San Frediano: il quartiere con gli occhi di chi lo vive

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Il quartiere con gli occhi di chi lo vive

tra cemento, speculazioni e la nostra idea di territorio


Il territorio così com’è oggi è il prodotto di secolari operazioni di polizia. Il popolo è stato cacciato via dalle sue campagne, poi dalle sue strade, dai suoi quartieri e persino dagli atri dei condomini, nella speranza dissennata di rinchiudere la vita intera all’interno delle quattro mura stantie del privato. Il problema del territorio per noi non si pone come per lo Stato. Per noi non si tratta di mantenerlo, ma di rendere localmente più dense le comuni, la circolazione e la solidarietà, in modo che il territorio diventi indecifrabile e opaco agli occhi dell’autorità. Non è questione di occupare, ma di essere il territorio. Comitato Invisibile, L’insurrezione che viene, Parigi 2007

Con questo documento vorremmo dare una lettura della città in chiave critica, partendo dal contesto rionale in cui siamo nati e di cui ci occupiamo, San Frediano. La realtà è sempre più chiara e definita: esiste un progetto condiviso dalle istituzioni comunali e da speculatori immobiliari e finanziari che sta trasformando il centro di Firenze in una città-museo, un bocconcino appetitoso e luccicante per investitori e turisti. Il disegno si articola in due parti. A destra dell’Arno, lungo il tragitto che va da piazza Duomo agli Uffizi e da Santa Croce a Santa Maria Novella, sono stati espulsi quasi tutti i residenti per far assomigliare il paesaggio urbano a quelle cartoline che attirano ogni anno un impressionante numero di turisti. Una città che si è trasformata nella vetrina di se stessa. A sinistra dell’Arno, invece, la rive gauche, dove si sta mettendo a profitto la narrazione mitica dell’ultimo quartiere popolare del centro di Firenze, San Frediano. Ecco allora che gli antichi residenti vengono sfrattati; al loro posto non si inaugurano tanto boutique e uffici, ma si alzano gli affitti degli appartamenti e si cominciano a ospitare i ceti intellettuali e creativi in cerca di autenticità. Nel frattempo le vecchie botteghe vengono sostituite con l’arrivo o l’espansione di bar, ristorantini, locali di tendenza per la movida fiorentina. Con l’ingresso nella rive gauche, nel momento stesso in cui si cerca l’autenticità se ne distrugge l’essenza. La borghesia uccide ciò che ama. Si svendono a privati gli edifici pubblici, si pedonalizzano le zone ritenute di una certa rilevanza commerciale, gli sfratti si fanno quotidiani, le piazze vengono rese luccicanti e munite di telecamere.


Assistiamo, cioè, a un’operazione di ingegneria sociale, in cui si cerca di addomesticare l’anima popolare del quartiere e di renderla funzionale agli interessi della speculazione immobiliare. E allora quello che era l’elemento indomito di San Frediano viene messo a profitto. Esso diviene, nella regia della gentrificazione, l’elemento eccentrico, vivace, saporito, pittoresco. Ci troviamo di fronte a un attacco, diretto e non, contro tutto ciò che è sociale, comune, condiviso. Un attacco contro le consuete pratiche con cui gli abitanti hanno sempre vissuto il quartiere. Il processo di sottrazione del centro storico agli abitanti di Firenze, e di espulsione e segregazione dei poveri e dei meno facoltosi, vede oggi la sua quasi completa attuazione ed è il simbolo della distruzione della vecchia idea di città. Riqualificazione - Sicurezza - Lotta al degrado: queste le parole d’ordine attraverso le quali si attuano i processi di ridefinizione del territorio. In mano alla Santa Alleanza dell’Impresa e dello Stato, la bellezza di Firenze è per noi l’ennesima sciagura. Le varie zone della città, i quartieri storici, hanno perso la vita che li caratterizzava, venduto le proprie bellezze, sostituito rapporti umani con rapporti economici. Come documentano anche gli storici che si sono occupati della nostra città, il potere più forte a Firenze è sempre stato quello della rendita fondiaria. La città si è più volte trasformata seguendo gli interessi privati di grandi proprietari o delle maggiori imprese edili. Le istituzioni comunali si sono sempre dimostrate subalterne o conniventi con questo centro di potere. Oggi la questione non cambia. Il motore di questa grande trasformazione del centro storico è sempre la grande rendita immobiliare, interessata a veder raddoppiati i prezzi delle case, dei fondi, delle sale commerciali, degli hotel, dei parcheggi privati che possiede. Prima si ripulisce il centro da immigrati, vagabondi, senza dimora e poveracci, poi si cacciano artigiani, piccole attività, i lavoratori più umili, quelli salariati. Infine toccherà agli studenti e a tutti coloro che sono tanto improduttivi quanto fastidiosi nel quadro del vendere e dell’apparire. Si verranno a creare enormi sezioni sulla mappa cittadina dedicate allo shopping e al commercio d'élite, un luna park per ricchi dove gli standard di consumo saranno talmente lontani dalle possibilità della stragrande maggioranza delle persone da risultare inarrivabili. Quella che era descritta come una graziosa cittadina diverrà un grande centro commerciale studiato per il turismo, dove i luoghi vissuti, come le piazze o i parchi, verranno chiusi, cancellati, sorvegliati.


È evidente la differenza tra alcuni quartieri del centro dove vi sono piazze, strade, giardini e altri luoghi di ritrovo, come San Frediano, e altri quartieri costruiti negli ultimi decenni, come Novoli, che di fatto, per la loro conformazione, impediscono ogni tipo di aggregazione. La trasformazione è lampante, sotto gli occhi di tutti, tutto sta nel volerla vedere. Stiamo osservando inermi la consegna delle chiavi della città al privato, allo speculatore. Il Quartiere, per come veniva inteso e vissuto, era un agglomerato di relazioni sociali all’interno del quale le persone prendevano vita come individui, in stretta connessione con il gruppo. Per questo i rioni erano zone della città caratterizzati ognuno da una propria specificità e da una propria vita, luoghi che si auto-alimentavano anche grazie ai legami che si stringevano nelle piazze, nelle strade, con una reale solidarietà tra le persone, resa possibile dal contatto, dal confronto, dalla condivisione. Il rione era quindi un pericolo per chi aveva, e continua ad avere, la pretesa di governare il territorio dall’alto di Palazzo Vecchio. Un qualcosa di mal controllabile, ingestibile, autonomo per tanti aspetti: un’entità potenzialmente riottosa, e dunque da disgregare. Un quartiere che godeva del suo essere popolare, vissuto e legato da vincoli di solidarietà, era proprio il nostro, quello che si estende dal borgo di San Frediano a quello di Santo Spirito. Un miscuglio tra artigiani, maniscalchi, manovali, operai, che ha vissuto in molti scritti fin dall’800, protagonista, negli anni tra le due guerre, di pratiche attive di resistenza al fascismo. Un borghetto composto da cunicoli, viuzze, vicoli e piazzette che prendeva vita per strada; che si determinava, insieme al quartiere di Santa Croce, come cuore di una città che invece oggi viene sventrata e privata di ogni luogo di socialità. La particolare composizione del rione di San Frediano ha ispirato e provocato, già con Pratolini e La Firenze sotterranea, forti attacchi mediatici e crude repressioni poliziesche. C’è Oltrarno, un quartiere dove i regolamenti municipali sono lettera morta. Se vi dico che c’è un quartiere, dove la polizia non va, se non a squadre di dodici o quattordici uomini, e dei più intrepidi e bene armati: un quartiere, dove il minimo subbuglio può tirare sulle strade, accalcare insieme a un tratto, centinaia di uomini e donne furenti: se vi dico, che c’è un gruppo di strade segregate che non servono come arterie di circolazione ma sono tutte chiuse in sé e vi pullulano a centinaia i ladri, i manutengoli: vi brulica la marmaglia, la bordaglia, la schiuma, il marame della popolazione, insieme accozzata (...) Pochi hanno udito parlare delle mura di San Rocco, di Malborghetto, di via del Leone, del Campuccio (...) Vi dico che tra questa bruzzaglia ci sono centinaia di


poverissimi mestieranti, gente che si serba incontaminata al contatto più pestilenziale. Vi dico che bisogna estirpare un’ulcera, la quale contamina la pura e serena bellezza di Firenze, e ci vuole ferro, ci vuole fuoco! Anche oggi gli spazi vivibili divengono oscuri, quasi vissuti clandestinamente: in nome del rispetto, della legalità, la tranquillità si traduce in una caccia serrata a tutto ciò che è socialità e aggregazione. Diventa un crimine urlare, cantare. Mettere un tavolo per strada dove giocare a carte, come una sedia fuori dall’uscio, diventa disturbo della quiete pubblica. La direzione che viene imposta alle nostre vite è quella di marcire tra stenti e solitudine, trovando del conforto in effimeri piaceri che, con la monotonia del caso, si ripetono tra le stesse quattro mura di sempre. Così il mutamento della città avviene non solo a livello urbanistico, ma anche a livello sociale. Sono cambiate le abitudini, gli stili di vita, l’immediatezza dei rapporti, la facilità dei contatti, relegati adesso a uscite serali, ristoranti, locali lussuosi o di tendenza. Una progressiva mercificazione delle relazioni, un addomesticamento in nome di ciò che ci è consentito, ha reso le persone attaccate ai propri averi e restie al diverso.


Oltre alla distruzione sociale di cui abbiamo trattato, anche a livello urbanistico vi sono molte speculazioni in atto, e previste, nelle strade di San Frediano. • Piazza del Carmine: da piazza, a piazza-parcheggio, al progetto di un enorme parcheggio sotterraneo, con box e posti auto a prezzi esorbitanti. La riqualificazione prevede un nuovo assetto della piazza. Quale? Sicuramente funzionale al profitto. Il quartiere si è opposto in più occasioni, e il Comune ha comunque chiarito che andrà avanti. • I Nidiaci: il giardino storico per i bambini di San Frediano oggi vede un cantiere che lo chiude per metà. Il Comune, non essendosi intestato lo stabile donato al quartiere dalla famiglia Nidiaci, ha provocato una situazione per cui alcuni parenti della famiglia hanno riacquisito lo stabile, per costruire appartamenti e relativi box auto. Anche qui gli abitanti della zona hanno manifestato la loro contrarietà, organizzandosi per autogestire il giardino. • Il Nuovo Conventino: il Comune ha fatto sì che un luogo storico dell’artigianato venisse abbandonato dagli artigiani stessi, stretti in una morsa di affitti spropositati. Una cacciata studiata per l’ennesima speculazione. Lo stabile è stato occupato da alcuni ragazzi del quartiere che vi hanno promosso varie iniziative, in primis una palestra popolare. • Gasometro/Asl Torrino Santa Rosa: speculazioni in cantiere, anche per questi luoghi. Il primo, dopo la bocciatura dell’ennesimo progetto di albergo, dovrebbe veder realizzato un centro fitness. La Asl è stata quasi completamente svuotata, in previsione di chissà che cosa.


Ripensare il quartiere Molti di noi pensano che resistere a questa incessante distruzione di qualunque forma di socialità e a questa progressiva alienazione urbanistica sia possibile. É necessario cioè porre un freno a questa metropoli in continua espansione, coerente solo con gli interessi di chi vuole, attraverso il commercio, dettare i ritmi dell’esistente. Per ripensare una società occorre in primis ricrearla, ovvero riallacciare quei rapporti sociali ormai sepolti sotto una coltre fumosa di egoismo e sospetto. Occupare lo spazio in via del Leone è per noi stata una naturale conseguenza di queste riflessioni. Crediamo che creare un posto del quartiere per il quartiere sia la migliore risposta possibile agli attacchi che San Frediano subisce da parte delle istituzioni e degli speculatori. Stiamo costruendo una biblioteca, una ludoteca, uno spazio dove fare colazione o bere qualcosa di pomeriggio, un’aula studio, un piccolo orto, una stanza dove portare ciò che non si utilizza più e dove prendere ciò che ci serve, un archivio di memorie orali sul rione. Non vogliamo lasciare alla privatizzazione e alla speculazione né il territorio del nostro quartiere né la narrazione delle nostre vite, passate, presenti e future. Se è sulla storia e la socialità di questo quartiere che si intende fare profitto, allora è nostra ferma intenzione riscoprire le storie del popolo di San Frediano. Ribaltargli contro lo stesso mito su cui intendono lottizzare un'altra porzione di città. Non sarà il mito di San Frediano che incentiva la speculazione sul quartiere ma, al contrario, la riscoperta della sue storie come asce di guerra, dissepolte da sotto i selciati dei vicoli e delle piazze, che diventano strumento, tra gli altri, per la costruzione di una nuova socialità, di un nuovo territorio. Abbiamo un bisogno vitale di spazi che ci consentano di affrontare collettivamente problemi comuni ed è per questo che abbiamo deciso di prenderceli, insieme, per cominciare da subito a organizzarci. Difendere l’occupazione di via del Leone significa difendere la possibilità di vivere la città a misura dei suoi abitanti, con i ritmi e i bisogni del quartiere. Aprire uno spazio di socialità in San Frediano permette di rafforzare le reti di solidarietà e di mutuo soccorso che sono sempre più essenziali in un momento di crisi economica che colpisce tanto più un quartiere popolare come il nostro. Il presente di San Frediano è tutto da scrivere e da sperimentare insieme, senza lasciare spazio a chi vorrebbe averne già deciso il futuro.


Partigiani antifascisti sparano da via de'Serragli, angolo via della Chiesa

f.i.p. Via La Speculazione dai quartieri


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