Tuttavia, la rivoluzione del trasporto non è automaticamente anche del benessere (certo alcuni miglioramenti sono stati eccellenti, ma non si può dire lo stesso se si allarga lo sguardo su tutti gli effetti derivati): maggiore rapidità vuol dire meno libertà (si pensi, a titolo esemplificativo, ai controlli nelle stazioni e negli aeroporti). Non c'è convergenza tra progresso dromologico e progresso umanosociale. L'anima è legata al suo corpo, primo veicolo metabolico, se esso viene sostituito dalle macchine è inevitabile anche uno sconvolgimento antropologico. La contrazione delle distanze è una realtà strategica, una negazione dello spazio: la dissuasione della materia dà valore al nonluogo della velocità. In questa direzione, la violenza della velocità è destino e destinazione del mondo. La soppressione delle distanze implica inoltre l'annientamento del tempo, variandone la sua percezione da parte degli uomini, abitanti di uno spazio-tempo (nel senso che non possiamo abitare solo uno dei due, poiché se siamo in un luogo, siamo lì anche inevitabilmente in un momento). La presenza dell'altro si limita ad essere passeggera, favorendo l'affermazione
della
consuetudine
cinetica
della
sparizione
improvvisa149. Questa
estetica
della
sparizione
la
vediamo
anche
nella
militarizzazione del nascosto, in cui si passa dall'uniformità (le 149 Paul Virilio, L'orizzonte negativo. Saggio di dromoscopia, Costa&Nolan, Genova 1986.
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