcune zone del cervello, in particolare l’ippocampo che presiede alla gestione della memoria. In genere l’età di insorgenza è dai 60 anni in su. Si stima che in Italia ne siano affetti un milione di persone e oltre quaranta milioni nel mondo. I costi di questa malattia sono altissimi e le cifre stanziate per la ricerca su prevenzione e cure sono enormi. Ma perché i neuroni si ammalano? Ancora di preciso non si sa. Intorno ai neuroni si deposita una proteina detta amiloide, che stimola un processo infiammatorio che porta nel tempo alla distruzione dei neuroni e alla formazione di placche senili. In contemporanea però dentro ai neuroni si accumula un’altra proteina. I neuroni, attaccati su due fronti, degenerano, riducendo i collegamenti e piano piano l’ippocampo e la corteccia celebrale divengono atrofici, con la conseguenza dei disturbi che sappiamo. La domanda seguente è: Ma perchè si accumulano queste proteine intorno ai neuroni? Forse la causa sono delle tossine ambientali che si accumulano nel tempo e si manifestano in alcune persone sì e in altre no secondo l’assetto generale del soggetto. La diagnosi non è facile; si basa essenzialmente sui sintomi, sul modo di comportarsi del paziente e sono i familiari che ne riferiscono al medico. All’inizio il più delle volte si pensa a una sindrome depressiva, a causa

dell’aspetto o del comportamento strano del malato, ciò che induce a consultare lo psichiatra invece del neurologo. La novità, emersa nella conferenza sul morbo di Alzheimer tenuta a Pisa nel settembre 2013, organizzata dai professori Umberto Bonuccelli e San-

dro Sorbi, è che sarà possibile con la PET cerebrale rilevare con appositi marcatori l’amiloide, il che significa fare diagnosi precoce di Alzheimer, distinguendola dalla perdita di memoria senile fisiologica benigna. Si potrà quindi curare la malattia il prima possibile, quando cioè i neuroni colpiti sono pochi. Una cura c’è già, ma funziona per un paio d’anni, poi la malattia riemerge con tutta la sua aggressività distruggendo la vita di un malato e di chi lo assiste. Di nuovo c’è la possibilità di usare un anticorpo monoclonale contro l’amiloide, che distrugga questa proteina senza provocare effetti collaterali gravissimi. Ci sono studi a riguardo in tanti centri. La Neurologia di Pisa inizierà tale studio nei primi mesi del 2014. Come prevenire l’Alzheimer? Come per le altre malattie... dieta ricca di antiossidanti (verdura, frutta), camminare molto e fare i cruciverba...

Brunella Brotini

Alois Alzheimer (1864-1915)

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Analisi chimiche Igiene ambientale

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GRAFOLOGIA

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i segni dell’anima La scrittura di papa Francesco traccia di un’ira che, pur raramente, può esplodere improvvisa? Il tratto è pastoso, con prolungamenti in basso, “a fuso” (con ispessimento del tratto nella parte finale): la natura è amabile, sensibile, aperta, le energie pulsionali, la passionalità, profonde e intense. Sono presenti sopraelevazioni: una punta di orgoglio, il trattino del procuratore (punto finale a trattino): perfezionismo, nodi e ghirlande: desiderio di attenzione e contatto con l’altro. La “p”, simbolicamente, ci ricorda la forma del bastone pastorale, che ritroviamo anche nella scrittura di Ignazio di Loyola, insieme ai fusi e alla tenuta del rigo sinuosa. La firma è assolutamente omogenea rispetto al testo, segno questo, come abbiamo

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orge Mario Bergoglio, nato in Argentina il 17 dicembre 1936 da genitori di origine piemontese, gesuita, arcivescovo di Buenos Aires. Il 13 marzo 2013 viene eletto Papa. Si tratta del primo Papa del Nuovo continente, del primo pontefice gesuita e il primo a scegliere come nome Francesco. La scrittura del Papa, piccola, sobria che vibra all’interno di un contesto nel quale domina ordine e controllo, denota saggezza, equilibrio, riflessione, qualità animate da una profonda vitalità interiore. Le lettere sono basse – segno di modestia – gli ovali ben disegnati (maiuscole) o merlati (aperti in alto), evidenziano sentimento e

apertura mentale; buona la tenuta del rigo, leggermente sinuosa e ascendente: determinazione, unita a diplomazia e ottimismo. Da notare gli ampi spazi tra righe, parole e gruppi di lettere: domina il bianco della riflessione, della meditazione, della spiritualità mentre, dal punto di vista della capacità di giudizio e delle doti mentali, l’obiettività e la versatilità. Spicca la grande virgola, distante tra parole:

Maria Laura Ferrari

sottolineato altre volte, di assoluta autenticità di carattere.

Maria Laura Ferrari. Grafologo giudiziario del Tribunale di Lucca. Socio AGP (Associazione Grafologi Professionisti). info@marialauraferrari.com www.marialauraferrari.com

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alimentazione

mangiare salumi è un peccato? Paola Baggiani

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salumi fanno parte della nostra tradizione alimentare e sono tra i prodotti di origine animale più consumati, dopo latte e derivati. L’Italia è uno dei maggiori produttori e consumatori di salumi e insaccati nel mondo: prosciutti crudi e cotti, mortadella, salami di vario genere, speck e tante altre varianti sono prelibatezze apprezzate e presenti sulle tavole degli italiani di tutte le età. Per proteggere la tipicità di alcuni prodotti alimentari l’Unione Europea ha varato una normativa stabilendo due livelli di riconoscimento DOP (denominazione di origine protetta) e IGP (indicazione geografica protetta) tramite i quali intende proteggere i nomi dei prodotti e la loro tipicità dalle imitazioni e aiutare i consuma-

tori fornendo indicazioni e garanzie. I salumi possono essere suddivisi in stagionati ”interi”(costituiti da frazioni anatomiche integre) e quelli a base di carne macinata. Tra i primi spiccano il prosciutto crudo uno dei salumi più conosciuti e amati nel mondo, la coppa, il culatello, la pancetta costituiti da carne suina; la bresaola invece è costituita da carne bovina, a volte equina. Tutte le trasformazioni dei salumi dipendono dalla diffusione del sale all’interno delle masse muscolari senza, in molti casi, l’aggiunta di additivi e/o trattamenti termici. Tra i salumi stagionati a base di carne macinata rientrano principalmente i vari tipi di salami. I salumi cotti sono anch’essi suddivisibili in interi come il prosciutto cot-

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to, e insaccati come la mortadella, lo zampone, il cotechino, e il wurstel. La cottura viene in genere effettuata in forni a vapore (prosciutto cotto) o ad aria secca (mortadella) e sarà in grado di influenzare le caratteristiche organolettiche del prodotto finito. Dal punto di vista dei macronutrienti i salumi forniscono proteine di ottima qualità e una quota variabile di lipidi a seconda del salume considerato. Per quanto riguarda i micronutrienti sono presenti vitamine soprattutto del gruppo B, in forma altamente biodisponibile, vitamina E e sali minerali quali ferro, zinco, fosforo e potassio. Dagli anni 90 ad oggi nei salumi, grazie all’evoluzione delle tecniche di allevamento con un’alimentazione dell’animale prevalentemente vegetale, è avvenuto un cambiamento della composizione delle carni con un contenuto di lipidi notevolmente diminuito, soprattutto a carico dei grassi saturi e all’aumento del contenuto di quelli insaturi che sono passati dal 30 al 60% dei grassi totali. L’acido oleico, monoinsaturo, principale componente dell’olio d’oliva è oggi l’acido grasso predominante, accompagnato da acidi grassi polinsaturi della serie omega 6 e omega 3, noti perché diminuiscono la concentrazione ematica del colesterolo e possono portare a una riduzione del numero degli eventi cardiovascolari. La riduzione dei grassi saturi interessa soprattutto i prodotti insaccati cotti grazie a una maggiore possibilità d’intervento da parte degli operatori di filiera. Anche il contenuto di sale e di conseguenza di sodio nei salumi è diminuito con percentuali che variano da meno 36% nel prosciutto San Daniele, a un meno 20% nella mortadella,


se si confrontano analisi eseguite dall’Istituto Nazionale della Nutrizione nel 93 e al momento attuale. In aggiunta al sale nei salumi sono presenti alcuni altri ingredienti a scopi conservanti consentiti per legge in quantità molto limitata: si tratta dei nitrati e dei nitriti. Sono sostanze presenti normalmente in natura in molte verdure, soprattutto se concimate con preparati a base di azoto, e nelle acque. La loro azione è quella di conservare più a lungo il prodotto mantenendone intatte le caratteristiche come il colore, l’odore e il sapore, avendo un elevato potere antimicrobico (prevengono lo sviluppo del botulino). I nitrati sono di per sé innocui, ma in particolari condizioni come il calore, una lunga conservazione, e la

bico o antiossidante E300; l’ascorbato di sodio E301; l’ascorbato di potassio E303 che hanno la funzione di annullare almeno in parte gli effetti nocivi dei nitriti e nitrati. I salumi e tutti gli altri alimenti che contengono tali conservanti si possono considerare sicuri quando contengono nitrati e antiossidanti come la vitamina C. Sono da consumare con moderazione se contengono antiossidanti e conservanti con nitriti. Da evitare invece salumi e insaccati conservati con nitriti e nitrati privi di antiossidanti. La presenza di conservanti nei salumi e negli insaccati non è necessaria e imprescindibile, ma questi prodotti potrebbero essere conservati naturalmente come avviene per il prosciutto crudo di Parma DOP e il San

presenza di batteri, possono trasformarsi in nitriti. I nitriti nell’ambiente acido dello stomaco si trasformano in nitrosammine sostanze dimostratesi altamente cancerogene e una delle cause accertate di cancro dello stomaco, secondo ricerche effettuate dall’AIRC (Ass. Italiana Ricerca sul Cancro). I nitriti comunemente usati sono il nitrito di potassio noto come conservante E249 e il nitrito di sodio E250; alla vendita non possono superare un residuo di 50mg/kg di salume. In molti salumi e insaccati vengono utilizzati degli antiossidanti come ad esempio la vitamina C o acido ascor-

Daniele DOP che sono privi di qualsiasi conservante. Grazie all’attenzione mediatica e ai miglioramenti avvenuti nell’industria salumiera di trasformazione e agli elevati standard igienici raggiunti, si è notevolmente ridimensionato l’uso di queste sostanze, ed oggi è possibile produrre salumi contenenti conservanti in quantità inferiori ali limiti di legge. Anche molti salumifici artigianali producono svariati tipi di salumi senza l’utilizzo di alcun conservante ma rispettando le regole igieniche negli ambienti di lavorazione, grazie a metodi di refrigerazione artificiale e sfruttando le proprietà batteriostatiche di erbe aromatiche e spezie, come

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peperoncino, il pepe e l’aglio. E allora quale deve essere il consumo dei salumi in una equilibrata alimentazione? I dati di cui oggi disponiamo suggeriscono di consumare con una certa cautela questi alimenti. Secondo le Linee guida per una sana Alimentazione la quantità di 50g. due volte la settimana sono consigliabili per il soggetto sano, mentre nei soggetti sovrappeso e obesi, negli ipertesi e nei cardiopatici il consumo deve essere più moderato. Le calorie per porzione di 50 g. oscillano tra le 54 Kcal del prosciutto cotto, alle 200 e oltre dei salami e della pancetta. L’attuale consumo medio dei salumi in Italia supera queste indicazioni e ciò vale particolarmente per la fascia d’età che va dai 10 ai 18 anni che ne mangiano quasi una porzione al giorno. La grande varietà dei salumi oggi disponibili sul mercato, il miglioramento delle qualità nutrizionali, del loro profilo lipidico, la diminuzione del contenuto del sodio e dei conservanti consente ai salumi di essere versatili e disponibili per tutte le fasce di popolazione anche con diversi stili di vita e diversi fabbisogni nutrizionali. I salumi italiani, prodotti tipici della nostra tradizione gastronomica e ambasciatori del made in Italy nel mondo, possono entrare a far parte di una dieta equilibrata e moderna nelle quantità suggerite; una valida alternativa a un secondo piatto, coniugando piacere ed esigenze nutrizionali. www.baggianinutrizione.it


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amici dell’uomo

dalmata Pois a quattro zampe

Federica Farini

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nimali a pois? Oltre alla zebra (ma quella della famosa canzone), non è possibile scordarsi di una razza canina che ha fatto la differenza perfino nella storia del cinema: il dalmata. Alcuni lo vogliono diretto discendente di cani egiziani (rappresentato negli affreschi delle tombe dei Faraoni), ma anche di greci e romani (tra le citazioni di autori che si riferivano a “cani macchiati”). Il mistero avvolge numerose stampe antiche, nelle raffigurazioni di cocchi da guerra greci o babilonesi accompagnati da cani chiazzati. Nel V secolo d.c. cani simili al dalmata seguono carovane di zingari provenienti dall’Himalaya e dall’India del Nord, fino a raggiungere l’Europa orientale e meridionale, dove il cane

Foto Francesco Sgherri

macchiato tramanda la sua discendenza all’interno di comunità Rom (1400), con funzioni di guardia e carro (per la sua estrema facilità nell’affiancamento ai cavalli). Nel XVIII secolo il dalmata assume i tratti fisici più simili a quelli moderni e, se fino all’800 non si attribuisce un nome particolare a questa razza, risulta in ogni caso essere apprezzata in Inghilterra in qualità di segugio, grazie all’ottimo olfatto, così come cane da seguito, per la spiccata inclinazione nell’accompagnare il padrone a cavallo o in carrozza. È il naturalista francese Buffon a scegliere come primo nome della razza “Bracco del Bengala”, forse perché in India il progenitore del dalmata viene utilizzato in funzione di cane da caccia con il soprannome di “cacciatore del Bengala”. L’avo – ormai estinto – risulta incrociato con il Bull terrier e successivamente con il Pointer, portando progressivamente a una identificazione sempre più specifica del dalmata. Riferimenti di parentela si ritrovano anche con l’Alano arlecchino (dalmata come esemplare “dall’aspetto di segugio e mantello pezzato”) e in generale numerosi sono nell’antichità i cani bianchi a macchie nere avvistati in svariate parti d’Europa, Africa e Asia. L’unico antenato accreditato del dalmata è tuttavia il Pointer d’Istria, come dichiarato dalla Federazione Internazionale, che nel corso delle guerre balcaniche del 1912 svolge il ruolo di messaggero militare di staffetta nei territori della Dalmazia, da cui deriva appunto

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il nome. La taglia è media e ciò che da sempre lo contraddistingue sono “i pois”: firma famosa che lo ha reso nel tempo inconfondibile. Il colore di fondo del mantello è sempre bianco puro, i cuccioli appena nati sono privi di macchie, che solo dopo circa dieci giorni iniziano a comparire e a intensificarsi via via più marcate ed evidenti, nere o marrone fegato: sia il naso (tartufo) che il contorno degli occhi devono sempre rispecchiare lo stesso colore delle chiazze, nello standard obbligatoriamente rotonde, a forma di moneta (della dimensione di due, tre centimetri di diametro), ben disegnate, distribuite in maniera equilibrata, quelle dell’estremità più piccole di quelle sparpagliate sul corpo, senza mai addensarsi tra loro. Se vi apprestate ad adottare un cucciolo di pura razza dalmata, è bene che sappiate che tra i difetti più diffusi si ritrovano spesso agglomerati di macchie di forma irregolare, unite o intersecate, dalmata tricolori (nero, bianco e fegato), occhi azzurri o blu e difetti di pigmentazione. Sempre suggestivi e irresistibili, anche i dalmata non puri rappresentano in ogni caso attraenti esemplari di bellezza. Pongo, il dalmata protagonista maschile del celebre film La carica dei 101, aveva le orecchie completamente nere: un errore per lo standard, senza tuttavia nulla togliere alla sua fama e fortuna. Anche la sordità irreversibile ha colpito spesso il dalmata con incidenza maggiore rispetto ad altre razze, soprattutto negli anni Ottanta, pro-


blema che è stato ridotto nel tempo grazie all’attenzione nell’oculato processo di selezione. Il dalmata è un cane che perde molto pelo, la sua muta è costante nelle stagioni, patisce il freddo d’inverno e il caldo in estate: buffi sono i suoi stratagemmi pur di entrare in casa (se lasciato in inverno al gelo di un giardino) o nella ricerca di raggi di sole da godere disteso. Il suo carattere allegro e festoso lo rende ideale per le famiglie, come animale affezionato e fedele, compagno di giochi per bambini di ogni età: è bene ricordarsi tuttavia che come loro il dalmata è un eterno cucciolo e i guai (se lasciato solo) sono all’ordine del giorno. Armatevi di pazienza e di sorrisi per poter arginare la sua scostante voglia di addestramento, di obbedienza e regole: godete invece con soddisfazione della sua ottima compagnia per passeggiate, corse e gite. La sua attenzione è spesso fluttuante, facilmente distraibile, una razza curiosa e piena di

energia, che rende consigliabile lasciare sfogare il cane in spazi aperti e verdi, in modo da evitare che lo faccia in casa. Come dimenticare il cartone animato e poi film La carica dei 101 (One Hundred and One Dalmatians), del 1961? La storia, diventata un cult di tutti i tempi, ancora fa sorridere nel ricordare il dalmata Pongo appostato alla finestra di casa mentre nota una coppia di donne (Anita, la futura moglie del suo padrone, insieme alla sua futura compagna-dalmata Peggy), così come se si pensa a Crudelia De Mon, antagonista cattiva amante di pellicce maculate, che viene sconfitta di fronte ai meschini intenti di rendere capi di abbigliamento un branco di 99 piccoli dalmata rapiti, i quali finiranno per venire adottati dalla stessa famiglia di Pongo e Peggy. Anche la cultura rende omaggio al dalmata: dalla famiglia di Federico il Grande di Prussia, così come nella letteratura in un “libello” del XVI sec. scritto dal

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dottor Caio, fisico inglese presso la corte di Edoardo VI, che menziona «una nuova varietà di cani importata dalla Francia, tutta bianca a macchie nere. Si chiama Gallica.» Nella pittura, dal Medioevo al Romanticismo, il cane macchiato compare all’interno di scene di caccia, come nelle opere del pittore fiammingo seicentesco Pietre Boe: una in particolare vede comparire un setter accanto a un dalmata… tricolore, con un occhio azzurro e il pelo leggermente lungo. Perfino il pittore napoletano seicentesco Pacecco De Rosa ritrae il muso del suo dalmata in varie composizioni. Dalmata, una razza intramontabile e insostituibile come il fascino che i suoi “pois black and white” esercitano costantemente sulle mode: dalla fantasia di vestiti e accessori fino alla ciambella in versione “dalmata”, gustosa torta sulla quale a contrasto vengono realizzate o applicate macchie di zucchero. Evviva i pois… a quattro zampe!


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TENDENZE

mode di moda pillole sulle tendenze 2013 Eleonora Garufi

ne Il carto di Natale

per ! Il regalo le freddolose

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ome ogni anno la Disney tiene i bambini con il fiato sospeso per l’attesissimo cartone di Natale. Dal diannove dicembre in tutti i cinema, uscirà Frozen – Il regno di ghiaccio. Un incantesimo condanna un regno a un eterno inverno ghiacciato. La sognatrice Anna e il montanaro Kristoff uniranno le forze per ritrovare la sorella di Anna, Elsa, l’unica in grado di sciogliere la maledizione. Quando il legame di sangue è più potente della magia.

Buoni propositi per l’anno nuovo? Migliora il tuo inglese!

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i sa, noi donne soffriamo il freddo. Se la tua ragazza, la tua migliore amica o qualsiasi donna tu conosca non fa eccezione, ti consigliamo il regalo giusto per questo Natale. Da H&M, noto per i suoi capi di ottimo design e qualità a prezzi accessibili, trovi il must della stagione: le pantofole in maglia imbottite in stile moon boot! Calde, comode e in tanti colori, dal rosa al grigio, al maculato, adatto per chi è glamour anche tra le mura di casa. Prezzo easy: 14,90 euro! Non è una buona idea?

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simboli

c’era una volta... un

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albero C

ome ogni anno Reality Magazine ti accompagna anche nel mese più luccicante e festivo, dell’anno. Il Natale è alle porte e noi non potevamo mancare raccontandoti la storia di quello che ne è il simbolo per antonomasia... ovviamente dopo Babbo Natale! Sulla storia di come l’albero di Natale sia divenuto il simbolo indiscusso di questa festività, ci sono molte leggende e racconti. Quel che è certo, è che per essere tale, deve trattarsi di un albero sempre verde, un abete o un pino, simbolo di vita duratura e di un lungo ponte che accompagna il passaggio dal gelido inverno alla fresca e temprata primavera. Altro elemento “fondamentale” per parlare di “albero natalizio” è l’immancabile punta, fatta a stella, ad angelo, a punta di vetro o a cuore, basta che ci sia. Gli alberi iniziano ad abitare ogni singola casa intorno alla settimana dell’8 dicembre, in concomitanza alla festività dell’Immacolata Concezione, ma già dalla fine di novembre cominciano a materializzarsi in tutta la città gli addobbi che vogliono tenere vivo, il più a lungo possibile, il clima di questo periodo. L’aspetto decorativo del nostro alberello è libero e decisamente aperto a tutti i tipi di addobbi: dai classici angeli e la stella di punta che ricordano la capanna e il bambinello, si passa alle classiche e delicate palline di vetro soffiato, arrivando alla frutta, alle luci e ai colori che lo rendono un albero di moda. Ed è proprio in questa direzione glamour che gli alberi degli ultimi anni si stanno vestendo: luci, contrasti di colore, palline psichedeliche e tantissime community sui social per eleggere l’albero più “in”

del mese. Se i classici colori sono il rosso, il verde, l’argento e l’oro, oggi la gamma di flou e di colori accesi imperversa in ogni casa, ma con molta attenzione a mantenere lo stile di tutto l’arredo. E con questa ventata di moda, il Natale si trova e si respira ovunque. Le leggende e le storie sulla nascita di questa tradizione spaziano. Molti pensano che sia un’usanza nata nella Germania e nella Francia del 1600, poiché molti riferimenti storici ne parlano. Altri la ricollegano invece all’Egitto, poiché la forma piramidale dell’albero era un modo per portare in Europa l’idea delle Piramidi. I luterani, poi, ebbero l’idea di coprire l’albero di piccole candele per rappresentare la vita e la fede cristiana. Ma la leggenda più bella e sicuramente più in linea con il clima di questo periodo dell’anno, è quella di un vecchio falegname che tornando a casa in una gelida e stellata notte, rimase estasiato da una vista incantevole: un abete ricoperto di neve magicamente illuminato dalla luce delle stelle. Per riuscire a far capire alla moglie la bellezza di quest’immagine prese un piccolo pino e lo ricoprì di nastri bianchi e piccole candele per ricordare la luce bianca delle stelle e del ghiaccio. Tutto il paese rimase folgorato da questa visione e ognuno volle il proprio albero nella sua casa. L’origine storica è quindi da collocarsi nel nord Europa da dove si diffuse in lungo e in largo. Lo sbarco negli States partì dall’Inghilterra, nel periodo della guerra di Secessione e qui divenne un vero business, diventando un obbligo per l’élite americana e per i nobili inglesi. Nel 1889 il presidente in carica,

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Benjamin Harrison dichiarò l’albero della Casa Bianca parte integrante della tradizione natalizia americana. New York divenne il centro più attivo per la vendita e la realizzazione di alberi e ancora oggi il momento dell’illuminazione del gigantesco albero di 23 metri del Rockefeller Center, segna l’inizio delle feste in tutto il mondo. L’utilizzo di veri abeti però ha innescato in tutto il mondo innumerevoli sensibilizzazioni ambientaliste sul pericolo del diboscamento a fini commerciali. In tempi recenti, per ovviare a questo problema, si sono formate delle vere produzioni controllate di alberi di Natale coltivati e reimpiantati ogni anno e i servizi di pulizia pubblica si sono impegnati al ritiro, allo smaltimento e al riciclaggio dei poveri abeti morenti. Comunque intorno al 1880 nasce l’industria di produzione degli “alberi artificiali” sempre verdi e riutilizzabili di anno in anno dotati, e accessoriati di luci e addobbi. Comunque sia, l’albero segna l’inizio del Natale, un periodo magico in cui tutti ci sentiamo pervasi di sincerità e bontà. Ognuno è libero di sceglierlo secondo il proprio gusto, di decorarlo e di allestire la casa secondo il proprio stile, mantenendo toni più tradizionali o lasciandosi trasportare dalle novità del design o dalla totale metamorfosi natalizia che passa dall’armadio degli abiti, che si tinge di rosso e oro, al portagioie che si arricchisce di mini alberi di Natale d’oro e di angeli d’argento. Quel che più conta è il senso di calore familiarità che questo simbolo porta con sé e che come ogni bella tradizione, si preserva nel tempo.

Eleonora Garufi


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orOscopo

2014

il messaggio delle stelle

Federica Farini

U

n anno altruista, nobile e impegnato il 2014. Lo zodiaco attraverserà il proprio “viaggio” nell’essenza di ogni segno specifico, ma i valori universali vestiranno per tutti un bel colore bianco, nel suo significato di speranza, armonia, nobiltà d’animo e saggezza (con un pizzico di fantasia da Nettuno nei Pesci). Giove nel Cancro fino al 16 luglio ricorderà che la vita va vissuta con ottimismo; il lungo passaggio di Marte nella Bilancia placherà gli animi più guerrieri a favore della pace che sa smuovere più di mille spade puntate contro. Sì ad amore, generosità e dolcezza. E se Urano e Plutone fomenteranno sempre i cambiamenti e le traversate di valori, norme e abitudini, Saturno non mancherà di ricordare all’intero zodiaco di crederci sempre, lottare, impegnarsi: alla lunga la superficialità non paga. Dal 17 di luglio Giove farà ingresso nella costellazione del Leone: bontà d’animo, coraggio, fiducia in sé, a volte con una vitalità forte che potrebbe essere scambiata per arroganza. L’importante è confrontarsi a fin di bene: il futuro è una meravigliosa incognita di possibilità e gli astri suggeriscono quanto sia davvero arrivata l’ora di progredire abbandonando il “vecchio”. Il domani non è mai stato così interessante come la grande occasione che si svelerà davanti ai nostri occhi: il Natale del 2014 ce lo rammenterà con l’ingresso di Saturno nell’idealista Sagittario. Largo ai sogni di larghe vedute.

ARIETE. Motto dell’anno: resistenza. Durante i primi sei mesi dell’anno i nativi del primo segno attraverseranno un mare in tempesta. La regata si farà dura, con Giove quadrato a Marte, a sua volta opposto al Sole: qualche acciacco di salute, pazienza che andrà scemando, desiderosa di raschiare il fondo. Marte dalla Bilancia vi renderà poco inclini a seguire le regole, fino alla magia che spazza le nubi, donando alla tormenta un significato karmico: dopo il temporale il cielo sereno ha i colori più belli. Dal 17 luglio Giove in Leone, fomentato da Urano nel vostro domicilio, vi renderà coraggiosi e costruttivi, sospingendo la vostra felicità fino ai fasti di un Natale a voi caro: progetti d’amore in prima linea e, finalmente, un po’ di riposo per il guerriero, anche in sede lavorativa. Il vostro anno sarà come l’ambra delle lacrime delle sorelle di Fetonte (figlio favorito del dio Apollo), secondo la leggenda piangenti la triste sorte del fratello e tramutate da Zeus in pioppi. L’ambra è resina capace di assorbire negatività e favorire la concentrazione: gialla come il vostro sorriso di sole.

LEONE. Motto dell’anno: fiorire Se il 2013 è stato alquanto stimolante, a fare tuttavia rima con pesante, il 2014 si apre all’insegna di un riscaldamento o costante allenamento, con la possibilità di godere nei primi sette mesi del pepe di Marte dall’amica Bilancia: incontri, dinamismo, leggerezza a stemperare la severità di Saturno, per voi molto rigoroso, il quale imporrà ai Leoni di ogni età di crescere nella loro dimensione chiamata responsabilità. A scuola come in amore, sul lavoro come nelle relazioni, il must sarà seminare (ancora), concimare, attendere con la lungimirante sapienza del monaco tibetano. La ricompensa premierà i più saldi e tenaci: Giove, che dal 17 di luglio si infilerà diretto nel vostro domicilio, porterà più di una svolta, in suggello con il dirompente Urano: nuove abitazioni, convivenze, matrimoni, promozioni e una spruzzata di fiocchi rosa e azzurri. Il 24 dicembre potrete festeggiare l’inizio di nuove avventure, calde come i viaggi intrepidi di Sandokan (come piace a voi). La pietra e il colore del 2014 sarà il rubino: passione, determinazione, fascino, nella tradizione indiana pietra capace di propiziare il Sole, vostro pianeta guida… Energia e vitalità da vendere.

SAGITTARIO. Motto dell’anno: squadra Nella prima parte del 2014 i Sagittari assisteranno a una vera e propria odissea nello spazio, per attività molteplici pindariche, nel pieno stile della loro indole freestyle. L’istinto vi spingerà fino al 26 luglio, grazie a Marte in passaggio dall’amica Bilancia, a intraprendere missioni al plurale. I Sagittari si divertiranno, finalmente, sempre con una mano da parte dei determinati Saturno e Plutone. Il potente elisir dal 17 di luglio in poi verrà rappresentato da Giove, che stimolerà la nona casa solare: come un aroma al patchouli l’anno 2014 offrirà ai nativi Sagittario l’idea di indipendenza e ritorno alle origini, rifugio in boschi verdi e ricchi di fronde, suscitando intimità con la propria anima, infondendo sicurezza alle aspirazioni vecchie e nuove, fortificando la sensualità e la giovinezza dell’anima nel suo essere più sincero e puro. Come pesciolini Nemo alla conquista del mondo, vi unirete a compagni e amici durante il vostro viaggio attraverso i mari. Dal 24 dicembre Saturno entrerà nel vostro segno: si potrà davvero dire che chi la dura la vince sempre. Al galoppo! e


TORO. Motto dell’anno: sistemare. Inizio d’anno caldo e passionale per il segno zodiacale Toro: Venere nel sostanzioso Capricorno, nella vostra nona casa solare, promette a gennaio e febbraio esperienze diverse dalla solita consuetudine. Sarà dolce lasciarsi cullare dalle onde di un mare esotico, durante una vacanza d’amore che vi aiuterà a stemperare l’impegno che Saturno, in opposizione dallo Scorpione, richiederà ancora per l’intero 2014. Con questo atteggiamento leggero ad accarezzare i vostri neuroni, Marte fino a al 26 luglio nella Bilancia vi renderà concreti, vostro cavallo di battaglia, piacevolmente impegnati in attività quotidiane e di routine. Dal 17 luglio Giove entrerà nel poco simpatico domicilio del Leone, andando a dare manforte a gendarme Saturno, per una ricetta a base di scossoni e ribaltoni a fin di bene: una nuova casa, un nuovo amore, oppure nidi più solidi. La voglia di collaborazione non brillerà nel vostro cielo, ma le stelle suggeriscono di non assecondare pigrizia e svogliatezza: quale occasione migliore per splendere nella forma fisica e ripulire la vostra esistenza da inutilità oramai vetuste come rami secchi? Il vostro 2014 sarà di un bel blu oltremare, colore che suscita calma, tranquillità, tenerezza e gioia di vivere, richiamo alla semplicità di giornate sensibili, a contatto con natura, animali e bambini. Sull’onda lunga della fiducia e della tolleranza l’anno si chiude in bellezza, con un Natale che vede la migrazione di Saturno fuori dai guai. Blu, colore nobile come il vostro animo.

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VERGINE. Motto dell’anno: affermazione L’anno 2014 si apre in dolcezza per i nativi Vergine: la delicata onda della serenità, meta ambita per voi che non amate scosse, suggerirà un amore da Empire State Building piuttosto che da Parigi Dakar. Gennaio e febbraio, con una sorprendente Venere in Capricorno (a interagire con la quinta casa solare) suggelleranno sentimenti e iniziative costruttive come mai, grazie anche alla sapiente spinta di Saturno dall’amico Scorpione e l’intervento di un artistico Marte in Bilancia, per la lunga prima metà dell’anno. Un tripudio di certezze, per voi così bravi ad essere adeguati e coscienziosi (quando lo volete essere). Marte dal 27 luglio a metà settembre sosterà nel positivo Scorpione, motivo in più per consolidare i vostri successi. Dopo anni di semina attenta, ecco i frutti succosi che aspetteranno di essere colti. Coccole senza timore nel lungo transito estivo di Giove in Leone, dal 17 luglio in poi, stimolante per la vostra intelligenza, a regalarvi un paio di antenne pronte a trillare per empatia e lucidità (surriscaldate da Plutone che non mancherà per un solo attimo di sorreggere l’intuito). Un anno al gusto e nel colore del cacao, come una tazza di cioccolata fondente che evoca relax e piacere. Il colore marrone e l’aroma spingono a un seducente abbandono ad appagamenti…un sano far niente per voi, nell’euforia dello svago. La barca andrà anche sola, spinta dal da quel timone che avete progettato con tanta maestria e dedizione.

CAPRICORNO. Motto dell’anno: coraggio Capricorni a base di amore e beltà nel freddo dell’inverno: un inchino a Venere, sorella nel vostro segno, per un gennaio e febbraio a umore alto. Marte, in aspetto bislacco fino al 26 luglio, vi renderà sordi, ciechi e muti come le tre scimmiette. Poco il desiderio di ascoltare, elevato quello di volare via. La quadratura di Urano in Ariete porterà la vostra mente su una mongolfiera o un pallone aerostatico. Giove dal placido ma opposto Cancro vi farà vivere in maniera contraddittoria le relazioni. Coppia o guru solitario? Città o campagna? Dentro o fuori? Dal 17 di luglio in poi i Capricorni si placheranno, con la soluzione pronta all’uso all’interno della loro borsa preferita. Sospiro di sollievo e determinazione a suggello di carriera, lavoro e ritrovata pace all’interno del nucleo di famiglia o in compagnia di nuove dolci metà. Saturno in transito dal potente Scorpione regalerà rinata verve fisica, cambi di dimora, traslochi. Novembre e Natale di classe con Marte nel segno: un soggiorno in spa in dono dagli astri. Per un anno da vere tigri della Malesia, il firmamento vi suggerisce di tenere con voi un sacchettino pieno di grani di sale: la pietra “delle pulizie”, che purifica i luoghi, assorbendo acqua, umidità e le tracce di ciò che sbava nella vostra esistenza. Correttezza, tenacia e virtù: le vie della realizzazione che il 2014 vi porterà nel cuore.

BILANCIA. Motto dell’anno: rivoluzionare 2014 taglio e cucito per i nativi Bilancia, insieme a opere di muratura: scavare, smottare, e darsi da fare. Per semplificare la matassa e trovare il filo di Arianna, il lunghissimo transito di Marte in Bilancia (fino al 26 luglio) si troverà in contrasto con Giove, con Venere nei primi mesi dell’anno, senza farsi mancare bizze anche con Urano e Plutone. Guerre stellari? L’agitazione farà rima con trasformazione, per poter dire basta a ciò che non piace più. La voglia di seguire le (datate) regole non sarà molto elevata. A tratti stanchi, ma altrettante volte quasi schizofrenici, il momento sarà catartico per ridare proporzione al guscio domestico: non tutte le guerre vengono per nuocere. Dal 17 luglio in poi sarà il buon Giove dall’undicesima casa solare, con il calore del Leone, a produrre relax, attività di gruppo, da una parte per sfogare, ma dall’altra per costruire. Non ci sarà egoismo e la volontà sarà quella di applicarsi con impegno: un Saturno responsabile e fedele vi concederà il meritato riconoscimento nella seconda parte dell’anno. Il 2014 sarà in tinta rossa, come la voglia di riuscire e di lottare, a tratti contraddittoria, energia pulsante della vita che batte dentro di voi. Il colore delle fiamme dell’inferno o della passione avrà per i nativi Bilancia un solo travolgente significato: rivoluzione (come quella Francese?). Non dimenticate che il Capodanno si festeggia con un inno al colore scarlatto, per brindare alla fortuna che verrà.

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GEMELLI. Motto dell’anno: affetto Segno Gemelli “un cuore grande così” per l’anno 2014. Marte vi sorreggerà come un paracadute, in trigono e sestile con Urano, fino al 26 luglio: energia sarà la vostra parola d’ordine, amore il retrogusto. Che sia emozione o tenerezza poco importa, la positività che saprà esprimere non mancherà nel vostro quotidiano. Già da inizio anno, con gennaio e febbraio dominati da una Venere nel Capricorno, i mesi saranno propizi per impegnarsi in attività concrete, anche di aiuto a terzi: unire la vostra leggerezza alla concretezza sarà la scelta più appropriata. Forse un po’ distratti e sognatori, ancora sollecitati in fatto di emotività da Nettuno nei suscettibili Pesci, dal 17 di luglio potrete pensare, grazie a Giove piacevole nel segno del Leone, a come coronare il vostro sogno nel cassetto. E se le stragi di cuori tra fine agosto e settembre saranno massicce, il profumo e la presenza di un gelsomino non potrà fare altro che euforizzare e rafforzare il vostro benessere, nell’aroma inebriante, sensuale, afrodisiaco che sblocca gli ostacoli. L’anno del sì.

ACQUARIO. Motto dell’anno: avventura Nei primi due mesi del 2014 i nativi Acquario potranno sembrare a sorpresa malinconici e desiderosi di passato. Proprio loro sempre proiettati verso il futuro? La colpa è di Venere in sede Capricorno, la quale li spingerà a meditare dalla casa dodicesima. Ci penserà tuttavia Marte a riporre fino al 26 luglio guizzi di agitazione al tran-tran quotidiano: nella nona casa solare il desiderio di andare lontano sarà soprattutto una condizione della mente, per arginare le malefatte di Giove, che dal 17 di luglio nell’opposto Leone darà del filo da torcere al segno Acquario. Con Saturno sommato e sempre quadrangolare da colonnello Scorpione, la tendenza sarà quella del disperdersi e potere anche sbagliare: solo chi commette passi falsi capirà anche dove e come dirigersi per poter vincere (o provare a farlo). Chiedetelo al Lilium, che potrete ammirare sul tavolo di casa vostra: candido e maestoso, regale come gli stemmi del passato, sinonimo di purezza di spirito. Colorato o meno, spontaneo o reciso, la magia di questo fiore potrebbe ispirare quella pace che andate cercando. La forma fisica verrà temprata, forgiata, plasmata fino a giungere a Natale, quando Saturno – finalmente appollaiato sulle ginocchia dell’amico Sagittario – vi regalerà il luogo del porto sicuro dove accoccolarvi felici. Che sia villa, appartamento o loft poco conta: gli Acquari saranno già pronti per la prossima avventura. CANCRO. Motto dell’anno: maturità I primi due mesi del 2014 vedranno i nativi Cancro un po’ più scontrosi del solito e la colpa sarà di Venere, astro opposto nel Capricorno, che marcherà la suscettibilità in famiglia. Offesi o delusi, molti cancerini saranno portati ad aprire gli occhi, cambiare, prendere coscienza: Marte, in antipatica quadratura dalla Bilancia fino al 26 luglio (e in casa quarta, in famiglia e ambiente domestico), si tradurrà nel motto di “diffidenza”: la giusta saggezza e il senso di responsabilità verranno richiesti in amore, studio e lavoro. Con Saturno positivo sarà obbligatorio realizzare mete ambite per la vostra formazione e il consolidamento. Sorridete: Giove dal 17 di luglio in Leone (in casa 12) lascerà la vostra sede in Cancro, avendo però già elargito amore denso di nuovi arrivi o fortunati nidi, oppure cambi di direzione. Nuovi principi o principesse? La fortuna non smetterà di brillare, si colorerà solo di accezioni più importanti con Marte (dal 27 luglio a metà settembre) in cugino Scorpione: il vostro cuore sarà di leone come quello dei cavalieri di re Artù. Nel 2014 non potrà mancare una scheggia di onice, simbolo orientale del Tao, perfetta per la concentrazione, le responsabilità, la crescita. Maturità uguale felicità. SCORPIONE. Motto dell’anno: accudire Inizio d’anno all’insegna della bellezza per i nativi Scorpione: Venere in Capricorno e in armonioso aspetto con Saturno nel vostro domicilio accarezzerà i mesi gennaio e febbraio. La voglia di vivere all’insegna dell’impegno in attività ricreative e di gruppo verrà esaltata, così come la vostra capacità di eccellere in campo lavorativo. Con Giove, Nettuno, Plutone in ridente affetto, sarà piacevole essere equilibrati e propensi ad apprendere e ascoltare, abbracciati dalla magia di un amore totale e avvolgente. Gli scontri con il potere potranno attendere: Marte in Bilancia fino al 26 luglio porterà una routine rassicurante e tranquilla, superate le tempeste del passato che vi hanno resi del veri kamikaze. Pronti per le nuove sfide, il sasso verrà lanciato da un ruggente Giove in Leone, a partire dal 17 luglio, che potrà a tratti generare svogliatezza ma anche desiderio di nuovi obiettivi. Si tratterà di scelte e di prendersi di cura di quanto costruito fino ad ora: una bella pulizia non potrà che guastare, sia in casa che all’interno di una nuova dimora. Le novità per quanto concerne luoghi da “vivere” a 360 gradi faranno per voi, come fonte di energia e nuova speranza. La gelosia potrebbe scatenarsi tra agosto e settembre, con un Marte orgoglioso, in passaggio in casa Scorpione: per arginare la rabbia le stelle suggeriscono un percorso affettivo ed educativo insieme a… bambini o animali, esseri che avranno bisogno di voi per crescere e affermarsi. Arricchite la vostra dieta o coltivate una pianta speciale, il Timo, dal profumo speziato e fresco, che rinforzerà il vostro 2014, potenziando i lati migliori della vostra intelligenza e intuizione, che non isola nella sfera spirituale ma connette, relaziona, lega. Alcune gocce di Timo nel bagno accarezzeranno i vostri sogni: senza limiti e barriere, volere è sempre potere.

PESCI. Motto dell’anno: espansione Per i nativi Pesci il 2014 regalerà una buona dose di allegria. Pollice alto senza passaggi di pianeti particolarmente faticosi, una fortuna per voi pigri e fantasisti dello zodiaco. Durante gennaio e febbraio il tempo sarà come un bradipo: Venere in Capricorno irradierà la tendenza a isolarsi e staccarsi dalle suggestioni del mondo. Il profumo di marzo ringalluzzirà i single e porterà fiocchi rosa e celesti…per una prima metà d’anno ricca di gioia. La seconda parte del 2014 saranno nutrite le attività lavorative: attenzione e impegno grazie a Giove, che in Leone dal 17 luglio (dalla sesta casa) infonderà produttiva e operosa attenzione: momento sarà perfetto per riuscire a correggersi e migliorarsi per avanzamenti di carriera. Momento propizio anche per la costanza che spesso non è la vostra migliore qualità. Carpe diem, quindi, per i Pesci di ogni età, di arancio circondati. Il colore (e il frutto) dell’energia, della voglia di fare, delle imprese al sapore di ottimismo. Per espandersi dal singolare all’universale: armonia, esuberanza… vita.


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