Incontro Giugno 2008

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Per una Chiesa Viva P ERIODICO DELLA COMUNITÀ ECCLESIALE DI Anno IV - N. 5 - Giugno 2008 www.incontroravello.com www.chiesaravello.it

RAVELLO

Il Culto del Cuore di gesÙ centro della vita cristiana Il mese di giugno tradizionalmente dedicato al Cuore di Cristo, simbolo della fede cristiana, particolarmente caro sia al popolo sia ai mistici e ai teologi, esprime in modo semplice e autentico la "buona novella" dell'amore, riassumendo in sé il mistero dell'Incarnazione e della Redenzione. E, come ha sottolineato recentemente il Santo Padre Benedetto XVI, la solennità del Sacro Cuore di Gesù,celebrata nel penultimo giorno del mese di maggio scorso, è la terza e ultima delle feste che fanno seguito al Tempo Pasquale, dopo la Santissima Trinità e il Corpus Domini. Questa successione,annota il Papa, fa pensare ad un movimento verso il centro: un movimento dello spirito che è Dio stesso a guidare. Dall'orizzonte infinito del suo amore, infatti, Dio ha voluto entrare nei limiti della storia e della condizione umana, ha preso un corpo e un cuore; così che noi possiamo contemplare e incontrare l'infinito nel finito, il Mistero invisibile e ineffabile nel Cuore umano di Gesù, il Nazareno. Nella prima Enciclica di Papa Benedetto, Deus caritas est, sul tema dell'amore, il punto di partenza è stato proprio lo sguardo rivolto al costato trafitto di Cristo, di cui ci parla San Giovanni nel suo Vangelo. E questo centro della fede è

anche la fonte della speranza nella quale siamo stati salvati, che il Papa ha scelto come temi della seconda Enciclica: ” Spes salvi”. Ogni persona ha bisogno di un "centro"

della propria vita, di una sorgente di verità e di bontà a cui attingere nell'avvicendarsi delle diverse situazioni e nella fatica della quotidianità. Ognuno di noi, quando scende nel profondo di se stesso e si ferma in silenzio, ha bisogno di sentire non solo il battito del proprio cuore, ma, più intimamente, il pulsare di una presenza affidabile, percepibile con i sensi della fede e tuttavia molto più rea-

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le: la presenza di Dio e di Cristo, cuore del mondo. Il rapporto tra amor di Dio e Cuore di Cristo è evidente. Il cuore di Cristo è il rivestimento dell’amore di Dio, ancora di più, il Cuore di Cristo,la Persona di Cristo che nel cuore ha il suo centro,è la concretizzazione ultima e definitiva dell’amore del Padre per l’uomo. Il cuore di Gesù rappresenta quindi l’amore incarnato di Dio per gli uomini e l’amore degli uomini per Dio. ”Dio ha tanto amato il mondo da dare il Figlio suo Unigenito,affinché ognuno che crede in Lui,non perisca ma abbia la vita eterna”. In più luoghi del Vangelo Gesù fa riferimento al suo Cuore. Così quando dice : “ Accogliete la mia parola ed imparate da me che sono mite ed umile di cuore,così troverete serenità nelle vostra vita”; “Dove è il vostro tesoro,là è anche il vostro cuore”;”Amerai il Signore con tutto il cuore”, Gesù c’invita chiaramente a prestare attenzione al suo Cuore,ossia al suo divino infinito amore per noi, e considerare la Sua Persona come il centro dei nostri pensieri,della nostra riflessione e principale fondamentale oggetto del nostro amore. Soltanto una convinta e generosa risposta a questo invito genera la vera ed autentica devozione al Sacro Cuore. Don Giuseppe Imperato


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Non chi dice... ma chi fa! 'Non chiunque mi dice: Signore, Signore, entrerà nel Regno dei cieli, ma colui che fa la volontà del Padre mio che è nei cieli'. E' la prima sentenza. La vita cristiana - potremmo tradurre - non si ferma alla messa, ma deve tradursi in una vita nuova e coerente. 'Fare la volontà del Padre' significa mettere in pratica il progetto di Dio e vivere secondo i criteri evangelici.A conclusione del lungo discorso della montagna, Gesù porta i suoi interlocutori al cuore del problema: chi è veramente mio discepolo? Chi salverà la propria vita? Gesù si rivolge a discepoli che già credono in lui, anzi a qualcuno che con successo agisce “nel nome di Gesù”, alla Chiesa di sempre quindi, per precisare quali siano i comportamenti concreti di chi potrà “entrare nel Regno dei cieli”.Il linguaggio di Gesù è schietto e drastico: spaventa e fa pensare quella condanna giunta a sorpresa per chi credeva di essere a posto: “Non vi ho mai conosciuti; allontanatevi da me, voi che operate l'iniquità”.Ascoltiamolo con trepidazione. Dal Vangelo secondo Matteo (Mt 7,21-27) In quel tempo, Gesù disse ai suoi discepoli: «Non chiunque mi dice: “Signore, Signore”, entrerà nel regno dei cieli, ma colui che fa la volontà del Padre mio che è nei cieli.In quel giorno molti mi diranno: Signore, Signore, non abbiamo forse profetato nel tuo nome? E nel tuo nome non abbiamo forse scacciato demòni? E nel tuo nome non abbiamo forse compiuto molti prodigi? Ma allora io dichiarerò loro: “Non vi ho mai conosciuti. Allontanatevi da me, voi che operate l’iniquità!”.Perciò chiunque ascolta queste mie parole e le mette in pratica, sarà simile a un uomo saggio, che ha costruito la sua casa sulla roccia. Cadde la pioggia, strariparono i fiumi, soffiarono i venti e si abbatterono su quella casa, ma essa non cadde, perché era fondata sulla roccia.Chiunque ascolta queste mie parole e non le mette in pratica, sarà simile a un uomo stolto, che ha costruito la sua casa sulla sabbia. Cadde la pioggia, strariparono i fiumi, soffiarono i venti e si abbatterono su quella casa, ed essa cadde e la sua rovina fu grande». 1) CHI FA LA VOLONTA' DEL PADRE “Non chiunque mi dice: Signore, Signore, entrerà nel Regno dei cieli, ma colui che fa la volontà del Padre mio che è nei cieli”. E' la prima sentenza. La vita cristiana - potremmo tradurre - non si ferma alla messa, ma deve tradursi in una vita nuova e coerente. “Fare la volontà del Padre” significa mettere in pratica il progetto di Dio e vivere secondo i criteri evangelici. Ci esorta san Giacomo: “Siate quelli che mettono in pratica la parola, e non ascoltatori soltanto, illudendo voi stessi. Perché se uno ascolta la Parola e non mette in pratica la parola, costui somiglia a un uomo che guarda il proprio volto in uno specchio: appena si è guardato, se ne va, e subito dimentica com’era” (Gc 1,22-23). E prosegue più pesantemente: “Se uno dice di avere la fede ma non fa seguire le opere che serve? Quella fede può forse salvarlo? La fede, se non è seguita dalle opere, in se stessa è morta” (Gc 2,14.17).L’altra osservazione di Gesù è più radicale e quanto mai attuale. Non è titolo di salvezza fare miracoli, avere visioni, vivere carismi straordinari, ma fare le opere, fare la volontà del Padre, vivere una vita coerente. La carità, cioè l’amore a Dio e al prossimo, è il metro di misura. Ne fa eco, con linguaggio paradossale, san Paolo: “Se parlassi le lingue degli uomini e degli angeli, ma non avessi la carità, sarei come metal-

lo che rimbomba o come cimbali che strepitano. E se avessi il dono della profezia, se conoscessi tutti i misteri e avessi tutta la conoscenza, se possedessi tanta fede da trasportare le montagne, ma non avessi la carità, non sarei nulla. E se distribuissi tutti i mie beni e consegnassi il mio corpo per essere bruciato, ma non avessi la carità, a nulla mi servirebbe” (1Cor 13,1-3). 'Ma sopra a tutte queste cose rivestitevi della carità, che le collega e unisce in un modo perfetto' (Col 3,14).“Non vi ho mai conosciuti...”, cioè voi non siete mai stati veramente miei discepoli! E’ quasi una scomunica. Forse qui si fa riferimento anche all’autorità nella Chiesa, ai suoi rappresentanti più titolati che sono autorizzati ad agire “nel nome di Gesù”. Ma certamente il riferimento è a quanti dentro la Chiesa vivono con superbia una fede soggettiva ed esaltata, non in conformità e obbedienza alla legge concreta del vangelo. “Allontanatevi da me, voi che operate l'iniquità” (iniquità nel testo greco è “anomìa”, ossia senza legge). Stiano in guardia quelli che vivono la fede rincorrendo visioni, miracolismi, club di esaltazione misticoide, o semplicemente devozionismi privati, e non fanno riferimento e obbedienza alla parola di Dio scritta nella Bibbia e insegnata dalla Chiesa. “Non vi ho mai conosciuti..”, avete avuto una vostra religione, non la mia, dice il Signore! 2) E’ UN UOMO SAGGIO “Chiunque invece ascolta queste mie parole e le mette in pratica, è simile a un uomo saggio che ha costruito la sua casa sulla roccia”. La roccia fa pensare alla sicurezza, alla salvezza. La vita mira alla sua riuscita e pienezza. E’ il senso della nostra libertà, come responsabilità. Saggio è colui che ha capito ciò che conta o non conta nella vita, ciò cui merita appoggiarsi per avere la vita, la vita eterna, colui che ha colto quanto sia decisivo per la propria salvezza Dio e l’avvento del suo Regno. L’alternativa è costruire sulla sabbia, dove non c’è consistenza e sicurezza. “Passa infatti la figura di questo mondo!' (1Cor 7,31).“Cadde la pioggia, strariparono i fiumi, soffiarono i venti...”. La vita già da oggi ha le sue prove quotidiane. Chi non è radicato in convinzioni forti e vere e non è aiutato dalla grazia di Dio, non può resistere. Ma soprattutto - questo principalmente vuol dire l’immagine evangelica - la prova è all’esame finale, al giudizio definitivo di Dio che saggerà la consistenza della nostra vita. Chi reggerà alla prova finale? Chi avrà ascoltato le parole di Gesù e le avrà messe in pratica! Per questo preghiamo col Salmo responsoriale: “Sei tu, Signore, per me una roccia di rifugio”.Importante è sottolineare che le nostre opere non hanno altro senso se non quello dell’amore, verifica dell’amore. San Paolo ci dice che non sono esse, le nostre opere, a giustificarci, a salvarci, ma è la grazia di Cristo e la fede in lui. “Tutti sono giustificati gratuitamente per la sua grazia, per mezzo della redenzione che è in Cristo Gesù. Noi riteniamo infatti che l’uomo è giustificato per la fede, indipendentemente dalle opere della Legge”. Questo ci dà più sicurezza. Guai se dovessimo contare solo sulle nostre buone opere! D’altra parte dice come anche le più piccole opere abbiano sommo valore, perché la loro dignità sta nell’amore che ci si mette, non nei risultati che si ottengono.

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don Romeo Maggioni


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L’INDIVIDUO E LA SUA ILLUSIONE Credo che mio nonno abbia condotto un’esistenza bella e serena. E’ campato fin quasi a ottant’anni facendo il contadino, in una famiglia contadina, in una società contadina. Aveva da mangiare a sufficienza (ha sofferto la fame solo durante le Guerre), altrimenti non crederei che possa aver trascorso una vita “bella e serena”. Il suo orizzonte era costituito dal paese di mille abitanti dove era nato e dove è morto; le regole, lo stile di vita, le aspettative, quelle che aveva trovato in una società secolare, e che aveva fatto sue sin dall’inizio. Quel mondo tranquillo e protettivo era però un mondo chiuso, abitudinario, carente di mezzi e di possibilità di scelta. Forse è per questo che mio nonno, di cui ho ereditato il nome ma non l’eclettismo, aveva sviluppato la passione per i palloni aerostatici e per i fuochi d’artificio; era la dimestichezza con questi particolari strumenti a distinguerlo dagli altri, a dargli quel plus di identità che, probabilmente, lo faceva sentire un individuo più di quanto non facesse l’abnegazione nel lavoro e il rispetto delle regole. Di sicuro, nessuno di noi accetterebbe di scambiare la sua condizione con la vita “felice e spensierata” che vissero i propri nonni. Facciamo parte della società dei liberi individui, e godiamo di una situazione di benessere e di libertà quale l’uomo non ha mai conosciuto nell’intero arco della sua storia. Allora, perché continuiamo ad accostare la vita di chi ci ha preceduto a un’isola felice, e a parlare della nostra in termini critici e negativi? La risposta è scontata: perché abbiamo perso il valore fondamentale della sicurezza; perché viviamo in modo instabile e inautentico ogni tipo di rapporto, la vita affettiva come quella professionale e sociale. L’individuo più libero di ogni tempo non ha più un’identità: nell’età della tecnica ciò che conta è il ruolo, non la singola persona, che opera nell’apparato nel segno della sostituibilità. Un apparato che mettendo al primo posto la velocità e la competitività ci obbliga a modificare le competenze e i modi di agire ben prima che si siano consolidati in esperienze soggettive e durature; una sensazione continua di precarietà e di incertezza è il contraltare dell’ingannevole libertà concessa dalla società degli individui.Il ruolo di mio nonno era quello di un contadino che occasionalmente assicurava alla comunità un po’ di divertimento, traendone a sua volta piacere e apprezzamento; un ruolo definito, limitato, ma anche personale, naturale, finalizzato a un risultato concreto. Inoltre, la vita era arricchita dal sentirsi parte attiva della collettività; le voci dei nostri nonni, per flebili che fossero, trovavano comunque un ascolto entro l’orizzonte antropologico in cui essi si muovevano. Oggi, è l’estraneità, l’ek-sistere (il sentirsi fuori) a costituire la nostra condizione: nel frastuono dell’ossessionante rumore del mondo, che sopprime lo spazio psichico, che non consente una minima introversione, l’anima si conforma ai modelli che la tecnologia e i media ci mettono ogni istante dinanzi agli occhi. E come sottolinea il filosofo Umberto Galimberti, quando il soggetto non reperisce altra identità al di fuori di quella conferitagli dal sistema, non è più possibile parlare di identità, ma di identificazione.Stentiamo a credere che i nostri ascendenti possano aver trascorso un’inte-

ra vita senza udire una sola volta la frase che risuona ogni giorno nell’orecchio di chi vive il nostro tempo: “Sei padrone del tuo destino”. A forza di sentirlo ripetere, ci convinciamo che la possibilità di autodeterminarci è accanto a noi, che basta allungare una mano per farla nostra. Ma come sostiene Zygmunt Bauman in Modernità liquida, “esiste un ampio e crescente divario tra la condizione degli individui de iure e la possibilità di diventare individui de facto, vale a dire di diventare padroni del proprio destino e compiere le scelte realmente desiderate”. In un mondo compulsivo e ossessivo, dove conta solo la produttività, la libertà di scelta è poco più che una finzione: le opportunità che ci sono concesse, seducenti e apparentemente facili da cogliere, si rivelano fluide, effimere, stranamente adatte “a compensare le precedenti e a preparare il terreno per poter passare alle successive”, come ha scritto David Miller. Consumare è il fine cui sono rivolti i nostri pensieri, e stabilire la priorità degli acquisti è diventato l’onere principale dei nostri giorni. La pseudo-identità declinata dall’universale dipendenza dallo shopping configura la strana condizione di un soggetto per il quale è l’articolo griffato a diventare lo strumento della propria differenziazione e del proprio valore; con l’inevitabile rischio che il marchio da portare con orgoglio si trasformi da un giorno all’altro in qualcosa di superato, di socialmente squalificante. Un’ulteriore situazione di insicurezza per il nostro fragile io, cui la società degli individui cerca di porre rimedio con i kit, esposti nelle vetrine, capaci di restituire la prerogativa di sentirsi “diversi” dagli altri: corsi di ogni tipo, esperienze mistiche ed esoteriche, viaggi e avventure estreme. Ma l’aporia resta insanabile: perché è la stessa società del consumo, e non il singolo, a scomporre e ricomporre l’intero processo. Le antinomie del libero individuo non si fermano qui. Impotente e avulso dai centri decisionali, perso nella sua solitudine, il singolo, come aveva intuito Tocqueville, diventa il peggior nemico del cittadino. Dove non c’è più l’agorà, la vita pubblica, l’incontro quotidiano che aiutava a mediare i conflitti, lo spazio collettivo si svuota di questioni pubbliche, diventando lo schermo sul quale vengono proiettate la vita e le intimità private dei personaggi pubblici. Nel mondo del privato esistono solo altri privati da imitare e invidiare: identificarsi in persone che ce l’hanno fatta, non importa in che modo, è diventata la modalità esistenziale del nostro tempo. Continua a pagina 4

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L’INDIVIDUO…

UN ANNO CON SAN PAOLO

Forse ha ragione Andrzej Stasiuk quando sostiene che la possibilità di diventare qualcun altro è il moderno surrogato della vita ultraterrena promessa dalle religioni. Che fare? L’unica cosa da fare è non arrendersi al fatalismo, non scaricarsi delle proprie responsabilità, rinforzare la libertà di scelta che la società del consumo tende a limitare nei modi che abbiamo visto. Dobbiamo convincerci che vivere l’impresa rischiosa dei nostri giorni è qualcosa di più alto e responsabile rispetto all’esistenza riparata dal caos che hanno condotto i nostri nonni. La società, insegna Cornelius Castoriadis, è autenticamente autonoma quando diventa consapevole che non esistono significati garantiti e verità assolute. Interpretare la multiforme realtà odierna ed elaborare la creazione di nuovi significati: è questo l’impegno del nostro tempo, una sfida che, a differenza di altre epoche storiche, dobbiamo affrontare e vincere ogni giorno.

Ma non basta: altrettanto importante è poter tradurre le nuove istanze in azioni di carattere pubblico. La fine dell’essere umano quale creatura sociale è, per fortuna, di là da venire, come dimostra la tendenza verso moderne forme di socialità e di aggregazione comunitaria. Saranno anche frutto di autoprotezione, tentativi di stabilire baluardi di difesa in un mondo che cambia troppo spesso, ma rappresentano l’unica alternativa all’isolamento e alla solitudine odierna. La battaglia per la pace, la sicurezza, la giustizia, l’eguaglianza, la ridistribuzione della ricchezza, non si vince da soli; nella storia umana, la comunità è sempre esistita. Tornare a vivere lo spazio pubblico quale luogo di confronto e di impegno sociale, nel segno del pluralismo e della conciliazione, è l’inevitabile compito che attende i membri della società degli individui. Non sappiamo quali saranno le forme e i contenuti che assumeranno le nuove spinte verso la tolleranza e la cooperazione; ciò che ormai sappiamo, e che non possiamo più ignorare, è che l’aspetto sotto il quale siamo eguali è enormemente più evidente e significativo di qualunque argomento possa farci ritenere diversi gli uni dagli altri.

Armando Santarelli

Apostolo delle genti e delle culture: così san Paolo continua a parlare agli uomini del nostro tempo. Una voce cui sarà dato un ascolto particolare durante l’Anno Paolino, voluto da Benedetto XVI in occasione del bimillenario dalla nascita dell’apostolo. Dodici mesi speciali che si apriranno il prossimo 28 giugno per chiudersi il 29 giugno 2009. In Italia il programma degli eventi sarà arricchito dal percorso curato dal Servizio nazionale per il progetto culturale, guidato da Vittorio Sozzi. «Con questo percorso itinerante il progetto culturale mostra alcune delle sue più importanti caratteristiche – spiega Ernesto Diaco, vice responsabile del Servizio nazionale per il progetto culturale . Attraverso la musica e lo studio, l’arte e la comunicazione, il teatro e la spiritualità dà forma alla testimonianza e la attrezza facendo sì che risaltino le ragioni del credere e della speranza». Un calendario, quindi, pensato per gettare un ponte tra contemporaneità e tradizione: «La figura dell’apostolo Paolo – aggiunge Diaco – ben si presta a mettere in evidenza come la fede cristiana si collochi naturalmente e pienamente nel vivo delle dinamiche esistenziali. Paolo, nell’areopago di Atene e nelle sue lettere, ha inaugurato il primo grande progetto culturale». L’Anno Paolino, quindi, sarà un laboratorio vivo di fede e cultura. «È da sottolineare il metodo di questa nuova iniziativa – sottolinea il vice responsabile del Servizio nazionale per il progetto culturale –: quello cioè di valorizzare le diocesi e le realtà locali e di offrire loro strumenti e modelli per una lettura e un’azione culturale a tutto tondo. Altri eventi si aggiungeranno, proprio per il carattere aperto e radicato territorialmente del nostro percorso. Impossibile, poi, non vedere l’impronta del Convegno di Verona, con il suo forte appello a recuperare gli ambiti fondamentali dell’esistenza nella pastorale ordinaria, e a dire con essi il 'sì' di Dio all’uomo di oggi». Numerose le iniziative in programma, quindi. Dal 6 all’11 luglio a Capo Rizzuto la Settimana biblica interdisciplinare promossa dal Settore apostolato biblico dell’Ufficio catechistico nazionale sarà dedicata al tema «Paolo: strategia di un annuncio. Identikit di una comunicazione d’impatto». A ottobre è previsto a Milano un ciclo di incontri, promosso dal Pime e dall’arcidiocesi ambrosiana, sulle «grandi piazze» dell’evangelizzazione oggi sotto il titolo «Paolo e i nuovi areopaghi della missione». Altro ciclo di incontri e manifestazioni artistiche promosso dalla Basilica di San Paolo fuori le Mura sulle lettere paoline si terrà tra ottobre 2008 e aprile 2009 a Roma. Continua a pagina 5

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UN ANNO CON SAN PAOLO… San Paolo interroga» è il titolo della serie di eventi che vedrà i protagonisti della cultura, politica, economia, informazione e sport «a confronto» con l’apostolo nella Basilica romana. Sempre nell’autunno 2008 è previsto un incontro promosso dal Centro universitario cattolico a Perugia sul tema «Persona e verità». Tornando a Roma, poi, in occasione del lancio del «Progetto culturale giovani» l’8 novembre, presso la Basilica delle Tre Fontane, si terrà il concerto «L’Apostolo delle genti», organizzato in collaborazione con il Servizio nazionale per la pastorale giovanile. «Soprattutto, niente giornalisti. Il mondo delle comunicazioni, primo areopago del tempo moderno» è il titolo della tavola rotonda promossa per il febbraio 2009 a Roma assieme all’Ufficio nazionale per le comunicazioni sociali. Sempre a Roma, per aprile 2009, è previsto il Convegno per operatori pastorali, della sanità e della comunicazione, promosso assieme all’Ufficio nazionale per la pastorale della sanità e all’Ufficio nazionale per le comunicazioni sociali, sul tema «Quando sono debole, è allora che sono forte. Comunicare il vangelo nel mondo della salute e della sofferenza». Tra aprile e maggio 2009, poi, assieme all’Acec verrà organizzato un percorso di film e iniziative culturali in 50 sale della comunità intitolato «Alla ricerca del senso del viaggio». Tra il 14 e il 18 maggio 2009, poi, alla Fiera internazionale del Libro di Torino ci sarà uno stand del progetto culturale curato dell’Associazione Sant’Anselmo. Infine, l’annuale Festival biblico promosso a maggio dalla diocesi di Vicenza e dal Centro culturale «San Paolo» nell’edizione 2009 avrà una particolare attenzione agli scritti paolini. In vista dei dodici mesi dedicati al «persecutore divenuto discepolo» un ricco calendario di iniziative curato dal Servizio nazionale per il progetto culturale. Matteo Liut -Avvenire

VOGLIAMO VEDERE GESÚ Lo scorso 17 maggio nella “città” dell’Apostolo Andrea, Amalfi, si è celebrata la giornata Diocesana dei Ministranti. Quest’anno la segreteria diocesana dell’associazione ha scelto proprio Amalfi come cornice di questa tappa nel contesto dei festeggiamenti dell’ottavo centenario della traslazione delle reliquie del Santo dalla città di Costantinopoli. Il nostro appuntamento annuale ha avuto come slogan “ con Sant’Andrea e i nostri Santi Patroni Vogliamo Vedere Gesù”. Il programma della giornata ha avuto sostanzialmente questi momenti: man mano che i gruppi parrocchiali affluivano veniva fatta l’iscrizione e sulla spiaggia all’ombra di diversi ombrelloni si alternavano per prendere parte ai giochi finalizzati a vedere Gesù,curati dall’Azione Cattolica e dall’Agesci di Amalfi. Successivamente i gruppi hanno attraversato un percorso sul quale erano posizionati 13 pannelli costituenti una mostra vocazionale. Alla fine di questo percorso tutti i partecipanti si sono ritrovati sul “Lastricato” dove, dopo la presentazione delle varie Parrocchie è stato proclamato e drammatizzato il brano del Vangelo di

Giovanni relativo all’episodio dei Greci che da Filippo e Andrea e chiedono di poter vedere Gesù. È stato proprio questo il momento in cui, attraverso la drammatizzazione dell’ episodio evangelico, si è gustato il tema caratterizzante la giornata. Infatti, anche l’intervento dell’ Arcivescovo, è stato incentrato sull’importanza della comunione dei Santi che ci permette di “vedere Gesù”. Successivamente si è formato il corteo processionale con le effigi dei Patroni elevate sui cartelloni preparati dalle singole parrocchie, diretto alla tomba dell’apostolo Andrea con il canto delle litanie. Il momento culminante è stato quando tutti i ministranti in compagnia dei loro Santi patroni hanno incontrato, nell’antica cattedrale, Gesù nell’Adorazione Eucaristica. Anche voi cari amici ministranti sapete bene, che il vincolo di amicizia con Gesù ha la sua fonte e il suo culmine nell’Eucarestia, Sacramento della presenza reale di Gesù tra noi, nel segno del pane e del vino. Voi che avete l’onore di servire Gesù nella celebrazione dei suoi Misteri, siete chiamati a essere in particolare i Suoi amici più fedeli. Coltivando e approfondendo questa amicizia con Lui scoprirete di aver trovato in Gesù l’unico vero amico fedele. Il vostro appuntamento domenicale deve diventare momento di incontro con Lui e con i fratelli, il vostro servizio fatto di gruppo deve rendere testimonianza di unità. Il gruppo ministrante parrocchiale è il “vivaio” in cui con la vera amicizia del Signore, viene preparato il terreno fertile affinché possa nascere e crescere il fiore della vocazione. Questa presenza diviene, per voi ministranti, bussola per progettare la vita. Difatti come ebbe a dire il Santo Padre Benedetto XVI nella catechesi speciale per i partecipanti al Pellegrinaggio europeo dei ministranti, “ voi siete molto vicino a Gesù nell’Eucarestia, nella celebrazione della Santa Messa ed essa è il più grande segno della sua amicizia per ciascuno di noi”. Ancora il Papa vi invitava a non cedere all’ abitudine nello svolgimento del vostro servizio.Col vostro servizio potrete essere suoi apostoli, come Andrea e portare frutti di bontà e di servizio in ogni ambito della vita: in famiglia, nella scuola e nel tempo libero. Anche a noi così, come agli Apostoli Gesù dice” vi ho chiamato amici”. Anche i nostri Santi patroni, compagni di viaggio in questa giornata diocesana, sono stati testimoni di Cristo perché erano suoi amici, perché gli erano vicini e con la loro vita ci insegnano a “vedere Gesù”.

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Giuseppe Milo


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L’Azione Cattolica Italiana ha festeggiato i suoi 140 anni!

«Pensiero, Azione, Sacrificio». Questi i motivi ispiratori diffusi in tutt’Italia, all’inizio della lunga vita dell’Azione Cattolica. Questi sono i motivi che mi ispirano all’indomani della celebrazione del 140° anniversario della nascita dell’A.C., svoltasi a Roma il 4 maggio scorso, alla presenza di centinaia di alti prelati della Chiesa e con la viva e significativa partecipazione del Santo Padre, Benedetto XVI. Non desidero dilungarmi a descrivere lo svolgimento della manifestazione; accenno solo a dire che, sotto un sole che scottava, dentro un’afa che faceva svenire, fra decine e decine di migliaia di bottigliette d’acqua che circolavano, a volte non tanto per dissetare, quanto per rinfrescare, centinaia di migliaia di Cattolici festeggiavano l’importante anniversario. Chi vuole informarsi sullo svolgimento della festa, visiti il sito creato ad hoc: www.140annidiac.it. Non voglio nemmeno descrivere la larga partecipazione dei soci di A.C. della Diocesi (ben tre pullman, più auto particolari). Da Ravello sono partiti tre giovani, in rappresentanza della nostra parrocchia. Voglio, piuttosto, qui soffermarmi su quanto m’è venuto alla mente durante i vari interventi che si sono susseguiti nella giornata. PENSIERO, AZIONE, SACRIFICIO: queste tre parole si sono fissate nella mia mente, sono penetrate nel mio cuore. Mi son chiesta: operiamo noi nel rispetto di questo imperativo? Realizziamo noi questi principi informatori dell’Azione Cattolica? Dubbi atroci mi hanno tormentato a lungo; mi sembrava che noi, io in particolare, non ci adoperassimo sufficientemente per il conseguimento di tali scopi. Alla fine delle mie riflessioni, il tormento si è abbastanza attenuato, è quasi scomparso. Dico “quasi”, non “totalmente”. Pensiero: - abbiamo le idee che ci devono guidare nella nostra opera? - concepiamo la nostra opera in maniera corretta ed efficace? - riflettiamo abbastanza prima di mettere in pratica le nostre idee? - consideriamo attentamente le conseguenze di quello che potremmo fare? - siamo correttamente ispirati? Credo che possiamo dare risposte ampiamente positive a questi interrogativi: ragioniamo, riflettiamo, consideriamo, meditiamo, ponderiamo a fondo il prodotto del nostro pensiero. Ci sentiamo continuamente illuminati dalle nostre convinzioni

evangeliche. Dunque, pensiero: approvato! AZIONE: - sono validi i nostri atti? - è corretto il nostro comportamento? - sono efficaci le nostre operazioni? - sono produttive le nostre iniziative? - è conforme al dettato di Cristo la nostra attività? Anche stavolta mi pare di poter dare una risposta abbastanza affermativa: lavoriamo parecchio, procediamo con ordine nelle nostre cose, eseguiamo tutto quanto ci vien chiesto dagli organi costituiti, sia religiosi che civili, ci comportiamo cristianamente. Passando in rassegna il nostro operato nel giro degli ultimi dodici mesi, ricordiamo: enumerare. Avremmo potuto fare di più? Potremmo fare di più? Certamente; non è mai troppo quel che facciamo secondo l’insegnamento cristiano. Proponiamoci sempre di migliorare. SACRIFICIO: - agiamo con devozione? - ci offriamo al prossimo? - facciamo dono delle nostre capacità, attività, azioni? - sappiamo rinunciare a favore di chi ha bisogno? - siamo, insomma, generosi? E qui non so rispondere. Forse non posso rispondere. Quel che per me è un sacrificio, per altri potrebbe essere la norma. E viceversa. A volta ci sembra di agire generosamente, invece potrebbe trattarsi solo di atto di orgoglio personale, senza scopo di solidarietà. L’importante, a mio parere, è agire con disinteresse; operare a favore dei deboli, dei poveri, dei bambini, del prossimo bisognevole. Cristo ha sacrificato la sua vita per noi. Tanti suoi discepoli e credenti hanno dato la loro vita per il trionfo della fede. A noi vien chiesto solo qualche piccola offerta per il raggiungimento della Pace, della Serenità, della Felicità di chi ha bisogno delle nostre opere. Pensiamo. Agiamo. Sacrifichiamoci. Nel nome di Cristo e a favore di chi ha bisogno di aiuto!

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Manuelita Perillo Presidente AC


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Sigilgaida Rufolo, il Falconiere e la rinascita dell’antico nell’arte italiana Si presenta con il titolo originale e sintetico di "Exempla" (Rimini, Castel Sismondo. 20 aprile - 7 settembre 2008) la mostra di scultura - ma non solo - nata nell'ambito della xxix edizione del Meeting per l'amicizia dei popoli e in collaborazione con i Musei vaticani. "Exempla", cioè modelli, esempi da seguire. Esempi di forme antiche - spesso provenienti da materiali di spoglio grecoromani - come gli scavi per la costruzione dei castelli di Federico ii di Svevia in Puglia che vengono riutilizzate in altro contesto; oppure riprese - non copiate - con un forte senso di continuità col passato; come se l'antico non fosse mai venuto meno; anzi, come fosse il miglior linguaggio del presente dopo una notte d'oblio durata in realtà quasi un millennio. E questo risveglio non è vissuto nella nostalgia di un ritorno all'antico - come sarà nel più maturo rinascimento - ma come un "dato" concreto in cui ci si imbatte; e che il realismo cristiano naturalmente fa proprio. Tra le numerose sculture esposte a non potevano mancare due preziose opere del Museo del Duomo di Ravell:il busto di Sigilgaida Rufolo, capolavoro dell’arte duecentesca dell’Italia Meridionale, opera di Nicola di Bartolomeo da Foggia, e il Falc o n i e r e . Due opere che esaltano la modernità federiciana tesa al recupero della classicità e del naturalismo come si evince anche nel trattato “De arte venandi cum avibus” dove l’imperatore svevo aveva invitato gli artisti ad essere attenti al dato naturale in modo tale da rappresentare “le cose che sono, come sono”. I caratteri iconografici avvicinano la donna ad una basilissa bizantina, i capelli sono raccolti in lunghe trecce, il viso è reso con un dolce modellato, in grado di definire i tratti somatici e di rivelare una matrice classica riscontrabile anche nel falconiere che, in abito elegante, tiene stretto nella mano un falco mentre ai suoi piedi un cane addenta la preda . La mostra esamina alcuni aspetti della ripresa dei modelli classici nell’arte italiana medievale, partendo dall’epicentro della cultura federiciana di Castel del Monte per seguire le tappe del ritorno all’antico di Nicola Pisano e di coloro che crebbero al suo fianco, come Arnolfo di Cambio e Giovanni Pisano. La prima parte della rassegna è dedicata all’arte che prende

forma con Federico II, con qualche testimonianza normanna. Si tratta per lo più di sculture, con nuove ipotesi di attribuzione, di codici e di cammei. E’ stato possibile mettere a confronto diretto opere federiciane con i modelli classici, la maggior parte provenienti dalla regione Puglia, dai quali traggono ispirazione. I confronti si evidenziano anche nel caso di Arnolfo di Cambio, perché alla figura della “Donna con l’anfora” della Galleria Nazionale di Perugia verrà affiancato un rilievo romano rappresentante una “Ninfa” vista da tergo, proveniente dai Musei Vaticani, che se non costituisce il diretto precedente della figura arnolfiana, quanto meno è una testimonianza molto eloquente della sua derivazione dall’antico. Laddove non è stato possibile visualizzare certi parallelismi, spostando materialmente le opere originali, si è fatto ricorso a calchi o a immagini fotografiche. L’esposizione si chiude con una delle formelle di Andrea Pisano del campanile di Santa Maria del Fiore, raffigurante emblematicamente uno scultore, Fidia, intento a modellare una scultura classica, gentilmente concessa in prestito dal Museo dell’Opera del Duomo di Firenze, e con la superba Madonna col Bambino di Andrea Pisano, concessa dal Museo dell’Opera del Duomo di Orvieto. La mostra, realizzata in collaborazione con i Musei Vaticani, è dedicata a Federico Zeri nel decimo anniversario della morte, come omaggio al grande e indimenticabile maestro che fu per quattro volte ospite del Meeting di Rimini.I contenuti stessi della mostra corrispondono pienamente alla sfaccettata complessità degli interessi di Zeri, che spaziavano dall’antichità classica, all’arte del Duec e n t o e o l t r e . Solo un anno fa la Sigilgaida riscuoteva un enorme successo alla mostra “Set in Stone: The Face in Medieval Sculture”, tenutasi al Metropolitan Museum di New York. Oggi siamo sicuri che questa meravigliosa figura femminile con diadema “una delle più belle sculture di tutta l’arte occidentale, di certo fra le più significative del Duecento d’Italia”, come ha scritto il compianto Raffaello Causa, costituirà uno dei capolavori più ammirati di questo straordinario percorso. Luigi Buonocore

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PANTALEONE, LUCE PER RAVELLO La comunità di Ravello ha celebrato nella terza Domenica di Maggio, oltre la solennità della Santissima Trinità, festa di "Dio unico in Tre Persone", il ricordo della traslazione della Reliquia del sangue di San Pantaleone, trasferita nel corso del XVII secolo dall'antico altare alla nuova cappella. Al tramonto del Sabato, l’esposizione del busto argenteo del Santo di Nicomedia all’inizio della solenne Eucaristia prefestiva, ha introdotto la comunità alla celebrazione del doppio mistero della Domenica, festa della SS. Trinità. La giornata festiva, allietata dall’accompagnamento musicale del complesso bandistico di Minori e dalla tradizionale “fiera”, molto impoverita, che oramai non si aspetta più questo giorno per rinnovare il proprio allevamento e le attrezzature per i lavori agricoli, si è articolata nel consueto connubio tra solenni celebrazioni eucaristiche e immancabili pratiche devozionali popolari, espressioni della millenaria cristianizzazione del territorio. Oltre la Messa mattutina, nel pomeriggio la Solenne Processione, durante la quale, la statua del Patrono ha attraversato via SS. Trinità, raggiungendo il Monastero delle Clarisse ed è giunta poi in Duomo, dopo aver dato la consueta benedizione a tutti i paesi della Costa, dal belvedere di via Boccaccio. Il Santo Patrono che esce dalla sua casa e percorre le strade principali, rispondendo alle invocazioni dei fedeli che attendono la sua benedizione, un momento unico, in cui tradizione e religiosità si fondono. Al rientro, poi, in Duomo, la celebrazione della Santa Messa presieduta dal Parroco. Don Peppino, durante l’omelia, oltre il necessario richiamo al mistero del giorno, la Santissima Trinità, Dio unico e trino, ha evidenziato la figura sempre attuale del Martire nicomediense, modello di massima fede cristiana da amare, ma soprattutto da imitare giorno per giorno nella quotidianità. La festa si è conclusa con un breve, ma particolare, spettacolo pirotecnico a cura della ditta del Cavalier Aniello Boccia da Palma Campania e con le tradizionali marce di congedo della banda musicale. Il sangue di San Pantaleone è il dono più bello e prezioso che Dio, nella sua mirabile provvidenza, ha fatto a questa Città, è la testimonianza più singolare di fede e amore. Con i suoi rutilanti splendori questo sangue è segno della paterna benevolenza, con cui città e cittadini si sentono davvero difesi e continuamente protetti dal Santo Taumaturgo. “E qui nostra gente contempla quel sangue con fede cocente che soffre se langue, Tu buono, Tu pio, implora da Dio con voce possente per tutti mercé”. Raffaele Amato

MESSA DI PRIMA COMUNIONE NELLA SOLENNITÁDEL CORPO E DEL SANGUE DI GESU ‘ Amato Maddalena , Apicella Lorenzo , Apicella Manuel ,Calce Mattia, Cappotto Fabio ,Cioffi Carmen , Cioffi Cristian , Cioffi Marco ,Esposito Marco, Ruocco Denise, Ruocco Raffaele ,ZugaroMarco , i tredici bambini che hanno ricevuto la Prima Comunione ,Domenica 25 Maggio ,2008 , sono arrivati presso la Chiesa di Santa Maria a Gradillo , ancora prima delle ore 10,00 . Erano molto emozionati ,dai loro volti sorridenti traspariva l’ansia ed il desiderio di ricevere Gesù . Non era la vivacità dei giorni precedenti , che ho vissuto con loro , vi assicuro che spontanei come sono , l’ardore di quella mattina era autentico ! La loro ansia ha contagiato un po’ tutti e così la Processione verso il Duomo è cominciata con qualche secondo di anticipo. I fanciulli, con voce gioiosa , hanno cantato insieme alla catechista ,ai genitori ,ed all’assemblea dei fedeli che proseguiva in processione : “Oh che giorno beato il Ciel ci ha dato “. Il Canto delle Litanie dei Santi , eseguito dal nostro giovane seminarista Giuseppe Milo, ci ha accompagnato fino al sagrato del Duomo dove era ad aspettarci Mons Giuseppe Imperato , per il rito dell’accoglienza . Subito dopo è cominciata la Celebrazione Eucaristica . Le catechesi e le riflessione dei giorni precedenti sul significato dell’Eucaristia tenute da Mons Imperato e dalla catechista , la Forza dello Spirito Santo che sempre agisce , hanno fatto sì che i ragazzi partecipassero con attenzione , ma soprattutto con “ fede “ a tutti i momenti della S.Messa. Molto significative le letture proclamate : Dal libro del Deuteronomio ( 8,2-3,14b-16a) – Dalla Prima Lettera di San Paolo ai Corinzi (10, 16-17 ) –Dal Vangelo di Giovanni ( 6, 51-58) . L’Omelia di Mons Giuseppe Imperato semplice , molto chiara sul significato del “ nutrimento “ . Egli ha spiegato quanto sia importante il nutrimento per la vita del corpo , in particolare il pane è fondamentale . Per sfamarci basta un bel pezzo di pane e riprendiamo le energie necessarie. Il popolo ebreo , dopo quarant’anni nel deserto, in preda alla fame è stato nutrito con la “ manna “,in ebraico “ ma-nu “ ( che significa : “ che cos’è “ ) , essi non conoscevano e nemmeno i loro padri avevano conosciuto quel cibo dolciastro , che scendeva dal cielo per diventare loro nutrimento . Un cibo ,dirà Gesù nel Vangelo , che pur avendoli nutriti li ha fatti comunque morire . Gesù ha poi aggiunto : “ Io sono il Pane Vivo disceso dal Cielo , chi mangia questo Pane , vivrà in eterno” . Per questo motivo Gesù ha insegnato ai suoi amici a pregare con il “ Padre Nostro , … dacci oggi il nostro pane quotidiano …” Padre dà a noi tuoi figli il pane per oggi , daccelo giorno dopo giorno , tutti i giorni . Se Gesù si proclama Pane Vivo ,allora vuol dire che abbiamo bisogno di Lui tutti i giorni per nutrirci nello spirito ! Chi si nutre del Pane Vivo che è Gesù avrà la Vita Eterna , la Vita Nuova nell’Amore di Dio .Come non possiamo fare a meno del pane , nella nostra vita , cosi Egli è indispensabile nella

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MOTIVI ISPIRATORI DELLA DEVOZIONE MARIANA

nella nostra vita spirituale .Gesù è il Dono di Dio per noi , così come è stato un dono di Dio la manna nel deserto . Durante l’Ultima Cena , Gesù si è donato a tutti , al mondo intero , così che nutrendoci del Suo Corpo e del Suo Sangue fossimo sempre in Comunione con Lui e tra noi , per diventare “ Un Solo Corpo “ . In ogni Eucaristia Gesù vuole donarci la Forza del Suo Amore per essere sempre insieme senza che nulla possa separarci. L’Omelia di Mons Imperato è terminata con l’invito a gustare la gioia di “ questo dono “. Gesù ad ognuno dice : “ Vieni , facciamo festa insieme ! A noi tutti , battezzati , non resta che rispondere alla chiamata e rallegrarci e ringraziare con tutto il cuore . La Celebrazione Eucaristica è proseguita con il rinnovo delle Promesse Battesimali , e la Preghiera dei Fedeli . Momento fondamentale della Celebrazione è stata la Liturgia Eucaristica .L’attimo in cui i fanciulli ricevono per la prima volta il Corpo ed il Sangue di Gesù , sempre tocca il “ cuore di una catechista “ . Gli occhi gonfi di lacrime , il cuore che batte forte , ci si sente uniti a Cristo , a questi piccoli , ai fratelli dall’abbraccio immenso dell ‘Amore di Cristo . Guardando questi fanciulli che hanno ricevuto per la prima volta Gesù nel loro cuore, vengono ancora in mente altre parole del Maestro : “Ti benedico, o Padre, Signore del cielo e della terra, perché hai tenuto nascoste queste cose ai sapienti e agli intelligenti e le hai rivelate ai piccoli. Sì, o Padre, perché così è piaciuto a te. “( Mt ,11,28-30 ). Dopo la Benedizione impartita da Mons Imperato, l’assemblea si è sciolta con il canto finale : “ Festa con Te “. Giulia Schiavo “La Solennità del Corpus Domini è stata vissuta comunitariamente anche con la processione del SS. Sacramento che ha seguito la Messa vespertina quale solenne atto liturgico di adorazione. Essa ha il significato della liturgia che il popolo cristiano celebra per le strade del paese che possiede il tesoro della presenza reale di Gesù vivente nell’Eucaristia. Il folto corteo composto dai membri delle varie associazioni, dai fanciulli di prima comunione, dagli angioletti e dal popolo devoto, ha pregato e cantato attraversando le vie del centro storico tappezzate in vari punti dai caratteristici tappeti floreali. “

Nel mese consacrato a Maria abbiamo ravvivato con la preghiera e la riflessione la nostra devozione, rileggendo la stupenda esortazione del papa Paolo VI sul culto mariano, dove si afferma: “La riflessione della chiesa contemporanea sul mistero del Cristo e sulla sua propria natura l’ha condotta a trovare, alla radice del primo e a coronamento della seconda, la stessa figura di donna: la vergine Maria, madre appunto di Cristo e madre della chiesa. E l’accresciuta conoscenza della missione di Maria si è tramutata in gioiosa venerazione verso di lei e in adorante rispetto per il sapiente disegno di Dio, il quale ha collocato nella sua famiglia - la chiesa -, come in ogni focolare domestico, la figura di donna, che nascostamente e in spirito di servizio veglia per essa "e benignamente ne protegge il cammino verso la patria, finché giunga il giorno glorioso del Signore". Il papa infatti sottolinea: “il culto che oggi la chiesa universale rende alla santa Madre di Dio è derivazione, prolungamento e accrescimento incessante del culto che la chiesa di ogni tempo le ha tributato con scrupoloso studio della verità e con sempre vigile nobiltà di forme. Dalla tradizione perenne, viva per la presenza ininterrotta dello Spirito e per l’ascolto continuo della parola, la chiesa del nostro tempo trae motivazioni, argomenti e stimolo per il culto che essa rende alla beata Vergine. E di tale viva tradizione la liturgia, che dal magistero riceve conferma e forza, è espressione altissima e probante documento.come la chiesa traduce i molteplici rapporti che la uniscono a Maria in vari ed efficaci atteggiamenti cultuali: in venerazione profonda, quando riflette sulla singolare dignità della Vergine, divenuta, per opera dello Spirito, madre del Verbo incarnato; in amore ardente, quando considera la maternità spirituale di Maria verso tutte le membra del corpo mistico; in fiduciosa invocazione, quando esperimenta l’intercessione della sua avvocata e ausiliatrice; in servizio di amore, quando scorge nell’umile ancella del Signore la regina di misericordia e la madre di grazia; in operosa imitazione, quando contempla la santità e le virtù della " piena di grazia " (Lc 1,28); in commosso stupore, quando vede in lei, "come in una immagine purissima, ciò che essa, tutta, desidera e spera di essere"; in attento studio, quando ravvisa nella cooperatrice del Redentore, ormai pienamente partecipe dei frutti del mistero pasquale, il compimento profetico del suo stesso avvenire . (M.C., 15 e 22) Il rinnovato clima ecclesiale del culto liturgico di Maria ha avuto conferma nell’ultimo giorno, quando abbiamo celebrato la liturgia festiva della Visitazione di Maria e svolta una devota processione con la statua della Madonna del Rosario per le vie del centro storico.

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Testimoni di speranza Bonifacio Vinicio Dalla Vecchia “Sono cristiano nella misura in cui riesco a vivere da cristiano, e quindi sono cristiano se riesco a fare il mio dovere di studente, di giovane di Azione Cattolica, di figlio di famiglia, di fidanzato in quanto vivo da cristiano”. Queste parole sono di uno dei tanti testimoni di Gesù Risorto, Bonifacio Vinicio Dalla Vecchia, un medico morto a soli 30 anni ma che ha saputo, avendo familiarità con Gesù Eucaristico, comunicare agli altri l’entusiasmo della fede e l’amore per la Chiesa. Le parole di questo giovane dalla cui vita traspare una santità che ha spinto il Vescovo di Padova nel 1999 a chiedere l’inizio della causa di canonizzazione, un giovane vissuto tra il 1924 e il 1954, che aveva compreso l’importanza di un cammino di fede serio e sincero, le parole, si diceva, dovrebbero risuonare come un monito per ognuno di noi. Essere cristiano e soprattutto esserlo impegnato nel cammino di Azione Cattolica significa saper vivere gli insegnamenti evangelici nei luoghi dove ci troviamo ad operare; la famiglia, il lavoro, la scuola sono i posti della nostra missione. Ma cosa dobbiamo testimoniare? Dobbiamo testimoniare uno stile di vita congruente con il comandamento che Gesù ha voluto lasciarci come testamento spirituale. Gesù, infatti, quando gli fu chiesto quale fosse il comandamento più importante, non si rifece alle Tavole della Legge di Mosè, ma compendiò tutti quei comandamenti in un’unica parola: l’amore. Ecco a cosa deve essere improntato il nostro stile di vita, un amore che deve avvolgere ogni istante della nostra vita, ogni pensiero della nostra mente, ogni azione del nostro agire quotidiano. Così saremo veri testimoni del Risorto. Questo atteggiamento di vita va acquisito giorno dopo giorno attraverso un cammino di crescita spirituale che oltre ad essere dono di grazia di Dio deve essere alimentato da momenti di riflessione e soprattutto dalla celebrazione del Sacrificio di Cristo. Si è scritto sopra che Bonifacio Vinicio Dalla Vecchia poggiava la sua testimonianza di vita su Gesù Eucaristico; il partecipare alla messa non deve esaurirsi con la partecipazione più o mena attenta alla prima parte della celebrazione , alla liturgia della Parola, ma deve continuare con la condivisione del tesoro grandissimo che Gesù ci ha lasciato al termine della sua vita terrena, l’eucaristia. Nella riflessione che il Settore Adulti di Ac ha discusso qualche settimana fa, c’era una frase che vale la pena ancora risentire e meditare: “Rischiare da testimoni significa non trascurare, non temere le domande che vengono dal vissuto, dalla società, dal mondo, facendole interagire con la coscienza credente… la testimonianza dovrà configurarsi sempre più con la cura della formazione, il riconoscimento dei doni di ciascuno”. Ecco la formula

magica per poter essere veri testimoni, curare la formazione valorizzando le capacità che ognuno ha ricevuto come dono da Dio, per poter calarsi nel mondo vivendo per la salvezza. Ognuno, infatti, ha una doppia responsabilità: quella di vivere per la propria salvezza ma anche per la salvezza degli altri affinché per usare le parole di un altro grande testimone di speranza, don Tonino Bello, “tutto possa sfociare in un estuario di beatitudine senza fine”.

Maria Carla Sorrentino

NEL MESE DI GIUGNO RICORDIAMO SANT’ANTONIO Il 13 giugno di ogni anno la Chiesa celebra la festa di Sant’Antonio di Padova, molto venerato nel mondo non solo per la fama dei suoi miracoli, ma soprattutto per essere stato un grande predicatore del vangelo. Nacque a Lisbona nel 1195 da una famiglia nobile discendente dal crociato Goffredo di Buglione. All’età di quindici anni entrò tra i canonici regolari di S. Agostino. Nel 1220 giunsero a Coimbra i corpi di cinque frati martirizzati in Marocco. Questo episodio lo spinse a en-

trare nell’ordine dei frati Minori. Recatosi presso la chiesa di S.Maria degli Angeli in Assisi, ebbe la gioia di ascoltare S.Francesco, ma non di conoscerlo personalmente. Iniziò a predicare in Romagna dove si racconta che un giorno, mentre predicava nei pressi di un fiume, anche i pesci si fermarono ad ascoltarlo. Incisive erano le sue omelie, infatti, tanti peccatori col cuore pentito tornavano lungo la via del Signore; per questo fu chiamato anche il martello degli eretici. La sua vita fu quasi sempre sofferta a causa della malattia, accettata con amore. All’età di trentasei anni, il 13 giugno morì nel convento dell’ Arcella di Padova. Già subito dopo la sua morte, la sua tomba fu meta di pellegrinaggi e per le tante guarigioni. Il 31 maggio del 1232, a soli undici mesi dal suo transito, fu dichiarato santo. Ancora oggi la sua Basilica è meta di molti pellegrini e tanti sperimentano la sua potente intercessione.

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Giovanni Apicella


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Conclusione dell’anno catechistico Sabato 31 Maggio ,Visitazione della Beata Vergine Maria , abbiamo concluso il mese di Maggio ed anche il percorso di Catechesi Parrocchiale per ragazzi . Noi catechisti ci siamo ritrovati alle ore 16,00 insieme ai ragazzi, nei giardini alle spalle del Duomo per un momento di preghiera comune e di ringraziamento . Ha guidato l’incontro il giovane Seminarista Giuseppe Milo. Dopo un anno di impegno insieme , al termine del cammino compiuto, abbiamo voluto ringraziare il Signore per i doni di cui siamo stati arricchiti. Abbiamo perciò reso grazie a Gesù per il privilegio che ci ha concesso di riflettere e meditare sulla Sua vita: l’Attesa della Sua Nascita e la Gioia della sua venuta fra noi, il tempo della Quaresima come cammino di conversione e riscoperta del suo Amore in preparazione alla Pasqua. La Pasqua è stato il Dono più grande , ci ha permesso di capire la Vita Vera e di vedere la Luce di Dio che rischiara il nostro cammino . Un grazie vivissimo è sgorgato dal nostro cuore a Gesù per averci dato come mamma del Cielo , Maria , sua Madre , nostra Madre. I bambini della IV classe , hanno ringraziato in modo particolare per aver celebrato il Sacramento del perdono e per aver sperimentato la Gioia dell’Amore immenso di Cristo che li accoglie per la prima volta al banchetto eucaristico. I ragazzi che riceveranno il Sacramento della Cresima hanno invece ringraziato per il Dono dello Spirito Santo, che si preparano a ricevere. Abbiamo ancora chiesto al Signore di sostenere i catechisti , dare loro la forza ed il coraggio necessario per essere sempre testimoni coerenti e coraggiosi del Vangelo . Giuseppe Milo,che è anche impegnato in attività di animazione per il settore giovani di Azione Cattolica, ha spiegato ai ragazzi che non basta ringraziare è necessario anche impegnarsi a vivere “ bene spiritualmente “ le vacanze che stanno per iniziare, partecipando ogni domenica alla alla S.Messa , sentendo l’esigenza di accostarsi anche al Sacramento della Penitenza, ritagliando il tempo necessario per pregare tutti i giorni , mattina e sera . Con il Canto del Padre Nostro e della Salve Regina, tenendoci per mano ,seguito da un momento conviviale ,con i dolciumi offerti da benefattori e da qualche mamma, ci siamo lasciati dandoci appuntamento alla ripresa autunnale, a metà di Settembre.

RISVEGLIO LAICALE

Nasce la Confraternita del SS. Nome di Gesù e della Beata Vergine del Monte Carmelo Domenica 1 giugno 2008, presso, la Pinacoteca del Duomo di Ravello si è tenuta l’assemblea elettiva della Confraternita del SS. Nome di Gesù e della Beata Vergine del Monte Carmelo alla presenza di Mons. Giuseppe Imperato, parroco della Parrocchia “S.Maria Assunta” Duomo di Ravello, incaricato all’uopo dall'Arcivescovo. La seduta è cominciata alle ore 20.00 con l’introduzione dei lavori da parte del Parroco il quale ha illustrato la natura della Confraternita, il ruolo dei laici e le finalità da conseguire con l’adesione all’associazione laicale che si andava a costituire. Subito dopo si è proceduto alle varie operazioni: - scioglimento del Comitato Promotore che dal marzo 2007 ha provveduto alle pratiche necessarie per la costituzione della Confraternita e elezione del Direttivo.Con l'elezione del Consiglio Direttivo della Confraternita l’ attività del Comitato Promotore cessa di esistere perché non conforme alle normative vigenti. L’attenzione dell’Assemblea si è fermata soprattutto nella scelta del priore e dei suoi assistenti. Sono stati eletti,alla carica di Priore il sig. Giovanni Api-

cella con voti 14, alla carica di I° assistente il sig. Luigi Buonocore con voti 12, e alla carica di II° assistente il sig. Alfonso Tenebre con 11 voti. Alle operazioni di voto, svolte a scrutinio segreto, hanno preso parte, in qualità di scrutatori, i signori Salvatore Amato e Raffaele Liguori. Alcuni fedeli che hanno assistito all’assemblea hanno presentato richiesta di adesione. La confraternita ricostituita è aperta a tutti, anche a coloro che fanno parte di altre associazioni, e sarà lieta di accogliere quanti desiderano rivitalizzare, sulla scia dei Padri, questa forma di aggregazione laicale dalle radici antiche, ma rispondente alle esigenze dei nostri tempi. Le domande di adesione possono essere indirizzate al priore, Giovanni Apicella, via Trinità, Ravello.

Giulia Schiavo

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Salvatore Amato


CELEBRAZIONI DEL MESE DI GIUGNO CONSACRATO AL SACRO CUORE DI GESÙ GIORNI FERIALI Ore 18.00: Santo Rosario- Ore 18.30: Santa Messa GIORNI PREFESTIVI E FESTIVI: Ore 18.30 Santo Rosario-Ore 19.00: Santa Messa 1 GIUGNO IX DOMENICA DEL TEMPO ORDINARIO Ore 8.00- 10.30-19.00: Santa Messa GIOVEDI’ 5-12-19-26 Ore 18.030: Santa Messa e Adorazione Eucaristica 8 GIUGNO X DOMENICA DEL TEMPO ORDINARIO Ore 8.00- 10.30-19.00: Santa Messa 10-11-12 GIUGNO Presso il Convento di San Francesco Triduo di preparazione alla festa di Sant’Antonio di Padova 13 GIUGNO FESTA DI SANT’ANTONIO DI PADOVA Nella Chiesa di San Francesco Sante Messe e nel pomeriggio Processione. 15 GIUGNO XI DOMENICA DEL TEMPO ORDINARIO Ore 8.00- 10.30-19.00: Santa Messa 21-22 GIUGNO Parrocchia di Santa Maria del Lacco FESTA DI SAN LUIGI GONZAGA 22 GIUGNO XII DOMENICA DEL TEMPO ORDINARIO Ore 8.00- 10.30-19.00: Santa Messa 24 GIUGNO SOLENNITA’ SAN GIOVANNI BATTISTA 27 GIUGNO FESTA DEL PATROCINIO DI SANT’ANDREA APOSTOLO Amalfi Cattedrale ore 10.00: Solenne concelebrazione eucaristica presieduta da S.Em. il Card. Crescenzio Sepe 28 GIUGNO Apertura dell’Anno Paolino DOMENICA 29 GIUGNO Solennità dei SS. Pietro e Paolo Apostoli Giornata per la carità del Papa Ore 8.00- 10.30-19.00: Santa Messa 30 GIUGNO VIII Anniversario dell’Ordinazione Episcopale dell’Arcivescovo Mons. Orazio Soricelli

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