City Life Magazine N 11

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ENERGIA E AMBIENTE PER LA CITTÀ DEL FUTURO

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CITY LIFE MAGAZINE ONLINE • SETTEMBRE/OTTOBRE 2014 • ANNO II N.11 BIMESTRALE


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CITY LIFE MAGAZINE N.11

Somm

CITY LIFE MAGAZINE ONLINE • LUGLIO/A

008 EDITORIALE

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Il mercato del car sharing in Italia

Roberto Maietti

Pierpaolo SIgnorelli

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Il Paese del “Sol Nucleare”

Dossier Acqua. La crisi senza voce

Pierpaolo SIgnorelli

Adriano Piglia, Giulia Mazzanti

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Certificazioni Leed: principi attivi Andrea Calatroni

ASPETTANDO EXPO Pietro Mezzi, Andrea Calatroni

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Smart Meetings

HIGHLIGHTS

ANIE – Gruppo Gas static Meters

Redazione CLM


CITY LIFE MAGAZINE

mario

AGOSTO 2014 ANNO II N.10 BIMESTRALE

070 FOTONOTIZIA Redazione CLM

072 SMART CITY Francesca Cipollone

074

ACCESSO ALL’ENERGIA Alessandro Seregni

076 NEWS Redazione CLM

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CITY LIFE MAGAZINE N.11

Dossier Acqua. La crisi senza voce

• Il Paese del “Sol Nucleare”

Articoli

• Il mercato del car sharing in Italia

• Certificazioni Leed: principi attivi

• Smart Meetings: incontro con il Rinascimento Urbano

Aspettando EXPO

• EXPO 2015 e la compensazione bilanciata

CO Smart City

• Verona Smart City

Fotonotizia

• Casa passiva mediterranea


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• City Life Magazine

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Editoriale • Casa dell’acqua

• Germania: architettura temporanea e sostenibilità

• Dalla UE l’indicazione di puntare sul digitale per l’educazione

Highlights • Fleet Up

• Smart portable solar cooker

ONTENUTI • Energy Technology Perspective 2014

Accesso all’Energia

• Volo sostenibile dal Hensinki a New York

• PC in rete per le zone dell’Africa off-grid

News

• Energia dal mare: affidabilità e bassi costa per la turbina Nova 30


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Direttore Responsabile Roberto Maietti

Advisory Panel

Giuliano Busetto, Vittorio Cossarini, Alessandro Ferrero, Alessandro Gasparetto, Diego Gavagnin, Giambattista Gruosso, Biagio Longo, Emanuele Martinelli, Umberto Sampieri, Marco Vecchio

Direttore Editoriale Mauro Bozzola

Coordinamento redazionale Francesca Cipollone

Redazione

Andrea Calatroni Alessandro Seregni Pierpaolo Signorelli

Grafica Editoriale Fabrizio Maietti

City Life Magazine Copyright© Ediplan Editrice Pubblicazione registrata presso il Registro della stampa del Tribunale di Milano N° 478 del 21 dicembre 2012 codice ISSN 2283-6950 Diffusione 68.000 copie È vietata la riproduzione totale o parziale della rivista senza l’autorizzazione dell’editore.

Direzione e Redazione

Via Olmetto, 17 20123 Milano TEL +39 02 84561856 redazione@citylifemagazine.net

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Editoriale di Roberto Maietti


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ome era uso dire Totò: “è la somma che fa il totale”, quindi per ottenere dei grandi risultati può essere sufficiente attuare tante piccole semplici azioni. È quello che si sta facendo in vari Paesi per realizzare significativi risparmi di energia e ridurre l’emissione di CO2. Purtroppo non sono convinto che anche in Italia si stia procedendo con gli stessi criteri nonostante le tante dichiarazioni di intenti. Nei giorni scorsi mi trovavo in California e ho potuto constatare una sensibilità e una attenzione nei confronti del risparmio energetico che mi hanno abbastanza sorpreso. Ben sappiamo che la benzina in America costa poco, che la disponibilità di petrolio è abbondante e che il costo dell’energia elettrica è basso, eppure girando per le strade delle città californiane si scopre un’attenzione verso il problema energetico davvero significativa. L’utilizzo di fonti di energia rinnovabile è ormai molto diffuso, basti pensare che tutti i parchimetri, molto presenti nelle città, sono alimentati tramite un piccolo pannello solare. Stesso dicasi per le telecamere installate nelle strade e autostrade. Molte città

hanno poi sostituito i vecchi autobus con veicoli elettrici e la presenza di auto come la Tesla, nonostante i costi, è sorprendentemente elevata. Mi ha poi particolarmente colpito il fatto che su alcune autostrade sia riservata una corsia, quella di sinistra, la più scorrevole, alle vetture che trasportano almeno due persone e in qualche caso almeno tre, con multe significative per i trasgressori. Una chiara penalizzazione nei confronti di coloro che usano l’auto da soli, generando spreco di energia e inutile produzione di CO2. Desidero chiudere con un rimando all’EXPO 2015 per ricordare che l’esposizione universale di 100 anni fa, quella del 1915, ha avuto sede a San Francisco dove rimane, nella zona di Marina, a memoria di quell’evento, il Palazzo delle Belle Arti che richiama il Pantheon. Sono certo che di EXPO 2015 rimarranno tracce meno invasive e più naturali, le premesse infatti per un EXPO sostenibile sono concrete, come impareremo a scoprire con la rubrica “Aspettando EXPO” che ci accompagnerà nei prossimi numeri di City Life Magazine.

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Il Paese del “Sol Nucleare”

La corsa verde del Giappone tra promozione delle rinnovabili e rivisitazioni del nucleare (seconda parte) Pierpaolo SIgnorelli


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ome spiegato nella prima parte dell’articolo pubblicata in City Life Magazine N. 9, il Giappone ha compreso l’importanza delle FER. Per questo è stato approvato il Feed in Tariff Act (FIT) per incentivare gli investimenti e l’uso di energie rinnovabili. L’Act on Purchase of Renewable Energy Sourced Electricity by Electric Utilities, la legge approvata nel luglio 2012, prevede che con apposite ordinanze ministeriali si determini il prezzo riconosciuto alle utilities per l’acquisto di energia prodotta da fonti rinnovabili sulla base di un accordo (il purchase agreement) per la durata massima di 20 anni. Gli incentivi in questione si applicano agli impianti, approvati dal Ministero dell’Economia giapponese (METI), che producano energia elettrica da un qualunque tipo di fonte rinnovabili (PV, eolica, bio-masse, geotermica …). La legge impone ai gestori l’acquisto di elettricità derivata da fonti rinnovabili a prezzo pre-determinato, ma aggiornabile. Pertanto, se un produttore di energia rinnovabile richiede a un operatore di un impianto elettrico di siglare un contratto per l’acquisto di elettricità a un prezzo predeterminato e per un periodo fissato dal governo, l’operatore è obbligato ad accettare la richiesta. Nel complesso, il meccanismo FIT giapponese, anche grazie alle agevolazioni fiscali introdotte nel 2011, è più conveniente rispetto a misure analoghe adottate da molti Paesi dell’Unione Europea, e decisamente superiore rispetto al secondo e terzo conto energia nostrani che, come si sa, si sono rivelati del tutto dispendiosi per gli utenti italiani.


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Infatti, i prezzi per l’elettricità da fonte FER vengono stabiliti dal METI ogni anno, e tali prezzi sono basati considerando il totale di energia prodotta dalle rinnovabili, consentendo al Ministero di “reimpostare” gli incentivi a seconda del livello di progressione nel mercato della generazione realizzato dai nuovi impianti. Fra gli obiettivi primari della presente architettura normativa c’è quello di incoraggiare – stabilmente – gli investimenti migliori e, dunque, favorire il ricambio: quelli iniziali sono tendenzialmente più vantaggiosi in quanto, non godendosi di una tecnologia particolarmente avanzata, debbono poter usufruire del finanziamento migliore al fine di assicurare la sostenibilità dell’opera. Tuttavia, la Commissione di Valutazione stabilisce i sovvenzionamenti in modo tale che non si possano realizzare speculazioni, né sulle quantità, ossia sui MW ancora residui, né sulla qualità, cioè sulle performance migliori che gli ultimi impianti installati andrebbero a realizzare. C’è sempre una proporzionalità fra numero di impianti installabili, taglia degli stessi, tecnologia disponibile e finanziamento concesso. L’obiettivo finale è complesso e ambizioso, non sempre raggiunto fra i paesi che hanno intrapreso la strada delle FER: far evolvere la tecnologia e l’industria di settore in misura tale da realizzare una progressiva diminuzione degli incentivi fino a non dover più usufruire delle FIT e, parallelamente, creare una capacità generativa sufficientemente grande e performante da risultare adeguata alle esigenze del Giappone. Le premesse sembrano essere molto incoraggianti: secondo il METI, al primo mese di avvio del nuovo “meccanismo”, 33.695 aziende e privati si sono registrati per vendere energia rinnovabile (potenza nipponica). La previsione – già parzialmente avveratasi – è che sia le aziende giapponesi (a cominciare da Sharp, Panasonic, Kyocera e Mitsubishi) che quelle straniere vedranno crescere esponenzialmente le opportunità di business.

Connotato di particolare rilievo è l’adesione sempre più convita al nuovo meccanismo da parte di aziende che non sono del settore energetico, ma che hanno colto le potenzialità e i vantaggi dell’operazione e si sono già inserite nel settore. Il caso forse più eclatante è quello di Softbank – uno dei giganti della telefonia mobile giapponese – che ha in progetto di installare entro il 2015 dieci impianti solari – per una capacità complessiva di 182,2 megawatt (MW) – e 4 impianti eolici (48 MW). Due solar farm sono già state inaugurate a luglio. Yomeishu Seizo Co., produttore di bevande medicinali, investirà 800 milioni di yen per la costruzione di un impianto solare, mentre NTT (Nippon Telegraph and Telephone Corp.) ha investito 15 miliardi di yen per costruire impianti fotovoltaici in 20 località; perfino la spagnola Gestamp Automocion – componentistica per veicoli – ha recentemente annunciato di essere entrata sul mercato con un progetto da 90 miliardi di yen in tre anni. Eppure, malgrado le numerose e importanti promesse industriali – chi meglio e più del Giappone potrebbe sfruttare il suo potenziale tecnologico per una produzione elettrica da rinnovabile e più in generale per un’economia de-carbonizzata – in febbraio il governo giapponese ha presentato la relazione finale sull’energia, nella quale dichiara che i reattori nucleari aventi gli standard di sicurezza stabiliti dall’Autorità di Regolamentazione nucleare possono riprendere, da subito, l’attività e sono all’incirca una cinquantina! Il ministro dell’industria Toshimitsu Motegi ha sostenuto che “il progetto – di ri-avviamento – è equilibrato e pratico. Il piano energetico del Paese per i prossimi 20 anni sottolinea l’importanza dell’energia nucleare come fonte di base, accanto al carbone, all’idroelettrico e alle altre rinnovabili”. Sebbene la maggioranza di governo sia mutata nelle recenti elezioni, passando da progressista a conservatore, non va creduto che quanto sia stato attivato in campo delle FER sia perduto o dimenticato.


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Contatti: Web site: www.asapsmf.org Antonio Bonacina - UniversitĂ degli Studi di Bergamo - antonio.bonacina@unibg.it Elena Ciscato - UniversitĂ degli Studi di Bergamo - elena.ciscato@unibg.it tel. 0352052385

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Quello che si sta pensando di fare in Giappone è un’integrazione delle rinnovabili e non una brusca sostituzione basata sulla priorità delle FER che oggi, fra tecnologia disponibile, costo degli idrocarburi e necessità da soddisfare, testimonierebbe solo una pericolosa fuga in avanti. La spiegazione delle scelte governative Vanno infatti tenute presenti alcune esigenze economiche di base che vanno meglio a spiegare la scelta del Governo. Per cominciare, sul fronte gas, s’impone la duplice necessità di contenere la dipendenza del paese dal GNL e di diminuirne la spesa che, dopo due anni e più di blocco sulle centrali nucleari, sta diventando astronomica, con inevitabili contraccolpi sulla produzione e sui consumi. Inoltre, avendo già funzionanti le centrali nucleari, se queste hanno superato i test di sicurezza, è impensabile nel brevemedio periodo di non utilizzarle. Non si dimentichi che come seconda potenza industriale dell’Asia, il Giappone si trova a dover appagare una fame energetica di oltre 1100 TWh annui, cioè qualcosa pari a poco meno del 400% in più rispetto a quanto si genera e consuma in tempi di crisi qui da noi, quantità che le FER, con l’attuale tecnologia a bassa densità energetica non sono, neanche lontanamente, in grado di soddisfare nemmeno per la parte di loro spettanza. Il compito delle rinnovabili è quello di andare a coprire

negli anni a venire una quota aggiuntiva che si potrebbe aggirare intorno al 10%; molto dipenderà dalla combinazione, più o meno felice, dei numerosi fattori che concorrono alla crescita del settore (crescita economica e dei consumi, tasso di sviluppo tecnologico, prezzi degli altri vettori energetici ecc). In ogni caso si tratta di un’aliquota di tutto rispetto se si considerano le dimensioni di quel mercato e gli handicap di partenza. I successivi sviluppi ci diranno se il Governo vorrà mantenere la barra del timone su questa rotta di compromesso, ovvero accelerare sulle rinnovabili, oppure riposizionarsi sulle precedenti soluzioni. In chiusura, un’ultima riflessione: l’intero progresso economico e la correlata qualità della vita di una società si basa sulla disponibilità energetica, ossia sulla facilità ed economicità nello sfruttamento delle risorse; pertanto l’indisponibilità delle stesse anche per un periodo contenuto – ma in realtà lunghissimo secondo i parametri odierni, come un black-out di due o tre giorni – provocherebbe il crollo politico e la successiva anarchia, qualunque sia la causa che ha provocato l’interruzione: politica, tecnologica o economica. Pertanto la priorità di qualunque governo è assicurare, sempre e in qualunque condizione anche straordinaria – l’erogazione energetica; in questa visione l’energia è innanzitutto uno strumento politico perché consente l’ordinata vita sociale.


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l’evento europeo di riferimento per il mondo della mobilità del XXI secolo NEW TOPICS • Trasporto

pubblico locale e ferrovie regionali • Infrastrutture e tecnologie per il parking • Sicurezza stradale • Telematics Insurance

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SAE SISTEMI ELETTRICI

Innovare nel segno della tradizione

Nell’audace architettura progettata da Massimilano Fuksas per i 225 anni di Nardini batte il cuore tecnologico dei controllori Beckhoff, che si avvale di una rete di comunicazione dove informazioni e comandi viaggiano su protocolli DALI, ASi, Modbus e RS-485 a cura della Redazione

Bolle è il simbolo di quello che oggi Nardini vuole rappresentare: un’azienda che riesce a coniugare tradizione e innovazione.

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asta imboccare il ponte degli Alpini, che unisce le due sponde del fiume Brenta, per imbattersi in quella che fu l’originaria sede dove nel 1779 Bortolo Nardini diede inizio alla produzione di grappa: proprio quel distillato che oggi - pur continuando a riportare sull’etichetta la denominazione originale di “Aquavite di vinaccia” - viene da tutti comunemente denominata grappa. Oggi, a distanza di oltre 200 anni dalla sua fondazione, la Ditta

Bortolo Nardini S.p.A. continua a produrre grappe e liquori apprezzati in tutto il mondo, coniugando tradizione e innovazione. Leader nel settore della grappa, ogni anno nelle sue distillerie di Bassano (VI) e Monastier (TV) si distillano vinacce di uve rigorosamente provenienti dall’alto Veneto e dal Friuli. Le bottiglie di grappa vengono poi distribuite in tutti i maggiori Paesi del mondo, Cina e Giappone inclusi. Un’idea rivoluzionaria divenuta realtà Il progetto delle Bolle è una straordinaria opera architettonica scaturita dalla volontà della famiglia Nardini e dalla creatività di Massimiliano Fuksas che, in un sapiente gioco di livelli, abbina al mondo sospeso di due capsule ellissoidali trasparenti uno spazio polifunzionale ricavato sotto il pelo di uno strato d’acqua, sulla cui superficie si rispecchiano le vetrate curve delle due bolle. Al suo interno sono ospitati il laboratorio di ricerca e controllo della qualità, una serie di spazi meeting, e un moderno auditorium utilizzato per i clienti, i visitatori, e anche eventi culturali di


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primo piano, come quelli nel contesto della rassegna OperaEstate di Bassano. “Vista la peculiarità del progetto, la famiglia Nardini ha pensato che una struttura come le Bolle dovesse distinguersi a livello architettonico e tecnologico”, ci spiega Giovanni Cavallin, presidente di SAE, system integrator di Bassano del Grappa specializzato in impiantistica elettrica civile e industriale. “Dopo un accurato lavoro di personalizzazione, abbiamo realizzato una soluzione perfettamente integrata nell’architettura delle Bolle che, a parte due sole pulsantiere di accensione ai rispettivi ingressi, non vedono null’altro di più” ha aggiunto l’ing. Riccardo Marin, curatore delle soluzioni software che contraddistinguono il progetto. Tutto è infatti comandato attraverso un’architettura basata su PLC

Beckhoff che, dialogando in vari protocolli di comunicazione, rende possibile l’intera gestione del building in modo molto semplice e intuitivo.

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Tutti i punti luce si trovano incastonati negli incroci dei montanti in acciaio. Le tende sfruttano il doppino già presente e le loro motorizzazioni sono state considerate come lampade DALI.

La sfida della perfetta integrazione Complessivamente, sono stati impiegati 4 PLC Beckhoff BC9000, uno in ogni bolla, nella centrale termica e nell’auditorium sotterraneo, che agiscono da controllori dedicati, raccogliendo i segnali e inviando i relativi comandi attraverso quattro differenti protocolli di comunicazione: DALI, per la gestione dei punti luce, ASI, per la gestione dello schermo di proiezione e dei tendaggi che oscurano la vetrata dietro il palco, seriale RS-485, per il comando delle poltroncine Frau ed in fine Modbus TCP/ IP, per il collegamento al sistema

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Una porzione del quadro di controllo. Il PLC Beckhoff dispone di 7 schede madri master DALI a cui fanno riferimento un centinaio di indirizzi.

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AMX di gestione professionale audio&video e HMI. I quadri di comando, dotati di UPS (gruppi di continuità), consentono il corretto funzionamento del sistema anche in caso di emergenza energetica, garantendo quindi la continuità d’esercizio in tutta sicurezza. All’interno delle Bolle, diverse solo per dimensioni, ci sono circa 80 punti luce, tutti interconnessi via bus DALI, liberamente dimmerabili e gestibili singolarmente o per gruppi. La peculiarità dell’architettura in vetro e acciaio, che non consentiva l’installazione di tubazioni flessibili o di canaline, ha posto SAE in condizione di affrontare la grande sfida di rendere completamente invisibili tutti i cavi di collegamento. Sfida brillantemente risolta facendo passare il doppino DALI all’interno delle guarnizioni delle 256 “tessere” di vetro che compongono ciascuna bolla. Un lavoro davvero certosino, che ha anche comportato la realizzazione ad hoc di tutti i punti luce incastonati negli incroci dei montanti d’acciaio. La struttura a vetri consente di godere a 360° dell’impagabile sce-

nario montano circostante Bassano, ma non si dimostra la migliore soluzione per garantire a livello di comfort. Così si è pensato di inserire una serie di tende parasole per filtrare i raggi solari e ottenere maggior comfort ambientale. L’uovo di Colombo è stato proprio il bus DALI e la modularità dei dispositivi Beckhoff. Le tende sono motorizzate con una soluzione ingegnosa, che considera i motori come se fossero lampade DALI e, quindi, facilmente integrabili nella pre-esistente architettura di controllo. Installabili in configurazione libera a seconda delle necessità, le tende sono comandate attraverso un software di supervisione ad hoc che, attraverso sinottici, consente di azionare i motori in modalità salita o discesa, continua o a impulso, regolando correttamente le tende in tensione senza superarne il punto di strappo, non disponendo di fine corsa. Tutto da PC touch In ogni bolla la gestione della supervisione si trova in una sala controllo da cui, attraverso un software HMI e uno schermo touch, si comanda l’intera struttura: le luci, sia singolarmente che per gruppi in modo totalmente dimmerabile, e la temperatura di climatizzazione e di riscaldamento. Il PLC Beckhoff BC9000, collegato al quadro di controllo della centrale termica, garantisce la gestione delle condizioni ambientali interne delle bolle, mentre le tende sono controllate attraverso dispositivi wireless (notebook o tablet). Nella bolla che ospita il laboratorio di ricerca e controllo della qualità, le tende possono essere regolate anche attraver-


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so un PC che, oltre a svolgere normali funzioni desktop, dispone del relativo software HMI. Nelle bolle ciascun controllore Beckhoff BC9000 dispone di ben sette schede master DALI, alle quali fanno riferimento circa un centinaio di indirizzi: 80 corpi illuminanti a cui si sommano una ventina di ulteriori connessioni DALI per il comando delle tende. L’auditorium sottostante alle Bolle Sotto il piano d’acqua in cui si trova l’ingresso delle Bolle si apre uno spazio sotterraneo, complementare a quello sovrastante, che ospita una struttura polifunzionale per meeting, ricevimenti e conferenze. Il fiore all’occhiello è rappresentato da un raffinato auditorium da 108 posti. Anche in questo caso la gestione è interamente Beckhoff. Attraverso il software di supervisione, accessibile sia da un PC installato in cabina regia che attraverso una consolle wireless AMX del sistema di theatre management, si possono impostare e richiamare scenari preconfigurati (proiezione film, luci soffuse, conferenza) e comandare in modo indipendente tutti i dispositivi e gli azionamenti. E’ così possibile aprire/chiudere completamente, per gruppi o singole file le poltroncine che Frau ha progettato in via esclusiva per Nardini, così come oscurare parzialmente la sala lasciando accesi gruppi di luci e/o dimmerandone alcuni. Un approccio che ha offerto molti vantaggi “I punti di forza del sistema realizzato per le Bolle di Nardini sono riassumibili in due concetti:

semplicità e flessibilità”, afferma Giovanni Cavallin. “La semplicità è quella dell’architettura di controllo, estremamente pulita e perfettamente integrata con la struttura e l’armonia dell’edificio. La flessibilità è quella offerta dal controllo Beckhoff. La modularità da un lato e la completa apertura ai differenti protocolli di comunicazione dall’altro sono state le due caratteristiche che ci hanno permesso di integrare tutti i dispositivi in maniera semplice e trasparente”. Tutto ciò comporta altri vantaggi; in caso di eventuali ampliamenti funzionali - come già accaduto per la gestione delle tende parasole all’interno delle bolle - le problematiche da gestire risultano pressoché minime, in quanto il sistema è aperto ed espandibile. Inoltre, l’utilizzo di soluzioni standard al posto di hardware e protocolli proprietari fornisce una solida base di apertura che consente di minimizzare i rischi e i costi in caso di operazioni manutentive e/o interventi sul sistema da parte di società terze.

Nella cabina di regia dell’Auditorium attraverso il software di supervisione si possono impostare e richiamare scenari preconfigurati: proiezione film, luci soffuse, conferenze.

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Certificazioni LEED: principi attivi Intervista con l’ing. Giorgia Lorenzi, LEEDme Trento Andrea Calatroni

LEED è la certificazione di sostenibilità degli edifici più diffusa al mondo, i suoi parametri (LEEDV4 dal 2015) permettono a tutta la filiera della progettazione di arrivare a soluzioni costruttive e tecnologiche innovative. Le certificazioni non riguardano solo gli edifici di nuova costruzione, ma possono essere portate anche su edifici esistenti con uno specifico standard di valutazione LEED O+M (LEEDExisting Building: Operation and Maintenance). L’intervento certificativo su questa tipologia di edifici è legato all’efficientamento di impianti e sub-sistemi esistenti e alle modalità gestionali dell’edificio. Il valore di una certificazione, come sarà illustrato di seguito, non è solo tecnico ma anche sociale, risiedere o lavorare in un edificio certificato LEED significa stare in un manufatto sostenibile e a ridotta impronta ecologica.


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LEED Certification: active ingredients Interview with Eng. Giorgia Lorenzi, LEEDme Trento

LEED is the sustainability certification most widespread all over the world, its parameters (LEEDV4 from 2015) allows the design supply chain to reach constructive and technological innovative solutions. The certifications are not just for the new buildings, but they can be worn even on existing ones with a specific LEED evaluation standards O + M (LEED-Existing Building: Operation and Maintenance). This kind of certification intervention concern the plants and existing sub-systems efficiency and the building management. The certification value, as shown below, it’s not only technical but also social, living or working in a LEED certified construction means staying in a sustainable and low carbon footprint building.


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ING. LORENZI: FORMAZIONE, CERTIFICAZIONE E CANTIERISTICA, LA VOSTRA ATTIVITÀ SI DETERMINA IN VARIE DIREZIONI, IN PARTICOLARE COSA SEGUE?

LEEDme rappresenta la divisione green building di Essedi Strategie d’Impresa Srl una società innovativa che si occupa di sviluppo eco-compatibile è tra i soci fondatori di GBC Italia. In LEEDme ci occupiamo di edilizia sostenibile dal 2008, sia in Italia che all’estero, siamo un gruppo di tecnici accreditati esperti in certificazioni di sostenibilità ambientale, energy modeling e green energy audit. Principalmente impieghiamo protocolli a marchio LEED: LEED NC, LEED for School, LEED Italia NC, LEED for Healthcare, LEED CI, LEED CS. E anche altri standard nazionali e internazionali per la certificazione quali: GBC Home, BREEAM, ITACA, CASBEE, ARCA. Al fine di diffondere la cultura della sostenibilità in edilizia, organizziamo e gestiamo sessioni formative in tutta Italia, sia direttamente sia per gli ordini professionali. Io mi occupo del coordinamento di tutte le attività di LEEDme e seguo direttamente alcuni cantieri e progetti in corso di certificazione. SO CHE LA CERTIFICAZIONE LEED NON È SOLO UN FATTO TECNOLOGICO, MA ANCHE SOCIALE, CI VUOLE SPIEGARE MEGLIO QUESTO ASPETTO?

La sostenibilità è basata sull’equilibrio tra l’aspetto sociale, economico e ambientale. Per rendere una costruzione socialmente equa dovremmo guardare alla soluzione migliore per tutti i soggetti coinvolti e interessati dalla costruzione o dalla ristrutturazione di un immobile: il proprietario, i residenti, il costruttore, il gestore e i manutentori, il team di progettazione e, non ultimi, i membri della comunità circostante come inconsapevoli fruitori di un quartiere modificato dalla realizzazione dell’edificio. Le azioni e le strategie progettuali che possono avere effetti positivi sulla vita di questi soggetti sono numerose e diverse tra loro, ad esempio progettare spazi aperti a scopo ricreativo e per la socializzazione o agevolare una mobilità di tipo sostenibile. Nella progettazione si hanno spesso prospettive molto strette, e non si colgono tutte le correlazioni e opportunità per il progetto e per la comunità circostante. È importante considerare le esternalità positive di ogni edificio e consapevolizzare i progettisti sull’influenza che alcune scelte possono avere a scala urbana.


FEATURES

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TRAINING, CERTIFICATION, CONSTRUCTION SITE YOUR BUSINESS IS DETERMINED IN DIFFERENT DIRECTIONS, AT THE MOMENT WHICH IS YOUR COMPETENCE AREA?

LEEDme is the green building division of Essedi Strategie d’Impresa Srl, an innovative company centered on eco-friendly development, is one of the founders of GBC Italy. From 2008 LEEDme is involved on sustainable construction, in Italy and abroad, we are a group of accredited technical experts in environmental sustainability certifications, energy modeling and green energy audit. Mainly we use LEED protocols: LEED NC, LEED for Schools, LEED NC Italy, LEED for Healthcare, LEED CI, LEED CS. We also use other national and international certifications standard such as: GBC Home, BREEAM, CASBEE Ithaca, Ark. To spread the culture in construction sustainability, we organize and manage training sessions throughout Italy, directly or by professional orders. I personally manage all the activities coordination in LEEDme following directly important construction sites and certification projects. THE LEED CERTIFICATION IS NOT ONLY A MATTER OF TECHNOLOGY BUT ALSO SOCIAL, WOULD YOU LIKE TO EXPLAIN THIS ASPECT?

Sustainability is based on the balance between social, economic and environmental angle. If we want obtain a socially equitable building we should search the best solutions for everyone involved in the construction or renovation building process: the owner, the residents, the manager and the maintainers, the design team and, the surrounding community members as unwitting beneficiaries of a neighborhood amended by the building construction. The design strategies and actions that have a positive impact on these subjects are numerous and diverse, for example open and recreational spaces for socialization or facilitate a sustainable mobility. In the preliminary design the builders often have a narrowed perspective, and they doesn’t grab all the correlations and opportunities for the surrounding community. It’s important to consider the new building positive externalities and inform designers about the influence that some choices they do on urban scale.


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AVETE CERTIFICATO EDIFICI RECENTI COME IL MUSE E STATE CERTIFICANDO EDIFICI STORICI COME PALAZZO ROSMINI A ROVERETO E COLLABORANDO ALLA PROGETTAZIONE SOSTENIBILE DI EDIFICI ALL’ESTERO COME L’AMIRI HOSPITAL A KUWAIT CITY, CHE TIPO DI COLLABORAZIONE VIENE INSTAURATA TRA GLI ATTORI DEL PROGETTO?

Il MUSE ha ottenuto la certificazione LEED NC GOLD già nel 2013, il nostro ruolo di referente LEED dell’appaltatore generale ha richiesto una presenza costante in cantiere per i tre anni di costruzione e ci ha permesso di affrontare da subito le tematiche legate alla sostenibilità in fase costruttiva. Per edifici di grandi dimensioni generalmente c’è un LEED AP (Accredited Professional), incaricato dalla committenza di gestire la certificazione coordinando tutti i soggetti coinvolti, e un referente LEED AP per l’Appaltatore Generale che presidia la fase costruttiva e funge da interfaccia con il suo omologo “lato committenza”. Per edifici di dimensioni più contenute in genere c’è solo un professionista accreditato LEED, il quale presidia la sostenibilità dell’immobile in ogni fase, dalla progettazione alla gestione. Palazzo Rosmini è un esempio di certificazione che sovrintendiamo direttamente ogni aspetto coordinando proprietà, progettisti e impresa, si tratta di un palazzo storico tutelato destinato ad ospitare la sede centrale della Cassa Rurale di Rovereto e registrato per la certificazione LEED. Il nostro ruolo è di fattivo coinvolgimento di tutti gli stakeholder e gestione dell’iter necessario per arrivare alla certificazione, per ottenere un buon risultato è necessario: applicare il concetto di progettazione integrata obbligando al confronto e allo scambio d’informazioni l’intero team di progettazione, consapevolizzare e responsabilizzare la committenza in merito al ruolo fondamentale che ricopre, fare in modo che l’impresa implementi e documenti pratiche costruttive sostenibili e, non ultimo, trasmettere il messaggio che una gestione sostenibile dell’edificio permette grandi risparmi ed efficienze. OLTRE AL NUOVO VI OCCUPATE ANCHE DI RIQUALIFICAZIONE ENERGETICA, COME AVVIENE QUESTO PROCESSO?

Ci occupiamo di green energy audit, ossia l’estensione della tradizionale diagnosi energetica in un’ottica più generale legata al concetto di sostenibilità ambientale. Si tratta di una diagnosi che prende in considerazione non solo la parte energetica, ma si pone l’obiettivo di individuare le azioni che possono migliorare la sostenibilità globale dell’edificio valutando provvedimenti che spaziano da interventi sull’edificio o sugli impianti, alle modalità di utilizzazione e di gestione. Il passo successivo è la parte che più interessa al cliente. L’elaborazione di scenari operativi viene integrata da uno studio di fattibilità tecnico economica. Utilizzando l’energy modeling è infatti possibile fare proiezioni dei futuri consumi energetici per i vari scenari individuati e determinare la combinazione d’interventi migliore per l’edificio in oggetto ottimizzando anche gli aspetti finanziari in base alle esigenze del cliente (ESCO, proprietario e utilizzatore privato, finanziaria, locatario ecc.).


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DO YOU HAVE CERTIFIED RECENT BUILDINGS AS MUSE AND HISTORICAL BUILDINGS AS PALAZZO ROSMINI IN ROVERETO AND CONTRIBUTED TO THE SUSTAINABLE BUILDING DESIGN AS THE AMIRI HOSPITAL IN KUWAIT CITY, WHAT KIND OF COLLABORATION WAS ESTABLISHED BETWEEN ALL THE PROJECT ACTORS?

The MUSE has been certified LEED GOLD NC as early as 2013, our LEED coordinator role for the general contractor required a constant presence in the site along the three years construction and allowed us to deal all aspects related to sustainability during construction phase. For large buildings generally there is a LEED AP person (Accredited Professional), appointed by the client to manage the coordination between all subjects involved, and a contact person for LEED AP appointed by General Contractor to manage all the construction phases and used as link with its “client side” counterpart. For smaller buildings generally there is only one LEED accredited professional, who oversees the building sustainability at every stage, from design to management. Rosmini Palace is an example of a certification that we oversee directly in all aspects coordinating owner, designers and contractor, it is a listed historical building to host the Cassa Rurale di Rovereto new headquarters and registered for LEED certification. Our role concern an active involvement of all stakeholders and managing the process needed to get the certification, to reach a good result must be necessary: apply the integrated design concept forcing confrontation and information exchange in design team, raise and empowering the client regarding his role, be sure that the company implements and supports sustainable construction practices, and last convey the message that a building sustainable management allows big saving and efficiency. IN ADDITION TO NEW CONSTRUCTIONS YOU DEAL EVEN WITH HISTORICAL ONES, WHAT’S ABOUT THE PROCESS?

We are involved in Green Energy Audit, i.e. the traditional energy audit extended in a general perspective related to environmental sustainability idea. It is a diagnosis that not consider only energy, that helps to identify improving actions for the buildings sustainability considering measures ranging from construction to plants and how to use and manage the building itself. The next step concerns to client. The operational scenarios elaboration is completed by a technicaleconomic feasibility study. Using Energy Modeling could be possible to produce the projected future energy consumption for different identified scenarios and determine the best intervention combination for the building, concerning financial optimization according to client requirements (ESCO, owner and private users, financial lessee, etc.).


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ENERGY MODELING, DI COSA SI TRATTA? A QUALE TIPOLOGIA ARCHITETTONICA È APPLICABILE?

Si tratta di modellazione energetica in regime dinamico, talvolta semi-stazionario, del comportamento dell’edificio nel corso dell’anno ed è applicabile a qualsiasi tipologia architettonica e destinazione d’uso, al nuovo e all’esistente. È un potente strumento di predizione, che rende l’utente competente e consapevole, dalla simulazione dinamica egli può: -stimare le economie ottenibili con provvedimenti di risparmio energetico; -ottimizzare le scelte progettuali, attraverso il confronto tra varie possibilità; -valutare in modo raffinato fenomeni fortemente variabili nel tempo, cogliendo anche le interazioni tra vari aspetti (è possibile, ad esempio, comprendere ex ante quanto crescono i consumi per riscaldamento e quanto calano quelli per raffreddamento diminuendo la potenza installata destinata all’illuminazione). Un edificio certificato LEED consuma tra il 30% e il 40% in meno di energia rispetto a un edificio analogo non certificato; LEED prescrive la modellazione energetica in regime dinamico e, se si vuole ottenere un buon punteggio, questo porta inevitabilmente a fare scelte progettuali efficienti e quindi efficaci. RECENTEMENTE A TRENTO AVETE CERTIFICATO UN EDIFICIO DOVE È STATO INSTALLATO UN INNOVATIVO SISTEMA DI GESTIONE DELL’ILLUMINAZIONE, NATURALE E ARTIFICIALE, CI SPIEGA QUESTO PROGETTO?

Si tratta della nuova sede di Delta Informatica Spa a Spini di Gardolo (TN), che ha guadagnato un punteggio record per quanto riguarda l’efficienza energetica grazie a un involucro altamente performante, un impianto solare fotovoltaico che copre quasi per intero la copertura, un avanzato sistema geotermico (per il raffreddamento e il riscaldamento) e un efficiente impianto di illuminazione. Quest’ultimo in particolare permette al contempo di garantire un elevato comfort ambientale interno e di ridurre al minimo i consumi energetici, soprattutto quelli per il raffrescamento, spesso trascurati dai progettisti. L’illuminazione è gestita da un sistema automatico che in caso di sufficiente luce naturale, grazie anche a sensori che rilevano la presenza o meno di persone negli ambienti, disabilita le luci artificiali per risparmiare energia. Inoltre, per evitare fenomeni di abbagliamento e di surriscaldamento, è stato installato un sistema di ombreggiamento esterno che si attiva quando la luminosità solare supera una soglia predeterminata e si orienta in autonomia in base all’andamento solare. Delta è certificata, secondo il sistema LEED 2009 Italia NC, con il livello ORO; quasi il 40% del punteggio che ha portato a tale risultato è legato dalle prestazioni energetiche del sistema combinato edificio-impianto, seguito a ruota dalla sostenibilità degli spazi esterni. È un esempio di come strategie progettuali chiare ed efficaci permettano di ottenere elevate prestazioni senza extracosti che si traducono in punteggi a costo nullo.


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ENERGY MODELING, WHAT’S THIS? IN WHICH KIND OF ARCHITECTURE IS APPLICABLE?

It’s an energy modeling in dynamic regime, sometimes semi-stationary, it concern the building management throughout the year and it’s applicable to any architectural type, new or existing. It is a powerful prediction tool, which makes the user responsible and aware, by dynamic simulation he could: -estimate the achievable savings with energy saving actions; -optimize the design choices, with a various possibilities comparison; -evaluate time-varying phenomena, considering interactions between different aspects (for example, including ex ante growing heating and cooling consumption bended to reducing power for lighting). A LEED certified building consumes 30% and 40% less energy compared to a similar non-certified building. LEED energy modeling requires dynamic arrangements and to get a good score, it’s inevitable to make efficient and effective design choices. RECENTLY IN TRENTO YOU HAVE CERTIFICATE A BUILDING WITH AN INNOVATIVE LIGHTING SYSTEM, BOTH NATURAL AND ARTIFICIAL, COULD YOU TELLS US SOMETHING ABOUT THIS PROJECT?

It’s the Delta Informatica Spa in Spini di Gardolo (TN) headquarter, which gained an high score in energy efficiency thanks to a high-performance covering, a solar photovoltaic system that occupy almost the whole roof, an enhanced geothermal system (for cooling and heating) and an efficient lighting system. That one in particular ensure an high comfort and minimize energy consumption, especially for cooling, often overlooked by designers. In case the natural light is enough, the lighting controlled by an automatic system sensors, related also to people presence or absence, disables the artificial lights to save energy. In addition, to avoid glare and overheating, it’s installed an external shading system that is activated when the solar luminosity exceeds a predetermined level and turn autonomously following the solar path. Delta is certified, according to the LEED 2009 Italy NC, with the GOLD level; 40% of the score reached is bound on energy performance of the building-plants modular system, followed closely by the outdoor spaces sustainability. This is an example how designing clear and effective strategies achieve high performance without extra costs that result in zero-cost scores.


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Smart Meetings:

Incontro con il Rinascimento Urbano ANIE – Gruppo Gas static Meters


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ra il 2007 e il 2008 il popolare social network Facebook registrò un boom di nuove iscrizioni da parte di utenti italiani. Nello stesso periodo, mentre i cittadini imparavano a far convivere le tradizionali reti sociali con i nuovissimi social network, sociologi, politici, ingegneri, urbanisti, comunicatori ed economisti di tutto il mondo elaboravano una comune consapevolezza sul destino dell’umanità, sempre più orientata a una co-esistenza tra reale e virtuale. E mentre l’aggregazione sociale si plasmava con una nuova educazione sentimentale caratterizzata da chat e sms e con un nuovo senso di appartenenza alla community prima che alla comunità, l’aggregazione umana per antonomasia – ossia quella della polis – conosceva un nuovo tentativo di definizione che cercava di delinearne la visione comune tenendo conto di alcune parole chiave quali sostenibilità, ecologia, economicità, benessere. A dirla tutta, la sfera di cristallo che tentava di leggere la città del futuro fu inizialmente un po’ appannata. Il risultato sono state definizioni o troppo lasse (inneggianti a una nuova mitologica rinascita urbana globale) o troppo centrate su un aspetto specifico, energetico o tecnologico che fosse. Giffinger (ed al.) nel 2007, Hollands (ed al.) 2008 furono i primi a individuare nella smart city, nella città intelligente, performante, aggregativa e consapevole un modello di sviluppo per grandi conglomerati abitativi la cui responsabilità nel danneggiare il pianeta è statisticamente ineccepibile.


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LAURA CASTELLETTI Vicesindaco e Assessore alla Cultura Creatività e Innovazione del Comune di Brescia

MAURIZIO MELIS Giornalista e conduttore della trasmissione Smart City su Radio 24, Il sole 24 Ore

A distanza di anni, e grazie a una spinta internazionale al contenimento del consumo di risorse e al tentativo di regolamentare congreghe abitative sempre più massificate, la smart city è oggi una definizione labile, che ogni città si cuce addosso secondo le proprie priorità. O meglio: secondo indirizzi stabiliti dai vertici amministrativi, su cui ricadono e si combinano fattori complessi e non sempre nettamente distinguibili, come la qualità del territorio, i poteri industriali, il grado di consapevolezza e di richieste che l’amministrazione è disposta a raccogliere dai propri cittadini. Se la socialità 2.0 ha trovato nelle dinamiche dei grandi colossi di internet, come Facebook e Hi5, una sorta di standard relazionale, lo stesso non si può dire per il modello urbano più adeguato a sostenere la crescita che attende le città nei prossimi decenni. Certo: l’intervento tecnologico è immediato e spesso di natura economica: la sostituzione degli impianti di illuminazione pubblica, ad esempio, è uno step ormai praticamente dovuto per entrare nel novero delle smart cities, così come l’applicazione di tecnologie complesse e dialoganti in settori quali l’energia, la mobilità,

la virtualizzazione delle procedure burocratiche. Complici anche stanziamenti pubblici e capitoli internazionali di investimento tramite bando, gli amministratori delle città oggi si alleano, compongono progetti ambiziosi, sovraintendono a dimostratori con un alto grado di replicabilità e applicazione in contesti e scenari complessi. In cordata con grandi aziende e realtà operative sul territorio urbano, testano concretamente il loro modello di città nel tentativo di creare occupazione, efficienza, economia. A pochi anni dalla teorizzazione di una città del futuro, le città si sono trasformate in laboratorio e si sono messe in gioco con le risorse e le forze che sono riuscite a reperire per dimostrare, in prima istanza a sé stesse, che il cambiamento non solo è possibile ma ha un valore concretamente misurabile. Nessuno può più mettere in discussione che il percorso verso la smart city sia concreto e reale. Non solo: attraverso la sollecitazione (e l’ambizione) di nuovi mercati, le città fanno rete attraverso il confronto e la replicabilità. Resta solo un aspetto da chiarire. Ed è quello che fa della città ciò che deve essere: un luogo per il futuro dei suoi abitanti, dove si


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PASQUALE CAPEZZUTO Energy manager Comune di Bari e responsabile progetto Smart City e Res Novae

LORENZO BENUSSI Consulente Topix Piemonte e MIUR in materia di innovazione e open data

abbia voglia di continuare a vivere, crescere, condividere la propria esistenza con gli altri. La città intelligente è tale solo se è il risultato di una somma di intelligenze umane, di consapevolezze, di rispetto e di adesione spontanea a comportamenti nuovi. La città che si evolve, esattamente come le persone, modifica in meglio le abitudini che rischiano di danneggiarla; e le abitudini di una collettività [come ci ha brillantemente illustrato il saggio del premio Pulitzer Charles Duhigg] sono ben più difficili da cambiare di quelle dei singoli. Per farlo occorrono direttive chiare e mezzi molto spesso non convenzionali. Se provassimo a sintetizzare le doti di un management urbano in grado di condurre le città verso il futuro il risultato sarebbe una felice combinazione di visione, determinazione, creatività, responsabilità sociale, economica e ambientale. Oggi il grande cambiamento è la domanda proveniente dal basso: solo pochi anni fa, un’esigua minoranza di cittadini italiani avrebbe risposto anche solo con incertezza alla domanda “che cos’è una smart city”. Ma dal 2012 – complici anche i bandi nazionali del MIUR di Profumo che hanno riportato nel

dibattito di aziende e amministrazioni termini quali innovazione, ricerca, sperimentazione – pur con visioni confuse, le persone hanno iniziato ad aspettarsi l’ingresso della tecnologia nella propria vita da cittadini. E l’aspettativa è indiscutibilmente migliorativa. Dall’originario manipolo di valorosi appassionati di rete, computer e informatica, l’attesa dell’evoluzione urbana ha dilagato come un’elettrizzante pandemia. Mentre il mercato si attiva e propone prodotti e servizi ad alto tasso di innovazione e tecnologia (tutti accompagnati da slogan di efficienza e controllo), mentre gli attori finanziari vivono lotte intestine alla ricerca della conciliazione tra garanzie tradizionali e la necessità di mantenere il proprio ruolo di intermediari anche in questo complesso e mutevole scenario (prima che intervenga anche qui il peer-to-peer), mentre vengono siglati programmi nazionali e internazionali che offrono grandi indirizzi e ripartiscono le risorse di conseguenza, mentre accade tutto questo risulta sempre più evidente come il merito della città intelligente sia soprattutto quello di riaprire un dibattito sociale sul presente e sul futuro. Se i social network hanno messo in crisi molti valori fondanti della


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MAURO ANNUNZIATO Responsabile Smart City per ENEA e referente italiano del progetto EERA

socialità privata (prima tra tutti l’istituzione del matrimonio) la smart city sta rimettendo sul piatto una rinnovata domanda di socialità collettiva, pubblica, partecipata, democratica. L’autore inglese Alan Bennet scrisse nel suo celebre “The history boys” che gli occhiali dello storico osservano il tempo in una prospettiva unica, tanto che ciò che è più vicino temporalmente ci è più difficile da interpretare. Le città hanno appena avviato quello che si prospetta come un nuovo rinascimento; ma i trend e gli esiti di questa grande onda di cambiamento saranno ancora a lungo indecifrabili. Per questo, nel tentativo di farne parte senza però la pretesa di volerne imbrigliare la dirompenza, a Brescia si è optato per un approccio decisamente umanistico: un ciclo di incontri con persone che “stanno facendo” le smart cities. In sei incontri ribattezzati Smart Meetings nella sede dell’Urban Center, si sono susseguiti amministratori, tecnici, comunicatori, consulenti che stanno affiancando le istituzioni – o meglio: le persone sulle cui gambe le istituzioni camminano ogni giorno – nel trovare la propria strada per diventare più efficienti, sostenibili, comunicative, trasparenti. In una sola parola: smart. Ogni incontro ha apportato un tassello

MARIA SILVA Responsabile Parco Tecnologico di Genova, Associazione Genova Smart City

alla conoscenza di un aspetto fondante per la città 2.0: nuove forme di partecipazione, strategie energetiche, strutture per la governance, cruscotti urbani, gestione dei dati, riqualificazione del tessuto imprenditoriale, comunicazione e media. Ogni incontro ha aperto quesiti e sollecitato domande che è necessario porsi, a livello del singolo e della collettività. Non solo: ogni incontro ha necessariamente sconfinato con gli altri, a riprova che le città non sono combinazioni meccatroniche, ma organismi vivi, in cui gli interrogativi sociali ed etici sono determinanti quanto quelli tecnologici e legislativi. Ogni incontro ha lasciato un’eredità umana, prima che istituzionale. Ad ogni relatore è stato chiesto di intervenire raccontando la propria esperienza, portando casi pratici e concreti di soluzioni realmente calate nella realtà urbana. Gli è stato chiesto di non nascondere i dubbi e i fallimenti, né di censurare gli aspetti negativi di iniziative meritevoli. E gli è stato chiesto di “metterci la faccia”, lasciando alla rete un proprio contributo attraverso una serie di interviste al cui centro non c’è la città come entità astratta, bensì i cittadini protagonisti del cambiamento quotidiano.


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In collaborazione con:

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OLTRE IL MADE IN ITALY: CREATIVITÀ E INNOVAZIONE, DRIVER DEL SUCCESSO ITALIANO NEL MONDO Milano, 27 novembre 2014 ore 9:00 Spazio Magna Pars - Via Forcella, 6 - Sala Quintessenza Per aggiornamenti del programma e registrazione: www.messefrankfurt.it

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Panasonic Electric Works Italia ad ACCADUEO 2014 a cura della Redazione

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anasonic Electric Works Italia partecipa all’edizione 2014 di ACCADUEO, fiera di riferimento per il settore dei servizi idrici: non solo tecnologie e attrezzature per la gestione della risorsa, ma anche il più importante momento di riflessione sui temi strategici legati all’acqua. Già da diversi anni, Panasonic, associata “ANIE Automazione”, partecipa a questo evento, forte di una tecnologia e un know how acquisito sul campo e cosciente del valore del marchio “TELECONTROLLO” atto a distinguere le imprese associate alla Federazione ANIE appartenenti al Gruppo Telecontrollo, Supervisione e Automazione delle Reti che si impegnano a investire in ricerca e innovazione per migliorare l’efficienza delle infrastrutture consentendo un uso sostenibile delle risorse. L’edizione 2014 di ACCADUEO sarà ricca di novità e di proposte sia in termini di tecnologia sia di applicazioni. Oltre al “water management”, focus delle scorse edizioni, quest’anno PANASONIC porrà l’accento sul tema ECO quale l’abbinamento del telecontrollo all’efficienza energetica. Durante l’evento, ANIE Automazione proporrà una sessione convegnistica con al centro il tema: “Il Telecontrollo delle reti idriche, un modello per le smart community? Ne parlano le principali aziende fornitrici di componenti e sistemi per l’automazione delle reti”. Panasonic esporrà il proprio punto di vista e darà espressione della propria capacità applicativa con un intervento dal titolo: Gli Standard applicati alle Soluzioni di Telecontrollo: dal ciclo idrico integrato alla raccolta differenziata, con l’orizzonte nella “smart community”. L’intervento mira a raccontare l’evoluzione e la trasposizione delle tecnologie utilizzate nelle applicazioni di telecontrollo del ciclo idrico integrato partendo dalla distrettualizzazione, fino all’utilizzo delle medesime tecnologie nella raccolta rifiuti. Le applicazioni presentate saranno il sunto delle tecnologie che Panasonic riesce a mettere in campo; il cuore tecnologico è il PLC che gestisce l’automazione e il modulo

FPWEB Server che gestisce la comunicazione con protocolli (MODBUS TCP e IEC60870) e l’IT verso il centro di controllo. Le funzionalità fruibili, e visibili nello stand Panasonic, sono il data logging locale su SD card, l’interfaccia WEB attraverso pagine HTML/Ajax, la gestione allarmi e chiamate via SMS oppure Mail e il trasferimento FTP dei dati con il centro di controllo. La connettività via rete wireless HSPA viene stabilita con l’utilizzo del protocollo standard e OpenSource OPEN VPN sviluppato a bordo del modulo FP WEB Server. Nello Stand sarà possibile vedere che il telecontrollo e le tecnologie associate sono il mezzo trasmissivo per la raccolta di dati dagli ECOPOWER (misuratori di energia e parametri elettrici), a dimostrazione dell’impegno di Panasonic nel tema dell’efficienza energetica a servizio delle Public Utility. In questo ambito Panasonic offre tecnologie e strumenti per la misura e la raccolta dei parametri elettrici e dei consumi, per identificare sprechi e verificare la bontà delle contromisure messe in atto. Per le Public Utility, attuare politiche e investimenti nell’efficienza, genera in breve tempo un ritorno del capitale investito, creando i presupposti e le finanze per successivi investimenti. La nuova piattaforma FP7, PLC con funzionalità di networking e datalogging integrate, è una delle novità presente in fiera. La piattaforma FP7, di fascia medio-alta, ma con dimensioni compatte, integra un’interfaccia Ethernet RJ45 (Mewtocol, Modbus TCP, Ethernet/IP e FTP Server), una seriale RS232C a cui è possibile aggiungere ulteriori porte seriali mediante moduli plug-in di comunicazione ad alta velocità fino ad un massimo di 16 porte. Uno slot per scheda di memoria SD/SDHC integrato nella CPU consente l’utilizzo di un supporto di memoria non solo per il salvataggio dei dati ma anche per la memorizzazione del programma operativo e quello di backup.


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La raccolta differenziata: indice del grado di civiltà di un Paese a cura della Redazione

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i siamo abituati a utilizzare parole come: sostenibilità, energie rinnovabili, oro blu, green… ma siamo ancora molto resistenti verso una gestione attenta e intelligente dei rifiuti urbani. D’altra parte proprio analizzando come e quanti rifiuti produciamo possiamo capire quanto siamo realmente attenti all’ambiente che ci circonda. Idealmente il riciclo dei rifiuti dovrebbe pagarne la gestione: questo obiettivo sembra ancora utopia, ma potrà essere raggiunto a condizione che tutti noi, in qualità di cittadini facciamo la nostra parte. In Italia, l’ISPRA (Istituto Superiore per la Protezione e la Ricerca Ambientale) esegue annualmente dei rapporti che descrivono la situazione relativa ai conferimenti urbani, sulla base dei dati che i vari enti pubblici, che hanno il compito di organizzare e gestire la raccolta dei rifiuti, sono obbligati a comunicare secondo quanto previsto dall’articolo 16 del d.lgs. 205 del dicembre 2010. Nel Rapporto su Rifiuti Urbani per l’anno 2013 viene fatta una comparazione dell’Italia con gli altri stati della comunità Europea, e vengono riportate delle analisi locali a livello di comuni e dei vari enti preposti alla raccolta. A livello Europeo emerge che l’Italia, nella produzione pro-capite di rifiuti urbani (RU) dell’ultimo triennio, risulta in linea con i paesi europei facenti parte dell’UE15, quali, Germania e Francia attestandosi attorno ai 500 Kg/abitante all’anno (Figura 1). I nuovi stati membri (NSM) presentano una produzione pro-capite inferiore che in media si attesta attorno ai 350Kg/ abitante, tale parametro potrebbe avere diverse interpretazioni e indicare uno sviluppo e un’industrializzazione con ampi margini di espansione, ma potrebbe essere anche frutto di una struttura di controllo dell’RU e di raccolta dei dati non adeguata che può contenere informazioni incomplete. La riduzione, negli ultimi anni, di qualche punto percentuale, nella produzione pro-capite, che si può notare per buona parte dei paesi membri, è da imputare più che a una diminuzione della produzione dovuta a delle virtuose contromisure, alla crisi che, ha abbassato i consumi, e, quindi, anche i rifiuti. Differente è invece la situazione considerando la percentuale dei rifiuti conferiti che vanno in disca-

rica rispetto a quella Riciclata o Bruciata ai fini di creare energia. Il confronto con gli altri stati membri evidenzia come il GAP verso le economie più forti sia consistente a causa dell’alta percentuale dei rifiuti che ancora vanno in discarica. Com’è evidente dal grafico di Figura 2 la percentuale di rifiuti finiti in discarica nel 2012 è pari al 42,1% dei rifiuti urbani prodotti pari a 13,2 milioni di tonnellate di rifiuti. Tale quantità di rifiuti conferiti in discarica risulta essere il vero problema per la gestione dei rifiuti del nostro paese in cui vi sono delle aree dove tale percentuale supera addirittura il 90%. Tra i rifiuti destinati alla discarica circa 118 Kg/abitante sono RU biodegradabili. Considerando gli interessi economici che ruotano attorno al processo della raccolta differenziata, nel 2011 i costi nazionali specifici diretti di gestione per kg di rifiuto: • 20,88 eurocentesimi/kg per la gestione dei rifiuti indifferenziati • 17,38 eurocentesimi/kg per la frazione differenziata Per un totale complessivo di 9358 milioni di Euro, l’importo è considerevole e non tiene in considerazione gli investimenti necessari in termini di infrastrutture, comunicazione e analisi di nuove soluzioni necessarie per ridurre l’ammontare dei rifiuti che vengono conferiti in discarica. Inoltre, i rifiuti conferiti in discarica presentano dei costi non documentati di gestione delle discariche, pensiamo per esempio al problema del percolato che rischia di inquinare le falde acquifere, che sono difficilmente preventivabili e, per questo, fanno parte di quei costi oscuri che gli enti locali si devono trovar ad affrontare con grosse difficoltà per le economie locali. L’obiettivo imposto dalla comunità europea di portare al 65% la parte di rifiuti urbani riciclati entro il 2012 è stato ampiamente disatteso dall’Italia che, nonostante possa vantare delle aree di eccellenza al suo interno, risulta nel suo complesso ancora non sufficientemente strutturata per eseguire una raccolta differenziata efficace che ben si integri con le diverse esigenze di un territorio che per conformazione e densità abitativa presenta sfide ardue da superare.


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Una soluzione non “porta a porta” per la raccolta dei rifiuti a cura della Redazione

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dottare un Sistema di Gestione Rifiuti efficace ed efficiente, non significa solamente scegliere fra le soluzioni possibili o adeguare tecnologie ed impianti, ma coinvolge aspetti culturali, sociali, ambientali ed economici. Possiamo dire che, la modalità di raccolta, entra nelle nostre case e cambia il nostro stile di vita, togliendoci, in alcuni casi, anche alcuni gradi di libertà a vantaggio del benessere collettivo. La modalità con cui viene eseguita la raccolta dei rifiuti si può considerare ancora nella sua fase di sperimentazione, per quanto, il sistema “porta a porta”, sembri essere il metodo che dà il maggior riscontro in termini di percentuale di differenziato raggiunta. La bontà del sistema differenziato “porta a porta” sta essenzialmente nel fatto che ha messo il cittadino di fronte ad un impegno non eludibile nella suddivisione dei vari materiali, imponendogli una sorta di nuovo stile di vita che dopo una resistenza iniziale è stato comunque assimilato ed è divenuto oramai un approccio alla gestione dei rifiuti consolidato. Dando, quindi, per acquisita una certa abitudine alla differenziazione all’interno delle famiglie che già adottano il sistema della raccolta ‘porta a porta’, stanno nascendo nuove soluzioni che affiancate al “porta a porta” o in sua sostituzione possono dare delle valide alternative tenendo in considerazione altri parametri importanti per la scelta di un metodo che ben si integri nel territorio, quali: economicità, rispetto dell’ambiente, igienicità, funzionalità, estetica, alta efficienza di recupero... Per quanto riguarda la raccolta differenziata nelle grandi metropoli, le prime 3 città Italiane, Roma, Milano e Napoli non riescono ad andare oltre il 35% di differenziato. Anche in questi contesti il “porta a porta” è spesso di difficile applicabilità per diverse ragioni: il territorio esteso da coprire, la necessità di garantire un servizio minimo e quindi una flotta adeguata allo scopo, le abitazioni delle metropoli hanno spesso dimensioni inferiori rispetto alle periferie e quindi diventa difficoltoso per l’utente stoccare il rifiuto per il periodo prima della raccolta. Inoltre, il “porta a porta” in prossimità di grandi condomini con centinaia di famiglie presenta sempre un impatto di degrado a cui è difficile abituarsi. Per questi e altri motivi, la possibilità di un conferimento da parte del cittadino in isole ecologiche opportunamente attrezzate e con la possibilità di non avere un calendario per la raccolta da rispettare, viene sempre più vista come una valida soluzione. Ecologia Soluzione Ambiente con la collaborazione di Panasonic ha sviluppato un sistema di conferimento in grado, grazie ad un’elevata automazione e un intensivo scambio di informazioni con il centro di controllo delle Public Utility, di mantenere un controllo sulla qualità del rifiuto anche nel caso di una raccolta eseguita con un sistema non “porta a porta”. Il principio alla base della nuova soluzione consiste nel conferimento del rifiuto solo dopo accreditamento dando quindi la possibilità di associare il rifiuto stesso a un utente ben definito e quindi essendo in grado di correggere in modo puntuale eventuali abusi e usi impropri del metodo di smaltimento. Va da se che l’utente che


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dopo l’accredito dovesse gettare dei rifiuti non conformi potrebbe essere richiamato a una più solerte operazione di differenziazione o addirittura multato nel caso l’infrazione fosse ripetuta. Per eseguire il controllo sui rifiuti conferiti il sistema prevede una fotografia del rifiuto stesso, in questo modo il controllo visivo che fa l’operatore al momento della raccolta nel sistema “porta a porta” rimane attivo con il benefico effetto dissuasore che tale controllo apporta sulla qualità della differenziazione adottata. Inoltre, il sistema, prevede anche la pesatura del rifiuto e rilascia all’utente uno scontrino fiscale che attesta il tipo e la quantità del conferimento eseguito, in questo modo la Public Utility ha gli strumenti per attivare una serie di azioni premianti verso l’utente stesso. In questo modo la raccolta differenziata ben eseguita non va solo a vantaggio dell’ambiente in cui viviamo, ma potrebbe trasformarsi in un effettivo rendiconto personale certamente incentivante visti i continui aumenti e rivoluzioni sulla tassa sui rifiuti. Il sistema di raccolta progettato consiste in un container automatizzato che permette di interagire in modo intensivo con il centro di controllo della Public Utility. Ogni container prevede la possibilità di conferire due tipologie di rifiuti Bi-Comp, mediante delle apposite finestre avvolgibili, che si aprono dopo l’accreditamento e dopo aver selezionato sul Touch Screen il rifiuto che si vuole eliminare. All’occorrenza i tipi di rifiuti che possono essere conferiti possono cambiare fornendo per esempio dei servizi diversi per ogni settimana. Il PLC all’interno del container controlla tutta l’automazione del container, dalla lettura del Bar Code per l’accreditamento al sollevamento degli avvolgibili sulla base del rifiuto selezionato alla lettura del peso con relativa stampa dello scontrino. Ovviamente il controllore avrà anche in carico la gestione meccanica del rifiuto una volta che l’avvolgibile si è richiuso scegliendo una modalità di stoccaggio opportuna sulla base del rifiuto. Per esempio, qualora fosse stata portata della plastica, prima di procedere allo stoccaggio il rifiuto verrebbe prima pressato in modo da ridurre lo spazio occupato dall’aria, se invece il conferimento fosse di un rifiuto organico successivamente allo stoccaggio verrebbe pulito il piano di raccolta in modo da togliere anche i cattivi odori che l’organico inevitabilmente produce. La gestione meccanica del rifiuto che viene eseguita solo ad avvolgibile chiuso rende il sistema sicuro per l’utente che

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non si trova mai a contatto con le parti meccaniche interne. La soluzione outdoor ha il vantaggio di poter essere resa indipendente dal punto di vista energetico grazie un sistema di batterie e pannelli fotovoltaici che vengono posizionati sulla parte superiore della struttura. L’indipedenza energetica rende la soluzione flessibile e mobile. Si possono così soddisfare esigenze di aumento della domanda di conferimento circoscritto in un limitato periodo temporale quali per esempio: feste di paese, luoghi turistici stagionali, mercati, etc. I dati registrati dal sistema vengono inviati ad un centro di controllo che li elabora al fine di definire un profilo dettagliato delle abitudini di conferimento per zona e orario. Sulla base di queste elaborazioni si potrà arrivare a una ottimizzazione dei percorsi dei mezzi di raccolta in modo da garantire un flusso ordinato ed efficiente verso i centri di smaltimento. Il cuore tecnologico dell’isola ecologica sono il PLC ed il WEB Server. Il PLC si occupa dell’automazione dell’isola ecologica: avvolgibili, compattatori se necessari, conferimento del rifiuto nell’apposito cassonetto interno assicurandone lo riempimento in modo omogeneo, controllo pulizia e profumazione vano conferimento, controllo del livello di riempimento, attivazione chiamata operatore per svuotamento. Il WEB Server invece gestisce la comunicazione verso il centro di controllo, data logging, interfaccia WEB dell’isola ecologica, gestione allarmi e chiamate. Altro elemento importante è il panel PC touch screen che oltre alla funzione di interfaccia verso l’utente ha il compito di mantenere registrate nella memoria interna tutte le foto fatte, tramite l’IP Camera, sui rifiuti conferiti. Nella Figura 2 si vede come la comunicazione tra i tre device su diversi bus di comunicazione (Ethernet, RS232 e RS485) permette di gestire tutte le periferie di campo. L’isola attrezzata è sempre connessa ad internet mediante modem UMTS ed è in grado di aprire una connessione OPEN VPN verso il centro di controllo (CdC). L’apertura della connessione OPEN VPN viene lanciata dal PLC e può essere eseguita all’accensione dell’isola attrezzata, qualora si volesse avere un controllo da remoto continuo dell’isola stessa oppure con una periodicità impostabile per permettere al CdC di accedere all’isola. Qualora si verificassero delle anomalie o dei malfunzionamenti possono essere inviati dei messaggi via email o via SMS agli operatori ecologici che possono tempestivamente intervenire per ripristinare il corretto funzionamento. All’approssimarsi del riempimento del container per uno od entrambi i rifiuti gestiti, l’isola invia un SMS all’operatore ecologico addetto allo svuotamento. Eventuali momenti di mancanza di servizio per riempimento del container vengono segnalati all’utente specificando anche il tempo entro il quale è presumibile che il servizio torni attivo. Il Servizio SNTP permette di sincronizzazione il Real Time Clock del PLC via Internet con i servizi di orologio atomico disponibili sulla rete garantendo quindi una buona precisione alle date ed ora associate alle registrazioni dei rifiuti conferiti. Una volta aperta la connessione da parte della stazione remota è possibile eseguire contemporaneamente diverse operazioni di manutenzione e controllo. Tramite l’ambiente di programmazione è, infatti, possibile programmare il PLC da remoto e impostare eventuale settaggi ed adattare l’isola attrezzata sulla base dei riferimenti avvenuti. L’operatore ecologico viene avvertito della necessità di svuotare l’isola ecologica via SMS. In questo modo la raccolta non viene eseguita secondo un calendario predefinito, ma sulla base delle effettive necessità di svuotamento, eliminando le raccolte non necessarie, e garantendo sempre il massimo servizio, ossia evitando che il container risulti pieno e non più utilizzabile. A regime, quindi, tale sistema può permettere anche una consistente riduzione della flotta necessaria al servizio, ed una riduzione degli spostamenti dei mezzi di raccolta con un immediato beneficio per l’inquinamento ed il traffico. Giunto a destinazione l’operatore, a bordo del mezzo di raccolta, potrà gestire l’operazione di svuotamento mediante Tablet o Smart Phone accedendo via Wireless alle pagine HTML residenti a bordo del WEB Server. La raccolta differenziata può


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trovare altre soluzioni che possono integrarsi con le soluzioni esistenti e dare quelle risposte in termine di percentuale di differenziato che ci si aspettano da un paese evoluto. I parametri che si devono valutare per effettuare la scelta più adeguata sono diversi e fra loro eterogenei andando dall’analisi della popolazione in termini di numerosità e caratteristiche socio-abitative fino all’inquadramento delle condizioni geografiche e del contesto climatico. Qualunque soluzione ha comunque degli aspetti positivi e dei fattori negativi con cui si deve in qualche modo convivere. Va inoltre ricordato che, la raccolta differenziata, è comunque una gestione del problema, ma non la soluzione del problema stesso e questo è messo in evidenza dall’articolo 4 del d.lgs 205 del Dicembre 2010 che definisce la gerarchia delle azioni che devono essere messe in atto nella gestione dei rifiuti. Sempre dal d.lgs 205 del Dicembre 2010 all’articolo 2 si può evincere un altro importante principio, ossia: chi inquina paga. La soluzione proposta da Ecologia Soluzione Ambiente con la collaborazione di Panasonic ha sovvertito questo principio nella sua accezione positiva ossia: chi è virtuoso nella differenziazione non paga. In questo modo il rapporto tra Ente Gestore e Collettività viene convertito in un rapporto più diretto tra Ente Gestore e singolo utente (cittadino) con benefici per entrambi gli attori. La soluzione utilizzata da Ecologia Soluzione Ambiente con la collaborazione di Panasonic ha integrato alcune delle tecnologie messe a disposizione dall’abbinata PLC e WEB Server alle esistenti tecnologie del mondo consumer. La possibilità di accedere all’isola via Tablet o Smart Phone ha dato al sistema di controllo un approccio user friendly. L’utilizzo di accesso wireless criptato per il controllo locale e di una connessione OPEN VPN anch’essa criptata verso il centro di controllo ha dato alla stazione di stoccaggio un’elevata connettività mantenendo comunque un grado di sicurezza elevato. Ulteriore vantaggio si è avuto dalla gestione del dato secondo diversi protocolli, protocollo proprietario e Modbus TCP per lo scambio dati in real Time, IEC60870-104 per lo scambio dati con buffer per la storicizzazione integrato e FTP per la gestione dei file, tutti integrati nella soluzione e disponibili contemporaneamente. Sul campo l’utilizzo di diversi mezzi fisici per lo scambio dati con i Device ha garantito un elevata flessibilità di interfacciamento. La tecnologia messa in campo ha dato risposta alle esigenze del gestore aprendo quindi nuove opportunità nella gestione dei rifiuti, starà poi ai gestori dei servizi ed al cittadino saperle sfruttare a pieno nel reciproco interesse. Inoltre ha evidenziato come il telecontrollo sia strumento sempre più efficace per la soluzione di diverse tipologie di richieste e non solo applicato ai settori storici quali energia ed acqua. Così facendo ogni elemento è sempre più vicino ad un’elevata integrazione e grazie ai protocolli TCP è in grado di essere parte attiva nello scambio dati, creando così le premesse per una nuova generazione di oggetti e servizi in grado di comunicare tra di loro attraverso internet IoE (Internet of Everything).

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Prospettive del mercato car sharing in Italia IL CASO DI ROMA Pierpaolo Signorelli

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metà settembre si è tenuta la settimana europea della mobilità sostenibile, con eventi, workshop conferenze, nelle principali città del vecchio continente. In particolare, a Roma, nella giornata europea del car sharing, ha avuto luogo il convegno “Car sharing: our street, our choice”, promosso dal Ministero dell’Ambiente, da Roma Capitale e dalla Fondazione per lo Sviluppo Sostenibile. Il fenomeno del car sharing è esploso nell’ultimo quinquennio, specie nelle città del Centro Europa e del Nord d’Italia, e costituisce una svolta economica e culturale per la società italiana e le sue antiche città. Nel nostro Paese, malato di individualismo, vi sono mediamente 620 auto ogni 1000 abitanti, con il record europeo di Roma che registra 74

auto ogni 100 abitanti! E con tali premesse il business del car sharing in questo momento di generalizzata crisi, costituisce uno dei sei settori più promettenti e vitali della green economy. In Italia, il primo operatore è arrivato nel 2001 e, da allora, l’iniziativa ha cominciato lentamente a crescere, fino ad arrivare al boom di quest’ultimo anno. Si stima che gli iscritti siano oltre 200.000, con migliaia di noleggi ogni giorno, e una flotta di circa 3.000 auto, in ben 11 città italiane, con una poderosa invasione a Milano e Roma. Infatti, l’auto condivisa, oltre a ridurre il numero di veicoli circolanti in città, abbatte anche i costi gestionali delle famiglie, conciliando, per una volta ambientalisti ed economisti.


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Mediamente ogni auto in car sharing può toglierne 13-14 dalla strada. Tuttavia, si stima che in contesti sociali ad alta concentrazione di vetture, come quello italiano, ovvero ad alta densità abitativa come le megalopoli asiatiche, il sistema dell’auto condivisa implementato su grande scala possa arrivare addirittura a sostituire oltre 30 veicoli. Un simile scenario trova giustificazione nel fatto che la popolazione è sempre più concentrata nelle città e nel loro hinterland e che quindi il 70% dei viaggi avviene nell’area metropolitana per una di distanza di 10 Km. Discorso diverso riguarda il mondo rurale, ovvero quello dei trasporti di lunga percorrenza; entrambi i casi sono, però, una minoranza. Al contrario nel contesto urbano, grazie al car sharing, che presto potrebbe divenire scooter e cycle sharing, la rivoluzione potrebbe estendersi a tutti i mezzi del trasporto privato cittadino, salvando così le nostre fragilissime città d’arte che in molti casi propongono ancora un’urbanistica medievale. In questo specifico contesto, tutto italico, car sharing non vuol dire solo inquinare meno, quanto piuttosto tornare a guadagnare spazio in città che non possono crescere nella loro fisionomia strutturale, perché già completamente delineata dalla fine degli anni ’50. Spazi che possono tornare alle persone migliorando la qualità della vita dell’intero corpo urbano, con costi di realizzazione per le amministrazioni molto modesti: semplicemente girano meno auto e quindi servono meno parcheggi.

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Se in Italia il fenomeno desta inattese sorprese, in Europa – prevalentemente Germania, Francia e Regno Unito – dove le Amministrazioni locali sono generalmente più attente e serie di quelle italiane, il fenomeno ha da tempo preso piede e si è diffuso con evidente successo, registrandosi oltre 500.000 iscritti al car sharing e 13.000 vetture a disposizione. In Francia, il successo di Autolib nell’Île de France, un’area di 12.000 km quadrati con 1281 comuni e 12 mln di abitanti -– dove mezzi pubblici efficienti non mancano – ha portato a una riduzione del parco auto privato di ben 22.500 macchine, equivalenti a 164 milioni di chilometri percorsi in un anno. Persino negli USA, tradizionale patria della vettura privata e della relativa vita cittadina basata su di essa – basti ricordare il Drive in, quello autentico, non la trasmissione televisiva degli anni ’80 – il car sharing si sta rapidamente imponendo: l’anno scorso, Avis, la multinazionale dell’autonoleggio, per comprare Zipcar, azienda leader del car sharing in America, è stata disposta a sborsare quasi 500 milioni di dollari, pagando il 49% di plus valore per ogni azione, a riprova delle rimarcate attese in ordine alla rapida crescita della domanda del settore. Probabilmente la chiave interpretativa per comprendere il fenomeno e valutarne la durevolezza nel tempo, va ricercata nell’aspetto economico: sostanzialmente il car sharing permette di realizzare nell’arco di qualche stagione e/o di un anno o due – molto dipende dall’intensità d’uso che la famiglia o il singolo fanno del mezzo a noleggio – risparmi


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significativi, sia monetari (di carburante, di tasse sul mezzo di proprietà, di manutenzione), sia di tempo, difficilmente quantizzabili, ma innegabilmente importanti. A Roma, ad esempio, il parcheggio è difficilissimo e la sosta vietata è la piaga della circolazione e fonte non indifferente per rimpinguare le casse comunali. Risulta quindi comprensibile come il car sharing abbia facilità di successo. Risparmi che aumenteranno sia con la crescita della concorrenza fra i soggetti direttamente partecipanti e i partners automobilistici che li supportano, sia con lo sviluppo della tecnologia. Nel primo caso, in Italia, le due più note società di noleggio per breve periodi sono “Car2Go”, con alle spalle Mercedes, ed “Enjoy”, una partnership tra Eni, Fiat e Trenitalia, che complessivamente mettono in campo oltre duemila vetture. Evidentemente, se, come tutto lascia credere, il business si confermerà e si strutturerà nel tempo, altri importanti player, specie francesi, si affermeranno grazie a concrete riduzioni tariffarie come valide alternative alle aziende già presenti sul mercato. E le città italiane, con Roma in testa, ma molte altre, specie al sud, sono e saranno sempre più in futuro, obiettivo di simili investimenti. Anche perché, a ben vedere, il car sharing è una formula a costo zero per i comuni e quindi è facile attendersi che non vi sia candidato alla poltrona di Sindaco di una qualsiasi città capoluogo di

provincia o di regione che si dimostri insensibile o poco attento alla tematica: avrebbe tutto da perderci! Ma poi c’è il secondo aspetto, quello tecnologico, che inciderà sempre più sulla riduzione dei costi delle vetture a noleggio e quindi sulla relativa diffusione, e la rivoluzione è dietro l’angolo: stiamo parlando delle vetture ibride (motore termico, preferibilmente a gas, con batteria elettrica) e vetture integralmente elettriche. Se infatti, progressivamente, le flotte dei vari operatori adotteranno questi sistemi di propulsione – e non c’è nulla oggi che lasci supporre il palesarsi di impedimenti – si attiverà un circolo virtuoso che coinvolgerà tutti i soggetti. Anzi, è facile supporre che gli stessi Comuni, specie quelli delle città d’arte, imporranno l’accesso privato al centro storico solo ad automezzi di tale tipo, decretando così la vittoria trionfale del car sharing! La scelta andrebbe a maturarsi positivamente, in quanto i vantaggi economici e ambientali sarebbero massimi: innanzitutto l’utente non sopporterebbe i costi di acquisto di una simile vettura, oggi non ancora a buon mercato. Poi ne andrebbe a sfruttare tutti i benefici, dal costo del carburante, alle emissioni inquinanti e anche quelle sonore. Inoltre, in termini più indiretti, l’accresciuta domanda di energia elettrica potrebbe ri-vivacizzare il relativo mercato dell’energia, riattivando qualche impianto a gas dopo la moria di quest’ultimo biennio. Se poi la produzione di queste vetture


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avvenisse nella stessa nazione di utilizzo, si realizzerebbero, nel complesso, benefici anche di tipo occupazionale, innestando ulteriori circoli virtuosi: è nel cambio di paradigma tecnologico che l’industria italiana può trovare la via d’uscita all’instancabile crisi attuale. Qualche “esperimento” di tal specie è stato fatto a Roma, dove la famigerata compagnia di taxi “3570” in collaborazione con la Nissan, sponsor dell’operazione, ha adottato due taxi elettrici con l’automobile “Leaf”. Se l’operazione in se non ha molta rilevanza, nel senso che la Nissan sta proponendo l’introduzione dei suoi veicoli elettrici in molte città del mondo – New York, Zurigo, Amsterdam, San Paolo, Londra, Città del Messico – l’elemento degno di rilievo è la modalità di ricarica effettuata che i tassisti romani hanno deciso di adottare. Come noto Roma è una città abbastanza grande nelle distanze, caotica nel traffico, con un Aeroporto a 35 km dal centro e priva di una rete di ricarica rapida (vero tallone d’Achille tecnico e operativo per l’auto elettrica). Pertanto, considerando che la “Leaf” percorre circa 150 km con una ricarica, vista l’olografia ingarbugliata di Roma, oltre alle consuete modalità di ricarica mediante colonnine poste all’inizio e alla fine del tragitto prestabilito (la sede dalla compagnia e l’aeroporto di Fiumicino), si è pensato di adottare una stazione di ricarica mobile, cioè un furgone NV400, sempre fornito dalla Nissan, dotato di batterie capaci di immagazzinare fino a 100kWh e di recarsi là dove sono le

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vetture, qualora ne avessero bisogno. La “Leaf” passa da uno stato di carica del 38% all’80% in circa mezz’ora di collegamento alla stazione mobile. Evidentemente si tratta di un progetto pilota, peraltro dai costi non abbordabili, visto che l’allestimento del furgone ha richiesto ben 200.000 euro, che avranno dei tempi di rientro fra carburante risparmiato e manutenzione delle vetture estremamente lenti. Tuttavia, col potenziamento del numero di colonnine e il correlato incremento del numero di taxi elettrici, costi e tempi del furgone NV400 si abbatterebbero, poiché potrebbe lavorare su più vetture giornalmente: è stato calcolato che i costi di gestione di una vettura elettrica rispetto ad una alimentata a gasolio, possono arrivare per impieghi professionali – appunto il taxi – fino al 70% in meno. L’esempio di Roma può essere considerato come una sorta di “apripista” nel senso di un facilitatore, di un catalizzatore verso il nuovo paradigma tecnologico, per la trazione – quella ibrida ed elettrica – certamente pienamente possibile, ma ancora commercialmente non matura. Tuttavia l’azione combinata del car sharing con l’incremento del numero di colonnine possono, in un orizzonte di un biennio/triennio, aprire durevolmente la strada alla mobilità elettrica urbana per trasporti privati. Se così effettivamente fosse si dischiuderebbe una nuova realtà dei trasporti e una seconda giovinezza per le nostre città e per la qualità della vita urbana.


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Dossier Acqua La crisi senza voce Adriano Piglia e Giulia Mazzanti Centro Studi Safe

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nche se esiste ormai da decenni un apparente e generale consenso sulla necessità di promuovere uno sviluppo sostenibile, siamo ancora ben lontani dal raggiungerlo. Per rendersene conto basta guardare allo stato di risorse vitali e insostituibili quali sono quelle idriche, la cui progressiva scarsità, in un pianeta paradossalmente ricoperto per tre quarti circa da mari e oceani, sta assumendo i caratteri dell’emergenza, troppo spesso e colpevolmente ignorata. Passa sovente sotto silenzio infatti, il fatto che nel mondo circa un miliardo di esseri umani non ha accesso ad acqua sicura e più di due miliardi e mezzo di persone non hanno accesso ai servizi igienico-sanitari di base. La crisi idrica che stiamo ignorando non è quindi solo un fatto locale o regionale, ma mondiale. Dando uno sguardo al mappamondo si ha la sensazione che le risorse di acqua siano immense, tuttavia solo il 2,5% dell’acqua è dolce e una quota ancora inferiore è effettivamente accessibile ad uso antropico.


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Figura 1

Il quantitativo globale di acqua disponibile per l’uomo non può comunque dirsi di per sé scarso, semmai il problema deriva dalla disomogenea ripartizione delle risorse e dall’esponenziale crescita, nell’ultimo secolo, dei prelievi che tra i 1900 e il 2005 sono passati da 500 a quasi 4.000 km3, il 70% dei quali è stato assorbito dall’agricoltura mentre i settori industriale e civile che si sono divisi il restante 30% (figura 1). La lettura dei valori aggregati non riesce però a far percepire l’enorme differenza tra le diverse aree del pianeta (figura 2): in quelle più disagiate le percentuali per uso agricolo sono largamente superiori alla media e ben poco resta disponibile per gli altri due settori. In particolare va sottolineata la drammatica flessione della disponibilità per gli usi civili. Le Nazioni Unite indicano in 50 litri al giorno per persona il livello minimo indispensabile per la sopravvivenza, ma sono moltissime le aree nelle quali questo minimo resta un miraggio. Ad esempio nel continente africano, ma la situazione non è molto diversa in varie aree dell’Asia, i prelievi giornalieri pro capite coincidono con ciò che noi usiamo per lavare i piatti (figura 3). Negli ultimi decenni l’aumento dei consumi ha portato ad una progressiva erosione della quantità di acqua disponibile pro capite e questa tendenza non mostra alcuna flessione. La pressione si farà sentire in modo particolare nel settore agricolo, destinato a sfamare nei prossimi quaranta anni tra i due e i tre miliardi di persone in più rispetto a oggi. Inoltre guardando ai regimi alimentari seguiti nelle varie parti del mondo emerge chiaramente come questi comportino il ricorso a colture che spesso richiedono consumi idrici non

Figura 2

congruenti con le risorse localmente disponibili, tendenza che sarà acuita dalla pressione demografica. Nei prossimi decenni, secondo le stime dell’Organizzazione Mondiale della Sanità, la crescita della popolazione, unita alla progressione del reddito pro capite e all’avanzare dell’urbanizzazione, favorirà anche l’aumento della domanda di alimenti di origine animale, il che comporterà una maggior produzione zootecnica che condurrà, a sua volta, ad una crescita della domanda di mangimi per animali la cui produzione richiede ingenti quantità d’acqua. Va infine tenuto conto del fatto che l’acqua risulta essere essenziale anche per la produzione di energia, sia da fonti fossili che rinnovabili, quindi la crescente domanda di energia risulterà un ulteriore fattore di pressione sulle risorse idriche. Non si può quindi escludere che, con l’acuirsi della competizione su una risorsa così preziosa, si moltiplicheranno i conflitti per accaparrarsene l’utilizzo. Conflitti che esistono già oggi. Basti pensare al Lago Chad, in Africa, la cui superficie in cinquanta’anni è passata da 28.000 a 1.500 km2, a causa non solo della siccità naturale ma anche delle contrastanti politiche di utilizzo delle acque comuni da parte dei paesi rivieraschi. Questa brevissima carrellata su alcune delle peculiarità della crisi idrica mette ben in evidenza come questa rappresenti una problematica complessa e trasversale che tocca ambiti che spaziano dall’economia all’energia, dal clima all’alimentazione, dai rapporti internazionali alla salute, fino alla dignità delle persone, al punto da essere il cardine fondamentale dello sviluppo sostenibile. Le specifiche criticità differiscono, però, a seconda del contesto, anche geografico, di riferimento.


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Figura 3

Si passa infatti da regioni – tipicamente quelle in via di sviluppo – la cui popolazione spesso non ha accesso ad acqua sicura, problema per la cui soluzione occorrerà un notevole sforzo internazionale per assicurare un efficace trasferimento di conoscenze, tecnologie e risorse economiche, a paesi che sfruttano la risorsa in modo insostenibile e che manifestano elevate inefficienze nella sua gestione. In Italia ad esempio a vent’anni dalla legge Galli il settore idrico presenta ancora tutta una serie di criticità e frammentazioni, non certo risolte dal susseguirsi di interventi legislativi eterogenei e poco coordinati, che non hanno ancora permesso al settore di assumere quelle logiche di assetto industriale auspicate ben due decenni fa. Infatti non solo non siamo riusciti a definire un assetto ben chiaro di ruoli, responsabilità e funzioni, ma siamo anche esposti a ingenti penalità pecuniarie per il mancato adeguamento a norme stabilite dai regolamenti europei. Per non paralre poi del precario stato delle infrastrutture: le dispersioni continuano a essere persistenti e gravose, come dimostrano gli ultimi rilievi dell’ISTAT secondo cui il 37% dell’acqua che viene immessa in rete non arriva agli utenti finali. Non stupisce quindi il giudizio non certo lusinghiero espresso dal rapporto OCSE del 2013 “Environmental Performance Review” che analizzando la situazione idrica italiana sottolinea come “water governance remains overly complex, largely emergency driven, and oriented towards short-term problem solving. To address current strategic and legal uncertainties, there is an urgent need to formulate a strategic vision for the water sector”.

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ASPETTANDO EXPO 2015

EXPO 2015 e la compensazione bilanciata Pietro Mezzi Partiamo dalla cattiva notizia: con la realizzazione del sito espositivo di Expo 2015 si sono persi, in termini di valore ecologico, poco più di 183 ettari equivalenti. La buona notizia sta invece nel fatto che il valore ecologico degli ettari consumati con l’urbanizzazione dell’area verranno ripristinati grazie ai progetti ambientali che Expo ha messo in campo, sia all’interno del sito sia soprattutto all’esterno. E i numeri dell’operazione, che va sotto il nome di compensazione ecologica, sono lì a dimostrarlo: con il progetto dell’esposizione universale, all’interno del sito espositivo verranno realizzate opere di compensazione ambientale pari a 24 ettari equivalenti; al di fuori del recinto, nella zona nord ovest milanese, il valore ecologico da compensare (in sigla, Vec) sarà di 159 ettari equivalenti. La compensazione ecologica non è una novità di oggi quando si tratta di compensare, in termini di dotazioni ambientali, l’effetto

della realizzazione di grandi opere o di interventi importanti come quelli che stanno sorgendo nel nord di Milano con l’esposizione del prossimo anno. “La compensazione bilanciata, come quella utilizzata per Expo 2015 - afferma Sergio Malcevschi, del dipartimento di Ecologia del territorio dell’università di Pavia - è una metodologia che all’estero, nel suo impianto base, è ampiamente utilizzata. Qui da noi, decisamente meno. Il tema della compensazione accompagna il processo di valutazione di impatto ambientale fin dagli albori, dai primi anni Settanta. Nel caso di Expo 2015, per le compensazioni ambientali, abbiamo utilizzato il metodo Strain (la sigla sta per “Studio interdisciplinare sui rapporti tra protezione della natura e infrastrutture”; nda), il quale nasce da un adattamento della metodologia utilizzata in altri paesi, come la Germania. Il metodo, recepito in una delibera della regione


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Lombardia del 2007, si pone l’obiettivo di quantificare le aree da rinaturalizzare per compensare il consumo di ambiente da parte di infrastrutture di nuova realizzazione. Il metodo è complesso, in quanto sono richieste conoscenze ecologiche dettagliate dell’area in cui si opera, ed è per questo che in Italia non ha trovato un’applicazione sistematica”. Per calcolare il valore delle compensazioni non ci si affida al caso o all’approssimazione, ma a precise metodologie di calcolo. Con una delibera di giunta del febbraio 2012, la regione Lombardia ha indicato anche il percorso attraverso il quale giungere a individuare la localizzazione e le caratteristiche delle aree su cui dovranno atterrare i singoli interventi, oltre a definire i soggetti chiamati a collaborare a questo obiettivo. Che è uno dei numerosi obiettivi di sostenibilità dell’intera operazione di Expo 2015.

Compito di individuare gli interventi compensativi spetta all’Osservatorio ambientale, un organismo, data la complessità dell’intervento, pensato ad hoc, composto da Regione Lombardia, Expo 2015, Provincia di Milano e comuni di Milano e Rho, oltre all’Arpa e alle direzione regionali intervenute nella procedura di valutazione di impatto ambientale. Scopo dell’Osservatorio è verificare che tutte le prescrizioni contenute nel parere di Via siano rispettate, comprese le compensazioni ambientali. Ma quali sono i criteri che stanno in capo agli interventi di compensazione? E’ sempre la delibera della giunta regionale del 2012 a prescriverne i requisiti allo stesso Osservatorio ambientale. Il primo riguarda l’effettiva produzione di valore ecologico degli interventi di compensazione, il secondo che gli stessi interventi servano a raggiungere gli obiettivi della costruzione delle reti ecologiche regionale,

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La carta fisica dell’ambito di intervento nel nord-ovest di Milano: in nero, il sito di Expo 2015


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provinciale e comunali. Il terzo requisito chiesto riguarda lo sviluppo della ruralità anche attraverso i distretti agricoli. Infine, gli interventi di compensazione ecologica devono essere ricompresi nelle aree del bacino idrografico Lambro-SevesoOlona ed essere coerenti con i Contratti di fiume. Più esattamente, per quanto riguarda la loro localizzazione, in sede di Osservatorio ambientale è stato specificato che gli interventi devono trovarsi nella porzione di territorio compresa tra la città di Milano, il Canale Villoresi, il Naviglio Pavese, la dorsale idrogeologica che separa il Ticino dall’Olona. “Grazie anche a un processo di consultazione ampio, l’Osservatorio ambientale ha raccolto, da enti locali e associazioni, 43 proposte di ambiti di intervento, di questi 19 - afferma l’architetto Anna Rossi, coordinatrice del programma di compensazione ecologica di Expo 2015 sono stati selezionati per l’attuazione della prima fase del Programma di ricostruzione ecologica bilanciata. Ad oggi, la situazione è questa. Per uno dei 19 ambiti individuati sono partiti i lavori (si tratta di un’area nel comune di Novate Milanese), per quattro siamo al progetto esecutivo approvato e alla sottoscrizione delle convenzioni (le aree ricadono

nei comuni di Varedo, Pregnana Milanese e Lainate), per altri otto siamo a quello definitivo. Occorre anche tenere conto che si tratta di lavori legati alla stagionalità: le piantumazioni sono possibili solo in alcuni mesi dell’anno. Comunque, entro la fine dell’anno altri tre interventi inizieranno. In generale, il nostro obiettivo è fare decollare i lavori di tutti e 19 gli ambiti di intervento individuati entro il 1° maggio del 2015, data di avvio dell’Esposizione universale. Ambiti che corrispondono a 238 unità ambientali, per una superficie complessiva di 90 ettari, con un recupero ecologico stimato di circa 120 ettari equivalenti e una spesa complessiva di 5,75 milioni di euro. Con questi numeri daremmo attuazione al 70-80 per cento del programma compensativo complessivo”. In realtà, per raggiungere questi numeri il lavoro preparatorio è stato complesso: la fase di consultazione ha richiesto tempo, così come la selezione degli interventi e l’analisi tecnico-scientifica dei progetti e dei loro contenuti. “In base agli obiettivi di compensazione, si è cercato di contemperare - prosegue Rossi - le diverse esigenze dei comuni, dei parchi e della Regione, con proposte alle volte divergenti.

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I sottoambiti all’interno dei quali sono stati individuati i 19 ambiti di intervento

Si parte infatti dall’analisi e dalla stima dei valori ecologici delle aree oggetto della trasformazione, si passa poi dall’individuazione ragionata delle aree di compensazione e dalla misurazione dei relativi valori ecologici esistenti su quelle stesse aree, per poi approdare alla stima del valore ecologico definitivo a seguito dell’intervento di riqualificazione ambientale. Si tratta di stime ponderate, che si esprimono secondo il parametro di ettari equivalenti. “La novità della compensazione ecologica di Expo 2015 - continua Malcevschi - sta nel fatto che l’individuazione delle aree non è stata casuale, ma frutto di un confronto con tutte le direzioni della regione Lombardia, tenendo conto dei servizi E questo ha richiesto altro ecosistemici collegati alle unità tempo. Per l’attuazione del ambientali. programma, in accordo con l’Osservatorio ambientale, per E’ un passaggio importante, in quanto l’operazione la progettazione e l’attuazione è stata condotta con il degli interventi, abbiamo coinvolto Ersaf, l’ente regionale coinvolgimento dei soggetti presenti sul territorio e agricolo forestale, e garantito all’interno di un Programma il confronto con gli attori di ricostruzione ecologica locali e con gli agricoltori in particolare. Insomma, il lavoro bilanciata. Il Preb non è una in questi mesi non è mancato. questione semantica, ma un’operazione di riequilibrio Detto ciò, è la prima volta ecologico, non solo una che un processo di questo genere, con questo approccio semplice compensazione. metodologico, viene realizzato Abbiamo cioè composto un vero e proprio ecoqui in Lombardia”. mosaico di differenti unità Il metodo, in effetti, non è ecosistemiche: boschive, semplicissimo.


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Localizzazione, per sottoambiti, delle 43 proposte progettuali pervenute

coltivate, acquatiche. Attraverso le diverse unità ambientali abbiamo costruito un insieme capace di offrire un bilanciamento complessivo in un quadro territoriale ampio”. Particolarmente innovativo è anche il requisito del mantenimento nel tempo dei valori ecologici di cui i progetti sono portatori. “Tali valori - conclude Rossi - vanno garantiti negli anni anche attraverso gli interventi di manutenzione: questo è stato un aspetto delicato del processo, in quanto ai proponenti si chiede la garanzia di mantenimento, e in parte di manutenzione, delle aree per un periodo, secondo le tipologie di intervento, tra 15 e 30 anni”. I 19 ambiti di intervento ricadono in alcuni sottoambiti del nord-ovest milanese, come il Varco Villoresi e il Corridoio ecologico regionale, il Basso Olona, la Frangia urbana e i parchi di cintura, gli spazi rurali della pianura cerealicola, i fontanili e gli spazi aperti residuali, i navigli e pianura risicola.

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Germania: architettura temporanea e sostenibilità Andrea Calatroni Ogni padiglione di Expo 2015 sarà caratterizzato da una forte componente di sustainable design, ognuno sarà contraddistinto da un tema e un elemento architettonico e simbolico che lo renderanno unico e memorabile. “Campi di idee” è il tema del Padiglione tedesco, e la sua struttura architettonica vuole fornire risposte sostenibili e creative alle tematiche evidenziate da Expo Milano 2015. L’elemento centrale del Padiglione sarà qualificato dalle morbide coperture a membrana che hanno la parvenza di imponenti foglie aperte verso il cielo. Questi “Solar Trees” genereranno l’energia per tutta la costruzione; sono infatti realizzati con l’innovativa tecnologia fotovoltaica organica (OPV). Il Padiglione tedesco è il primo grande progetto architettonico, a livello mondiale, che si avvale di questi nuovi prodotti. Rispetto ai moduli solari tradizionali, i moduli OPV sono a film integrato flessibile e vengono

prodotti dalla BELECTRIC OPV GmbH inoltre possono essere facilmente integrati in qualsiasi progetto. “I Solar Trees, idealmente, collegano lo spazio interno a quello esterno, l’architettura all’esposizione e allo stesso tempo la ombreggeranno nei caldi mesi dell’Expo” afferma Lennart Wiechell, capo architetto e partner di Schmidhuber. “Inoltre i moduli OPV contribuiscono a ridurre l’impiego di energia esterna nell’area dell’edificio e quindi a salvaguardare le risorse.


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Germany: temporary architecture and sustainability Each pavilion in Expo 2015 will be characterized by a strong component of sustainable design, each will be marked by a theme and an architectural symbolic element that will make unique and memorable. The theme of the Pavilion is “Fields of ideas”, its architectural structure provide to sustainable and creative responses highlighted by Expo Milan 2015. The German Pavilion main element will be the cover soft membrane similar to open leaves against the

sky. These “Solar Trees” will raise the energy to whole construction, these are made with the innovative organic photovoltaic panels (OPV), the German Pavilion is the first big architectural project, world-wide, which use these new products. Compared to conventional solar modules these ones are made by flexible integrated film OPV and produced by the BELECTRIC OPV GmbH and could be easily integrated in any project. “The Solar Trees, ideally, connect the


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Al termine dell’esposizione il costruttore li ritirerà e li destinerà ad altri usi.” Una costruzione efficiente non si risolve solo in termini di risparmio di risorse. Gli edifici leggeri sono caratterizzati dall’ottimizzazione e dallo sfruttamento effettivo delle caratteristiche fisicomeccaniche dei materiali. Negli ultimi anni le costruzioni leggere hanno vissuto una rinascita, sempre più architetture sono state costruite con una struttura scheletrica, non cementizia, la cui facciata è realizzata ricorrendo a pannelli e a membrane tessili. Dal punto di vista costruttivo le facciate morbide si avvalgono di un materiale ottimizzato per realizzare ampie campate, senza problemi di torsione o deformazione; da quello della sostenibilità è determinante il fatto che le membrane vantino una lunga durata e che siano ripiegabili e riutilizzabili. Nel caso del Padiglione tedesco le grandi foglie della copertura si avvalgono di queste tecnologie leggere, a controbilanciare l’importante presenza della costruzione sottostante, la flessibilità del tessuto è stata portata, come abbiamo visto, anche sui pannelli fotovoltaici. Una morbidezza delle coperture in contrasto con la monolitica semplicità del padiglione sottostante.

La facciata è costituita da una struttura lamellare regolabile in fibrocemento. Il sistema realizzato con lastre orizzontali in fibrocemento, simili a brise-soleil, riduce l’irradiazione solare diretta, la rinuncia a una facciata convenzionale costituita da elementi in vetro, pareti mobili e impianti di evacuazione dei fumi consente di diminuire il consumo di energia diretta, di fatto la maggior parte degli ambienti interni viene aerata naturalmente. Come elemento di chiusura dello spazio della corte viene utilizzata una membrana a pori aperti, come per le vele in sommità, volta a proteggere unicamente dagli insetti. L’impiego di diverse essenze lignee per i camminamenti e i collegamenti orizzontali esterni, con venature e tonalità eterogenee, conferisce all’edificio un forte carattere e unico. Lo studio Schmidhuber, nel suo progetto, ha definito il legno “un materiale carismatico, ma è anche testimone di un impiego consapevole delle materie prime rigenerabili con un bilancio equilibrato di CO2.” Un tema importante è quello legato allo smontaggio del Padiglione, le lampade nell’area espositiva e nella zona dedicata alla gastronomia verranno cedute all’università di Kaiserslautern.


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interior space to the outside, the exhibition architecture and at the same time shade in the hottest months of the Expo,” said Lennart Wiechell, Schmidhuber Chief Architect and partner “Furthermore the modules OPV help to reduce energy used in the building and safe resources. At the Expo end the constructor withdraw them for other uses.” An efficient construction does not mean only savings, light buildings are characterized by optimization and effective exploitation of the physicalmechanical materials features. In recent years the light buildings have had a rebirth, more constructions were built with a not concrete skeletal structure, whose façade was built using panels in textile membrane. The soft façades uses materials optimized to achieve large spans without torsion or deformation problems. For sustainability is essential a long life, foldable and reusable membranes. In this case the large cover leaves use these technologies in order to offset the tissue’s underlying construction presence, flexibility was taken, as we have seen, even on photovoltaic panels. A soft cover in contrast to

the monolithic simplicity of underlying Pavilion. The facade consists in a fiber cement adjustable laminated structure. The system made with horizontal slabs in fiber cement, similar to brise-soleil, reduces direct solar irradiation, waiver to a conventional glazing façade, movable walls and smoke evacuator system decreases the energy consumption directly, in fact most of the interior spaces have natural ventilation. The Court closing space uses a membrane with open pores, able to sail on cover and to protect only by insects. The use of different veneers for the walkways and external horizontal links, with veins and heterogeneous colors, gives a strong and unique character to the building. The Schmidhuber studio, in his project, define wood as “a charismatic element, but also a witness to a conscious use of renewable raw materials with a balanced CO2 budget.” An important theme is that related to the dismantling of the Pavilion, the lamps of the exhibition area and the gastronomy appliance will be disposed to Kaiserslautern University.

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“Casa dell’Acqua” Distributore pubblico di acqua filtrata a KM 0 Ogni anno in Italia vengono consumati poco meno di 200 litri di acqua pro capite, il primato europeo di consumo di acqua minerale in bottiglia. La confezione in bottiglie di plastica e il trasporto dell’acqua minerale, prevalentemente su gomma, determinano enormi ripercussioni sull’ambiente, in termini di produzione di rifiuti e di emissioni di gas serra. Inoltre “… l’acqua è un diritto umano universale e fondamentale…” così afferma la risoluzione ONU del 28 luglio 2010, che se pur non vincolante, dà l’idea di un passo verso il riconoscimento di un nuovo diritto che dovrebbe essere annoverato tra quelli fondamentali. L’acqua dunque come risorsa fondamentale e accessibile a tutti. Da queste premesse nasce il progetto “Casa dell’Acqua” di Ecoline: un distributore pubblico di acqua filtrata, a

“Km 0”, dove il cittadino, a un costo ridotto, può riempirsi le proprie bottiglie. Molteplici i vantaggi. Ambientali, grazie alla riduzione della produzione dei rifiuti (5 miliardi sono le bottiglie in plastica da smaltire ogni anno) e all’abbattimento dell’immissione di anidride carbonica. Economici, con risparmi per le famiglie e per i comuni che possono godere della riduzione dei costi di smaltimento. Sociali, con l’incentivo al consumo di acqua pubblica e la possibilità per i cittadini di riappropriarsi della stessa come bene essenziale (e di trovare in ciò anche occasioni di aggregazione). Le strutture sfruttano il sistema di osmosi inversa per depurare l’acqua e renderla del tutto simile a quella di una sorgente alpina; distribuiscono acqua refrigerata in tre tipologie: naturale, lievemente gassata e gassata, con trattamento di

microfiltrazione (filtri a carbone attivo e ceramici) purificata da qualsiasi sostanza indesiderata, 24 ore su 24. Le strutture sono dotate di un sistema di sanitizzazione, all’interno dell’impianto idrico, e di diagnosi, grazie al quale l’acqua che non ha subito la depurazione non verrà erogata. Il sistema CEA (Chiusura Erogatori Automatica) permette di evitare contaminazioni dell’acqua a fine servizio e per la protezione igienica degli erogatori e del circuito idrico, il pannello è dotato di un sistema a motoriduttore per la chiusura di uno sportellino in acciaio Inox 316 L di protezione sotto erogatori. Le Case dell’Acqua, 44 distribuite sul territorio italiano, sono un’iniziativa che sensibilizza i cittadini nei confronti del bene acqua e del rispetto dell’ambiente e hanno portato a benefici notevoli in termini di risparmio.


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FleetUp

Un’App per ottimizzare l’utilizzo delle flotte aziendali Il car sharing è sempre più diffuso e l’idea di utilizzare l’auto in condivisione, per praticità, per risparmio di tempo/energia e per salvaguardia ambientale, è ormai dominante. FleetUp, l’App for Web di Infor, nasce proprio da queste premesse, è un sistema ordinario di management delle flotte auto aziendali che permette all’utente di rispettare le scadenze di tasse assicurazioni e la gestione corretta delle manutenzioni e dei controlli di routine delle auto. Il sistema permette di raccogliere tutte le informazioni di questi tipo con un sistema integrato al servizio di prenotazione dell’auto e quindi capace anche di “fermare” quei mezzi che devono essere sottoposti a manutenzioni e avere anche un quadro preciso dei costi che l’azienda sostiene per ogni mezzo del parco auto. Tuttavia FleetUp si vuole spingere oltre al semplice fleet management, cercando di espletare anche la funzione di ottimizzazione dell’utilizzo dei veicoli disponibili, sia in ottica di risparmio di emissioni di C02 e di costi, sia per offrire la migliore scelta per risparmiare tempo e gestire le vetture in

maniera intelligente. La Web App è destinata ad aziende, enti o agenzie di noleggio auto ed è fruibile da ogni pc, tablet e smartphone; l’interfaccia mostra tutti mezzi disponibili nel parco auto alla data richiesta e alle esigenze operative, offre la possibilità di prenotare e gestire ritiro e consegna. Permette di controllare i chilometraggi dei noleggi a lungo termine ed evitare spese di extra budget e monitorare le voci dei costi, complessivi e di ogni singolo mezzo. Prevede l’opzione di car pooling, nel caso il tragitto e l’orario richiesti da un utente combacino con quelle di un collega. Inoltre grazie alla collaborazione con Tom Tom vi è la possibilità di installare nelle vetture dispositivi che rilevino in real time la posizione dei mezzi in parcheggio o in uso e quelle che stanno rientrando, permettendo, ancora, di ottimizzare la gestone delle disponibilità.Inoltre il sistema è in grado di fornire informazioni a chi guida sul proprio stile di guida, sul percorso più veloce e sul relativo risparmio di emissioni di C02.In questo senso è in fase di realizzazione un ulteriore modulo: Track&Assist, che

controlla la geolocalizzazione del mezzo e l’acquisizione dei parametri di funzionamento, questi ultimi utili per dare maggiore sicurezza di guida al conducente, prevenendo l’utilizzo scorretto del mezzo, garantire assistenza in caso di guasti o incidenti (con il recupero dei dati relativi al momento dell’evento). L’App, utilizzabile in internet, come servizio SaaS (Software as a Service) con un canone mensile variabile, è stata premiata dall’AIGA (l’associazione dei fleet manager italiani). Obiettivo ulteriore di FleetUp sarà quello di coordinare le esigenze di mobilità di più aziende stanziate nello stesso territorio.

CHE COS’E’ FLEET UP

Fleet Up è il gestore della flotta automezzi della tua azienda. Grazie ad un interfaccia intuitiva hai il controllo su tutto il parco automezzi a partire dalle prenotazioni, scegliendo quali è più conveniente utilizzare a secondo del contratto di noleggio/acquisto in essere, la gestione dei costi totali e per automezzo, le scadenze dei contratti, il controllo dei chilometri percorsi e le scadenze periodiche tipiche. L'obiettivo è l'ottimizzazione delle prenotazioni per applicare una politica di car sharing aziendale al fine di ridurre i costi di gestione. Fleet Up è strutturato in più moduli, oltre alla prenotazione, ha il compito di gestire la manutenzione dei mezzi (rinnovo bollo, assicurazione, cambio gomme, tagliando) Oltre alla funzioni di scadenziario è in grado di registrare le manutenzioni fatte e pianificare le attività secondo diverse logiche (chilometriche, date predefinite) Uno strumento pratico, facile da usare per gli utenti, sia da desktop, dalla propria scrivania, come anche da tablet e smart phone in versione touch screen per rendere ancora più puntuali e veloci le fasi di ritiro e riconsegna.

A CHI SI RIVOLGE

- A chi deve sovraintendere e gestire una flotta di automezzi condivisi per una impresa o gruppi di aziende. - Alle agenzie che gestiscono flotte di noleggio con conducente (turismo/business). - Alle agenzie che noleggiano auto di lusso o sportive o gestiscono auto per eventi e matrimoni. - Ai Comuni e agli Enti e Pubbliche Amministrazioni che vogliono gestire il parco automezzi di: Polizia municipale, Nettezza urbana, Servizi sociali, ecc - Agli istituti di vigilanza per la prenotazione e gestione del proprio parco automezzi. - Alle cooperative di servizi alla persona per la gestione degli automezzi condivisi.

PRENOTARE E’ SEMPLICE

In un paio di click puoi vedere quali mezzi sono disponibili alla data richiesta nel parco auto, scegliere quello che più si confà alle esigenze operative, effettuare la prenotazione e gestire poi in autonomia via web, ritiro e riconsegna. In automatico il sistema calcola i costi legati all'utilizzo della vettura.

Due schermate relative al momento della scelta degli indirizzi di partenza e destinazione e prenotazione.

Effettui la prenotazione dall'apposita voce di menu indicando data e ora di ritiro e riconsegna e alcuni parametri di preferenza: tipologia di mezzo o di alimentazione, e parametri personalizzati orientati al business della tua azienda. L'elenco mostra gli automezzi disponibili rispondenti ai parametri richiesti da cui si effettua la scelta. Fleet Up ti guida nella selezione dei veicoli che presentano un tasso di utilizzo minore in rapporto alla loro durata contrattuale e kilometraggio percorso. A questo punto il sistema assegnerà un codice di prenotazione da utilizzare in fase di ritiro e riconsegna, passaggi che possono essere compiuti con facilità anche da una postazione touch screen.

www.fleetup.it


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Smart portable solar cooker Solari, Portable Solar Cooker è il vincitore italiano del concorso internazionale di design James Dyson Award 2014. Si tratta di un fornello portatile che sfrutta l’energia solare per cucinare, permettendo di beneficiare dell’aria aperta, senza danneggiare l’ambiente. L’ideatore, Bodin Hon, studente dello IED di Milano, ha, infatti, pensato a un apparecchio che riesca a garantire praticità e rispetto dell’ambiente coniugati all’aspetto sociale e “antico” del cucinare all’aperto. Solari funziona grazie all’effetto trappola del calore proveniente dai raggi del sole e alla conversione di esso in calore

per cucinare. La luce del sole viene distribuita attraverso il coperchio trasparente, attraverso una lente di Fresnel, e diretta alla base di un guscio riflettente di alluminio. La luce viene dispersa attorno al guscio di alluminio e i raggi solari che colpiscono la pentola di cottura contenuta sono convertiti in calore, che riscalda il cibo all’interno, da tutte le direzioni. Il vincitore si è aggiudicato il premio James Dyson Award e duemila sterline per realizzare il progetto, oltre alla possibilità di concorrere alla successiva fase di selezione insieme ai progetti degli altri diciotto Paesi

in gara. Il fornello solare è dotato di un timer e di un sensore di temperatura smart che trasmette in tempo reale i dati anche via bluetooth. Altro aspetto curioso del progetto è quello social: un’App per smartphone permette di collegare i fornelli solari e agli utenti di scambiarsi info e consigli sull’utilizzo. Un progetto che consente di cucinare all’aria aperta, ma che, a differenza di altre pratiche, come il barbecue o i fornellini da campeggio, riuscendo a sfruttare energia pulita e rinnovabile e non combustibili inquinanti.


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Dalla UE l’indicazione di puntare sul digitale nell’istruzione In un momento storico in cui è sempre più importante consumare meno energia e risparmiare sulle bollette Edison ha pensato e realizzato un servizio che misura in tempo reale il consumo di energia, il livello di potenza e la spesa conseguente.Edison Energy Control è un sistema innovativo che consente agli utenti di conoscere la spesa sostenuta per l’energia elettrica e trovare, grazie alla trasparenza dei consumi, le soluzioni più virtuose per un risparmio fino al 20%.Edison Energy Control consente il controllo real-time dei consumi (sia in chilowattora che in euro) dividendo i dati settimanalmente e con la possibilità di avere riscontri sul consumo di ogni elettrodomestico e di ogni ora della giornata.

Visualizzabile su pc, smartphone o tablet, con l’implementazione anche di una vera e propria App, il sistema, attraverso alcuni grafici, mostra all’utente la propria situazione di consumo energetico ed è in grado di fornire avvisi ad hoc via mail o sms; il tutto è implementato dalla possibilità di confronto con altri utenti della stessa zona/città attraverso una mappa interattiva delle famiglie che hanno caratteristiche simili nei consumi e con cui è possibile anche scambiare consigli e parerei attraverso la piattaforma social. Altra opzione offerta dal servizio è quella della donazione: il consumatore potrà devolvere i risparmi ottenuti a qualunque associazione benefica ed Edison provvederà a donarli a suo nome.

È prevista la possibilità per l’utente che ha scelto di aderire al servizio di porsi obiettivi da raggiungere in termini di risparmio con una conseguente valutazione della spesa basta sull’obiettivo stesso. Ciò che permette di controllare la spesa è un dispositivo a calamita che, senza bisogno di alcun intervento da parte dei tecnici, si deve semplicemente applicare al contatore e che misura per ogni lampeggio (corrispondente a un Kwh) la spesa in €. È necessario inoltre un trasmettitore per trasferire le informazioni al pc o altri device. Gli unici presupposti necessari per l’utilizzo del sistema sono un contratto di fornitura di energia con Edison e il possesso di una linea ADSL.


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FOTONOTIZIA

La casa passiva nasce da una concezione tedesca di abitazione a basso consumo energetico garantito dall’assenza di un sistema di riscaldamento e raffreddamento tradizionale nonché dalla presenza di un isolamento dell’involucro dell’abitazione e di un sistema di ventilazione meccanica controllata (VMC) che consente di tenere la temperatura interna ideale. È “passiva” proprio perché sfrutta il solo calore del sole, degli elettrodomestici e delle persone che la abitano; calore quasi sufficiente a bilanciare il freddo dei mesi invernali, mentre l’energia necessaria a pareggiare il bilancio termico dell’edificio è prodotta mediante sistemi non convenzionali come impianti fotovoltaici e geotermici. Gli standard necessari affinché una casa possa considerarsi “passiva” sono definiti dal Passivhaus Institut di Darmstadt, l’ente certificatore tedesco di case passive. La Casa di Bollate, è una casa passiva “mediterranea”, cioè l’evoluzione del passivo, pensato per il clima rigido della Germania, adattato al clima e al territorio dei paesi mediterranei. BLM Domus, specializzata nella progettazione e nel-

la costruzione di abitazioni a risparmio energetico con struttura portante in legno, è tra i primi in Italia ad applicare questo modello, adottato proprio per la progettazione e realizzazione della villetta residenziale a Bollate, per la quale sono già avviate le pratiche per la certificazione del Passivhaus Institut di Darmstadt. Gli inquilini, a un anno dalla consegna delle chiavi, hanno espresso giudizi positivi sulle prestazioni della loro casa passiva: risparmio energetico, minore taso di umidità e di C02 nell’abitazione, aria più pulita e anche meno polvere. In particolare l’isolamento dell’involucro ha funzionato perfettamente permettendo di vivere loro alla temperatura più gradita; una stazione meteo installata per tenere sotto controllo temperatura, umidità, qualità dell’aria, livelli di CO2 e inquinamento acustico ha permesso a BLM Domus di rilavare grazie a un sistema di alert, qualsiasi anomalia, e intervenire immediatamente. I proprietari degli appartamenti hanno confermato che oltre all’intervento tempestivo in caso di anomalie, l’azienda ha garantito anche una consulenza continua, con suggerimenti utili a sfruttare le potenzialità dell’abitazione passiva.


FOTONOTIZIA

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Casa passiva mediterranea: positivo il primo anno

Villetta indipendente di 400 mq di cui 185 mq a uso abitativo, struttura portante in legno, schermature solari domotizzate telecomandate sia singolarmente che in modo centralizzato. Il legno è utilizzato per le qualità fisico-termiche e antisismiche, il calore è apportato dal sole attraverso grandi vetrate, oltre che dagli elettrodomestici e dagli stessi inquilini.


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Verona Smart City Francesca Cipollone


SMART CITY

Anche Verona si è mossa nella direzione smart; una città che dall’adesione al Patto dei Sindaci nel 2008, ha intrapreso il suo cammino all’insegna della garanzia di una migliore qualità di vita per i propri cittadini, puntando prima di tutto sulla smart mobility e sul dialogo aperto tra cittadini e amministrazione pubblica. I progetti veronesi sono molteplici. A partire dal campo della mobilità, con il bike sharing (Verona Bike) e il car sharing elettrico (WeDrive), oltre al servizio di infomobilità Veronamobile, che permette agli utenti di avere in tempo reale informazioni dettagliate riguardo: orari Ztl, disponibilità parcheggi, validità di permessi di circolazione, rimozione dei veicoli, lavori stradali (Agsm), incidenti stradali, telecamere viabilità. Numerosi anche i progetti legati alla comunicazione tra cittadini e amministrazione pubblica, con il progetto Demoracolo, ancora in fase di perfezionamento. Si tratta di piattaforma che risponde a interrogativi degli utenti riguardo questioni quali volontariato, giovani, ambiente e servizi per disabili nel territorio veronese, con la possibilità di essere alimentata dai fruitori stessi. Nella stessa direzione anche il Geoportale SITI (Sistema Informativo Territoriale Integrato), che permette di avere info e dati territoriali aggiornati in tempo reale con mappe

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pubbliche o private solo per utenti profilati. Interessante e particolarmente innovativo il servizio cittadino CityLogistic Verona per la distribuzione delle merci all’interno della città, in particolare nelle zone a traffico limitato. Oltre a un miglioramento della vivibilità cittadina e a una decongestione del traffico, CityLogistic ha un grande impatto positivo sull’ambiente comportando un minore inquinamento urbano e acustico nel centro della città. Sempre nel campo della migliore vivibilità della città e della mobilità va il progetto, co-finanziato dall’Unione Europea, Compass4D. Iniziativa a cui ha aderito Verona, insieme ad altre sette città europee, che consiste nell’utilizzo di ausili tecnologici posti a bordo dei veicoli e lungo la rete stradale (ad esempio ai semafori) che permettono così di gestire il traffico in maniera efficiente, senza trascurare l’aspetto della sicurezza sulla strada (grazie ai servizi Red Light Violation warning e Road Hazard Warning). Anche l’aspetto della promozione culturale e del turismo, ovviamente in una città come Verona, è tenuto in considerazione, grazie al sito turismoverona.eu e la sezione cultura all’interno del portale del Comune, ricchi di informazioni utili ai turisti e non ed entrambi con la possibilità di iscriversi alla newsletter.


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ACCESSO ALL’ENERGIA

Il programma “Digital Kiosk” ha come idea di partenza quella di fornire postazioni pc e connessione internet nei quartieri più poveri delle città e nei villaggi rurali dell’Uganda. Un modo per permettere alle nuove generazioni di avvicinarsi all’uso del computer (e alla conoscenza), anche in quelle aree off-grid, dove la corrente elettrica non arriva. Un programma partito 4 anni fa e che oggi si rinnova, migliorandosi. In questo periodo di tempo l’iniziativa targata UNICEF e partner, non solo è proseguita, ma si è ampliata, arrivando al lancio di una successiva fase, quella della progettazione e realizzazione dei nuovi Digital Kiosk e di ulteriori soluzioni tecnologiche per aumentare l’usabilità e la penetrazione degli

strumenti informatica fra la popolazione di una nazione che – dati World Bank 2012 – nel 37% dei casi vive o sopravvive con poco più di un dollaro al giorno. Ma come si presentano queste postazioni informatiche? Partiamo dai pc. Essi devono, innanzitutto, poter funzionare anche se... scollegati da una rete elettrica tradizionale, magari alimentati solo dall’energia solare. In secondo luogo devono essere il più possibile performanti, dai consumi energetici molto bassi e di facile manutenzione. In terzo luogo, devono essere in grado sia di collegarsi a internet sia di permettere l’accesso a una certa quantità di contenuti off-line di carattere didattico ed educational.


ACCESSO ALL’ENERGIA

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PC in rete per le zone dell’Africa off-grid Alessandro Seregni

Alle postazioni, invece, si richiede robustezza, maneggevolezza, praticità nel montaggio e nel trasporto. A questo proposito, queste ultime sono state simpaticamente ribattezzate “Digital Drum”, visto che i pc hanno come supporti dei veri e propri fusti di greggio (“drum”, in inglese) riadattati. Tutti elementi su cui si è intervenuti nella progettazione di upgrade del programma. Completano il quadro: prese USB, possibilità di condividere i file, microfono e casse, webcam. Oltre a schermi più grandi e un prezzo più basso. Oltre a UNICEF, partecipano all’iniziativa la fondazione noprofit Norway’s Design Without Borders che ha riprogettato e aggiornato le postazioni e Aleutia, società britannica specializzata nella

fornitura di computer (e connessione internet) a prezzi sostenibili per gli abitanti dei Paesi in Via di Sviluppo, Africa in particolare. Aleutia ha già una solida esperienza sul campo. Nell’ambito educational sta portando avanti il programma “Solar Classroom in a box” che, per caratteristiche e finalità, potrebbe servire da esempio per la fase 3 del progetto “Digital Kiosk”. In questo caso l’energia solare e un pc appositamente pensato per connettersi alla rete internet hanno già portato l’informatica fra gli studenti di 113 scuole rurali ugandesi. Tutte off-grid. Ad oggi si contano più di 50 postazioni in Uganda.


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News

Energy Technology Perspective 2014 Il rapporto dell’Agenzia Internazionale dell’Energia (IEA) “Energy Technology Perspective 2014”, ha raccolto, attraverso l’analisi di differenti scenari possibili, dati e informazioni sulle prospettive delle tecnologie energetiche da oggi al 2050. L’ETP 2014 offre un panorama dei trends del settore energetico e delle tecnologie necessarie per acquisire un sistema low-carbon affidabile e sicuro. Dato fondamentale che emerge dal rapporto è che l’energia elettrica sta dominando l’economia mondiale e la sua quota sul totale della domanda energetica è raddoppiata negli ultimi 40 anni. Aumenta la domanda di elettricità ed è evidente la necessità di un sistema integrato; le emissioni di CO2 diminuiscono del 90 per cento rispetto ai livelli del 2011; inoltre il rapporto rileva che se oggi il 65 per cento dell’energia elettrica viene prodotta con combustibili fossili contro il 20 per cento del contributo delle fonti rinnovabili, queste percentuali verranno esattamente ribaltate al 2050. Tuttavia dall’analisi viene rilevato come la crescita della domanda di carbone senza un’adeguata attività di carbon capture and storage (CCS) sia fondamentalmente incompatibile

Energy Technology Perspectives 2014 Harnessing Electricity’s Potential

Executive Summary

Energy Technology Perspectives 2014 Harnessing Electricity’s Potential

con i cambiamenti climatici che si stanno succedendo e nemmeno il gas naturale non Executive potrà essere nel lungo termine una reale soluzione low-carbon, senza cheSummary venga accompagnato appunto da CCS. In merito al processo decisorio per gestire la transizione verso un sistema energetico low carbon, sostenibile e integrato, il suggerimento è quello di una sua rivisitazione volta ad abbandonare l’approccio di breve periodo per abbracciarne uno a lungo termine, che riesca a creare una sinergia tra i diversi settori energetici.


NEWS

Energia dal mare:

affidabilità e bassi costi per la turbina Nova 30

Nova 30 è una turbina che sfrutta l’energia delle maree nel luogo che detiene il primato mondiale per moto ondoso, la Scozia. In particolare si tratta dell’isola di Yell, nelle isole Shetland. La turbina produce elettricità necessaria per 30 abitazioni del posto, una ghiacciaia e una piccola area industriale. Il progetto è di Nova Innovation ed è il modello di turbina adottato è Nova 30 Tidal Turbin che vanta una potenza di 30 kW ed è ancorata a una profondità di circa 100 metri, produce energia grazie a un collegamento sottomarino con un generatore, che trasmette l’elettricità alla terraferma. Il progetto è totalmente di proprietà della comunità isolana ed è finanziato da fondi provenienti dalla stessa comunità, oltre che ad una concessione dello Shetland Islands Council e una del Governo scozzese. Nova 30 è la prima turbina di design sviluppata da Nova Innovation ed è stata installata per la prima volta nello stretto di Bluemull Sound all’inizio del 2014. Il design si è basato su due scelte fondamentali: affidabilità e costi minimi di ciclo della vita. Il prodotto è nato dalla fabbricazione di un prototipo scala 1 a 10 (nel 2010), attraverso prove in vasca e poi in mare, per il corretto funzionamento della grid che connette Nova 30 all’isola.

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Volo sostenibile da Helsinki a New York

Durante il vertice sul clima delle Nazioni Unite, è decollato da Helsinki un Airbus A330, alimentato con carburante ecosostenibile, con meta New York. La compagnia aerea la Finnair e il carburante, prodotto in parte da olio da cucina riciclato recuperato dai ristoranti è stato fornito da SkyNRG Nordic, una joint venture tra SkyNRG e Statoil Aviation. Se si pensa che l’inquinamento maggiore portato da una compagnia aerea è dato dall’emissione di C02 in volo e che il traffico aereo contribuisce per il 2% alle emissioni totali di gas serra, si capisce che l’utilizzo di un biocarburante potrebbe incidere in modo significativo sulle emissioni, oltre che sull’effetto serra. Proprio per questo è stata scelta la concomitanza con il vertice ONU sul clima; si parla di cambiamenti climatici e di come affrontarli e per questo Finnair ha voluto evidenziare i benefici dell’adozione di biocarburanti nel settore dell’aviazione. La compagnia aerea – che insieme ai partner sta pensando di istituire un centro di biocarburanti all’aeroporto di Helsinki – vorrebbe spingere all’utilizzo di biocarburanti da fonti che non siano in concorrenza con la produzione alimentare né arrechino danni alla biodiversità. Il problema che permane, almeno per ora, sembra essere il costo del biocarburante per aviazione, che attualmente costa più del doppio del convenzionale ed è quindi troppo caro per un utilizzo quotidiano.


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Credits Photos© Shutterstock Features •

Certificazione LEED: principi attivi

Photos @ Andrea Calatroni Photos © LEEDme Trento Il Paese del “Sol Nucleare”

Photo © cdn.tempi.it Photo © solarquestions.com

Verso EXPO

Photo © milanopost.info Photo © UlminiAntonioMassimo Photo © BELECTRIC OPV GmbH, Norimberga Photo © SCHMIDHUBER / Milla & Partner

Highlights •

“Casa dell’Acqua”

Photos © ecoline-fo.com Smart portable solar cooker Photos © jamesdysonaward.org

Fotonotizia

Photos © Umberto Armiraglio

Smart City

Photo © ideararemaps.com

News •

Energia dal mare: affidabilità e bassi costi per la turbina Nova 30 Photo © 2014 Nova Innovation Ltd

Volo sostenibile da Helsinki a New York Photo © Paul Spijkers


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