Incontro settembre 2014

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Per una Chiesa Viva Anno X - N. 8 Settembre 2014 www.chiesaravello.it

P ERIODICO

DEL LA C OMU NITÀ E CCL ESIAL E DI RA VEL LO

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“Maria modello della Chiesa” Come una mamma In questo mese di settembre in cui la Liturgia della Chiesa ci invita a commemorare la Natività di Maria Santissima (8 settembre) e la memoria dei Dolori di Maria con la celebrazione della Beata Vergine Addolorata (15 settembre) ritengo utile e doveroso riflettere insieme sul tema: “Maria Modello della Chiesa come una mamma”, valorizzando gli insegnamenti che ci ha proposto il Santo Padre nella sua recente catechesi settimanale. Durante l’Udienza generale di mercoledì 3 settembre nel riprendere il ciclo di catechesi dedicate alla Chiesa, Papa Francesco ha parlato della maternità della Vergine come «modello più bello e più alto» per l’intera comunità dei credenti. «La nascita di Gesù nel grembo di Maria, infatti — ha sottolineato a proposito — è preludio della nascita di ogni cristiano nel grembo della Chiesa», dal momento che «il nostro primo fratello Gesù è nato da Maria, e il Signore Gesù è il modello dei cristiani e tutti coloro che sono nati nella Chiesa». Come cristiani, dunque, «non siamo orfani» ma «abbiamo una mamma». E si tratta di una «mamma premurosa», che «ha a cuore il bene dei propri figli e che è capace di dare la vita per loro». D’altra parte, ha ricordato il Pontefice, la Chiesa non è fatta solo di preti e vescovi: «Tutti i battezzati, uomini e donne insieme, siamo la Chiesa». È questo il motivo per cui vi propongo, qui di seguito, il testo della catechesi di papa Francesco: ”Nelle precedenti catechesi abbiamo avuto modo di rimarcare più volte che non si diventa cristiani da sé,

cioè con le proprie forze, in modo autonomo, neppure si diventa cristiani in laboratorio, ma si viene generati e fatti crescere nella fede all'interno di quel grande corpo che è la Chiesa. In questo senso la Chiesa è davvero madre, la nostra madre Chiesa - è bello dirlo così: la nostra madre Chiesa - una madre che ci

dà vita in Cristo e che ci fa vivere con tutti gli altri fratelli nella comunione dello Spirito Santo. 1. In questa sua maternità, la Chiesa ha come modello la Vergine Maria, il modello più bello e più alto che ci possa essere. È quanto già le prime comunità cristiane hanno messo in luce e il Concilio Vaticano II ha espresso in modo mirabile

(cfr Cost. Lumen gentium, 63-64). La maternità di Maria è certamente unica, singolare, e si è compiuta nella pienezza dei tempi, quando la Vergine diede alla luce il Figlio di Dio, concepito per opera dello Spirito Santo. E tuttavia, la maternità della Chiesa si pone proprio in continuità con quella di Maria, come un suo prolungamento nella storia. La Chiesa, nella fecondità dello Spirito, continua a generare nuovi figli in Cristo, sempre nell'ascolto della Parola di Dio e nella docilità al suo disegno d'amore. La Chiesa è madre. La nascita di Gesù nel grembo di Maria, infatti, è preludio della nascita di ogni cristiano nel grembo della Chiesa, dal momento che Cristo è il primogenito di una moltitudine di fratelli (cfr Rm 8,29) e il nostro primo fratello Gesù è nato da Maria, è il modello, e tutti noi siamo nati nella Chiesa. Comprendiamo, allora, come la relazione che unisce Maria e la Chiesa sia quanto mai profonda: guardando a Maria, scopriamo il volto più bello e più tenero della Chiesa; e guardando alla Chiesa, riconosciamo i lineamenti sublimi di Maria. Noi cristiani, non siamo orfani, abbiamo una mamma, abbiamo una madre, e questo è grande! Non siamo orfani! La Chiesa è madre, Maria è madre. 2. La Chiesa è nostra madre perché ci ha partoriti nel Battesimo. Ogni volta che battezziamo un bambino, diventa figlio della Chiesa, entra nella Chiesa.

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e siamo tentati. Satana viene «come leone ruggente» (1Pt 5,8), dice l'apostolo Pietro, e sta a noi non essere ingenui, ma vigilare e resistere saldi nella fede. Resistere con i consigli della madre Chiesa, resistere con l'aiuto della madre Chiesa, che come una buona mamma sempre accompagna i suoi figli nei momenti difficili. 3. Cari amici, questa è la Chiesa, questa è la Chiesa che tutti amiamo, questa è la Chiesa che amo io: una madre che ha a cuore il bene dei propri figli e che è capace di dare la vita per loro. Non dobbiamo dimenticarci però che la Chiesa non sono solo i preti, o noi vescovi, no, siamo tutti! La Chiesa siamo tutti! D'accordo? E anche noi siamo figli, ma anche madri di altri cristiani. Tutti i battezzati, uomini e donne, insieme siamo la Chiesa. Quante volte nella nostra vita non diamo testimonianza di questa maternità della Chiesa, di questo coraggio materno della Chiesa! Quante volte siamo codardi! Affidiamoci allora a Maria, perché Lei come madre del nostro fratello primogenito, Gesù, ci insegni ad avere il suo stesso spirito materno nei confronti dei nostri fratelli, con la capacità sincera di accogliere, di perdonare, di dare forza e di infondere fiducia e speranza. È questo quello che fa una mamma”. A cura di Don Giuseppe Imperato

E da quel giorno, come mamma premurosa, ci fa crescere nella fede e ci indica, con la forza della Parola di Dio, il cammino di salvezza, difendendoci dal male. La Chiesa ha ricevuto da Gesù il tesoro prezioso del Vangelo non per trattenerlo per sé, ma per donarlo generosamente agli altri, come fa una mamma. In questo servizio di evangelizzazione si manifesta in modo peculiare la maternità della Chiesa, impegnata, come una madre, ad offrire ai suoi figli il nutrimento spirituale che alimenta e fa fruttificare la vita cristiana. Tutti, pertanto, siamo chiamati ad accogliere con mente e cuore aperti la Parola di Dio che la Chiesa ogni giorno dispensa, perché questa Parola ha la capacità di cambiarci dal di dentro. Solo la Parola di Dio ha questa capacità di cambiarci ben dal di dentro, dalle nostre radici più profonde. Ha questo potere la Parola di Dio. E chi ci dà la Parola di Dio? La madre Chiesa. Lei ci allatta da bambini con questa parola, ci alleva durante tutta la vita con questa Parola, e questo è grande! È proprio la madre Chiesa che con la Parola di Dio ci cambia da dentro. La Parola di Dio che ci dà la madre Chiesa ci trasforma, rende la nostra umanità non palpitante secondo la mondanità della carne, ma secondo lo Spirito. Nella sua sollecitudine materna, la Chiesa si sforza di mostrare ai PREGHIERA ALLA SANTA FAMIGLIA credenti la strada da percorrere per viveGesù, Maria e Giuseppe re un'esistenza feconda di gioia e di pace. in voi contempliamo Illuminati dalla luce del Vangelo e sostelo splendore dell’amore vero, nuti dalla grazia dei Sacramenti, speciala voi con fiducia ci rivolgiamo. mente l'Eucaristia, noi possiamo orientare Santa Famiglia di Nazareth, le nostre scelte al bene e attraversare con rendi anche le nostre famiglie coraggio e speranza i momenti di oscurità e i sentieri più tortuosi. Il cammino di luoghi di comunione e cenacoli di preghiera, autentiche scuole di Vangelo salvezza, attraverso il quale la Chiesa ci e piccole Chiese domestiche. guida e ci accompagna con la forza del Santa Famiglia di Nazareth, Vangelo e il sostegno dei Sacramenti, ci mai più nelle famiglie si faccia esperienza dà la capacità di difenderci dal male. La di violenza, chiusura e divisione: Chiesa ha il coraggio di una madre che sa chiunque è stato ferito o scandalizzato di dover difendere i propri figli dai periconosca presto consolazione e guarigione. coli che derivano dalla presenza di satana Santa Famiglia di Nazareth, nel mondo, per portarli all'incontro con il prossimo Sinodo dei Vescovi Gesù. Una madre sempre difende i figli. possa ridestare in tutti la consapevolezza Questa difesa consiste anche nell'esortare alla vigilanza: vigilare contro l'inganno e del carattere sacro e inviolabile della famiglia, la sua bellezza nel progetto di Dio. la seduzione del maligno. Perché se anche Gesù, Maria e Giuseppe Dio ha vinto satana, questi torna sempre Ascoltate, esaudite la nostra supplica. con le sue tentazioni; noi lo sappiamo, Papa Francesco tutti noi siamo tentati, siamo stati tentati

Verso il Sinodo sulla Famiglia 5-19 ottobre 2014 Accanto alle famiglie con chiarezza determinazione e verità

Che cos’è un sinodo Il Sinodo dei vescovi è un’istituzione creata da Paolo VI nel 1965. È un’assemblea convocata dal Papa, composta da vescovi scelti da tutto il mondo, che ha funzione consultiva, esprime pareri ma non decide (questo lo fa il Papa). Il Sinodo può riunirsi in assemblea “ordinaria” (tratta questioni della Chiesa universale), “straordinaria” (questioni generali urgenti) e “speciale” (temi relativi a singole regioni del mondo). Il Sinodo sulla famiglia di ottobre è “straordinario”. Il Sinodo dei vescovi è assistito da una segreteria generale permanente guidata dal segretario generale, che ora è il cardinale Lorenzo Baldisseri. Mentre prosegue senza sosta il lavoro di preparazione della prossima Assemblea sinodale (Vaticano, 5-19 ottobre 2014), che sarà dedicata alle “sfide pastorali sulla famiglia nel contesto dell’evangelizzazione”, il cardinale Lorenzo Baldisseri, segretario generale del Sinodo dei vescovi, ribadisce l’importanza di questo importante appuntamento. Egli afferma che “Il tema della famiglia è cruciale oggi. Papa Francesco, volendo trattare tale tema, vuol far capire che la Chiesa non si esime dall’affrontare sfide, ma le assume con tutta responsabilità, vuole camminare con i tempi, accompagnare la gente, condividere le gioie e le pene, le speranze e le sofferenze umane, e lo vuol fare con chiarezza, determinazione e verità. Il tema della famiglia è amplissimo e i vari aspetti debbono essere


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abbordati globalmente e nella propria misura e importanza”. “L’anno prossimo il Sinodo compie 50 anni dalla sua istituzione. Papa Francesco vuole attribuire al Sinodo una maggiore dinamicità ed efficacia per il suo governo pastorale universale. Il Sinodo diventa un riferimento per le diocesi e per le parrocchie e altre istituzioni nella Chiesa, nel senso di accentuare di più la partecipazione dei fedeli coinvolgendoli nell’azione pastorale nel rispetto delle proprie funzioni e carismi”. “Un’équipe di esperti ha già analizzato le risposte al questionario e ne ha fatto una sintesi, che è stata presentata il 24 febbraio scorso al Consiglio Ordinario della Segreteria, per la prima valutazione. ”Sono giunte oltre l’84% di risposte da parte delle Conferenze episcopali e oltre il 70% dai soggetti aventi diritto”. Il questionario inviato in tutte le diocesi del mondo ha suscitato molto interesse nell’opinione pubblica. Si è trattato di una forma di consultazione nuova, che ha riscosso enormi consensi ma anche critiche.

Le principali sfide e le difficoltà connesse con la vita familiare e le sue eventuali crisi. “Sono quelle segnalate dal questionario. Ve ne sono altre che saranno trattate nella seconda tappa sinodale. Si parte dalla conoscenza e dalla diffusione dell’insegnamento della Chiesa sul matrimonio e sulla famiglia, per passare al concetto di legge naturale, all’evangelizzazione, alle sfide pastorali, che includono vari temi, quindi al fenomeno delle convivenze e le unioni di fatto, alle realtà dei separati o divorziati, dei divorziati risposati civilmente, e le altre situazioni e problematiche segnalate dal questionario. È da rilevare che il questionario è stato inviato a 114 Conferenze episcopali sparse nei cinque continenti, ciascuno dei quali ha la sua cultura e le sue tradizioni. Il messaggio di Cristo è rivolto a ‘tutte le creature’. Allora l’arduo compito della Chiesa è quello di farlo conoscere nella sua integrità e nel rispetto delle diverse culture”.

“Per il momento si sta lavorando sul Sinodo Straordinario dell’ottobre prossimo con la prospettiva del Sinodo Ordinario del 2015, sempre sullo stesso tema, ma ancor più allargato e comprensivo. I due Sinodi sono collegati e s’integrano”. Nel mese di maggio il medesimo Consiglio ha approvato e ha inviato ai membri dell’Assemblea Generale Straordinaria, l’Instrumentum Laboris, il Documento fondamentale per la preparazione al Sinodo.

risposati no». Vengono fatte diverse proposte: «Alcuni suggeriscono di considerare la prassi di alcune Chiese ortodosse che, secondo la loro opinione, apre la strada a un secondo o terzo matrimonio con carattere penitenziale». Altri propongono di semplificare le cause canoniche di nullità matrimoniale per rendere più agevole l’accesso a un nuovo matrimonio religioso. Infine c’è anche chi invita alla prudenza per non alimentare false speranze sull’ipotesi di I prossimi impegni del Sinodo un «divorzio cattolico».

sulla Famiglia. Il vaticanista Ignazio Ingrao le riassume nei seguenti termini: “La Chiesa d’ora in poi non parlerà più di “famiglie irregolari”, ma di “situazioni pastorali difficili”: convivenze, unioni di

fatto, separati e divorziati risposati, ragazze madri, unioni dello stesso sesso, non praticanti e non credenti che chiedono il matrimonio religioso… La famiglia è profondamente cambiata negli ultimi decenni ed è nel cuore di papa Francesco. Il Pontefice chiede di aprire le porte a tutti, senza giudicare.

1. Divorziati risposati Fra i divorziati risposati il Sinodo ha acceso molte speranze. Per la dottrina della Chiesa il matrimonio è indissolubile, perciò chi ha ottenuto il divorzio civile e si è risposato non può più avere accesso al sacramento dell’eucaristia. «La sofferenza causata dal non ricevere i sacramenti», osserva il documento, «è presente con chiarezza nei battezzati che sono consapevoli della propria situazione. Tanti sentono frustrazione e si sentono emarginati. C’è chi si domanda perché gli altri peccati si perdonano e questo no; oppure perché i religiosi e sacerdoti che hanno ricevuto la dispensa dai loro voti e dagli oneri sacerdotali possono celebrare il matrimonio, ricevere la comunione e i divorziati

2. Unioni di fatto, convivenze prematrimoniali e gay Alle convivenze prematrimoniali e alle unioni “di fatto” è data molta attenzione. La Chiesa prende atto della situazione, soprattutto in Europa e Nord America: «Nelle risposte provenienti da tutte le aree geografiche, si rileva il numero crescente di coppie che convivono ad experimentum, senza alcun matrimonio né canonico né civile, e senza alcuna registrazione. Spesso poi non si tratta di un “esperimento”, ovvero di un periodo di prova, ma di una forma stabile di vita. Talvolta, il matrimonio avviene dopo la nascita del primo bambino, in modo che nozze e battesimo si celebrino insieme». Di fronte a situazioni così, la Chiesa non deve assumere l’atteggiamento di un giudice che condanna, ma di una madre che accoglie i suoi figli: «Il non potere accedere ai sacramenti non significa essere esclusi dalla vita cristiana e dal rapporto con Dio». Perciò viene condannato «il comportamento intransigente e poco sensibile» di alcuni sacerdoti nei confronti di divorziati, separati o genitori single, e ci si raccomanda di non negare mai i sacramenti ai figli di genitori che si trovano in queste situazioni. Misericordia e accoglienza sono i termini che ricorrono più spesso anche nei riguardi delle coppie omosessuali; per loro, però, si esclude categoricamente la possibilità di adottare figli.

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Segue da pagina 3 3. Violenze e dipendenze La violenza domestica crea grande preoccupazione: «Urge la necessità di accompagnare situazioni in cui i legami familiari sono minacciati dalla violenza domestica, con interventi di sostegno atti a risanare le ferite subite e sradicare le cause che le hanno determinate». Si lancia l’allarme per «il terribile fenomeno del femminicidio, spesso legato a profondi disturbi relazionali e affettivi, e conseguenza di una falsa cultura del possesso». La condanna dello sfruttamento di bambini e del turismo sessuale è durissima. Tra le situazioni critiche interne alla famiglia, vengono citate anche «le dipendenze da alcol e droghe, ma anche dalla

perdita di credibilità morale a causa degli scandali sessuali», a cui si aggiunge «lo stile di vita a volte vistosamente agiato dei presbiteri, così come l’incoerenza tra il loro insegnamento e la condotta di vita». Le «suggestioni» e le «provocazioni » alla riflessione dello Strumento di lavoro, dunque, animeranno la discussione al Sinodo. Al termine dei lavori ci sarà ancora un anno di tempo per riflettere e poi, nell’ottobre 2015, si terrà un altro Sinodo dei vescovi, ancora più allargato, dove si deciderà definitivamente come si dovrà comportare la Chiesa di fronte alla famiglia che cambia.”. “L’anno prossimo il Sinodo compie 50 anni dalla sua istituzione. Papa Francesco vuole attribuire al Sinodo una maggiore dinamicità ed efficacia per il suo governo

pornografia, talvolta usata e con divisa in pastorale universale. Il Sinodo diventa un famiglia, così come dal gioco d’azzardo e riferimento per le diocesi e per le parrocchie e altre istituzioni nella Chiesa, nel da videogiochi». senso di accentuare di più la partecipazio4. Tecnologia: uso e abuso Il documento punta il dito verso la tecno- ne dei fedeli coinvolgendoli nell’azione logia, e in particolare la diffusione di In- pastorale nel rispetto delle proprie funzioni e carismi”. ternet e dei social network. «Televisione, smartphone e computer “L’anno prossimo il Sinodo compie 50 possono essere un reale impedimento al anni dalla sua istituzione. Papa Francesco dialogo tra i membri della famiglia, ali- vuole attribuire al Sinodo una maggiore mentando relazioni frammentate e aliena- dinamicità ed efficacia per il suo governo zione», è scritto. «Anche in famiglia si pastorale universale. I tende sempre più a comunicare attraver- l Sinodo diventa un riferimento per le diocesi e per le parrocchie e altre istituso la tecnologia». 5. Anche la Chiesa, però, può zioni nella Chiesa, nel senso di accentuare di più la partecipazione dei fedeli coinsbagliare… volgendoli nell’azione pastorale nel riNel documento c’è anche un mea culpa, spetto delle proprie funzioni e carismi”. un’autodenuncia per la «controtestimonianza» che a volte la A cura di Don Giuseppe Imperato Chiesa offre. Si denuncia «una rilevante

La preghiera del cuore Vi ho già parlato molte volte del Monte Athos, la Santa Montagna dell’Ortodossia, l’ultima grande oasi spirituale della cristianità. Ma perché questo lembo di terra greca è così famoso e celebrato, perché continua ad attrarre ogni anno migliaia di pellegrini provenienti da tutti i Paesi del mondo? La risposta è semplice: perché la comunità athonita è una delle poche comunità umane decise a resistere all’invadenza della secolarizzazione e all’ossessivo materialismo dei nostri giorni. “Qui”, ripetono di continuo i monaci, “comanda la tradizione spirituale”. E’ meraviglioso constatare quanto ci sia di vero in quest’affermazione. All’Athos da millenni vivono solo monaci ed eremiti. L’Athos ospita tutte le forme del monachesimo, da quello cenobitico all’ascetismo più rigoroso. Da sempre all’Athos i monaci si destano alle tre del mattino per la preghiera e la liturgia, perché la giornata del monaco viene scandita dal tempo liturgico, e non dall’orologio. All’Athos si mangia due volte al giorno, in modo strettamente vegetariano. Durante le agrypnìe, le vigilie della grandi feste, si rimane in chiesa anche per dodici ore consecutive. Ma non è forse eccessivo, tutto questo? Perché continuare a vivere in modo quasi medievale? A che pro rifiutare gli agi e la tecnologia? A che serve rimanere tante ore in chiesa? A quest’ultima domanda, che riassume le perplessità del mondo dinanzi al rigore spirituale del Monte Athos, ha dato una definitiva risposta l’igumeno Basilio di Iviron, uno dei più grandi teologi del mondo ortodosso: “Che cosa fa l’embrione nel grembo materno? Niente, ma poiché è nel seno di sua madre si sviluppa e cresce. Così il monaco. Anche noi viviamo dentro l’utero della nostra madre. E ci rendiamo conto che le relazioni che ci legano alla Chiesa sono relazioni organiche”. Una dichiarazione che non è solo di principio, perché questa è prassi quotidiana al Monte Athos, un luogo dove tutto ruota


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attorno a Dio, così come gli edifici dei monasteri ruotano intorno al katholikon, la chiesa centrale. Offrirsi interamente a Dio; è questo che conta, all’Athos. Perciò, perché cambiare? L’Athos non vuole cambiare, non vuole “il meglio”, perché è convinto di possedere il bene, anzi, il bene supremo, ovvero una vita dedicata interamente alla ricerca dell’Assoluto. Strumento privilegiato dell’incessante cammino del monaco athonita verso Dio, gioiello spirituale del Monte Athos, è la preghiera di Gesù, o preghiera del cuore. E’ una preghiera semplice, di poche parole, che riassumono, però, un’intera teologia: “Kyrie Iesou Christé, Yié tou Theoù, eleison me tòn amartolòn” (“Signore Gesù Cristo, Figlio di Dio, abbi pietà di me peccatore”). La breve frase che compone la preghiera di Gesù viene ripetuta dal monaco esicasta incessantemente, sincronizzando le parole con la respirazione e con il battito cardiaco. In questo modo, il monaco dell’Athos raggiunge uno stato spirituale privilegiato, l’esichia, la perfetta quiete interiore, la comunione con Dio. Ma è davvero possibile, ci chiediamo, fare l’esperienza di Dio, arrivare all’unione col Signore già su questa terra? Su questo punto cruciale, la teologia ortodossa ha fissato definitivamente il proprio pensiero nella dottrina esicastica, il cui massimo teorico è il monaco athonita e vescovo di Tessalonica Gregorio Palamas (1296-1359). Alla vecchia concezione platonica secondo la quale il corpo è la prigione dell’anima, Palamas oppone la tradizione biblica secondo cui anche il corpo riceve la grazia dei sacramenti e la promessa della resurrezione finale; dunque, perché il corpo non può partecipare alla “preghiera pura” e diventare un ricettacolo della grazia? Lo stesso Figlio di Dio si è incarnato nel seno di Maria, e ha edificato sulla terra una Chiesa visibile; dopo l’Incarnazione, i nostri corpi sono diventati “templi dello Spirito Santo che è in noi” (1 Cor. 6,19); ed è nei nostri corpi santificati dai sacramenti e innestati in Cristo che dobbiamo ricercare lo Spirito divino. Resta il problema dell’inconoscibilità di Dio; come può l’uomo attingere il Divino, il Trascendente? A questa obiezione, Palamas oppone la fondamentale distin-

zione – i cui elementi essenziali si trovano già in Basilio di Cesarea e in Gregorio di Nissa – fra l’essenza divina e le sue energie. Se nessuno può vedere e fare esperienza dell’essenza di Dio, è possibile però contemplare le energie divine, le azioni di grazia con cui Egli si rivela agli uomini. La realtà divina che si manifesta agli esicasti, afferma il teologo, è identica alla luce che apparve ai discepoli nella trasfigurazione del Signore sul Monte Tabor. L’unica differenza è che gli apostoli videro la luce esteriormente, mentre i monaci contemplano la luce divina all’interno di se stessi. Nell’Omelia sulla presentazione della Santa Vergine al Tempio, Palamas espone l’esperienza della luce in

modo chiaro e icastico: “Colui che partecipa dell’energia divina diventa egli stesso, in qualche modo, luce. Egli è unito alla luce e, con la luce, vede in piena coscienza tutto ciò che rimane nascosto a quelli che non hanno questa grazia; egli sorpassa così non soltanto i sensi corporali, ma anche tutto ciò che può essere conosciuto con l’intelligenza… perché i puri di cuore vedono Dio… il quale, essendo luce, abita in essi e si rivela a coloro che lo amano”. Occorre precisare che il pensiero di Palamas deve moltissimo all’esperienza della comunione con Dio dei monaci dell’Agion Oros; Gregorio trascorse molti anni al Monte Athos, e fu igumeno del monastero athonita di Esphigmenou. L’impianto

teologico da lui definito, canonizzato dalla Chiesa Ortodossa nel Sinodo di Costantinopoli del 1351, fu presto assorbito dall’insieme della tradizione esicasta, e rimane tuttora alla base del monachesimo contemplativo. Al proposito, l’archimandrita Giorgio, già igumeno di Grigoriou, uno dei monasteri del Monte Athos, ha scritto recentemente: “Avendo in sé la grazia della conversione, il monaco conosce il Dio vero, non una qualche idea di Dio. Il Dio del Vangelo è l’Emmanuele, il Dio con noi. Dio è con noi: possiamo avere esperienza di Lui. Non è il Dio inaccessibile dei filosofi, non è l’essere assoluto degli occidentali. E’ il Dio che nella sua essenza rimane inaccessibile all’uomo e che, tuttavia, nelle sue divine energie, esce da sé, mosso da amore infinito, e viene ad incontrare l’uomo e ad unirsi a Lui. L’uomo, quando si sia purificato dalle passioni e sia divenuto partecipe dei divini Misteri, può avere esperienza di Dio, vedere la luce increata della Trinità Santa, la stessa luce che contemplarono gli apostoli sul Tabor durante la trasfigurazione del Signore”. Dunque, la contemplazione, le lunghe ore di liturgia e di preghiera, l’unione mistica con Dio, costituiscono il senso della scelta esistenziale degli atleti di Cristo del Monte Athos. Nonostante le rinunce, nonostante le sofferenze, la vita di questi monaci, che come artisti lavorano se stessi giorno dopo giorno, è una vita di philokalia, di amore della bellezza, perché coronata dall’intima gioia dell’unione col Cristo lucente del Tabor. “I veri monaci”, ha scritto Basilio di Iviron, “giungono alla fine ad accogliere con riconoscenza e di buon grado la tribolazione e la sofferenza, o il disprezzo e l’umiliazione da parte degli uomini, perché così vengono affrancati dalle consolazioni ingannevoli di questo mondo e diventano partecipi, fin da oggi, della gloria eterna del Signore”. Ecco la filosofia ultima, l’ethos teantropocentrico del Monte Athos: offrirsi interamente a Dio, allontanarsi apparentemente dai propri simili, per farvi ritorno abbracciando con la preghiera i dolori e i peccati di tutti gli uomini.

Armando Santarelli


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Al servizio Da alcuni anni, proprio sulle pagine di Incontro, sto sottolineando l’importanza che il mese di agosto riveste nella vita di Ravello ,non solo sul piano, scontato, del turismo, ma anche in ambito ecclesiale. Il mese appena trascorso, infatti, diventa una sorta di cartina di tornasole per verificare la capacità della Comunità di sapersi rapportare con gli altri in termini di accoglienza e servizio .Proprio a contatto con le tante persone che scelgono Ravello per il periodo di vacanza si ha la possibilità di capire in quale misura siamo capaci, come operatori pastorali e, più in generale ,come Chiesa, di prestare attenzione all’altro che proviene da contesti civili e religiosi diversi dal nostro, offrendogli tutto ciò che lo aiuti a stare bene anche e soprattutto sul piano spirituale. La pastorale del turismo implica questa attenzione sia per il turista credente e praticante che nel periodo di vacanza non perde la sua identità di battezzato, sia per il vacanziere che può essere anche di altra religione o non credente ,ma che comunque si trova calato in un contesto storico –culturale ,fatto di tradizioni che lo affascinano e arricchiscono il suo bagaglio di esperienze, indipendentemente dal suo credo religioso. L’attenzione al turista, tuttavia, non implica necessariamente zelanti forme di ossequio che stravolgono tradizioni ben consolidate e, perché no, dimenticano motivazioni anche più profonde che le giustificano. Evitare di suonare le campane a distesa nella fascia oraria 7-8 dei pochissimi giorni festivi che cadono in estate, e in agosto in

particolare, per annunciare la prima messa ,non è una forma di rispetto,ma un pericoloso modo di rinunciare ad una identità nel nome del turismo. Mi domando perché se si va in visita in un paese mussulmano si torna affascinati dal canto del muezzin che all’alba, sicuramente non con voce soffusa e in silenzio, invita alla preghiera e se, invece, in Costiera si suonano le campane in un giorno festivo si manca di rispetto ai turisti. Mi si permetta la riflessione: probabilmente a lamentarsi saranno proprio i turisti ita-

liani , generalmente cattolici, apostolici, romani! Gli stranieri hanno tanto da insegnarci! Ne ho la prova al termine delle messe. I fedeli stranieri o anche italiani che hanno il senso della celebrazione aspettano sempre che termini il canto di congedo e che il celebrante torni in sacrestia; non lasciano la Chiesa in fretta e furia subito dopo “la Messa è finita .Andate in pace”. Sono pazienti? Educati? Non hanno altro da fare? No! Sanno semplicemente che un minuto in più in Chiesa non è un’eternità e che il caffè o la sigaretta dei quali gli altri hanno urgente bisogno possono aspettare. Torno al discorso del servizio. Anche in questo

mese di agosto 2014 come Chiesa ci siamo adoperati per servire Dio attraverso l’uomo. Non può essere diversamente! La Chiesa è per sua natura fatta di servi e di servi che, anche quando hanno fatto tutto ciò che è stato loro comandato, devono avere sempre la consapevolezza di essere “servi inutili”. Servire è il verbo che ogni membro o gruppo di una Comunità dovrebbe tenere presente quando si accinge a compiere un’opera nella e per la Chiesa. Ci auguriamo di saper sempre servire nell’ubbidienza e nell’umiltà, lasciando da parte rancori, puntigli, ambizioni e tutte le miserie umane o “le chiacchiere di parrocchia”, felice espressione usata recentemente da papa Francesco, che avvelenano il clima della Chiesa. E’ stato un agosto intenso caratterizzato proprio dalla dimensione del servizio e da quell’attenzione che in particolare nelle celebrazioni liturgiche bisogna avere per meglio aiutare se stessi e gli altri a vivere il mistero celebrato. Sotto la guida di don Peppino ci stiamo sforzando di capire che bisogna fare bene le cose, senza improvvisare o lasciare nulla al caso. Resta ancora molto da fare, perché il Duomo richiede un’attenzione costante in tutto, essendo un crocevia e un crogiolo di persone che provengono da tante parti del mondo e ad esse come ai ravellesi bisogna garantire il meglio e favorire ogni occasione che consenta l’incontro con il Signore. Anche in agosto le occasioni non sono mancate. Come ormai avviene da diversi anni, la Festa patronale del 27 luglio trova il suo compimento nella celebrazione dell’Ottava che cade il 3 agosto.


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Coincidendo quest’anno con la XVIII Domenica del Tempo ordinario, l’Ottava ha assunto particolare solennità, divenendo un’occasione per riflettere sulla dimensione del servizio e sulla misericordia che san Pantaleone, autentico discepolo di Cristo, ha saputo vivere e testimoniare pienamente. La processione dopo la Messa vespertina ,accompagnata dalle note del Complesso Bandistico ”Città di Minori”, più breve e raccolta di quella del 27 luglio, ha degnamente chiuso i festeggiamenti in onore del Martire di Nicomedia. Occorre però ricordare che la Comunità Ortodossa Campana , la mattina del 9 agosto, ha voluto rendere omaggio al Megalomartire con una solenne celebrazione svoltasi nella Cappella del Santo. E legata alla celebrazione di luglio può essere considerata la partecipazione, il 7 agosto, di una rappresentanza della Parrocchia del Duomo alla novena di san Lorenzo a Scala. Una prassi che, ci auguriamo, possa favorire l’unità pastorale con la Città dirimpettaia e l’unione di tante belle energie al servizio dell’unica Chiesa di Cristo. Speriamo per il prossimo anno di organizzare il tutto per tempo e riuscire ad avere una partecipazione più folta coinvolgendo anche le altre Parrocchie di Ravello. La reliquia del grande Diacono martire esposta Domenica,10 agosto, in Duomo a Ravello, conferma il legame tra le due città sottolineato anche dal suono a distesa delle campane della ex Cattedrale di Scala la sera del 27 luglio, durante la processione di san Pantaleone,

e il 10 agosto di quelle della Basilica ex Cattedrale di Ravello nel corso della processione di san Lorenzo. E’ una tradizione secolare! Meglio ribadirlo, prima che si levi qualche ondata di scudi in difesa delle orecchie dei turisti che rischiano la sordità solo quando suonano i sacri bronzi del Duomo. Graditissima novità che con gioia desideriamo ricordare in questa cronaca è stata la partecipazione della Parrocchia del Duomo ad una giornata della novena in onore di santa Chiara. Accogliendo l’invito della Madre Badessa del Monastero, Mons. Imperato ha celebrato la santa Messa vespertina del 5 agosto, memoria della Dedicazione della Basilica di Santa Maria Maggiore, e ha poi concelebrato con l’Arcivescovo, Mons.Orazio Soricelli, la santa Messa del mattino del giorno 11. Come a voler recuperare del tempo perduto in questi

ultimi anni, Parrocchia e Monastero si sono ritrovati in un clima di rispetto reciproco e di fraternità a pregare l’una per l’altro. Il parroco ha ribadito l’importanza e la ricchezza spirituale che le clarisse hanno avuto e continuano ad avere per Ravello e per la Diocesi intera e ha auspicato un fiorire delle vocazioni nel Monastero ravellese. La Madre Badessa ,a sua volta, ha ringraziato Mons. Imperato per aver accettato l’invito e per aver sottolineato la necessità di pregare intensamente perché nascano nuove vocazioni. Al termine della celebrazione animata dalla Corale del Duomo, accompagnata dall’organista Adamo Amalfitano, un momento di festa che ci ha permesso di parlare, conoscere queste seguaci di santa Chiara che, in modo inspiegabile agli occhi del mondo, hanno consacrato la loro vita a Cristo. Come ulteriore segno di un ritrovato legame, la Madre Badessa, come già promesso dal parroco, ha chiesto che la Corale del Duomo animasse anche la Messa vespertina del giorno dedicato a Santa Chiara, nel corso della quale la profonda riflessione tenuta da Padre Bonaventura Gargano ci ha invitati a rivedere e ad approfondire la figura della “Pianticella di Francesco”. Ma agosto è liturgicamente caratterizzato dalla Solennità dell’Assunzione di Maria che si celebra il 15 agosto, giorno che, ahimè, è conosciuto più come Ferragosto che non come giorno nel quale si commemora la “Pasqua” della Beata Vergine Maria. Alla Madonna Assunta è dedicato il Duomo ed è questo un altro motivo per cui la solennità agostana dovrebbe avere per noi ravellesi la stessa importanza del 27 luglio. Purtroppo non è così! Anzi, proprio per questa occasione si moltiplicano manifestazioni che, pur con fini lodevoli, sviano l’attenzione dalla festa liturgica. Mi auguro che in futuro le iniziative si svolgano nei giorni precedenti la solennità dell’Assunzione. Non è bello festeggiare la Madre di Dio, assunta in cielo, titolare del Duomo, mentre in altre parti di Ravello si mangia e ci si diverte.

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Segue da pagina 7 Così come sarebbe opportuno che il 14 sera si ritrovassero in Duomo tutti i sacerdoti di Ravello con le rispettive comunità per celebrare la Liturgia vigiliare e che al Convento la memoria di san Massimiliano Kolbe si celebrasse nella mattinata del 14 ,non la sera quando la liturgia prevede la Messa della Vigilia dell’Assunta. Anche il rispetto delle norme liturgiche è un servizio. L’autonomia genera confusione, soprattutto in ambito liturgico. Torniamo alla cronaca. Dopo i nove giorni di preparazione, a dire il vero poco frequentati, ma comunque ben preparati e arricchiti dalla professionalità e competenza dell’organista Adamo Amalfitano che, non solo in occasione del novenario, ma in quasi tutte le sere del mese di agosto, ha accompagnato i canti durante le celebrazioni, la sera del 14 abbiamo iniziato a vivere la stupenda festa mariana .Lo abbiamo fatto, come da qualche anno, con il canto dei Vespri seguito dalla messa vigiliare. Nel giorno della Solennità abbiamo fatto del nostro meglio per rispettare quella dimensione di servizio alla quale, come ho detto in precedenza, ogni comunità è chiamata. Ciascuno ha svolto bene la sua parte: bravi i ministranti, sempre più puntuali ed entusiasti nel prestare il servizio all’altare; bravi i coristi e le coriste che, nonostante gli impegni di lavoro, sotto la guida del M°Amorelli e accompagnati all’organo dal M°Achille Camera hanno aiutato l’assemblea a vivere la solennità con un repertorio intenso e delicato che dal sublime iniziale “Signum magnum” gregoriano si è mantenuto alto con la dolcissima “Ave Maria” di Saint Saens e il mistico “Ecce panis angelorum” di L.Perosi; bravi i portatori che, puntuali , la sera, hanno portato l’insegna della Basilica e la statua della Madonna; bravi i confratelli e le consorelle della Congrega del SS. Nome di Gesù e di Maria SS. del Carmelo al pari dei confratelli e delle consorelle della Congrega di San Giuseppe lavoratore venuti da Scala per partecipare alla Messa vespertina e alla processione; bravi, insomma, a tutti coloro che hanno garantito e svolto bene il loro servizio a lode di Dio e della Madonna. Ovviamente nel corso delle celebrazioni

abbiamo riflettuto sul significato della solennità dell’Assunta. Mons. Imperato, partendo dalle parole del papa Pio XII che proclamò solennemente il dogma dell’Assunzione in anima e corpo al cielo della B.V. Maria, ha sottolineato come nel mistero dell’Assunzione della Vergine di Nazaret si esprima la fede della Chiesa, secondo la quale Maria è unita in tutto, indissolubilmente, al Figlio .In Cristo e per mezzo di Cristo ,Maria ha già vinto la morte ed è già nella gloria celeste, anche con il suo corpo. Senza subire il disfacimento del sepolcro, rivestita subito di immortalità, la Madre di Dio e nostra vive già quello che noi proclamiamo nel Credo: ”aspetto la resurrezione dei morti e la vita eterna”. In Maria, ha detto il parroco, vediamo anticipa-

to ciò che accadrà a ciascuno di noi, se resteremo incorporati a Cristo: l’ingresso nella vita eterna. Maria, assunta in cielo, segno di sicura speranza e consolazione, ci ricorda che la nostra sorte ultima non è il nulla eterno, ma che saremo accanto a Cristo glorioso. E la Madre di Gesù lo garantisce e lo prova. Mons. Imperato ha continuato la riflessione ricordando che la festa mariana del 15 agosto rivela un’altra grande verità: tutta la nostra realtà umana, corpo compreso, vivrà in Cristo risorto con il Padre ,perché nulla andrà perduto, ma tutto sarà purificato, trasformato, glorificato. Il celebrante ha ribadito che con la solennità dell’Assunta si celebra il trionfo della vita. Un segno di grande speranza per l’uomo che dinanzi alla morte si sente disarmato e vinto. Attraverso la celebrazione del mistero dell’Assunzione di Maria, ha proseguito il parroco, comprendiamo che la nostra condizione è cambiata, perché tutti riceveranno la vita in Cristo. Molto interessante anche un’ultima riflessione offertaci

dal celebrante che, sempre a proposito dell’assunzione di Maria anche con il corpo, ha voluto sottolineare la dignità del corpo che è la persona e che il cristianesimo stima come nessun’altra religione. Una lezione per quanti accusano la Chiesa di omofobia, di ostacolare la libertà, incapaci di comprendere che la mercificazione del corpo non è libertà, ma disprezzo della persona e della sua dignità. Nel corso delle celebrazioni abbiamo pregato per la pace e per i perseguitati in Iraq. Un compito doveroso da svolgere ed espletare ogni giorno, perché solo con la preghiera si riuscirà a cambiare il mondo, come indirettamente ci suggerisce l’atteggiamento del Papa accusato, in questi giorni, anche da ambienti cattolici, di colpevole silenzio sulle drammatiche vicende in Iraq. La cronaca di questo mese di agosto 2014 volge ormai al termine. Il 21 sera ci siamo concessi una serata di fraternità a casa di Albino e Rosa Amalfitano che, come di consueto, hanno messo a disposizione la loro dimora e il loro senso di ospitalità per farci vivere bene questo momento di condivisione e amicizia. E un altro bel momento lo abbiamo vissuto il 27.Abbiamo celebrato infatti l’appuntamento mensile nel quale facciamo memoria di san Pantaleone, ma, come ogni mese, il ricordo del martire lo abbiamo fatto inginocchiati davanti al Santissimo Sacramento esposto solennemente per l’intera giornata che si è conclusa con il canto dei Vespri e la santa Messa presieduta dal carissimo don Angelo Isaia che, ogni anno, ci fa dono per alcuni giorni della sua presenza in questi luoghi nei quali veniva da bambino e da ragazzo a trascorrere le vacanze estive a casa dei nonni materni, per poi tornare a Messina dove ha scoperto, approfondito e accolto la chiamata del Signore. Una degna conclusione di questo mese estivo così intenso, perché la Giornata Eucaristica mensile si avvia ad essere, al pari dell’ora di adorazione settimanale, un grande momento di formazione per comprendere bene cosa dobbiamo fare al servizio di Colui che ci ha invitati a prendere la Croce e a stare dietro a Lui. Sempre e non solo quando ci fa comodo o nel bisogno.

Roberto Palumbo


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Garanzia Giovani un’opportunità per trovare lavoro La Garanzia Giovani (Youth Guarantee) è il Piano Europeo per la lotta alla disoccupazione giovanile. Con questo obiettivo sono stati previsti dei finanziamenti per i Paesi Membri con tassi di disoccupazione superiori al 25%, che saranno investiti in politiche attive di orientamento, istruzione e formazione e inserimento al lavoro, a sostegno dei giovani che non sono impegnati in un'attività lavorativa, né inseriti in un percorso scolastico o formativo (Neet - Not in Education, Employment or Training). In sinergia con la Raccomandazione europea del 2013, l'Italia dovrà garanti-

blici e privati coinvolti. Per stabilire in modo opportuno il livello e le caratteristiche dei servizi erogati e aumentarne l'efficacia, si è scelto di introdurre un sistema di profiling che tenga conto della distanza dal mercato del lavoro, in un'ottica di personalizzazione delle azioni erogate: una serie di variabili, territoriali, demografiche, familiari e individuali profilano il giovane permettendo così di regolare la misura dell'azione in suo favore. Nel dettaglio le misure previste dalla Garanzia sono: Accoglienza, Orientamento, Formazione, Accompagnamento al lavoro, Apprendistato, Tiro-

mane presso i centri per l'impiego. Le informazioni sul progetto Garanzia Giovani per i comuni della Costiera possono essere fornite agli interessati anche dai responsabili del servizio Informagiovani in vigore dal 1/8/2014 in 8 comuni della Costiera Amalfitana. In dettaglio: 1)RAVELLO : Francesca Amato: cell. 339251016; email : frankilyn_rav@hotmail.it assessore di riferimento : Teresa Pinto teresa.pinto5@virgilio.it 2)CETARA: Claire Pappalardo: cell. 3298117612; email : claire.pappalardo@hotmail.it ,assessore di riferimento : Angela Speranza a.speranza84@gmail.com 3)MAIORI : Gianmarco Torelli : cell. 366 123 9500; email : gmtorelli@hotmail.it assessore di riferimento : Andrea del Pizzo a.delpizzo74@gmail.com 4)MINORI : Antonella Abbate : cell. 3406963390; email : antoabbate90@hotmail.it assessore di riferimento: Maria Citro citro.maria@virgilio.it

re ai giovani al di sotto dei 30 anni un'offerta qualitativamente valida di lavoro, proseguimento degli studi, apprendistato o tirocinio, entro 4 mesi dall'inizio della disoccupazione o dall'uscita dal sistema d'istruzione formale. Se sei quindi un giovane tra i 15 e i 29 anni, residente in Italia – cittadino comunitario o straniero extra UE, regolarmente soggiornante – non impegnato in un’attività lavorativa né inserito in un corso scolastico o formativo, la Garanzia Giovani è un’iniziativa concreta che può aiutarti a entrare nel mondo del lavoro, valorizzando le tue attitudini e il tuo background formativo e professionale. Programmi, iniziative, servizi informativi, percorsi personalizzati, incentivi: sono queste le misure previste a livello nazionale e regionale per offrire opportunità di orientamento, formazione e inserimento al lavoro, in un’ottica di collaborazione tra tutti gli attori pub-

cini, Servizio civile, Sostegno all’autoimprenditorialità, Mobilità professionale all’interno del territorio nazionale o in Paesi UE, Bonus occupazionale per le imprese ,Formazione a distanza. Il Bollettino ufficiale della Regione Campania ha pubblicato il 4 agosto la manifestazione di interesse sul progetto "Garanzia Giovani Campania", grazie alla quale, i datori di lavoro, le imprese e le amministrazioni pubbliche possono partecipare al programma regionale in favore dei giovani tra i 15 e i 29 anni. Settanta milioni di euro sono a disposizione per la realizzazione di tirocini e stages che prevedono una durata da 6 a 12 mesi. Accanto a questi, la Regione finanzia tutte le assunzioni con contratti di lavoro subordinato, assegnando un bonus di 650euro mensili per ciascun lavoratore. Le misure saranno operative man mano che si concluderanno i colloqui che i giovani stanno già tenendo dalle scorse setti-

5)AMALFI : Giusy Coppola : cell. 3389772425; email : giusycoppola3@hotmail.com assessore di riferimento : Daniele Milano danielemilano@gmail.com 6) SCALA : Valentina Orlando ; cell. 3207635586; email : valentina.orlando3@gmail.com assessore di riferimento : Adriano Forino. adrianoforino@yahoo.it 7) TRAMONTI : Maria Abate ; cell. 3317086349; email: ginny26@live.it assessore di riferimento : Vincenzo Savino forumdeigiovanitramonti@gmail.com 8) POSITANO : Angelica D’Urso; cell. 3391627348; angelicadurso@yahoo.it, assessore di riferimento : Antonino di Leva antoninodileva75@tiscali.it

Marco Rossetto


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Villa Episcopio il “piccolo Quirinale” di Ravello Villa Episcopio, edificata nel corso del secolo XI, è l’antica dimora dei vescovi di Ravello. Il complesso architettonico, dovendo rappresentare la dignità dell’episcopato nella sua connotazione spirituale, sociale e politica, sorse alle spalle della cattedrale, nel rione Toro, il nucleo più antico della città, custodito da fortissime mura e da fortezze inespugnabili, dove i nobili eressero “magnifici e antichissimi palazzi, la maggior parte sopra colonne di straordinaria grandezza, con ornamenti e lavori di grandissima spesa”. Un viale scandito da colonne in muratura attraversava il “giardino di monsignore” e consentiva al presule un accesso diretto alla basilica. Originariamente il complesso architettonico doveva rispettare i canoni della domus medievale ravellese, costituita da più piani, detti “membra” o “solarea”, con atrio, locali terranei (“catodea”), cucine (“coquine”), cantine (“buctaria”), e ambienti ad ibiti alla vinificazione (“palmenta”), marcati da volte semplici e composte, in pietrame e malta di calce, cui dovevano alternarsi solai in legno a doppia orditura. Nei pressi del palazzo si ergevano la chiesa di San Bartolomeo, già diruta nel 1606, e quella di Tutti i Santi, utilizzata nel corso del sec. XVI come fornace per la fusione delle campane. Il palazzo raggiunse il massimo splendore nei primi secoli della diocesi, durante i quali la mensa episcopale, oltre alle rendite derivate dalla riscossione delle decime, raccolse un ingente patrimonio costituito da “fabrices”, castagneti, vigneti, oliveti. Le sale della domus ospitarono il “prandium de ipsis clericis”, offerto ogni anno al Capitolo e ai parroci della città il Giovedì Santo e nella solennità dell’Assunzione della Vergine Maria, titolare della cattedrale. Il pranzo non doveva essere dissimile da quelli analoghi offerti dai prelati di Amalfi e di Salerno e doveva, pertanto, comprendere spalle di maiale arrostite, condite con olio, cavoli e zucchine, caciocavallo, pesci salati, “umbula” (pane dolce con uova), “mustaczoli” (piccoli dolci speziati a forma di rombo) e vino “bono et odorifero”. Nel

corso del Seicento mons. Giuseppe Saggese intraprese il restauro del complesso vescovile ormai fatiscente, ragion per cui fu costretto ad alloggiare in un appartamento preso in fitto e alquanto distante dalla cattedrale. In seguito alla soppressione dei conventi francescano e agostiniano, la residenza accolse il seminario dal 1652 al 1659, anno in cui fu scelta come nuova sede una casa con vigna di un tale Pompeo Mandina, ubicata nei pressi della cattedrale. Se agli inizi del secolo la “Civitas Ravelli” si presentava come un cumulo di pietre, senza mura di

Palazzo Vescovile”, inabitabile e a rischio di crollo, come riferisce la conclusione capitolare del 16 settembre 1741. Mons. Biagio Chiarelli (1742-1765) ampliò il complesso monumentale con nuovi ambienti e lo arricchì con affreschi e colonne. In quegli anni il “Piscopio” presentava un giardino interno “viridarium”, “atrium”, ambulacrum”,”quoquina” e una serie di stanze, due delle quali “pro famiglia”, tre sotto l’ambulacro e altre due in corrispondenza di un “atriolum”. A sinistra dell’ingresso era ubicata la curia episcopale. Il dotto prelato impiantò in una

cinta, con edifici caduti o cadenti, e l’estrema indigenza aveva impedito di esigere il reddito della mensa vescovile, la situazione non era certamente migliorata nei decenni successivi. Nonostante la situazione economica sfavorevole anche mons. Giuseppe Maria Perrimezzi (17071714), cui Ravello appariva in gran parte rasa al suolo, restaurò la domus: “Episcopium, quod inhabilitabile erat prius, commodissimum habitationi reddidi”, si legge nella Visita ad limina del 1711. Probabilmente, però, i lavori dovettero interessare solo in parte l’antico edificio, visto che il presule calabrese dimorò quasi sempre a Scala così come mons. Francesco Maria Santoro (1732-1741), impegnato negli ultimi anni dell’episcopato a “rifare il

delle sale la nuova “celendra”, volta alla politura, alla manganatura e alla tintura dei panni di lana, attività esercitata in città sin dal 1299 e cessata con la peste del 1656, incrementando in tal modo le entrate della mensa di 10 ducati annui. Il 27 luglio del 1748, dopo il solenne pontificale celebrato “con iscelta musica (…) con tutta la detta Città di Ravello e Suo Governo…l’Ill.mo Don Antonio di Felice Salines, Regio Governatore, l’Ill.mo Signor Don Pietro di Fusco, Sindico de’Nobili, l’Ill.mo Signor Don Girolamo D’Afflitto, Eletto de’Nobili, il Notar Signor Liborio Imperato, Sindico del Popolo, e ‘l magnifico Nicola Pisacane, Eletto del Popolo, hanno accompagnato detto Ill.mo Monsignor Vescovo sino al su o Pal az z o ”, co m e ri fe ri sce


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un atto rogato dal notaio Francesco Antonio Venosi. Nel corso del XVIII secolo la città, fortemente indebitata, fu in preda a continue tribolazioni dovute a carestie ed epidemie che gettarono la popolazione, dedita perlopiù ad agricoltura e pastorizia, in uno stato di profonda prostrazione. Nel 1764 quattrocento persone morirono per fame mentre altrettanti erano in pericolo per l’assenza di viveri. La situazione indusse i vescovi del l’epoca a non esigere alcuna rendita e a devolvere ogni risorsa in elemosina mentre il Palazzo Vescovile, divenuto casa di “madonna povertà”, accolse uomini, donne e bambini, cui veniva offerto un pasto frugale che costituiva l’unico mezzo di sostentamento. Mons. Nicola Molinari (1778-1783) “preparava il pranzo con le sue mani a molti poveri, teneva sempre pronto nel suo episcopio sacconi ed altre vestimenta per accorrere i bisognosi, dispensava le vivande con le sue mani e distribuiva elemosine”. Nell’episcopio venne poi allestito un deposito dove erano raccolti abiti, camicie e gonne per “vestire gli ignudi”. Con la nomina di mons. Silvestro Miccù (17921804) si avvicinò l’ora della completa decadenza di questa città: nel 1818 il vescovado, come altre diocesi minori, veniva soppresso per “l’esiguità delle rendite e l’oscurità dei luoghi”con la Bolla “De utiliori Dominicae vineae”, in seguito al Concordato di Terracina, stipulato tra Papa Pio VII e Ferdinando I. I ravellesi cercarono in tutti i modi di ottenere una dispensa ma a nulla valsero tali sforzi: “l’ultimo colpo per Ravello venne e fu l’abolizione del Vescovado”, scrive Luigi Mansi nel 1897, “Attualmente quasi tutto è finito, anche il palazzo, colpito dall’ultima legge di soppressione è stato venduto… O tempora o mores…”. Intorno al 1819 la proprietà, intestata all'Amministrazione dei Reali Demanj, comprendeva 8 stanze e quattro bassi, e un vigneto con frutteti, come si evince dal Catasto Murattiano. “Entrammo nella vecchia Ravello; nella solitudine di queste rocce ci trovammo improvvisamente di fronte ad una città moresca con torri e case ornate da fantastici arabeschi.. Qui ci sono solo alberi, rocce e, più inbasso, in una lontananza di sogno, il mare, talvolta rosso come porpora”, scriveva Ferdinand Gregorovius nelle “Passeggiate per l’Italia”. Que-

sto meraviglioso scenario dovette aprirsi anche agli occhi di Francis Nevile Reid, botanico scozzese ed appassionato cultore d’arte, che a partire dal 1851 acquisì il Palazzo Rufolo e la Villa Episcopio, provvedendone successivamente ai lavori di restauro. Reid acquistò il Palazzo Vescovile di Ravello durante l'asta tenuta il 29 gennaio 1868 con un’offerta di lire 5020,33 (la base d'asta era di lire 1900,32). L'edificio, diviso in due piani, nel 1869 era affittato ad un tal Alfonso Mansi. Il fascino dell’antico complesso e la felice ubicazione, oltre all’assoluta carenza di strutture ricettive, indussero Pasquale Palumbo, dipendente del Reid, e sua moglie, la bernese Elizabeth Von Wartburg, a trasformare l’antico Episcopio nella prima pensione di Ravello: la “Pensione Palumbo”. Dopo un breve soggiorno ad Amalfi, il 26 maggio 1880, Richard Wagner raggiunse Ravello a dorso di un mulo, stabilendosi per qualche giorno nell’accogliente locanda in compagnia del pittore russo Paul Von Youkowsky. E proprio nell’albo di questa locanda il Maestro di Lipsia, che nel lussureggiante giardino di Villa Rufolo aveva tratto ispirazione per il quadro scenico del secondo atto del Parsifal, lasciò il celebre autografo: ”Die Klingsor Zaubergarten is gefunden – Il Magico Giardino di Klingsor è trovato, Ravello, 26 maggio 1880”, a perenne ricordo di quel giorno memorabile. Il palazzo cominciò, quindi, a diventare meta di eminenti personalità dell’ arte, della cultura e della politica, attratti a Ravello da quelle bellezze della natura e dell’arte in grado di trasformare in viaggio in una “serendipity”, felice e inaspettata scoperta a rigenerazione dell’animo.

Mi presento: sono il silenzio

Per favore. Lasciatemi, una volta tanto, prendere la parola. Lo so che è paradossale che il silenzio parli. E' contrario al mio carattere schivo e riservato. Per favore. Lasciatemi, una volta tanto, prendere la parola. Lo so che è paradossale che il silenzio parli. E' contrario al mio carattere schivo e riservato. Però sento il dovere di parlare: voi uomini non mi conoscete abbastanza! Ecco, quindi, qualcosa di me. Intanto le mie origini sono assolutamente nobili. Prima che il mondo fosse, tutto era silenzio. Non un silenzio vuoto, no, ma traboccante. Così traboccante che una parola sola detta dentro di me ha fatto tutto! Poi, però, ho dovuto fare i conti con una lama invisibile che mi taglia dentro: il rumore! Ebbene lasciate che ve lo dica subito: non immaginate cosa perdete ferendomi! Il baccano non vi dà mai una mano! Io, invece, sì. Io sono un'officina nella quale si fabbricano le idee più profonde, dove si costruiscono le parole che fanno succedere qualcosa. Io sono come l'uovo del cardellino: la custodia del cantare e del volare. Simpatico, no? Io segno i momenti più belli della vita: quello dei nove mesi, quello delle coccole, quello dello sguardo degli innamorati… Segno anche i momenti più seri: i momenti del dolore, della sofferenza, della morte. No, non mi sto elogiando, ma dicendo la pura verità. Io mi inerpico sulle vette ove nidificano le aquile. Io scendo negli abissi degli oceani. Io vado a contare le stelle… Io vi regalo momenti di pace, di stupore, di meraviglia. Io sono il sentiero che conduce al paese dell'anima. Sono il trampolino di lancio della preghiera. Sono, addirittura, il recinto di Dio! Ecco qualcosa di me. Scusatemi se ho interrotto i vostri rumori e le vostre chiacchiere. Prima di lasciarci, però, permettete che riassuma tutto in sole quattro parole: FINE PRIMA PARTE Custoditemi e sarete custoditi! Luigi Buonocore Proteggetemi e sarete protetti! Dal vostro primo alleato. Il Silenzio


CELEBRAZIONI DEL MESE DI SETTEMBRE GIORNI FERIALI Ore 18.00: Santo Rosario Ore 18.30: Santa Messa PREFESTIVI E FESTIVI Ore 18.30: Santo Rosario Ore 19.00: Santa Messa GIOVEDI’ 4-11-18-25 Ore 18. 30: Santa Messa e Adorazione Eucaristica 7 SETTEMBRE XXIII DOMENICA DEL TEMPO ORDINARIO Ore 8.00-10.30– 19.00: Sante Messe 8 SETTEMBRE NATIVITA’ DELLA B.V.MARIA 11 SETTEMBRE Anniversario dell’ordinazione sacerdotale di Mons. Orazio Soricelli, Arcivescovo di Amalfi - Cava de’Tirreni 12 SETTEMBRE Memoria del SS. Nome di Maria 14 SETTEMBRE XXIV DOMENICA DEL TEMPO ORDINARIO FESTA DELL’ESALTAZIONE DELLA SANTA CROCE Ore 8.00-10.30– 19.00: Sante Messe 15 SETTEMBRE MEMORIA DELLA B.V.MARIA ADDOLORATA 19 SETTEMBRE SAN GENNARO PATRONO DELLA REGIONE CAMPANIA 20 SETTEMBRE Cattedrale di Amalfi ore 18.00: Ordinazione sacerdotale di Don Raffaele Ferrigno 21 SETTEMBRE XXV DOMENICA DEL TEMPO ORDINARIO SAN MATTEO APOSTOLO ED EVANGELISTA Ore 8.00-10.30– 19.00: Sante Messe 23 SETTEMBRE Anniversario dell’inizio del ministero pastorale di Mons. Orazio Soricelli, Arcivescovo di Amalfi—Cava de’ Tirreni. 26 SETTEMBRE SS. COSMA E DAMIANO 28 SETTEMBRE XXVI DOMENICA DEL TEMPO ORDINARIO Ore 8.00-10.30– 19.00: Sante Messe 29 SETTEMBRE SS.MICHELE, GABRIELE E RAFFAELE, ARCANGELI


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