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nº.1 del 2013

dmc

direttore Ugo Canonici

Direct Marketing Marketing Comunicazione d’impresa DM & Comunicazione Organo d’informazione del Club C3

&

Comunicazione

Usare bene il telefono

Poste Italiane S.p.A. Sped in a.p. - d.l. 353/2003 conv. l. 46/2004. art1.c.1 - LO/MI - Trimestrale

Creatività e Innovazione

Marketing esperienziale Formazione Lo sviluppo della Rete di Vendita

Marketing

Benvenuta la spiaggia 2.0



Sommario

Le uscite di dm&c • n.1 marzo • n.2 giugno • n.3 settembre • n.4 dicembre

Anno 26 - no 1 del 2013

EDITORIALE 5

La domanda di riserva di Ugo Canonici

LA NOTA 6

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Dove è finito il know how di Guido Montacchini

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COMUNICAZIONE

Nuvolette alla riscossa di Grazia De Benedetti Quanto fa bene un “grazie” di Ugo Perugini Usare bene il telefono di Barbara Coralli Parliamo ancora di privacy di Marco Maglio Il cinema e i suoi spazi di Roberto Villa Terre di Siena di Luigi Pagnotta

CREATIVITÀ E INNOVAZIONE 14 Marketing esperienziale di Sarah Canonici

MARKETING 16 22 28 30

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Benvenuta la spiaggia 2.0 di Pier Giorgio Cozzi Un tormento diffuso di Axel Lo Guzzo Lo sviluppo delle Reti di Vendita di Mario Silvano Crowdsourcing e Reti Sociali di Carlo Cremona

COMUNICAZIONE CON I CANi 33 Non tirare! di Davide Canonici

RUBRICHE 34 Comunicazione & Benessere 36 Club dell’Osso

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PENSIERO LIBERO 38 Politica, comunicazione, carisma di Alessandro Lucchini

I temi trattati Direct Marketing una strategia di marketing che utilizza la comunicazione, con strumenti interattivi, verso un pubblico mirato per ottenere risposte misurabili

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Marketing tutte le attività che vengono svolte per giungere alla vendita dei prodotti/servizi offerti (dalla ricerca, alle indagini di mercato, alla post vendita)

Comunicazione d’Impresa utilizza in modo integrato gli strumenti della comunicazione per far conoscere al mercato l’offerta e determinarne il posizionamento

I partner di questo numero: pag. 39 pag. 40

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dmc Direct Marketing Marketing Comunicazione d’impresa

&

www.dmcmagazine.it Seguendo il passo dei tempi è nato dmcmagazine.it , il sito che si pone come punto di riferimento per tutti coloro che operano nel campo del marketing e della comunicazione di impresa. Una “agorà” nella quale ritrovarsi quotidianamente per essere aggiornati sulle ultime novità, per essere informati sulle linee e le tendenze.

La rivista dm&c, leader dal 1987, prosegue la sua opera di divulgazione della cultura del settore, appoggiandosi maggiormente sugli strumenti che la tecnologia mette a disposizione. Continua ad essere stampata, in un numero limitato di copie, e viene distribuita, nella sua versione digitale, con una news letter ad oltre 20.000 nominativi selezionati. Coloro che desiderano ricevere gratuitamente dm&c nella versione digitale possono inviare la propria mail a redazione@dmcmagazine.it o andarla a consultare sul sito www.dmcmagazine.it


Editoriale

La domanda di riserva

Ugo Canonici

Certi comportamenti li hai acquisiti dentro di te. Diventano degli automatismi. Dei riflessi condizionati. Tra questi c’è, per noi italiani, domandare, quando ci si incontra, “come va?”. Ti viene naturale: “Ciao, come va?”. Una volta a questa domanda si rispondeva con un altro automatismo “Bene, grazie”. E la cosa finiva lì. Anzi andava avanti con una conversazione che entrava negli argomenti di cui volevamo metter a parte il nostro interlocutore. Adesso è tutto cambiato (anche questo è cambiato!). Se ti fai sfuggire un “come va” vieni subissato da una sequela di lamentazioni. Tutte ben note, condivise, comprensibili. Sembra che chi ti sta di fronte non aspettasse altro per dare la stura ad una sofferenza che gli sta dentro e che ha un bisogno smisurato di riversare su qualcuno. E’ comprensibile. Visto il clima, visto l’infierire delle comunicazioni (accidenti sembra che tutti siano alla ricerca forsennata di raccontarti situazioni disperate), visti gli obiettivi problemi che una volta non c’erano ed ora ci sono. Ma, e non per fare l’incosciente ottimista, bisogna uscirne. Ed il modo è uno solo. Andare alla ricerca del bicchiere mezzo pieno. Anche il marketing e la comunicazione sono stati messi in centrifuga e strapazzati alla grande. Ed è successo quello che classicamente si verifica in tutti gli stravolgimenti: si cercano le soluzioni meno opportune, le vie che sembrano le più facili e che si spera risolvano. Si comincia a bistrattare il prezzo, magari si chiude un occhio sulla qualità, si mistificano i valori. Ci si riempie la bocca di parole (etica in primis) che non trovano più corrispondenza nella realtà. Si instaura un periodo che va così. E la cosa non aiuta. Ma poi quelli più attenti, quelli più preparati, quelli che capiscono si danno una mossa. E pretendono si il cambiamento ma non a spese dei risultati. Sanno che quello che devono realizzare vuole i giusti valori. E, nel riconoscere la centralità del cliente e l’importanza della gestione del dato che guida l’output intelligente chiedono delle cose diverse da prima ma, se possibile, con contenuti ancora più professionali. E questa è la svolta positiva. Il buono chiama il meglio. I compromessi sono cacciati all’angolo, i valori ritornano ad avere il loro giusto … valore. E forse così comincia il contagio. Marketing e comunicazione si avviano al cambiamento che il mercato richiede ma ci arrivano avendo capito cosa cambiare e ciò a cui non si può e non si deve abdicare. E’ un processo, come si diceva, contagioso. Ma solo attraverso questo meccanismo si può sperare di riconquistare una situazione generale nella quale non sia più “rischioso” chiedere “Come va?”. Anche perché l’alternativa e impegnarsi a trovare la domanda di riserva.

Ugo_Canonici@cleis.it

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La Nota Guido Montacchini

Anche durante il Rinascimento gli allievi affiancavano i maestri e apprendevano i segreti del mestiere in un virtuoso percorso di crescita continua

Le aziende oggi devono reinventare ciò che sapevano fare benissimo

Dove è finito il know how? -Facciamo un esperimento: prendiamo un autorevole quotidiano e leggiamo i titoli ed articoli riguardanti i dibattiti e le discussioni sulle ricette per uscire dalla attuale crisi economica proposte dai più autorevoli economisti, industriali, politici. L’esperimento può essere ripetuto con qualsiasi giornale o rivista di attualità. Fare sistema

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“Bisogna fare sistema” è stato a lungo il tormentone, “aumentare la produttività” è ora lo slogan, più che condivisibile, degli industriali, “preservare i diritti” è la altrettanto condivisibile risposta dei sindacati, non mancano i dettami della chiesa “intervenire presto” e le innumerevoli dichiarazioni dei politici “ripartiamo dalla politica”, “serve una nuova legge elettorale”. Le ricette appaiono semplici: “occorre valorizzare il patrimonio turistico culturale”, “puntare sulle nuove tecnologie”, “promuovere il made in Italy”, “incoraggiare le start up”. Ora mi sento più sollevato. Siamo in buone mani.

C’è un gran fermento, tantissime idee, molte soluzioni. La classe dirigente attuale sa esattamente cosa si deve fare. Rileggo meglio, mi sto appassionando. Inizia ad insinuarsi un dubbio. Tutti sanno esattamente cosa fare ma ho come l’impressione che le proposte siano un po’ più sfuggenti sotto l’aspetto del come farlo. Mi viene allora spontaneo rivolgere la domanda ai soloni: sapete come fare? Nessuno mi risponde. Provo allora in inglese, la lingua universale: do you know how? Una domanda sinistra Un brivido mi corre lungo la schiena; la domanda in inglese suona ancora più sinistra. Mi si materializza davanti agli occhi il termine know-how, entrato oramai a pieno titolo anche nella nostra lingua. Prendo il dizionario della lingua italiana. Know-how: s.m. inv., Capacità pratica e conoscenza teorica necessarie per l’impiego di una tecnologia, di macchinari, di impianti 2 estens. Abilità professionale specifica.


Cavolo… (s.m., Pianta erbacea delle Crocifere - Brassica oleracea- con fiori gialli riuniti in grappoli e foglie lobate), allora siamo messi peggio! Da una parte del mondo, quelli che definiamo, con un po’ di puzza sotto il naso, i paesi emergenti hanno adottato strategie e politiche mirate ad attrarre investimenti tecnologici stranieri, che insieme a lavoro portavano soprattutto conoscenze e competenze. Formazione ed esperienza Quello che non potevano insegnare i padri, i nonni, i capomastri, i propri colleghi più anziani perché non esisteva in quei paesi una consolidata cultura industriale lo portavano gli investitori occidentali, con formazione specifica, esperienza, condivisione, affiancamento. Molti investitori locali hanno ricercato “partnership tecnologiche” con industrie affermate della parte “avanzata” del mondo; loro ci mettevano i soldi, i soci “sviluppati” il know how. Gli operai, gli impiegati e i dirigenti delle neo-nate aziende locali hanno trascorso lunghissimi periodi di training on the job presso i partner occidentali per capire, per provare, per imparare in poco tempo quella che era stata l’esperienza sviluppata in decenni di attività specifica, costruita nel tempo, con fatica, investimen-

ti, con errori anche, partendo e migliorando quanto appreso da coloro che erano venuti prima, che a loro volta avevano fatto da maestri alle successive generazioni. Contestualmente in occidente si è incominciato a ridurre i costi. La conoscenza: un patrimonio E’ così che tante aziende si sono affrettatamente riorganizzate, senza gestire in modo oculato il proprio prezioso patrimonio: la conoscenza. Durante il Rinascimento gli allievi affiancavano i maestri, i “garzoni” di bottega apprendevano con faticoso lavoro i segreti del mestiere e, con il privilegio di partire con un inevitabile vantaggio, superavano i maestri stessi; partivano dall’esperienza e dalla competenza dei maestri per aggiungere la loro, in un virtuoso percorso di crescita e di miglioramento continuo. Molte aziende oggi si sono invece ritrovate nella paradossale situazione di doversi reinventare da principio quello che prima sapevano fare benissimo, con la conseguente perdita di tempo, qualità e soprattutto di vantaggio competitivo. Leonardo da Vinci andò a bottega dal Verrocchio, del resto, e se volessimo attribuirne una lettura più contemporanea potremmo parlare di “training on the job”, “mentoring”, “Knowledge management”.

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Comunicazione Grazia De Benedetti

Nella pubblicità odierna il fumetto potrebbe svolgere il ruolo importante che gli viene riconosciuto all’estero. E anche in Italia qualcuno comincia a crederci

Uno strumento immediato e versatile

Nuvolette alla riscossa - In Italia il fumetto, vittima di pregiudizi, occupa un ruolo marginale, specie in pubblicità, eppure la sua immediatezza e versatilità dovrebbero favorirne l’uso sui vari media in un periodo che vede rifiorire forme di sintesi visiva, specie per quei dati che sono lunghi da elencare. Sono in auge infatti le infografiche, che, con il nuovo nome, hanno adottato degli stilemi grafici tipici della comunicazione web (lo sviluppo in verticale dello scrolling), accompagnati da illustrazioni più belle e accattivanti delle solite torte e colonnine, benché non sempre correlate ai dati. Ampio spazio nel multimediale

Pubblicità di un evento tenutosi a Vigevano

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Con le sfumature espressive adattabili secondo le esigenze d’una comunicazione che si sposta verso digitale e multimediale, anche il fumetto può giocare le sue carte, come advertising su iPhone, iPad o android, attivato da un qr code o simili. È uno spot più

veloce e leggero di un’animazione, sia per realizzarlo che per fruirne, e la parola scritta facilita link e rimandi multimediali, oltre alla possibilità di sfruttare giochi visivi legati solo a lei e alla sua facoltà di suggestionare di più la memoria del semplice ascolto. In Facebook i linkate sono immagini e rimbalzano con facilità. Un nome per tutti, il disegnatore pubblicitario Makkox, che sfrutta bene i nuovi mezzi con strisce e vignette satiriche. Nei nuovi media anche il disegno animato funziona meglio di altri messaggi. Eclatante è il successo di Simon’s cat, nato dalla passione per i gatti di Simon Tofield e diventato un fenomeno mondiale, tanto da approdare alla pubblicità. Ma anche la nostra Pimpa, creata da Altan per i piccoli, va forte ovunque,


tanto da essere testimonial dei cartoni animati italiani. La rete favorisce le grandi potenzialità di strisce & Co, gli “AdverComics”, come già li chiamano, ma c’è ancora molta disinformazione da combattere e lavoro da fare. I successi del fumetto Diverso il discorso per la pubblicità stampata. Qui domina l’immagine singola, la fotografia, il cui realismo pare uno strumento promozionale irrinunciabile. Il disegno è relegato a esigenze specifiche: far leva sul fattore “simpatia” o promuovere soggetti astratti. Il fumetto però sta scalando successi in ambiti diversi dall’advertisng. La graphic novel annovera opere di livello letterario, da Maus di Spiegelman, vincitore anche di un premio Pulitzer, a Persepolis di Marjane Satrapi.

Ma già prima, vari autori italiani, da Buzzati a Hugo Pratt, ne avevano mostrato il valore. In paesi di cultura più aperta, alla graphic novel si riconosce dignità letteraria, tanto da ammetterla ai premi: dopo il Costa Awards, presto anche il Booker Prize, il più prestigioso premio letterario britannico. In Italia per la prima volta nel 2012, due titoli sono stati in lizza, come miglior libro dell’anno, a Radiotre. Per informare si sta affermando il graphic journalism, il reportage giornalistico, ma anche per la storia e la satira. Da noi per i giovani, a strisce le biografie di personaggi famosi, da Bob Marley a Pasolini, grazie all’editrice Becco Giallo. E sulla Rai, nel 2013, una nuova trasmissione TV, “Fumettology”: 10 puntate per 10 personaggi dei fumetti, e si prevedono altre due serie... Sono gli inizi, ma in crescita.

Tovaglietta che reclamizza l’isola d’Ischia

Tovagliette a strisce L’affermarsi della striscia in contesti diversi e più ampi potrebbe scardinare i pregiudizi che l’avvolgono come advertisement. -La ricchezza del fumetto è grande. -dice Luigi Bona, direttore di WOW Spazio fumetto di Milano. -Se usato bene, è ideale per avere respiro nel raccontare e col suo appeal bastano 2 o 3 vignette. E’ ottimo per promuovere il turismo. Piccole, ma efficaci idee fioriscono anche in Italia-. Recente l’uso di stampare le strisce sulle tovagliette di carta da pizzeria, invece degli elementi decorativi o commerciali. Mangiare in un locale e leggere una breve storia sotto il piatto è un’idea

Mostra internazionale dei Cartoonists a Rapallo

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Comunicazione Carosello forever Scomparso l’amato e rimpianto Carosello, la pubblicità TV è un succedersi di spot brevi e veloci, col testimonial di turno o affollati di immagini. I personaggi dei fumetti allora molto usati e non solo per dolciumi e giocattoli, sono quasi del tutto scomparsi. In Carosello, numerosi autori crearono con l’animazione storie gustose, dei veri e propri serial molto seguiti, i cui protagonisti furono i beniamini di bambini e adulti, diventando spesso simbolo, logo perfino, del prodotto. I lunghi spot di Carosello oggi sarebbero troppo costosi, ma quei siparietti indicano una strada tuttora valida: il pubblico, non solo i più piccoli, continua ad apprezzare le storie illustrate. Di recente la TV ha deciso di far rivivere la formula di Carosello (più breve). Una mostra sui 20 anni di Carosello si tiene a Milano, a WOW-spazio fumetto.

azzeccata, con molti possibili sviluppi. Nel 2006 due giovani hanno illustrato sulle tovagliette le storie di Capitan Novara per promuovere la città: la striscia ha avuto grande diffusione, guadagnandosi un premio della Camera di Commercio, è stata ricercata dai collezionisti e l’idea si è moltiplicata con altri personaggi per altre località. Ad Ischia è stata declinata su varie epoche e generi di narrativa: fantasy, noir, fiaba, horror, da un gruppo di giovani cartoonist della Scuola Italiana di Comix di Mario Punzo. Ogni fumetto, incorniciato da brand e loghi, si chiude col classico “continua”, per possibili sequel: nella fiaba, Biancaneve e il Principe azzurro cercano di salvare il matrimonio con una vacanza! Possibilità da cogliere

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Oltre alle tovagliette, la guida turistica è più facile e divertente. Inoltre, il design, che con il packaging contribuisce all’immagine del prodotto, recuperando altri attributi del fumetto, può rendere la guida più attraente, senza inficiarne la chiarezza. Gardaland, il parco divertimenti, si è pubblicizzato con una striscia, protagonisti una famiglia e un dinosauro, Prezzemolo: l’album ha avuto un buon successo di vendita e Prezzemolo è diventato il logo del parco. L’Abruzzo è il battistrada di una guida a strisce sulla regione, con storie illustrate da autori che lavorano per Bonelli e edita in varie lingue. Le guide sono diffuse in Francia, dove il fumetto promuove ogni tipo di prodotti, anche di prestigio. Il gigante Moncler ha celebrato i 60 anni dell’azienda, mettendo on line, l’autunno scorso, un fumetto in 6 puntate di cui era protagonista MonDuck, il papero/simbolo che cam-

peggia nei capi dell’azienda. Anche la Citroen si è raccontata con le strisce. Sprazzi intelligenti In Italia per ora sprazzi intelligenti e circoscritti, spesso ancora per il target infantile, come la Storia dei Puffi, per la Festa del Giornalino dedicata ai personaggi, al Castello Sforzesco di Milano. L’album, che esaltava le bellezze del castello, malgrado il grande successo, non ebbe seguito. Stessa sorte per i fumetti in occasione d’una fiera all’Autodromo di Monza, uno sulla città e uno sul suo parco. -Era un’ottima idea per creare un meccanismo di comunicazione che svelasse la Brianza, che nessuno conosce. -commenta Luigi Bona. -I fascicoli, rivolti ai ragazzi e piaciuti a tutti, erano andati a ruba! Ma l’operazione non è proseguita: non si coprivano neanche le spese. Dovrebbero essere campagne nazionali. Le strisce sono perfette per raccontare e informare: si può illustrare una località con Martin Mystère, raccontandone storie e misteri. Il problema è che chi dovrebbe servirsene non lo fa. Bisogna saper scegliere la storia e usarla con consapevolezza e capacità, ma molte agenzie non lo sanno fare o il cliente stesso dubita del mezzo. Così i nostri bravi autori sono richiesti all’estero, ma in Italia non riescono a lavorare. Uno come Bozzetto dovrebbe avere più spazio e alla Statale di Milano hanno eliminato l’unica cattedra di animazione del paese, dove insegnava GianAlberto Bendazzi, uno dei massimi esperti mondiali. Il fumetto continua ad essere importante. E’ l’unico che regge nel mercato editoriale e ha un futuro davanti. Ma sono ancora in pochi a crederci e non è sfruttato per quel che può rendere-. Come in altri ambiti, noi italiani stiamo perdendo le conoscenze di cui siamo ricchi. E’ ora di riappropriarsene con intelligenza. Le possibilità ci sono.


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Comunicazione Ugo Perugini

Esprimere gratitudine da parte dei manager è spesso la chiave di volta per rafforzare e migliorare il rapporto con i propri collaboratori Alcuni suggerimenti per non sbagliare

Quanto fa bene un “grazie”! - Vi racconto un episodio autentico che mi ha confessato un amico. La persona in questione lavorava come funzionario in una banca da poco tempo. Era soddisfatto ed entusiasta ma non aveva mai potuto avere la conferma da parte dei suoi superiori che stesse facendo un buon lavoro. E’ vero, nessuno si lamentava di lui. E l’attività procedeva regolarmente. Ma nessuno glielo aveva mai detto esplicitamente. Oltretutto, in certi casi, al mio amico, che è piuttosto intraprendente, piaceva introdurre piccole modifiche, miglioramenti nella prassi quotidiana dell’attività amministrativa che condivideva con i propri collaboratori, i quali apprezzavano e si adeguavano volentieri. Silenzio assordante

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Ma da parte dei capi, continuava questo silenzio assordante. Né lui riteneva opportuno avere un colloquio con i superiori su questi temi, anche per non apparire troppo insicuro e poco autonomo. A un certo punto, il mio amico si

chiese se stava facendo la cosa giusta, visto che qualche collega, meno attivo di lui, gli aveva fatto capire che tutta quella solerzia era praticamente inutile. E lui, forse, avrebbe perduto l’entusiasmo che lo aveva fin lì contraddistinto, se non fosse capitato un episodio che, invece, gli ridiede la carica necessaria. Il Vice Presidente della sua banca, un giorno, lo incrociò in un corridoio e, dopo averlo salutato cordialmente, gli disse: “Non abbiamo frequenti occasioni di parlarci in modo informale. Ma c’è una cosa che volevo dirle da tempo. Desidero ringraziarla per il lavoro che fa, per la spirito creativo che mette in ogni sua attività, per l’apporto innovativo che fornisce al suo ufficio.” Bastarono queste poche e semplici parole per ridare fiducia ed entusiasmo al mio amico che da quel momento continuò il suo lavoro con impegno e serietà e, in breve tempo, fu in grado di raggiungere grandi successi professionali in quella banca.


Un piccolo episodio come tanti ma significativo che conferma come la capacità di esprimere gratitudine da parte dei manager sia spesso la chiave di volta per migliorare e rafforzare il rapporto con i propri collaboratori. In sostanza, cosa significa dire “grazie”? Significa che ci siamo resi conto di quello che fanno gli altri, della loro capacità, della loro buona volontà. Significa che il lavoro che fanno ci interessa molto e ad esso siamo in grado di dare la giusta valutazione. Un clima positivo Un “grazie”, ricordiamolo, non impegna più di tanto ma ha il merito di rafforzare la fiducia che gli altri ripongono in noi, stimola l’amor proprio della persona a cui l’abbiamo rivolto, rinsalda il suo senso di responsabilità, favorisce una maggiore attenzione nei confronti dell’innovazione, dell’autonomia, e, di conseguenza, aiuta a migliorare la produttività dell’azienda e a sviluppare un clima positivo nell’ambito lavorativo. Non dite che è poco! Ma anche per dimostrare gratitudine, occorre seguire alcune regole che consentono di trarre da questo comportamento tutti i vantaggi possibili. Elenchiamo qui di seguito alcuni suggerimenti a cui attenersi. 1. Ringraziare deve essere collegato a un feedback. Il feedback, come noto, è un sistema per verificare, attraverso precise domande, se le indicazioni dell’azienda vengono seguite in modo corretto e opportuno. Quando lo facciamo, e ci rendiamo conto che le cose funzionano nel verso giusto, ecco il momento più opportuno per dimostrare gratitudine. 2. Il ringraziamento deve sempre essere sincero e specifico. Un “grazie” detto in modo generico non solo ha poco effetto ma rischia di apparire un atteggiamento ipocrita. Quando si ringrazia bisogna essere credibili ed efficaci. E individuare

con precisione qual è il motivo per il quale siamo disposti ad essere grati. 3. Ringraziare, per alcuni manager particolarmente attenti e sensibili, è un’attività che viene addirittura programmata. Essi conoscono le caratteristiche di tutti i propri collaboratori, i risultati conseguiti, le loro qualità specifiche. E, di tanto in tanto, cercano di sottolineare l’apporto che ognuno contribuisce a fornire. E’ importante far capire che il manager segue sempre e apprezza ove necessario il lavoro svolto. 4. Ma come ringraziare? Privatamente o pubblicamente? Questo dipende naturalmente dalle circostanze. In certi casi, può essere utile farlo di persona, in modo però che il ringraziamento non sia colto come un atteggiamento formale. E’ preferibile dedicare al collaboratore qualche minuto, mostrarsi sinceramente grato. In altri casi, il ringraziamento può essere pubblico, quando le persone coinvolte sono una squadra e non è opportuno fare delle personalizzazioni. 5. Si può ringraziare tramite mail? Naturalmente la cosa è fattibile anche se spesso una mail ha un peso specifico piuttosto modesto. Se si vuole che il nostro senso di gratitudine arrivi a colpire nel segno, è preferibile scrivere una breve nota a mano, con qualche commento che non sia banale o scontato ma ben individuato e personale. L’effetto di solito è garantito! Mai mischiare Occorre, però, stare molto attenti: se si ringrazia è meglio evitare - anche se talvolta la tentazione è forte - di approfittare dell’opportunità per sottolineare certi limiti o difetti del collaboratore. Si otterrebbe complessivamente un effetto “nullo”. Meglio tenere separate la valutazione positiva da quella negativa. Ci saranno altre occasioni per soffermarsi sui possibili miglioramenti nell’attività del collaboratore.

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Creatività & Innovazione Sarah Canonici *

Dassault Systemes ha realizzato una piattaforma software che permette di “toccare con mano”, attraverso una esperienza virtuale, i nuovi prodotti

Senza limiti di immaginazione

Marketing esperienziale -Cosa vuol dire essere innovativi oggi? Sono andata a leggermi la definizione su Wikipedia: “Innovazione è la dimensione applicativa di un’invenzione o di una scoperta. L’innovazione riguarda un processo che garantisce risultati maggiori.” L’immaginazione al potere

* Sarah Canonici Direttore Operativo di Cleis Comunicazione, promozione, servizi per l’impresa; una società che lavora con particolare attenzione alla creatività e all’innovazione. www.cleis.it sarah_canonici@cleis.it

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Ma a mio avviso essere innovativi oggi vuole esprimere un concetto molto più ampio. Vuol dire avere un approccio e un atteggiamento differente, lasciare che l’immaginazione abbia il sopravvento. Per avere una conferma di esperienza reale ho incontrato chi ha fatto della creatività e innovazione la propria missione. Monica Menghini, è Executive Vice President Industry, Marketing and Corporate Communications di Dassault Systemes, “The 3DEXPERIENCE Company” (3DS). 3DS è leader a livello mondiale nel software di progettazione 3D, nelle soluzioni di 3D Digital Mockup e nella gestione

del ciclo di vita del prodotto. I suoi applicativi di design e gestione dei processi e quelli esperienziali basati sul 3D avanzato e sulla realtà virtuale sono applicabili su aziende e organizzazioni di tutte le dimensioni e integrati sotto la grande piattaforma chiamata 3DEXPERIENCE.

Monica Menghini

Innovatori e consumatori Questa piattaforma rivoluziona il modo in cui “gli innovatori innovano con i consumatori”, collegando fra loro progettisti, ingegneri, responsabili marketing e consumatori


finali, all’interno di una nuova “social enterprise”. Come riuscite ad instaurare un rapporto con i vostri interlocutori? Per parlare con i nostri interlocutori oggi non bisogna essere solo innovativi, nel creare dei prodotti nuovi, ma soprattutto, dare vita ad una esperienza. Il valore aggiunto oggi è rendere protagonista il consumatore e fargli vivere subito delle emozioni che lo portano poi all’acquisto del prodotto. Creare una storia dove il consumatore diventa attore. L’azienda insieme a 3DS può costruire e quasi “toccare con mano” quella che sarà la realizzazione futura del prodotto che sta studiando, personalizzato a seconda delle sue esigenze e peculiarità. Il nuovo modo di fare comunicazione e business oggi è far riflettere e dare dei consigli che portino ad una esperienza coinvolgente. L’informatica oggi può e deve essere di supporto per dare vita a questo nuovo approccio. Con quali metodologie traducete in realtà questa “ esperienza”? Dassault Systemes ha realizzato la piattaforma 3DExperience che nasce proprio come una “piattaforma organica” con tante applicazioni che si combinano tra loro come un

“lego” a seconda di quelle che sono le esigenze dell’interlocutore. Costruire, attraverso una esperienza virtuale che aiuta l’immaginazione con evidenze sensoriali a collocare tutti i prodotti nella vita quotidiana. Un modo semplice di comunicare e di utilizzare tecnologie intelligenti creando applicazioni di social innovation e collaborazione alla portata di tutti. Ci può fare un esempio concreto? Faccio due esempi. Il primo nel campo medico. Stiamo realizzando importanti progetti a sostegno della ricerca medica in collaborazione con ospedali e centri di ricerca per le simulazioni delle fasi di diagnosi e decorsi delle patologie. Con una simulazione 3D, partendo dalla rilevazione di una patologia siamo in grado di simulare l’eventuale progressione e renderla così manifesta ai medici. Ma i campi di applicazione sono i più diversi, un altro esempio è l’esperienza immersiva di Paris 3D, un viaggio nel tempo attraverso la storia della crescita e dello sviluppo della città di Parigi. Migliorare la vita Questi sono indubbiamente metodi innovativi che basandosi su esperienze molto vicine alla realtà ti permettono di migliorare la vita. E’ quindi un invito a far sì che la tecnologia immersiva applicata allo sviluppo scientifico, ai grandi problemi delle risorse ambientali, alla diffusione della cultura e delle informazioni, della moda, e anche del turismo … possa essere sperimentata senza limiti di immaginazione!

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Marketing Pier Giorgio Cozzi

Multimedialità: una risorsa promozionale a disposizione anche dei gestori degli stabilimenti balneari e amministratori pubblici. Pensiamoci in tempo

Non aspettiamo l’arrivo dell’estate per attrezzarci ...

Benvenuta la spiaggia 2.0 - Si, lo so. Siamo in anticipo. Però su certe cose è meglio portarsi avanti… Per quest’anno non cambiare, stessa spiaggia stesso mare è stato il tormentone canoro di molte estati fa. La spiaggia citata nella canzonetta, metafora della vacanza estiva finalmente liberatoria dalle inibizioni di tutto l’anno, era ovviamente quella della Riviera romagnola, ombrelloni piadine e liscio e struscio. Questo prima. Adesso il cambiamento è arrivato anche lì: la multimedialità ha fatto il suo ingresso, confermando come l’intraprendenza, il marketing e la comunicazione siano gli strumenti indispensabili per l’imprenditore privato e quello pubblico. La spiaggia intelligente

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Il fatto: è arrivata, anche in Italia, la “spiaggia intelligente”. A Bellaria Igea Marina ha esordito la tecnospiaggia con tecnologia Plc (PowerLine Communication) che,

grazie alle onde convogliate, si serve della rete elettrica per la trasmissione dei dati. Nella fattispecie: ombrelloni con celle fotovoltaiche gestiti da remoto dal bagnino dotato di telecomando, lettini dotati di wi-fi per consentire ai bagnanti clienti di navigare sul web con smartphone e tablet, totem interattivi che consentono a chi vuole andare in spiaggia senza portarsi il pc di inviare immagini e cartoline elettroniche e, a tutti, di ricevere in tempo reale informazioni su meteo, eventi in programma e altre informazioni di pubblica utilità. Tutto ciò grazie a un progetto nato dalla collaborazione tra due aziende (www.umpi.it e www.telecomitalia. it) impegnate a fare business trasformando il settore balneare in un ambiente sicuro e multimediale. Una risorsa turistica Questa innovazione, la connessione wi-fi, una rivoluzione copernicana


per i gestori degli stabilimenti dei bagni che in Italia sono circa 12.000, dovrebbe aggiungere valore all’offerta del turismo balneare, come del resto già accade per il settore ricettivoalberghiero (quando è gratuito per gli ospiti, e non a pagamento come troppo spesso accade anche in alberghi pluristellati di catena e di proprietà). Il ragionamento è semplice: tablet e (sopra tutto) smartphone sono ormai accessorio insostituibile e sempre presente della maggior parte della popolazione di tutte le fasce d’età reddito e classe sociale; i social network costituiscono il flusso maggiore - per quantità di messaggi e di contenuti – degli attuali canali di comunicazione; il costo d’acquisto degli strumenti (telefono, tablet ecc.) e di gestione della messaggistica è a carico del cliente e non del gestore dello stabilimento balneare. Quale strumento migliore dunque per promuovere a costo zero il proprio ‘bagno’ di quello che consente alla simpatica famigliola di inviare via e-mail le foto immagini e commenti - della propria felice vacanza (“ehi, guardate qui dove siamo e come ci divertiamo, voi che state ancora in ufficio!) in tempo reale ad amici parenti e conoscenti. Quale passaparola (word mouth marketing, nel linguaggio degli esperti), può vantare una così penetrante efficacia nel turismo di massa, a spese degli stessi consumatori? Come ti vedono i turisti A proposito di foto on-line e delle potenzialità degli strumenti tecnologici per la promozione turistica, sentite che cosa scriveva Giulio David su GHnet.it nel suo Come ti vedono i turisti: dati e informazioni: “Sono passati vari anni da quando un primo esperimento tentò di trasformare i dati provenienti dal social network Flickr, in informazioni. Si trattava di uno studio condotto per verificare la corrispondenza tag/

luoghi dei turisti sulla riviera ligure in occasione della nascita del Sistema turistico locale savonese. Sullo stesso tema poi, la provincia di Firenze, commissionò una ricerca al Mit Lab (Sensible City Lab) di Boston al fine di individuare il comportamento dei turisti nella città, i flussi all’interno della stessa e di fornire un quadro generale del movimento dei viaggiatori in tutta la penisola. Una ricerca che sembrava precorrere i tempi ma che, in Italia, ha avuto scarso seguito. Migliorare una destinazione Nell’era dei social network sono ormai note le potenzialità che, ai fini della promozione, sono insite in questi strumenti, ma il loro impiego può andare ben oltre. Utilizzando gli scatti fotografici è possibile sapere cosa visitano i turisti, in quale momento della giornata, da quale parte della città arrivano e dove si dirigono: queste informazioni consentono alle DMO e alle autorità competenti di intervenire anche sui sistemi di mobilità e in generale su tutti quei servizi che concorrono al miglioramento qualitativo di una destinazione”. Il fatto che la spiaggia multimediale sia stata guardata con attenzione in Romagna, inoltre, è la conferma ulteriore che questa regione è tra le poche italiane che, turisticamente parlando, si adopera ‘tradizionalmente’ per innovare la sua offerta, adattandola al target e al mercato. Speriamo che la spiaggia 2.0 funga d’esempio: gran parte dell’Italia si affaccia sul mare e le nostre spiagge, in gran maggioranza, costituiscono la destinazione estiva del mercato domestico del turismo di vacanza. Teniamone conto.

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Comunicazione Barbara Coralli

Il successo di una comunicazione telefonica è il risultato di una accurata pianificazione e di una efficace realizzazione. L’insuccesso? Piccoli errori

Non è facile, ma è possibile

Usare bene il telefono Parte terza

Barbara Coralli Managing Director e Senior Partner di Studio Telemaco – Milano Opera da oltre 20 anni nel settore della comunicazione d’impresa. Esperta di Comunicazione PNL per i testi DM, web marketing e script di marketing telefonico. Nel 1988 fonda Telemaco Strategie S.r.l., società prevalentemente incentrata sul marketing telefonico B2B per azioni di alto profilo Nel 1993 fonda Studio Telemaco, più focalizzata su consulenza e formazione per il Customer Care coralli@studiotelemaco.it

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- Molto spesso le cose che sembrano le più semplici si rivelano essere le più complicate. Credo che tutti però siamo coscienti del fatto che comunicare bene non è facile, come potrebbe sembrare. A prescindere dal mezzo. E il telefono non sfugge a questa regola. Sappiamo che c’è spesso differenza tra ciò che si vuole trasmettere, ciò che si crede di dire, che si sa dire, che si dice realmente e, dall’altra parte, cosa il ricevente comprende, cosa percepisce, accetta e ricorda. Convinzioni errate Spesso siamo convinti di avere una grande familiarità con il telefono, ma si deve sapere che, quando lo usiamo come strumento di comunicazione professionale, dobbiamo applicare un tipo di approccio sostanzialmente diverso dall’utilizzo quotidiano personale. Ricordiamo che il telefono offre molti vantaggi ma, come per tutte le cose, ci sono anche alcuni limiti. Tra i vantaggi: contatto diretto ed

immediato, tempestività, rapporto personalizzato, scambio di informazioni e interattività. Tra gli svantaggi: il telefono non lascia tracce; non possiamo disporre di supporti per la presentazione, né possiamo cercare aiuto nella comunicazione non verbale - nostra e dell’interlocutore - quindi niente feed-back visivo per capire le sue reazioni e il suo livello di attenzione e comprensione del messaggio; è più facile che il nostro interlocutore subisca distrazioni e disturbi a nostra insaputa; il rifiuto è più facile, al telefono. Prepararsi bene Quindi è indispensabile preparare bene la comunicazione, mettendo in evidenza la propria personalità. E poi cercare di usare bene la voce, e soprattutto usare bene le parole. Mostrare un atteggiamento positivo, saper ascoltare. Completano un atteggiamento positivo: sicurezza, fiducia in se stessi, determinazione e concentrazione. Insomma, il contatto va preparato.


Il decalogo della telefonata doc

Un valido risposte ade- Siate positivi, affermativi e parlate con sicurezza supporto è guate ed - Siate cortesi, sorridenti, empatici e professionali lo schema argomenta- Create un rapporto personalizzato della chiazioni con- Parlate al momento giusto, senza incalzare ma mata-tipo e vincenti. senza esitare qualche frase Arrivando - Durante la conversazione, prendete appunti e date ben costruita infine alla messaggi di ascolto e interesse da spendere conclusione, - Al momento giusto, riformulate, soprattutto se al momento ricordiamoci non siete certi di aver compreso tutto perfettamente giusto. che va prepa- Quando formulate la proposta, siate chiari ed asE poi è oprata secondo sertivi portuno tel’obiettivo - Al primo segnale positivo, concludete con determinere conto che era stato nazione ed entusiasmo di alcuni fissato all’i- Non siate mai polemici e non vivete le obiezioni aspetti fonnizio, precome un attacco personale damentali. vedendo un - Accomiatatevi in modo cordiale ma non cerimoVelocemenpaio di alternioso né sbrigativo te: il mesnative, e una saggio deve formula che essere chiaro consenta di e comprensibile a chiunque, evitanmantenere il contatto e poterlo svido terminologie strettamente “tecniluppare in seguito anche se al moche” e inoltre bisogna che sia appromento non ci sono prospettive intepriato e non banale. ressanti. Prepariamo anche una frase Dobbiamo sapere molto bene a chi di commiato cordiale ma non banale vogliamo trasmettere questo message neppure sbrigativa (che non sembri gio, che cosa vogliamo trasmettere ”adesso che ho ottenuto quello che realmente, che immagine vogliamo volevo non mi interessi più”). che rimanga, qual è l’obiettivo del contatto, quali sono i vantaggi per Annotare tutto l’interlocutore. Evitare una sterile presentazione del La “storia” del contatto , cioè quello prodotto: quello che diciamo deve che è successo nel corso della conessere interessante per chi ci sta versazione, è molto utile: annotare ascoltando. informazioni, osservazioni, numero di chiamate, consente a noi, o ai Perseguire un obiettivo collaboratori/colleghi di poterlo sviluppare in seguito senza perdita di Nel corso della telefonata bisogna tempo o di informazioni. perseguire l’obiettivo di “scoprire” le In sintesi: il successo di una comuinformazioni che ci occorrono, prenicazione telefonica è il risultato di parando magari una lista, ordinata un’accurata pianificazione e di un’efsecondo un percorso logico. ficace realizzazione, mentre l’insucIl piatto forte sarà infine l’argomencesso è determinato da una serie di tazione. piccoli errori. Focalizzare le argomentazioni-chiave E visto che abbiamo parlato di obiee cercare di utilizzarle al momento zioni, eccone una che potrebbe vegiusto, adattandole in funzione di nire in mente: “bello, ma irrealizzaquanto appreso nella fase di “scoperbile”. ta”. La risposta? Tutto quello che è scritPrevediamo il maggior numero posto ha una lunga storia di conferme e sibile di obiezioni e domande del risultati positivi alle spalle. nostro interlocutore e prepariamo Non è facile, ma è possibile.

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Comunicazione Marco Maglio

Verso una nuova privacy europea: la proposta di regolamento comunitario sulla data protection prevede molte novità. Ma se ne dovrà ancora discutere Anche se il percorso è piuttosto lungo

Parliamo ancora di privacy - Parliamo ancora di normativa sulla privacy. Lo scorso anno la Commissione europea ha presentato la proposta di revisione della normativa comunitaria sulla protezione dei dati personali risalente al 1995: si punta a rafforzare i diritti degli utenti in materia di privacy online e a uniformare le 27 diverse legislazioni dei Paesi membri dell’Unione. Nuove regole

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La riforma è affidata a un Regolamento, immediatamente applicabile in tutti gli Stati membri, che istituisce un quadro normativo generale per la protezione dei dati personali. In virtù delle nuove regole, ogni cittadino dovrà essere informato in modo semplice e chiaro circa le procedure con cui i propri dati saranno gestiti da qualsiasi azienda con sede legale in Europa, a prescindere da dove si trovino i server. La maggior trasparenza imporrà ai gestori di indicare il tipo di dati di cui si è in possesso, gli scopi per cui verranno usati, la possibilità che vengano ceduti a terzi e per quanto tempo verranno conservati nei database. Ogni utente dovrà, altresì, fornire un

consenso esplicito all’impiego dei propri dati personali da parte delle aziende: il consenso non potrà, pertanto, essere presunto. Inoltre, ogni cittadino avrà pieno accesso alle informazioni sul suo conto e potrà decidere in ogni momento di cancellarle o trasferirle altrove. Diritto all’oblio Viene così formalizzato quel “diritto all’oblio” di cui in ambito privacy si parla da tempo. Non si potrà, però, richiedere la rimozione delle proprie informazioni personali dai database delle testate giornalistiche. La riforma elaborata dalla Commissione, prevede, inoltre, la modifica dell’obbligo di notificare tutti i trattamenti alle Autorità per la protezione dei dati personali. Tale passaggio verrà sostituito con l’introduzione di un onere di rendicontazione per chi effettua il trattamento. Ad esempio, imprese e organizzazioni dovranno “autodenunciare” quanto prima (normalmente entro 24 ore) alle Authority nazionali di controllo i casi di grave violazione della normativa privacy in cui dovessero incorrere.


avvocato.maglio@tin.it Avvocato in Milano e fondatore di Lucerna Iuris, il primo Network Giuridico Europeo formato da legali di tutti i paesi dell’Unione Europea esperti di questioni di marketing e di comunicazione. Insegna Diritto dei consumi e del marketing e Diritto della sicurezza Alimentare nelle Università di Milano e Parma. Dopo essere stato Consigliere Delegato di AIDIM (Associazione Italiana del Marketing Diretto ed Interattivo) per le relazioni istituzionali, le pubbliche relazioni e gli affari legali, dal 2004 presiede il Giurì per l’Autodisciplina nella comunicazione commerciale diretta e interattiva e nellevendite a distanza. E’ membro del Consiglio Direttivo di FEDMA (Federazione Europea del Direct Marketing) in rappresentanza dell’Italia.

Si statuisce, inoltre, la creazione di un meccanismo per il quale le imprese si dovranno relazionare solo con l’Autorità nazionale di protezione dei dati nel Paese dell’Unione Europea nel quale hanno la propria sede principale. Tra un Paese e un altro Analogamente, sarà possibile rivolgersi all’Autorità del proprio Paese anche se i dati sono tratti da un’impresa avente sede fuori dall’Europa. Per il cittadino europeo sarà più facile accedere ai propri dati personali e sarà agevolato anche il loro trasferimento da un fornitore di servizi a un altro (c.d. diritto alla portabilità dei dati), il che comporterà un miglioramento della concorrenza tra i servizi. Le norme UE si applicheranno anche ai dati personali trattati all’estero da imprese che sono attive sul mercato

unico e offrono servizi ai cittadini dell’Unione. Le autorità nazionali indipendenti di protezione dei dati avranno maggiori poteri in modo da applicare meglio le norme UE nei rispettivi Paesi. Potranno, ad esempio, comminare, alle imprese che violano il diritto dell’Unione, sanzioni pecuniarie di importo elevatissimo. Dal canto suo, la Direttiva, nello specifico, applicherà i principi generali e le norme di protezione dei dati alla cooperazione di polizia giudiziaria in materia penale: le sue disposizioni disciplineranno anche i trasferimenti di dati sia nazionali che transfrontalieri. Le autorità nazionali indipendenti di protezione dei dati avranno maggiori poteri sanzionatori, potendo arrivare a comminare, alle imprese che violano il diritto dell’Unione, sanzioni pecuniarie fino a 1 milione di euro o pari persino al 2% del fatturato mondiale annuo. Un iter complesso La discussione sulla Privacy ha ancora davanti a sé un iter lungo in Europa. Le proposte devono passare al Parlamento Europeo e al Consiglio dei Ministri per la discussione e, una volta adottate, entreranno in vigore dopo la loro approvazione definitiva. C’è ancora tempo quindi per prepararsi alla nuova privacy, ma è meglio iniziare a pensarci. Il Futuro arriva in fretta e spesso diventa Passato senza che nemmeno ci accorgiamo che è stato Presente. no1 - 2013 - dm&c

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Marketing Axel Lo Guzzo

Il recupero crediti è una risorsa strategica che si integra sempre di più con i processi commerciali e di marketing di una azienda attenta alle relazioni con i clienti

Una oculata gestione può diventare un vantaggio competitivo per tutte le Pmi

Un tormento diffuso - E’ un tormento ormai diffuso in tutte le aziende quello della scarsa liquidità causata dall’immobilizzazione dei crediti che alla fine si trasformano in sofferenze. La stessa azienda spesso distoglie personale interno con l’intento di concentrare tutta l’attenzione possibile per recuperare i propri crediti. Il più delle volte però, il risultato non è quello atteso, e gli imprenditori scoraggiati finiscono con l’abbandonare di fatto l’ipotesi di un recupero, perché al mancato guadagno derivante dai crediti non incassati e alla perdita degli interessi moratori, si aggiungono le spese sostenute. Nodo centrale

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Riscuotere i propri insoluti è diventato un nodo centrale nella vita di ogni azienda, sia essa coinvolta nella commercializzazione di prodotti, sia in quella di servizi. E tutto ciò assume maggiore rilevanza con riferimento alla situazione attuale, caratterizzata da una crescente difficoltà nella gestione economica aziendale, che è condizionata ulte-

riormente dalle enormi difficoltà finanziarie del momento. Negli ultimi anni, lo scenario di chi opera nel settore del recupero crediti è andato modificandosi notevolmente, influenzato, anche, dal cambiamento dell’intero scenario aziendale oltre che da quello delle persone di riferimento nelle aziende debitrici. Tutto ciò ha richiesto agli addetti al lavoro una naturale evoluzione del proprio ruolo con il bisogno da parte del recuperatore di acquisire un livello d’educazione superiore. Instaurare un dialogo Oggi, quindi, chi si trova impegnato nel recupero dei crediti, può essere facilmente paragonato a una sorta di consulente tra le parti, in quanto, deve essere in grado di instaurare un dialogo tra gli attori interessati che possa portare al raggiungimento di un accordo, vantaggioso non soltanto per il creditore ma anche per il debitore. Debitore che spesso è costretto a ritardare il pagamento semplicemente perché vittima a sua volta di ritardi


altrui, oppure perché realmente impossibilitato a saldare il debito contratto in quanto stretto dalla morsa della crisi. Analisi del rischio In questo panorama economicosociale, particolare importanza assume il limitare il più possibile i rischi d’insolvenza, ed eventuali problemi di carattere finanziario attraverso l’attuazione di efficaci politiche interne d’analisi del rischio, con una costante e precisa osservazione dei propri clienti nel tempo. Monitorare il rischio di credito insieme a un presidio della qualità di solvibilità, si pone come un passaggio obbligato per ottenere un proprio vantaggio competitivo, che per le imprese di piccole e medie dimensioni, rappresenta un elemento differenziante e di estrema importanza. Il processo d’analisi e d’identificazione del livello di fiducia deve prendere in considerazione adeguatamente i maggiori costi futuri cui l’azienda potrebbe andare incontro nell’attività di erogazione del credito; causato da eventuali pagamenti tardivi, o anche parziali o addirittura del tutto inesistenti. Il verificarsi di tali comportamenti da parte della clientela può generare danni per l’impresa molto superiori alla semplice perdita del credito poiché possono portare anche all’estinzione della relazione con il cliente con un riflesso negativo sull’intera immagine aziendale. Mix di relazioni In tal senso, quindi, il processo di recupero crediti si integra sempre di più con i processi commerciali e di marketing dell’azienda, sovrapponendosi e compenetrandosi con le attività di gestione clienti, in un mix di relazioni, tipico della realtà italiana, in cui i solleciti di pagamento s’intersecano con eventuali successive modifiche sulla fornitura, cambi

di condizioni contrattuali, mancate o ritardate consegne, reclami, escalation amministrative commerciali e legali. Basilare è quindi salvaguardare la relazione con il cliente, dimostrando appunto in tali contesti, la propria professionalità come azienda attraverso una gestione a carattere negoziale della situazione. Fattori quali la rischiosità e la profittabilità si possono dunque considerare come le due facce di una stessa medaglia che rendono possibile, un’allocazione ottimale delle risorse/sforzi del marketing, laddove vi siano le maggiori potenzialità in un ambiente a rischio accettabile. Merito creditizio La creazione, di una scheda per ogni cliente, contenente la misurazione del “merito creditizio” e del valore del cliente basato su giudizi d’affidamento nel tempo, fornisce l’azienda di uno strumento valutativo del rischio molto importante. E con l’aiuto della tecnologia, è possibile generare, in automatico, segnali di allarme quando un cliente o un intero segmento del portafoglio clienti si approssima a superare determinate soglie di accettazione del rischio. Con la diversificazione del portafoglio basata su una valutazione dei crediti/clienti, inoltre, si è in grado di porre in essere azioni pro-attive da parte del marketing, ove vi siano le maggiori opportunità di crescita in ambienti a basso rischio d’insolvibilità.

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Comunicazione Roberto Villa

Un importante veicolo della comunicazione è stato ed è il cinema. Il continuo progresso della tecnologia ce lo fa fruire oggi con modalità innovative

Per apprezzare un film è necessaria una “liturgia”

Il cinema e i suoi spazi

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- Quando i fratelli Auguste Marie Louis Nicolas Lumière inventarono il Cinema non poterono certamente immaginare che un “film” avrebbe potuto essere riprodotto sullo schermo di 3 pollici di un qualsiasi “smartphone”. Riprodotto si, guardato anche, visto no. Il Cinema, Kinéma, è un autentico sistema linguistico che pone una serie di regole per la visione del film; un grande schermo, comode poltrone, religioso silenzio, in un ambiente dedicato che, non a caso, porta il nome del “Sistema”: Cinema. Nessun amante della musica concertistica può pensare di ascoltare Mahler, ed un’ orchestra di 120 elementi, attraverso l’ altoparlante o le cuffiette di uno smartphone! Sia nel Cinema sia nella Grande Musica si pone il rispetto di una “liturgia”, una liturgia laica, che invita i celebranti a riunirsi nel posto deputato, la sala del Cinema o la sala da Concerto, od il teatro dell’ Opera, evvia. Al di fuori di questa modalità il “sistema cinema” cambia e si passa alla semplice visione di un film, cioè di

un prodotto del processo cinematografico, che risulta diverso di volta in volta, cioè in funzione del mezzo tecnico che ne consente la fruizione. In altri termini, sarebbe come leggere “I promessi sposi” nel riassunto di “Selezione del Reader’s Digest”, dove risulterebbe comprensibile, forse, il racconto, ma certamente a scapito di quella che è la ricchezza linguistica ed espressiva dell’ autore, cioè il fatto propriamente letterario. Già la visione di un film in ambiente famigliare, anche su un grande schermo di 50/60” ad alta definizione, porrebbe i problemi che tutti conoscono, che vanno dalla illuminazione e al silenzio dell’ ambiente, dalle interruzioni per le telefonate a quelle per il caffè. Tutt’altra cosa che il contesto “liturgico” della sala di un autentico Cinema. Il Cinema “in tasca” Nel 1978 è esploso il fenomeno della telefonia “Cellulare” e, mentre i tecnologi futurologi vaticinavano la “Tv sul cellulare”, la stampa tecnica enfatizzava la comunicazione del


marketing di molti produttori che presentavano telefonini con piccoli schermi, di bassa qualità e di pochi colori, ma “prossimamente televisivi”. Di fatto, i tv tascabili da 2”, doviziosamente presenti sul mercato, stavano per cambiare e diventare qualcosa che non era conosciuto, un nuovo mezzo audiovisivo dedicato alla telefonia mobile. Intanto nel 1980, da due grandi presenze nel mondo del video, Broadcast e Consumer, che facevano da capofila per gruppi di grandi marchi alleati, venivano presentati due prodotti di grande rilevanza; la prima fotocamera Digitale, la Mavica (Magnetic Video Camera che era in grado di registrare immagini su un floppy da 2”), da parte della Sony ed il Laser-Disc, di 30cm e due ore di registrazione, da parte della Pioneer. Contemporaneamente altri eventi tecnologici importanti mettevano dei punti di riferimento; uno era quello che superava per le prestazioni, la presenza dei computer “giocattolo”, dai molti marchi presenti sul mercato, si trattava del “PC”, cioè Il Personal Computer dell’ IBM, il gigante dell’ informatica professionale, l’ altro il CD, il Compact Disc, che trasformava l’ audio, da frusciante ascolto dei dischi in vinile, al silenzio assoluto dell’ Alta Fedeltà Digitale. L’ ibridazione dei prodotti rivolti ai mercati dell’ audiovisivo e della telefonia, dell’ informatica e della fotografia, ha dato luogo ad “oggetti”, spesso indefinibili, ma portatori di un nuovo modo di fruire ogni forma di conoscenza, cioè la cultura nel senso antropologico del termine, fino allora relegata a biblioteche, a pinacoteche, a cineteche e cosivvia. L’ enciclopedia diventava “multimediale” e ci faceva vedere la famosa corsa delle bighe, di “Ben Hur”, in un rettangolo di 4x2cm, mentre le poesie di Garcia Lorca potevano essere ascoltate nella dizione di Arnoldo Foà. Poco tempo dopo anche i film, di-

gitalizzati, finivano sul disco e venivano riprodotti sullo schermo del TV, il più grande era 32”, mentre quello dei PC più evoluti, era solitamente di 14”. Quel Film sullo schermo Il film poteva essere “visto” con il Tv in cucina, durante le attività domestiche o sul PC, in un riquadro dello schermo, durante il comune lavoro d’ ufficio. Appare molto chiaro che ogniqualvolta una realizzazione audiovisiva, il nostro film per esempio, cambi la modalità di fruizione, sia per il diverso contesto sia per il diverso canale, cambia anche la qualità della sua “comunicazione”, e quasi mai in modo migliorativo. Se è vero che questo cambiamento del “messaggio” è inconsciamente subito dal fruitore, all’ epoca del Laser Disc, alcune aziende offrivano delle scelte di “cambiamento del significato” della narrazione, di tipo “conscio”, cioè intenzionale, era possibile cambiare l’ iter della storia dall’ inizio al finale. Inventando ogni volta una storia differente. Proprio come alcuni esperimenti letterari degli anni ‘60 in cui il romanzo era costituito da pagine mobili, queste potevano essere cambiate nell’ ordine indifferentemente poiché una “leggibilità”, ed un “senso”, erano comunque assicurati in qualsiasi combinazione. Né il racconto video su laser disc reinventabile, né il romanzo dalla narrativa riscrivibile, hanno avuto successo. A cambiare il senso di quello che dobbiamo vedere e quello che dobbiamo leggere ci pensano già i produttori di contenuti per “Mass Media”.

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Comunicazione Luigi Pagnotta

Al centro dell’Italia, i luoghi più belli per meeting e congressi sono anche i luoghi più belli in ogni senso. E rendono leggeri anche i momenti più impegnativi

Attenzione alla tutela dell’ambiente e alla salvaguardia delle identità culturali

Terre di Siena - Grandi numeri, piccoli numeri, qualunque sia la dimensione dell’evento, per Terre di Siena Meeting non c’è differenza perché ogni evento viene comunque seguito con la massima cura. A questo si aggiunge il valore di un bacino culturale, paesaggistico e storico che arricchisce il patrimonio

Piazza Grande di Montepulciano

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di strutture presenti in tutto il territorio; come a Chianciano Terme e nell’intera Val di Chiana, dove questi eventi sono ormai una tradizione consolidata. E qui non esistono solo luoghi di appuntamento classici, come palazzetti e centri congressi, che vengono nor-

malmente utilizzati per questo genere di incontri, ma anche di location molto particolari – come teatri, ambienti di grande charme, pievi e sale, alcune ospitate in antichi complessi – in grado di trasmettere emozioni e calde sensazioni che renderanno leggeri anche i più impegnativi momenti di lavoro.

Servizi personalizzati Tutto il territorio provinciale è ottimamente dotato per accogliere grandi convegni, congressi di ogni livello, piccoli incontri, momenti di formazione, educational, godendo di una estrema personalizzazione dei


servizi e di un’accoglienza attenta in grado di esprimere una qualità coerente con lo spirito e la natura delle Terre di Siena. Infatti, non stiamo parlando solamente di un’offerta in termini di strutture e di professionalità, poiché da tempo molti operatori turistici si sono impegnati in una condivisione responsabile di un progetto che pone particolare attenzione alla tutela dell’ambiente e alle identità culturali di questi luoghi, come l’arte, la buona tavola e il vivere in armonia con la natura. Area a emissioni zero E’ questo il progetto Carbon Free che la Provincia di Siena ha attivato con lo scopo di arrivare, nel 2015, ad essere la prima area vasta ad emissioni zero. Il significato di questo progetto è concreto e pienamente attuabile, visto che tante delle strutture utilizzate per meeting e congressi, come anche quelle “ricettive” e di ristorazione, hanno già aderito a progetti-satellite di qualità con l’impegno di attivarsi per risparmiare energia e utilizzare

prodotti veramente a km 0. Incontrarsi nelle Terre di Siena sarà anche piacevole, oltre che utile, perché questi sono luoghi famosi in tutto il mondo per l’alta qualità della vita determinata dalle eccellenze agroalimentari, dalle antiche tradizioni, ancora vissute dalla popolazione, dalla presenza di terme che fanno di questa provincia la “più termale d’Italia”: tutte cose che garantiscono relax e benessere, facendo di questo un territorio non ripetibile altrove. Patrimoni dell’Umanità D’altra parte non è un caso che in provincia di Siena l’Unesco abbia individuato ed eletto “Patrimonio dell’Umanità” ben quattro luoghi: Pienza, San Gimignano, Siena e la Val d’Orcia. Quattro gioielli, tra i tanti, che rendono unico questo territorio, tanto da permettere di dire: “Terre di Siena Meeting, i luoghi degli incontri”.

www.meeting.terresiena.it www.congressi.vivichiancianoterme.it

Val d’Orcia


Marketing Mario Silvano *

I venditori sono il punto di forza di qualsiasi azienda. E quindi vanno gestiti e preparati con estrema e continua attenzione. Soprattutto oggi Elemento irrinunciabile è la formazione

Lo sviluppo della Rete di vendita

* Presidente di Silvano Consulting, società di formazione, consulenza, marketing operativo, sviluppo quadri commerciali. Dal 1961 tiene corsi in Italia e all’estero. Autore di libri su marketing e vendita.

- La figura del venditore è sempre stata fondamentale nell’economia organizzativa di una azienda. Buoni venditori hanno fatto la fortuna delle imprese presso cui lavoravano. Per questi motivi è sempre stata prestata la giusta attenzione al mantenimento e allo sviluppo della Rete di vendita. Ma come per tutte le cose anche in questo settore stiamo assistendo a dei cambiamenti. Se è vero che i “fondamentali” non cambiano è altrettanto vero che si stanno trasformando ed evolvendo i modi di rapportarsi tra il management e la Forza vendita. I fondamentali

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Tra le cose che devono essere oggetto delle stesse attenzioni di un tempo c’è il fatto che ci si deve dedicare alla preparazione e definizione degli obiettivi (risultati da ottenere). Le caratteristiche peculiari sono indicate da queste 5 lettere: S-M-A-R-T: 1) S pecifici 2) M isurabili 3) A ttuabili 4) R ilevanti 5) T empificati Ma, dopo aver definito gli obiettivi

di vendita, molto ci resta da fare. Una grossa responsabilità La responsabilità per lo sviluppo della Rete di Vendita e dei venditori è affidata, appunto, al Responsabile delle Vendite (Sales Manager) che nella guida dei Venditori può diventare un Coach. Non è un percorso immediato e di automatica realizzazione: non basta dire “aeroplano”, “volare” per diventare pilota. È indispensabile seguire un iter specifico, gestito da un esperto professionale in Coaching. Uno studio dell’International Personnel Management Association dimostra che, se la formazione migliora la produttività in media del 22%, con il Coaching si può arrivare all’88%. (Financial Time). Dal “telling” all’ “asking” Si tratta in sintesi di cambiare approccio e stile di management, non più basandosi sul telling (io ti spiego che cosa è meglio che tu faccia), ma sull’asking (io ti faccio delle domande e insieme con te individuo qual è la strategia più efficace per raggiungere l’obiettivo).


Mario Silvano “Coaching per il team di vendita”, edito da Il Sole 24 Ore.

Per fare un esempio concreto, di fronte ad un venditore che dice di voler scegliere una certa strategia d’azione, il sales - se non è d’accordo con quella scelta - invece di dirgli che cosa deve fare, può chiedergli quali sono le soluzioni alternative e arrivare a considerare con il collaboratore quella più adeguata. Il Coaching Il coaching è la grande novità nel campo della formazione. Il Coaching è un metodo innovativo di formazione che consiste nell’accompagnamento di un individuo (coachee) o un gruppo (team) da parte di uno specialista del cambiamento denominato coach. È una relazione di collaborazione, partnership, finalizzata al raggiungimento di obiettivi concreti e misurabili, relazionali o professionali. Il coaching è anche l’evoluzione naturale, nel campo della formazione, verso stili manageriali basati sulla leadership. Nel sistema tradizionale, infatti, il manager, anche nelle vendite, incentrava l’attività della propria squadra su se stesso. Ispirare e guidare Questo tipo di direttore parla molto. Impartisce ordini. Fa dimostrazioni. Dà suggerimenti. E infine controlla il lavoro dei propri collaboratori. Un ruolo molto attivo, che spesso però toglie spazio ed iniziativa alla squadra. Nel nuovo modello cosiddetto “coaching”, adottato da molte imprese, il ruolo del manager consiste soprattutto nell’ispirare e guidare le perso-

ne. Un ampio spazio è perciò lasciato all’iniziativa dei collaboratori. Il manager-coach, quindi, parla un po’ meno e in compenso ascolta molto di più. Continua a fare dimostrazioni e dare suggerimenti. Oltre a controllare, contribuisce a far riflettere i propri collaboratori, in modo che si autocontrollino.

Obiettivi per la formazione


Marketing Carlo Cremona

Far collaborare, su una particolare attività, insiemi di persone non organizzate in strutture preesistenti è un grosso vantaggio reso possibile dalla Rete

ABC Internet

Crowdsourcing e reti sociali

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- Tra le tante ragioni, non solo tecnologiche, che hanno contribuito a determinare lo straordinario successo della Rete, ve ne sono due sicuramente preminenti. La prima consiste nella capacità di aggregare i suoi utenti - singole persone o interi gruppi sociali - attorno a nuove intuizioni, a diverse ipotesi del “possibile”. La seconda discende dal fatto di consentire la messa a punto, sovente realizzata in modo diretto dagli utenti stessi, di applicazioni e servizi in grado di rendere tali aggregazioni attuabili. Il tutto spesso favorito dalla presenza di persone o di organizzazioni capaci non solo di intuire, talvolta con notevole anticipo, gli sviluppi inaspettati che l’utilizzo della Rete potrebbe mettere in luce, ma anche di seguirli nelle loro successive evoluzioni. Qualcosa di simile è accaduto anche nel caso “crowdsourcing”. Il termine è infatti stato usato per la prima volta in un articolo, ormai considerato storico, pubblicato nel giugno 2006 dal giornalista Jeff Howe sulla rivista Wired - testata di riferimento a livel-

lo mondiale per quanto riguarda le nuove tecnologie - dal titolo “The Rise of Crowdsourcing”. Collaborazione di massa In breve, si ha “crowdsourcing” (da “crowd”, folla, e “outsourcing”, esternalizzazione) quando lo svolgimento di particolari attività viene affidato a insiemi di persone non organizzate in strutture preesistenti. Ma, ancor più in generale, il termine viene ormai usato per definire la tendenza a utilizzare la collaborazione di massa, i cui processi di associazione e di coordinamento sono sempre più favoriti da strumenti - siti specializzati, reti sociali - disponibili sulla Rete. Ai suoi inizi il crowdsourcing si basava sull’impegno di volontari disposti a collaborare gratuitamente, contribuendo con il loro tempo e il loro lavoro al raggiungimento di obiettivi condivisi. Esempi ormai famosi di questa forma di volontariato sono le comunità “Open Source” (impegnate ormai in decine di migliaia di progetti di


sviluppo di applicazioni software liberamente disponibili), “Open Content” (dove ad essere disponibili sono invece contenuti editoriali di vario genere: testi, immagini, video e musica), oltre a “Wikipedia”, l’universalmente nota enciclopedia on-line. Forme di interazione Oggi, invece, il crowdsourcing rappresenta per le aziende una forma di “Open Enterprise” basata sulla cooperazione tra le loro risorse interne e quelle esterne e, per i freelance, l’opportunità di offrire i propri servizi attraverso forme di interazione rese possibili da infrastrutture tecnologiche e da strumenti di comunicazione capaci di estendere le loro capacità collaborative. Ciononostante, sia questo termine, crowdsourcing, sia i suoi particolari modelli di funzionamento sono stati e sono ancora oggetto di controversia. Il fatto è che in molte imprese, dove il concetto di specializzazione continua ad essere considerato fondamentale, i suoi principi, anche se convalidati da decenni di ricerche di sociologia economica, vengono tuttora considerati sconcertanti novità. E questo in particolare nelle aziende italiane dove fino a non molto tempo fa, i cambiamenti a strutture, processi e culture d’impresa richiesti dall’adozione di questi metodi di collaborazione (che potrebbero invece consentire notevoli benefici), non erano neppure presi in considerazione. La forza dei legami deboli Secondo Jeff Howe, la potenzialità del crowdsourcing è dovuta al fatto che, basandosi su proposte rivolte in modo indifferenziato a più persone, migliora la possibilità di trovare quelle più adatte a svolgere le attività richieste. Tuttavia questa è solo una parte della

filosofia del crowdsourcing. In realtà c’è dell’altro, anzi l’aspetto più importante era già stato messo in luce da Mark Granovetter - sociologo americano - in un suo famoso saggio pubblicato nel 1973 e intitolato “The strength of weak ties” ovvero “La forza dei legami deboli”. Saggio che è stato in seguito ripreso dallo stesso autore nel 1983 col titolo “The strenght of weak ties: a network theory revisited” dando origine a quello che è considerato il Manifesto della Nuova Sociologia Economica. La tesi di Granovetter è che le relazioni tra le persone tendono a integrarsi in reti sociali dove si creano meccanismi di scambio diversi da quelli presi in considerazione dall’economica classica. In particolare, chi è inserito in reti di “legami deboli”, basati cioè su conoscenze non particolarmente strette, ha possibilità di accesso a maggiori informazioni, e quindi anche a interessanti opportunità di lavoro, rispetto a chi investe socialmente soltanto nei “legami forti”, quelli cioè esistenti tra familiari, parenti e amici intimi. Il capitale sociale Una corrente d’idee, quelle proposte dalla Nuova Sociologia Economica di Granovetter, che ha avuto molta fortuna e, malgrado sia stata spesso criticata dalle teorie classiche della sociologia del lavoro, ha trovato applicazioni e verifiche in numerosi settori: da essa derivano ad esempio gli studi sul “capitale sociale” (ovvero sull’insieme delle relazioni interpersonali, formali e informali,

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Marketing

indispensabili per il buon funzionamento delle società complesse e altamente organizzate), sull’”economia informale” (quella cioè riguardante tutte le transazioni di beni e servizi che sfuggono alla definizione di PIL) e sui distretti industriali. In definitiva, per Granovetter è maggiore la probabilità di trovare un posto di lavoro sfruttando le reti sociali fatte di legami deboli, piuttosto che quelle fatte di legami forti. I legami deboli facilitano infatti scambi di informazioni provenienti da gruppi diversi di persone, i quali, essendo più eterogenei, possono aprire facilmente nuove prospettive. I flussi informativi generati dai legami forti hanno maggiori probabilità di essere simili e quindi meno utili da questo punto di vista. E anche se le persone sembrano più propense a “consumare” e a condividere le informazioni provenienti dai contatti stretti, la stragrande maggioranza delle informazioni proviene in realtà dai contatti derivanti da legami deboli. Da cui l’importanza dei social network come potenti mezzi per la condivisione di nuove idee, tenuto conto che la maggior parte delle informazioni che vengono consumate su Facebook o su Twitter, proviene da persone con prospettive, idee, e interessi diversi. Sei gradi di separazione

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Queste teorie sono state indirettamente verificate anche da un altro sociologo americano, Stanley Milgram, il quale era interessato dalla struttura delle reti di relazioni interpersonali che collegano i membri di una comunità. Milgram, convinto che anche in una vasta rete sociale ogni membro è connesso a uno qualsiasi degli altri da una breve catena di conoscenze intermedie, volle verificare quanti contatti erano effettivamente richiesti per collegare due persone scelte a caso, usando come comunità di rife-

rimento, gli interi Stati Uniti. Ebbene, dalle sue ricerche risultò che il numero medio di collegamenti intermedi necessari era di circa sei, da cui ha avuto origine l’espressione “Sei gradi di separazione”, resa celebre dal film omonimo. Un risultato quasi incredibile poiché Stanley Milgram ci ha fatto scoprire che l’intera umanità, costituita da sette miliardi di individui, per quanto possa apparire grande, è in realtà molto piccola, se bastano solo sei passaggi di conoscenza per arrivare a conoscere chiunque altro nell’intero mondo. La ricerca originale di Milgram venne condotta nel 1967. Nel 2006 è stata ripetuta usando il Web come riferimento, e anche questa volta la separazione media risultò essere di poco superiore ai sei gradi. Il social network dei cervelli Il crowdsourcing, che può essere visto come un modello per la soluzione di problemi aziendali di vario tipo, possiede una struttura così flessibile da permettergli di essere impiegato anche come strumento di scambio di attività creative. Per quanto riguarda il nostro Paese, gli scienziati, i ricercatori, gli innovatori italiani che vivono all’estero anche se non ritornassero più in Patria - non si dovrebbero considerare perduti, in quanto la conoscenza che essi producono nei Paesi che li ospitano può dare lo stesso contributo che ebbero le rimesse degli emigranti del secolo scorso. E poiché la conoscenza, oggi, è la vera ricchezza, il fatto di renderla accessibile in rete attraverso i suoi portatori, può produrre innovazione e progettualità. Basta per questo usare bene Internet, creando dei network specializzati che consentano loro di collaborare anche alla crescita economica dell’Italia. Un progetto di crowdsourcing che, se funzionerà, potrebbe rivelarsi rivoluzionario.


Comunicazione con i Cani Davide Canonici

La passeggiata con il cane deve essere un momento piacevole e utile per entrambi. Non è un risultato cui si arriva naturalmente, ma con una attenta educazione Sembra facile andare a spasso ...

Non tirare! La buona conduzione al guinzaglio è alla base di una piacevole convivenza ma, se non avviata quando il cane è ancora un cucciolo malleabile e privo di esperienze personali, diventa una pratica difficile da adottare, con il rischio di perdere le speranze di successo. Gli interventi correttivi possono essere adottati a qualsiasi età, naturalmente i tempi sono relativi ai soliti fattori; metodo, continuità degli interventi e disponibilità del cane a cambiare abitudini. Per ragioni pratiche e per evitare incomprensioni, è necessario stabilire dove il cane deve stare durante la conduzione; e non continuare a cambiare tra destra e sinistra. Le cause principali: scarsa educazione da cucciolo; metodi educativi inadatti o applicati in modo approssimato; conduttore di struttura fisica inadatta a condurre il cane; il cane vuol tornare a casa; il cane vuole raggiungere un luogo specifico perché attratto piacevolmente; il cane è particolarmente stimolato da presenze animali o umane. Cosa fare: è necessario avere una buona educazione di base, educare il cane alla condotta al guinzaglio, se già non lo sa fare, insegnargli molto bene il “torna”, sostare più a lungo nei luoghi di suo gradimento, favorire la socializzazione.

Interventi correttivi: non lasciargli mai scegliere il percorso della passeggiata, se possibile, cambiare spesso percorso, anche dopo averlo deciso, se possibile cambiare spesso luogo dove giocare, controllare bene la condotta al guinzaglio Un possibile esercizio: recati in un luogo privo di stimoli, siano essi positivi o negativi, meglio se al mattino presto, quando è molto attivo, se tira fermati e fai immediatamente una inversione di marcia avviandoti senza rallentamenti nella direzione opposta, non guardarlo e non parlargli. Se ti supera tirando nuovamente, ripeti l’inversione cambiando ancora direzione, continua ad invertire il senso di marcia fino a quando il cane sconcertato, rimane a fianco a te, fallo sedere e riprendi la marcia, tieniti pronto a ricominciare non appena si rimette a tirare. Se noti una certa resistenza, interrompi l’esercizio solo per tornare a casa, riprenderai domani. Inizialmente potrebbe accettare di non tirare per qualche metro ma, se intuisci che sta per tirare, prima dai un piccolo strattone, ripeto piccolo, di guinzaglio al fine di rallentarlo, se non risponde, esegui una inversione di marcia. Anche quando la conduzione avrà raggiunto un accettabile risultato, sarà sempre meglio ricordargli l’esercizio insegnato.

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Comunicazione & Benessere Antonella Lucato

Una buona reputazione, costruita magari in decenni di lavoro, può venir distrutta in pochi minuti da parole sparate dalla bocca come pallottole

Non è bene dare troppa importanza all’opinione altrui

L’Onore e il Valore - Onore, reputazione, onorabilità, sono parole dal sapore d’altri tempi eppure sempre attuali poiché, seppur comunicate in modo diverso, concorrono a formare il valore percepito di una persona e della sua attività. Una buona reputazione costruita magari in decenni di lavoro può venir distrutta in pochi minuti da parole sparate dalla bocca come pallottole. L’ordinamento giuridico prevede una serie di strumenti a difesa dei diritti della personalità dei quali fanno parte reputazione e onorabilità, le sanzioni variano a seconda della gravità dell’offesa. L’art. 595 del codice penale sanziona chi commette reato di diffamazione e offende l’altrui reputazione in modo verbale o scritto specie se a mezzo stampa o pubblicitario. Lo diceva Shakespeare

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Shakespeare in Otello III diceva: “ Il buon nome, mio caro signore, sia per l’uomo che per la donna è il gioiello immediato delle loro anime. Se uno mi ruba la borsa, ruba dei soldi, è qualcosa e non è nulla, erano miei,

ora son suoi, come già furono di mille altri. Ma chi mi truffa il buon nome, mi porta via qualcosa e non arricchisce lui e fa di me un miserabile”. Tra onore e valore la differenza è profonda e merita una riflessione: un’offesa all’onore colpisce la vita sociale, è legato alle relazioni esterne, ma una persona che abbia sviluppato una buona relazione con la propria interiorità può essere attaccata nell’onore ma conservare intatto il proprio valore. Ed è vero anche il contrario. E’ un’alchimia rara che il valore interiore di una persona coincida con il riconoscimento sociale ed economico e quando succede possiamo definirlo un vero successo. L’opinione degli altri Quello che pensa tizio o dice caio sul nostro conto influenza l’immagine che gli altri hanno di noi, condiziona le relazioni e di conseguenza l’agire degli altri nei nostri confronti ma dare troppa importanza all’opinione altrui ci rende vulnerabili e mette a


Antonella Lucato Scrittrice, autrice, giornalista. Ha pubblicato saggi, racconti, aforismi e poesie. Gli studi universitari, una lunga carriera nella comunicazione, l’approdo alla scrittura con i suoi diversi linguaggi espressivi fanno dell’autrice un’alchimista della parola. I suoi articoli, pubblicati in diverse testate nazionali ed internazionali da l’Accento di Socrate ad Alpes, da Il Sole d’Italia a dm&c trattano temi di comunicazione, filosofia, psicologia, crescita personale, arte e letteratura. rischio il benessere psicofisico, poiché quasi mai l’opinione degli altri corrisponde al nostro vero valore ma solo a quello sociale e apparente che raramente coincide con quello autentico. Conoscere il passato ci permette di comprendere e governare meglio il presente: storicamente l’onore era in mano, anzi, sulla punta della lingua di chiunque, dipendeva da ciò che un qualsiasi altro diceva e poteva andare perduto non appena a chicchessia fosse passato per la testa di oltraggiarlo. Il disonore era un colpo mortale che doveva essere lavato col sangue. Un tempo, contro offese e ingiurie ci si appellava al duello, si usavano forza e la destrezza fisica invece della ragione e riguardo al giusto e l’ingiusto non decideva ciò che ciascuno aveva fatto, ma, secondo il principio del point d’honneur, ciò che aveva subito. Un gioiello Questo pezzo di Diderot sull’onore è un gioiello da collezione: “Due uomini d’onore, uno dei quali si chiamava Desglands, fanno la corte alla stessa donna. Un giorno le siedono di fronte a tavola, l’uno accanto all’altro, Desglands si dà da fare per attirare su di sé l’attenzione della donna, ma lei non sembra udirlo mentre il suo sguardo si posa sul suo rivale. Allora la mano di Desglands, che proprio in quel momento stringe un uovo fresco, per effetto della gelosia si contrae facendo esplodere l’uovo, il cui contenuto schizza in faccia all’altro e, non appena la mano di questi accenna a muoversi, Desglands l’afferra, sussurrandogli all’orecchio: “Monsieur, è come se l’avessi ricevuto”. Ne segue il duello: il giorno successivo, Deslands compare con una larga benda nera rotonda sulla guancia destra, l’avversario viene ferito in modo grave, ma non

mortale, dopo che l’avversario si è ristabilito, segue un secondo duello: Desglands ha di nuovo la meglio, la cosa si ripete cinque o sei volte e ogni volta riduce la benda finché l’altro ci lascia la pelle”. L’onore era dunque più importante del valore che attribuiva a se stesso e alla propria vita. I tempi son cambiati ma oggi come ieri, quando ci si sente feriti nell’onore si scatenano emozioni forti. E le emozioni quando sono inconsce e non gestite, sconfinano in reazioni rabbiose distruttive verso se stessi o verso gli altri. Ascoltare la voce interiore Saggio è chi cammina per la sua strada e governa la sua barca ascoltando la voce dentro, che gli indica la rotta senza prestare troppa attenzione al blaterare dei poveri di spirito. Un tale, un giorno assestò un calcio a Socrate perché non gradiva il suo moraleggiare, stimolato a chiederne il castigo, rispose di non poterlo fare poiché i calci dell’ asino non erano mai stati chiamati in giudizio e l’adirarsi contro costoro è come metter mano alla spada contro le mosche. L’offesa, come il vento, fa il suo giro, e, prima o poi, torna a posarsi sul capo di chi l’ha inferta. Per dirla alla Vincenzo Monti: “Bisogna tener alta la fronte e passare con dignità attraverso le ingiurie de’ tristi”. La giurisprudenza prevede sanzioni a tutela dell’onore ma è sul valore di sé che si fonda una personalità sana e forte che sappia governare venti ed eventi, attacchi e crisi fluttuando tra le tempeste della vita, mantenendo saldo il timone.

Parole Pallottole, Difendersi dalla violenza delle parole è il nuovo saggio-racconto, di Antonella Lucato. www.edizioni-psiconline.it

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Club dell’Osso

Demetrio Minutilli

Il Piacenza Location Bureau nasce dall’iniziativa di alcuni operatori della Meeting Industry locale che hanno deciso di far conoscere l’ampia offerta per un turismo di qualità

Tiriamo su le maniche

www.clubdellosso.it clubdellosso@clubdellosso.it

Ed è quello che hanno fatto alcuni imprenditori piacentini, creando il Piacenza Location Bureau, un progetto per il futuro della meeting industry lombarda, nonché una “ una vetrina di fondamentale importanza per le location piacentine” – afferma Ilaria Rossetti, responsabile del progetto insieme a Fabio Russo. Ed è per Piacenza e la sua provincia un’occasione unica per farsi conoscere e per emergere come realtà adatta a un turismo d’affari di qualità. “Conosciamo le nostre enormi potenzialità ma da anni stiamo “perdendo tempo” – prosegue Rossetti – E’ arrivato il momento che anche fuori dalle nostre mura e dai nostri confini provinciali si inizi a parlare di Piacenza come una meta ideale per convegni, congressi ed eventi aziendali in generale. Il Club dell’Osso, sempre attento alle novità della Meeting Industry ed alle iniziative, ahimè sempre più private, ha accettato l’invito ad una visita rapida ma molto ben articolata e densa di contenuti. Un tour interessante

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Iniziamo la nostra visita dal Castello di Gropparello, situato nell’ omonimo paese, su una rocca che domina la Val Vezzeno. Risale al XIV secolo e rappresenta uno splendido esempio di castello medioevale perfettamente conservato. Una ottima location per eventi di medio taglio, e per serate in costume. Come tutti i castelli, ha le sue leggende ed i suoi misteri. Naturalmente, si parla anche di un fantasma.

Pochi minuti e giungiamo a La Volta del Vescovo, facilmente raggiungibile dall’autostrada. Un armonioso complesso costituito da una villa del ‘700, da un’originale corte emiliana sulla quale si affacciano fabbricati dell’antica fattoria e porticati, il tutto circondato da un vasto parco con alberi secolari. Il Salone degli Archi, che può accogliere fino a 350 persone, con il suo caratteristico soffitto a volta, costituisce un elegante spazio per ogni evento. Ristorazione ottima, offre piatti della tradizione piacentina. Subito dopo percorriamo, le dolci colline del piacentino nella Val Tidone per arrivare al borgo di Torre Fornello, una importante azienda vitivinicola conosciuta per i suoi vini a livello internazionale. Il borgo risale al 1400-1600 ed è composto da villa padronale, cantine storiche e di lavorazione, vecchie scuderie, la taverna, ed una stupenda terrazza panoramica sulle valli piacentine. Terminiamo il nostro tour visitando il Castello di Grazzano Visconti risalente al 1395. Ubicato nella prima campagna piacentina all’interno dell’omonimo borgo, realizzato nei primi del ‘900 dal Duca Giuseppe Visconti di Modrone. Circondato da un elegante parco di cui fa parte uno splendido giardino all’italiana. Il castello dispone di due ampi saloni e un cortile interno che hanno mantenuto intatto il loro fascino. Come tutti i Castelli anche quello di Grazzano Visconti ha ovviamente il suo fantasma...


dmc

Comitato scientifico Bruno Calchera Membro delegato del Tavolo del Terzo Settore della Regione Lombardia. Già Direttore U.O. della Comunicazione Istituzionale della Regione Lombardia. Giornalista. Direttore Marketing in case editrici. Consulente alla Comunicazione in Enti pubblici e privati. Impegnato in attività del Terzo Settore da più di 30 anni. Alberto Contri Attualmente presidente della Fondazione Pubblicità Progresso e DG della Lombardia Film Commission. E’ stato Vice Chairman di McCann Erickson World Group Italia, consigliere della Rai, AD di Rainet, Presidente AssAP. E’ docente di Comunicazione Sociale alla IULM. E’ Grand’Ufficiale dell’Ordine al merito della Repubblica Italiana. Marzia Curone Partner di “Relata”, Agenzia di Marketing e di Comunicazione di Relazione. Presidente del settore Direct Marketing di Assocomunicazione, Coordinatore del Comitato Interassociativo Marketing Diretto. Michele Faldi Direttore dell’Alta Formazione e delle Alte Scuole dell’Università Cattolica del S. Cuore. Ha lavorato presso centri culturali ed istituti di ricerca e formazione in Italia e all’estero. Da sempre si è occupato di Higher Education. Chiara Grosselli Già responsabile del Marketing e delle Comunicazioni per l’IBM in Italia, delle Relazioni Esterne e della Fondazione IBM Italia. Collabora con diverse associazioni per sostenere l’imprenditoria femminile. Ha vinto il Premio “Marisa Bellisario”.

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Fondato nel 1987 Rivista di Direct Marketing, Marketing e Comunicazione d’Impresa Autorizzazione tribunale n° 300 del 19/04/1991 Anno 26 - n° 1 del 2013 Direzione, Redazione, Grafica, Amministrazione: Via Spallanzani 10 - Porta Venezia - 20129 Milano tel. +39.02.74.22.22.1 - fax +39.02.74.22.22.23 e-mail: redazione@dmconline.it redazione@dmcmagazine.it - www.dmcmagazine.it Direttore Responsabile: Ugo Canonici Capo Redattore: Sarah Canonici Redazione: Carlo Cremona, Grazia De Benedetti Coordinamento Redazionale e Grafica: Davide Canonici Editore Incaricato: Bruno Calchera Collaboratori: Ugo Clima, Pier Giorgio Cozzi, Barbara Coralli, Vittoria A. D’Apice, Antonio Ferrandina, Axel Lo Guzzo, Antonella Lucato, Alessandro Lucchini, Marco Maglio, Domenico Matarazzo, Demetrio Minutilli, Guido Montacchini, Ugo Perugini, Maurizio Quarta, Margherita Ruggiero, Mario Silvano Pubblicità: Gestita direttamente dall’Editore (redazione@dmcmagazine.it) tel +39.02.74 22 22.1 Iscrizione ROC: 16511 Deus Editore s.r.l.: via Spallanzani, 10 - 20129 Milano - P.I. IVA 11422020153

Club C3:

Il club per chi opera nel mondo della comunicazione d’impresa, ha come missione una corretta divulgazione della cultura della comunicazione. dm&c è l’organo d’informazione del Club C3

Alessandro Lucchini Giornalista e copywriter, è autore di libri sulla comunicazione professionale. Tiene corsi di business/web writing per aziende ed enti pubblici e insegna all’università Iulm di Milano. Stampa Maurizio Nichetti Architetto, attore, sceneggiatore, regista di cinema, televisione e cartoni animati. Debutta nella regia cinematografica con RATATAPLAN a cui faranno seguito una decina di lungometraggi. Attivo anche nel teatro di prosa, nel teatro lirico e nel cinema d’animazione.

LIGURGRAF s.n.c. Via Moggia 80/G c.a.p. 16033 Lavagna (Ge) Italy Tel 0185.598342 - www.ligurgraf.it - info@ligurgraf.it Gestione abbonamenti Via Pindaro, 17, 20128 MILANO Tel. +39 022520071 Fax +39 02252007.333 info@directchannel.it

Bruno Patrito Silva Fondatore e presidente di Direct Channel - con oltre 30 anni di esperienza, maturata prima nell’ambito di prestigiose aziende leader dell’I.T. e trasformata successivamente in attività imprenditoriale.

www.directchannel.it - www.miabbono.com Mario Silvano Presidente di Silvano Consulting, società di formazione, consulenza, marketing operativo, sviluppo quadri commerciali. Dal 1961 tiene corsi in Italia e all’estero. Autore di libri su marketing e vendita.

Chi sono i 20.000 lettori di dm&c (da un’indagine del Gennaio 2013)

A QUALI AZIENDE APPARTENGONO

Roberto Vallini Già direttore della Comunicazione di AEM Milano, e vice Presidente della FERPI. Giornalista, è stato Portavoce del Presidente della Lombardia Roberto Formigoni, ha pubblicato il libro “Per una Lombardia federale”. E’ Direttore Editoriale e di informazione di Telereporter, Odeon Tv e Telecampione.

QUALE FUNZIONE HANNO IN AZIENDA

Utenti di comunicazione

67,4%

Titolari, presidenti, amministratori

19,1%

Agenzie di comunicazione e meeting planners

25,1%

Commerciali, marketing

51,8%

Associazioni professionali, Pubblica Amministrazione

7,5%

Direzione pubblicità, responsabili Rel. Est.

29,1%

Qualora non vogliate ricevere più questa pubblicazione potete inviare una mail a redazione@dmcmagazine.it, specificando nell’oggetto “cancellatemi dal data base”.


Pensiero Libero

di Alessandro Lucchini*

Riflessioni in margine alle elezioni di febbraio

Politica,comunicazione, carisma *Alessandro Lucchini, giornalista e copywriter, Autore di libri sulla comunicazione professionale. Tiene corsi business/ web writing per aziende ed enti pubblici e insegna all’università Iulm di Milano. www.palestradellascrittura.it lucchini@msoft.it

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Cara lettrice, caro lettore, queste righe escono il 28 febbraio 2013. Non posso garantire che avranno ancora un’attualità nel momento in cui le leggerai. Ma un senso, quello penso di sì. Grazie. Carisma, dal lat. eccles. charisma, gr. kàrisma, der. di karis, “grazia”. 
 1. La grazia come dono di Dio. Nel linguaggio teologico è la semplice grazia santificante infusa a tutti i credenti col battesimo, o un dono soprannaturale concesso a una persona a vantaggio della comunità. 

 2. Nelle scienze sociali è il complesso delle facoltà e dei poteri straordinari che una persona ha e che le vengono riconosciuti da un gruppo, consentendole di assumere un ruolo direttivo. 

 3. estens. Capacità di esercitare un forte ascendente sugli altri, grazie a doti intellettuali o fascino personale, e di assumere la funzione di guida. Fin qui, è il Treccani. Da qui in poi, c’è la nostra percezione. In famiglia, nella scuola, nello sport, in ufficio, tra amici, per strada. Lo sappiamo che cos’è il carisma. L’abbiamo provato di sicuro sulla nostra pelle. Forse qualche volta l’abbiamo anche agìto. Di certo l’abbiamo scelto o subìto. Però non abbiamo voglia di studiarlo. In genere accettiamo il fatto che c’è, o non c’è. Le ultime elezioni ne sono una dimostrazione. Berlusconi ce l’ha, Bersani non ce l’ha. Grillo ce l’ha, Renzi ce l’ha, Maroni ce l’ha, e così via. «Non sa parlare al cuore della gente» (“alla pancia”, sì, dicono proprio “alla pancia”). Ma è sufficiente farli sgolare? farli ridere? Panem et circenses: siamo ancora lì? A me la comunicazione, se è quella roba lì, non piace per niente. Penso che la politica non sia un teatro:

dire al popolo quello che vuol sentirsi dire, cercare l’applauso, la risata. Quello è cabaret. «Franco! ohhh Franco!!!» Voglio credere ancora che la politica sia un’altra cosa. Voglio credere in una comunicazione di valori, di idee, di inclusione anziché di esclusione, di vantaggi per tutti. La comunicazione è una scatola: dentro dev’esserci qualcosa di buono, altrimenti il buon comunicatore è una nefandezza. Hitler, Mussolini, Mao e altre centinaia di dittatori hanno cominciato come “buoni comunicatori”. Continuo a credere che la comunicazione in politica, in democrazia, tanto più nell’era social, con la possibilità di far partecipare milioni di persone, sia un’altra cosa. E allora analizziamolo, il carisma. Distinguiamo la forma dalla sostanza. Controlliamolo, il “buon comunicatore”, perché altrimenti ci fanno passare qualunque cosa. C’è sempre un simpaticone che ci seduce, ci addormenta il cervello, e poi ci ruba il cuore. Ma così muore la ragione. Così muore la democrazia. Se pensiamo a un leader, è utile comprenderlo prima come persona. Chiederci se lo faremmo sedere a tavola con noi. Se gli affideremmo i nostri figli. Poi valutarlo come esperto: prenderci il tempo per verificare se quello che ha detto l’ha poi fatto, se ciò che promette è realizzabile o è fantasia. E se non sappiamo rispondere, studiare ancora, approfondire, partecipare. Possiamo imparare molto dalle orribili elezioni del 24-25 febbraio. In teoria abbiamo cinque anni (forse qualcosa meno?) per prepararci. Per crescere nella coscienza democratica. Per smettere di lamentarci. E per ricordarlo, poi quello che impariamo, per conservarlo, per usarlo nella vita. Il nostro futuro comincia lì.




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