Campana - Itinerari di Storia

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CAPITOLO PRIMO L'ANTICA KALASARNA

La tradizione popolare da sempre identifica l'antica Kalasarna (o Calaserna e Caliserna nel gergo popolare) con Campana. Di ciò si son fatti portavoce soprattutto gli storici calabresi dei secoli XVI-XVIII 1 e lo stesso poeta-scrittore campanese Francesco Marino (1624-1716), di cui parleremo più avanti in altro capitolo. 2 Per quanto antico ed arcaico, comunque, il toponimo fino allora non aveva trovato risonanza letteraria se non in Strabone, di epoca augustea. Questi nella sua Geografia , parlando di Filottete, l'eroe omerico fuggito per motivi politici dalla sua patria Melibea, riferisce che, approdato nella regione dei Brettii, lungo il litorale ionico aveva fondato Petelia, Krimissa e Chone. Da qui verso l'interno, continua Strabone, si incontrano gli abitati di Grumentum, Vertine e Kalasarna ed altri piccoli stanziamenti. 3 Anche la fondazione di Kalasarna, allora, sarebbe da attribuirsi a Filottete, o a qualcuno del suo seguito. Marafioti, invece, richiamandosi a Stefano bizantino (sec. VI d. C.), ipotizza che Kalasarna (da lui detta Calaserna) sia stata fondata dai Coni-Enotri e poi ingrandita da Filottete. "Appresso mi aspetta l'antico castello Calaserna, hoggi chiamato Campana, fabricato dagli Enotri secondo che riferisce Stefano, ma Strabone vuole, che sia stato fabricato da Filottete compagno d'Ercole, nondimeno potrà ben essere ( come è stato di molte altre città, le quali si dicono essere state fabricate da Filottete, delle quali di passo in passo ne ragioneremo) che furono prima fabricate dagl'Enotrij, e dopo magnificate da Filottete, e fatte sue colonie; e l'istesso può essere di questo Castello Campana, cioè, che fosse stato fabricato dagl'Enotrij, e doppo magnificato da Filottete". 4

Senza entrare nel merito di queste notizie, qui riportate per completezza di cronaca, colpisce il fatto che, rimasto a lungo nel silenzio più assoluto, di recente il toponimo Kalasarna è entrato nuovamente nel dibattito tra gli studiosi della Magna Graecia, che non hanno mancato di prospettare le ipotesi più svariate sia sulla sua origine, sia sulla sua localizzazione. Giovanni Pugliese Carratelli, studioso di fama, pur accettando come molto probabile l'ubicazione nell'attuale Campana, collega il toponimo Kalasarna - da lui letto Chalasarna e fatto derivare da 'Halasarna - al dio Apollo 'Halasarnita, il cui culto era affermato nel territorio per la vicinanza del tempio di Apollo Aleo, nei pressi di Krimissa, all'altezza dell'attuale Punta Alice. Il Carratelli trova un'affinità tra Chalasarna e 'Halasarna di Cos in Grecia, dove il culto di Apollo era ancora più forte. 5 Pier Giovanni Guzzo, già direttore responsabile degli Scavi di Sibari, senza escludere l'identificazione di Kalasarna con Campana, ipotizza come sito possibile anche la riva destra del torrente Galatrella, affluente del Crati. L'idea nasce da una nota dello storico coriglianese Giuseppe Amato, che parla di Calaserna come luogo vicino a Corigliano, dove l'evangelista S. Marco sarebbe giunto per predicare il Vangelo. 6 Molto onestamente, comunque, il Prof. Guzzo riconosce che in realtà lungo il Galatrella non c'è traccia del toponimo Kalasarna. 7 Comunque sia, l'identificazione di Kalasarna con Campana non trova più ostacoli tra gli studiosi attuali, che avallano così quanto complessivamente riconosciuto dagli storici più antichi, che si sono rifatti sia alla storiografia precedente, sia alla tradizione popolare. Citiamo tra questi, a titolo esemplificativo, Elia De Amato, Vincenzo Padula, Nicola Leoni, ecc.. 8 A conforto di tutti, infine, sono arrivate le scoperte archeologiche fatte nel territorio campanese nel corso di questo Novecento. 1.

Testimonianze archeologiche

I rinvenimenti archeologici, in verità, non sono frutto di campagne o studi organizzati e sistematici, ma sono stati per lo più occasionati da lavori agricoli ad opera di privati cittadini. Questo non significa che le testimonianze affiorate non siano di grande valore e preziosità. Certo una maggiore attenzione e campagne mirate avrebbero potuto dare un aiuto più consistente alla ricerca storica. Di particolare rilevanza risulta il fatto che le zone interessate ai ritrovamenti sono per lo più lungo il tracciato dell'antica chiubica che dal Crocevia di S. Pietro con diramazione per il paese e attraverso Ronza Vecchia, Caprella, Serra del Leone, Gambicella e lungo il Fiumenicà portava a Macchia del Barone, Minoscioli e da qui verso Cirò con bivio prima per Umbriatico all'altezza della località Raca (dove nasce la sorgente di acqua sulfurea) e più avanti per Cariati. Su questa traiettoria, infatti, sono stati rinvenuti alcuni utensili bronzei, oltre a frammenti ceramici e fittili di epoca ellenistica (località Ronza Vecchia); una tomba di epoca romana, il cui corredo si trova nel Museo di Crotone, in contrada Pignataro; 9 vasi di bella fattura di fabbrica italiota, alcuni dei quali a pittura con figure rosse, in località Caprella; 10 cocci e vario materiale frantumato della stessa epoca è stato raccolto in località Cozzo del Leone nel corso dei lavori di costruzione della strada Caprella-Gammicella nel 1974.


A queste testimonianze vanno ad aggiungersi i resti di strutture murarie a secco e frammenti ceramici di uso comune in località Cozzo del morto, che qualcuno ha identificato con una possibile stazione di transumanza di epoca brettia; ancora frammenti di "pithos" e tegole pertinenti ad una piccola fattoria di età ellenistica in località Manca di Mattia ed una tomba a tegole di epoca romana in località S. Marina. 11 Nel 1934 un vasetto fittile grezzo contenente 78 monete è stato rinvenuto dal sig. Costantino ("Ricchinu") in località Torracca. Il ripostiglio delle monete, datate tra il 350 e il 217 a. C., attesta nel territorio di Campana una forte frequentazione durante il periodo ellenistico. 12 Interessanti scoperte, inoltre, sono state fatte ai primi del Novecento dal Di Cicco nella esplorazione di grotte artificali antichissime sulle sponde del fiume Suvero e sul dorso dell'altura detta "Terra dei Fossi", dove riconobbe avanzi di abitazioni primitive appartenute a popolazioni brettie. 13 Ed alla civiltà rupestre si richiamano le grotte di Rubillo, in località Ornarito, certamente le più caratteristiche e interessanti tra quelle disseminate nel territorio di Campana. 14 2.

Il nome Kalasarna

Sul significato del nome diverse sono le concetture. Mons. Marino, partendo dalla pastorizia, occupazione prevalente di molta parte degli abitanti, fa derivare il toponimo dal greco kalòs (bello) arnòs (agnello), per cui Kalasarna indicherebbe la terra della buona e fiorente pastorizia. 15 Questa ipotesi farebbe pensare ad una Kalasarna non necessariamente dentro il sito dell'antico centro storico (rione Terra) di Campana. Se invece l'identificazione è col paese, allora, più opportunamente il nome Kalasarna potrebbe provenire dalla natura accidentata e strategicamente ben difesa del luogo. Il sostantivo arna , infatti, nel dorico preellenico significa rocca , castello, per cui kalòs-arna (bella roccaforte) potrebbe essere stato conferito ad un insediamento che per la sua posizione offriva ogni possibilità di difesa contro gli attacchi dei razziatori che potevano risalire lungo il Fiumenicà. A questa ipotesi potremmo collegarne un'altra, ove accettiamo l'idea del Prof. Carratelli secondo cui il nome primitivo di Kalasarna poteva essere stato Chalasarna. Il dorico chalà significa "braccio di monte", "prominenza", "sperone", per cui premettendolo ad àrna verrebbe ad essere "rocca della prominenza", o semplicemente "rocca prominente". Tale significato troverebbe conforto nella configurazione del rione Terra, che si presenta quasi come uno sperone-cuneo proiettato con strapiombi nella confluenza delle fiumare Cerruzzo e Azzolino. Invalicabile da questi due lati, sul terzo lato era più accessibile, ma pur sempre difeso dal burrone che consentiva l'ingresso in paese solo attraverso il ponte levatoio e la Porta, detta appunto ancora oggi Porta del Ponte. Su questa Porta in epoca medioevale venne costruita la Torre rotonda, poi detta dell'Orologio, l'unica rimasta in piedi insieme a quella della Trinità, delle 5 esistenti lungo il tracciato della cinta muraria. Il nome Kalasarna, allora, poteva indicare la prominenza a forma di fortezza, difesa da strapiombi e dirupi, che dava alle popolazioni del luogo ogni garanzia per trincerarsi e contrastare gli attacchi nemici in tempo di scorrerie. A questa rocca facevano riferimento i casali rurali dispersi nel territorio circostante. Del resto l'esistenza di questi casali è provata dai resti che si possono ancora intravedere in diverse località. Così durante i lavori di piantagione di vigne in contrada Incavallicata furono rinvenuti ai primi del Novecento oggetti di uso domestico (cocci di lucerne, giare, vasellame vario), segno chiaro di insediamenti umani. Identico materiale è venuto alla luce in località Francavilla (Serra dell'Acero), Crocevia di S. Pietro, S. Iapico, S. Lorenzo, 16 S. Giovanni la Fontana, Sorbo. Tutto questo sembrerebbe convalidare l'ipotesi di Kalasarna roccaforte e punto nevralgico di difesa a disposizione anche dei casalesi. 3.

Il sito di Kalasarna ed il nuovo nome Campana

Da quanto si è andato dicendo si può desumere che l'identificazione di Kalasarna col rione Terra di Campana sia l'ipotesi più verisimile, anche se l'accreditamento andrebbe verificato col supporto di altre prove documentarie allo stato pressocchè impossibili. Un fatto c'è, comunque, che rende l'ipotesi praticabile: la presenza di acqua sorgiva all'interno delle mura, elemento fondamentale per sopravvivere in caso di assedio prolungato, che avrà senz'altro ancora di più attirato e favorito l'assembramento di più gente. Del resto ancora oggi in molte case, ormai diroccate e in stato di abbandono, si riscontrano pozzi e cisterne di raccolta di acqua, 17 situazione questa che dava tranquillità sia agli abitanti residenti, sia ai casalesi che vi si rifugiavano. Anzi è proprio a questo fatto che si lega il cambiamento di nome da Kalasarna in Campana in epoca medioevale. Secondo la tradizione, raccolta dal solito Mons. Marino, il cambiamento di nome sarebbe stato determinato dalla presenza in paese di una grossa campana, che doveva servire per avvisare e chiamare a raccolta i casalesi impegnati nei lavori dei campi al fine di difendersi dal pericolo sempre incombente delle incursioni dei Saraceni. 18 Queste divennero particolarmente frequenti e pericolose nei secoli IX-X, tanto da mettere in allarme non solo gli abitanti del litorale, che dai bizantini furono obbligati a crearsi una flotta di piccole navi veloci (chelandie) per contrastare ed inseguire gli assalitori, 19 ma anche quelli dell'entroterra. Segni profondi lasciarono soprattutto le scorrerie degli anni 896, 933, 944, 952-53, tutte particolarmente rovinose. Quella del 933, per esempio, fruttò agli


islamici la conquista nel crotonese di Petelia e di Bristakia (Umbriatico). Ci volle l'intervento dell'imperatore Costantino VI nel 944 perchè le due città fossero liberate dagli invasori. E fu proprio in questa occasione che i pochi superstiti di Bristakia andarono ad occupare la collina di Tegano, meglio difesa, che segnò l'avvio dello sviluppo di Umbriatico, confinante con Campana. 20 Alla luce di ciò non meraviglia che a Kalasarna, facilmente accessibile dal mare per il Fiumenicà, per ovviare al pericolo incombente abbiano potuto creare dei punti di vedetta e si siano forniti di quella "campana", di cui parla la tradizione popolare, che serviva anche a dare l'allarme generale per il rientro di tutti. Il ripetersi della cosa avrà convinto certamente i casalesi isolati tra loro a trovare stabile dimora nel centro più in grado di garantire l'incolumità, per cui il primitivo primo nucleo si trasformò in un centro più grosso col nome di Terra della Campana ("Terra Campanae"), che proprio in questa fase storica (secoli X-XII) andò affermandosi soppiantando il precedente Kalasarna. Il documento più antico in cui ricorre per la prima volta il nome Campana è il diploma del 1269 della Provisio pro decimis baiulonis Rossani, sancti Mauri, Petrepaule et Campane, confermata da re Carlo I d'Angiò all'arcivescovo Angelo di Rossano. 21 E sempre il re angioino, con diploma del 1271, concesse la Terra Campane a Guglielmo Ernardo di Bayrano a seguito della morte di Viviano de Clarence, primo feudatario di cui si conosce il nome. 22 Dando per valida l'ipotesi che il nome sia provenuto dalla presenza della campana, ci sembra peraltro accettabile porre il cambio di nome in Campana nella prima fase dell'occupazione normanna, dopo che la Calabria era stata tolta al dominio bizantino. L'uso delle campane, infatti, è completamente ignorato dai bizantini, ed è stato introdotto in Calabria proprio dai Normanni, i quali non si limitarono a propagandarne l'uso sacro, ma diedero ad esse una connotazione anche civica. In altre parole, le campane non servirono solo a convocare i fedeli in chiesa, ma vennero istallate in torri civiche allo scopo di scandire il tempo del lavoro dei campi e per avvertire, ovviamente, degli eventuali pericoli di qualsiasi natura. 23 Della presenza della campana si è impadronito il folklore paesano, che ha inventato con fine acume proprio la leggenda della campana, che riportiamo per sommi capi. Si narra che due contadini, uno di Calaserna e l'altro di Umbriatico (talora figura impropriamente Savelli), mentre lavoravano la terra rinvennero una grossa campana. Non trovando accordo su chi dovesse appropriarsene, pervennero ad un compromesso: si sarebbe proceduto ad una competizione tra due buoi. La campana sarebbe andata al bue che con più forza l'avrebbe tirata a sè. Fatti i preparativi, il calasernese invece di un bue mise in gara una vacca che da poco aveva partorito legando poi ad un di presso il vitellino. Al momento di dare in via, il calasernese diede una staffilata al vitellino provocando la reazione della madre, che, per correre in difesa del figlio, con veemenza si trascinò dietro sia la campana che il bue avversario. In questo modo la campana venne portata a Calaserna, che da allora divenne Campana. A parte il brio e l'arguzia del racconto popolare, tornando al discorso storico, è da presumere che Kalasarna diventa Campana quando il centro abitato, dotatosi di una campana a scopo difensivo e di richiamo, si ingrandì e venne circoscritto da una cinta muraria 24 intervallata da torrioni di difesa all'altezza delle Porte di accesso. Questo sistema difensivo durò per alcuni secoli. Alla fine del Seicento alcune delle torri risultano già distrutte da tempo. Così, infatti, si esprime Mons. Marino nella menzionata lettera all'abate Giustiniani: "Benchè fosse dal sito stesso munita, per altre rupi, che la circondano d'ogn'intorno; con tutto ciò venne cinta di ben forti muri, e da cinque Torrette difesa contro ogni assalto ostile. Una se bene fin ad oggi ne resta in piedi, assai alta e di rotonda struttura, che ancora resiste alle ingiurie del tempo". 25 Non conosciamo le circostanze della scomparsa delle altre antiche porte, ma di certo molto del dissesto del territorio e dell'abitato è dipeso sia da cause naturali (terremoti), sia da guerre ripetute, sia dall'incuria dell'uomo. Quello che conta annotare, comunque, è che nei secoli XI-XII anche per Campana si aprono nuove pagine di storia, che porteranno prima alla sua infeudazione e poi al Principato nel 1696.


NOTE

1

Cfr. G. MARAFIOTI, Cronache et antichitate di Calabria , Padova 1601, III,18; G. BARRIO, De Antiquitate et Situ Calabriae, cum prolegomenis et adnotationes T. Aceti et notis S. Quattromani, Roma 1737 (l'edizione del Barrio è del 1571), IV, cap. XXIV; G. FIORE, Della Calabria Illustrata, Napoli 1743, CCIV, pp. 235-36; dietro di loro tutti gli altri successivi.) 2 Cfr. la Lettera "All'Abate Michele Giustiniani - Napoli", in Lettere Familiari, vol. II, Napoli 1700, pp. 467-76. Nel 1989, a cura di Gustavo Valente, le Lettere sono state ristampate in un unico volume dallo Studio Zeta di Rossano. La nostra lettera si trova alle pp. 396-399. La lettera è anche integralmente pubblicata in L. RENZO, Francesco Marino e Campana nel 1600 , Cosenza 1977, pp. 135-143. 3 "Kaì Grumentòn dè kaì Ouertìnai tes mesogaìas eisìn kaì Kalasàrna kaì àllai mìkrai katoikìai": STRABONE, Geografia , VI. I. 3. Vissuto tra il 63 a. C. ed il 19 d. C., Strabone era originario di Amasea nel Ponto. Viaggiò molto e visse a lungo a Roma. 4 Cfr. G. MARAFIOTI, loc. cit.; la notizia è ripresa anche da FIORE (loc. cit.) e da Mons. Marino, che citano a loro volta l'opera di Stefano bizantino De Urbibus Strabonensis , lib. II. 5 Cfr. G. PUGLIESE CARRATELLI, Kalasarna , in "La Parola del passato", fasc. CLIV-CLV (1974), pp. 84-85. 6 Cfr. G. AMATO, Crono-Istoria di Corigliano Calabro , Corigliano 1884, p. 44. 7 Cfr. P. G. GUZZO, Fantasmi Calabresi , in "La parola del passato", fasc. CLXVII (1976), pp. 176-180. Al Guzzo si accosta la Dott.ssa Silvana Luppino in "Archivio Storico per la Calabria e la Lucania", XLVII (1980), n. u., pp. 37-48. 8 Cfr. E. DE AMATO, Pantopologia Calabra , Napoli 1724, pp. 219-220; V. PADULA, Protogea , 1871, p. 415; N. LEONI, Della Magna Graecia e delle Tre Calabrie, vol. II, Napoli 1845, pp. 230-31. Per il punto della situazione sulla ubicazione di Kalasarna cfr. anche F. DI VASTO, Uno sguardo sulle ubicazioni di Calasarna , in "Rivista Storica Calabrese", II (n. s.), nn. 1-4 (gennaio-dicembre 1981), pp. 213-215. 9 Cfr. N. CATANUTO, Campana (Cosenza). Scoperta di tombe del periodo ellenistico , in "Notizie di Scavi", 1931, pp. 65253. 10 La scoperta si deve al Prof. Domenico Chiarello, assistito dal giudice Espedito Aiello e dal Sindaco Giuseppe Iemma. Cfr. G; NENCI, Campana , in BTGI, IV, Roma-Pisa 1985, p. 318. 11 Cfr. A. PALADINO-G. TROIANO, Calabria Citeriore. Archeologia in Provincia di Cosenza, Galasso Editore, Trebisacce 1989, p. 39; anche A. TALIANO GRASSO, Considerazioni sul centro fortificato brettio di località Cerasello , in Atti del l° Corso Seminariale, Rossano 20-26 febbraio 1992, I Brettii , (a cura di Giovanna De Sensi Sestito), Soveria Mannelli 1995, pp. 275-291. 12 Cfr. G. PROCOPIO, Ripostigli monetali del Museo di Reggio Calabria, in AIIN, I (1954), pp. 53-56. Le 78 monete, alcune delle quali non in perfetto stato di conservazione, provengono da Siracusa (n. 56), Tolomeo II (n. 6), Mamertini (n. 2), Roma (n. 12), Reggio (n. 2). Oggi una scelta di 17 pezzi è esposta nel Museo della Magna Graecia di Reggio Calabria, mentre le altre sono conservate in magazzino. Le monete sono state studiate anche da E. POZZI PAOLINI, Per lo studio della circolazione monetale in età greca nel territorio dell'odierna Calabria, in "P.P." XXIX (1974), p. 58. 13 Cfr. V. DI CICCO, Antichità della provincia di Cosenza. Campana, in "Notizie di Scavi", 1900, p. 607; anche A. GRADILONE, Storia di Rossano, Cosenza 1967, 2^ edizione, p. 254. 14 Si tratta di sistemi di grotte scavate nella roccia e su piano rialzato rispetto al terreno. Il primo sistema si compone di 8 grotte intercomunicanti, a cui si accede solo dalla prima. Nelle altre 3 si accede più facilmente. Una si presenta a due locali con segni di frequentazione umana (punteruoli per la "cannizza" del pane, mensolette, segni di fuoco). Più in alto sulla parete, sulle grotte esistenti se ne nota una rimasta incompleta e solo abbozzata. 15 Cfr. F. MARINO, Lettere Familiari, citata lettera all'abate Giustiniani di Napoli. 16 Questi casali sono menzionati anche nella citata lettera di Mons. Marino. Barrio nel fare l' Elenco di città, cittadelle e altri luoghi della Calabria, che in vari tempi scomparvero (cfr. op. cit., pp. 628-29) cita come villaggi scomparsi a Campana S. Giacomo (S. Iapico), S. Lorenzo e S. Pietro. Francavilla, invece, restò in vita certamente fino ai primi dell'Ottocento. Successivamente le casette in muratura vennero abbattute al tempo della quotizzazione ed il materiale servì per i terrazzamenti delle vigne e degli orti. 17 Due pozzi si notano ancora oggi nei bassi dell'ex Palazzo Cundari. 18 Cfr. F. MARINO, Poesis Hieroethica sive Epigrammatum Sacro Moralium libei sex, Napoli 1688 (2^ edizione), lirica Campana. Perantiquum aeque ac florentissimum in Calabria Oppidum (Campana. Antichissima e fiorentissima cittadina di Calabria), libro I, n. 28. Accanto a questa ipotesi, Mons. Marino nella poesia prospetta anche l'altra, secondo cui il nome Campana deriverebbe dalla qualità della terra, così fertile da richiamare la regione Campania, da cui appunto il toponimo. 19 Cfr. il Bios di S. Nilo di Rossano, scritto intorno al 1030 dal discepolo S. Bartolomeo, anche lui di Rossano e tradotto in italiano da G. GIOVANELLI, S. Nilo di Rossano fondatore di Grottaferrata, Grottaferrata 1966, nn. 60-62, pp. 75-78 e 176-178. 20 Cfr. G. B. MOSCATO, Cronaca dei Musulmani in Calabria, Cosenza 1963, pp. 22-33; anche G. GIURANNA, Storia di Umbriatico, in "Studi Meridionali", IV (1971), fasc. I (gennaio-marzo), pp. 8-9. 21 Cfr. Reg. Ang. an. 1269, S, f. 151, oggi distrutto, ma riportato da J. MAZZOLENI, Registrum Chartarum.Regno Caroli I, Roma 1939, p. 91, n. 483. 22 "Guillermo Ernardo de Birani militi concedit terram Campane et castrum Tegani de Iustitieratu Vallis Cratis et Terra Jordana per mortem Viviani de Clarencia sine liberis, nec non talia bona quae fuerunt Anselmi Peregrini et Petri de Spatafora, proditorum": cfr. R. Sicla. Sunto del Reg. 944, citato da A. GRADILONE, Storia di Rossano, pp. 267-68. 23 Cfr. L. RENZO, Le campane di Calabria, in "Gazzetta del Sud", 5 gennaio 1996, p. 3; anche P. BARONE, S. Severina: la storia e le sue campane, Cosenza 1991.


24 25

I segni residui dell'antica cinta muraria, rinnovata nei secoli, sono ancora riscontrabili nel rione Terra. Cfr. F. MARINO, Lettere Familiari, citata lettera all'ab. Giustiniani.


CAPITOLO SECONDO IL FEUDO DI CAMPANA

Con l'avvento dei Normanni si avvia in Calabria un processo di riassetto politico e territoriale di notevole importanza e significato. Nel piano di un maggiore senso dell'unità dello Stato la regione venne configurata come Giustizierato di Valle Crati e Valle Giordana. Con interventi legislativi si favorì la concentrazione della popolazione nei centri abitati, che, a seconda della consistenza vennero divisi in città, terre e castelli. I funzionari e gli ufficiali preposti ai servizi di maggiore interesse pubblico e della sicurezza militare venivano nominati direttamente dall'autorità centrale. A tutti venne imposto di provvedersi di un efficiente sistema difensivo fatto di cinta muraria e di torri di avvistamento. Si gettarono, in altre parole, le basi di una concezione dello Stato, in cui tutto dipendeva dagli organi del potere centrale. La stessa investitura di terre e fondi rustici era concepita come una concessione dello Stato, a cui restava comunque il diritto di revoca. 1 Ed in ogni caso, pur concedendo in feudo le terre, lo Stato normanno non rinunciò mai del tutto a mantenersi disponibili alcune terre libere, dette allodiali, per lasciarle al popolo ad uso pascolativo, seminativo e per far legna. L'infeudazione più generale si avrà soprattutto con gli Angioini (sec. XIII), che per sdebbitarsi con i loro sostenitori politici e militari concessero indiscriminatamente i feudi senza escludere gli stessi abitati. Anche Campana esperimenta questi processi di trasformazione che comportò il rafforzamento del centro abitato col relativo cambiamento di nome, una migliore e capillare organizzazione sociale e religiosa, 2 la definitiva assegnazione del suo territorio alla gestione feudale. 1.

La prima infeudazione (sec. XIII)

Il primo intestatario del feudo a noi noto è il francese Viviano de Clarencia. Morto senza figli, il feudo tornò per poco alla Regia Curia, che nel 1271 provvide a concederlo al milite Guglielmo Ernardi de Bayrano (o di Bivonia). Questi, oltre alla Terra di Campana, ottenne pure il "castrum Tegani" (Umbriatico) con la condizione, però, che avrebbe dovuto lasciarlo ai legittimi eredi de Clarencia qualora si fossero presentati a reclamarlo. 3 A brevissima scadenza, al de Bayrano subentra Guglielmo Brunello, Vice maresciallo del Regno di Napoli. 4 Questi, non molto tempo dopo, avendo ottenuto il casale di Furciniano in Terra d'Otranto, cedeva in cambio ("in excambium") il castro di Campana. 5 L'operazione ricevette conferma dalla R. Curia che si riservò il "ius collactionis" ed il diritto di nominarvi un "rectorem capelle regie". 6 Nel 1282-83 la Terra di Campana è infeudata a tale Malgerio, dopo di che non si conoscono altri feudatari per il sec. XIII. 7 Del resto siamo in un periodo di particolare turbolenza politica e militare, per cui non meraviglia sia il vuoto documentario, sia l'assenza di concessionari del feudo. Sono gli anni caratterizzati dai fermenti bellici che, dopo la sconfitta di Manfredi e l'uccisione di Corradino di Svevia, hanno portato nel 1266 i D'Angiò a Napoli. Questi, a seguito dei tumulti dei Vespri Siciliani (1282) sono entrati in guerra aperta con gli Aragonesi, guerra che si concluse con la pace di Caltabellotta (1302) e l'assegnazione del Regno di Napoli agli Angioini e della Sicilia agli Aragonesi. Anche la Calabria, in questo frangente, fu teatro di feroci scontri e devastazioni ad opera soprattutto di Ruggero di Lauria, filo aragonese, che con i suoi Almugaveri, dopo aver conquistato Cassano, Cerchiara, Crotone e Strongoli, aveva invaso e devastato S. Severina ed Umbriatico, i cui vescovi avevano parteggiato per Carlo II d'Angiò. 8 Nella lotta senza quartiere non furono di certo risparmiati i piccoli centri dell'entroterra. Vicino a Campana restò distrutto definitivamente il popoloso Casale di S. Marina, sorto intorno all'omonimo monastero, di cui si parlerà più avanti. Detto Casale appena qualche anno prima, nel 1271, aveva ottenuto dal re Carlo I d'Angiò la concessione di una fiera per interessamento del vescovo di Umbriatico Alfano. 9 Della situazione caotica approfittarono i vari signorotti locali, che provvidero ad accaparrarsi e ad occupare abusivamente terre e beni soprattutto di pertinenza ecclesiastica. Così, per esempio, nel 1275 il re Carlo I d'Angiò scrive all'arcivescovo Angelo di Rossano per confermargli, come già aveva fatto nel 1269, il possesso del diritto di bagliva sulla Terra di Campana 10 e quindi per disporre che gli venissero restituite le decime usurpategli fin dal tempo del re Manfredi. 11 Dal contesto appare chiaro che nel 1269 Campana paga la bagliva regia (l'esazione delle tasse) versandola da tempo immemorabile all'arcivescovo di Rossano. Sempre nel 1275, lo stesso arcivescovo di Rossano, per motivi sconosciuti, con rescritto del papa Gregorio X, è privato di alcuni beni e decime, tra cui anche la grancia di S. Maria de Runtia, "in tenimento Campanae", con i suoi beni, diritti e pertinenze varie sia spirituali, che materiali. 12 2.

Il secolo XIV


Almeno per la prima metà del sec. XIV, anche per la mancanza di documentazione idonea, non appare chiaro a chi fosse intestato il feudo di Campana. Nel 1325 tra i contribuenti del paese figura un tale Falcone "Baronus", che paga 1 tarì e 5 grana di decima papale, 13 ma non è chiaro se "barone" è titolo nobiliare feudale, o se invece è solo semplice epiteto familiare (cognome). C'è, comunque, da notare che, in questo caso, sarebbe l'unico nominativo ad avere accanto il cognome. Gli altri, infatti, non hanno altri appellattivi oltre al nome, come si può evincere dall'elenco seguente dei "tassati": l'arciprete Graziano paga tarì 1 e grana 15; Falcone barone, Rogero, Graziano, Tommaso, Falcone, Roberto, Guglielmo, Giovanni, Daniele, Nicola, Francesco, Tarantino pagano tutti 1 tarì e 5 grana; Andrea 2 tarì e 5 grana; Gualterio paga solo 1 tarì; l'abate di S. Angelo Militino 3 tarì. 14 Il signor Falcone "de Campana" paga ancora 1 tarì e 5 grana nella Terra di Scala ed il sig. Tarantino "de Campana" 1 tarì nella diocesi di Cerenzia. 15 Per restare in tema di tasse, dai Registri Angioini risulta che Campana nel 1340, a fronte di una popolazione di 2400 abitanti, pagava alle regie casse 48 once, 13 tarì e 16 grana. 16 Tornando alla vicenda feudale, in una ricerca inedita commissionata nel 1974 dall'Amministrazione Comunale sono citati tra i "Signori" della Terra di Campana: Bernardo degli Olmi (1305), Guglielmo Tortorello (1314), la famiglia Gualtieri (metà sec. XIV). 17 Da altra fonte risulta che nel 1369 il feudo di Campana appartiene a Cicco de Malito di Reggio, il quale proprio in quell'anno, il 23 marzo, si vede bloccare i suoi beni per non aver fatto la consegna della Terra di Campana al conte di Altomonte, Filippo Sangineto cognato di Roberto Sanseverino. Alla morte del Sangineto il feudo di Campana, unitamente alla Contea di Montalto e di altre terre, tra cui Cariati, passò a Giovanna Sanseverino e al marito Carlo Ruffo. 18 Da questo periodo Campana segue le vicende feudali dello Stato di Cariati fino al 1678, anno in cui Carlo Spinelli fu costretto a venderla, per debiti di gioco, al barone Labonia di Rossano insieme a Bocchigliero. Nello scorcio del sec. XIV, allora, Campana entra a far parte dei dominio dei Ruffo, conti di Montalto, imparentati con i Sanseverino. Chiudiamo con una notizia curiosa, che ha avuto come protagonista il campanese Tommaso de Riccardis, il quale, legato a Wenceslao Sanseverino e agli Angioini, aveva parteggiato nel 1378 per l'antipapa Clemente VII (Roberto di Ginevra). Il 1° ottobre 1399, pentito per l'errore fatto, ottenne dal papa Bonifacio IX l'assoluzione dalla scomunica per le mani dell'arcivescovo di Rossano Nicola. 19 3.

Il secolo XV

Legata da fedeltà agli Angioini di Napoli, Campana il 25 luglio 1404 dal re Ladislao ottenne il privilegio di molti anni di franchigia (non si conosce quanti), privilegio che venne riconfermato il 7 settembre 1414 dalla Regina Giovanna II, che vi aggiunse il diritto di esenzione dalla giurisdizione penale ordinaria "per qualsivoglia delitto". 20 Non sappiamo come e perchè nel 1412 il feudo sia passato dai Ruffo a Muzio Matera, 21 che lo tenne fino al 1417. In tale anno, infatti, è certamente in mano di Polissena Ruffo, figlia del conte di Montalto Carlo II, che dalla Regina Giovanna II otteneva la conferma del "mero e misto imperio" su numerosissime terre di Calabria, tra cui Cariati, che comprendeva nel suo Stato Scala, Verzino, Rocca di Neto, Campana, Bocchigliero, Cerenzia, Caccuri. Le terre in suo possesso, unitamente a 20 mila once d'oro, vennero portate in dote da Polissena, che il 23 ottobre 1418 in Rossano sposava in seconde nozze Francesco Sforza, duca di Milano. Dal matrimonio nacque una figlia, Antonia, che però nel 1420 morì, come morì nel luglio di quell'anno la stessa Polissena, ad opera probabilmente della sorella Covella, che restò unica erede dei possedimenti. 22 La Regina Giovanna, su cui Covella esercitava un certo fascino, il 20 agosto successivo confermò il possesso del feudo, aggiungendovi Calopezzati, che già dal 1318 era stato di Giordano Ruffo, primo conte di Cariati. 23 Alla morte di Covella, che aveva sposato Giovanni Antonio Marzano, duca di Sessa, conte di Squillace e di Alife e Grande Almirante del Regno, la Contea di Cariati e quindi anche Campana passarono al figlio Marino Marzano, che si legò a sua volta al Re Alfonso d'Aragona sposandone la figlia Eleonora. L'Aragonese, succeduto a Giovanna II d'Angiò, confermò prima alla madre Covella e poi al figlio Marino tutti i diritti posseduti, compreso il principato di Rossano. Malgrado il Marino fosse imparentato con gli Aragonesi avendo sposato la figlia di Alfonso, alla morte di questi, nella guerra scoppiata tra il cognato Ferdinando (anche Ferrante) e Giovanni d'Angiò, che reclamava il Regno di Napoli come discendente della Regina Giovanna II, sposòla causa del secondo facendosi addirittura promotore della Congiura dei Baroni. Conquistato poi il Regno, Ferdinando d'Aragona nel 1464 gli confiscò tutti i beni, che così tornarono al demanio regio. 24 Anche Campana, come gli altri centri, tornò in possesso della Corona. Ma per poco, perchè nel 1479 Re Ferdinando concedeva la Contea di Cariati a Geronimo Riario, signore di Imola e nipote di Sisto IV, per rimunerarlo di servizi resi. 25 Tre anni dopo, nel 1482, la Contea è assegnata a Geronimo Sanseverino, potente principe di Bisignano, che paga al Re come prima rata per la concessione 3400 ducati. 26


Nel novembre 1485 il Sanseverino subì la confisca dei possedimenti per aver promosso la 2^ Congiura dei Baroni. Il feudo venne acquistato l'anno successivo da Francesco Coppola, conte di Sarno, Ammiraglio del Regno, che però ne venne subito privato perchè anche lui implicato nella stessa Congiura. 27 La Contea restò nuovamente in mano al demanio regio fino al 1497, anno in cui il Re Federico la concesse a Goffredo Borgia d'Aragona, nipote del papa Alessandro VI. 28 Con la signoria del Borgia si chiude il secolo, che ha dovuto registrare continui cambi di fronte per quell'insieme di circostanze politiche e non solo politiche che sono state segnalate. Non possiamo a questo punto - dopo aver seguito le vicende generali - ignorare alcune circostanze che hanno coinvolto direttamente Campana. Vogliamo richiamarci ad alcune prerogative concesse al paese dagli Aragonesi in forza della fedeltà mantenuto verso la casa regnante, malgrado le turbolenze politiche. Oltre a tutti gli altri diritti, un'attenzione particolare vogliamo avere per la fiera della Ronza, concessa al paese nel 1464 proprio dal Re Ferdinando d'Aragona, che aveva riconosciuto ai campanesi la qualità di cittadini "nobili e fedeli". Ci piace riferirne riportando quanto in merito ha scritto alla fine del Seicento il campanese Francesco Marino: "Venuto poi questo Regno sotto il dominio de' Serenissimi Re Aragonesi, dal Re Ferdinando con ampio Privilegio del 1464 furono i Cittadini di Campana chiamati nobili, e fedeli. E si vede quivi ordinato che questa Patria trattar si debba, e governare, come trattata viene, e governata la Città di Cosenza: ed in oltre che debba sempre stare in demanio per lo Primogenito del suo Re: rilasciando a questa Università, e suoi Cittadini ogni qualunque debito, da quel giorno in dietro. Di più che andar debba franca con tutta le Città e Terre della Provincia, che stanno in demanio. Fa loro grazia parimente d'ogni delitto, eziandio di lesa Maestà, che fosse mai per l'addietro commesso dall'Università Cittadini, e suoi commoranti. Di vantaggio la M. S., aprendo alle grazie la mano eroicamente profusa, rimette, e perdona ogni delitto, benche di lesa Maestà, a tutti i forasciti, e forgiudicati Casali di Cosenza, che venissero ad abitar nell'antica Città di Campana, formando di essa come un sacro, e sicurissimo Asilo: e quando mai andar volessero alle proprie case, affin di vendere le loro robe, e ritornar poi in Campana, a tal rispetto nnn fosse dato loro impedimento alcuno. Concede in oltre la Maestà del Re Ferdinando che ogni Cittadino possa liberamente comprare e vendere, per suo uso, senza che sian tenuti a pagamento di Dogana, nè di Fondaco, nè di passaggio per tutta la Provincia di Calabria. Concede parimente all'Università medesima la Fera, overo Mercato detto della Ronza (la sottolineatua è nostra), franca e libera d'ogni angaria: e dura dagli undici di Giugno per tutto il diciotto: e ciò vi si negozia da chi si voglia con tutta libertà, e senz'alcuna gravezza. Di più concede che sia lecito a' Cittadini medesimi di Campana di pascolare il loro bestiame nel Territorio di tutte le terre demaniali, e per tutto il Contado di Montalto, franchi di fida, e diffida. Or questi, e molti altri Privilegj, che per cagion di brevità si tralasciano, furono loro conceduti dalle Maestà de' Re Aragonesi in ricompensa della fedeltà di così buoni Cittadini nel servizio Reale". 29

E prima di concludere, una parola su alcuni campanesi che si distinsero in qualche modo in questo secolo. Nel 1441 Nicola di Campana, detto signore venerabile, è promosso rettore parrocchiale della chiesa di S. Pietro in Spezzano Grande, in diocesi di Cosenza. 30 Due anni dopo, il 26 marzo 1443 l'arcivescovo di Rossano Nicola De Martino è invitato dalla Curia Pontificia a concedere la carica di notaio della camera apostolica ("tabellionato") al campanese Gauterio de Albo . 31 Nel 1469 anche un altro campanese, Luigi, è promosso alla professione di notario "in totum regnum cum potestate". 32 Questi, avuto anche l'incarico di notaio della camera apostolica, il 22 novembre 1473 versa 33 fiorini d'oro per conto di Luigi Mercante, Commendatario del monastero di S. Maria di Camigliano, presso Tarsia. 33 Nella stessa veste, il 5 febbraio 1474 riscuote per il monastero di S. Giovanni, in diocesi di Cassano, 27 fiorini d'oro dal rossanese Giovanni Toscano 34 e nel settembre 1476 obbliga Antonio Arcamone del clero di Napoli a versare 40 fiorini d'oro sulle rendite del monastero di S. Maria di Corazzo, cistercense, in diocesi di Martirano. 35 Il notaio Luigi risulta ancora in vita nel 1487. Poi più nulla.


NOTE 1

Cfr. A. GRADILONE, Storia di Rossano, pp. 241-42. A questo periodo si fa risalire il nucleo più antico della Chiesa Matrice con la Torre Campanaria a forma quadrata e tambutro ottagonale. 3 Il testo del diploma è stato riportato nel precedente capitolo. 4 "Guillelmo Brunello militi, exequutoria concessionis terre Campane, quam olim concessimus quondam Guillelmo Ernardi de Bayrano, cuius heredes nundum venerunt in Regno con conditione ut supra": cfr. Registri Angioini riostruiti, fol. 242 del Reg. 1271 A. 5 Cfr. Reg. Cancell. Ang. vol. VIII, 62; vol. IX, 272; citati in P. MAONE, La contea di Cariati, in "Archivio Storico di Calabria e Lucania", 1963, p. 306. 6 Cfr. Reg. 21, f. 15t, riportato in A. GRADILONE, op. cit., p. 262. 7 Cfr. M. PELLICANO CASTAGNA, La storia dei feudi e dei titoli nobiliari della Calabria, Chiaravalle Centrale 1984, p. 352 8 Cfr. F. RUSSO, Storia della Chiesa in Calabria dalle origini al Concilio di Trento, Soveria Mannelli 1982, II, p. 523. 9 Cfr. Reg. Ang. 27, f. 156; FILANGIERI, XIV, 254; anche L. RENZO, Il monastero di S. Marina presso Campana, in "Il Filorosso", n. 8 (gennaio-giugno 1990), pp. 15-21. 10 Cfr. Reg. Ang. an. 1269, 5, f. 151 (oggi distrutto) riportato in J. MAZZOLENI, Registrum Chartarum..., p. 91, n. 483. 11 La lettera, datata 30 maggio 1275, è richiamata in un Instrumentum notarile del 21 aprile 1279, conservato in copia nel Registro Decime, f. 85r, presso Archivio Diocesano di Rossano (da ora ADR). 12 "Legitime revocata sunt haec Granciae Sanctae Mariae de Runtia in tenimento Campanae Rossanen Dioc. cum tenimentis iuribus rationibus et pertinentiis suis": cfr. ADR, Registro Decime, f. 51r. L'esecuzione del rescritto, datato 18 luglio 1275, è affidata all'arcivescovo di S. Severina Ruggero. 13 Cfr. F. RUSSO, Regesto Vaticano per la Calabria, I, Roma 1974, n. 5238; anche D. VENDOLA, Rationes Decimarum Italiae: Apulia, Lucania, Calabria, Città del Vaticano 1939, n. 2529. 14 Cfr. F. RUSSO, Regesto Vaticano, I, nn. 5237-5252; anche D. VENDOLA, Rationes Decimarum, nn. 2528-2543. 15 Cfr. F. RUSSO, Regesto Vaticano, I, nn. 5287 e 3960; D. VENDOLA, Ratione Decimarum, nn. 2578 e 2684. 16 Cfr. A. GRADILONE, Storia di Rossano, p. 281. 17 Sulle informazioni, purtroppo, non sono citate le fonti di rimando. 18 Cfr. M. PELLICANO CASTAGNA, La storia dei feudi..., p. 352; anche A. GRADILONE, Storia di Rossano, p. 265. 19 Cfr. F. RUSSO, Regesto Vaticano, II, Roma 1975, n. 8750. 2


20

Cfr. F. MARINO, Lettere Familiari, citata lettera all'abate Giustiniani. Cfr. G. FIORE, Della Calabria Illustrata, I, pp. 235-36. 22 Cfr. A. GRADILONE, Storia di Rossano, p. 301; P. MAONE, La contea di Cariati, p. 316ss.; R. e F. LIGUORI, Cariati nella storia, Cirò Marina 1981, pp. 34-35. 23 Cfr. R. e F. LIGUORI, Cariati nella storia, p. 35. 24 Marino Marzano venne condannato a marcire nel carcere di Castelnuovo, dove sarebbe stato fatto avvelenare da Alfonso II: cfr. G. B. MARZANO, Memorie storiche intorno alla famiglia Marzano, in "Giornale Araldico genealogico diplomatico" 1874-75; anche P. MAONE, La contea di Cariati, pp. 316-21. 25 Cfr. ASN, Relevi di Cariati n. 389/2 e 428/2; inoltre J. MAZZOLENI, Regesto della Cancelleria Aragonese, Napoli 1951, p. 41 in P. MAONE, loc. citato. 26 Cfr. Registri della Cancelleria Aragonese, andati distrutti, 101, f. 35. 27 Cfr. Registro del Serenissimo Re Ferdinando dell'anno 1485 al (14)87 che si conserva nel grande archivio della regia Curia della Summaria nella camera prima sotto la lettera O, scanzia 4, numero 52, f. 1O7, p. 327; riportato in M. FALANGA, Repertorio di tutti i privilegi e atti relativi alla Calabria tratti dal Manoscritto da Como, in "Rivista Storica Calabrese", XIV (1993), nn. 1-2, p. 248, n. 129. 28 Cfr. P. MAONE, La contea di Cariati ,loc. cit.; A. GRADILONE, Storia di Rossano, p. 324. 29 Cfr. F. MARINO, Lettere Familiari, citata lettera all'ab. Giustiniani. 30 Cfr. F. RUSSO, Regesto Vaticano, II, n. 10597. 31 Cfr. F. RUSSO, Regesto Vaticano, II, n. 10705. 32 Cfr. Registro Sigillorum Summarie Magno Sigillo: 1469-1470, in "Fonti Aragonesi" (a cura dell'Accademia Pontaniana), III, Napoli 1962; riportato in A. GRADILONE, Storia di Rossano, p. 317. Per la carica nel 1489 paga un'oncia e 15 tarÏ per diritti di Cancelleria. 33 Cfr. F. RUSSO, Regesto Vaticano, II, n. 12195. 34 Cfr. F. RUSSO, Regesto Vaticano, II, n. 12219. 345 Cfr. F. RUSSO, Regesto Vaticano, II, n. 12376. 21


CAPITOLO TERZO

MONASTERI CALABRO-NORMANNI

Il processo di latinizzazione imposto da Roberto il Guiscardo alla Calabria nei secoli XI-XII previde, oltre alla graduale sostituzione dei vescovi greci, anche l'erezione con dote di monasteri latini come "focolai di pietà per le popolazioni latine, a cominciare dagli immigrati normanni", e come motivo "di attrazione religiosa per quelle greche". 1 La diocesi di Rossano, di marcata tradizione bizantina, si oppose violentemente alla latinizzazione del rito, 2 ma non contrastò il sorgere di monasteri, visti quasi come un innesto di nuova energia sull'antico troncone del monastero anacoretico, che nel sec. X aveva regalato alla Chiesa il grande S. Nilo, ma che ormai dava segni di stanchezza ed era in via di esaurimento. 3 Nel territorio di Campana, ricco di grotte naturali, a partire da questo periodo, sorsero ben 3 monasteri, che chiamiamo calabro-normanni: S. Angelo Militino, S. Marina e S. Giovanni La Fontana. 1.

S. Angelo Militino

E' il primo monastero a sorgere in territorio di Campana. 4 P. Fiore riporta due importanti notizie, da cui ricaviamo sia l'anno di fondazione, sia il nome del primo abate. Scrive testualmente: "S. Angiolo Militino presso Campana, Diocesi di Rossano. Fu questo monasterio fabbricato dal Conte Roggiero l'anno 1081, come si ha dal privilegio della sua fondazione riferita dal P. Ottavio Cajetano (tom. 2 Animadv. ad vitam S. Bartholomei fol. 50). Quivi fu vestito dell'abito religioso S. Bartolomeo da Simmari dall'Abbate S. Cirillo". 5 Dell'abate S. Cirillo si hanno notizie lacunose e per lo più indirette. Rodotà nel Catalogo dei Santi Monaci Greci che fiorirono nelle Provincie del Reame di Napoli menziona "S. Cirillo Abbate nel Monasterio di S. Angelo in Meliteno fiorì l'anno 1100". 6 P. Fiore lo dice originario di Reggio e festeggiato il 29 di maggio. 7 I Bollandisti nel parlare di S. Bartolomeo da Simeri, di cui fu maestro, lo richiamano in nota per sottolineare che "De Cyrillo, qui vitam solitariam cum paucis duxit in Calabria, nihil alibi invenio". 8 Aggiungono, comunque, preziose informazioni quando raccontano la monacazione del giovane Basilio (poi Bartolomeo). Questi, lasciata nascostamente la casa paterna per darsi alla vita ascetica, si rifugia presso S. Cirillo, monaco di gran fama, il quale, ancora con pochi compagni, menava vita eremitica presso il torrente Meliteno esercitandosi nella pietà e assaporando con studio il sacro miele della virtù. Con decisione Basilio riuscì a vincere le resistenze del vecchio anacoreta opponendo il fermo proposito di non tornare indietro, malgrado la giovane età e la gracilità del suo fisico. 9 Alla scuola di Cirillo in breve raggiunse un alto grado di perfezione tanto che decise di lasciare il maestro per addentrarsi in luoghi più impervi e solitari tra i monti della Sila. Qualche anno più tardi, intorno al 1095, Bartolomeo fonderà il più famoso monastero di S. Maria del Patire. 10 Sorto comprensibilmente con pochi elementi, come si evince dai Bollandisti, il monastero di S. Angelo andò incrementandosi al punto da richiedere una seconda struttura chiesastica. Non si spiegherebbero diversamente le due chiese che si notano a breve distanza l'una dall'altra. Ambedue di piccole dimensioni, a pianta rettangolare e con abside rivolta ad oriente, sono oggi appena rilevabili. Una, quella posta più in alto in cima al Cozzo S. Angelo, qualche anno fa è stata rasa definitivamente al suolo durante i lavori di sbancamento per l'apertura di una pista carrabile. 11 La seconda, forse quella più antica, è situata in prossimità della vecchia chiubica che collegava Campana con Pietrapaola. Ancora qualche anno fa presentava visibili le fondazioni, da cui si potevano desumere sia la pianta che le dimensioni. Più distante, a fondo valle, esiste ancora un grosso stabile diroccato, che doveva servire probabilmente da magazzino di raccolta o forse anche, nei tempi antichi, da biblioteca e scriptorium. La floridezza spirituale del monastero durò poco perchè nel 1256 papa Alessandro IV, richiamandosi ad un precedente intervento analogo di Gregorio IX, nel deplorarne la corruzione generale, lo affidava alle cure dell'abate florense di Fonte Laurato, in diocesi di Tropea, per una opportuna riforma della vita e dei costumi. 12 La ventilata unificazione con l'ordine florense, comunque, non potè effettuarsi a causa delle lotte tra Federico II e il Papa, lotte che avevano portato alla confisca da parte dell'imperatore dei beni di S. Angelo. 13 A nulla valsero le sollecitazioni rivolte l'11 novembre dello stesso anno a Rainuccio vescovo di Bisignano, a Pietro vescovo di Strongoli e al canonico rossanese Leone perchè si interponessero a dirimere la vertenza, approfittando della disponibilità di Re Manfredi, succeduto al padre Federico. 14 Bisognerà, però, attendere il 1267 prima di chiudere con esito positivo l'incresciosa vicenda. In tale anno, infatti, vengono confermati all'abate di Fonte Laurato tutti i diritti e i privilegi precedentemente concessi da Ranulfo e Giovanni, vescovi di Tropea, insieme ai beni e diritti appartenuti al monastero di S. Angelo Militino. 15


Il drastico provvedimento papale sancì il definitivo passaggio di S. Angelo Militino all'Ordine Florense, fondato nel 1189 da Gioacchino da Fiore. Per gli anni seguenti, a parte alcuni riferimenti fiscali deducibili dai Tassari del sec. XIV, le notizie sul monastero risultano frammentarie. Il 27 marzo 1443 l'abate Andrea, detto di Castrovillari, è provvisto della chiesa di S. Basilio di Scala Coeli e di un bosco con alcune terre e un mulino in territorio di Cropalati, lasciati liberi da Cicco, promosso vescovo di Umbriatico. 16 Alla morte di Andrea, sul finire del 1484, la successione dell'abate è poco chiara ed il susseguirsi degli interventi pontifici più che chiarire sembrano ingarbugliare ancora di più la vicenda. Leggiamo, infatti, che il 28 gennaio 1485 abate è promosso Giovanni de Casolis, monaco di S. Angelo. 17 Il 19 febbraio successivo è, invece, il chierico napoletano Geronimo de Tucci (de Tuccis, o de Futiis) ad essere provvisto del monastero per la morte di Silvestro de Criscis (o Tuccis) e con l'appoggio autorizzato dei vescovi di Tropea e Policastro oltre che del canonico napoletano Giovanni Tommaso De Gennaro. 18 Il giallo sembra chiarirsi in altri due provvedimenti, in cui si dice che il De Tucci il 27 maggio 1485 ottiene la bolla di nomina per la Commenda di S. Angelo, 19 mentre Giovanni de Casolis e il monastero il 20 agosto dello stesso anno hanno riconosciuta un'entrata di 24 libre di piccoli tornesi. 20 Si tratta, pertanto, di abate commendatario il primo, che succede al napoletano Silvestro de Criscis e di abate conventuale il secondo, succeduto ad Andrea di Castrovillari. A partire da questo periodo, allora, S. Angelo Militino avrà l'abate commendatario, istituzione questa che incise pesantemente e in negativo sulla vita del monastero, ridotto a pura e semplice prebenda senza il corrispettivo interessamento ai monaci, costretti a vivere in estrema indigenza e ignoranza. I nuovi abati eran interessati più ai beni patrimoniali, che non alle esigenze della vita monastica. In conseguenza di ciò la situazione, già bisognevole di una radicale riforma interna, - basti pensare alle continue Visite Apostoliche imposte da Roma per riportare i monasteri all'antico spirito ascetico - andò sempre più aggravandosi. Nè valse a frenare la decadenza materiale e morale la distinzione dei beni in due mense, quella commendataria e quella destinata al monastero. I Commendatari, infatti, forti dell'appoggio dall'alto, trovarono la via per lasciare ai monaci solo le briciole essenziali, costringendoli ad una vita grama e deprimente. 21 Le stesse attività scrittorie e le biblioteche soffrirono la grave decadenza fino a diventare oggetto di razzie e di trafugamento del prezioso materiale documentario in esse conservato. Non si contano i codici manoscritti ceduti a privati per procacciarsi il sostentamento, oppure ricettati senza riserbo da umanisti e biblioteche varie. La convivenza tra i due abati al Militino non fu mai pacifica. Già nel 1487 il dicastero romano deve intervenire per ripetere il conferimento della commenda al de Tucci 22 e nel 1491 riconferma la concessione malgrado le richeste dell'abate de Casolis, che rivendicava diritti al monastero. 23 Il 27 ottobre 1492 l'abate di S. Angelo col canonico Carlo De Napoli e il Vicario Generale dell'Arcivescovo di Cosenza sono incaricati di assegnare a Pietro Tivellario di Terranova i nuovi Eremitori della B. M. del Rode presso Bisignano e il monastero della B. M. di Gerusalemme sulla strada di Pedace. 24 Alcuni anni più tardi, nel 1504, lo stesso abate col vescovo di Cariati e l'arciprete di S. M. di Scala ricevono mandato di provvedere Antonio Inglese, prete di Campana, dell'arcipretura di Cropalati e della chiesa rurale di S. M. della Grotta, nello stesso comune, vacanti per la morte di Raimondo Pressano. 25 Il sec. XVI fu determinante per il monastero. Con la rinuncia dell'abate Giovanni de Casolis il 25 giugno 1507 passò nelle mani uniche del Commendatario Tommaso De Donato, prete di Cosenza. 26 E' proprio a partire da questo periodo che il monastero appare abbandonato dai monaci, che con molta probabilità andarono a fondersi con quelli del vicino Patire. A tanto indurrebbe a pensare il Codice Vaticano 1997, scritto nel 1437 da Dositeo, monaco del Militino, e conservato nella Biblioteca Vaticana nel fondo proveniente dal Patire. 27 Del resto il tono di molti Regesti Vaticani lascia proprio intendere che il monastero, non più abitato, è ridotto a chiesa rurale e a semplice beneficio. 28 In un Regesto del 1535, per esempio, si dice esplicitamente che il commendatario G. Geronimo de Abenante di Rossano cede il monastero, ormai carente di convento, al card. Antonio Sanseverino. 29 Gli abati, comunque, continuano ad essere segnalati per incarichi di fiducia. Nel 1539 l'arcivescovo di Reggio, il vescovo di Nicotera e l'abate di S. Angelo Militino sono scelti come "iudices conservatores" dei Minori Osservanti. 30 Due anni dopo, gli stessi, su petizione del barone e della popolazione di Nicotera, hanno il mandato di annettere la chiesa dei Ss. Andrea e Nicola al monastero di S. Chiara di quella città, con facoltà di introdurvi 6 monache sotto la cura dei Minori Osservanti. 31 Nel 1560, in un tentativo di ricupero dei monasteri florensi superstiti, con la fusione dei Florensi e dei Cistercensi, venne costituita la Congrega Cistercense di Calabria o di Calabro-Maria. 32 Il Procuratore Generale, Nicola Boucherat, accompagnato dal Vicario Dionisio de Laceronis, nel 1569 fece un giro di ricognizione dei monasteri dell'Ordine prendendo atto, tra l'altro, dello stato di desolante abbandono di S. Angelo Militino. Nella Relazione che ne fece, così ebbe a scrivere: "Octavum decimum est monasterium S. Angeli militini. In eo nihil est omnino praeter ecclesiam et quoddam habitaculum circa eam quequidem ecclesia videtur velut derelicta nullum fit illic divinum


officium. Abbas vocatur Ioannes Aloisio Damato de Samantie. Annui redditus ascendunt ad trecentos aureos aut circa". 33

a)

Abati conventuali e Abati commendatari

Restano pressocchè sconosciuti gli abati che precedono l'istituzione della Commenda. Dopo S. Cirillo, fondatore ed abate dal 1081 al 1100, dobbiamo arrivare al 1345 per trovare un certo abate Simone, che paga 2 once di decima papale. 34 Nel 1443 è menzionato Andrea di Castrovillari e dopo di lui, dal 1485, Giovanni de Casolis, che sembrerebbe l'ultimo abate conventuale. Molto più nutrito e documentato, almeno per i secoli XVI-XVII, è il capitolo degli abati commendatari. Il primo di cui si ha notizia è Silvestro de Criscis (o Tuccis), al quale succede nel 1485 il napoletano Geronimo de Tucci, di cui sono stati ricordati i contrasti con l'abate de Casolis a proposito di alcuni diritti spettanti al monastero. Nel 1507 la commenda passa al cosentino Tommaso de Donato, che la cede nel 1510 al canonico pisano Giovanni Vannuzio, uditore del S. Palazzo. 35 Suo procuratore in loco fu Francesco Bernardi, che il 10 aprile 1511 viene sollecitato a pagare entro sei mesi l'annata dovuta sulla rendita di 40 ducati, di cui è dotato il beneficio. 36 Al Vannuzio succede il 14 febbraio 1513 Faspare Fagio. 37 Segue Gio. Geronimo de Abenante, che, nel 1535 vi rinuncia a favore del card. Antonio Sanseverino. Questi l'anno successivo la cede a Cataldo Malaspina, dei minori osservanti, 38 che la lascia nel 1553, avendo ottenuto la chiesa parrocchiale dei Ss. Giovanni e Pietro di Melicuccà, allora in diocesi di Mileto. 39 Alcuni giorni dopo, il 13 ottobre 1553, è Agapito de Bellominibus della Camera Apostolica a ricevere in commenda S. Angelo, ormai ridotta a "chiesa rurale" e "perpetuo beneficio", ma questi fa solo da passamano perchè il 18 ottobre successivo cede tutto a Fabio de Amato, chierico di Amantea. 40 Alla morte di questi, il 7 luglio 1580 abate commendatario è nominato il card. Scipione Lancellotto, uditore della S. Rota, 41 che il 13 dicembre 1584, riservandosi una pensione annua di 70 scudi d'oro, la lascia al rossanese Paolo Cito. Questi ne gode la rendita di 100 ducati fino alla morte avvenuta nel 1591. 42 La successione risulta poco chiara perchè mentre in un Regesto del 31 maggio 1591 si dice che la commenda è concessa ad Alessandro Graziano, 43 il 16 luglio seguente ne risulta intestatario il canonico milanese Ludovico Maggio, il quale è molestato nel prenderne possesso da alcuni banditi locali. In conseguenza, l'Uditore generale delle cause della Curia Romana, il Vicario Generale di Rossano ed il Nunzio di Napoli sono facoltati a perseguire duramente i responsabili. 44 Non conosciamo l'esito della vertenza. Di certo nel 1610 commendatario e Giovanni Antonio Graziano, il cui nominativo appare nella Visita Pastorale di Mons. Lucio Sanseverino, arcivescovo di Rossano. 45 Nel 1630 vi risulta ancora lui, 46, mentre l'anno successivo vi è nominato l'altro rossanese Nicola Vaglica. 47 Rossanese è ancora Giovanni Alfonso Curti, che nel settembre 1633 succede per dimissioni del Vaglica. 48 Ma il suo nominativo è doppiato, come già successo altre volte, dal napoletano Marco Antonio Pisanello, che nell'ottobre dello stesso anno risulta ugualmente provvisto della chiesa di S. Angelo Militino, vacante "per resignationem Nicolai Vaglica de mense Septembris factam". 49 Nelle Relazioni ad limina del 1655 e 1658 fatte dall'arcivescovo Giacomo Carafa, senza comunque controprova nei Regesti, commendatario è riportato Marco Antonio Perrone, 50 mentre dal dicembre 1660 e per pochi mesi la commenda è goduta dal rossanese Carlo Galasso. 51 Il 23 febbraio 1661 passa a Cesare Perri e nello stesso giorno a Carlo Blasco, che si impegna a versare al Perri una pensione annua di 12 ducati. 52 Carlo Blasco, insigne letterato, membro dell'Accademia degli Spensierati, autore del prezioso manoscritto Istorie della città di Rossano, per la morte del padre (o del fratello, secondo altri) deve abbandonare la carriera ecclesiastica per dedicarsi alla famiglia, per cui è costretto a rinunciare alla commenda. 53 Dopo di lui pare che questa sia passata a Giovanni Battista Blasco, probabile suo parente. Alla morte di questi, il 18 luglio 1692 il monastero è concesso ad Andrea Crisafullo, napoletano, che gode anche del beneficio di S. Andrea e S. Mauro di Corigliano, oltre che dell'abbazia dell'Annunziata di Campana. 54 La consistenza patrimoniale del monastero è rilevabile indirettamente dai Tassari pontifici e da altre sparute note dei Regesti. Di certo, comunque, malgrado si parli di "pingue commenda", 55 doveva essere inizialmente abbastanza povera se nel 1325 paga 3 tarì di decima, nel 1345 due once, nel 1418-31 due tarì. 56 La misura della povertà si ricava dal confronto con altri monasteri viciniori. Nello stesso periodo 1418-31, per esempio, S. Giovanni Calibita (Caloveto) paga 6 tarì, S. Donato di Paludi 3 tarì, il Patire 4 once. 57 Le stesse quote risultano da un Censiere papale del 1437. 58 Nel 1443 il monastero si arricchisce della chiesa di S. Basilio di Scala, di un bosco e di un mulino con alcune terre. 59 Nel 1485 la rendita per il commendatario è di 24 fiorini d'oro, cui si aggiungono le 24 libre di piccoli tornesi spettanti all'abate del monastero. 60 Nel 1511 la rendita non supera i 40 ducati, che diventano 50 nel 1536, sessanta nel 1580, cento nel 1591, per poi abbassarsi nuovamente a 60 nel 1633. 61


b)

Lo "Scriptorium"

La vita povera e penitente dei monaci non impedì di coltivare le arti nobili e lo studio delle lettere. Accanto alle attività agricole, 62 figurano sempre le attività culturali, che si esprimevano sia nello studio dei testi sacri e delle vite dei santi, sia nell'arte scrittoria e calligrafica. Ogni monastero, per quanto piccolo, aveva il suo scriptorium e almeno un amanuense. Il successivo scadimento dei costumi, l'allentamento del rigore ascetico, la pressocchè esclusiva "cura e sollecitudine delle cose temporali", precipitò i monaci "in un baratro di rilassatezza", che significò l'abbandono totale dello studio e delle lettere con un conseguente "stato compassionevole" di "crassa rozzezza e imperizia", accompagnato da ignoranza e leggerezza morale. 63 L'attività scrittoria e lo stesso scriptorium del Militino sarebbero finiti nel silenzio più assoluto fino a dubitare della stessa esistenza, se non fosse stato salvato l'unico prezioso esemplare di codici, il Vatic. 1997, conservato nella Vaticana nella raccolta proveniente dal Patire di Rossano e che riporta sia il nome del copista, il monaco Dositeo, sia l'anno di composizione, il 1437. 64 Preziosa è la scheda informativa che ne ha fornito Batiffol alla fine del secolo scorso: "Vite di Santi, XIII sec., pergamena, formato medio (250x200 mill.) a pagina intera, ff. 178. Intatto. Rilegatura Pio IX. Antico Basiliano 36. Dalla raccolta del Patire del sec. XVI. In testa al f. 1: Libro 72. Vita patrum. Sul f. 17, in graffito: 'Io D. Gio. Batista Galanti di Corg.no (Corigliano). Hoggi li 10 di settembre 1651 nel venerabile mon.ro del Patiro'. Sul f. 63, anche qui in graffito: 'Io D. Giovanni Ruffo della città di Rossano feci novitio in questo monastero nel anno 1677'. Questo ms. è stato copiato da 'Dositeo, prete, certosino sulla montagna del monastero di Militino' che era, ancora nel 1437, e noi lo abbiamo visto, un convento nella Diocesi di Rossano. (Ss. n. 4)". 65 Il codice è in lingua greca, mentre il copista, essendo un florense è latino. Il particolare, a dire di Batiffol, è "eccezionale" e "singolare". Lascia intendere, cioè, che tra il XIII-XIV secolo c'è carenza di copisti greci per cui si rese necessario ricorrere "all'ingaggio di personale latino che si dimostra del tutto capace di scrivere in greco". 66 E che il copista del Vat. 1997 non sia greco, trova riscontro "nella forma bizzarra, extra greca, di numerose lettere dell'alfabeto da lui usato e nell'aspetto generale della sua calligrafia che si allontana e di molto da quella in uso nel XIII secolo. Il suo stile è ricercato, dotto e fantasioso; ma non è raro incontrare di questi esempi nella calligrafia italiota del XIII secolo". 67

c)

Ultime vicende

A partire dalla fine del Seicento di S. Angelo Militino si perdono quasi completamente le tracce. Si sa, comunque, che nel 1730, alla morte del Grisafulli, l'abbazia è data a Giovanni Battista Gentile, 68 che la mantenne fino al 1756, anno della sua morte. 69 Gli succede Antonio Gentile, cui subentrerà nel 1768 Giuseppe Mannarini. 70 Ma ormai il processo di decomposizione era irreversibile e l'assenza degli stessi commendatari ha fatto sì che i suoi beni fossero oggetto di continue razzie finchè alla fine del sec. XVIII vennero definitivamente soppressi ed incamerati per poi metterli in vendita a tutto vantaggio di chi disponeva di contanti. Attualmente proprietari dei terreni di S. Angelo sono Passavanti, Labonia, Chiarello ed altri. Ed infine una nota di folklore. Nel periodo del brigantaggio pre e post unitario il fitto bosco intorno all'ex monastero divenne nascondiglio di briganti, 71 che, secondo la diceria popolare, vi nascosero un ricco tesoro in monete d'oro. 72.

2.

Santa Marina

Il monastero di S. Marina, un tempo in diocesi di Umbriatico e oggi in territorio di Campana, sorse tra l'XI-XII secolo ad opera probabilmente dei Normanni. Per la prima volta compare menzionato in un atto del 1167 col quale il vescovo di Umbriatico Roberto conferma all'abate del Patire la cessione del monastero di S. Stefano 73 ottenendone come contropartita un'anfora di olio e tre candele che i monaci patiriensi dovevano offrire annualmente il giorno della festa patronale di S. Donato (7 agosto). Da parte sua si impegnava a fornire ai monaci gli oli santi. L'atto, sottoscritto in greco dal predetto vescovo e in latino dall'arciprete e dai canonici della cattedrale Bartolomeo, Pagano, Ruggero e Pasquale, 74 è stato redatto in greco dal monaco Filottete, abate di S. Marina. 75 Intorno al monastero, delle cui origini e sviluppo non si conosce altro, sorse l'omonimo Casale, che in breve dovette diventare abbastanza popoloso, tanto che il re Carlo I d'Angiò nel 1271 potè concedere al vescovo Alfano la fiera di S. Marina, oltre a quella di S. Nicola dell'Alto e Maratea (località di Umbriatico). 76 Non meno ingenti furono i donativi dello stesso Re fatti l'anno successivo alla città per la fedeltà espressa alla causa angioina e papale. 77 Allo scoppio della guerra del Vespro (1282), che contrappose Angioini ed Aragonesi, tutta la Calabria fu teatro di feroci scrontri e devastazioni ad opera soprattutto di Ruggero di Lauria, fautore degli Aragonesi, che con i suoi Almugaveri, dopo aver conquistato Cassano, Cerchiara, Crotone e Strongoli, 78 invase e devastò S. Severina ed Umbriatico, i cui vescovi Ruggero e Lucifero avevano preso decisamente posizione a favore di Carlo II d'Angiò. 79


La situazione apparve subito così grave, che il papa Nicolò IV il 3 luglio 1289 scrisse al Cardinal Legato Berardo di assegnare ai due vescovi qualche beneficio, dato che i loro beni erano stati distrutti e devastati dagli Aragonesi. 80 Nel 1306 il vescovo Guglielmo di Umbriatico ottenne da Carlo II facilitazioni fiscali per consentire la riparazione delle terre di Maratea e S. Marina, abbandonate dagli abitanti a causa dei gravi danni subiti. 81 Ma lo sforzo fu inutile perchè nel 1313, allo scoppio di nuove rivalità tra le due fazioni, gli Almugaveri occuparono e devastarono ulteriormente quelle terre, di cui poi si appropriarono abusivamente i signori locali. Ciò spinse il vescovo a chiedere al Papa che "date le rovine di cui la guerra aveva così a lungo tempo cosparso le loro contrade e principalmente a causa della tirannide delle autorità civili, che, infierendo contro uomini e cose, avevano reso deserta la città, non essendoci speranza che potesse essere di nuovo riabitata", autorizzasse addirittura il trasferimento della sede vescovile in altra località più idonea. 82 Il 19 agosto 1317 da Avignone papa Giovanni XXII incaricò l'arcivescovo di S. Severina perchè indagasse sull'opportunità del trasferimento, 83 e contestualmente ordinò al cardinale di Napoli di istruire un processo in merito all'occupazione abusiva della mensa vescovile di Umbriatico. Anche il re Carlo II prese severi provvedimenti contro i signorotti, per cui nel breve volgere di qualche anno, scongiurata la minaccia di trasferimento, si ebbe una ripresa della diocesi tanto che nel 1326 sia il vescovo che il clero vengono regolarmente tassati sulle rispettive rendite. 84 Il monastero di S. Marina, invece, è completamente ignorato sia in questa "taxatio", che nelle successive, per cui è da presumere che sia rimasto definitivamente distrutto e abbandonato dai monaci dalla fine del sec. XIII. In conseguenza di ciò il vescovo di Umbriatico unì alla mensa i beni ed il titolo di abate di S. Marina. 85 La sua definitiva scomparsa, pertanto, spiega perchè il monastero non figuri nè tra quelli passati all'ordine florense, come è avvenuto per gli altri del circondario, 86 nè tra quelli basiliani visitati nel 1457-58 da Atanasio Calcheopulo, abate del Patire. A parte l'abate Filottete e la sua menzione dell'atto del 1167, il monastero di S. Marina resta, quindi, nel più profondo silenzio di notizie e di documenti fino al sec. XVI. Per i secoli XVI-XVII, invece, abbiamo numerose informazioni dall'Archivio Vaticano, da cui si ricava come l'antica abbazia, ora diventata beneficio semplice e chiesa parrocchiale rurale di S. Marina de Camerota, è assegnata direttamente dalla S. Sede a prelati locali ed esteri. Ai primi del Seicento la rendita annua era di 20 ducati, come si rileva da un Regesto Vaticano, di cui ci interesseremo più avanti. Il 24 luglio 1519, per cessione del romano Giacomo de Gotifredis, la chiesa rurale "abbatia nuncupata", è assegnata a Pietro de Medina, scrittore delle Lettere Apostoliche. 87 Da un Regesto del giorno dopo, però, sembrerebbe che il beneficio sia stato assegnato al de Medina non per cessione del de Gotifredis, ma perchè vacante per la morte del precedente rettore, Alberico Inglese. All'esecuzione del mandato provvedono i vescovi di Isola e Strongoli ed il Vicario Generale di Umbriatico. 88 Il giallo, però, non si chiarisce perchè il 28 luglio successivo di nuovo si sottolinea la rinuncia di Giacome de Gotifredis a favore dell'altro. 89 Senza arzigogolare più del necessario, ci sembra di poter spiegare la vicenda in modo semplicissimo: alla morte di Alberico Inglese la chiesa venne concessa a Giacomo, il quale ritenne di non accettare il beneficio, che quindi passò a Pietro de Medina. Questi, a sua volta, lo conservò per poco, in quanto appena qualche tempo dopo vi risulta titolare Antonio Inglese di Campana. Alla rinuncia di quest'ultimo, la chiesa il 21 agosto 1525 venne assegnata a G. Battista Inglese, anche lui di Campana, il quale risulta anche titolare della chiesa di S. Maria di Giacomo di Pietrapaola. 90

Sul finire del sec. XVI troviamo l'abate commendatario, prima mai segnalato. E' difficile dire se questo silenzio sia dovuto alla mancanza di fonti documentarie o se il commendatario venne istituito in questa fase. Il primo di cui si ha memoria è Giovanni B. Carafa, nominato nel marzo 1592. 91 Alla sua morte la commenda nell'agosto 1593 passò a Fabio Tramonto di Rossano. 92 Ora la rendita del monastero è di 16 ducati, che diventano 20 nel 1606. In tale anno, per la morte del titolare Ottavio Maleno, l'abbazia venne assegnata a Paolo Martinello di Rossano. Per la prima volta in questa circostanza il monastero viene detto in territorio di Campana. 93 Alcuni mesi dopo, il 1° settembre 1607, in sostituzione del defunto Oliverio Malvico, viene nominato commendatario il milanese Antonio Foresi, che prende possesso per procura tramite l'Uditore generale della Curia della Camera Apostolica ed i Vicari Generali di Umbriatico e Cariati. 94 Nel periodo della commenda con il commendatario compare anche un diverso titolare della chiesa. Nel 1616, per esempio, commendatario è nominato Giovanni Cropalato di Crotone, il quale restò in carica fino al 16 luglio 1645, giorno della sua morte. 95 Contemporaneamente nell'ottobre 1630 la chiesa, vacante per la rinuncia del maestro Giovanni Battista Fossati e per privazione del benedettino Flaminio Longhena, è provvista con Francesco de Nobili, chierico di Roma. 96 Nel 1647, per rinucnia di un commendatario di cui si ignora il nome, l'abbazia è assegnata a Giulio Cropalati, arcidiacono di Isola e forse parente del precedente, 97 il quale il 17 ottobre 1633 aveva già ottenuto l'abbazia di S. Giovanni La Fontana, anch'essa in territorio di Campana, ma sottoposta alla giurisdizione del vescovo di Cerenzia. 98 Alla sua morte (1652) la commenda rimase vacante per 8 anni, forse per l'esiguità della rendita ridotta a soli 2 ducati.


Nel 1660 gli successe per poco Giuseppe Persiano, canonico di Rossano. 99 Da un Regesto del 18 giugno 1664 ricaviamo, invece, che la chiesa essendo vacante per la morte del Cropalati è stata provvista con D. Giuseppe Grilletta, prete di Campana. L'esecuzione della consegna viene affidata al Vicario Generale di Rossano. 100 Al Grilletta, morto nel febbraio 1668, succede Paolo Emilio Marino, 101 il quale probabilmente non accetta la designazione perchè il 19 aprile 1669 troviamo nominato Domenico Pane, maestro della Cappella pontificia. 102 Il Pane, però, sembra essere subentrato nel dicembre 1670 a seguito della libera rinuncia di Marco Antonio Cattaneo, al quale, a sua volta, era stata assegnata per rinuncia di Francesco Cattaneo. 103 Nel gennaio 1728, alla morte del beneficiario Domenico Antonio de Mattia, avvenuta nel novembre precedente, vi venne nominato Adeodato Prospero, che ebbe in aggiunta anche i benefici di S. Martino (S. Giorgio Albanese), S. Maria de Jesus, "Abbatia nuncupata" (Bocchigliero) e la chiesa parrocchiale "della Schiavonea" (Corigliano). 104 Ultima notizia in nostro possesso è del marzo 1774, quando morto il titolare Bernardino Ramondini, il beneficio venne assegnato a D. Carlo Branco. La rendita è di 3 ducati. 105 Anche S. Marina, dunque, seguì nella distruzione gli altri monasteri campanesi. Della sua fabbrica oggi sono ancora visibili ruderi massicci e pietrame disperso. Intonro alla metà dell'Ottocento la chiesa divenne anch'essa ricettacolo e nascondiglio di favolosi tesori dei briganti. 3.

S. Giovanni La Fontana

Pur trovandosi in territorio di Campana, il monastero, o più precisamente l'abbazia, è sempre menzionato in diocesi di Cerenzia. Le notizie, comunque, sono così scarne ed imprecise da far dubitare della sua reale natura. Nel 1098, per esempio, la chiesa ( e non monastero) di S. Giovanni di Cerenzia figura tra le donazioni concesse dal conte Ruggero al monastero di S. Angelo e SS. Trinità di Mileto e che in quell'anno vennero confermate all'abate Urso. 106 Analoga conferma degli stessi donativi venne fatta all'abate Roberto il 24 febbraio 1151 dal papa Eugenio III. 107

Dopo queste notizie, su S. Giovanni La Fontana cade il più profondo silenzio. Se ne ritorna a parlare nel giugno 1593 per dire che la chiesa, o abbazia di S. Giovanni de Fonte , nel territorio di Campana, diocesi di Rossano, vacante per la morte di Giovanni Pietro Caligiuri, è assegnata a Marco Antonio de Conciliis (o Concili), prete diocesano. In quell'anno la rendita ammonta a 24 ducati. 108 Due mesi dopo, il 17 agosto, l'arcivescovo di Rossano ed il Can. Agostino Graziano sono incaricati di prendere possesso della chiesa, considerata abbazia, di S. Giovanni "della Fontana", nella diocesi di Cerenzia o Cariati, in nome e per contro di Giovanni Antonio Graziano, cui era stata assegnata dopo la morte di Pietro Caligiuri. 109 Non si fa cenno a Marco Antonio de Conciliis. Nel 1629 risulta che censi e decime dell'ex abbazia sono abusivamente goduti da altri, per cui l'arcivescovo di Rossano e il vescovo di Cariati con i rispettivi Vicari Generali sono allertati ed invitati a far restituire i beni al legittimo titolare Giulio Cropalati. 110 Nel 1648 la chiesa è detta anche "beneficio semplice" ed è assegnata a D. Antonio Modio, prete di Umbriatico, dopo quasi 3 anni di vacanza. Al Modio succede Fabio Labonia, che nel 1656 vi rinuncia a favore di Alessandro Labonia. La rendita è diminuita a 18 ducati. 111 Dopo una fase poco chiara di titolari, 112 l'abbazia nel 1672 è in mano a Marco Antonio Cattaneo, che la mantenne fino al 1706, anno in cui muore a Roma. A lui succede Gabriele de Marchis, prete di Cassano Jonio. 113 E' interessante, a questo punto, seguire la vicenda che vide coinvolti il de Marchis ed il Can. Pietro Benincasa di Cerenzia e di cui vennero investiti il Nunzio di Napoli ed il Segretario del Papa, Card. Paulucci. Il Benincasa contestava al de Marchis il possesso di S. Giovanni la Fontana perchè, a suo dire, l'abbazia era legata alla rendita del Penitenziere di Cerenzia, di cui lui era titolare. Per chiarire la vertenza venne incaricato l'arcivescovo di Rossano Andrea Adeodato, che ottenne il pieno riconoscimento del diritto dell'archidiocesi rossanese sul detto beneficio e di riflesso il rigetto delle pretese del Benincasa. Non potevano esserci ostacoli al pieno godimento del De Marchis nella rendita del beneficio. A questo punto, però, l'arcivescovo "col supporto di doversi rimborsare della spese della lite e di altre fatte nella ristorazione di una chiesa rurale del Beneficio, sequestrò le rendite", di modo che il titolare "sin dal 1708 non ha percetto alcun frutto". Sulla cosa il De Marchis nel 1713, dopo la morte dell'arcivescovo Adeodato, fece pervenire al Papa un Memoriale con cui chiedeva il dissequestro del beneficio. 114 Il Nunzio di Napoli il 30 settembre venne incaricato dal Card. Segretario di Stato di seguire la vicenda: "Al Nunzio di Napoli. Trasmetto a V. S. l'annesso Memoriale, che è stato presentato a N. Sig.re per parte di Gabriele de Marchis, ad effetto ch'ella ne vegga il contenuto, e mi faccia giungere la sua informazione sopra di esso". 115 Senza indugio, il Nunzio il 14 ottobre successivo chiede notizie al Vicario Capitolare di Rossano, Can. Scipione Britti. Questi il 27 ottobre fornisce le più ampie informazioni, che confermano le dichiarazioni del De Marchis sulla vicenda. 116 Pur


prendendo tempo, 117 il Nunzio diede infine le informazioni assunte, per cui è da presumere che il tutto si sia concluso a favore del De Marchis. L'ultima notizia che ci risulta sul monastero è del febbraio 1777. In tale data è nominato titolare del beneficio semplice di S. Giovanni la fontana il campanese Vito Antonio Lupinacci, 118 ancora diacono, succeduto ad Antonio De Marchis, morto da oltre un anno. La rendita si era ancora ristretta a 8 ducati. 119 Da questo momento in poi non risultano altre notizie sul monastero.

NOTE 1

Cfr. E. PONTIERI, Tra i Normanni dell'Italia Meridionale, Napoli 1964, 2 edizione, p. 190. Il rito greco verrà soppresso dall'arcivescovo Matteo Saraceno intorno al 1461-1462: cfr. L. RENZO, Archidiocesi di Rossano-Cariati. Lineamenti di Storia, Rossano 1990, pp. 73-77. 3 Il Bios di S. Nilo documenta ripetutamente queste presenze di laure eremitiche. Fiore riferisce che nel sec. X erano fiorenti a Rossano ben 6 monasteri fondati o riformati della stesso S. Nilo: cfr. Della Calabria Illustrata, II, pp. 367-68. 4 Il nome è mutuato dal torrente Militino, oggi Nitti, nelle cui adiacenze sorge il monastero. 5 Cfr. F. FIORE, Della Calabria..., II, p. 370, n. 93. Ci pare strano come P. Fiore, mentre qui dice chiaramente che S. Cirillo è abate di S. Angelo Militino presso Campana, alla p. 47 scrive che "era egli abate del Monasterio presso il Torrente Meliteno, oggidì Melitello, o Melito nel frammezzo tra Gimigliano e Taverna". Alla luce di quanto detto alla p. 370 e soprattutto alla luce di altra documentazione non dovrebbero esserci dubbi sulla sua ubicazione in territorio di Campana. Cfr. anche LAURO, Magni divinique prophetae B. Abatis Ioannis Ioachim, Napoli 1660, richiamato da G. IPPOLITO, L'abate Gioacchino da Fiore, Cosenza 1928, pp. 56-57. 6 Cfr. P. RODOTA', Origine del Rito Greco in Calabria, Roma 1760, II, pp. 104-106. 7 "In territorio Rhegiensi S. Cyrilli Abatis ex Ordine S. Basilii": cfr. G. FIORE, Della Calabria..., II, "Calendario dei Santi Calabresi", in Appendice. 8 Cfr. BOLLANDISTI, Acta Sanctorum, Parisii et Romae 1865, 814. 9 Cfr. BOLLANDISTI, Acta..., 812. 10 Cfr. BOLLANDISTI, Acta..., 812. Altri particolari sono dati da D. MARTIRE, La Calabria Sacra e Profana, Cosenza 1877, I, pp. 196-218; ancora AA. VV., Biblioteca Sanctorum, 1962, II, col. 894, voce S. Bartolomeo da Simeri, a cura di G. Giovanelli; anche L. RENZO, Il Patire di Rossano modello tipo di Monastero Normanno, Rossano 1995, pp. 10-14. 11 Una ventina di anni addietro erano ancora in sufficiente rilievo la pianta, l'abside e due tratti significativi di muratura. Di questo ormai si è persa traccia. 12 Cfr. F. RUSSO, Regesto Vaticano, I, n. 936. Non pare documentata la notizia che S. Angelo Militino sia passato all'ordine florense già nel 1196 come sostiene O. DITO, Preponderanze straniere e correnti mistico-religiose in Calabria nell'alto Medioevo, Milano 1959, pp. 180-81. G. MARCHESE, La Badia della Sambucina, Lecce 1932, pone il passaggio al 1245, forse rifacendosi al primo intervento di Gregorio IX, di cui, però, non resta traccia nei Regesti (pp. 185-86). 13 Cfr. F. RUSSO, Gioacchino da Fiore e le Fondazioni Florensi in Calabria, Napoli 1958, pp. 189-91; anche A. GRADILONE, Storia di Rossano, p. 204. 14 Cfr. F. RUSSO, Regesto Vaticano, I, n. 937. 15 Cfr. F. RUSSO, Regesto Vaticano, I, n. 1018; anche G. FIORE, Della Calabria..., II, p. 383, che si rifa a F. UGHELLI, Italia Sacra, IX, Roma 1662 (edizione a cura di G. Coletti, Venezia 1721), f. 643. 16 Cfr. F. RUSSO, Regesto Vaticano, II, n. 10708. Cicco, citato come Tito e Francesco, è promosso vescovo di Umbriatico nel 1442, restandovi fino al 1447: cfr. G. GIURANNA, Cronotassi dei vescovi di Umbriatico, in "Studi Meridionali", III (1970), fasc. III (gennaio-giugno), p. 76. 17 Cfr. F. RUSSO, Regesto Vaticano, II, n. 12898. 18 Cfr. F. RUSSO, Regesto Vaticano, II, n. 12899. 19 Cfr. F. RUSSO, Regesto Vaticano, II, n. 12913. Il monastero deve al de Tucci una rendita di 24 fiorini d'oro. 20 Cfr. F. RUSSO, Regesto Vaticano, II, n. 12920. 21 Cfr. F. RUSSO, Storia della Chiesa in Calabria, II, pp. 573-80; anche N. FERRANTE, Santi Italogreci in Calabria, Reggio Calabria 1981, pp. 81-87. 22 Cfr. F. RUSSO, Reg. Vat., III, Roma 1977, n. 13102 del 16 ottobre 1487. 23 Cfr. F. RUSSO, Reg. Vat., III, nn. 13402, 13416. 24 Cfr. F. RUSSO, Reg. Vat., III, n. 13501. 25 Cfr. F. RUSSO, Reg. Vat., III, n. 14688 del 28 agosto 1504. 26 Cfr. F. RUSSO, Reg. Vat., III, n. 15134. 2


27 Cfr. P. BATIFFOL, L'abbazia di Rossano contributo alla storia della Vaticana (Parigi 1892) nella traduzione italiana di G. Crocetti, Soveria Mannelli 1986, p. 85; anche A. GRADILONE, Storia di Rossano , p. 217. 28 Beneficio è detto di sicuro in un Regesto del 13 ottobre 1553 dove è ricordato che Agapito de Bellominibus, chierico della Camera Apostolica, è provvisto del beneficio perpetuo di S. Angelo Militino, in territorio di Campana: cfr. F. RUSSO, Reg. Vat., IV, Roma 1978, n. 20100. 29 Cfr. F. RUSSO, Reg. Vat., III, n. 17428. 30 Cfr. F. RUSSO, Reg. Vat., IV, n. 18033 del 14 gennaio 1539. 31 Cfr. F. RUSSO, Reg. Vat., IV, n. 18415 del 28 luglio 1541. 32 Cfr. F. RUSSO, Storia della Chiesa..., II, p. 591. 33 Cfr. Status monasterium Cisterciens Ordinis quae sunt in statu Ecclesiae et Regni Neapolis et Siciliae novissime Visitarum per fratres Nicolaum Boucherat Procuratorem Generalem dicti Ordinis et Dyonisium de Laceronis Vicarium, Conc. Trid. 2, f. 126v, presso Archivio Segreto Vaticano (da ora ASV), cita in F. RUSSO, Reg. Vat., IV, n. 22192. Dell'intera Relazione del Boucherat si è ampiamente interessata la Prof.ssa E. ZINZI nel suo studio Il monastero di S. Giovanni in Fiore e le unità ex-florensi di Calabria (1561-1650): notizie sullo stato delle fabbriche, in Atti del II Congresso Internazionale di Studi Gioacchimiti tenuto a S. Giovanni in Fiore-Luzzi-Celico (6-9 settembre 1984), I986, pp. 369-90. Inoltre D. MINUTO, G. PONTARI, S. M. VENOSO, Ricerche di architettura medioevale in Calabria , in "Klearchos", nn. 117-120 (1988), pp. 29-31. 34 Cfr. F. RUSSO, Reg. Vat., I, n. 6734. 35 Cfr. F. RUSSO, Reg. Vat., III, n. 15334 del 23 novembre 1510. 36 Cfr. F. RUSSO, Reg. Vat., III, n. 15349. 37 Cfr. F. RUSSO, Reg. Vat., III, n. 15440. 38 Cfr. F. RUSSO, Reg. Vat., III, n. 17654 del 25 aprile 1536. Il suo procuratore Pietro De Affatatis viene richiamato perchè tarda a pagare la tassa dovuta. 39 Cfr. F. RUSSO, Reg. Vat., IV, nn. 20098 e 20099 del 9 ottobre 1553. 40 Cfr. F. RUSSO, Reg. Vati, IV, nn. 20100. 20101. 20103-20105. 41 Cfr. F. RUSSO, Reg. Vat., V, Roma 1979, n. 23157. 42 Il Nunzio di Napoli così scrive il 20 maggio 1591 al Card. Segretario di Stato: "Hieri sera hebbi avviso che a li 17 del presete in Rossano sia vacata l'abbatia di S. Angelo Militino, di valore di 100 ducati per morte di Paolo Cito": cfr. F. RUSSO, Reg. Vat., V, n. 24236A. 43 Cfr. F. RUSSO, Reg. Vat., V, n. 24239. 44 Cfr. F. RUSSO, Reg. Vat., V, n. 24260. 45 "Die 8 mensis novembris 1610 peracta Visitatione in terra Campane proficiens Petrapaulam in itinere visitavit ecclesia Sancti Angeli Militini cuique est Abbas Joannes Antonius Gratianus": cfr. ADR, Acta imperfecta Sanctae Visitationis Totius Dioecesis. 1610, fogli senza numerazione. 46 Cfr. Relazione ad limina dell'arcivescovo Pietro A. Spinelli. 47 Cfr. F. RUSSO, Reg. Vat., VI, Roma 1982, n. 30988. 48 Cfr. F. RUSSO, Reg. Vat., VI, n. 31509. 49 Cfr. F. RUSSO, Reg. Vat., VI, n. 31538. 50 Arcivescovo di Rossano è Giacomo Carafa. 51 Cfr. F. RUSSO, Reg. Vat., VIII, Roma 1984, n. 39108. 52 Cfr. F. RUSSO, Reg. Vat., VIII, nn. 39153. 39154. 53 Cfr. A. GRADILONE, Storia di Rossano, p. 490; L. DE ROSIS, Cenno storico della Città di Rossano, Napoli 1838 (ristampa anastatica a cura della Frama Sud di Chiaravalle Centrale, 1978), p. 335. 54 Cfr. F. RUSSO, Reg. Vat., IX, Roma 1987, n. 46549. Nel 1698 il Crisafullo, o Grisafulli, conserva ancora il beneficio dell'Annunziata di Campana e presumibilmente anche la commenda del Militino. Cfr. ADR, Acta Visitationis Generalis Metropolis, ac Dioecesis Rossanen celebratae ab Ill.mo et Rev.mo D.no Andrea Adeodato Archiepiscopo Rossanensi anno 1698, f. 91. 55 Cfr. A. GRADILONE, Storia di Rossano, p. 490. 56 Cfr. F. RUSSO, Reg. Vat., I, nn. 5252. 6734; II, n. 9970; anche D. VENDOLA, Rationes Decimarum...,n. 2543. 57 Cfr. F. RUSSO, Reg. Vat., II, nn. 9969. 9971. 9964. 58 Cfr. A. GRADILONE, Storia di Rossano, p. 294. Vi è notato tra l'altro che mentre l'abate del Militino paga 2 tarì, la Terra di Campana di tarì ne paga 11. 59 Cfr. F. RUSSO, Reg. Vat., II, n. 10708. 60 Cfr. F. RUSSO, Reg. Vat., II, nn. 12913. 12920. 61 Cfr. F. RUSSO, Reg. Vat., III, nn. 15349. 17665; V, nn. 23157. 24236A; VI, n. 31538. 62 Il monastero di S. Angelo sorge nelle adiacenze di una sorgente che impreziosiva indubbiamente il terreno e consentiva ogni tipo di coltivazione. Erano famosi gli "orti di Rigani", anticamente appartenuti al monastero, che prendono nome dal vicino vallone di Rigani. 63 Cfr. P. RODOTA', Origine del Rito Greco..., II, pp. 129-32. 64 Cfr. P. BATIFFOL, L'abbazia di Rossano..., pp. 85 e 177; A. GRADILONE, Storia di Rossano, p. 217; S. LUCA', Manoscritti Rossanesi conservati a Grottaferrata. Catalogo, Grottaferrata 1986, p. 25. 65 Cfr. P. BATIFFOL, L'Abbazia di Rossano..., p. 85. 66 Cfr. P. BATIFFOL, L'Abbazia..., p. 127.


67

A controprova il Batiffol cita anche il Cod. Barb. IV, 37, un tetraevangelo greco e latino copiato dal monaco Romano, abate del monastero di S. Benedetto in Val di Crati nel 1292 per conto dell'arcivescovo di Rossano Paolo Mezzabarba: cfr. P. BATIFFOL, L'Abbazia.., pp. 127-28. 68 Cfr. F. RUSSO, Reg. Vat., XI, Roma 1992, n. 57253. 69 Cfr. F. RUSSO, Reg. Vat., XII, Roma 1993, n. 63919. In tale anno la rendita è di 48 ducati. 70 Cfr. F. RUSSO, Reg. Vat., XII, n. 65156. 71 Cfr. V. PADULA, Persone in Calabria, a cura di C. Muscetta, Milano 1950, pp. 526-28; A. GRADILONE, Storia di Rossano, p. 816. 72 Il testo di un'antica mappa diceva: "Parti 'e Runza Vecchia, derittu a Petrapaula, truovi 'a gghiesa 'e Sant'Angiulu. Mmienz'a porta c'è na pignatella ccu 17000 marenghi": cfr. L. RENZO, Religiostà e cultura popolare nel Rossanese, Cosenza 1981, p. 133. 73 Il monastero di S. Stefano, in diocesi di Umbriatico, nel 1182 pare sia passato alle dipendenze del monastero di S. Adriano, fondato da S. Nilo di Rossano nei pressi dell'attuale S. Demetrio Corone: cfr. LUBIN, 426 e F. UGHELLI, Italia Sacra, IX, 526 citati da F. RUSSO, I monasteri greci della Calabria nel sec. XV, in "Bollettino Badia Greca di Grottaferrata", XVI (1962), pp. 131-32. 74 Cfr. F. UGHELLI, Italia Sacra, IX, 526, riportato in G. GIURANNA, Cronotassi dei vescovi di Umbriatico, p. 72; inoltre L. RENZO, Archidiocesi di Rossano-Cariati, p. 48. 75 "Actum, scriptum fuit pro hac re publicum documentum iussu Roperti Episcopi a Filotetto Monacho et Abbate Sanctae Marinae, anno mundi 6670 primae in dict. qui fuit Christi 1167": cfr. F. UGHELLI, op. cit., IX, 742. 76 Cfr. Reg. Ang., 27, f. 156; FILANGIERI, XIV, 254. Il vescovo Alfano, ignorato da Ughelli, partecipò al Concilio di Lione insieme a Gerolamo Castiglione, arcivescovo di Reggio, e ad Angelo, arcivescovo di Rossano. A lui Carlo d'Angiò riconfermò le decime sulla bagliva di Tigano, Alichia, Umbriatico e Melissa, oltre ai diritti sulle citate fiere: cfr. Reg. Ang., an. 1271 A, f. 112v. 77 Cfr. G. GIURANNA, Storia di Umbriatico, in "Studi Meridionali", IV (1971), fasc. I, p. 16. 78 Cfr. F. UGHELLI, op. cit., IX, 528. 79 Cfr. F. RUSSO, Storia della Chiesa in Calabria.., II, p. 523. 80 Cfr. F. RUSSO, Reg. Vat., I, n. 1270. 81 Cfr. G. FIORE, Della Calabria Illustrata, il quale scrive che il vescovo "l'anno 1306, ottiene da Re Carlo II, che quelli volessero riabitare li Casali di S. Marina, di S. Nicolò e di Maratea di sua giurisdizione fossero franchi da' pagamenti fiscali" (II, p. 343). 82 Cfr. G. GIURANNA, Storia di Umbriatico, p. 20; anche F. UGHELLI, op. cit. , IX, 527; O. DITO, La storia calabrese e la dimora degli Ebrei in Calabria dal sec. V alla seconda metà del sec. XVI, Bologna 1916, p. 144. 83 Cfr. F. RUSSO, Reg. Vat., I, n. 2448. 84 Il vescovo Sergio paga un'oncia e 15 tarì; il decano Nicola grana 10; l'arcidiacono Giovanni 4 tarì; il cantore Gualterio 2 tarì e 15 grana: cfr. F. RUSSO, Reg. Vat., I, nn. 5655-58. 85 Cfr. F. RUSSO, Reg. Vat., III, p. 311, nota 67. 86 All'ordine florense erano passati i monasteri di S. Andrea di Cariati (1228), di S. Angelo Militino (1256) e di S. Giovanni Calibita (1257): cfr. F. RUSSO, Reg. Vat., I, nn. 724. 748. 936-37. 942. 87 Cfr. F. RUSSO, Reg. Vat., III, n. 16060. 88 Cfr. F. RUSSO, Reg. Vat., III, n. 16061. 89 Cfr. F. RUSSO, Reg. Vat., III, n. 16064. 90 "Io. Baptistae Inglesii de Campana providetur de parochialibus ecclesiis S. Marinae de Cimaratis et S. Mariae Iacobi de Petrapaula, Umbriaticen et Rossanen dioc., per resignationem Antonii Inglesii de Campana": cfr. F. RUSSO, Reg. Vat., III, n. 16531. 91 Cfr. F. RUSSO, Reg. Vat., V, n. 24325. 92 Cfr. F. RUSSO, Reg. Vat., V, n. 24671. 93 "De ecclesia seu cappella, abbatia nuncupata, S. Marinae, terrae Campanae, Umbriaticen dioc., cuius fructus XX duc., vac. per obitum Octavii Maleno, de mense octobris def., providetur Paulo Martinello, clerico Rossanen": cfr. F. RUSSO, Reg. Vat., V, n. 26357. 94 Cfr. F. RUSSO, Reg. Vat., V, n. 26458. 95 La tomba è conservata nella chiesa di S. Bibiana in Roma. Vi è scritto: "Joannes Cropalatus - Crotoniata - civis Roman. Abbas S. Marinae Umbriaticen diocesis". La notizia è riportata da COZZA-LUZI, Notizie di Umbriatico, in "Lettere Calabresi", Napoli 1901, II, pp. 32-34. 96 Cfr. F. RUSSO, Reg. Vat., VI, n. 30801. 97 Cfr. F. RUSSO, Reg. Vat., VII, n. 35332. 98 "Mgro Iulio Crepalato (sic!), I. U. D., beneficiato in ecclesia S. Io. Baptistae, terrae Campanae, Rossanen dioc., Notario et Familiario suo, qui hodie resignavit Archidiaconatum ecclesiae Insulan qui est dignitas maior post pontificalem de quo providetur Ascanio Catalano, presbitero Catacen dioc., reservatur annua pensio 14 duc., ab ipso Ascanio solvenda": cfr. F. RUSSO, Reg. Vat., VI, 31523. 99 Cfr. F. RUSSO, Reg. Vat., VII, n. 39013. 100 Cfr. F. RUSSO, Reg. Vat., VIII, n. 40257. 101 Cfr. F. RUSSO, Reg. Vat., VIII, n. 41539. 102 Cfr. F. RUSSO, Reg. Vat., VIII, n. 41705. 103 Cfr. F. RUSSO, Reg. Vat., VIII, n. 42147. 104 Cfr. F. RUSSO, Reg. Vat., X, Roma 1990, n. 56474.


105

Cfr. F. RUSSO, Reg. Vat., XII, Roma 1993, n. 66691. Cfr. F. RUSSO, Reg. Vat., I, n. 220. 107 Cfr. F. RUSSO, Reg. Vat., I, n. 326. 108 Cfr. F. RUSSO, Reg. Vat., V, nn. 24633. 24648; anche L. RENZO, Archidiocesi di Rossano-Cariati, p. 48. 109 Cfr. F. RUSSO, Reg. Vat., V, n. 24659. Nel settembre 1593 Giovanni Antonio Graziano di Rossano avrà anche un canonicato nella Cattedrale di Cariati: cfr. F. RUSSO, Reg. Vat., V, n. 24688. 110 Cfr. F. RUSSO, Reg. Vat., VI, n. 30517. Giulio Cropalati figura anche titolare della rendita nel 1633. 111 Cfr. F. RUSSO, Reg. Vat., VII, nn. 35573. 38040. 112 Nel 1670 l'abbazia è reclamata sia da Alessandro Labonia, che da Francesco Cataneo, che ne rivendica un diritto ereditario: cfr. F. RUSSO, Reg. Vat., VIII, n. 42059. 113 Cfr. F. RUSSO, Reg. Vat., VIII, n. 42612; IX, n. 50715. La rendita risulta di 18 ducati. 114 Cfr. ASV, registro Nunzio Napoli, vol 147, f. 482, segnalato in F. RUSSO, Reg. Vat., X, n. 52276. 115 Cfr. ASV, Registro Lettere scritte dal Sig. Card. Paulucci a Mons. Nunzio di Napoli dall'Anno 1713 e 1715 nel volume Nunzio Napoli, 352, f. 66v, richiamato in F. RUSSO, Reg. Vat., X, n. 52278. 116 Cfr. ASV, Nunzio Napoli , 147, ff. 481-82; in F. RUSSO, Reg. Vat., X, n. 52276. 117 Il 30 dicembre 1713 ancora non aveva risposto al Segretario di Stato. Di ciò il Card. Paulucci si lamenta con una nuova missiva: "Inviai a V. S. sin sotto li 11 novembre un foglio colle ragioni del Sig. D. Gabriele de Marchis contro l'aggravio che riceve per il sequestro, a cui Mons. Arcivescovo di Rossano furono sottoposte le rendite d'un suo Beneficio, con richiederla di significarmi con sollecitudine quanto le occorreva sopra la materia, ma non havendo ricevuto per anche da V. S. sopra di ciò risposta alcuna, la ne dò questo nuovo motico, acciò che si contenti farmela pervenire quanto prima": cfr. ASV, Nunzio Napoli, 352, f. 95v; segnalato in F. RUSSO, Reg. Vat., X, n. 52308. 118 Vito Antonio Lupinacci, oltre che sacerdote, fu un discreto poeta. Due suoi sonetti figurano in un volumetto pubblicato a Napoli nel 1796 da Ambrogio Galdo: cfr. L. ALIQUO' LENZI - F. ALIQUO' TAVERRITI, Scrittori Calabresi, Reggio calabria 1955, p. 142. 119 Cfr. F. RUSSO, Reg. Vat., XII, n. 67033. 106


CAPITOLO QUARTO LA FAMIGLIA DEGLI SPINELLI

Col Cinquecento inizia per Campana una nuova storia feudale caratterizzata da maggiore stabilità ed organicità. A partire dal 1505, infatti, restando nell'alveo dello Stato di Cariati, il feudo è concesso alla famiglia Spinelli, che, succeduta a Goffredo Borgia d'Aragona, lo manterrà fino al 1678, anno in cui il principe Carlo Antonio lo venderà al barone Alessandro Labonia di Rossano insieme a Bocchigliero. Gli Spinelli sono un'illustre famiglia del patriziato napoletano del Seggio nobile di Nido. Feudataria dall'epoca normanna e decorata dei più illustri ordini cavallereschi (Toson d'oro, Ordine di S. Gennaro, Gran Croce di S. Ferdinando, Grandato di Spagna, ecc.), nel 1505, nella persona di Giovanni Battista ottenne dal Re Ferdinando, il Cattolico, il Contado di Cariati per la sua fedeltà e servitù alla Corona. Così si legge nell'atto di concessione: "Nell'anno 1505 il Ser. Re Cattolico concedè a Giovambattista Spinello e ai suoi eredi et successori ex corpore et servitù il Contado di Cariati consistente nella Terra di Cariati, Terra vetere, Scala, Campana, Umbriatico, Bucchigliero, Cerenza, Caccuro, Verzino et Rocca de Neto con sue fortilezza, casali, feudi, subfeudi, dohane, fundaci, gabelle, bagliva, banco di giustizia; ecc.. Nello stesso anno concedè la cognitione delle cause civili criminali e miste". 1

In precedenza, nel 1496, lo Spinelli aveva ottenuto da Ferdinando II i feudi di Paola e Fuscaldo, cui si aggiungerà nel 1519 il ducato di Castrovillari, ceduto per soldi da Carlo V, 2 che concesse allo Spinelli di arricchire lo stemma di famiglia con l'aquila imperiale. Figlio di Troiano, signore di Summonte, Giovambattista sposò Livia Caracciolo, da cui ebbe Ferdinando (o Ferrante), che gli successe nel 1522 dopo la sua morte, avvenuta in circostanze misteriose. 3 Ferdinando, valoroso condottiero, nel 1525 divenne Grande Protonotario del Regno. Capitano Generale delle Calabrie e Basilicata, combattè con l'aiuto di oltre 11 mila spagnoli contro le truppe francesi di Lautrec, che restarono sgominate dalla sua cavalleria. 4 Da alcuni atti del notaio cosentino Angelo Desiderio risulta che Ferdinando, forse per necessità di soldi, il 2 luglio 1534 cedette la Terra, o Castello di Campana al cognato Don Diego de Sandoval, "regio Castellano del regio Castello della Città di Cosenza e Utile Signore della Terra di Bollita", per 5000 ducati in contanti con la clausola, però, che detta Terra doveva essere rivenduta "per lo stesso prezzo, a detto D. Ferdinando Spinelli o suoi eredi e successori, ad ogni loro richiesta". 5 Non sappiamo quando Campana tornò agli Spinelli; forse nel 1540, anno a partire dal quale non si sa più nulla del Sandoval. 6 Di certo alla morte di Ferdinando (1548) il feudo è di nuovo in mano agli Spinelli. 7 A Ferdinando succede il figlio Giovambattista II, che sposò Isabella di Toledo, figlia del Vicerè Pietro di Toledo. Morì nel luglio 1551, per cui il feudo venne ereditato dall'unica figlia Francesca, che lo portò in dote al marito Scipione I del ramo di Seminara. Nel settembre 1551 la vedova Isabella di Toledo, tutrice della figlia Francesca, volle preparare paese per paese l'inventario dei beni posseduti dalla famiglia. A Campana l'atto venne redatto nel palazzo comitale a cura del notaio cosentino Angelo Desiderio. Da esso si ricava che gli Spinelli anche a Campana possedevano un loro palazzo, ubicato probabilmente nella zona bassa del rione Terra, oggi distrutto. Scipione Spinelli, a parte l'aver ottenuto nel 1565 il titolo di principe di Cariati, che divenne appannaggio ereditario della famiglia, non ebbe particolari meriti, malgrado il suo governo fosse durato fino al 1603, anno della sua morte. Anzi, a causa di una amministrazione poco illuminata, che procurò un vero dissesto economico alla famiglia, dovette mettere in vendita parecchie terre; rischiando perfino di dover cedere la stessa Cariati se non fosse intervenuto l'anziano padre Carlo, duca di Seminara, ad opporsi alla vendita. Anche le rendite feudali di Campana, con quelle di Umbriatico, finirono nelle mani del principe Sanseverino di Bisignano, che le cedette al nobile napoletano Nicola de Somma. Questi nel 1556 le rivendette a Francesca Spinelli per duc. 2400. Non essendo stata, però, corrisposta detta somma, seguì tra le due parti una vertenza giudiziaria, che si concluse certamente con una pacificazione, visto che Campana ritornò ad essere degli Spinelli. Sul finire del secolo, nel 1591, gli Spinelli di Cariati vantavano svariati palazzi a Campana, Bocchigliero, Cariati, Terravecchia, ecc.. 8 A Campana in particolare godevano il diritto di "bugliaria", consistente nel diritto di esigere una quota per ogni capo di bestiame bollato a fuoco. A Scipione I, morto l'8 agosto 1603, successe il figlio Carlo I, che morì a soli 35 anni il 17 gennaio 1614. Il feudo passò a Scipione II, il figlio avuto dalla moglie Giovanna de Capoa, dei Conti d'Altavilla. Questi sposò la tredicenne Margherita Carafa, che morì nel 1632 a seguito di un aborto. 9 In seconde nozze sposò successivamente Carlotta Savelli dei duchi di Albano e vedova anch'essa di Pietro Aldobrandini, duca di Carpineto dalla quale ebbe ben 10 figli (6 maschi e 4 femmine). 10


Il primogenito, Carlo, nel 1656 rinunziò alla primogenitura, per cui il feudo venne ereditato da Filippo Antonio, che per riguardo del fratello, al suo aggiunse anche il nome Carlo. Carlo Filippo Antonio (noto solo come Carlo Antonio) alla morte del padre Scipione II (1659) divenne principe dello Stato di Cariati. Sotto il principe Scipione II, Governatore di Campana è Filippo Parise (o Parisio) di Cosenza. Il suo nominativo appare in due atti di Battesimo avvenuti tra il 1636-37. 11 Il principe Carlo Antonio nel 1673 fu ambasciatore straordinario presso la S. Sede per la presentazione della Chinea, il dono dovuto dal Re di Napoli al Papa fin dal sec. XII. Sposò Artemisia Borgia dei duche di Gandia, da cui non ebbe figli. Il feudo passò al nipote Scipione III, ma ormai, a parte il titolo di principe, rimaneva ben poco del primitivo patrimonio. Per debiti soprattutto di gioco dovette disfarsi poco per volta di tutto lo Stato a cominciare da Verzino e Savelli, venduti nel 1668 a Leonardo Cortese; Scala ceduto nel 1678 a Maurizio Cascinelli; Umbriatico e Pallagorio nel 1682 ai Rovegna, a cui aveva già dovuto cedere per 9 anni Cariati e Terravecchia. 12 Anche Campana e Bocchigliero subirono la stessa sorte. Nel 1678 vennero cedute al barone Alessandro Labonia di Rossano per 43.000 ducati. 13 Mons. Marino, legato da amicizia agli Spinelli, deplorò l'operazione sfogandosi con la madre del principe, Carlotta Savelli, alla quale fece pervenire una lettera, in cui tra l'altro scrive: "E' inesplicabile l'afflizione con cui ne ricevo il successo (la notizia della vendita di Campana). La risoluzione senza dubbio non fu ben consigliata; nè so persuadermi tanta ragione che la scusasse. Perlocchè io teneramente piango le calamità lacrimose della mia Patria tra tutti altri luoghi alienata...". 14

Con Carlo Spinelli finisce il rapporto della famiglia con il feudo di Campana, ceduto ai Labonia. Questi non ebbero vita facile. Alcuni loro beni vennero usurpati da ignoti, tanto che nel 1682 i vescovi di Rossano, Cosenza e Cariati vengono incaricati di far restituire ad Alessandro Labonia i censi, beni mobili, scritture e libri sottratti. 15 Forse saranno stati questi ed altri problemi a convincere il Labonia a disfarsi del feudo. Il 12 novembre 1694, infatti, il barone Alessandro Labonia vendeva le due terre di Campana e Bocchigliero a Bartolo Sambiase per 50639 ducati, avviando così un nuovo capitolo nella storia feudale di Campana. 16 1.

Sviluppo demografico ed urbanistico

Da una nota indirtta ricavata dai Cedolari dei Registri Angioini la popolazione di Campana nel 1276-77 veniva calcolata in 2423 abitanti. 17 Non abbiamo altri dati prima del sec. XVI, ed anche qui si tratta di calcoli indiretti dal numero dei fuochi (nuclei familiari) tassati dal governo napoletano. Possiamo farci un'idea della popolazione calcolando il fuoco pari a 6-7 persone. Il seguente prospetto offre il quadro complessivo dello sviluppo demigrafico del paese, confrontabile con la situazione dei paesi viciniori. Chiaramente i dati si riferiscono al numero dei fuochi tassati. 1532

1545

1561

1595

1648

1669

fine1600

CAMPANA

198

262

274

324

300

191

200

BOCCHIGLIERO

124

207

166

287

317

243

250

CARIATI

138

129

109

114

194

200

CALOPEZZATI

94

CROSIA

169

CROPALATI

136

PIETRAPAOLA

150

SCALACOELI

175

74 231 289 212

88

297

209

190

92

218

210

100

75

215

258

193

112

Per Campana si nota come al forte incremento demografico del sec. XVI seguì un altrettanto forte calo nel secolo successivo, quest'ultimo dovuto senz'altro alle ricorrenti traversie, che non solo danneggiarono il territorio, ma provocarono anche il naturale spopolamento. Nella prima metà del Seicento ben tre furono i terremoti (1638, 1648 e 1659), che lasciarono il segno negli abitanti. Non si contano, invece, le epidemie di varia natura. Tra il 1636-38 la Calabria è interessata da una malattia, di cui non si capì la natura e che fece svariate vittime. E' nota la peste scoppiata a Napoli nel 1656 e che colpì tutto il Sud. 18 Nella sola Cosenza per la peste perì un quinto della popolazione. 19 Anche Campana dovette pagare la sua quota di vittime se gli abitanti tra il 1648 ed il 1669 passarono da 300 fuochi (2100 abitanti ca.) a 191 (1337 abitanti ca.). Pur non escludendo altre cause, non si può ignorare comunque l'epidemia subita.


Alla peste del 1656, del resto, si richiama anche Francesco Marino in alcune sue poesie, in una delle quali si rallegra di essere scampato dal pericolo, di ritorno "da luogo sospetto di contagione". 20 Non bisogna poi escludere le periodiche malattie endemiche provocate da alimentazione insufficiente e contagi vari. E' sintomatico, a riguardo, il quadro che si ricava dal Registro dei Battesimi dal 1629 al 1721, conservato nell'Archivio Parrocchiale. Nel 1630 su 48 nati, ben 19 morirono prima dei due anni e l'anno successivo su 73 nati ne morirono addirittura 37. E la mortalità infantile così forte non diminuì negli anni immediatamente successivi. 21 Al flusso demografico, comunque in continua crescita, non poteva non accompagnarsi uno sviluppo urbanistico, che portò le dimore abitative anche fuori della cinta muraria oltre la Porta del Ponte. Si ha notizia che proprio in quegli anni sorse nei pressi del paese il villaggio detto "la Croce". 22 Come pure, tra il XVI-XVII secolo cominciano a prendere consistenza i rioni Casalicchio e Castello, più consoni e comodi per i campagnoli che si ritiravano a casa dopo il tramonto e quindi rischiavano di trovare la Porta del Ponte chiusa. 23 Il crescere degli abitanti e le nuove esigenze lavorative avviarono quello sviluppo urbanistico, che oggi costituisce anche con i rioni più recenti di S. Antonio, Argutulo, S. Leonardo, Picariello e tutti gli altri la realtà nuova e moderna di Campana. In questo contesto, ai primi del Seicento, sorse la chiesa di S. Maria di Costantinopoli, ad uso ed iniziativa dell'omonima Confraternita ed appena più sopra il nuovo convento dei domenicani, che, sempre ai primi del secolo, lasciarono il primo convento di S. Maria delle Grazie per essere più vicini al centro abitato. 24 Esisteva già da qualche tempo, invece, la chiesa dell'Annunziata, "extra moenia", che nel 1610 è ufficiata da D. Giovanni Antonio Inglese. 25 2.

Attività lavorative

Nel descrivere il territorio di Campana, Barrio nel 1571 riferisce che vi "si producono vini, oli e miele famosi. Vi si trova la pietra levigante (usata per affilare i metalli), la rùbrica (terra rossa detta anche sinopia) usata dagli artigiani, il chalcantho (detto anche vitriolo), la pietra molare, vi si raccoglie la manna. Vi proviene il reupontico (?), il cardo mastice di valle (simile al bitume). Vi si fa la pece, vi nascono alberi di teda. Vi si trovano alberi di ghiande, castagneti utili per nutrire i maiali. Vi sono campi ricchi di erbe e di pascoli". 26

Si tratta, pertanto, di un paese a prevalente economia agricola e pastorale, per cui ci sembra poco comprensibile la notizia che nel 1452 il Re Alfonso d'Aragona abbia impartito la Viceré di Calabria l'ordine di consentire al genovese Francesco Lomelio, residente a Campana, di trasmerirsi con la famiglia a Longobucco, essendo al servizio del Re per l'esercizio delle miniere di ferro, di argento e di altri metalli ("minerarum ferri, argenti et aliorum metallorum inveniturum in provincia Calabriae"). 27 A meno che vogliamo pensare che fosse interessato a metalli meno pregiati riscontrabili anche nel territorio di Campana. Nei secoli XVI-XVII è fiorente a Campana un discreto commercio non solo di granaglie, olio e vino, ma anche alcuni prodotti peculiari ed in modo particolare la manna, sostanza dolciastra che a Napoli veniva venduta fino a 7 scudi l'oncia. Oreste Dito calcola che a Campana e Longobucco si arrivava a produrne migliaia di cantara. 28 Misefari parla di 30 mila libbre prodotte ogni anno a Campana e Bocchigliero. 29 La manna si produceva facendo coagulare il succo vischioso ottenuto praticando delle incisioni nella corteccia dei frassini, degli orni e di altri alberi, di cui Campana era ricca. 30 Soprattutto dai frassini e dagli orni si ricavava la specie più pregiata, di colore bianchissimo. L'incisione si ripeteva ogni due giorni dalla metà di giugno alla fine di luglio. La manna gocciolava lungo il tronco sotto forma di liquido incolore e trasparente, che s'induriva a poco a poco. La qualità migliore, detta "manna in lacrime", era quella purissima che si coagulava sul tronco o sui rami. L'industria della manna prosperò tanto da convincere il fisco ad intervenire con una pesante gabella (duc. 2550), provocando a lungo andare la fine di quella coltura che per alcuni secoli aveva assicurato lavoro e una fonte di sostentamento a molti contadini. 31 Accanto alla manna si colloca anche la produzione della pece, una delle attività più redditizie dell'economia calabrese e silana in specie. A dire di Padula ogni anno si arrivava a raccoglierne fino a 10 mila cantara ( 9 mila tonnellate ca.) con un prezzo pari a 30-35 carlini a cantaro. Il suo commercio, stante il forte volume di affari, era regolamentato con una Regia Generale Capitolazione, che subordinava l'eventuale esportazione "extra regnum" al pagamento di una sopratassa e al "placet" del Preside della Provincia. Nelle trattative di vendita spesso succedevano anche degli equivoci, per cui occorreva sanare le vertenze con compromessi tra le parti. Una di queste disavventure toccò al principe di Campana Bartolo Sambiase, uno dei più grossi produttori del regno di Napoli. Per tramite del fratello Nicola, il 2 settembre 1701 aveva stipulato con Giovanni Pisanti di Genova e Stefano Donnetta di Porto Maurizio un contratto di vendita di 500 cantara di pece nera navale al prezzo di 35 carlini e un quarto al cantaro per un totale di 1762 ducati e grana 50. Al momento della spedizione, che doveva avvenire per nave da Cariati, il Preside della Provincia di Cosenza rifiutò il nulla osta in quanto gli era pervenuto un ricorso di tale Giarrello, che aveva avanzato diritto di prelazione sulle peci in forza della "Regia Capitolazione". Il sambiase fu


costretto a rescindere il contratto con i genovesi con una notevole perdita di guadagno, in quanto dovette cedere il carico all'esiguo prezzo di 24 carlini al cantaro, invece dei 35, come prescriveva il regolamento interno. 32 L'estrazione della pece aveva una procedura minuziosa. Si ricavava prevalentemente dai pini, ma venivano sfruttate anche altre piante resinose (ciliegi, prumi, ecc.), di cui il territorio silano e campanese era ricco. Il trattamento iniziava a febbraio col taglio dei rami bassi al fine di facilitare lo scolo verso il basso del succo resinoso verso la fossetta che veniva scavata ai piedi della pianta. In marzo si faceva il primo intacco sul lato del tronco verso mezzogiorno togliendo la corteccia a partire dalla fossetta. Ogni settimana la tacca venova rinfrascata allungandola verso l'alto. In primavera, con lo scaldarsi della temperatura, la resina cominciava a scolare in succo biancastro (la "pece cruda") fino a tutto settembre. Da ora fino a novembre, al contatto con l'aria, il succo diventava più consistente e si attaccava lungo la scanalatura. Veniva quindi raschiata e raccolta. Il fiore di questa pece, che si prendeva dal centro della fossetta, aveva un valore 3 volte maggiore rispetto alla resina comune e si usava per le candele. Col resto della resina, con trattamenti diversi, si ottenevano i vari tipi di pece più o meno raffinati. 33 Malgrado la produzione della pece offrisse anch'essa buone prospettive di lavoro e di guadagno, soprattutto se si pensa che per i tempi di impegno che richiedeva era perfettamente combinabile con altre attività agricole, tuttavia come per la manna le tasse e le restrizioni di legge portarono alla sua scomparsa. Oltre a queste colture commercializzate, anche perchè sotto il controllo del feudatario locale, erano praticate colture private più comuni, che andavano dall'ortofrutta, ai vigneti e castagneti. La già più volte citata Visita Pastorale dell'arcivescovo Lucio Sanseverino nel 1610, molto dettagliata nei particolari, ci offre spunti notevoli anche per identificare le località dove erano incentivate alcune di queste coltivazioni. L'ortocoltura era per lo più sviluppata nei terreni liberi attigui al paese, soprattutto a ridosso dei rioni Manco e Destro, a un di presso dove era reperibile l'acqua ed in genere lungo i corsi d'acqua. A vigneto risultano coltivati un gran numero di terreni in località Acqua del Milo (terre di pertinenza della cappella S. Caterina, di Menico e Luca Truglio, di Giovanni Matteo Cropalati), Azzolino ( della Curia principale), Cariglita (Meranda Costantino, Giacomo Antonio de Ursico, Ferdinandina Dianira de Madaro, Ottavio l'Orefice, Laudonia moglie di Gaetano de Madaro), Cerasetto (chiesa SS. Trinità, Pietro Varatti, Donato Longobucco, Ovidio de Acri, Battista Perrotta, Giovanni Perrillo), Ciglio (Giovanni Andrea e Livia Cropalati), Fontana del Fico (Fabio de Acrio), Leone (Francesco Tramonte, Bernardino de Martino), Manganelle (Giulio Ionfrida, Fabrizio Madaro, Giovanni Antonio Grano, Tommaso e Giovanni Toscano, Orazio Benvenuto, Ferdinando Inglese, Marco Ioverno, Cesare Puglise, cappella di S. Biagio, Aurelio de Urso), Matascelle (Curie), Matta Pagliula (Aurelio de Urso, D. Filippo de Madaro, Angelo Tramonte), Pendine (Francesco Riccia, Giovanni Lorenzo Greco, Vincenzo Riccia, Marco Fellone), Petrapertusa (cappella S. Biagio, Giovanni B. de Ursico, Giovanni de Acrio, Giacomo...., Lelio de Madaro, Lupo Maiorano, Lupo Ficoli, Giovanni Alimena, dottor Filippo de Madaro, Crescenzo e Nardo de Aprigliano, Giuliano Greco, D. Orlando Puglise, Vittoria Tascione e sorelle, notaio Giovanni Luigi Perrogini, Salvatore de Acri, Giovanni Antonio de Girardis, dottor Celio de Madaro, Giacomo Perzino, Michele Grano, Francesco de Madaro), Piano di S. Maria (Bella Milito, Bernardino de Martino, dottor Filippo de Madaro, Felice de Aprigliano, D. Giovanni Perrotta, Giacomo Pignataro), Serra de Jerardo (Ioverno). La molteplicità di vigne dice quanta doveva essere la produzione di vino a Campana, da avere la possibilità di esportarlo. Sintomatico è un contratto di vendita di una cospicua fornitura di vino fatta da D. Domenico Pignataro ai bottegai di Rossano Onofri Carrozza, Nilo di Corigliano, Vincenzo Tuscano, Stefano Calabrò, Diego de Jusso, Onofrio Guerrieri e Ferrante di Marco. L'atto, stipulato dal notaio Francesco Greco il 29 novembre 1669, prevedeva la fornitura annua di 100 salme di vino "di buon colore, odore e sapore" al prezzo di 40 mezzanelle la salma "giusta misura di Rossano". 34 La consegna ai menzionati Tavernari doveva avvenire a spese del Pignataro secondo un calendario mensile dettagliato e preciso. 35 Per quel che riguarda la coltivazione dell'ulivo, Padula riferisce che le olive "bobbe" di Campana erano famose e che il suo olio era il migliore della zona. 36 Sempre facendo capo alla Visita Pastorale di Mons. Sanseverino, rileviamo uliveti nelle località Azzolino (Curia del Principe, Domizio e Reale de Acrio, Fabrizio e Michele Bonvento), Colle dell'occhio (Domenico Fiorentino), Fresta (Induccia de Madaro), Gammicella, anche detta Gamucella, (cappella del Carmine, Marcello Pignataro, Marco Fellone, Supplizio Felloni, Scipione de Corno), Garpi (Giulia Fellone, Lupo Antonio de Madaro, Dianira Madaro, Marco e Geronimo Madaro), Pendine (Domenico Fiorentino, Felice e Sigismondo de Madaro, Pietro Fellone, Tommaso e Giovanni Caccuri, Martino Pugliese), Silvestro (Domenico Bonanno, Vincenzo Ionfrida), Turraca (cappella S. Caterina, cappella del Sacramento, Faustina de Madaro), Vallone della Granata (Matteo Pignataro, cappella S. Caterina, Vittorio Pugliese). Castagneti, invece, sono presenti ad Azzolino (chiesa SS. Trinità, Salvatore Cosentino), a Corvolino (Marcello Pignataro, Camillo Ioverno, cappella dello Spirito Santo), alla Pagliara (Ferdinando Inglese, Cesare Puglise), alla Ronza (chiesa dell'Annunziata, Giacomo Porco, Ciambuzzo de Martino), a Vescio (Ippolita Tuscano). ******* Concludiamo il capitolo con un episodio per certi versi significativo. Il 15 gennaio 1684 l'Università e gli abitanti di Campana , con la benedizione apostolica, ottenevano da Roma l'assoluzione da alcune censure, di cui però si ignorano la causa e la natura. Dell'esecuzione venne incaricato il vescovo


di Umbriatico Bartolomeo Oliverio in quanto la sede di Rossano era vacante per la morte dell'arcivescovo Geronimo Ursaia. 37 Un provvedimento analogo si avrà nuovamente l'11 novembre 1733 con la differenza che l'assoluzione dalla censura e la benedizione generale non toccò solo Campana, ma anche Bocchigliero, Calopezzati, Caloveto, Pietrapaola, Crosia e Mandatoriccio. 38

NOTE 1

Cfr. Cedolario n. 74 (anni 1639-1695), presso Archivio di Stato di Napoli. Citato in P. MAONE, Carlotta Savelli Principessa di Cariati, Mantova 1958, pp. 54-55. 2 La vendita venne perfezionata il 28 ottobre 1521. 3 Il Filangieri nel suo Scene di Vita in Castelnuovo, pubblicato nel 1957, scrive che "Il 15 luglio 1522, invitati da Ettore Pignatelli, conte di Monteleone e Vicerè di Sicilia, giungevano per via di mare il Conte di Cariati (G. B. Spinelli) e il Tesoriere del regno di Sicilia, passando direttamente dai briganti alle "segrete" del Castello (Castelnuovo)". A causa di questo inspiegabile arresto lo Spinelli morì una settimana dopo, il 22 luglio. Cfr. anche L. RENZO, Francesco Marino e Campana nel 1600, Cosenza 1977, pp. 19-20. 4 Cfr. P. MAONE, Carlotta Savelli, pp. 53-63. 5 Gli atti, conservati nel fondo Notai dell'Archivio di Stato di Cosenza (da ora ASC), sono complessivamete 5, di cui due datati 2 luglio 1534 (Reg. 28, 3, 179b e 182), due il 7 luglio (Reg. 28, 2, 188 e 189) e l'ultimo, quello che segue, il 20 luglio (Reg. 28, 3, 193): "L'Università della Terra di Campana e il magnifico Orlando Pollisio delegato dall'Ill. Don Ferdinando Spinelli Duca di Castrovillari e Conte di Cariati, dando il possesso di detta Terra di Campana al magnifico Francesco de Campo, spagnuolo, procuratore dell'Ecc. Sig. Don Diego de Sandoval, Regio castellano del regio Castello della Città di Cosenza et Utile Signore della Terra di Bollita, al quale la Terra di Campana era stata da detto Don Ferdinando Spinelli suo cognato, venduta". 6 Cfr. F. RUSCIANI, Il poeta Diego Sandoval De Castro , in "Archivio Storico di Calabria e Lucania" 1959, pp. 149-50. 7 I fratelli Liguori nel citato Cariati nella storia (p. 45) registrano la morte di Ferdinando nel 1536 a Cosenza, mentre dai Cedolari dell'ASC risulta che " a Ferrante in anno 1548 succedè G. Battista suo figlio, che lascerebbe intendere che l'anno di morte sia il 1548 e non il 1536: cfr. P. MAONE, Carlotta savelli, pp. 53ss.. 8 La notizia è tratta da una scheda del notaio Giulio Vaglica di Rossano (f. 470): cfr. A. GRADILONE, Storia di Rossano, p. 559. 9 Cfr. P. MAONE, Carlotta Savelli.., pp. 55ss.. Il 1' novembre 1631 avevano ottenuto l'indulto pontificio di tenere una cappella privata nei palazzi posseduti a Cariati, Cerenzia, Scala e Verzino: cfr. F. RUSSO, Regesto Vaticano, VI, n. 31025. 10 Cfr. P. MAONE, Carlotta Savelli, p. 26. Alla bontà di Carlotta Savelli si deve la consessione di un terreno in località Scalzaporri nel comune di Verzino ad un gruppo di esuli terremotati provenienti dai Casali di Cosenza per costituirvi un villaggio. In suo onore venne chiamato Savelli. 11 Cfr. Archivio Parrocchiale di Campana (da ora APC), Registro dei Battesimi dal 1629 al 1721, f. 46 e 48r; anche L. RENZO, Francesco Marino..., p. 21. 12 Cfr. R. e F. LIGUORI, Cariati nella storia, p. 72; anche P. MAONE, La contea di Cariati, citato, pp. 322-23; V. LONGO, Cariati. Cenni storici di una cittadina jonica, Corigliano Calabro 1980, pp. 21-22. 13 Nel "Repertorio Generale degli Assensi sulle Vendite e Refute relative a tutte le Province del Regno", t. III conservato nell'Archivio di Stato di Napoli. Museo. Frammenti di Quinternioni, n. 9 al f. 441 t. riguardante la Terra di Campana si dice: "In anno 1678 se presta il regio assenso alla vendita fatta per l'illustre Antonio Spinelli, Prencipe di Cariati, delle terre di Campana et Bucchiglieri della Provincia di Calabria Citra, in beneficio del magnifico Alessandro Labonia per prezzo di duc. 43 mila cioè dicta terra di Campana per prezzo di duc. 25 mila et la detta terra di Bucchiglieri per prezzo di duc. 18 mila, ut in Quint. 138, f. 31: cfr. J. MAZZOLENI, Contributo alla storia feudale della Calabria nel sec. XVII, Napoli 1963, p. 27. 14 Cfr. F. MARINO, Lettere Familiari, lettera "Alla Signora Principessa di Cariati Donna Carlotta Savelli - Napoli) 15 Cfr. F. RUSSO, Regesto Vaticano, IX, n. 44779, datato 1° febbraio 1682. 16 "In anno 1694, se presta il regio assenso alla vendita fatta dal Dr. Alessandro Labonia delle terre di Campana et Bucchiglieri, site nella Provincia di Calabria Citra, in beneficio di D. Bartolo Sambiase per il prezzo di duc. 50639, ut in Quint. 167, f. 131 a t.": cfr. J. MAZZOLENI, Contributo alla storia feudale..., p. 27. Dalla Nota "Nuovi acquisti fatti dal fu Principe D. Bartolo Sambiase, pesi e debiti lasciati", raccolta nel vol. VIII dei Registri Cause dell'ex archivio Messanelli, parte dei quali è conservato nell'archivio privato dell'Ins. Franco Ioele, al f. 66 si dice che le Terre di Campana e Bocchigliero sono state acquistate per duc. 64983 e grana 42, contrariamente a quanto affermato dal testo di Mazzoleni. 17 Il calcolo è ottenuto sulla base della tassazione vigente in quell'anno pari a 12 grana a persona. Nel 1276 Campana era tassata per 48 once, 13 tarì e 16 grana, equivalenti a 29076 grana, per cui dividendo la somma per 12 si ottiene la popolazione in 2423 abitanti: cfr. G. PARDI, I Registri angioini e la popolazione calabrese nel 1276, in "Archivio Storico delle province napoletane", XLVI, n. s., VII (1921), pp. 27-60, ripubblicato in Almanacco della Calabria. 1993-1994, Cultura Calabrese - Lamezia Terme 1995, pp. 181-205.


18 Cfr. L. FUMI, La peste di Napoli del 1656 secondo il carteggio inedito della Nunziatura Pontificia, in "Scritti e documenti di storia e di diritto", 16 (1895). 19 Cfr. E. MISEFARI, Storia Sociale della Calabria, Milano 1976, p. 110. 20 Cfr. F. MARINO, Poesie Sacre e Morali, Napoli 1694, lirica "Alla sua Patria. Nel ritorno da luogo sospetto di contagione", p. 44. 21 Cfr. L. RENZO, Francesco Marino..., pp. 16-19. 22 Cfr. G. BARRIO, De situ Calabriae, IV, cap. 24. 23 Cfr. V. PADULA, Calabria prima e dopo l'Unità (a cura di Attilio Marinari), Bari 1977, p. 260. 24 Il convento di S. Maria delle Grazie è del 1569: cfr. G. FIORE, Della calabria Illustrata.., II, p. 493. Ha poi ricevuto conferma il 5 aprile 1576: cfr. F. RUSSO, Regesto Vaticano, V, n. 22757. 25 Cfr. ADR, Acta imperfecta Sanctae Visitationis totius Dioecesis. 1610, dell'arcivescovo Lucio Sanseverino, fogli senza numerazione. 26 "Hic vina, olea et mella clara fiunt. Nascitur cos aquaria, et filex, et rubrica fabrilis, et chalcanthum, et lapis molaris, legitur manna. Provenit reuponticum, et cardus masticen fundeus. Fit pix, nascuntur tedae arboris. Sunt et glandiferae arbores, et castaneta ad porcos alendos opportuna. Est et ager hic herbidus pascuusque": cfr. G. BARRIO, De situ Calabriae, l. IV, cap. XXIV. Pressocchè negli stessi termini si esprime anche G. MARAFIOTI, Cronache et antichitate diCalabria, III, 18. 27 La notizia, riportata da P. Sposato che l'ha rilevata da un diploma della Biblioteca Apostolica Vaticana (Chigi I, VIII, 292), è fatta propria da A. GRADILONE, Storia di Rossano, p. 345. 28 Cfr. O. DITO, La storia calabrese, Cosenza 1967, p. 286. 29 Cfr. E. MISEFARI, Storia Sociale..., p. 70. 30 Nel suo territorio esiste ancora un fondo denominato Ornarito, luogo di coltivazione dell'orno (frassino selvatico che serviva anche a preparare essenze coloranti). 31 Cfr. O. DITO, La storia calabrese, pp. 308-309; F. LENORMANT, La Grande Grece, Parigi 1881-84, nella traduzione italiana di A. Lucifero (La Magna Grecia), Crotone 1931, I, p. 361. 32 L'atto, stipulato a Calopezzati il 19 ottobre 1701, si deve al notaio Francesco Greco di Bocchigliero: cfr. G. VALENTE, Fonti per la Storia del Rossanese negli atti del Notaio Francesco Greco di Bocchigliero. 1665-1706, Studio Zeta - Rossano 1990, pp. 162-64. 33 Cfr. L. RENZO, Sprazzi di Calabria. Società Storia e Cultura, Pellegrini Editore- Cosenza 1994, pp. 137-140. 34 A Rossano la salma di vino corrispondeva a 4 barili pari a 120 litri complessivi. 100 salme erano ben 1200 litri di vino. cfr. Raccolta provinciale degli usi della provincia di Cosenza, Cosenza 1975. 35 Cfr. G. VALENTE, Fonti per la Storia del Rossanese..., pp. 47-48. Nell'atto è prevista anche una penale qualora la consegna fosse stata ritardata o se i "potigari" facevano mancare nella loro bottega il vino di buona qualità. 36 Cfr. V. PADULA, Calabria prima e dopo l'Unità, I, p. 138. 37 Cfr. ASV, Secr. Brev. 1689, f. 358 (la supplica al f. 360), citato in F. RUSSO, Regesto Vaticano, IX, n. 45059. 38 Cfr. ASV, Secr. Brev. 2820, ff. 494 v-498; riportato in F. RUSSO, Regesto Vaticano, XI, n. 58025.


CAPITOLO QUINTO FRANCESCO MARINO VESCOVO ED ALTRI ILLUSTRI CAMPANESI NEL SECOLO XVII

Nel corso del nostro itinerario storico ci siamo spesso imbattuti nel vescovo Francesco Marino, certamente uno dei figli più illustri e rappresentativi di Campana, a cui sembra doveroso dedicare un capitolo specifico. 1 Nato nel 1624 2 da Giovanni Battista Marino e da Santa Lavonia, Francesco trascorse la fanciullezza a Campana. Nel 1634 lo troviamo tra i "chierici", che servono all'altare nella chiesa matrice. In quell'anno, durante la Visita Pastorale dell'arcivescovo Pietro A. Spinelli, viene interrogato insieme agli altri ragazzi sulle cose necessarie del servizio liturgico. 3 Ordinato sacerdote intorno al 1647 dall'arcivescovo Giacomo Carafa, esercitò il ministero a Campana mentre era arciprete D. Fabio de Madaro. Il suo primo atto da sacerdote, documentato nel Registro dei Battezzati della parrocchia è del 23 novembre 1647, giorno in cui amministrò il battesimo a Dorodea Russo. 4 Intorno al 1650, per una certa ostilità contro la sua persona, si allontanò da Campana iniziando il suo "duro esilio", come egli stesso ebbe a definirlo in alcuni suoi componimenti poetici. 5 Si portò prima a Napoli, dove visse a lungo e dove ebbe modo di frequentare circoli culturali e varie accademie letterarie, dedicandosi in particolare alla poesia. Da Napoli si trasferì poi a Roma, dove si diede agli studi teologici e giuridici addottorandosi "in utroque iure". Discusse la tesi dottorale davanti al papa Alessandro VII, al card. Barberino e ad un collegio di dotti composto tra gli altri da Eusebio degli Eusebi, Giovanni Battista e Giuseppe Ponzio. 6 Anche a Roma frequentò i circoli letterari entrando a far parte dell'Accademia degli Infecondi. Godette l'amicizia di nobili famiglie romane, tra cui i Panfili, gli Orsini, gli Altieri, che lo introdussero nella carriera ecclesiastica di alto rango. Nel 1671 volle partecipare al concorso per l'arcipretura di Campana, vacante per la morte dell'arciprete Fabio de Madaro. Superatolo a pieno merito, si vide, però, scavalcare nell'assegnazione da D. Salvatore Marino. Del fatto si lamenta il fratello Marco Antonio, quale suo procuratore, che, non contentandosi di aver scritto il 14 settembre 1671 all'arcivescovo Angelo del Noce, il successivo 16 settembre volle solennizzare la denuncia davanti al notaio Francesco Greco alla presenza dello stesso Arcivescovo. Nell'atto "fa presente l'abuso fatto nel preferire il Rev. D. Salvatore Marino quale Arciprete della Chiesa di campana, quando all'esame egli aveva superato quel Sacerdote". 7 Ritornato a Roma, iniziò per Mons. Marino la carriera di Vicario Generale nelle diocesi di Bisignano, Tricarico, Benevento e Cesena. In quest'ultima diocesi collaborò con il card. Vincenzo M. Orsini, che nel 1686 sarà trasferito arcivescovo di Benevento e quindi, nel 1724, sarà eletto papa col nome di Benedetto XIII. 8 All'età di 58 anni, il 25 maggio 1682, su proposta del card. Lorenzo Brancati, Francesco Marino venne promosso vescovo di Isola col mandato di dotare la Cattedrale di sufficiente suppellettile sacra, di restaurarla insieme all'episcopio e di istituire nel Capitolo la prebenda del canonico teologo. 9 Qualche giorno prima, il 28 aprile, si era tenuto il processo sulle sue qualità culturali e pastorali con testimonianze di Carlo Siciliano di Umbriatico e di Antonio de Cello di Nicastro. 10 Il suo episcopato, durato ben 34 anni dal 1682 al 1716, fu ricco di opere. Nel 1685 celebrò un Sinodo Diocesano, pubblicato poi a Bologna nel 1707. 11 Inoltre, mantenendo fede al mandato ricevuto al momento della nomina a vescovo, nel 1692 potè completare i radicali lavori di restauro e di ampliamento della Cattedrale, che arricchì di organo e di artistiche pitture del pittore Daniele Rossi di Macchia. 12 Della suppellettile di Mons. Marino si conserva ancora la poltrona-cattedra della cattedrale sul sui schienale è visibile lo stemma episcopale. 13 Nell'Archivio Segreto Vaticano si conservano ben 11 Relazioni ad limina , da cui si può ricavare un quadro storico ben articolato della diocesi di Isola, che sarà soppressa ed aggregata a Crotone nel 1818. 14 Morì alla veneranda età di 92 anni il 23 ottobre 1716. 15 1.

Il poeta

La permanenza a Napoli e soprattutto a Roma permise al Marino di entrare nei circoli colti e di frequentarvi le accademie letterarie. A Roma, per mano del poeta Giuseppe Coco ricevette il brevetto di ingresso nell'Accademia degli Infecondi, sorta nel 1632 ad opera di P. Tinelli. Nell'intento di reagire alle correnti letterarie libertine ed a quelle di morale troppo intransigente, l'Accademia volle ispirarsi alla letteratura bucolica di Teocrito, di sapore classico. Successivamente, dopo il suo ritorno in Calabria, Francesco Marino venne iscritto nell'Accademia degli Spensierati di Rossano, che annoverò tra i suoi adepti personalità di rilievo come l'arcivescovo G. B. Castagna (poi papa


Urbano VII), Vincenzo M. Orsini (poi papa Benedetto XIII), G. B. Vico, Pomponio Leto, Carlo Blasco, Ignazio di Lauro, l'abate Giacinto Gimma, che ne fu il riformatore. 16 Socio di queste Accademie, Marino vanta un'ampia produzione poetica con composizioni sia in lingua italiana, che latina.

a)

Opere in lingua latina

In latino scrisse: POESIS HIEROETHICA SIVE EPIGRAMMATUM SACRO-MORALIUM libri sex, opera pubblicata a Napoli nel 1682 ed in seconda edizione nel 1688. Si tratta di una raccolta di oltre 600 liriche in latino, divise in 6 libri, pubblicate con raggiro dal fratello Marco Antonio Marino, che ne curò l'Introduzione. E' dedicato al card. Benedetto Panfilo. Gli epigrammi sono per lo più di argomento sacro, morale, celebrativo. Non mancano riferimenti autobiografici, come in quello scritto in occasione della morte del padre Giovanni Battista, o in quella dedicata al fratello Marco Antonio in occasione di una sua malattia. 17 Anche a Campana dedica diverse composizioni. Ne riportiamo tre più significative, di cui diamo anche una nostra libera traduzione. CAMPANA (Perantiquum aeque ac florentissimum in Calabria Oppidum) Ore Calasernam Graio discere; sed inde Mutavit celebrem fama vetusta sonum. Campana vocitant, quod sit laetissima campis; Seu quod Campanis ubere certet agris. Vel quia campanae mores imitata sonantis, Tot valuit populos erudisse obiecta procellis Temporis haec duro verbere clara sonat. 18

(CAMPANA. Antichissima e fiorentissima cittadina di Calabria. La disse Calaserna la greca lingua; e il celebre di leggendaria fama mutò nome col tempo. Campana fu allora ed è tuttora per le sue piane fertili d'intorno o per similitudine alle campane terre pingui di messi ed ubertose. O perchè ignari richiamò gli abitanti rudi per le campagne sparsi della campana ripetendo il suono. Sita in collina aspra e procellosa chiara tinnisce al duro, imperioso sferzare del tempo.)

IN FONTEM AZZOLINUM CAMPANAE CELEBERRIMI IN CALABRIA OPPIDI Fons habet ambrosiae pretiu. Dum vitreus errat. Juppiter haud alias ipse sitiret aquas. Ergo quam Phrygius posset miscere minister, Haec Calaserna, tuos abluit unda pedes. Saepius hic Divas vidi gestire canoras; Lavit et hic roseas saepe Diana genas. Non tamen artifici centendit in aera lusu; Mentoreo quamvis digna labore fluat. Serpit humi, gratam qua flectit populus umbram: Forte suum fugit hac casta Arethusa procum. 19

(LA FONTE DI AZZOLINO a Campana celeberrima cittadina di Calabria. Divina ambrosia nella fonte antica che sola, Giove pellegrino, ricerca alla sua gola arsa e infuocata. Te, acqua sì degna, dei banchetti frigi allegratrice, te, Calaserna, lava e rinverdisce. Qui vidi ninfe allegre canterine, qui spesso Diana, dea cacciatrice, le rosee gote risciacquar cantando. Limpida, non contende la vittoria agli artistici bronzi levigati, senza per questo sfigurare l'arte di Mentore divino cesellante. Scivola chiacchierina sul pendio là dove il volgo alla calura estiva cerca ristoro e là dove Arethusa fuggitiva e bella sperde l'amante smanioso assai.)

DE FONTE ARGUTULO Prodigus argutis Argutulus emicat undis,


Cum sua in irriguas viscera fundit aquas. At leni properans per opaca, per abdita gressu, Murmurat, et querulans unda lacessit aves. His Nsrcissus aquis formosior esset; et ardens Hauriret, viso dulcius ore faces. Hic ultro Actaeon ramosa fronde periret, Miscet ubi vivas plurima Nympha nives. Cedite, Pimplaeis qui carpitis ocia rivis; Nectareum bibit hinc nostra Camoena melos. 20

(LA FONTE ARGUTOLO. Prodigo il divo Argutolo sparge le acque irrigue dalle viscere pregne. Neri meandri occultano il rivo frettoloso, il cui dolce mormorio garruli cardellini incanta nelle gote. Più bello Narciso si sarebbe ammirato nei gorghi divini e assetato la bocca con gli occhi avrebbe appagato. Qui Atteone per la ninfa graziosa che bella, le candide nevi discioglie, qui morte con le corna ramose avrebbe cercato felice. Qui accorrete, o voi gaudenti gli ozi delle rive pimplee, da qui la nostra Camena beve, ispirata, celesti melodie.)

b)

Opere in lingua italiana

In lingua italiana abbiamo un volume del 1694 diviso in due parti tra loro distinte. -

POESIE SACRE E MORALI del Signor Abbate Francesco Marini ora

Vescovo d'Isola. Parte

prima. Stampato a Napoli nel 1694 nella stamperia di Giacomo Raillard "con licenza dei Superiori". Si tratta di 207 componimenti su argomento prevalentemente sacro dedicati a personaggi illustri: imperatori, papi, cardinali, principi, letterati. Non mancano nei testi influenze secentiste ed un certo tono aulico. In complesso, però, si presentano con una finezza di stile, che redime le pecche del tempo. L'editore nella dedica di Prefazione al volume definisce le poesie "gemme in vero preziose". Questa prima parte è dedicata al Card. Paluzzi Altieri, nipote del papa lemente X, a cui Mons. Marino era legato da sentimenti di profonda amicizia. Durante il suo soggiorno romano era stato anche precettore dei nipoti del cardinale. Nella raccolta figurano diversi componimenti autobiografici, che consentono di seguire la vicenda umana del poeta e di entrare nel suo animo per sondare sentimenti, tensioni, paure e, quel che più ci tocca da vicino, il suo grande amore per il "loco natio", da cui ha dovuto forzatamente allontanarsi per un insieme di motivi non tutti e non sempre identificabili. Molto espressivo e sintomatico è il seguente sonetto dedicato a Campana, sua "patria infelice". ALLA SUA PATRIA Patria infelice, ahi, se per mio gran duolo, L'antico tuo splendor spento si vede, E son le glorie tue flebili prede Di tirannica man, sdegno è del Polo. Ma da qual parte egli spiccossi a volo Quel sassolin, che ti percosse il piede? Onde ne cadde, e già prostrato or siede De' tuoi gran pregi il gran Colosso al suolo? Colpo è del Ciel, che t'ammaestra; e queste Catastrofi son pie; poichè ti sono Di pietade, e d'amor segni, e proteste. Così erudita de' flagelli al suono, Cangiarti un dì saprà man, ch'è celeste, Le piaghe in fregio, e le ruine in trono.

Non meno significativi sono i due successivi, da lui composti dopo il 1650, quando è costretto a portarsi a Napoli, per poi approdare a Roma.

DESIDERA DI PORTARSI A NAPOLI PER CAGION DEGLI STUDI


Quando fia mai, che le beate arene Giunga io a baciar del mio Sebeto in riva? Quando fia, che tranquilli i dì men viva, Rapito al suon d'armoniose Avene? Non mai potrà su quelle piagge amene Penetrarmi nel cor doglia furtiva; Dove emulando la più dotta Diva, Dolci gare han tra lor Cigni, e Sirene. Qui de' miei strazj 'l fato ogn'or s'invoglia: E da Ciel sempre torbido, e cruccioso Mi diluvian' al cor nembi di doglia. Quando dunque avverrà, ch'a gli occhi ascoso Di nemica fortuna il piè discioglia, E fian cure erudite il mio riposo?

RISOLVE DI PORTARSI A ROMA E FINIR QUIVI LA VITA Già il desio l'ale impenna, e di Quirino Vola gli alti a mirar colli famosi; Colli di Palme, e di obelischi ombrosi, Col cor vi bacio, e col pensier v'inchino. Combattuto dagli Astri, e dal Destino Ho menati raminghi i dì penosi; Ma se lusinghe al cor fanno i riposi, Vò il piè stanco fermar su l'Auventino: Ove sorta è dell'or l'età primiera, Ove ricco a virtù s'innalza il soglio, Or qui chiuda i miei dì l'ultima sera. E qui strenuo fortuna incontrar voglio. Pur se fia, che di me trionfi altera, Trionfato mi porti in Campidoglio.

Il desiderio del paese, comunque, è forte, per cui non perde occasione per tornarvi, affidando alla poesia tutto il mondo di suggestioni che lo agitano.

ALLA SUA PATRIA NEL RITORNO DA LUOGO SOSPETTO DI CONTAGIONE Perchè mi fuggi? E per qual mia sciagura Naufrago riedo, e mi sommergo in porto? Non per l'onde del mar le fiamme io porto, Come 'l Troian su le paterne mura. Belve d'orribilissima figura Da i deserti African qua non trasporto: Nè d'Averno son io larva risorto, Sì che ogn'un mi bestemmia, e mi scongiura. Vissi già nel tuo sen gli anni innocenti, Cruda, or perchè con barbari costumi Sconosciuto m'aborri, e mi paventi? Ma che? Voglion così gli eterei Numi, Che con l'Itaco Eroe sol mi contenti Del patrio foco haver veduti i fumi.


Di questo ritorno a Campana di Marino si trova testimonianza nel Registro dei Battesimi della matrice, in cui tra il 1656-1661 figura ben 7 volte. Il seguente sonetto "Ripatria" (= Rimpatria) fu scritto proprio in uno di questi attesi ritorni.

RIPATRIA Errai, come 'l rigor trasse del Fato, Sotto Ciel'ora torbido, or sereno: Ma se 'l cor non rapì lampo terreno, Adorai di virtù trono ingemmato. Hor che del patrio Ciel l'aura m'è dato Di respirar, un dì potessi almeno Viver tranquillo a' miei penati in seno, Da strage orribilissima campato. E se d'amico sol luce gioconda Gli occhi qui pria m'aperse, in questo loco Vo' ch'eterno gli chiuda, e i dì m'asconda. Con mormorio così flebile, e roco Cerca i principj suoi lubrica l'onda: Brama la spera suo rapido il foco.

Anche in questo sonetto, come si vede, traspare la nostalgia del paese ed il poeta spera di potervi tornare almeno per chiudervi i suoi giorni mortali ("in questo loco vo' ch'eterno gli chiuda, e i dì m'asconda").

CANZONI PARAFRASTICHE OVERO SENTIMENTI DIVOTI SOPRA ALCUNI SALMI DI DAVIDE del Signor Abbate Francesco Marini ora Vescovo d'Isola. Parte seconda. Pubblicate dal fratello Marco Antonio, sempre a sua insaputa, vennero edite a Napoli dal solito Giacomo Raillard nel 1694 e dedicate al Card. Vincenzo M. Orsini, Arcivescovo di Benevento e futuro papa Benedetto XIII nel 1724. Sono complessivamente 52 composizioni molto più lunghe delle prime. Partendo da alcuni Salmi biblici, Marino si confronta e si sfoga con Dio in atteggiamento di preghiera, senza per questo perdere il contatto con la realtà, che, per quanto dura, è chiamato ad affrontare. Anche in queste Canzoni , allora, il dato autobiografico è sempre presente, come in questa diretta ai suoi Compaesani, in cui li esorta alla concordia, alla serenità ed alla vicendevole pace.

AI SUOI COMPATRIOTI Sia pur aspra la vita Questo esiglio sia duro, A gli affanni, a i dolor me stesso io furo. L'Alma a gioir' invita Generosa speranza, Ch'ove gli spiriti gloriosi han stanza, Un dì gioja infinita Farò pago il disio, E fia de' lumi eterno oggetto Iddio. Deh, quanto fia mai dato, Che su' lucenti, e vaghi Atrj del Ciel'i miei desiri appaghi? Poiche 'l volo ha tarpato L'Alma, nè sa leggiere Spiegar le penne, e sorvolar le spere: Non già mi vien negato Su que' beati giri Spedir, messi del core i miei sospiri. Hor voi spirti felici,


Poichè la sorte haveste Di trionfar nella Città Celeste, Voi con benigni uffici, Tra sì beati ardori, Impetrate respiro a miei languori. Fortunati gli auspici Di mia speranza audace, Se al cor fia mai, che spiri aura di pace. Amici, estro divino Per noi così ragiona, Mi scalda il petto, e a cantar mi sprona: Non è, non è destino Il comun precipizio; Non è la colpa, e n'è gran fabbro il vizio Il mal già già vicino Spaventa, è ver, ma sordi Non hebber gli Astri mai l'Alme concordi.

2.

Lo scrittore

Meno conosciuto e brillante che come Poeta, Marino scrittore ci offre una discreta produzione in prosa, per lo più lettere, anche se non manca qualche scritto di carattere filosofico e teologico.

a)

Scritti filosofici, teologici e giuridici

Di questi scritti non è pervenuto nulla. Se ne ha notizia in uno studio manoscritto del campanese Dott. Francesco Spina, 22 il quale riferisce che nella Biblioteca Nazionale di Napoli esistevano scritti vari di Questioni giuridiche di Francesco Marino, che figuravano tra i volumi delle Allegazioni diverse, donate alla Biblioteca dal Prof. Francesco Morano. Sempre dal manoscritto di Spina ricaviamo che Marino scrisse anche l'opuscolo filosofico-teologico sulla Trinità De Deo Trino et Uno.

b)

L'Epistolario

E' la parte più consistente degli scritti in prosa di Mons. Marino. Si tratta di 1319 lettere scritte nell'arco di una trentina d'anni alle più svariate categorie di persone (cardinali, vescovi, principi, religiosi, uomini di cultura, gente comune). Le lettere sono state raccolte in due volumi e pubblicate in tempi diversi col titolo di LETTERE FAMILIARI. Il primo volume venne pubblicato a Napoli nel 1698 con dedica a D. Carlo Sanseverino, principe di Bisignano. Complessivamente sono 634 lettere. Il secondo volume è pubblicato sempre a Napoli nel 1700 e dedicato a Bartolo Sambiase, principe di Campana. Le lettere sono in tutto 685. 23 L'approccio alle lettere, per il particolare genere letterario in qualche modo disimpegnato, consente di accostarci all'autore per coglierne più intimamente gli interessi, i sentimenti, le amicizie, il tipo di rapporti con la gente. Molte di queste lettere, inoltre, sono state scritte da Campana e su problemi locali, il che ci favorisce nella conoscenza di circostanze e di risvolti di quella vita paesana altrimenti non documentabile in atti ufficiali. Così veniamo a conoscere vicende, curiosità, aspetti di una storia tanto silenziosa, quanto ricca di risvolti umani, sociali e religiosi senza i quali andrebbero smarrite l'anima e le movenze profonde del tessuto connettivo di una società caratterizzata quasi esclusivamente dai ritmi della quotidianità e dalle tensioni e preoccupazioni dei disagi della sussistenza. Si alternano, pertanto, lettere che affrontano problemi di notevole rilevanza, a lettere di sapore più familiare dove, per esempio, il monsignore ringrazia tale Antonio Scarnati di Bocchigliero per un paniere di ciliege, 24 o si congratula con D. Lucio de Madera per la sua nomina ad arciprete di Campana nel 1684, 25 o ancora ringrazia il principe Sambiase "per il gentilissimo regalo delle provole". 26 L'Epistolario, allora, ci serve non solo per conoscere l'uomo Marino chiamato ad affrontare problemi inerenti il suo ufficio di vescovo, vertenze giudiziarie, questioni teologiche, ma anche per spaziare nell'intreccio di situazioni, di curiosità, che lo rendono piacevole e stimolante nella lettura.


Per averne un'idea più precisa citiamo alcuni esempi di lettere, che si richiamano più specificamente a Campana. All'Arcivescovo De Rossi. Rossano , che lo aveva incaricato di svolgere in sua vece la Visita Pastorale a Campana, scrive rammaricandosi "che sia stata l'opera sua infruttuosa intorno à gli interessi di queste Cappelle", in quanto il Sindaco si era rifiutato di dare quanto dovuto per i lavori alla chiesa matrice. 27 Alla Signora Principessa di Cariati (Carlotta Savelli). Napoli, scrive da Roma nel 1678 per lamentarsi perchè il figlio Carlo Spinelli ha alienato lo Stato di Cariati vendendo Campana e Bocchigliero ai Labonia di Rossano. 28 Al P. Fr. Giovanni di Castelfranco, de' Minori Riformati. Cosenza raccomanda il campanese Fr. Serafino per la carica di Difinitore. (p. 113) Al Fr. Giacinto di Pero, priore del convento domenicano. Campana chiede venia per non aver avuto la possibilità di dare il suo obolo per "perfezionare il nuovo Dormitorio di cotesto Convento", perchè in quel frangente versava "indebolito per necessarie spese" che aveva dovuto affrontare. (p. 120) Al Sig. Principe di Campana (Bartolo Sambiase). Calopezzati scrive per congratularsi perchè "havea riacquistata l'intera salute" e per raccomandargli di ridurre "le soverchie applicazioni a' negozi". (p. 131) Ancora Al Sig. Principe di Campana. Calopezzati scrive per ringraziarlo e restituire "la lettiga e del commodo di cui in questo breve viaggio ho goduto". (p. 220) A Mons. Oliverio, Vescovo d' Umbriatico. Umbriatico scrive in merito ad un episodio increscioso che aveva visto protagonisti alcuni pastori di Campana che avevano fatto pascolare gli animali nelle terre della mensa vescovile rifiutandosi poi di pagare l'erbaggio. Mons. Marino si interpone con i suoi uffici invitando il vescovo ad avere più miti consigli e ad agire "con maggior prudenza" perchè le cose si sarebbero chiarite e sistemate. (pp. 226-27). 29 Al Sig. D. Bartolomeo Sambiasi, Principe di Campana. Calopezzati scrive sollecitandolo a versare "a beneficio di questo Comune" quanto dovuto e lo invita "di ordinare a' Mannesi, che nell'incider degli Alberi sian discreti diradandoli, ove sian troppo fulti, non gà distruggendo alla peggio, e con ostilità quelle Selve, non havendo mai provato sin ora crudeltà, così grande. In tal caso egli farebbe irreparabile il danno". (p. 228) Al medesimo (Principe). Calopezzati chiede che sia liberato un giovane (N. N.) probabilmente di Campana, accusato ingiustamente e tenuto in carcere senza motivo. Continua poi che "buon consiglio sarebbe il cercarne notizie extra-giudiziali da persona degna di farla, e che non sappia ingannarla. Non si ha perciò da prestar fede facilmente a' calunniatori". (p. 228 A Mons. Carafa, Arcivescovo di Rossano. Rossano raccomanda D. Giuseppe Labonia di Campana, concorrente all'arcipretura di Pietrapaola. (p. 284) Al Sig. Marc'Antonio de Marini. Napoli , suo fratello, scrive per sconsigliarlo di ritornare a Campana dopo la laurea in Filosofia ("doctor phisicus"). A Napoli potrà avere la possibilità di una migliore sistemazione. Ed anche se "l'amor della Patria sia tiranno, ma dolce", è pur vero - e lui stesso ne ha fatto l'esperienza - che "alcun Profeta non fu mai nella sua Patria aggradito". (p. 342) Al medesimo fratello. Campana commenta da Isola la notizia dell'abbondante nevicata, forse quella del 1691, che a Campana aveva provocato notevoli danni. "Inorridisco molto più in sentire ... che i Tetti seppelliti per iscaricarsi non davan luogo: che soverchia la porta, che noi diciamo del Ponte s'andava all'insù per sopra di que' muri. Sicche non havendo potuto reggersi a tanto peso i Tetti, seguita ne fosse la rovina poco men che di cento Case". (p. 342) A Mons. Spinola, Arcivescovo di Rossano raccomanda Giuseppe Inglese di Campana perchè sia ammesso agli Ordini Minori e al Suddiaconato per poi diventare Sacerdote. (p. 363) Ed a questa carrellata di lettere fa corona quella più volte citata Al Signor Abbate Michele Giustiniani. Napoli, in cui Mons. Marino stende un lungo e particolareggiato profilo storico di Campana. (pp. 396-399) ******* Prima di chiudere il discorso su Mons. Marino riteniamo interessante ed utile riportare quanto è stato scritto sul nostro letterato. Barrio : "Di Campana fu Francesco Marino, famoso per cultura". 30 Fiore lo dice "scrittore disertissimo di molte opere, insigne nella poesia". 31 Amato parlando di Campana dice che fu "patria di Francesco Marino, vescovo d'Isola e facondissimo scrittore di molte opere, di cospicuo zelo nella disciplina ecclesiastica e sommamente insigne nella poesia soprattutto sacra". 32 Gradilone scrive: "Il Marino merita di essere ricordato come poeta di non comune valore"; e ancora, commentando il volume di poesie in italiano (Poesie Sacre e Morali), dice che "è importante perchè non vi si trova traccia, o ve se trova poca, del marinismo, che è un difetto della lirica italiana del Seicento". 33 Tutti, come si vede, riconoscono al Marino la genialità poetica e la versatilità della penna.

3.

Altri illustri campanesi


Se Mons. Marino rappresenta il personaggio più eminente, non mancarono nel Seicento altre figure di uomini e di donne degne di memoria. Ne segnaliamo alcune. SUOR IRENE DI MADARO. Nota come Sr. Irene di Gesù, nacque a Campana il 13 ottobre 1588 da Marco Antonio Di Madaro e da Irene Borromeo di Corigliano col nome di battesimo Giulia. Convinta dall'Arcivescovo Lucio Sanseverino, in Visita Pastorale a Campana, ad abbandonare la vita dissipata che conduceva e a consacrarsi a Dio, il 1° febbraio 1614 entrò nel monastero S. Maria Maddalena, da poco sorto a Rossano, 34 per dedicarsi alla vita di penitenza e di intensa pietà. Accusare di essere un'ossessa, dall'Inquisizione non solo venne scagionata, ma le fu riconosciuta la santità della vita. Alla sua morte, il 6 gennaio 1642, venne seppellita nel monastero. Si legge nella Cronica , opera rimasta inedita e oggi introvabile del Can. Lelio Martucci, che il il suo corpo a qualche tempo dalla morte era ancora intatto. Il testo: "Ma il Signore non volle tenerla lungo tempo nascosta (la tomba)... imperciocchè due religiose, essendo in quel medesimo anno passate a miglior vita in tempo diverso, fu con sommo stupore di esse monache ritrovata sempre intera ed incorrotta, di qual fatto avvisatone l'arcivescovo, allora Pietro Antonio Spinello volle accertarsi di una tal verità e mandate persone di fede al monistero, che furono le seguenti, cioè il dottor Giuseppe Marino, cerusico Salvatore Malvici, l'arcidiacono Britti e il canonico Goivanni Oliverio, confessore delle monache di quei tempi e anche il sacerdote Giuseppe Ammirato, fè desumere il corpo che si portò nel cortile, ove si osservò non solamente essere incorrotto, ma di più morbido, flessibile come una cera ed odoroso. Non contento Monsignore di averlo fatto osservare al di fuori volle che si aprisse, e, così aperto il cadavere, si ritrovarono intatte le viscere col polmone e fegato e pericardio, che era privo del cuore, e fatte le dovute diligenze in verun modo i potè ritrovare la sostanza del cuore eccetto d'una piccola porzione d'Arteria; e tal cosa fu giudicata da Medici sopra li limiti della natura; ora, in quei tempi si scrisse un tal fatto a varie persone letterate ed assieme spirituali in Napoli, i quali tutti attribuirono a miracolo il non essersi ritrovato cuore nel petto. Questi furono il P. Bernardino da Nola, e il P. Bernardino da Sinopoli dell'Ordine dei Minori Francescani". 35

TOMMASO MARTUCCI. Figlio del rossanese Scipione e di Lidonia Catania, Tommaso Martucci nacque a Campana, intraprendendo la carriera ecclesiastica. Non si conoscono i suoi dati anagrafici. Si sa che il 25 gennaio 1662 fa da padrino di battesimo a Tommaso Russo. 36 Dedicatosi all'insegnamento, preferì trasferirsi a Rossano dove fu precettore e maestro di retorica dei letterati Carlo Blasco e Ignazio di Lauro, tra i più rappresentativi dell'Accademia degli Spensierati. 37 Scrisse di poesia, anche se non si conserva nulla delle sue opere, fatta eccezione di un componimento in lingua latina sulla grave situazione fiscale di Rossano. E' riportato dallo storico Gradilone, che giudica il Martucci "poeta modesto". 38 Barrio lo presenta, invece, come filosofo, medico e autore di alcuni scritti. 39 SUOR TECLA INGLESE. Al secolo Isabella. Figlia di Diego Inglese, il 5 ottobre 1675 Isabella entra nel monastero delle Clarisse di Bocchigliero assumendo il nome Tecla. 40 La dote di duc. 250 e la quota annua di duc. 25 è versata dai fratelli Carlo e Andrea, come risulta dall'atto del Notaio Apostolico D. Agostino Comite di Bocchigliero, riportato nella Platea del monastero del 1711. 41 A Sr. Tecla Mons. Marino scrive una lettera da Campana esortandola a vivere "come si conviene alle vere Spose di Giesù Christo" e a ricordarsi di lui nella preghiera: "si compiaccia la carità sua ricordarsi di me nelle sue fervide orazioni, per impetrarmi dalla Misericordia Divina spirito, e Virtù necessarie alla santità del mio Grado". 42 FRA SERAFINO di Campana. Francescano riformato, è in corrispondenza e fraterna amicizia con Mons. Marino, con cui scambia di tanto in tanto del vino pregiato. Lo incontriamo nei conventi di Mesoraca, Cutro e Calopezzati. In una lettera al P. Giovanni di Castelfranco, superiore del convento dei Riformati di Cosenza, Mons. Marino glielo raccomanda per la carica di Definitore dell'Ordine. 43 Di lui non sappiamo altro. FRA TOMMASO di Campana. Domenicano. Da una lettera a lui scritta da Mons. Marino sappiamo che era di stanza nel convento di Montalto e doveva avere una discreta preparazione teologica e letteraria. 44 MARCO ANTONIO MARINO. Fratello del vescovo Francesco, abbiamo avuto modo più volte di ricordarlo. Nato il 23 novembre 1630, si laureò a Napoli in Filosofia. Malgrado il fratello l'avesse dissuaso a tornare a Campana per poter esercitare la sua professione a Napoli, preferì invece tornare al paese. Nel 1671 prese le difese del fratello quando, pur avendone più diritto, venne scavalcano nell'assegnazione dell'arcipretura di Campana. Non ci risulta che avesse scritto qualcosa, ma di certo coltivò le discipline letterarie. Si deve alla sua intraprendenza, tra l'altro, se nel 1682 l'opera del fratello Poesis Hieroethica potè essere pubblicata a Napoli. Non conosciamo l'anno della sua morte. Di certo è ancora in vita il 29 maggio 1715, giorno in cui tiene a battesimo Carlo Antonio Grano. 45


Sono infine da ricordare alcuni poeti minori, tra cui Agostino de Labonia e Lucio de Madera, entrambi sacerdoti. Loro componimenti in latino figurano tra gli "Officia", riportati in Appendice in Poesis Hieroethica di Mons. Marino. Un discorso specifico andrebbe fatto sui Notai, che tra 500 e 600 esercitarono a Campana, rimasta sede notarile fino ad epoca recente. Ne ricordiamo alcuni, di cui è rimasta memoria in alcuni atti notarili. Tra parentesi è indicato l'anno dell'atto più antico rintracciato. Tra 500-600 troviamo Giovanni Tommaso Fiorentino (1567), Abenante Aprigliano, Bartolo Fiorentino (1587), Giovanni Geronimo Puglisi (1593), Francesco Aprigliano (1597), Luigi Perrogini (1599), Cesare de Madaro, notaio apostolico, Giovanni Perrogini, Giovanni Geronimo Inglese, 46 altro Abenante Aprigliano (1689). Ciò che colpisce di questi notai è che di nessuno di loro si conservano gli atti rogati. Presso l'Archivio di Stato di Cosenza, infatti, stranamente non risultano notai operanti a Campana prima del sec. XVIII. Gli unici presenti sono Giuseppe Grilletta (n. 446), che ha rogato nel 1730-48 e Gaetano Cundari (n. 906) negli anni 1777-1811.

N O T E

1 Per una conoscenza più approfondita del personaggio rimando al mio Francesco Marino e Campana nel 1600 , già più volte citato. 2 L'anno di nascita, in mancanza di Registri Parrocchiali a cui riferirci - il più antico nell'Archivio Parrocchiale parte dal 1629 - è dedotto dal Processus Episcoporum S. Congregationis Concistorialis (par. 81, f. 319ss.), conservato nell'ASV, in cui è detto che al momento della sua nomina a vescovo di Isola, il 25 maggio 1682, Francesco aveva 58 anni: "Obitus Francisci Megale successit 25 mai 1682 Franciscus Marini ... natus in loco de Campagna diocesis Rossanensis, aetatis 58 anni circiter...": cfr. R. RITZLER - P. SEFRIN , Hierarchia Catholica medii et recentioris aevi , Padova 1952, vol. V, p. 228. 3 "Clerici Dydacus Bonannus, Domitius de Corno, Belluccius de Madaro, Cornelius de Madaro, Io. Thoma Grecus et Franciscus Marinus sufficienter ad interrogata respondunt, et moniti fuerunt dimissi": cfr. ADR, Acta S. Visitationis. 1634, ff. 215220. 4 Cfr. APC, Registro dei Battezzati dal 1629 al 1721, f. 1011 r; anche L. RENZO, Francesco Marino e Campana , p. 50. 5 Cfr. Discessus (Partenza), in Poesis Hieroethica sive Epigrammatum Sacro-Moralium, Napoli 1688, 2^ edizione, l. I, n. XXV. 6 I due Ponzio, fratelli e originari di Corigliano, saranno entrambi vescovi di Umbriatico. Il primo, Giovanni Battista, lo fu dal 1682 al 1689; il secondo dal 1690-92: cfr. R. RITZLER - P. SEFRIN, Hierarchia Catholica , V, p. 398; P.T. PUGLIESI, Istoria Apologetica di Corigliano, Corigliano 1707, pp. 91-92; G. AMATO, Crono-Istoria di Corigliano Calabro , Corigliano 1884, p. 251; G. GIURANNA, Cronotassi dei Vescovi di Umbriatico , in "Studi Meridionali", III (1970), I-II, pp. 82-83; L. RENZO, I Vescovi di Corigliano , in "Il Serratore", n. 9 (novembre-dicembre 1989), pp. 48-50. 7 Cfr. ASC, Fondo Notai, Francesco Greco , 16 settembre 1671, f. 34 v-35v; riportato in G. VALENTE, Fonti per la storia del Rossanese... , pp. 73-74. 8 Al Card. Orsini Mons. Marino dedicherà nel 1694 il volume di poesie Canzoni Parafrastiche , oltre a numerosi altri componimenti in latino. 9 "Romae, in Palatio Apostolico Vaticano feria secunda, 25 Maii 1682, fuit Consistorium... Referente Rev.mo Card.le Brancato, providit ecclesiae Insulen, vacantis per obitum bonae memoriae Francisci Megala, de persona R. D. Francisci Marino, presbyteri, cum decreto quod Sacrarium sacra suppellectile sufficienti instruat, ecclesiae cathedralis et domus episcopalis reparationi pro viribus incumbat, praebendam theologalem instituat, eius conscientia super his onerata ... doctor iuris utroque, iam vicarius generalis Bisignanensis, Tricaricensis, Beneventani, Caesenatensis": cfr. ASV, Acta Camerarii S. Collegi S. R. E. Cardinalium , 23, f. 107 v; anche Acta Miscellanea , 43, f. 194 v (già f. 139v); F. RUSSO, Regesto Vaticano, IX, n. 44805. 10 Cfr. F. RUSSO, Regesto Vaticano , IX, nn. 44800. 44805, che si rifà al Processus Datariae, 60, f. 107-114 (già 53-60) e al Processus Consistoriale 81, f. 319-325v. 11 Cfr. N. FALCONE, Bibliografia Storica Toponomastica delle Calabrie , Napoli 1846, p. 184; L. ALIQUO' LENZI - P. ALIQUO' TAVERRITI, Gli Scrittori Calabresi , Reggio Calabria 1955, vol. II, pp. 173-74. 12 L'opera è ricordata da una lapide, oggi murata in uno stanzino del retro sagrestia. Il testo: "D. O. M. - FRANCISCUS MARINUS CAMPANEN EPISCOP. INS. CATHEDRALEM HANC BASILICAM IMIS PENE A FUNDAMENTIS AERE SUO EXVITAVIT ATQ. OMNI PRORSUS VETUSTATE SUBLATA, IN AMPLIOREM, DECENTIOREMQ. RESTITUIT FORMAM: SACELLIS ITIDEM MAGNIFICE CONSTRUCTIS ADAUXIT: RESONIS TANDEM ORGANIS: SCULPTO ITEM SUGGESTU: PICTISQ. LAQUEARIBUS EXORNAVIT. AN. A NAT. D.NI MDCXCII". 13 Intagliata in noce, la poltrona misura m. 1,10x2,50: cfr. A. FRANCIPANE, Inventario di arte sacra d'Italia. Calabria , 1933, pp. 29-30.


14

Le Relazioni ad limina riguardano gli anni 1685 ( F. RUSSO, Reg. Vat. , IX, n. 45291); 1688 (IX, n. 45786); 1692 (IX, n. 46465); 1694 (IX, n. 47150); 1698 (IX, n. 47994); 1701 (IX, n. 49607); 1704 (IX, n. 50359); 1707 (IX, n. 50997); 1711 (X, n. 51854); 1714 (X, n. 52516); 1715 (X, n. 52887). 15 La data di morte si ricava da un dispaccio del Reggente della Nunziatura di Napoli al Card. Segretario di Stato del 23 luglio 1718. Vi si legge: "Dei frutti della mensa vescovile dell'Isola, vacante per la morte di Mons. Marino alli 23 ottobre 1716, sono stati incamerati duc. 1818 e grani 25 dal dì della vacanza a tutto 26 novembre 1717". Il 5 dicembre 1717 la diocesi sarà affidata al cosentino Domenico Votta: cfr. F. RUSSO, Regesto Vaticano , X, nn. 53558. 53349. 16 Cfr. A. GRADILONE, Storia di Rossano , p. 523ss. 17 Cfr. In obitum Equitis Ioannis B. Marini poete quovis aevo celeberrimi (libro I, n. LXX); Aegrotat. Ad Marcum A. Marinum Germanum fratrem (libro I, n. XCIII). 18 Cfr. I, n. XXVIII. 19 Cfr. I, n. CVII. La sorgente Azzolino, che ispira l'epigramma, nasce nell'omonima fiumara sottostante Campana, quasi alla confluenza col Fiumenicà. 20 Cfr. I, n. CVIII. Argutulo è l'altra importante sorgente nella zona sottostante la contrada S. Leonardo, oggi quasi inglobata nel centro abitato. 21 Il contagio di cui si parla probabilmente è la peste scoppiata nel 1656 per tutto il Regno di Napoli, che provocò morte e desolazione dovunque. E' proprio a causa della peste che Marino ritorna a Campana, dove trova ancora il clima a lui ostile. Nella poesia il disappunto e la sofferenza sono grandi: "Vissi già nel tuo sen gli anni innocenti, Cruda, or perchè con barbari costumi sconosciuto m'aborri e mi paventi?". 22 Originario di Campana, fu medico condotto ad Umbriatico. Scrisse l'opuscolo Francesco Marino e Campana sua Patria , rimasto inedito e conservato nell'archivio di famiglia. 23 Come è stato già ricordato in altro capitolo, le Lettere Familiari di Mons. Marino nel 1989 sono state pubblicate in un unico volume dallo Studio Zeta di Rossano, a cura di Gustavo Valente. Ad esso ci rifaremo nell'indicare le pagine delle lettere citate. 24 Cfr. Lettere Familiari , pp. 129ss. Mons. Marino lo ringrazia inviandogli in omaggio un suo volume di Poesie. 25 Cfr. Lettere Familiari , p. 123 26 Cfr. Lettere Familiari , p. 220. 27 Cfr. Lettere Familiari , p. 102. Dalla lettera si evince che la chiesa matrice era in cattivo stato e pur essendo pronto il materiale, "non si sono ancor poste le mani all'opera, per mancanza di muratori". 28 Cfr. Lettere Familiari , p. 105. Il testo della lettera è stato riportato integralmente nel capitolo precedente. 29 Non è la prima volta che pastori campanesi sconfinano nei terreni della mensa vescovile di Umbriatico. Un fatto analogo è lamentato nel 1612 dal vescovo Pietro Bastone, che era dovuto intervenire drasticamente perchè i pastori campanesi si rifiutavano di pagare l'erbaggio del pascolo: cfr. ASV, Relazione ad limina di quell'anno. Stessa cosa si ripete nel 1631 quando la vertenza si definì pacificamente con la mediazione del sindaco di Campana: cfr. ASV, Relazione ad limina , del 16 novembre 1631 del vescovo Antonio Ricciulli. 30 "Ex Campanae oppido Franciscus Marinus eruditione clarus": cfr. G. BARRIO, De Antiquitate et Situ Calabriae, IV, cap. XXIV. 31 Cfr. G. FIORE, Della Calabria Illustrata , II, p. 340. 32 "Patria Francisci Marini, Insularum Episcopi, ac multarum Operum disertissimi scriptoris, zelo ecclesiasticae disciplinae conspicui, et in Poesi praesertim sacra summe praeclari": cfr. E. AMATO (de), Pantopologia Calabra , pp. 219-220. 33 Cfr. A. GRADILONE, Storia di Rossano , p. 495. 34 Il monastero, sorto come Pia Casa del Rifugio per ragazze traviate o maralmente in pericolo, si deve all'arcivescovo Lucio Sanseverino, che nel 1608 vi destinò alcune case acquistate a questo scopo intorno alla chiesetta bizantina dei Santi Anargiri. Nel 1611 aveva ottenuto il Breve Apostolico di approvazione. Soppresso definitivamente nel 1866, fu sede del Tribunale fino al 1973 ed ora del Municipio: cfr. L. RENZO, Archidiocesi di Rossano-Cariati, pp. 108-109; A. GRADILONE, Storia di Rossano , p. 465; L. DE ROSIS, Cenno Storico della Città di Rossano , Napoli 1838, p. 181. 35 Cfr. A. GRADILONE, Storia di Rossano , pp. 468-69. 36 Cfr. APC, Registro dei Battezzati dal 1629..., f. 1057r. 37 Cfr. A. GRADILONE, Storia di Rossano , p. 498. 38 Cfr. A. GRADILONE, Storia di Rossano , p. 447. 39 Cfr. A. GRADILONE, Storia di Rossano , p. 495; G. BARRIO, De Antiquitate et Situ Calabriae, IV, cap. XXIV: Campana "Edidit quaedam M. S. Mart. Thomas Martuccius Philosophus, et medicus, scripsit quaedam". 40 Il monastero delle Clarisse di Bocchigliero, fondato nel 1667, verrà soppresso nel 1811. Eretto accanto alla più antica chiesa della Madonna del Carmine, oggi è rimpiazzato dal palazzo Zumpano. 41 Cfr. ADR, Platea del Monastero delle RR. Monache di S. Chiara di Bocchigliero , redatta nel 1711, f. 13r. 42 Cfr. "Alla Signora Suor Tecla Inglese. Bocchigliero", in F. MARINO, Lettere Familiari , p. 104. 43 All'elezione di due Definitori oltre a P. Serafino, erano candidati anche i PP. Giuseppe Maria di Bocchigliero, Bonaventura da Mesoraca e Ludovico da Cutro: cfr. F. MARINO, Lettere Familiari , p. 113. 44 Cfr. F. MARINO, Lettere Familiari , p. 293. 45 Cfr. APC, Registro dei Battezzati dal 1629.al 1721. 46 Cfr. ADR, Acta imperfecta S. Visitationis . 1610 , dell'Arcivescovo Lucio Sanseverino.


CAPITOLO SESTO

I PRINCIPI SAMBIASE

Sul finire del sec. XVII il feudo di Campana pervenne alla famiglia Sambiase dopo che tra il 1678-1694 era appartenuto ai Labonia di Rossano. La famiglia Sambiase è una diramazione dell'illustre e potente casato dei Sanseverino. Il cambiamento di nome si deve a Ruggero Sanseverino, signore di Martorano, che lo assunse dal feudo di Sambiase in Calabria, da lui posseduto dal tempo di re Guglielmo il Malo. 1 A partire da lui, la sua discendenza ebbe un'ampia ramificazione affermatasi dovunque in Calabria. Noi seguiremo il ramo cosentino approdato a Campana, partendo da Scipione, che da Ippolita Campolongo ebbe Giuseppe Ruggero, padre di Bartolo, che acquistò dai Labonia la Terra di Campana e Bocchigliero. 2 Giuseppe Ruggero nel 1666 sposò Vittoria Mandatoriccio, figlia di quel Teodoro Mandatoriccio, 3 che aveva ereditato dal padre Giovan Michele le terre di Crosia, Caloveto, Calopezzati e Pietrapaola. 4 Vittoria aveva portato in dote al Sambiase 4000 ducati e, alla morte del fratello Francesco, morto senza figli il 17 gennaio 1676, ereditò in aggiunta tutti i feudi di famiglia. In verità Francesco, con testamento rogato da Not. Vitantonio Criteni di Rossano, aveva lasciato "herede universale et particulare sopra tutti i miei beni mobili, stabili, burgensatici, e feudali e semoventi" il nipote Mario Toscano "con patto espresso e condizione, che debbia mettervi il mio cognome e casa Mandatoriccio, e lasciare il suo cognome Toscano". 5 Vittoria, a cui il fratello aveva lasciato 6000 ducati da pagarsi in 12 anni, dal momento che Mario Toscano non aveva ottemperato alla clausola del cambiamento del cognome, impugnò il testamento. Il S. Real Consiglio, intervenuto per dirimere la vertenza, riconobbe a Vittoria Mandatoriccio l'eredità dei feudi come sorella e parente diretta e a Mario assegnò una somma di duc. 16OOO da pagarsi dalla zia. 6 Non potendo pagare l'ingente somma, Vittoria Mandatoriccio con una transazione ottenne di pagare a rate il dovuto, che, comunque, restò sempre attrassato. Ai primi dell'Ottocento la famiglia Toscano chiese ed ottenne come corrispettivo a saldo del debito la tenuta dell'Arso, in territorio di Mandatoriccio. Alla morte di Giuseppe Sambiase, avvenuta a Calopezzati il 17 gennaio 1693, 7 erede universale fu il figlio Bartolo Mario , come si desume anche dal relevio di duc. 744 da lui pagato alla Regia Camera il 30 giugno 1698. 8 Nato nel 1673, oltre ad ereditare i feudi di Crosia, Calopezzati, Pietrapaola, Caloveto e Mandatoriccio, Bartolo il 12 novembre 1694, con Istrumento del Not. Domenico De Vivo di Napoli, come è stato già ricordato, acquistò da Alessandro Labonia di Rossano le Terre di Campana e Bocchigliero per duc. 64983 e grana 42. 9 L'atto ebbe il regio assenso il successivo 9 dicembre e venne ratificato l'8 gennaio 1695 per mano del Not. Girolamo Scalerci di Cariati. 10 Il 10 aprile 1696 dal re Carlo II di Napoli Bartolo ottenne il titolo di Principe di Campana, che restò in eredità alla famiglia. 11 Pur avendo sposato prima Francesca Pignone del Carretto, dei marchesi di Oriolo, ed in seconde nozze Chiara Filomarino, Bartolo morì senza figli il 30 agosto 1705. Il Principato passò al fratello Felice Nicola . Nato nel 1674 a Calopezzati, il 20 settembre 1706 ebbe l'intestazione delle Terre di Campana e Bocchigliero con la Catapania, nonchè Crosia, Caloveto e Pietrapaola con Zecca e Calopezzati con Zecca e Portulania e con le seconde e terze cause. 12 Con privilegio dato in Vienna il 5 novembre 1718, Felice Nicola fu nominato Grande di Spagna di 1^ classe, che significò l'aggregazione dei Sambiase alla Nobiltà della Piazza napoletana di Portanova. Morì il 24 giugno 1724 a Napoli, dove venne seppellito nella chiesa del Carmine maggiore. 13 Dalla moglie Clelia Cavalcanti, dei duche di Caccuri, ebbe il figlio Giuseppe Domenico , che ereditò il Principato con le annesse giurisdizioni, previo il pagamento anticipato del "relevio" per un ammontare di duc. 2052. 14 Il feudo restò nelle sue mani per oltre sessanta anni, facendone uno degli Stati più organizzati e meglio amministrati del Regno di Napoli. Nel 1731, in forza di una transazione di 2500 ducati, acquistò dal Fisco diverse difese della Sila, tra cui quelle di S. Salvatore, Tre Cerze e Lesa o Isco Serrato. 15 Alla sua morte, avvenuta a Napoli il 9 febbraio 1776, gli successe il figlio Vincenzo , nato nel 1754 dal matrimonio con Eleonora Caracciolo, dei duchi di Vietri. 16 Sposò la sorella del Card. Fabrizio Ruffo, Giovanna RuffoColonna, da cui ebbe 3 figli: Giustiniana, Giuseppe Maria e Ferdinando. 17 Vincenzo morì a Napoli il 21 novembre 1784, per cui gli successe il figlio Giuseppe Maria . L'intestazione ci fu il 10 dicembre 1789. 18 Il complesso feudale dei Sambiase comprendeva con Giuseppe Maria 7 centri abitati con 9246 abitanti ed una superficie di Kmq 358,39. 19 Morì in giovane età e senza figli nel 1797, per cui il feudo passò al fratello Ferdinando. Questi è nato a Calopezzati il 6 maggio 1774 e non 1776, come sostenuto dalla generalità degli storici. L'anno, infatti, appare evidente dal suo atto di Battesimo, avvenuto nel Castello il 15 giugno 1774 per la precarietà della sua


salute. 20 Successe "de iure" al fratello, anche se non prese l'intestazione. Di fatto fu l'ultimo Principe di Campana, colpito nel 1806 dalle leggi eversive della feudalità. Nipote del Card. Fabrizio Ruffo, da ragazzo frequentò il R. Collegio della Nunziatella di Napoli iscrivendosi nel 1796 fra le milizie col grado di soldato volontario di Cavalleria. Nell'aprle 1797 venne promosso tenente Colonnello nel Reg. Real Ferdinando. Cessate le turbolenze antiborboniche, venne nominato Presidente del Tribunale militare. Nel 1809 Murat, conscio del suo valore, gli affidò il comando delle Guardie d'Onore. Nella campagna di Russia si distinse nelle battaglie di Osmiana in Polonia, dove fu gravemente ferito, e di Vilna, meritando nel 1812 la Croce della Legion d'Onore ed il grado di Maresciallo di campo. A Tolentino, colpito da una palla di cannone, riportò una grave ferita alla gamba. Al ritorno dei Borboni, per il suo valore indiscusso, venne chiamato ad addestrare la Gendarmeria ed i fucilieri reali. Nel 1819, con dispaccio del 23 aprile, Re Ferdinando di Napoli lo nominò Cav. Comm. dell'Ordine di S. Giorgio, da poco istituito. 21 Lo stesso anno con Florestano Pepe, comandante supremo dell'esercito borbonico, conquistava la città di Palermo, ottenendo il 10 novembre la nomina a Cavaliere di Gran Croce e la Commenda dell'Ordine Militare di S. Ferdinando. 22 Trasferito a Palermo come Ispettore generale della Gendarmeria reale, vi morì il 14 marzo 1830. Con lui, essendo celibe e senza figli, si spense il ramo maschile dei Sambiase principi di Campana, anche se di fatto con le leggi eversive del 1806 a Ferdinando era rimasto solo il titolo di Principe. Durante l'assenza di Ferdinando per le numerose campagne di guerra, il Principato era gestito da Carlo Messanelli, sposo di Carlotta, figlia adottiva di Francesco Ruffo di Baranello e di Enrichetta Sambiase, sorella minore di Ferdinando. 23

1.

Diritti e Patronati dei Sambiase

Insieme al diritto del "mero e misto imperio" (giurisdizione sulle prime, seconde e terze cause), e al diritto della Catapania, Zecca e Portulania, i Sambiase godevano di tutte le altre prerogative feudali, tra cui quella di dare annualmente in appalto nei singoli paesi dello Stato le patenti di Erario, Mastrodattia civile e criminale, Bagliva, Dogana e Mastrogiurato. Oltre a questi diritti non mancavano altre prerogative particolari, come ad esempio il diritto di pesca con sciabica e quello chiamato "testa di pesce", in base al quale se il pesce pescato superava i 4 rotoli di peso, la testa spettava al titolare del diritto. Detto "ius" nel mare della zona era rivendicato anche dal baiulo del Principe di Rossano. 24

Nel luglio 1697 si verificò che tale Tommaso Nucara di Crosia nei pressi della Torre di Trionto aveva pescato una ricciola di 10 rotoli circa. Denunciata la cosa al Capitano Andrea Turiaci di Rossano, questi, "in conformità delli Privileggi, et antico solito", tagliò la testa al pesce versandola al Mag. Domenico Labonia, affittuario di detto "ius". Della cosa si lamentò Bartolo Sambiase, duca di Crosia, rivendicando il suo diritto in quanto la pesca era avvenuta in territorio di sua pertinenza. La vicenda si concluse con un compromesso che portò il Cap. Turiaci a chiedere, per amore di pace, scusa al Sambiase, anche se il gesto per principio venne poi riprovato dall'Erario del Principe Borghese, in quanto "non vi bisognavano queste soddisfattioni". 25 A Campana i Sambiase, oltre ai comuni diritti feudali, godevano di alcune difese comunali, tra cui la Srrra di Maio, Forcine della Portara, Serra dell'Acero, Acqua dell'Auzino. In verità, l'Università di Campana, per pagare alcuni debiti attrassati al fisco, con atto del 23 maggio 1695, aveva venduto dette terre comunali per duc. 5500 ad un certo Pietro Podella, con la clausola, però, che dovessero essere retrovendute all'Università per lo stesso prezzo pagabile in 3 rate. Il Podella, invece, il 23 novembre 1695 cedette i suoi diritti su quelle terre a Bartolo Sambiase per duc. 6197 e grana 33, il cui terzo, però, pari a duc. 1803 e grana 33, andò alle casse pubbliche del paese. Anche sulle difese demaniali Foresta, Manche e Muscosaggio i Sambiase reclamavano il diritto di "esazione della terza parte", in quanto tale diritto era stato acquistato dal barone Labonia il 12 novembre 1694 all'atto della compera del feudo di Campana. Il reclamo nella vertenza giudiziaria del 1808 tra il Comune di Campana ed il Principe Ferdinando Sambiase venne contestato davanti alla Commissione feudale e al Regio Procuratore Generale. Questi nella sentenza del 4 ottobre 1809, alla luce degli atti esibiti, sentenziarono dette terre "essere territori demaniali aperti, ne' quali appartiene a' cittadini di Campana l'uso civico anche per causa di commercio tra cittadini, da aversene ragione nella divisione di demani da farsi". 26 Nella stessa sentenza è riconosciuta al Principe la proprietà di "alcune botteghe siatuate nel luogo ove si fa la fiera nominata Ronza". Tanto risultava dal Catasto onciario del 1743. 27 E dallo stesso Catasto risulta che in tale anno i Sambiase vantano a Campana beni burgensatici per un capitale di duc. 4000, su cui l'Univesrità paga un censo annuo di duc. 200. 28 Anche in campo ecclesiastico i Sambiase vantano nel loro Stato diversi diritti e patronati. A Calopezzati, Campana, Crosia e Mandatoriccio godevano del "ius" di designare il sacerdote per la carica di arciprete. 29 A Mandatoriccio, in particolare, il diritto era fondato sul fatto che era stato proprio il principe Felice Nicola Sambiase ad ottenere dall'arcivescovo Andrea Adeodato la promozione ad Arcipretura della chiesa dei Ss. Pietro e


Paolo. Allo scopo ne aveva costituito la dote patrimoniale cedendo, con atto del 1° giugno 1708 redatto dal Not. Domenico Susanna di Belvedere, un mulino ubicato nel Vallone del Forno, un terreno alberato e coltivato ad oliveto sito in località Milo con terre aratorie confinante con la via pubblica e con terre dell'Arcipretura di Pietrapaola. In conseguenza di ciò, si legge nell'atto, al principe venne concesso il "ius praesentandi Parochum Archipresbiterum nuncupatum, non solum in hac prima vice, sed quoties casus vacatione contingerit". 30 Primo arciprete fu D. Domenico Verrina, cui successero D. Antonio Talarico, D. Carlo Antonio Casacchia (1768-1779), D. Felice Talarico (1779-1792), D. Giulio Gallo (1792), D. Giacomo Vorcaro (o Vorcano). 31 A Mandatoriccio inoltre i Sambiase provvedevano alla manutenzione della chiesa S. M. delle Grazie, "extra moenia". 32 A Campana, oltre al "ius patronatus" sopra citato, i Sambiase avevano fondato un legato di messa, per cui l'arciprete,il 28 agosto di ogni anno, era tenuto a celebrare una messa parata con canto in suffragio del principe Bartolo. 33 Inoltre, dallo stemma che vi è apposto, dono votivo della famiglia era la tela della Regina Mundi, un tempo nella chiesa della Madonna delle Grazie ed oggi in S. Antonio.

2.

Attività commerciali

La famiglia Sambiase, soprattutto nel lungo regno di Giuseppe Domenico (1724-1776), seppe organizzare lo Stato con spirito illuminato valorizzando tutte le risorse disponibili. Polivalente negli interessi, non venne lasciato al caso nessuno spazio fruibile. Se ne incrementò particolarmente il commercio del grano, della pece, della manna, della seta, dei latticini, che caratterizzarono l'attività produttiva e commerciale dei Sambiase e che, presto sfondò la piazza di Napoli con notevole vantaggio del patrimonio. La produzione del grano era particolarmente abbondante nella tenuta dell'Arso, dove era situato anche uno degli approdi di imbarco, oltre naturalmente a quelli di Rossano, Calopezzati e Cariati. Da qui il grano veniva spedito via mare per Napoli, dove veniva immesso nel mercato più vasto. 34 Parte del grano veniva dato in prestito agli stessi fittavoli delle terre feudali con una resa di prodotto in ragione di un interesse che poteva arrivare, a seconda dell'estensione del campo, anche fino al 25-30%. Negli Stati feudali di Crosia e Campana il rapporto era regolato dal "Bando" del principe Felice Nicola (17051724), che testualmente ordinava: "... Quali grani e vettovaglie, così vecchi come nuovi, di nostri Ministri, Magnifici Erari, Magazzinieri, ed esattori, come da ciascuna altra persona di detti nostri Stati di qualsivoglia grado, e condizione, si debbano rispettivamente essiggere, scomputare, e consegnare a prezzi rispettivamente stabiliti, come sopra, ordinando che l'asserita esazione e consegna di grani, e germani si debbano misurare col mezzo tumulo napoletano zeccato dalla Regia Zecca e barriato colla barra tonda a ferro scoverto; ed à rispetto dell'orzo si riceve nel suddetto mezzo tumulo napoletano zeccato come sopra alla colma". 35

In questo modo, mentre il prestito del grano avveniva col tomolo legale alla "rasa" (o scarsa), la restituzione avveniva col tomolo alla "colma", cioè con l'aggiunta di un tasso di interesse pari a 1/24° - 1/25° e oltre di prodotto, con notevole guadagno da parte dell'Erario del Principe. 36 Si è già parlato del commercio della pece in altro capitolo, con riferimento anche all'incidente, di cui fu vittima nel 1701 il Principe di Campana. La spedizione via mare del prodotto non mancò di creare anch'essa qualche incidente per il mancato rispetto delle norme, e particolarmente del pagamento della Dogana. Così nel 1699 a Bartolo Sambiase dal Fondaco di Rossano venne impedito di imbarcare alcuni cantari di pece nera per non essersi adeguato alla legge. 37 Proprio per avere diritto di fabbricare a suo arbitrio pece bianca e nera, Giuseppe Sambiase nel 1731 aveva acquisito dal Regio Fisco le terre silane di S. Salvatore, Tre Cerze e Serra di Lesa, precedentemente occupate, pagando la transazione di 2500 ducati. Anche la produzione ed il commercio della seta era sotto il controllo del Principe. Non si conosce il volume di affari legato a tale commercio. Di certo, per esempio, a Campana ancora nel 1836 si producevano 30 libre di 12 once ciascuna di seta. 38 Una parola merita anche il commercio dei latticini, la cui produzione era rilevante, tenuto conto dell'ampia pratica nel territorio della pastorizia. Anche sui latticini e sul suo commercio vigevano leggi rigide e controlli minuziosi. A questo riguardo, nel 1731 Francesco Sambiase venne denunciato per aver spedito a Napoli 10 cantari di latticini con false licenze per evadere la tassa di imbarco. Del fatto se ne occupò il procuratore in Napoli del Principe Borghese di Rossano, che accusò il Sambiase di esercitare con mezzi illeciti un vero e proprio contrabbando. 39 A fronte di queste attività, al Principe Sambiase competeva garantire la vigilanza del tratto di costa da e per la Torre di S. Tecla in località Fiumarella tra Calopezzati e Crosia. Nel 1736 (31 agosto) Giuseppe Sambiase pagò "per salario come Cavallari et affitto di loro cavalcature che han servito a battere la marina di Crosia" la somma di 30. 3. 10 ducati. 40


3.

La Fiera della Ronza

Anche alla Fiera della Ronza i Sambiase vantavano diritto di proprietà su alcune botteghe, come è stato riconosciuto dalla stessa Commissione Feudale nella citata Sentenza n. 10 del 4 ottobre 1809. In essa è detto: "Poichè colla legge de' 2 Agosto 1806 sono state abolite anche le concedute giurisdizioni delle fiere. Poichè il Principe nel Catasto dell'anno 1743 rivelò possedere alcune botteghe situate nel luogo ove si fa la fiera nominata Ronza, il fitto annuo delle quali allora montava a duc. 40 (fol. 57, vol. 4). La Commissione ordina che il barone non sia molestato nel possesso delle divisate botteghe nel luogo della fiera detta Ronza, e sia lecito alla Università di Campana e a' di lei cittadini di costruirvi le botteghe, o baracche che essi vogliono". 41

Della Fiera troviamo notizia nel Privilegio del 1464 col quale Re Ferdinando d'Aragona "concede all'Università medesima la Fera, o vero Mercato della Ronza, franca e libera d'ogni angaria: e dura dagli undici di giugno per tutto il diciotto: e per ciò vi si negozia da chi si voglia con tutta libertà, e senz'alcuna gravezza". 42 Non sappiamo quando le date della fiera passarono dall'11-18 al 7-8 giugno. Di certo nel 1839 la celebrazione della fiera avveniva in data diversa: durava 3 giorni dall'8 al 10 giugno. Era destinata al mercato delle sete lavorate, di animali e di ogni genere di prodotti soprattutto artigianali. 43 Anche per la sua specifica destinazione la fiera aveva acquistato nella zona una forte rilevanza, tanto da diventare termine di riferimento per i contratti e per le scadenze di pagamenti. A dire di P. Fiore era celebre fin dal sec. XVI e vi partecipavano "amendue le Calabrie". 44 Originariamente la fiera si teneva in località Ronza Vecchia, più a nord del sito attuale, dove tempo addietro sono stati rinvenuti resti di stanziamenti dell'età del ferro. Il nome probabilmente proviene dalla presenza nei paraggi della chiesa detta di S. Maria "de Runtia", nota fin dal 1275, ma potrebbe essere anche precedente alla stessa chiesa e derivare dalla presenza in zona di diverse acque sorgive. Il termine "rùonzu" nel dialetto calabrese significa proprio pozza d'acqua. Il nome Ronza , pertanto, potrebbe essere stato dato alla località proprio per la presenza di sorgive. E del resto, l'acquedotto Portara completato nel 1914 dal Sindaco Pasquale Santoro ha raccolto e incanalato anche le vene acquifere della Ronza. 45 Ritornando alla fiera, sul muro interno della fila nord delle baracche vi è incastonata una pietra, forse residuo di una lapide funeraria, su cui è decifrabile la scritta "... A... P... + MCCCCC". 46 A parte l'anno (1500), il resto non offre possibilità di interpretazione. Di certo proviene da altro sito, forse dalla chiesa rurale di S. M. de Runtia, i cui resti erano ancora visibili fino a qualche anno fa sulla vicina collinetta. Come si sa le baracche erano di pertinenza del Principe Sambiase, che in occasione della fiera le dava in fitto ai "fierai" con congruo reddito. Alla morte di Ferdinando Sambiase (1830) l'eredità venne goduta dal marchese Carlo Messanelli di Napoli, che aveva sposato Candida, la figlia adottiva di Enrichetta Sambiase, sorellastra del Principe. In realtà il Messanelli, nell'assenza forzata per ragioni militari dello zio Ferdinando, aveva assunto l'amministrazione del feudo con una gestione un pò eccessivamente personalizzata. Con atto del 25 marzo 1833 redatto dal Not. Nicola Chiarelli di Mandatoriccio, il Messanelli cedeva tutti i diritti dell'ex feudatario a Rosalbino Morelli. 47 La famiglia Morelli conservò la proprietà della fiera per quasi un secolo, cedendola poi a Luigi Quartucci di Celico intorno al 1920. Da questi nel 1939 veniva messa nuovamente in vendita. Dopo varie offerte, tra cui quella di Antonio Parrotta ("Mmaculatu") a nome del cognato Domenico Riccelli, 48 la fiera venne acquistata da Alfonso Ausilio, che rinnovò ed ampliò le antiche baracche. Nel 1944, facendo affiggere in ritardo un manifesto firmato dal Commissario Prefettizio Aldo Arcieri quando questi ormai non era più in carica, l'Ausilio tentò di far trasferire alla Ronza anche la fiera del Rosario (7-9 ottobre), tradizionalmente tenuta al rione Convento. Il nuovo Commissario Giuseppe De Martino, assistito dal segretario comunale Leonardo Fazio, revocò il provvedimento disponendo che la fiera venisse celebrata nella solita località del Convento. 49 Di recente, nel 1992, la Fiera è stata acquistata con fondi dell'Unione Europea dall'Amministrazione Comunale, sindaco l'Ing. Saverio Greco, per realizzarvi l'ambizioso progetto di un Centro Fieristico Campionario regionale per il rilancio dell'artigianato e del commercio.

4.

Gli ultimi intestatari del Principato

Nel 1830, alla morte di Ferdinando Sambiase, celibe e senza figli, il titolo di 7° Principe di Campana (oltre a conte di Bocchigliero, duca di Crosia, barone di Caloveto, Calopezzati e Pietrapaola) venne "de iure" ereditato da Giustiniana Sambiase , la più grande delle sorelle di Ferdinando. Alla più piccola, Enrichetta, toccarono i beni di MirtoCrosia col Castello e la chiesetta di S. Bartolomeo. 50


Giustiniana Sambiase, nata nel 1777, andò sposa a D. Marco Boncompagni Ottoboni, duca di Fiano, portando in dote anche il titolo nobiliare. Alla sua morte (16 giugno 1833), per legittima successione materna il titolo passò al figlio Alessandro Boncompagni Ottoboni , nato nel 1805 e morto il 29 agosto 1837. Ereditò il titolo Marco Boncompagni Ottoboni (1832-1909), che fu Cavaliere Gerosolimitano e Senatore del Regno. La figlia primogenita Donna Costanza , legittima erede del titolo, sposò il principe Mario Ruspoli nel 1879 e poi, alla morte di questo, il conte Alessandro Cittadella Vigodarzere da Padova nel 1888. Dal primo matrimonio nacque Augusto Ruspoli , che nel 1909, alla morte del nonno, 51 ereditò il titolo di Principe di Campana con gli altri titoli. Morto nel 1912 senza figli, gli subentrò Andrea Cittadella Vigodarzere , figlio di seconde nozze di donna Costanza. Attualmente il titolo di Principe di Campana appartiene al primogenito Alessandro , avuto nel 1929 dalla moglie Elisabetta Poli. 52


N O T E 1

Cfr. F. ASSANTE, Calopezzati. Proprietà fondiaria e classi rurali in un comune della Calabria (1740-1886) , Napoli 1969, pp. 31-32; anche B. CANDIDA GONZAGA, Memorie delle famiglie nobili delle province meridionali d'Italia , Napoli 1876, pp. 192ss.. 2 Scipione Sambiase, patrizio cosentino, era nato il 16 ottobre 1591 da Pietro Vincenzo e Giulia Barone. Dalla moglie Ippolita Campolongo, dei baroni di Fermo e Acquaformosa, ebbe i figli Giuseppe e Paolo. Dal primo discende il ramo dei Principi di Campana; dal secondo quello dei Duchi di Malvito. 3 Teodoro Mandatoriccio avviò la nascita nel territorio di Pietrapaola di una Casale, che da lui prese nome Mandatoriccio. La prima notizia del Casale si rintraccia nella Visita Pastorale del 1634 dell'Arcivescovo Pietro A. Spinelli, il quale, proveniente da Pietrapaola, si portò "ad Casale novum erectum nuncupatum Mandatorizzum": cfr. ADR, Visita Pastorale dell'Arcivescovo Pietro Antonio Spinelli. 1634 , f. 75, riportato in L. RENZO, Archidiocesi di Rossano-Cariati, pp. 137-138. 4 Giovan Michele acquistò Crosia e Caloveto da Maria Aragona, duchessa di Malvito, nel 1593; Calopezzati da Vespasiano Spinelli, marchese di Cirò, nel 1608; Pietrapaola da D. Giovanna Ruffo, marchesa di Licodia, nel 1619: cfr. Registro VIII, dell'ex Archivio Messanelli, oggi conservato nell'Archivio privato di Franco Joele di Rossano, ff. 62-63. 5 Cfr. scheda Not. Vitantonio Criteni, 21 gennaio 1676, f. 19v, presso ASC, riportato in M. FALANGA, Calopezzati. Memorie Storiche e Documenti , Bari 1986, p. 63. 6 Cfr. G. AZZARA', I Sambiase Principi di Campana, Duchi di Crosia , in "Studi Meridionali", VI (1973), gennaio-marzo, fasc. I, pp. 14-15. 7 La moglie Vittoria Mandatoriccio morirà pure a Calopezzati il 4 maggio 1696. 8 Cfr. Registro significatorium releviorum 84, f. 185; riportato in F. ASSANTE, Calopezzati... , p. 32; anche G. AZZARA', I Sambiase... , p. 15. 9 Alla quota di duc. 26339 pagata per Campana e ai 24 mila per Bocchigliero si devono aggiungere duc. 14344 e Grana 42 "per lo importo di diversi corpi burgensatici di detti feudi": cfr. Nuovi acquisti fatti dal fu Principe D. Bartolo Sambiase , nel citato Registro VIII (f. 66) dellex Archivio Messanelli, oggi nell'Archivio privato di Franco Joele. 10 Con atto del 1° maggio 1698 del Not. De Vivo, Bartolo acquistò da Carlo Spinelli, con diritto di retrovendita, le terre di Cariati e Terravecchia per duc. 40 mila. 11 Questo titolo andò ad aggiungersi a quelli di Duca di Crosia e Conte di Bocchigliero. 12 Cfr. M. PELLICANO CASTAGNA, La storia dei feudi..., pp. 354-55. La catapania consisteva nel diritto di controllo dei prezzi dell'annona; la zecca era il diritto di bollare i pesi e le bilance utilizzate nel territorio; la portulania era il diritto di attracco e di pesca nel mare di Calopezzati e Crosia. Il diritto di pesca venne contestato dai Principi di Rossano, provocando diverse vertenze giudiziarie. 13 Cfr. M. PELLICANO CASTAGNA, La storia dei feudi.., p. 355; anche M. FALANGA, Calopezzati..., p. 66. Il Nunzio di Napoli così scrisse il 27 giugno successivo al card. Segretario di Stato: "Venerdì mancò di vivere il Principe di Campana Sambiase, uno dei feudatari più ricchi della Calabria et anche Grande di Spagna, di quelli creati a S. Maestà Cesarea, e il Generale delle Poste di Rossano Capece, essendosi domenica replicata l'apoplessia, ier mattina se ne passò all'altra vita, con sommo cordoglio della Marchesa, sua Moglie, Donna Ungherese, che ultimamente se ne venne qui da Vienna": cfr. ASV, Nunzio di Napoli 167 , f. 43; citato in F. RUSSO, Regesto Vaticano X, n. 55062. 14 Cfr. Cedolario di Calabria citra dal 1696 al 1731, vol. 75, f. 48; presso Archivio Stato Napoli, ripreso da F. ASSANTE, Calopezzati... , p. 32. 15 La transazione venne accettata da S. M. Imperiale, per cui il 31 ottobre 1731 venne stipulato l'atto per Not. Nicola Romeo di Napoli. In forza di ciò i confini della Regia Sila arretrarono lungo la fiumara di Cerviolo e lungo il corso superiore del Lese. Cfr. P. MAONE, Savelli nella tradizione e nella storia , Napoli 1966, I, pp. 254-55. 16 Si intestò i beni paterni solo l'11 marzo 1784, come si rileva dal Cedolario 79, f. 281t, citato in M. PELLICANO CASTAGNA, La storia dei feudi, p. 355. Maria Gusmana Sambiase, sorella di Vincenzo, nel 1784 andò sposa a Giuseppe de' Liguori, nipote di S. Alfonso M. de' Liguori. Alla morte del marito andò a vivere con la figlia Carmela a Sorrento. 17 Cfr. M. FALANGA, Calopezzati , p. 67. 18 Cfr. Cedolario 79, f. 413t, riportato in M. PELLICANO CASTAGNA, Le utlime intestazioni feudali in Calabria , Chiaravalle Centrale 1978, p. 131. 19 Il Principato di Campana comprendeva lo Stato di Crosia, composto da Crosia, Calopezzati, Caloveto, Pietrapaola Mandatoriccio e la tenuta di Mirto, oltre alle Terre di Campana e Bocchigliero. 20 "Anno D.ni millesimo septengentesimo septuagesimo quarto ( la sottolineatura è nostra) die vero decima quinta mensis iunii Calopetiati. Ego supscriptus Archipresbiter Curatus huius SS. Ecclesiae, domi, instante periculo baptizzavi Infantem die sexta elapsi mensis Maji, hora 23 natum ex Ex.mis D.nis D. Vingentio Maria de Sancto Blasio, et D.na Ioanna Ruffo Crusiae Ducibus, ipsum Infantem tenente Mag.ca Rosa Cappello Civ. Neapolis obstutrice; ... Patrinus fuit Ex.mus D.nus D. Ector Pignatelli e Ducibus Montisleone, mediante mandato Procurationis per Ex.mum D.num Ferdinandum de S. Blasio (zio del nostro Ferdinando, n. d. r.) Comitem Bucchilerij, et eidem Infanti imposita fuere nomina: Ferdinandus, Vincentius, Felix, Nicolaus, Bartholomeus, Ioannes, Blasius, Michael, Gabriel, Raphael. Nicolaus Macchia Archipresbiter": cfr. Baptizzatorum Liber Terrae Calopetiati Archipresbiteri RR. DD. Iacobo Papasidaro, Antonio Passavanti, Nicolao Macchia, aliusque ab Anno 1715 ad 1775 , conservato nell'Archivio Parrocchiale di Calopezzati.


21

Cfr. L. ACCATTATIS, Le biografie degli uomini illustri delle Calabrie , Cosenza 1869-1877, vol. IV (1877), pp. 101-104. Cfr. M. D'AYALA, Le Vite de' più celebri Capitani e Soldati Napoletani dalla giornata di Bitonto fino a di' nostri , Napoli 1843, pp. 211-225. 23 Cfr. Genealogia dei Sambiase principi di Campana, nel citato M. PELLICANO CASTAGNA, La storia dei feudi.., p. 359. 24 Cfr. A. GRADILONE, Storia di Rossano, pp. 325-327. 25 L'atto, redatto dal Not. Francesco Greco il 15 luglio 1697, è riportato in G. VALENTE, Fonti per la Storia del Rossanese..., pp. 143-144. 26 Cfr. Diritti e prestazione sulle quali si è giudicato. Num. 10. A di 4 ottobre 1809 , in "Bullettino delle Sentenze del 1809", pp. 37-74. A seguito del ricorso prodotto dall'ex feudatario, rappresentato dall'agente Marco Romano, il Commissario del Re, Cav. Galdi, il 15 luglio 1811 confermò la precedente sentenza. 27 Cfr. Ibidem. 28 Negli "Stati discussi" dell'Università di Campana del 1742, tra le uscite figurano duc. 200 da pagare all'Ill. Principe di Campana per l'annuo censo del capitale di duc. 4000: cfr. G. VALENTE, La Provincia di Cosenza attraverso gli Stati discussi del 1741-1742 (vol. I) , Cosenza 1983, pp. 113-118. 29 Cfr. ASV, Relazione ad limina del 1781 dell'Arcivescovo Andrea Cardamone, f. 7. 30 L'atto notarile è conservato in copia nell'Archivio Parrocchiale di Mandatoriccio. 31 I nomi sono ricavati dal Registro dei Battesimi 1751-1799 , conservato nell'Archivio Parrocchiale di Mandatoriccio. 32 Cfr. ADR, Visita Pastorale dell'Arcivescovo Guglielmo Camaldari. 1767 , f. 53. 33 Cfr. Tabella degli oneri di messe , nella citata Visita Pastorale 1767. 34 La tassa di imbarco prevista dalla Prammatica XI dell'8 dicembre 1758 era di grana 12 a tomolo: cfr. S. DI BELLA, Grano, Mulini, Baroni nella Calabria moderna e contemporanea , Cosenza 1979, p. 119. 35 Cfr. F. JOELE PACE, Antichi pesi e misure della Comunità Montana Sila Greca anteriori alle Leggi Eversive del 2 agosto 1806: tomolo raso e tomolo colmo , in "La Sila Greca", Guida Turistica Generale della Comunità Montana Sila Greca Rossano, 1987, pp. 75-77. 36 Il tomolo napoletano, o legale (quello raso), era pari a litri 55,54; alla colma il tomolo diventava di litri 55,54 + litri 2,314 (pari a 1/24): cfr. F. JOELE PACE, Antichi pesi..., p. 77. 37 Cfr. A. GRADILONE, Storia di Rossano , p. 534. 38 Cfr. Registro Delibere Decurionato di Campana , 10 agosto 1836, presso Archivio Comunale di Campana (da ora ACC). Dalla stessa delibera si rileva che la seta era stata acquistata da commercianti di Mormanno al prezzo di duc. 3 la libra. 39 Cfr. A. GRADILONE, Storia di Rossano , p. 534. 40 Cfr. Registro degli Effetti Feudali e Burgensatici del Principe di Campana Giuseppe Domenico Sambiase. 1735-36 , f. 27, presso Archivio Privato di Franco Joele Pace di Rossano. Cavallari in quell'anno erano Tommaso Capristo, Giovanni Meli, Giacinto Mileo, Giuseppe Graziano, Saverio Voltarello; il cavallo era stato dato in fitto da Nicola Palopoli. 41 Cfr. citato Bullettino delle Sentenze. 1809 , pp. 37-74. 42 Cfr. citata lettera "All'Abate Giustiniani...", in F. MARINO, Lettere Familiari , pp. 397-398. 43 Cfr. G. SOLE, Viaggio nella Calabria Citeriore...., p. 99. V. Padula intorno alla metà dell'800, con una certa approssimazione, scrive che la fiera durava dal 1° al 10 giugno: cfr. Calabria prima e dopo l'Unità d'Italia , II, p. 343. 44 Cfr. G. FIORE, Della Calabria Illustrata, II, p. 456. 45 Anche in greco il termine rous (o ròos) significa acqua corrente, rio. cfr. L. RENZO, La fiera della Ronza , in "Nuova Rossano", luglio 1981. 46 Nei recenti lavori di ristrutturazione a cura dell'Amministrazione Comunale la piatra è stata trafugata e fatta scomparire. 47 Il Morelli non solo acquistò i diritti sulla Fiera della Ronza, ma anche "due capitali di censi di duc. 5000", contratti dall'Università di Campana il 24 maggio 1695 con Bartolo Sambiase, su cui annualmente si pagava un censo di 250 ducati, poi diventati 225 per una somma affrancata. Il debito venne ribadito con un nuovo atto sempre per Not. Nicola Chiarelli stipulato tra il Sindaco di Campana Avv. Saverio Serra e Rosalbino Morelli il 10 giugno 1838 nella baracca di quest'ultimo nella Fiera della Ronza. L'atto, un tempo nell'Archivio Notarile di Rossano, è ora conservato nell'Archivio di Stato di Cosenza. 48 Domenico Riccelli, calzolaio di Campana, emigrò a Pittsburg negli USA nel 1914. Saputo dal cognato Antonio Parrotta che Quartucci aveva messo in vendita la fiera, offrì per acquistarla la somma di £. 124 con autorizzazione ad aumentare di altre 1000 lire. 49 Cfr. ACC, Registro Deliberazioni Consiglio Camunale di Campana , 3 ottobre 1944. 50 Enrichetta Sambiase, andata nel 1799 sposa a Francesco Ruffo di Baranello, adottò come figlia Carlotta, a cui passarono i beni della madre. A sua volta Carlotta sposò Carlo Messanelli, amministratore chiacchierato del principe Ferdinando, che nel 1833 vendette come sua proprietà ai Morelli la Fiera della Ronza. Contro i diritti del Messanelli avanzò pretese di proprietà Giuseppe Sambiase dei duchi di Malvito. La vertenza giudiziaria di concluse, però, a favore del Messanelli. 51 La madre premorì al padre l'11 novembre 1904. 52 Per le ultime intestazioni cfr. M. PELLICANO CASTAGNA, La storia dei feudi..., pp. 356-357. 22


CAPITOLO SETTIMO LE CHIESE

Nello sviluppo urbanistico, oltre che nella formazione del tessuto aggregativo dei rapporti umani e civili, il momento religioso ha sempre esercitato un ruolo di primaria importanza. Soprattutto a partire dall'epoca normanna (sec. XI), tempo in cui c'è la concentrazione degli agglomerati rurali verso i centri abitati meglio caratterizzati e difesi, la chiesa e il suo campanile sono diventati dovunque il fulcro della vita e della coscienza di paese. Non abbiamo testimonianze dirette sul sorgere a Campana della prima chiesa, nè si hanno notizie su eventuali chiese diffuse tra i casali rurali, di cui si è parlato in precedenza. Uniche eccezioni sono la chiesa di S. Maria "de Runtia", certamente esistente nel 1275 e di cui si è parlato trattando della Fiera della Ronza ed una contrada denominata "Fossa della chiesa", in località Foresta, che indurrebbe a pensare all'esistenza in loco di un manufatto sacro. Senza escludere che potrebbe trattarsi semplicemente di un fondo appartenuto alla chiesa, non vogliamo nemmeno rigettare a priori l'idea che possa essersi trattato di una minuscola costruzione chiesastica, tenuto conto del tipo di materiale edilizio rinvenuto intorno al 1950 da mio padre Francesco Renzo nel corso dei lavori di impiantatura della vigna. 1 Per il resto il silenzio è totale. Ma entriamo nel merito dell'argomento per cercare di fare il quadro della situazione.

1.

La Chiesa Matrice

Dedicata da tempo immemorabile all'Assunta, la chiesa Matrice, a pianta basilicale, ha registrato nel corso dei secoli svariate trasformazioni strutturali, che, se hanno reso più affascinante il suo complesso architettonico, hanno altresì complicato la possibilità di ricostruire con chiarezza le fasi storiche della sua evoluzione. Se poi a questo aggiungiamo la mancanza pressocchè totale di una qualche documentazione, si può capire la gravità del disagio e la difficoltà a decifrare, almeno fino al sec. XVI, i singoli interventi amplificativi. Di certo il complesso attuale prende avvio nella prima fase normanna (fine sec. XI) in coincidenza dell'incremento urbanistico del paese, di cui si è già parlato. L'aumento consistente della popolazione residente richiese anche un luogo di culto più capiente e meglio rispondente ai nuovi orientamenti politico-religiosi imposti dai Normanni, che determineranno in breve tempo la progressiva latinizzazione della lingua e del rito. In questo contesto una chiesa bizantina di dimensioni contenute e preesistente sull'attuale manufatto sacro potrebbe essere stata prima allungata dalla parte della navata centrale e poi successivamente ampliata anche con le due navate laterali, presumibilmente tra il XIII-XV secolo. I segni di questo corpo preesistente sono affiorati durante i lavori di restauro della matrice progettati e diretti dall'Ing. Gennaro Madera. 2 Nello scavo sotterraneo per il recupero delle cripte sepolcrali, è affiorato, poco più avanti della predella dell'altare maggiore, un muro di sbarramento trasversale, che stacca senza plausibile ragione l'area presbiterale e corale dal resto della navata. Ci sembra di poter individuare proprio in questo spazio ridotto l'antica chiesetta bizantina, con abside certamente semicircolare rivolta verso oriente. 3 Da questo periodo in poi la chiesa matrice è andata acquistando fisionomie sempre nuove, purtroppo difficilmente documentabili. Un grande aiuto per tentare di decifrare quanto è avvenuto ci è offerto provvidenzialmente dal susseguirsi ininterrotto degli interventi di restauro, che dal 1973 hanno riguardato la revisione generale del tetto, del Campanile ed infine del pavimento e delle cripte sottostanti. Soprattutto questi ultimi, per le informazioni indirette fornite, sono risultati i più preziosi e sotto certi aspetti i più risolutivi. Così, per esempio, è venuto alla luce che la navata di sinistra (lato Campanile) era più stretta e che in epoca imprecisata è stata allargata di circa un metro. 4 Il nuovo muro, più solido nelle fondazioni, nell'avanzare verso l'alto è progressivamente rientrante. Analoga rientranza si nota nel muro opposto di Vico Caliserna verso il Destro, che esternamente mostra evidenti diverse stratificazioni, che fanno pensare a continui rifacimenti anche notevoli, a cui è stato sottoposto l'edificio sacro nel corso dei secoli. 5 All'interno, sul lato destro dell'altare maggiore, è inoltre affiorato un doppio setto distinto di pavimento in cotto, su cui alla fine del sec. XVIII è stato innalzato lo stesso altare maggiore con la predella marmorea a 3 gradini. 6 In questo sforzo di ricomposizione ciò che lascia sconcertati è l'impossibilità di poter in qualche modo datare gli interventi. In ogni caso il tutto avviene certamente entro il sec. XV. Alla metà del sec. XVI risale il corpo aggiunto con muro dal lato sud (lato Vico Caliserna), leggermente obbliquo a rientrare, che ha allungato la chiesa di un paio di metri verso la facciata, nella sezione dell'antiporta, che fa da supporto alla cantoria e all'organo a canne, oggi distrutto. Tanto si deduce sia dal muro che dall'esterno appare chiaramente addossato e senza perfetta aderenza al precedente, sia da una pietra incastonata nello stesso muro in cui è leggibile l'anno 1549, senza altra scritta, che dovrebbe riferirsi proprio all'anno di costruzione del corpo. 7 A completamento di quanto fin qui detto, citiamo due elementi significativi, anche se da decifrare.


Una scritta quasi illegibile perchè consumata dal calpestio sulla pietra borchiata di una delle botole di accesso alle fosse tombali della navata destra, in cui si intrevede in alto un leone rampante con una sagoma di chiesa ed in basso appunto la scritta, in cui con molta cautela si riesce a leggere tra l'altro "... A. D. 1362 (o 1382)...". Incastonata tra i gradini di accesso all'organo, inoltre, vi è una pietra con la frase monca "HOC OPUS FIERI // D.NA IOANNA D.", senza possibilità di una valutazione plausibile. A meno che viene messa in relazione alla Regina Giovanna di Napoli ( 1343-1382) per vedervi il ricordo di un qualche donativo, in verità molto improbabile, della stessa per lavori effettuati alla chiesa di Campana. Potremmo eventualmente tentare un'altra ipotesi più localistica e pensare che quel resto di pietra provenga dall'altare di S. Biagio, sempre comunque nella Matrice, a cui una certa Donna Giovanna Acri, con atto rogato dal notaio Gio. Tommaso Fiorentino, l'8 maggio 1567 aveva lasciato una vigna in località Petrapertosa per un legato di una messa alla settimana da celebrarsi in suo suffragio. 8 Dalla Visita Pastorale del 1610 il corpo della chiesa non appare bisognevole di restauri particolari. L'arcivescovo Sanseverino, in quella occasione, sotto pena della privazione del diritto di patronato, impone al Sindaco Mag.co Pietro Giovanni de Madaro e all'Università di Campana solo di ampliare la sagrestia dotandola degli stipi necessari per la conservazione della suppellettile sacra. 9 Di particolare importanza è la descrizione della chiesa, di cui viene fatto l'elenco delle cappelle con i rispettivi patronati, i cappellani ed i beni dotali. Per darne un'idea seguiremo l'ordine così come appare nella preziosa Visita. Oltre all'Altare Maggiore, ufficiato dall'arciprete Giovanni Antonio Inglese, lungo le navate laterali si snodano le cappelle (o altari). SS. Sacramento . Vi è aggregata l'omonima confraternita, di cui tratteremo a parte. SS. Concezione (oggi S. Francesco di Paola). Di giurepatronato 10 degli eredi di Pietro Giovanni de Madaro, che lo aveva eretto e dotato nel 1578. In quell'anno vi è cappellano D. Pietro Antonio de Madaro, che vi celebra 4 messe settimanali. S. Maria di Monserrato , di giurepatronato degli eredi di Durabile de Costa. Cappellano economo è D. Giovanni A. Tramonte. S. Biagio . Di giurepatronato della famiglia de Acri, dotato da quella donna Giovanna, prima menzionata, nel 1567. Vi celebra due messe settimanali il cappellano D. Francesco de Acri. S. Andrea , eretto il 16 febbraio 1610 da D. Giovanni Andrea Ioverno, previa concessione ottenuta dalla Curia di Rossano. Vi celebra due messe alla settimana lo stesso fondatore del patronato. S. Francesco di Paola eretto da qualche anno da Giovanna Maria Celico e da Marco Antonio Marini. S. Giovanni Battista di giurepatronato di D. Filippo de Acrio, che vi celebra una messa settimanale. S. Caterina di giurepatronato di Paolo de Madaro e fratelli. Vi è cappellano l'arciprete D. Giovanni A. Inglese, che vi celebra una messa alla settimana. S. Francesco d'Assisi di giurepatronato del Not. Francesco di Aprigliano e del fratello Leonardo. Vi è l'onere di una messa alla settimana, celebrata da D. Pietro Antonio de Madaro. Cappellano, però, è D. Giovanni Perrotta, che vi celebra 2 messe settimanali. S. Pietro di giurepatronato di Scipione e G. Battista Marino. Due messe al mese vi sono celebrate da D. Giovanni Antonio Tramonte, economo. Spirito Santo di giurepatronato degli eredi di Giovanni Tommaso Pignatari. Vi celebra 2 messe settimana D. Francesco (...). S. Maria della Pietà con l'onere di due messe settimanali, celebrate da D. Felice Antonio Tramonte. Vi è aggregata l'omonima confraternita, di cui si parlerà più avanti. Se nel 1610 la chiesa matrice non ha avuto necessità di restauri, nel 1634 risulta, invece, in rifacimento il Campanile, per le cui spese è obbligata l'Università di Campana. 11 Nel 1652 risultano rifatti gli scanni lignei del coro, per i quali l'Università contribuì con 50 ducati. 12 Dalla lettera, già da noi citata, di Mons. Marino all'arcivescovo Andrea De Rossi, che lo aveva incaricato di fare in sua vece la Visita Pastorale a Campana, apprendiamo del cattivo stato in cui versa la chiesa matrice intorno al 1695. Il vescovo campanese, non solo denuncia il fatto, ma lamenta che pur essendo pronto da tempo il materiale, non si mette mano ai lavori per mancanza di muratori e perchè il duca Sambiase non dà piena libertà al Sindaco di versare quanto dovuto per i lavori. 13 C'è da aggiungere che nel 1698 l'arcivescovo Andrea Adeodato nella sua Visita non fa cenno a lavori nè fatti, nè da fare. Viene invece imposto al Sindaco di provvedere entro 6 mesi la matrice di un armadio decente, di pluviali bianco e nero e dei libri necessari per il coro. 14 L'arcivescovo Stanislao poliastri nel 1754 non ha nulla da lamentare, mentre il successore Mons. Guglielmo Camaldari nel 1767 ingiunge all'arciprete Giovanni Andrea Persiani di imbiancare la volta del coro e le pareti interne della chiesa, di provvedere di vetri le finestre e di una nuova lastra i sepolcri dell'Università. 15 Sul finire del Settecento la chiesa viene interessata da lavori di rifacimento. Di questo ci informa la scritta posta sulla facciata all'altezza dell'architrave del portale, in cui è detto che sotto il Sindaco Gaetano Cundari nel 1791 la chiesa è stata restaurata. 16


Inoltre nel 1798, ad opera di D. Giovanni Battista Palopoli, l'altare maggiore venne rivestito di marmi policromi. 17 L'Ottocento si apre con la chiesa in buone condizioni strutturali e tale apparve anche nel 1827 all'arcivescovo Salvatore De Luca, che trovò da ridire solo per lo stato di alcuni altari patronali, per le sepolture e per il coperchio del fonte battesimale. 18 Diversa è, invece, la situazione nel 1842 allorchè il Sotto Intendente di Rossano, con foglio n. 3296 comunicava al Sindaco Giuseppe Cundari il nulla osta ai lavori da fare alla chiesa matrice riguardanti la copertura, le vetrate ed un pezzo di muro. Su indicazione del Decurionato si decide di effettuare i lavori in economia affidando la sorveglianza allo stesso Sindaco e ai sacerdoti D. Francesco Grano e D. Domenico Felicetti. 19 Quest'ultimo, nella sua qualità di Vicario foraneo, nel maggio 1845 presentava ancora all'arcivescovo Pietro Cilento "l'infelice stato nel quale attualmente attrovasi questa matrice.... Il Comune non se ne interessa affatto, ad onta, che la Chiesa è di diritto Patronato". 20 L'appello cadde a vuoto. Il 2 ottobre 1856, infatti, D. Felicetti scriveva nuovamente a Mons. Arcivescovo chiedendo un suo intervento prechè il Sotto Intendente approvasse presto la perizia presentata dal Sindaco Pietro Grano "di circa Docati 300, onde accomodarsi questa Matrice, e Parrocchiale Chiesa, la quale minaccia rovina ogni quante volte non vi si applica un tal spesato, cotanto necessario, in maniera che volendosi omettere, sarebbe lo stesso, che restarvi sepolta la popolazione, e rimanere senza Chiesa, poichè trattasi di tettoja ed altro". 21 In precedenza l'arciprete Pietro Paolo Promenzio, con lettera del 10 novembre 1854 aveva chiesto al Sindaco, all'epoca Vincenzo Felicetti, che facesse approvare dal decurionato "l'accomodo delle sepolture Comuni e la navata della Chiesa, che mi sembrano più urgenti". 22 Non conosciamo l'esito delle richieste. Di certo l'arcivescovo Cilento nella Visita Pastorale del 1860 non fa cenno a lavori fatti o da fare alla Matrice. 23 Un'altra lunga vicenda riguardò le campane, lesionate almeno dal 1836. La pratica per rifarle durò quasi 20 anni. Malgrado l'istanza dell'arcivescovo Bruno Tedeschi del 12 ottobre 1836 all'Intendente di Cosenza e la risposta interlocutoria di questi del 29 novembre 1839, con cui informava l'arcivescovo di aver investito della cosa il Sotto Intendente del Distretto di Rossano, 24 solo nel 1853 potè avvenire nel paese stesso la fusione delle 3 campane richieste. 25 Il campanarista fu Biase Melillo, che presentò una nota spesa complessiva di duc. 465,57. 26 Nell'occasione della messa in opera delle campane venne anche sistemato il Campanile con un ritocco ai finestroni. 27 Nel 1874, infine, come rileviamo dalla scritta apposta al cordolo delle tegole sul muro esterno lato sud, 28 venne leggermente rialzato e rinforzato il tetto della chiesa. Da allora non si ha notizia di lavori consistenti, anche perchè dal secondo Ottocento cominciò ad essere maggiormente usata come sede parrocchiale la chiesa di S. Domenico completamente rinnovata. Nel Novecento lo stato della chiesa, rimasta pressocchè inutilizzata, andò via via deperendo fino al totale abbandono. La situazione si aggravò anche quando il flusso migratorio di massa per motivi di lavoro ed il trasferimento della popolazione verso i quartieri nuovi del paese (Croci, Convento, Argutulo, Picariello, ecc.) lasciò il rione Terra quasi completamente disabitato e lasciato agli eventi. Le conseguenze furono particolarmente disastrose nel 1968-70 quando una serie di crolli a catena delle case fatiscenti misero in ginocchio la zona bassa del rione con serio pericolo per la resistenza e l'incolumità dello stesso edificio sacro. Il tempestivo intervento di risanamento e di consolidamento del rione, messo in atto dal sindaco Ing. Ernesto Funaro, evitò il peggio. Anche la chiesa venne coinvolta in questi primi lavori di urgenza, per cui tra il 1972-73, oltre ad alcuni interventi al Campanile, venne rifatta e consolidata la copertura, che tamponò l'eventuale rischio di crollo. Altri lavori vennero eseguiti tra il 1982-84, sempre ad iniziativa dell'Amministrazione Comunale, e nel 198788 a cura del Genio Civile di Cosenza. Questi ultimi lavori, a seguito di un primo cedimento del pavimento della chiesa, riguardarono un primo svuotamento delle cripte ed il consolidamento della sagrestia in vista di un più minuzioso e articolato restauro delle stesse cripte e dell'intero pavimento. Con un nuovo progetto redatto dall'Ing. Gennaro Madera, dal 1989-90 sono iniziati i lavori del totale e complessivo restauro e recupero dell'edificio sacro, della torre campanaria e delle cripte da rendere nuovamente praticabili. 29 Una parola conclusiva, pur con molte comprensibili cautele, va spesa per i tesori d'arte conservati nella chiesa, che vanno dalle pale lignee a colonne scanalate degli altari dello Spirito Santo e S. Nicola del sec. XVII, 30 alla statuaria varia, alle tele recentemente restaurate o in corso di restauro a cura del parroco D. Salvatore Spataro e dell'Amministrazione Comunale. Di rilievo ancora l'altare maggiore rivestito di marmi policromi nel 1798, il Crocifisso ligneo, un tempo nella calotta irregolare dell'abside ed ora, restaurato, nella chiesa di S. Domenico, la tela dell'Assunta, anch'essa nella parte alta del coro ora impegnata con la nuova finestra. 31 Per l'incuria, il disuso e l'abbandono è, purtroppo, finito al macero l'organo a canne, di cui restavano alcuni anni addietro le canne e l'orchestra.

a)

La Torre Campanaria


Per l'imponenza delle forme, la rudezza dello stile e l'originalità della struttura, la Torre campanaria ("Campanaru") mantiene intatta la sua suggestione tanto da poter essere ritenuta, insieme alla Matrice e alla Torre dell'Orologio, il richiamo più forte e simbolico del paese. Certamente di epoca normanna (secc. XI-XII), 32 la torre è a pianta quadrata, con lato esterno di m. 7 ca. Poggia su quattro "massicci piedritti" in muratura, che fanno da stipiti sia ai due archi ogivali aoerti trasversalmente per il transito di Via Caliserna, sia ai due muri pieni, su cui insistono gli accessi alla casa privata ora andata distrutta da un lato ed alle cripte della chiesa dall'altro. 33 Il primo piano della torre termina con una soffittatura a crociera, su cui si ergono gli altri due piani, il secondo dei quali contiene le campane, ed il torrione-tamburo ottagonale di copertura. Il problema che sorge è se originariamente la torre fosse indipendente e staccata dal corpo della chiesa. Il problema è stato agitato dall'Ing. Madera alla luce dei sopraluoghi fatti nel corso dei restauri. A suo dire la Torre campanaria, per come appare al presente, sembra essere un organismo a se stante, collegato successivamente alla chiesa dal corpo di fabbrica che fa da disimpegno tra la torre e l'abside-coro della chiesa. La deduzione si basa sul fatto che detto corpo aggiunto è successivo, oltre che di fattura diversa e più povera rispetto a quella dell'attigua torre. 34 Malgrado ciò, permane, comunque, qualche perplessità sulla natura completamente autonoma delle due fabbriche e sull'uso esclusivamente civico della Torre campanaria. Se così fosse, come giustificare l'ingresso verso la chiesa senza una qualche attinenza, oggi apparentemente immotivata? Inoltre quale il senso dei due archi di transito sulla strada se non che fossero imposti dall'urgenza di garantire il passaggio da una parte all'altra del paese, che invece sarebbe rimasto sbarrato dalle costruzioni già esistenti ai lati della Torre? Non pare sufficiente il motivo delle esigenze architettoniche, del resto plausibili vista la natura rigida e tozza della torre stessa. Sono interrogativi che non ci fanno del tutto escludere che la Torre campanaria sia sorta in contemporanea e con qualche collegamento con la chiesa stessa. I problemi, come si vede, sono tanti e restano sul tappeto. Del resto il vano attiguo al coro-abside della chiesa, nella Visita Pastorale già menzionata del 1610, è indicato come sagrestia. E anzi, sia pure con qualche imprecisione, il Campanile, dotato di 4 campane, di cui due grandi e due piccole, è detto posto sulla porta della sagrestia. 35 Nel 1634 il campanile risulta essere interessato da lavori di rifacimento, per cui l'arcivescovo Pietro Spinelli, come è stato ricordato, esonera il Sindaco e l'Università dall'ottemperare all'acquisto di alcuni libri liturgici per poter sostenere le spese del campanile. Inoltre, poichè i lavori impedivano le celebrazioni dei legati di messe all'altare della Madonna di Monserrato, 36 il cappellano D. Carlo Pugliese venne autorizzato a celebrare all'altare di S. M. degli Angeli fino a quando non fossero stati ultimati i lavori al campanile ("donec non fuerit confectum Campanile"). 37 A parte la sostituzione delle campane, di cui si è già parlato, non ci risultano altri lavori di rilievo effettuati al Campanile fino al 1972-73, al tempo dei lavori di risanamento generale del rione Terra, interessato dai crolli delle case e che coinviolsero anche la Matrice. Dal sindaco Funaro il Campanile in quella occasione venne dotato di una scala di accesso alle campane più comoda e solida. Come se gli altri malanni non fossero bastati, nel novembre 1981 un fulmine si abbattè sul Campanile provocando una grossa crepa sul tamburo di copertura, che venne poi sanata con un intervento più complessivo dell'Amministrazione Comunale nel 1982-84.

b)

Le cripte sepolcrali

Pur essendo noto che la matrice avesse le cripte sepolcrali, non c'era mai stata opportunità di verificarne la consistenza e la progettazione. Il crollo di parte del pavimento ed i successivi interventi di svuotamento e di consolidamento iniziati a partire dal 1987 e tuttora in corso, hanno consentito di avere il quadro completo della situazione, che sarà ancora più evidente alla ultimazione dei lavori. Dai saggi e dalle ispezioni fatte dall'Ing. Gennaro Madera è risultato che le cripte sono abbastanza alte da permettere il camminamento, sono a copertura a botte ed espanse sotto tutto il piano chiesa, ivi comprese le navate, il presbiterio, il coro e la stessa sagrestia. L'uso di seppellire i morti nelle chiese è antichissimo, per cui possiamo ritenere che le cripte sono nate con la chiesa. Di sicuro la presenza delle cripte è confermata nel 1362/82, come risulta dalla botola di accesso alle stesse posta nella navata della cappella della Pietà, all'altezza della colonna del pulpito. Di solito la navata principale era riservata alle sepolture comuni dell'Università, il presbiterio ai sacerdoti e le navate laterali dove insistono gli altari alle famiglie intestatarie dei patronati. Una descrizione sommaria della distribuzione dei loculi si evince dalla Visita Pastorale fatta dall'arcivescovo Salvatore De Luca nel 1827-28. Dopo aver visitato i singoli altari, infatti, il presule controlla i rispettivi sepolcri facendo le debite osservazioni. Nell'occasione interdisse il sepolcro vicino all'altare della Concezione fino a quando non fosse stato ricoperto e livellato al pavimento; interdisse i sepolcri delle famiglie Tassone, Costa, Aprigliano, Spina e Grilletta fino a quando non fossero stati provvisti di lapidi; una nuova lapide venne imposta al sepolcro posto sotto l'altare di S. Giuseppe; per il sepolcro sotto l'altare di S. Francesco comandò di togliere la lapide e di creare un nuovo passaggio lontano dalla predella dell'altare; per i due sepolcri detti "della Comune" comandò di livellare in uno la botola col pavimento e nell'altro di apporvi una nuova lapide; una nuova lapide richiese anche per il sepolcro dei bambini, mentre interdisse del tutto il sepolcro vicino all'altare di S. Nicola. 38


Analoghi interventi erano stati fatti anche nelle Visite Pastorali precedenti. Nel 1767, per esempio, l'arcivescovo Caldamari aveva imposto che i sepolcri dell'Università ( della "Comune") restassero interdetti fino a quando non fossero stati chiusi con nuove lapidi. 39 Come pure nel 1782 Mons. Cardamone minacciò di interdire i sepolcri delle famiglie Tassone e Aprigliano (le stesse del 1827) se non avessero provveduto entro 4 mesi a tre nuove lapidi la prima e a nuove corone la seconda. 40 Uno degli ultimi riferimenti sui sepolcreti l'abbiamo nella Visita Pastorale tenuta a Campana dall'arcivescovo Pietro Cilento il 7-8 giugno 1851. Vengono elencati i sepolcri visitati con questo ordine: famiglie Grilletta e Grano, Spina, Pugliese, della chiesa "pro sepeliendis parvulis", della comunità, famiglia Madera, tre sepolcri della comunità, della comunità "pro coemeterio, famiglie Palopoli e Lautieri, Tassone "pro uxore ex familia Ioverno", Spina "ad pedes Altaris Immaculatae Conceptionis, tre sepolcri della comunità situati "in cornu Evangelii", uno ai piedi dell'altare di S. Francesco, famiglie Beraldi e Costantini, Spina e Ausilio. 41 A conclusione della Visita, tra gli 11 decreti emanati, il n. 4 riguardava proprio i sepolcreti. E' detto: "Interdisse il sepolcro della famiglia Spina finchè si provegga di nuova pietra, come ancora un altro sepolcro della famiglia Spina a pie' dell'Altare dell'Immacolata Concezione. Interdisse tre altri sepolcri della Comunità, che tutti tre sono in cornu Evangelii nella navata della Chiesa. Comandò di atterrarsi il sepolcro a pie' dell'Altare di S. Francesco di Paola, perchè prossimo all'Altare medesimo; interdisse un altro, che appartiene alla famiglia Spina". 42 Come si nota, malgrado lenuove leggi che vietavano le sepolture nelle chiese, per mancanza di mezzi e di strutture cimiteriali adeguate, si continuò a farle nella matrice fino al 1865, anno in cui si iniziò a seppellire nel cuono cimitero di località Zimmariello. 43 In verità la costruzione del cimitero fu molto tribolata. Fin dal 1840 il Decurionato, con sindaco l'Avv. Saverio Serra, aveva indicato come possibili sedi prima l'ex convento di S. Domenico (giudicato però troppo vicino al paese), poi la chiesa rurale della Madonna delle Grazie (scartata perchè troppo distante dal paese e priva di sepolcri) ed infine l'area del convento di S. Antonio. 44 Successivamente, però, venne scelta la località Zimmariello equidistante dai due rioni popolosi della Terra e dei Croci. Nel 1851 l'arcivescovo visita anche il Camposanto, di nuova costruzione "extra moenia", dove erano previsti 12 sepolcri, di cui uno per i sacerdoti ed un altro "pro coemeterio" comune. 45 Nel 1860, però, malgrado la costruzione fosse già iniziata, il Camposanto era ancora incompleto, per cui Mons. Cilento, nella citata Visita, lo dichiarò "nn ancora adatto per la sepoltura dei cadaveri" (f. 64). Come è stato ricordato, il primo seppellimento ci sarà alla fine di agosto del 1865.

2.

Le altre chiese

Organizzata attorno alla chiesa matrice, la vita religiosa del paese, anche se è presumibile che esistessero ancora prima, non si ha notizia delle altre chiese fino al sec. XVI. A partire da ora, soprattutto per la concomitante significativa testimonianza delle Visite Pastorali degli Arcivescovi di Rossano, le informazioni sono più ampie e lineari da consentirci l'elaborazione completa del quadro. Il primo ragguaglio ci è dato da Mons. Lucio Sanseverino, più volte menzionato, nel 1610. In tale anno l'arcivescovo fa la visita anche alle chiese della SS. Trinità, SS. Annunziata, S. Salvatore, S. Maria delle Grazie (all'epoca dei domenicani). Non si fa ancora parola di S. Maria di Costantinopoli, che sorgerà certamente negli anni immediatamente successivi.

a)

SS.ma Trinità

Beneficio libero di diritti di patronato, la chiesa, che esiste da tempo immemorabile, è detta "extra menia terre Campane". 46 Dal 1609 vi risulta cappellano D. Vincenzo de Acri, che era subentrato al defunto D. Giovanni de Acri. Ha l'onere di celebrare due messe alla settimana, di cui una di domenica all'altare maggiore e l'altra in giorno feriale all'altare di S. M. del Carmelo. 47 Avendovi rinunciato nel 1612, al suo posto venne nominato D. Francesco Antonio de Acri. 48 Oltre all'altare maggiore e a quello della Madonna del Carmine vi era un terzo altare con icona. Come pure vi erano conservate le immagini di S. Giovanni Battista e S. Francesco di Paola. Provvista di discreta suppellettile sacra, disponeva di una buona dote patrimoniale, frutto di donazioni private. Tra i suoi beni sono menzionati case palazziate nel rione Destro; alcuni pezzi di terre in località Cona; un albero di fichi nella vigna di Battista Perrotta al Cerasetto; un catoio nel rione Manco; una vigna con alberi e macchia in località m. melo nel fiume Azzolino; un pezzo di terra al Piano della Chiata, come risulta da atto del Not. Francesco de Aprigliano; un pezzo di terra in luogo detto Maurici, come da donazione scritta di Scipione de Acri del 1594; un'altra casa palazziata nel Manco, lasciata da Mella de Acri con testamento del 20 marzo 1609 del Not. Francesco Antonio de Acri; pezzi di terra al Piano di S. Maria, a Collaca; tre piedi di castagne in località Cazzaleno; altri pezzi di terra a Cosima e a


S. Lorenzo, come da atto del Not. Pietro Antonio de Madaro; un censo annuo di 13 carlini sulla casa e sull'orto di Pietro Boccaccio, come da istrumento del 3 novembre 1608 del Not. Luigi Perrogini ed altri censi ancora e beni stabili vari.49 Nel 1652 vi è economo D. Giulio Grilletta, subentrato al defunto D. Felice Antonio Tramonte. L'arcivescovo Giacomo Carafa, avendo notato nel 1652 che il tetto faceva acqua e che la porta era sgangherata, sequestrò i beni degli affittuari e dei debitori perchè si facessero tutti gli accomodi necessari alla chiesa. 50 Nel 1664 per la morte di D. Marco Antonio Perrone, la chiesa è concessa a Paolo de Acri e alla morte di questi, il 27 aprile 1674, a D. Domenico Pignataro di Marcello. 51 Nella Visita Pastorale del 1678 la chiesa appare in buono stato, fatta eccezione della finestra verso occidente, che deve essere chiusa con muro. 52 L'arcivescovo Camaldari nel 1767, avendo trovato l'altare indecente, impose a D. Marco Antonio Inglese procuratore della chiesa di acquistare ex novo tutta la suppellettile, pena la multa di 10 ducati da destinare ad opere pie. 53

Nel 1782 la chiesa è ancora funzionante. Rettore è D. Carlo Grano, a cui l'arcivescovo Cardamone ingiunge di intonacare parte delle pareti, di imbiancare totalmente la chiesa, di rinnovare la suppellettile liturgica. 54 A partire da tale anno non si hanno altre notizie sulla chiesa, il che fa supporre che sia andata distrutta tra il Settecento e l'Ottocento. I suoi beni vennero fatti confluire nelle Opere Pie ed affidate all'amministrazione della Commissione di Beneficenza. Nel 1835 la rendita era di duc. 9.01. 55

b)

SS.ma Annunziata

Anch'essa libera da giurepatronati, sempre nella Visita del 1610 è indicata "extra moenia". Vi è cappellano D. Giovanni Antonio Inglese, che vi celebra la messa ogni sabato. Dotata di un piccolo campanile, appare anche provvista della suppellettile necessaria, conservata in una cassa. Possiede un pezzo di terra in località Manco di Ponzo presso Torracca, ed un altro a S. Iapico presso la via che porta alla Ronza; possiede inoltre alberi di castagne alla Ronza ed un prato al Piano di S. Maria. 56 L'abate Pietro Antonio de Madaro, arciprete di Bocchigliero e beneficiario della chiesa, nel 1629 dal Visitatore Apostolico Mons. Andrea Perbenedetti è obbligato a sistemate il tetto perchè "piovoso". 57 Nel 1640, per la morte del De Madaro, la chiesa è data a Giovanni Bernardino de Martino, prete di S. Severina, unitamente a S. Nicola de Cassia, in territorio di Pietrapaola o di Crosia. 58 Entrambi i benefici con l'aggiunta dell'Annunziata di Calopezzati, il 14 ottobre 1655 sono concessi a Carlo Blasco di Rossano. 59 Gli oneri di messe sono comunque assolti in questi anni da D. Marco Niger di Bocchigliero. Nel 1652 la chiesa deve avere il tetto rifatto. Detta anche "abbazia", nel 1678 titolare del beneficio è l'abate Annibale Pipino, arcidiacono di Rossano, che provvede a farvi celebrare la messa settimanale da D. PIetro Sciarrotta. In atto di S. Visita l'arcivescovo Ursaia restò allibito fino alle lacrime per lo stato desolante della chiesa. Le pareti vicino all'altare minacciavano rovina, le tegole della copertura era come non ci fossero, la sporcizia faceva da padrona. Davanti a questo stato di cose diede incarico a D. Pietro Sciarrotta di provvedere a tutto nel più breve tempo possibile. 60 La situazione, comunque, non migliorò perchè nel 1698 la chiesa è ancora in uno stato pietoso, per cui Mons. Adeodato, in Visita, confermò l'interdetto. Vi risultava beneficiario l'abate napoletano Andrea Grisafulli. 61 Malgrado le minacce, la chiesa continuò nel suo deperimento. Nel 1767, anche se vi è beneficiario l'abate Giovanni Battista Gentile di Roma, la chiesa è curata dall'affittuario D. Serafino Ferrari di Rossano, il quale da anni non soddisfa alla celebrazione delle messe. Inoltre nella chiesa risultano da rivedere completamente il tetto ed il soffitto e deve essere rifatta la porta maggiore. L'arcivescovo Camaldari, alla luce di ciò, decretò il sequestro della rendita, da cui si doveva detrarre il compenso per la celebrazione delle messe arretrate, ed in più entro 4 mesi dovevano essere eseguiti tutti i lavori di restauro richiesti. A questo aggiunse che, essendoci il probabile sospetto che la chiesa era stata dissacrata, prima di riprendervi le sacre celebrazioni venisse benedetta secondo il Rituale romano. 62 Nel 1782 l'arcivescovo Cardamone trovò quasi lo stesso disastro, per cui incaricò il Vicario foraneo di Campana a sequestrare la rendita al beneficiario D. Giuseppe Mandarini, per ottemperare alle opere necessarie. 63 Anche di questa chiesa si sono perse le tracce. Resta il ricordo nella toponomastica: il Largo Annunziata ("Runziata") indica la zona dove sorgeva la chiesa poi andata distrutta forse ai primi dell'Ottocento.

c)

SS.mo Salvatore

Ubicata sulla Via Caliserna all'altezza della fontana-abbeveratoio fatto costruire nel 1964 dal V. Sindaco Avv. Giuseppe Ambrosio, la chiesa venne eretta probabilmente intorno alla metà del sec. XVI da Antonio Maria Inglese e Nel 1610 vi è dalla moglie Maria Mingrone, che di conseguenza vi godevano del diritto di patronato.64 cappellano D. Giovanni Antonio Inglese, che soddisfa all'onere di tre messe settimanali. Dall'arcivescovo Sanseverino viene richiamato ad ottemperare entro 2 mesi ai provvedimenti non eseguiti della precedente Visita Pastorale del 1608.


Tra i suoi beni vanta alcuni alberi di fichi con una grotta in località Grutticella e diversi censi annui, tra cui uno di 14 carlini sulla casa di scipione de Corno nel rione Manco; un altro di carlini 8 sulla casa di Minerva Pugliese vicino alla stessa chiesa; altro censo più consistente di duc. 22, di cui è obbligato Velanzio Santoro di Bocchigliero, come risulta da istrumento rogato dal Not. Francesco de Aprigliano. 65 Possedeva inoltre un legato fatto dallo stesso testatore con atto del Not. giovanni Luigi Perrogini del 6 gennaio 1599 ed un censo di duc. 18 sui beni di Giovanni Luigi Caligiuri, di Scala, come risulta da istrumento redatto dal Not. Giovanni Gerolamo Puglise il 13 ottobre 1593. 66 Nel 1634 il patronato è ancora di Ferdinando Inglese, mentre gli oneri di messe sono soddisfatti da D. Pietro Maiorano. A parte qualche intervento per la suppellettile liturgica, per il resto Mons. Spinelli in Visita Pastorale non ha nulla da osservare. Analoga situazione si rileva nel 1652 quando cappellano è Ferdinando Inglese iunior, ancora chierico, sostituito nella celebrazione delle messe da D. Marco Niger. Come risulta dalla Visita Pastorale del 1678, la chiesa ha anche un altare dedicato a S. Maria del Carmelo, eretto da Didaco Inglese, senza pesi di messe. Il cappellano è D. Filippo Turzano. A lui probabilmente succede prima D. Marcello Pugnataro e poi D. Muzio Madaro. Nel 1767 la chiesa non è in buono stato. Deve essere rifatto l'intonaco delle pareti con l'imbiancatura, deve essere riparato il soffitto e rivisto il tetto. Inoltre il giurepatronato è comproprietà tra le famiglie Inglese e Madera; cappellano è D. Tommaso Funaro. Mons. Camaldari per la situazione disastrata interdice la chiesa dando 4 mesi di tempo per i rifacimenti urgenti. 67 Da questo periodo, anche per il SS. Salvatore, si perdono le tracce. Pare che la chiesa sia andata distrutta da un incendio e poi non più ricostruita.

d)

S. Maria delle Grazie

Sorta annessa al convento dei Domenicani nel 1569, dopo il trasferimento dei religiosi nel nuovo convento di S. Domenico nella prima metà del Seicento, dall'arcivescovo Francesco M. Muscettola tra il 1718-38 è affidata alla cura del clero locale, che vi nomina un suo Procuratore. La notizia è tratta dalla Visita Pastorale di Mons. Camaldari del 1767, in cui è detto che Mons. Muscettola aveva anche decretato che la messa vi vevisse celebrata di domenica, invece che di sabato. Il nuovo arcivescovo aveva interdetto l'altare di S. Gaetano perchè privo del necessario, mentre non aveva trovato da ridire per l'altare maggiore. 68 Il provvedimento meraviglia un pò perchè, come si legge nella iscrizione in alto, i due altari erano stati rifatti appena nel 1763, uno - quello di sinistra - da D. Domenico de Madera e l'altro probabilmente da un Palopoli. 69 Nel 1782 Mons. Cardamone ingiunge al R. Clero di rifare l'intonaco e la pittura ai due altari di S. Pantaleone e S. Gaetano ed alle altre pareti e di provvedere la chiesa di vasi e di nuova suppellettile liturgica. 70 L'arcivescovo De Luca nel 1827 comandò di rifare il tavolato del solaio nella parte rotta, tollerando altro. 71 Probabilmente a partire dai primi dell'800 i ruderi dell'ex convento sono occupati da un "romito", che assicura una qualche manutenzione alla chiesa e coltiva il terreno circostante. Nel 1851 la presenza dell'eremita è registrata nella Visita dell'arcivescovo Cilento, in cui è annotato anche che il procuratore vi celebra con solennità e con la messa cantata a spese del clero nelle festività e nei sabati importanti. Al posto dell'altare di S. Gaetano vi è menzionato quello della Presentazione, mentre S. Pantaleone resta interdetto fino a quando non sarà provvisto di sacra immagine, della predella e degli altri ornamenti. La chiesa inoltre possiede beni con una rendita annua di circa 20 ducati. 72 Accantonata intorno al 1840 l'ipotesi di destinare la chiesa ed il terreno adiacente ad uso cimitero, nel 1897 la chiesa, ad iniziativa del sindaco Silvio Cundari viene riparata a spese dell'Amministrazione Comunale. 73 Nel primo Novecento, senza che la chiesa venisse ufficiata, i locali annessi continuarono ad essere occupati dal "romito", che si manteneva coltivando il terreno attiguo. A memoria d'uomo gli ultimi inquilini che si ricordano sono stati Gaetano Crescente, mutilato, Pietro De Marco ed ultimo il maresciallo in pensione Egidio Bonzi, che vi rimase fino al 1953, anno della sua morte. 74 Nel 1961 l'arcivescovo Giovanni Rizzo ha promosso la chiesa a Santuario diocesano. 75 Nel 1993, per un incendio per fortuna subito domato, provocato da ceri votivi rimasti accesi, la chiesa ha rischiato di andare a fuoco. Salvata in tempo, andò in frantumi la sola statua in gesso della Madonna delle Grazie, pregevole opera degli inizi del secolo. In seguito all'incidente il parroco D. Salvatore Spataro non solo ha provveduto ad una statua nuova, 76 ma ristrutturò la chiesa ed i resti diruti dell'ex convento ricavandone comodi ambienti per accoglienza e giornate di spiritualità. Anche i due altari laterali, con dono votivo dell'Ing. Vincenzo Madera a nome dei figli Giovanni e Maria Elena, sono stati arricchiti nel 1996 con i bei mosaici dell'Annunciazione e della Visitazione, opera della ditta Mellini di Firenze.

3.

Gli Arcipreti


Il primo arciprete di cui si ha notizia è D. Graziano, che nel 1325 paga di decima papale 1 tarì e 15 grana. 77 Per i secoli precedenti e successivi non abbiamo altri riferimenti prima del Seicento. Da questo periodo, facendo tesoro sia dei Registri Parrocchiali, sia di documenti vari dell'Archivio Diocesano di Rossano, è stato possibile ricostruire con abbastanza precisione l'elenco pressocchè completo degli Arcipreti. 1. GIOVANNI ANTONIO INGLESE. E' già arciprete nel 1610. Non sappiamo fino a quando rimane in carica. 78

2. FABIO MADARO. Compare nel 1629, ma in tale anno lo era già da prima. 79 Muore nel 1671. 3. SALVATORE MARINO. Prima di diventare arciprete vi opera come Vicario economo. Non si conosce l'anno di morte e non è ricavabile dal Registro dei Battesimi perchè mancano i fogli dal 25 ottobre 1682 al 1684, da cui desumere l'informazione. 4. LUCIO de MADERA. Succede al Marino, ma per la ragione sopra addotta, non è chiara la data precisa. Di certo nel 1684 è già arciprete e vi rimane fino al 1712, anno della sua morte. 80 5. MAURIZIO TRAMONTE. 81 Primo atto registrato da arciprete è del 14 ottobre 1712. Muore nel 1720. Il suo ultimo atto di battesimo è dell'8 agosto 1720. 6. GIUSEPPE PETTINATO. Prima Vicario economo, si firma arciprete dal 21 gennaio 1721. 7. GIOVANNI ANDREA PERSIANI. Arciprete dal 1726 al 1769, anche se alcuni elementi lasciano perplessi sulla data di conclusione. Nel 1758, per esempio, si firma arciprete un certo D. Pietro De Filippis; 82 l'anno successivo vi compare Economo D. Giuseppe Palopoli. 83 8. STEFANO LUPINACCI. Ordinato sacerdote nel 1758, è arciprete dal 1769 al 1806. Tra il 1809 ed il 1819 seguono una serie di Economi Curati, per i quali ignoriamo la causa. Si tratta dei sacerdoti D. Tommaso Serafini (1809-1810), D. Giuseppe Troiani ( 1810-13), D. Samuele Corrado (1813-15), D. Tommaso Cosentino (1815-17), D. Domenico Greco (1817-20). 9. PIETRO PAOLO PROMENZIO. Di Caloveto. Arciprete dal 1819 al 1860. Nel 1842 l'arcivescovo Bruno Tedeschi nel corso della Visita Pastorale gli assegnò come economo curato D. Domenico Felicetti per il rione Terra e D. Francesco Grano per il rione Croci. Dal 1860 al 1873 la carica di arciprete restò vacante, per cui l'arcipretura venne affidata nuovamente agli economi curati D. Domenico Felicetti (1860-63), D. Domenico Manfredi (1863-71), D. Francesco Grano (1871-74), D. Domenico Ioverno (1874-76), D. Nicola Ausilio (1877-78). 10. NICOLA AUSILIO. Divenne arciprete nel 1879, dopo 2 anni di economo curato. Caduto ammalato, dal 1912 al 1914 ebbe come vicario economo D. Andrea Volpe. 11. ANDREA VOLPE. 84 Alla morte di D. Nicola Ausilio (1914) resse per 2 anni l'arcipretura come economo curato, finchè nel 1916 venne promosso arciprete. Completò i lavori di restauro di S. Domenico, iniziati da D. Nicola Ausilio. Nel 1924 si trasfrì a Taranto, dove nel frattempo Arcivescovo era stato promosso Mons. Orazio Mazzella, già a Rossano. 12. GIOVANNI SARACENO. Di Rossano. Vi restò dal 1924 al 1926. Tra il 1926-32 con la nomina di Parroco operò il coriglianese D. Roberto Migliacci , a Campana come insegnante elementare dal 1924. Si rese benemerito per aver fondato l'Asilo Infantile, oggi a lui intitolato, ricuperando i ruderi di una parte dell'ex convento dei Domenicani. 85 13. GAETANO PANCALI. Dopo 4 anni trascorsi a Rossano, assunse l'arcipretura il 15 agosto 1932. Vi rimase fino alla morte, intervenuta il 19 febbraio 1983. Nel 1977 l'arcivescovo Antonio Cantisani gli ha ottenuto il riconoscimento di Cappellano di S. Santità col relativo titolo di Monsignore. 14. SALVATORE SPATARO. Parroco di S. Antonio fin dal 1971, è succeduto a D. Gaetano nel 1983. E' in carica.


N O T E 1

Si tratta di grossi mattoni e tegole con la presenza di ossa indecifrabili. I lavori, iniziati nel 1989-90 risultano al momento sospesi per dichiarato fallimento dell'impresa appaltatrice. 3 Ad un tempietto bizantino richiama anche il pezzo di colonnina decorata a vitigno e grappoli d'uva rinvenuta durante i precedenti lavori del 1983-85 curati dall'Amministrazione Comunale del sindaco Funaro. La colonnina ed altri oggetti rinvenuti nella stessa circostanza erano stati riciclati come materiale di riporto nei successivi lavori di ingrandimento della chiesa. Oggi sono conservati nella Casa Comunale in attesa di essere esposti in un prossimo Museo Civico, da tempo sollecitato. 4 Dallo scavo del pavimento è affiorato il basamento del precedente muro perimetrale su cui è addossato l'attuale. 5 Questo secondo muro nella parte inferiore è sotto il piano chiesa al livello delle cripte. 6 Ringrazio l'Ing. Gennaro Madera per avermi passato l'informazione. 7 Più in alto, sul cordolo delle tegole si legge "A. 24 MAGG. 1874", anno in cui venne rinforzato e forse rialzato il cordolo di supporto del tetto. 8 Cfr. ADR, Acta imperfecta S. Visitationis del 1610 dell'arcivescovo Lucio Sanseverino. 9 Cfr. ADR, Acta imperfecta... 10 Il giurepatronato comportava il diritto di designare il cappellano ed il dovere di mantenere in ordine l'altare con le sepolture sottostanti. 11 Cfr. ADR, Acta S. Visitationis . 1634 di Mons. Pietro A. Spinelli, ff. 75-82. Proprio perchè impegnata a sostenere le spese del Campanile, l'Univesrsità venne esonerata dal provvedere ai libri liturgici. 12 Cfr. ADR, Acta Visitationis... di Mons. Giacomo Carafa, ff. 82-83. 13 Cfr. F. MARINO, Lettere Familiari , p. 102. 14 Delle inadempienze si era lamentato con l'arcivescovo l'arciprete D. Lucio de Madera. Cfr. ADR, Acta Visitationis Generalis Metropolis, ac Dioecesis Rossanen celebratae ab Ill.mo et Rev.mo D.no Andrea Adeodato Archiepiscopo Rossanensi anno 1698 , ff. 89-93. 15 Cfr. ADR, Acta Visistationis totius Archidiocesis. 1767 , dell'arcivescovo Guglielmo Camaldari, ff. 54-57. 16 Il testo: "TEMPLUM HOC INSTAURATUM FUIT ANNO DOMINI 1791 SINDICO D. GAETANO CUNDARI". 17 Ai due lati si legge inciso sul marmo: "SUPT.S VC. SS. SACR. P. D. IOAN BAPT. PALOPOLI" = "ANNO DOMINI 1798". 18 Cfr. ADR, Acta S. Visitationis (1827-28) di Mons. Salvatore De Luca Arcivescovo di Rossano , ff. 11-13. Rispetto a quella del 1610, la Visita Pastorale di Mons. De Luca presenta una situazione nuova delle cappelle, o altari, che elenchiamo per un eventuale confronto: Altare maggiore, B. M. V. della Concezione, SS. Sacramento, S. Giuseppe (nuovo), S. Francesco, S. Andrea, S. M. del Monte Carmelo (nuovo), S. Nicola (nuovo), Spirito Santo, S. M. della Pietà, Anime Purgatorio (nuovo). Non sono più 13, ma 11, di cui alcuni con nuova dedicazione. Quello di S. Nicola, in particolare, era stato eretto nel sec. XVII ad iniziativa della famiglia di Mons. Marino, che vi godeva il giurepatronato. Sul supporto ligneo dell'altare è riprodotto lo stemma del vescovo e fino agli anni quaranta di questo secolo vi era conservato il cappello episcopale, poi buttato al macero. La tela dell'altare, raffigurante S. Nicola vescovo, recentemente restaurata è ora esposta in S. Domenico: in precedenza nel 1795, come vi si trova scritto, era stata restaurata dall'arciprete Lupinacci. 19 Cfr. ACC, citato Registro Deliberazioni del Decurionato, 4 settembre 1842. 20 La lettera, datata 4 maggio 1845, è conservata nell'ADR, Cartelle Cilento . 21 Cfr. ADR, citata Cartella Cilento . 22 Nella lettera, conservata in copia nell'ADR, l'arciprete faceva rilevare "che quasi è poco meno di un secolo, da che non si è posto mano in detta Chiesa dal Comune, che vanta il giurepatronato di essa". Inoltre ricordava al Sindaco che da anni non veniva erogato il contributo annuo di duc. 20 "destinati pel mantenimento della Chiesa Parrocchiale". 23 Cfr. ADR, Visita Pastorale di Mons. Pietro Cilento. 1857-1874 , ff. 61-65. 24 Il riscontro era stato provocato dalla "memoria" fatta pervenire dall'arciprete Promenzio riguardante sia il rifacimento delle campane, sia "l'accomodo dell'organo della Chiesa Madre". La corrispondenza è conservata nell'ADR. 25 Una delle tre campane, la più piccola, venne destinata al Camposanto di località Zimmariello che in quegli anni era in costruzione. 26 Cfr. ADR, Stato dimostrativo della spesa occorsa per la fusione di tre campane, cioè una di cantuja dieci, la seconda di canduja tre ambedue della Chiesa Matrice, e la terza di rotula 20 per il Camposanto , Cartella Cilento. 2


27 Da notare che dette due campae sono altra cosa rispetto all'attuale campanone, rimasto lesionato a seguito di una gelata. Questo risale al 1871, a ricordo del X anniversario dell'Unità d'Italia. Vi è infatti inciso: "NELL'A. D. 1871 D.MO DEL RISORGIMENTO ITALIANO LA GIUNTA MUNICIPALE NICOLA SANTORO SACERDOTE NICOLA AUSILIO DOTT. FEDERICO VITALE E DEMETRIO CARVELLI FUNZIONANTE SINDACO CURARONO LA FUSIONE. LUIGI E DOM. VALENTINI FU NICOLA A COSENZA FECERO". 28 Come è stato ricordato vi si legge: "A. 24 MAGG. 1874". 29 I lavori, appaltati dall'impresa Mario Trozzo di Marano Marchesato, sono rimasti sospesi nel 1993 per difficoltà di gestione della stessa impresa, che è stata diffidata dall'Amministrazione Comunale in vista di una rescissione del contratto per affidamento ad altra impresa. I lavori erano stati appaltati dall'Amministrazione del Sindaco Ing. Saverio Greco. 30 Sulle basi delle colonne del primo è scolpito lo stemma del vescovo campanese Mons. Marino. Nel 1994 le colonne dei due altari, smontate e trasferite in un locale attiguo a S. Domenico in attesa di restauro, da ignoti sono state trafugate, con grave perdita e impoverimento del patrimonio artistico del paese. 31 Anticamente arricchito di seggi lignei, il coro si presenta sguarnito di tutto, ridotto a semplice spazio di passaggio o sostitutivo della sagrestia. 32 Lo fa pensare tra 'altro l'arco ogivale, tipico normanno, su cui insistono e si scaricano i piani superiori della torre. 33 L'accesso esterno sotto gli archi della Torre campanaria, probabilmente murato nel secolo scorso, è stato riaperto nel corso degli ultimi lavori di restauro. Si pensava che introducesse nelle cripte sepolcrali, mentre in realtà ne è completamente autonomo rispetto alla chiesa. 34 L'asserzione è supportata anche da alcuni aspetti tecnici: l'uso disordinato e raccogliticcio di materiale pregiato riutilizzato, i cantonali non a piombo, aperture disimmetriche ed approssimate: cfr. Relazione Storico-Artistica apposta al Progetto di "Restauro Chiesa Matrice", gentilmente messami a disposizione dall'Ing. Madera. 35 "Visitavit Campanile in quo adsunt quatuor campane due magne, et due parve; supra portam sacristie adest Campanile": cfr. ADR, Acta imperfecta S. Visitationis , citati. 36 Dalla descrizione degli altri, quello di S. M. di Monserrato doveva collocarsi tra la cappella del Sacramento e quello della SS. Concezione. 37 Cfr. ADR, Acta S. Visitationis. 1634 dell'arcivescovo Spinelli, ff. 75-82. 38 Cfr. ADR, Acta S. Visitationis di Mons. Salvatore De Luca, ff. 11-13. 39 Cfr. ADR, Acta Visitationis totius Archidiocesi. 1767 , ff. 54-57. 40 Cfr. ADR, Visita Pastorale di Mons. Andrea Cardamone. 1782, ff. 56-59. 41 Cfr. ADR, Visitationis Universae Dioecess an anno 1845 ad annum 1851, di Mons. Pietro Cilento, ff. 65-70. 42 Cfr. ADR, Visitationis Universae Dioecesis..., ff. 69-70. Nella Visita Pastorale dello stesso Arcivescovo tenuta nel maggio 1860 la famiglia Spina venne dichiarata decaduta dal diritto di patronato sull'altare dell'Immacolata Concezione "per non aver adempiuto ai Decreti dell'ultima S. Visita": cfr. ADR,Visite Pastorali di Mons. Pietro Cilento 1857-1874 , ff. 64-65. 43 La prima ad esservi seppellita fu Teresa Pugliese, di anni 35, sposata a Giuseppe Ioverno, il 29 agosto 1865. Ringrazio l'amico Espedito Chiarello per avermi fornito l'informazione. 44 Cfr. ACC, Registro Delibere del Decurionato , 1° febbraio 1840. 45 Cfr. ADR, Visitationis Universae Dioecesis... ,dell'arcivescovo Cilento. 46 La chiesa era ubicata a ridotto della Porta Trinità, nella parte bassa del rione Terra. Oggi, a parte il sito utilizzato fino a pochi anni fa ad orto, non resta altro. E' andata anche dispersa una pietra forse tombale su cui si leggeva un'iscrizione, di cui si ignora il contenuto. 47 Cfr. ADR, Acta imperfecta S. Visitationis , dell'arcivescovo Sanseverino. 48 Cfr. F. RUSSO, Regesto Vaticano , V, n. 27081 del 1° giugno 1612. 49 Cfr. ADR, Acta imperfecta S. Visitationis, dell'arcivescovo Sanseverino. 50 Cfr. ADR, Acta Visitationis, dell'arcivescovo Carafa. Gli Atti di questa Visita sono inseriti tra i ff. 82-83 della Visita del 1634 dell'arcivescovo Pietro Spinelli. 51 Cfr. F. RUSSO, Regesto Vaticano , VIII, nn. 40411. 43103. Don Pignataro figura beneficiario ancora nel 1698. 52 Cfr. ADR, Liber S. Visitationis, dell'arcivescovo Ursaia, ff. 62r-67. 53 Cfr. ADR, Acta Visitationis, 1767, ff. 54-57. Rettore della chiesa è il cariatese Tesaurario Grano, a cui viene minacciata la sospensione "a divinis", qualora la suppellettile non venisse acquistata entro 4 mesi. 54 Cfr. ADR, Liber S. Visitationis , 1782, ff. 56-59. 55 Cfr. ASC, Incartamento relativo a Censi de' Luoghi Pii di Campana, Cartella "Opere Pie Affari Speciali Campana 18321860". 56 Cfr. ADR, Acta imperfecta S. Visitatiois , 1610. 57 Cfr. ADR, Visita di Mons. Andrea Perbenedetti Vescovo di Venosa Visitatore Apostolico. 1629 , ff. 45v-46. 58 Cfr. F. RUSSO, Regesto Vaticano , VII, n. 33557. La rendita delle due chiese ammontava a 24 ducati annui. 59 Cfr. F. RUSSO, Regesto Vaticano , VII, n. 37648. 60 Cfr. ADR, Liber S. Visitationis, 1678. 61 Cfr. ADR, Acta Visitationis Generalis , 1698, ff. 89-93. 62 Cfr. ADR, Acta Visitationis , 1767, f. 57. 63 Cfr. ADR, Liber S. Visitationis , 1782, ff. 56-59.


64 Il patronato, a completamento di quanto detto in precedenza, comportava un complesso di privilegi e di oneri, che spettavano ai fondatori e legittimi eredi di una chiesa, di una cappella o di un beneficio. Si estrinsecava nel cosiddetto "ius presentandi et nominandi", cui si aggiungeva il "ius sepeliendi". Il patrono, cioè, aveva il diritto di presentare al Vescovo il sacerdote, spesso appartenente alla famiglia del presentatore, desiderato per l'ufficiatura della chiesa e di nominarlo all'ufficio, fatta salva comunque l'approvazione vescovile, che di solito non era negata: cfr. F. V. LOBSTEIN, Settecento Calabrese , Napoli 1973, pp. 6263. 65 Su questo censo non era consentito l'eventuale affrancamento da parte della famiglia senza debita autorizzazione della Curia di Rossano. 66 Quest'ultimo censo venne impugnato dall'erede della chiesa Ferdinando Inglese, in quanto il capitale, su cui era stato fondato, dallo stesso testatore era stato abbonato ai debitori in quanto poveri e quindi non faceva più reddito per il censo: cfr. ADR, Acta imperfecta S. Visitationis , 1610. 67 Cfr. ADR, Acta Visitationis , 1767. 68 Cfr. ADR, Acta Visitationis , 1767, ff. 54-57. 69 La prima iscrizione, soprastante lo stemma con leone rampante sormontato da 3 stelle su una bardatura centrale, dice: "D. O. M. - R. D. DOM.CUS DE MADERA EREXIT PRO SUA DEVOTIONE A. D. 1763"; in quello di destra, oltre all'anno 1763 si intravedono soltanto le lettere "...OPOLI", che potrebbe stare per (PAL)OPOLI. 70 Cfr. ADR, Liber S. Visitationis , 1782, ff. 56-59. 71 Cfr. ADR, Acta S. Visitationis , 1827-28, ff. 11-13. 72 Cfr. ADR, Visitationis Universae Dioecesis ab anno 1845 ad annum 1851 , ff. 65-70. 73 Cfr. ACC, Registro Deliberazioni Comunale , 22 aprile 1897. Una curiosità. Su un mattore murato all'ingresso della chiesa si intravede consumata una iscrizione risalente al 1901. Si riesce a leggere: "... Maria a devozione pagato Lire cento in affetto a S. M. delle Grazie... di f. ... Ionfrida P.". Probabilmente si trattò di un'offerta votiva. 74 Originario di Bergamo, il maresciallo Bonzi, congedatosi dalla Forestale si ritirò a vivere nei locali attigui alla chiesa allestendo una piccola azienda di polli. Alla sua morte lasciò tutto al Seminario di Rossano, affidando l'esecuzione a Domenico Renzo. 75 Il decreto è conservato nella sagrestia della chiesa. 76 La nuova scultura in legno è opera del maestro Moroder di Ortisei (Bz). 77 Cfr. F. RUSSO, Regesto Vaticano , I, n. 5237; D. VENDOLA, Rationes Decimarum..., n. 2528. L'anno successivo a fronte della stessa decima pagata, apprendiamo che con D. Graziano operano a Campana 13 sacerdoti: cfr. F. RUSSO, Regesto Vaticano , I, n. 5643. 78 E' menzionato nella più volte citata Visita Pastorale del 1610 dell'arcivescovo Sanseverino. 79 Cfr. APC, Registro dei Battezzati dal 1629 al 1721. E' il registro più antico pervenuto, per cui non è possibile farvi riferimento per gli anni precedenti. 80 Il suo ultimo atto di battesimo è registrato l'11 aprile 1712. 81 "Ad interim" per qualche mese funge da Vicario economo D. Silvestro Cornicello. 82 Cfr. ADR, Acta Ordinationis di D. Pietro Madera. E' proprio De Filippis, che attesta, in qualità di arciprete, l'idoneità del diacono Madera a ricevere il sacerdozio. 83 Cfr. ADR, Acta Ordinationis di D. Lorenzo Ausilio. E' D. Palopoli come Vicario economo a presentare e a fare la richiesta del sacerdozio per l'Ausilio. 84 Sacerdote di Amalfi, venne accolto in diocesi da Mons. Orazio Mazzella, che lo destinò a Campana come Vicario economo di D. Nicola Ausilio. 85 L'Asilo, come vedremo, sarà inaugurato nel 1931-32 sotto la cura benemerita delle Piccole Operaie dei Sacri Cuori, che ancora l'hanno in direzione.


CAPITOLO OTTAVO

CONFRATERNITE LAICALI E LUOGHI PII

La riforma religiosa voluta e promossa dal Concilio di Trento favorì dalla metà del sec. XVI un fiorire di opere e di iniziative organizzate che non tardarono ad esercitare il loro influsso benefico nella situazione di generale degrado e abbandono. Dappertutto sorsero ospedali, ospizi, scuole parrocchiali, educandati, monti di pietà e frumentari, che in breve diedero impulso ad un rinnovamento religioso e sociale di grande rilevanza. In questo clima di generale ripresa si innesca l'istituzione ex novo o il recupero delle Confraternite laicali, anche dette Congreghe o Fratìe, che grande fermento portarono all'incremento del culto e alle opere di carattere assistenziale. Un ruolo particolare svolsero le Confraternite del SS. Sacramento ( o del SS. Corpo di Cristo), sorte con lo scopo di fomentare il culto eucaristico ispirandosi e aggregandosi all'Arciconfraternita di S. Maria della Minerva di Roma, arricchita fin dal 1539 di privilegi e favori spirituali dal papa Paolo III. A queste, istituite obbligatoriamente in tutte le parrocchie, si andarono ad aggiungere, a macchia d'olio, quelle più strettamente devozionali dell'Addolorata (o dei Sette Dolori della B. V. Maria, a anche della Pietà), del Rosario, dell'Immacolata Concezione, del Purgatorio, di Santi particolari. In breve la stessa nomenclatura non potè essere più controllata. A Campana tra Cinque-Seicento di Confraternite ne sorsero tre e precisamente il SS.mo Sacramento, la Pietà e S. M. di Costantinopoli: le prime due aggregate alle omonime cappelle della Matrice, mentre la terza aveva chiesa e sede proprie.

1.

Confraternita del SS.mo Sacramento

Eretta nella cappella del Sacramento della chiesa Matrice, pur non conoscendosi l'anno di fondazione, è da presumere che sia sorta appena dopo la chiusura del Concilio di Trento (1563). Sul modello dell'omonima Arciconfraternita, fondata nel 1538 a Roma nella basilica S. M. sopra Minerva dal domenicano P. Tommaso Stella, 1 anche quella di Campana, ad essa aggregata con bolla del papa Clemente VIII del 24 dicembre 1604, 2 aveva come obbligazioni accompagnare il viatico ai moribondi con torcia accesa, assistere ad una messa solenne nella terza domenica del mese con la candela accesa durante l'elevazione, partecipare alla processione eucaristica nel I venerdì dopo il Corpus Domini, predisporre alla comunione i confratelli malati; recitare ogni settimana un Pater, Ave e Gloria. Come divisa nelle funzioni vestivano di sacco. 3 Dalla menzionata Visita Pastorale del 1610 si rileva che oltre ai comuni obblighi religiosi, i congregati avevano l'onere di due messe settimanali, una di domenica e l'altra di venerdì, celebrate in quell'anno dal cappellano D. Antonio Ioverno, con un compenso annuo di duc. 8 pagati dal Procuratore Diac. Orlando Puglise. Tra i beni posseduti figurano un pezzo di terra in località S. Giovanni, lasciato da Pomponio de Madaro, vicino alla via che porta ad Argutulo; alcuni piedi di alberi al Casale; un pezzo di terra in località Leone, donato da Domenico Longobucco; una casa al rione Manco; un annuo censo enfiteutico di 2 carlini sulla vigna di Giacomo (...) in località Petrapertusa; un pezzo di terra all'Irto del Barone; un pezzo di terra ulivetato a Torracca vicino alle olive della cappella di S. Caterina; un orto al Fosso; due alberi di fichi nella parte bassa del Manco; vari terreni alle Pendine; alcuni alberi di olivi alla Fresta (sic!); un pezzo di terra alla Conicella de picarello; alcuni castagni a Vescio; un pezzo di terra alla Pagliara, già di Ferdinando Inglese; terreni ancora alla Colla del Sacuvelli e al Pendino; alberi d'olivi a Garpi sulla via che porta a Palleca, dati da Lupo Antonio de Madaro; una casa e un catoio nel rione Destro vicino a Michele Funaro e a G. Battista Inglese come risulta dal testamento rogato dal Notaio Apostolico Cesare de Madaro; alcuni alberi di fichi in località Fosso lasciati da Faustina de Madaro come da istrumento del Not. Bartolo Fiorentino dell'11 agosto 1587; altro terreno in località S. Antonio lasciato da Angelo Pugliese; un annuo censo enfiteutico di 18 carlini e grani 4 sulla casa di Giovanni Tramonte nel Destro; un altro terreno a Vescio; uno al Varco della Chiata lasciato da Gaetano de Madaro con atto del Not. Bartolo Fiorentino; un terreno in località Pasqualo; altro fondo al Varco della Chiata; un casalino nella parte bassa del paese lasciato da Isabella Viola come da testamento del Not. Giovanni Perrogino; una vigna in località Cariglita già di Meranda Costantino; censi vari; un orto "extra moenia" in luogo detto "fuori della Porta" appartenuto a Domenico Viola; un terreno in località Serra di Ruberto lasciato da G. Tommaso Inglese; una casa al Destro; una vigna alla Piana di S. Maria lasciata da Innocenza de Martino in comune con la cappella della Pietà come da testamento rogato dal Not. Gio. Geronimo Puglisi; un censo annuo di 18 carlini dovuto da Sigismondo de Madaro su alcune piante di olive in località Pendina vicino al fiume Gamucella; una macchia alberata con ulivi e altro in località Azzolino lasciata da Domizio e Reale de Acrio; vari pezzi di terra a Celastrà, Prastinelle, Varco della Chiata vicino quest'ultimo alle terre della chiesa della Trinità; alcuni alberi alla Portara; un censo annuo di 4 carlini su un capitale di 4 ducati pagati da Giulio Ionfrida sul possesso di vigne in località Manganella come risulta da donazione del 2 marzo 1597; un


terreno alla serra di Rodero donato da Meranda Pignataro; un pezzo di terra in località "sub Rossani" appartenuta a Giovanni Tascione presso il vallone Vescio; fondi ancora in località Intrarsata, Pallecamo, Colla dello Garpino, S. Lorenzo; un annuo censo di 29 carlini su un capitolo di duc. 29 sulla casa e catoio di Cosimo Fellone nel rione Destro; un altro censo di 28 carlini sul capitolo di duc. 28 sulla casa di Paolo e Tommaso Ioverno nel Destro; un orto con alberi lasciato da Margherita Puglise al Manco, la quale aveva lasciato anche una vigna alle Manganella, come da testamento redatto dal Not. Luigi Perrogini; 4 altri pezzi di terra in località Celastrà, o Arca Cupa donati da Nardo de Madaro come da atto del 25 gennaio 1605; un terreno in luogo detto Cona dato nel 1606 da Cosimo Fellone; un terreno in località Laurenzana; un catoio al Destro; la casa del Manco vicino alla casa di Francesco de Martino; un annuo censo di 20 carlini su beni posseduti in località Petrapertusa come da istrumento del 5 aprile 1607 del Not. Francesco de Aprigliano; altro censo di 13 carlini sulla vigna di Felice de Aprigliano in località Petrapertusa; terreno a Pastinella; censo di 18 carlini sulla vigna di Fabio de Acrio in località "Fontana del fico"; censo di 20 carlini su una vigna e alberi in località Ciglio dalla parte inferiore del fiume Garpo; un pezzo di terra in località Muscosaggio; ed infine un terreno al Varco della Chiata in comune con la chiesa della Trinità. 5 L'ingente patrimonio era amministrato dai Procuratori D. Orlando Puglise e Pietro Giovanni de Madaro, che dovevano altresì provvedere a soddisfare i vari oneri di messe. Nel 1634 Procuratore è D. Geronimo Puglise, che oltre a celebrare le due messe settimanali, è tenuto a rendere conto dell'amministrazione della confraternita e a fare aggiustare la pianeta di damasco bianco. 6 L'arcivescovo Carafa nel 1652 impone al Procuratore D. Giulio Grilletta di praticare un'apertura alle sepolture. Le messe sono celebrate da D. Salvatore Marino e D. Martucci. 7 Nel 1678 vi è Procuratore D. Teodoro Russo, a cui è imposto dall'arcivescovo Ursaia di provvedere entro tre mesi ad una croce lignea; 8 nel 1698 Procuratore è D. Francesco de Madaro. Dalla metà del Settecento non si hanno più notizie della confraternita, 9 il che fa supporre con cognizione di causa che è rimasta soppressa a seguito della nuova legislazione di ferdinando IV di Napoli, che con il R. Dispaccio del 29 giugno 1776 soppresse definitivamente tutte le congregazioni religiose con scopi esclusivamente di culto. Il patrimonio venne incamerato e destinato alla pubblica beneficenza attraverso l'amministrazione delle "Opere Pie". Ma su questo torneremo nel successivo paragrafo.

2.

Confraternita della Pietà

Come la precedente, anche questa aveva la sede nella chiesa Matrice aggregata alla cappella di S. Maria della Pietà, la cui esistenza è certamente precedente all'erezione della Confraternita. Pur ignorandosi l'anno preciso della sua fondazione, non si può arrivare per Campana oltre la metà del sec. XVI. Del resto la prima confraternita di N. S. dei Sette Dolori venne approvata da Alessandro VI solo nel 1495 e quindi la sua diffusione anche con i titoli similari dell'Addolorata o S. M. della Pietà richiese del tempo prima di pervenire in Calabria et quidem a Campana. 10 Sempre sulla base della Visita Pastorale dell'arcivescovo Sanseverino del 1610 siamo informati che cappellano inamovibile della cappella e della Confraternita era in quell'anno D. Felice Antonio Tramonte, che percepiva annualmente 18 ducati per celebrarvi ogni settimana una messa di lunedì ed un'altra di sabato con la litania. 11 Oltre ad un buon corredo di paramenti sacri e di suppellettile liturgica, la Confraternita possiede un discreto patrimonio di beni fatto di case, terreni e censi, di cui diamo l'elenco nell'ordine come figurano nella Visita menzionata. Possiede una casa con catoio nel Manco, vicino alla casa degli eredi di Petruzzo de Rovito e di Nicola de Madaro, come da testamento del Not. Geronimo Puglise; una proprietà alberata in località m.ro Mele lasciata da donna Giulia Tramonte con un annuo censo di grani uno e mezzo, che in quell'anno si trova concesso in enfiteusi al chierico Paolo Ioverno, come da istrumento del 17 giugno 1607 redatto dal Not. Francesco de Aprigliano; un'altra casa sempre al Manco donata da Vittoria de Perri con atto del Not. Gio. geronimo Inglese; due case al Manco donate da Margherito Bonvenuta con istrumento del Not. Francesco de Aprigliano; un pezzo di terra al Varco della Chiata, vicino alle terre del Sacramento; un pezzo di terra in località Serra de la Lacera dato per elemosine da D. Matteo Pignataro; alcuni alberi di ulivi nel Vallone della Granata, ossia della Pendina, lasciati da Vittorio Puglise per beneficenza; un catoio al Manco lasciato da Fiore Galterio; un terreno in località piana dell'Irto del Ferro donato da Petrullo Marino; altro terreno in loc. Jrasima lasciato da Vincenzo Alimena e dalla madre Vincenza; un pezzo di terra al prato di Calamacha lasciato da Giacomina Rossano, come da testamento del Not. de Aprigliano; altri terreni in località Arvisce, Parrulla; una metà di vigna al Piano di S. Maria lasciata da Cenza de Martino (l'altra metà venne data al Sacramento) con atto del Not. Gio. Geronimo Puglise; un fondo a Muscosaggio lasciato da Matteo Marino; un censo di 15 carlini sulle terre di giovanni Tascione in località Montagna; censo di 15 carlini sugli ulivi di Giuseppe Maiorano e Bernardino Rocani in località Gamucella con diritto di affrancamento; censo di 19 carlini sulla casa di Salvatore e Gio. Giacomo Costantino nel Destro affrancabile; censo di 12 carlini; censo di 15 carlini affrancabile sulla casa del Not. Luigi Perrogini sita nel rione Manco e sulla vigna in loc. Petrapertusa, come da istrumento del Not. Francesco de Aprigliano; censo di 15 carlini sulla casa di Cesare e Tommaso Puglise nel Manco e sulla vigna in loc. la Certusa; censo di 12 carlini sulla casa di Menico Pignataro nel Manco come da atto del 30 novembre 1591; censo di 10 carlini sulla casa di Aurelio de Urso nel Destro e sulla vigna dello stesso Urso in loc. Matta pagliula; censo di 10 carlini su una proprietà ad Argutulo; censo di 32 carlini sui beni di Ferdinando Inglese e della moglie Dianira e su alcuni alberi di fichi nel Manco vicino a quelli della cappella


di S. Francesco d'Assisi, come da istrumento del 21 luglio 1609 del Not. Francesco de Aprigliano; censo di 9 carlini sulla vigna di Menico e Luca Truglio in località Acqua dello Milo vicino alla vigna dell'oratorio di S. Caterina; censo di 30 carlini sulla vigna di Menico Maiorano sita in loc. Piano di S. Maria, su un'altra vigna di Felice de Aprigliano in loc. Petra Pertusa e su quella di Giuliano Greco alla Serra de Jerardi, come da istrumento del 10 settembre 1609 del Not. de Aprigliano; un censo di 10 carlini sulla vigna di Tommaso Toscano alle Manganella come da istrumento della stessa data e notaio; censo di 18 carlini sulla casa e casalino di Pietro Giovanni e Vito Antonio de Madaro nel Manco, come da istrumento del 13 settembre 1610; censo di 5 carlini sulla casa di Bartolo de Madaro lasciata da d. Cenza ionfrida, come dal testamento di Lucio de Madaro; un catoio nel Destro lasciato da Francesco de Acrio con atto del 29 luglio 1611 nel Not. Francesco de Aprigliano; un pezzo di terra in località Lo griolo e Valle dello monaco dato da Madaro de Madaro; alcune piante di fichi nel Manco lasciate da Lupo de Madaro con atto del de Aprigliano; un pezzo di terra in località Pagliarella. La vigilanza sull'amministrazione di questi beni toccava ai Procuratori della Confraternita. Nel 1608 vi risulta D. Pietro Antonio de Madaro; nel 1609-10 D. Francesco Antonio Acri e D. Marcello Pignataro; nel 1610-11 Giovanni Vittorio Longobucco; nel 1634 di nuovo Pietro Antonio Madaro; nel 1652 Giovanni Antonio Puglise; nel 1678 Nicola Angelo Basuino; nel 1698 Muzio de Madaro. 12 Nel maggio 1621 la Confraternita ottiene dal Papa un'indulgenza, 13 mentre qualche anno prima, nel 1618, dall'arcivescovo Girolamo Pignatelli ricevette in dono, in comune con la Confraternita del sacramento, un prezioso Reliquiario, ancora oggi patrimonio del tesoro della chiesa. Vi si legge inciso: "SOCIETAS SANTE MARIE PIETATIS TERRE CAMPANE - A. D. 1618 - SOCIETAS CORPORIS CHRISTI TERRE CAMPANE". 14 Come per la Confraternita del Sacramento, anche di questa si perdono le tracce intorno alla metà del sec. XVIII, in conseguenza certamente del R. Dispaccio del 1776, che soppresse tutte le congregazioni religiose con esclusivo scopo di culto.

3.

Opere Pie e Pubblica Beneficenza

La soppressione delle Confraternite a scopo di culto e dei luoghi pii (cappelle) con la relativa incamerazione dei beni e delle rendite originò il fondo della pubblica beneficenza, la cui amministrazione sarà affidata in un secondo tempo ai Comuni, che si avvarranno dell'apposita Commissione di Beneficenza. Questa, costituita dal Sindaco collaborato da due membri designati dal decurionato e approvati dall'Intendente di Cosenza, restava in carica un triennio. Da un "Incartamento" conservato nell'Archivio di Stato di Cosenza ricaviamo che nel 1835 i luoghi pii di Campana fruttavano censi per complessivi ducati 100 e grana 81 all'anno. In particolare i luoghi pii elencati, complessivamente 8, erano: Sacramento (duc. 42:98), Pietà (duc. 27:45), S. Andrea (duc. 7:41), Trinità (duc. 9:01), S. Maria di Monserrato (duc. 2:34), Cappella del Salvatore (duc. 2:25), Legato Corno (duc. 2:02), Congregazione di Costantinopoli (duc. 1:35). 15 Chiaramente i fondi della pubblica beneficenza non si restingevano ai soli censi. Nel 1829, per esempio, ammontavano a duc. 1376 e grana 50, di cui 640 provenienti dal Sacramento e 727 dalla Pietà. 16 Quando la competenza dei Luoghi Pii passò ai Comuni, il 5 agosto 1804 tra il Sindaco Pasquale Lupinacci e l'arciprete D. Stefano Lupinacci si stipulò una convenzione con la quale si affidava la gestione dei fondi a due deputati, di cui uno ecclesiastico ed uno laico. Inoltre con pubblico Istrumento del 12 agosto 1804, tra il Sindaco e l'Arciprete, vista la nuova normativa che aveva soppresso la quota sulla decima da versare dal Comune al clero partecipante, per non lasciare la popolazione senza cura ed assistenza religiosa si conveniva di assegnare un contributo ai sacerdoti così ripartito: all'Arciprete una congrua annua di duc. 100 più la rendita dei fondi Castagne di Rajo, Cognale dell'Arcipretura e Orto della Croce in compenso della messa "pro populo" a lui spettante; a due sotto Parroci (o Economi) da scegliersi d'intesa con l'Arcivescovo di Rossano, duc. 36 ciascuno per l'aiuto offerto nella cura delle anime. 17 La nomina di due Economi curati sarà poi sollecitata dall'arciprete Pietro Paolo Promenzio, il quale, l'8 settembre 1842 sottopose all'arcivescovo Bruno M. Tedeschi, in Visita Pastorale a Campana, la difficile situazione del paese e dei due nuclei dei rioni Terra e Croce popolosi e distanti tra loro. In risposta l'Arcivescovo nominava Economo per il rione Croce D. Francesco Grano e per la Terra D. Domenico Felicetti, a cui saranno riservati annualmente i 36 ducati ciascuno messi a disposizione dal Comune. 18 In precedenza, con lettera del 15 luglio 1839, analoga richiesta all'Arcivescovo era stata rivolta dal sindaco Saverio Serra, preoccupato per l'abbandono in cui si trovava la popolazione del popoloso rione Croce. 19 Intanto fin dal 1841 il Vicario foraneo ed i sacerdoti del paese avevano iniziato una campagna di sensibilizzazione per ottenere la restituzione dei beni delle cappelle di S. Andrea, S. Caterina e Trinità, indebitamente incamerati nelle Opere Pie amministrate dal Consiglio degli Ospizi, in quanto, come risultava dagli antichi libri delle Messe registrate nel Catasto del 1742 e da molti atti pubblici erano state sempre a disposizione del clero locale. L'equivoco, a loro dire, era dipeso sia dalla disinformazione dei Decurioni del paese, sia dalla debolezza dell'Arciprete del tempo, che non si era opposto all'abusiva appropriazione. La richiesta venne formalizzata e presentata nel 1847 al Ministro degli Affari Ecclesiastici. Anche l'arcivescovo Cilento avallò con un suo bigletto la domanda. 20 La risposta tardò a venire, tanto che il 22 giugno 1851


venne ripetuta la petizione, che, a quanto pare, stavolta dovrebbe essere stata accolta stando ad un Verbale della riunione tenuta il 4 maggio 1853 nella sagrestia della Matrice, in cui vennero predisposti i capitoli di regolamento per l'assegnazione dei fitti dei beni delle menzionate tre cappelle. Nella riunione, presieduta dall'arciprete Promenzio e a cui parteciparono D. Domenico Felicetti, D. Tommaso Ausilio, D. Domenico Ioverno e D. Francesco Vitale, venne definito un regolamento di fitto in 10 capitoli, sottoposto poi all'approvazione dell'Intendente di Cosenza. 21 I fondi residui, certamente più cospicui, continuarono a fomentare la pubblica assistenza affidata alla Commissione di Beneficenza, che nel secondo Ottocento si chiamerà Congregazione di Carità. A questa nel 1937 è subentrato l'Ente Comunale Assistenza (E.C.A.), oggi definitivamente soppresso dalle nuove norme sugli Enti locali.

4.

Confraternita Maria SS. di Costantinopoli

Più recente delle altre due, non si conosce nè l'anno di erezione della Confraternita, nè quello della costruzione della chiesa. Non se ne parla nella Visita Pastorale del 1610 e compare per la prima volta nella Visita Apostolica del 1629. In quest'ultima, senza altro aggiungere, si fa obbligo alla Confraternita di sistemare un baldacchino sull'altare maggiore al massimo entro un mese. 22 La chiesa e la Confraternita Maria SS. di Costantinopoli, pertanto, sono da ritenere sorte ai primi del Seicento, tra il 1610 ed il 1629. Nel 1631 il predetto baldacchino non era ancora stato sistemato, per cui l'arcivescovo Pietro Spinelli interdisse il cappellano D. Giovanni de Acrio di tenervi alcuna celebrazione se entro il successivo quadrimestre non si fosse ottemperato al precedente decreto. Inoltre fece obbligo di comprare una nuova pianeta di seta e di rifare l'unica esistente di damasco bianco. 23 Lo stesso Arcivescovo nella Visita del 1634 nota che "la chiesa della Congregazione è nelle condizioni della Visita precedente". 24 Trattandosi di nuova costruzione, appare strano che la chiesa nel 1652 possa essere "in parte diruta", con un "nuovo muro già iniziato". 25 In tale anno la messa vi è celebrata da D. Salvatore Marino, mentre Procuratore è Didaco Inglese, il quale era stato preceduto nell'incarico da Pietro Ioverno. Originariamente la chiesa aveva una sola navata con l'altare maggiore dedicato alla Madonna di Costantinopoli. Sul lato destro della navata vi erano due altari, dedicati rispettivamente alle Anime Purganti (ancora esistente) e a S. Francesco Saverio. Di fronte al primo altare era sistiata la nicchia della Madonna Addolorata, ora passata sull'altare della navata aggiunta successivamente. Attaccato alla chiesa vi era l'Ospizio, detto Ospedale ("spitale"), occupato spesso da qualche "eremita", la cui presenza non mancò di creare qualche inconveniente. Come nel 1678, allorchè l'arcivescovo G. Ursaia, in Visita a Campana, dovette intervenire con Prefetto della Congrega D. Michele Grano imponendogli di murare la porta e la scala interna per impedire ai ricoverati il libero accesso alla sagrestia e alla chiesa, col pericolo di gravi abusi e scandali. 26 Sul finire del secolo le cose sono abbastanza tranquille. L'arcivescovo Adeodato, infatti, nel 1698 trova tutto in ordine. La Confraternita vi svolge i consueti esercizi spirituali e la compuntina. La messa vi è celebrata per comodità dei fratelli ogni domenica e nelle feste di precetto, mentre il Procuratore Luca Corno presiede la questua per la celebrazione delle messe. 27 Al contrario delle altre due, S. M. di Costantinopoli sopravvisse alla politica riformista ed anticlericale del Re Ferdinando IV di Napoli e del suo primo Ministro Tanucci perchè tra i suoi scopi aveva anche finalità assistenziali (l'ospizio) oltre che di culto. 28 E' per questo soprattutto che l'11 ottobre 1777 il Priore Domenico Grillotta, con la sottoscrizione di altri 54 confratelli, ottenne il Regio Assenso per il nuovo Statuto. 29 Tra le clausole di approvazione sono esplicitamente indicate che la Congrega non può acquistare beni che non figurano nel patrimonio denunciato; nessuna processione o esposizione del Sacramento possono essere fatti senza licenza del Parroco; a norma del R. Stabilimento del 1772 non possono essere eletti come Amministratori e Razionali i confratelli che hanno debiti con essa; senza un Real Permesso nessuna delle norme dello Statuto può essere cambiata. 30 Nel 1767, nel vivo del nuovo clima politico-religioso, l'arcivescovo Camaldari nel visitare la chiesa ripete alcune informazioni già note sulla vita della Confraternita: i confratelli vestono di "sacco"; nelle "cose temporali" il governo è nelle mani di un Procuratore, eletto annualmente; questi provvede alla questua delle elemosine per la messa da celebrarsi ogni domenica all'altare maggiore. Non è riferito il nome del Procuratore dell'anno, ma a lui ingiunge di provvedere l'altare maggiore della suppellettile sacra (candelieri, portafiori, una croce, ecc.) entro quattro mesi; analogo provvedimento riguarda l'altare della Madonna del Carmelo (detto anche delle Anime Purganti); niente da osservare, invece, sull'altare di S. Francesco Saverio. 31 Più seria appare la situazione della chiesa nel 1782, quando l'arcivescovo Cardamone, a parte le osservazioni di natura liturgica sugli altari, sollecita i responsabili a ripulire la chiesa rifacendo totalmente la pittura. 32 Interventi di restauro sono ancora necessari nel 1829, mentre nel 1860 venne addirittura interdetto l'altare dell'Addolorata e fatta montare una vetrina davanti alla nicchia dell'altare di S. Francesco Saverio. 33


a)

La Platea dei beni del 1768

La Publica Platea del 1768, redatta dal Not. Salvatore Boccaccio di Campana, è la "magna charta" del patrimonio dotale della Confraternita. In essa sono compresi gli elenchi dei terreni, dei censi e diritti vari. 34 Circa i terreni c'è da dire che complessivamente assommano ad oltre 121,5 tomolate, così divise: 1. Tummaro , in contrada S. Marina, tomolate 11. 2. Mezzaricotta , in contrada Ornareto, tomolate 18. 3. Coracasale , idem, tomolate 9. 4. Manca del Cervo , idem, tomolate 20. 5. Manca di Ponzio , in contrada Pendine, tomolate 15. 6. Manca di Ponzio , idem, tomolate 2,5. 7. Sciungataro , idem, tomolate 6. 8. Silvestre , idem, tomolate (...). 9. Silvestre , in contrada Gammicella, tomolate (...). 10. Nitti , in contrada Acqua dell'Auzino, tomolate 20. 11. Colla di Pandolfo , in contrada Chianetta (...). 12. Depolti Riforma , al confine col Cerasetto, tomolate 2. 13. Pampinuto , in contrada Pendine, tomolate 10. 14. Argutulo , presso canale Castagnella, tomolate (...). 35 Ai terreni si andava ad aggiungere la rendita annua proveniente da un capitale complessivo di duc. 245, che fruttava censi per ducati 14, carlini 80 e grana 1. 36 I censi erano così distribuiti: 1. Duc. 8 sopra i beni di Domenico Marino al 7%: carlini 5 e gr. 6; 2. Duc. 30 sopra i beni di Battista Basuino al 6%: carlini 18; 3. Duc. 35 sopra i beni di Salvatore Caccuri al 7%: carlini 24 e gr. 5; 4. Duc. 16 sopra i beni di Giacinto Madaro al 7%: carlini 11 e gr. 2; 5. Duc. 10 sopra i beni di Leonardo Aprigliano al 7%: carlini 7; 6. Duc. 10 sopra i beni di Andrea Ausilio al 6%: carlini 6; 7. Duc. 4 sopra i beni di Giacinto Oriolo al 7%: carlini 2 e gr. 8; 8. Duc. 25 sopra i beni di Pietro Rovito al 5%: carlini 12 e gr. 5; 9. Duc. 12 sopra i beni di Andrea Madaro al 7%: carlini 8 e gr. 4; 10. Duc. 12 sopra i beni di Filippo Parise al 7%: carlini 8 e gr. 4; 11. Duc. 16 sopra i beni di Nicola Grano al 7%: carlini 11 e gr. 2; 12. Duc. 10 sopra i beni di Silvio Falbo al 7%: carlini 7; 13. Duc. 25 sopra i beni di Pietro S. Patera al 5%: carlini 12 e gr. 5; 14. Duc. 10 sopra i beni di Nicola Grano al 5%: carlini 5; 15. Duc. 4 sopra i beni di Salvatore Marino al 4%: carlini 1 e gr. 6; 16. Duc. 16 sopra i beni di Pietro Aprigliano e Laura Grano al 4%: carlini 6 e

gr. 4.

37

b) Le vicende del Novecento Tra la fine dell'Ottocento e i primi del Novecento la Confraternita visse i momenti più delicati della sua storia rischiando addirittura la soppressione per motivi disciplinari. Nel 1906 l'arcivescovo Orazio Mazzella, in Visita Pastorale a Campana, trovò una situazione precaria, per cui intervenne con grande decisione sulla chiesa della Congrega interdicendo "l'altare maggiore e quello dell'Addolorata, finchè non si provveda alla loro decenza e decoroso ornato (decreto n. 6); restano interdetti i 3 calici finchè non s'indorino e consagrino di nuovo (decreto n. 7); (...) viene severamente proibito di travestire la statua di S. Francesco Saverio per fare che rappresenti un altro Santo (decreto n. 10)". 38 I detti provvedimenti non sortirono alcun effetto, per cui nel 1912 lo stesso arcivescovo rinnovò gli obblighi e gli interdetti. 39 Alle deficienze strutturali si aggiunsero anche gravi insubordinazioni che crearono forti tensioni con l'arciprete D. Andrea Volpe, per cui Mons. Mazzella interdisse la chiesa, che quindi rimase chiusa al culto 40 per diversi anni. Ci volle il 1925, con il nuovo arciprete D. Giovanni Saraceno, perchè la chiesa venisse di nuovo riaperta al culto e resa funzionante. Intanto, a seguito del Concordato del 1929 tra lo Stato Italiano e la S. Sede, con decreto applicativo del 30 marzo 1939, registrato alla Corte dei Conti il 5 giugno successivo, in base all'art. 29, lettera c) del Concordato ed all'art.


17 della legge 27.5.1929, n. 848, la Confraternita, per avere scopo esclusivo o prevalente di culto, è passata "alla dipendenza dell'Autorità Ecclesiastica per quanto riguarda il funzionamento e l'amministrazione". 41 A partire dagli anni quaranta di questo secolo molti e successivi sono stati i rifacimenti e i restauri della chiesa. Al priore Rocco Capocasale, già negli anni trenta, si deve il restauro del campanile, 42 mentre al priore Leonardo Caccuri si deve intorno al 1948 l'allargamento della chiesa nelle attuali due navate, la seconda delle quali ottenuta abbattendo i muri fatiscenti dell'ex ospizio, all'epoca abitato dalla famiglia di Gino Biagini, che venne costretto a sloggiare. L'esecuzione dei lavori, progettati dall'Ing. Nicola Santoro, presero molto tempo soprattutto a causa di divergenze di vedute tra i responsabili. Vennero poi completati sotto il primo priorato di Salvatore Greco (1952-58), che si avvalse della collaborazione dell'Avv. Pasquale Manfredi, segretario, e dell'Avv. Espedito Aiello, cassiere. Scomparvero le due stanze e la scala dell'ex ospizio, il cui spazio venne occupato dalla seconda navata della chiesa, quella della Madonna Addolorata e del Cristo morto. La chiesa rinnovata venne inaugurata il 20 marzo 1953 in occasione della Settena dell'Addolorata. Dalla sopraelevazione della sagrestia si ricavò la stanza ora adibita a sala di riunioni e Archivio della Confraternita. Negli anni successivi sono stati eseguiti altri lavori di ordinaria amministrazione e di restauro, che hanno riguardato il corpo della chiesa, il tetto, l'amplificazione microfonica, il nuovo altare marmoreo. Il nuovo Concordato del 1983 e la contemporanea pubblicazione del nuovo Codice di Diritto Canonico , ha imposto la revisione e l'aggiornamento dell'antico Statuto. Il nuovo testo, discusso ed approvato dall'Assemblea dell'8 dicembre 1988 presieduta dal priore Domenico Costantino alla presenza del Padre Spirituale D. Salvatore Spataro, ha ottenuto il decreto di approvazione diocesana dall'arcivescovo Serafino Sprovieri il 27 dicembre 1988.

c)

I Priori

Per mancanza delle necessarie fonti documentarie l'elenco dei Priori (detti inizialmente anche Procuratori) fino all'Ottocento risulta scarno e forzatamente incompleto. A parte le Visite Pastorali, infatti, non è stato possibile recuperare altro nemmeno nell'Archivio della Confraternita, che in verità è stato di supporto molto relativo. Tra i secolo XVII-XIX, pertanto, si rilevano Pietro Ioverno, Didaco Inglese (1652), Orlando Puglise (1678), Luca Corno (1698), Tommaso Serafino (1775-76), Domenico Grillotta (1777), Francesco Acri (1851). Per il Novecento l'elenco è più ampio. Si ricordano Giuseppe Luzzi (1916), Nicola Patera, Filomeno santoro, Salvatore Caccuri di Tommaso, Pasquale Aiello di Giovanni, Rocco Capocasale, Alberto Santoro, Giovanni Aiello di Francesco, Vincenzo Sciarrotta, Leonardo Caccuri, Avv. Pasquale Manfredi senior (1950), Leonardo Caccuri (1951), Salvatore Greco, "Curcio" (1952-58), Paolo Santoro (1959-63), Antonio Spina di Giuseppe (1964-65), Tommaso Aiello di Francesco (1966), Salvatore Greco (1967), Francesco Spina (1968), Giuseppe Spina, "Fudiciazzu" (1969), Paolo Santoro (1970), Gerardo Perri (1971-72), Vincenzo Serafini (1973), Aldo Ronga (1974), Lorenzo Ventimiglia (1975), Aldo Ronga (1976), Avv. Pasquale Manfredi iunior (1977-79), Domenico Costantino (1980-81), Ing. Gennaro Madera (1982), Domenico Aiello, "Ziferru" (1983), Domenico Costantino (1984), Vincenzo Affatato (1985), Mario Rossano (1986), Mario Rotondo (1987), Domenico Costantino (1988), Michele Licciardi (1989-96), Francesco Marino, "Blek" (1996, in carica).


N O T E

1 2 3

L'Arciconfraternita ottenne l'approvazione da Paolo III il 30 novembre 1539. Il dato si evince dai citati Acta imperfecta S. Visitationis del 1610 dell'arcivescovo Lucio Sanseverino, conservati in ASD. Cfr. F. DE MARETO, Confraternite del SS.mo Sacramento , in "Enciclopedia Cattolica", Città del Vaticano 1950, IV, coll.

262-264. 4

Con la rendita dell'orto e della vigna bisognava celebrare 2 messe ogni settimana. L'elenco dei beni è stato ricavato dai citati Acta imperfecta S. Visitationis del 1610. 6 Cfr. ADR, Acta S. Visitationis del 1634 dell'arcivescovo Pietro Antonio Spinelli, ff. 75-83. 7 Cfr. ADR, Acta Visitationis di Mons. Giacomo Carafa del 1652. 8 Cfr. ADR, Liber S. Visitationis dell'arcivescovo Geronimo Ursaia del 1678, ff. 62r-67. Nella Visita è anche annotato che i congregati portavano il "sacco". 9 Nel 1782 l'arcivescovo Cardamone fa un fugace accenno al "cappellano del SS. Sacramento", con riferimento alla cappella, ma senza richiamare più la Confraternita: cfr. ADR, citato Liber S. Visitationis di Mons. Andrea Cardamone, ff. 56-59. 10 La prima Confraternita intitolata "Nostra Signora dei 7 Dolori sorse nel 1482 nel nord Europa ad opera del sacerdote fiammingo Giovanni de Coudenberg e poi approvata dal papa Alessandro VI nel 1495: cfr. G. M. ROSCHINI, Addolorata , in "Enciclopedia Cattolica", coll. 292-194; anche L. RENZO, Culti popolari in Calabria , Cosenza 1993, pp. 64-65. 11 Da Mons. Sanseverino è obbligato a recuperare le 20 messe non celebrate a causa di una sua malattia: cfr. ADR, Acta imperfecta S. Vicitationis del 1610. 12 I nominativi sono desunti dalle Visite Pastorali più volte citate dei rispettivi anni. In quella del 1678 è detto anche che i confratelli vestivano di sacco di color celeste. 13 Cfr. F. RUSSO, Regesto Vaticano, VI, n. 28432. 14 Sul Reliquiario figura lo stemma di Mons. Pignatelli, arcivescovo di Rossano dal 1615-18. E' in cornice d'oro e piastra metallica. Nel retro sono incisi un Cristo con Croce dal cui costato escono gocce di sangue defluenti in un calice ed una Madonna con Bambino. 15 Cfr. ASC, Incartamento relativo a Censi de' Luoghi Pii di Campana aggiunti ne' Stati Discussi rispettivi e regolarmente iscritti nella Conservazione delle Ipoteche della Provincia nel 1834, cartella "Opere Pie Affari Speciali Campana 1832-1860". 16 Il dato si rileva dal Verbale della Commissione di Beneficenza del Comune, che il 28 gennaio 1829, riunita sotto la presidenza del sindaco Pasquale Spina e con i deputati Francesco Grano e Tommaso Santoro, viene deliberato di pagare i debiti attrassati da 5 anni dovuti alle cappelle del Sacramento e della Pietà. Il Verbale è conservato nella cartella "Opere Pie", presso l'ASC. 17 Cfr. ACC, Deliberazioni del Decurionato . Con lettera del 29 gennaio 1822 l'arcivescovo Carlo Puoti chiede al Sindaco una integrazione alla congrua per il fatto che l'arciprete Promenzio era forestiero e quindi doveva sopportare spese maggiori. La lettera è conservata nella Cartella Puoti , presso ADR. 18 D. Francesco Grano era obbligato a celebrare la messa in S. Domenico "patrono principale del paese" per comodo degli abitanti dei quartieri alti del paese, ad insegnare la dottrina cristiana, spiegare il Vangelo, recitare il Rosario, mantenere la lampada del Sacramento. D. Domenico Felicetti, che aveva anche funzioni di Vicario foraneo, doveva prestare aiuto all'Arciprete nella dottrina cristiana. Entrambi dipendevano dall'Arciprete ed erano tenuti a non far coincidere le loro funzioni religiose con quelle della Matrice. 19 La lettera è conservata nella Cartella Tedeschi , presso ADR. 20 Copia della petizione sottoscritta dal Vicario foraneo e dai sacerdoti campanesi D. Francesco Grano, D. Tommaso Ausilio, D. Dominico Ioverno e D. Francesco Vitale è conservata nell'ADR,Cartella Cilento , senza numero. 21 Il Verbale con il Regolamento è conservato nella citata Cartella Opere Pie , fasc. 1853-55, presso ASC. 22 "Supra altare maius Ecclesiae S. Mariae de Constantinopoli Congregatio inibi erecta umbellam omnino infra mensem appendi procuret": cfr. ADR, Visita Pastorale di Mons. Andrea Perbenedetti , f. 45v. 23 Cfr. ADR, Acta S. Visitationis dell'arcivescovo Spinelli del 1631, f. 87. La Visita è inserita nel Registro della citata Visita del 1629 di Mons. Perbenedetti dopo il f. 59. 24 Cfr. ADR, Acta S. Visitationis , f. 83. 25 Cfr. ADR, Acta Visitationis del 1652 dell'arcivescovo G. Carafa. Questi Atti sono inseriti erroneamente tra i ff.82-83 della Visita Spinelli del 1634. 5


26

Cfr. ADR, Liber Visitationis , ff. 62r-67. In tale anno Procuratore è Orlando Puglise. La chiesa non appare gravata da alcun legato perpetuo di messe ed i confratelli vi fanno celebrare messe in suffragio dei benefattori con le elemosine raccolte da loro stessi questuando. 27 Cfr. ADR, Acta Visitationis dell'arcivescovo A. Adeodato, ff. 89-93. 28 L'art. 11 dello Statuto, infatti, recitava: "Fine della Congregazione una stanza per ricovero de' Pellegrini a' quali devono i Fratelli visitarli, procurare un qualche sollievo e carità". 29 Per uno studio più approfondito dello Statuto rimando al mio Storia e Folklore della Congrega di Campana , Chiaravalle Centrale 1978, in cui il testo è riportato integragralmente in Appendice. Il manoscritto originale dello Statuto su carta pecora è conservato nell'Archivio della Confraternita. 30 Dette clausole ed altre sono date a conclusione della regia approvazione dello Statuto. 31 Cfr. ADR, Acta Visitationis del 1767, ff. 54-57. 32 Cfr. ADR, Acta S. Visitationis del 1782, ff. 56-59. L'anno successivo, durante la visita "imperfetta" del Vicario Generale vennero ripetute le stesse ingiunzioni, segno che nulla era stato fatto: cfr. ADR, Acta imperfecta S. Visitationis totius Dioecesis. 1783, fasc. 5 n. 96,"Visitatio Terrae Campanae". 33 Cfr. ADR, Acta S. Visitationis di Mons; De Luca del 1829 e Registro Visite Pastorali di Mons. Pietro Cilento 1857-1874, f. 63. 34 La Platea è conservata nell'Archivio della Confraternita. 35 Il pezzo di Argutulo è un lascito aggiunto con testamento dell'8 aprile 1883. 36 La somma è pari a carlini 143 e grana 51. Tenuto conto che 10 grana corrispondono a 1 carlino e che 10 carlini a 1 ducato, la rendita ottenuta è pari a 14 ducati, 8 carlini e 1 grana. 37 Cfr. Capitoli di Censi che tiene la venerabile Chiesa di S. Maria di Costantinopoli di questa terra di Campana come per stromenti appariscono parti rogati dal Notaio Giuseppe Grilletta, e parti rogati da me predetto Salvatore Boccaccio Notaio , ff. 9-11 della Platea del 1768. 38 Cfr. ADR, Visite Pastorali di Mons. Orazio Mazzella Arcivescovo di Rossano (1898-1917) , ff. 57-58 39 Cfr. ADR, Visite Pastorali di Mons. Mazzella, ff. 97-98. 40 La notizia si rileva dalle Risposte alle domande fatte da S. E. Mons. Scotti riguardanti la Chiesa Arcipretale di Campana del 16 aprile 1920. Il fascicolo è conservato nella Cartella scotti dell'ADR. A riguardo della Confraternita si dice: "Esisteva una confraternita con chiesa propria. Era ridotta una sinagoga di (...). Sua Eccellenza Mons. Mazzella nell'ultima sua Visita interdisse la chiesa allo scopo di interdire tutto. Era una lotta e uno scandalo continuo contro di me. Non aveva ragione di esistere e vi erano tutte le ragioni perchè non esistesse". All'epoca Priore era Giuseppe Luzzi, che tra l'altro si era rifiutato di consentire a D. Volpe l'utilizzo della statua della Madonna Addolorata. L'Arciprete, in rottura con la Confraternita, spostò la Settena dell'Addolorata prima alla Matrice e poi a S. Domenico, acquistando un nuovo simulacro dell'Addolorata ( quello di S. Domenico) con tutto l'apparato scenografico del Calvario, che ancora oggi viene istallato il Venerdì Santo. 41 Il decreto, firmato dal Re Vittorio Emanuele III e da Mussolini, venne pubblicato sulla Gazzetta Ufficiale del 12 giugno 1939 con il n. 770. 42 Sotto il suo Priorato furono comprate le statue per la Processione dei Misteri del Venerdì Santo. Al Priore Alberto Santoro si deve poi la statua di S. Giovanni Evangelista della stessa Processione.


CAPITOLO NONO I CONVENTI

Il processo di riforma generale della Chiesa ebbe negli Ordini mendicanti - domenicano e francescano in particolare - una spinta notevole e capillare. Impegnati nella predicazione popolare e nelle opere di carità, occuparono ben presto gli spazi del monachesimo calabro-greco, ormai in piena decadenza o scomparso del tutto. Affermatisi soprattutto a partire dal sec. XV, a Campana i Domenicani giunsero nel sec. XVI, mentre i Francescani il secolo successivo.

1.

Conventi Domenicani

A Campana i Domenicani non solo giunsero molto in anticipo rispetto agli altri paesi della diocesi, ma in tempi successivi vi eressero 2 conventi, di cui uno, S. Maria delle Grazie, "extra moenia", e l'altro, S. Domenico, più vicino all'abitato. 1

a)

Convento S. Maria delle Grazie

Fondato nel 1569 2 a cura dell'Università di Campana fuori dell'abitato, ricevette conferma da Papa Gregorio XIII nel 1576, previo consenso dell'arcivescovo Lancillotto de Lancillottis. 3 Inizialmente il convento ospitò 3 sacerdoti, 1 converso e 2 oblati. 4 Come era uso, il convento venne dotato di beni stabili messi a disposizione dall'Università per il mantenimento decoroso dei religiosi. Certamente per facilitare la gestione degli stessi, alcuni dei quali erano dispersi nel territorio del paese, l'8 giugno 1584 il Vicario del convento otteneva dal suo superiore, il Rev.mo Sisto Fabri, la facoltà di "commutare una vasa, due vigne ed alcuni pezzi di terra di S. Maria con altri beni stabili e più comodi". 5 Nel 1609 la piccola comunità religiosa di arricchisce di un nuovo lettore (professore) di teologia, di cui si ignora il nome, destinato a Campana con l'incarico della formazione dei novizi. 6 La notizia favorisce l'idea di una crescita numerica della piccola comunità religiosa. Ed in effetti questo sembra avallare la Visita Pastorale fatta nella chiesa del convento il 4 novembre 1610 dall'arcivescovo Sanseverino. Vi si fa riferimento, infatti, alla presenza di 12 confratelli, che non è chiaro se siano membri del convento o se di una confraternita ivi eretta senza l'approvazione del guardiano. 7 L'anno prima nel convento era venuto a mancare P. Domenico Cilento, santo domenicano che si trovava nel convento di Campana malgrado gli acciacchi dell'età e la malferma salute. L'arcivescovo volle che fosse seppellito nella Cattedrale di Rossano. 8 Nella relazione presentata a Roma il 17 marzo 1650 e sottosritta da 3 sacerdoti emerge una descrizione molto povera del convento (nulla sulla chiesa), il che fa supporre un deterioramento della situazione, che comportò il 24 ottobre 1652 la soppressione del convento, così come richiesto dalla Costituzione Instaurandae di Innocenzo X. 9 Il provvedimento, comunque, durò poco perchè il 26 febbraio 1654 il Card. Spada, Prefetto della S. Congregazione dei Regolari, comunicava al Procuratore dei Domenicani che alcuni dei conventi soppressi, tra cui Campana, potevano essere riaperti. 10 Da questo momento il convento dei Domenicani passò sotto la giurisdizione dell'Arcivescovo e sottoposto quindi a Visita Pastorale. 11 Inoltre in questa fase compare l'altro convento, quello di S. Domenico, per cui S. M. delle Grazie viene lasciato dai Domenicani e affidato al clero locale, che dai primi del sec. XVIII vi nominarono un Procuratore. 12

b)

Convento di S. Domenico

Non si conosce l'anno preciso di fondazione del convento di S. Domenico, costruito per comodità dei religiosi in luogo più vicino all'abitato rispetto al precedente. La mancanza totale di documentazione idonea non consente di chiarire se il nuovo convento sia stato costruito col ritorno dei Domenicani nel 1654, o se vi si fossero trasferiti prima della soppressione. La scritta "A. D. MDCXXXVIII", che si legge sul muro esterno della chiesa fa, comunque, supporre che in quell'anno la chiesa è già ultimata e che quindi i Domenicani potrebbero avere già occupato il nuovo convento, lasciando S. M. delle Grazie a disposizione del clero locale. A questa conclusione induce anche il fatto che nel 1664, ad opera di Giacomo Antonio Basuino, viene completamente rifatto il tetto ligneo a cassettoni. 13 Alla luce di questo è


impensabile che il lavoro sia stato fatto a spese dei Domenicani, visto che ormai occupavano il nuovo e più ampio convento. Un riferimento certo e indiscutibile, comunque, resta la Visita Pastorale fatta al nuovo convento di S. Domenico dall'arcivescovo Geronimo Ursaia il 26 maggio 1678. Dopo aver notato che il convento è soggetto alla visita dell'Ordinario in quanto non c'è il numero di religiosi previsto dalla Bolla di Innocenzo X e dopo aver incontrato i 4 religiosi della comunità ( il Vicario P. Giacinto di Rocca Bernarda, il sacerdote P. Santo da Campana, il diacono Fr. Giovanni Battista da Strongoli ed il converso Fr. Giuseppe da Zangano), visita prima la chiesa e poi il convento. In chiesa risultando tutte le cappelle "decenter ornatae" non c'è nulla da correggere o da emendare. I sacerdoti vi hanno l'obbligo di celebrare nove messe settimanali per i benefattori. Inoltre esiste una "platea" particolare, in cui sono annotati tutti i beni sia stabili, che semoventi e mobili posseduti dal convento. Completato il sopralluogo alla chiesa, al coro e alla sagrestia, attraverso questa passò nel chiostro realizzato non alla perfezione (manca infatti completamente un lato) osservandone la struttura ed il circuito senza tralasciare nulla, nè i luoghi di lavoro del piano inferiore, nè i dormitori, nè le celle. Raccomandata poi l'osservanza della regola e la vita di povertà, impartì ai padri la benedizione. 14 Da un atto del notaio campanese Abenante Aprigliano del 18 settembre 1689 si rileva che D. Giuseppe Labonia di Campana lascia al convento una parte della sua eredità. 15 Nel 1693 risulta Vicario al convento il P. Giacinto di Pero (o Piro). A lui, come abbiamo ricordato, Mons. Marino scrive una lettera da Isola per esprimere il suo rammarico per non aver ancora soddisfatto la promessa di completare per sua devozione il nuovo dormitorio del convento e per complimentarsi per lo zelo con cui porta avanti il "governo di cotesto povero conventino". 16 Sul finire del secolo, nel 1698, la chiesa è visitata dall'arcivescovo Adeodato, che non vi riscontrò nulla da correggere. 17 Il secolo XVIII è molto parco di notizie. Dagli "Stati Discussi" (bilancio) del 1742 risulta che il Comune di Campana versò "per la grassa" ai domenicani 5 ducati, dando anche un contributo di duc. 4 per la festa di S. Domenico. 18

Per quanto piccolo, il convento di Campana ebbe tra i suoi ospiti insigni religiosi. Dopo aver ricordato il P. Domenico Cilento, non possiamo trascurare il Servo di Dio Domenico Longo. Nato a Cosenza il 1° febbraio 1705 da Filippo e Antonia Bruni, a 15 anni entrò tra i Domenicani vestendo l'abito nel convento di Altomonte e mutando il nome di battesimo Carlo Antonio in Domenico. Da Altomonte passò a Montalto e poi a Verzino, dove si dedicò allo studio della S. Scrittura e della Teologia. Non ancora sacerdote, dal vescovo di Cariati e Cerenzia, Mons. Giovanni Andrea Tria, ricevette l'incarico di formare gli atti del Sinodo Diocesano celebrato nel 1726 e pubblicati qualche anno dopo. Nel 1728 iniziò la sua attività di predicatore e di Quaresimalista. Diventato sacerdote, nel 1729 dai suoi Superiori venne comandato a Vienna, dove apprese in breve tempo la lingua tedesca supplendo poi il Predicatore della Quaresima di quell'anno. 19 Tornato a Cosenza, si recò poi a Palermo dove fu dichiarato Letteror e Predicatore Generale dell'Ordine. Visse qualche anno a Malta, finchè nel 1734 a Roma ottenne da Propaganda Fide la facoltà di recarsi missionario in America. Ma il divieto del suo Generale F. Tommaso Rippol lo riportò in Calabria e quindi nel convento di Campana, dedicandosi alla preghiera, alla penitenza e alla predicazione. 20 In alcuni documenti di Archivio tra l'altro si dice che "tenne continue missioni al culto di Dio, di notte e di giorno, oltre le sante confessioni penitenziali... nè mai volse ricoprirsi o fermarsi di notte o giorno nel tugurio o sia pagliaro di detti peciajuoli, nè tampoco seco loro volse mai commenzare, rifiutando il cibo che dai medesimi venivoli apprestato". 21 Eminente oratore e scrittore fecondo, a lui vengono attribuite molte opere manoscritte, di cui si è persa traccia. 22

Morì appena quarantenne il 15 maggio 1745 proprio nel convento di Campana. Venne seppellito dietro l'altare maggiore da dove venne poi rimosso, come si dirà più avanti, nel 1851-55. Le ossa ricomposte in un'urna vennero riposte all'altezza dell'altare della Madonna del Rosario. 23 Non si conosce molto delle vicende conventuali del Settecento. Nel 1758 vi è Priore P. Vincenzo Aucello. In quell'anno guida gli esercizi spirituali nel convento a D. Stefano Lupinacci, che si stava preparando ad essere ordinato sacerdote. 24 Al 1768 risaliva l'armadio della sagrestia, rubato, purtroppo, nella notte di Pasqua del 1995, appena qualche ora dopo la conclusione della Veglia. Menzionato nella Relazione ad limina del 1781 dell'arcivescovo Andrea Cardamone, con decreto del 7 agosto 1809 di G. Murat il convento venne definitivamente soppresso ed i suoi beni incamerati. 25 Tra gli ultimi religiosi si ricorda P. Pietro Paolo Consoli da Lagonegro, il quale, a seguito della soppressione, passò al clero diocesano preferendo restare a Campana. Morì l'8 dicembre 1822. 26 A partire dalla soppressione il convento e la chiesa ebbero vicende distinte e varie. Il convento , passato di proprietà del Comune, alternò la sua destinazione tra Municipio, Giustiziato di Pace (Pretura), Carcere mandamentale, Scuole elementare.Dopo un periodo di totale abbandono, di recente, opportunamente rinnovato, è stato destinato nuovamente a sede della Pretura. 27 L'ala nord-ovest, invece, il 6 febbraio 1927 dal podestà


Francesco Sangiovanni venne concessa a D. Roberto Migliacci allo scopo di riattarla e adibirla ad Asilo Infantile. L'opera, completata con grandi sacrifici e con la collaborazione della popolazione, sarà oggetto di una specifica trattazione più avanti. Per quanto riguarda i beni patrimoniali del convento, ne possediamo una descrizione incompleta nella "Lista di carico in contanti per l'anno 1819 provenienti da Affitti. Parte prima: beni corporei". 28 Il 31 agosto di quell'anno 1819 risulta in scadenza un fitto di duc. 1,2 che Pasquale Serafini di Campana deve pagare per "tenimento seminativo e pascolo di moggiate 4 nella contrada Derrico", già del convento di S. Domenico. Inoltre lo stesso Serafini risulta fittuario di altri beni dell'ex convento: un castagneto seminativo e pascolo alla Ronza; seminativo in contrada Vernile; seminativo a "Crapella"; orto sott'acqua al Piano con casa rurale; seminativo e grotte in località Schiglio dell'Ilice e Acritano; seminativo in località S. Lorenzo; castagneto al Rajo; pascolo a Pandolfo; pascolo a S. Leonardo; orto secco in località Trinità. Il Serafini pagava inoltre un fitto nel Querceto in località Riforma, proveniente dall'ex convento dei Riformati. L'elenco appare più ampio e completo in un Verbale del decurionato del 14 maggio 1837, allegato al ricorso presentato dal sindaco Luigi Serafini, su sollecitazione del Sotto Intendente di Rossano, avverso il monastero di S. Giovanni di dio sotto il titolo di S. M. della Pace di Napoli, che si era impossessato con concessione regia dei beni dell'ex convento domenicano di Campana. 29 L'elenco comprendeva un comprensorio di terre a Torracca (232 moggiate) riportate nel Catasto Provvisorio del Comune (sez. A, nn. 67 e 68); fondi alle Pianette di 34 moggiate (sez. C, nn. 136-141); in contrada Cutura 64 moggiate (sez. D, nn. 884-88); alla Serra di Luisa 80 moggiate (sez. E, nn. 55-57); tomolate 78 in località Ornarito e tom. 63 a S. Marina (sez. D, nn. 138-39, 146, 248-51, 276-78, 348-50, ecc.); un diritto di semina di 2 anni a sessennio sul fondo Cupone. Tutti questi fondi, come pure quelli delle ex Opere Pie, tornati di proprietà del Comune, a partire dal secondo Ottocento saranno progressivamente quotizzati e riconsegnati a privati. Più articolata è la vicenda della chiesa , che dopo la soppressione del convento restò pressocchè abbandonata, tanto che l'arcivescovo De Luca nel 1827 la interdisse perchè fatiscente ("Ruinosa"). 30 In quello stesso anno la chiesa fu oggetto di una vertenza tra l'arciprete Promenzio ed il locale Regio Giudice Ursomando. Questi aveva sottratto la chiave della chiesa accusando l'Arciprete di aver indebitamente consentito di aprire la cisterna di acqua sorgiva posta nella navata della chiesa mettendo in pericolo la vita dei fedeli. L'Arciprete da parte sua, con lettera del 27 agosto 1827 aveva provveduto ad informare l'Arcivescovo del fatto chiedendo il suo autorevole intervento perchè il Giudice restituisse la chiave. In verità, scrive Promenzio, "a petizione di questo Sig. Saverio Serra ho dato il permesso di aprirsi l'imboccatura di una gisterna di acqua sorgiva, che attrovasi sporgente in mezzo alla nave della Chiesa di S. Domenico ... per attingere delle acque e quindi rifabricarla allo stato primiero a sue spese; e ciò ho concesso per varie ragioni, interessanti la Chiesa stessa, come quella, che, non essendo stata veduta a tanto tempo, faceva bisogno di osservarla, per vedere se poteva essere di pregiudizio ai fedeli, ... e riattarsi più sicura la detta apertura, e per osservarsi se potesse rivolgersene lo scuolo alla gisterna del Chiostro, e render così la chiesa asciutta. Questo Sig. Regio Giudice Ursomando in ciò veder pratticare interessi per capricci privati lo ha impedito, con richiamare a sè la Chiave della detta Chiesa, minacciando a me, al sacerdote D. Francesco Grano, che ne teneva la detta chiave, per celebrarvi in ogni giorno festivo di precetto a commodo de' fedeli...". Ed aggiungeva: "Questa operazione del sudetto Sig. Giudice oltre al limite delle sue attribuzioni, mi ha mosso adire la sua autorità, perchè li oblighi a restituire sudetta Chiave, e gli facci conoscere, che le Chiese stanno sotto la Cura, e vigilanza de' superiori Ecclesiastici, e che in altre occorrenze non li arroghi quelle attribuzioni, che non li competono". 31

Nel settembre 1839 il sindaco Saverio Serra, preoccupato per lo stato di ignoranza degli abitanti della "contrada Croce", scrive all'arcivescovo Bruno M. Tedeschi sollecitando la nomina di un Economo "da prestare gli Uffizi nella centrale Chiesa del soppresso Monastero dei Domenicani, ove concorrano facilmente i ragazzi ad insegnarsi, e gli adulti ad intender la divina parola". 32 La preoccupata voce del Sindaco venne accolta dall'Arcivescovo, che nel corso della Visita Pastorale del 1842 assegnò all'Arciprete gli economi D. Domenico Felicetti per il rione Terra e D. Francesco Grano per il rione Croce. Quest'ultimo riprese ad ufficiare la Chiesa di S. Domenico con un sussidio di duc. 34 messo a disposizione dal Decurionato. 33 Alla luce del nuovo utilizzo di S. Domenico, il Decurionato, sotto la presidenza del sindaco Giuseppe Cundari, il 4 settembre 1841 deliberava la sistemazione della chiesa affidando l'esecuzione dei lavori, da condurre in amministrazione di economia, alla sorveglianza dello stesso Sindaco, dell'ex sindaco Saverio Serra e del decurione Luigi Vitale. 34 I lavori, comunque, andarono abbastanza a rilento, tanto che nel 1851 l'arcivescovo Cilento in Visita Pastorale a Campana invitò il sindaco Vincenzo Felicetti a portare a termine i lavori prima possibile. 35 Saranno poi ultimati tra la fine del 1855 e i primi dell'anno successivo. Mons. Cilento inoltre nella Visita Pastorale del giugno 1855, dietro petizione popolare, dispose l'esumazione del corpo del Servo di Dio Domenico Longo, sepolto dietro l'altare maggiore. Fece comporre le ossa in un'urna chiusa a chiave per poi segnarla col suo sigillo episcopale e quindi farla riporre nel muro sul lato destro all'altezza dell'altare della Madonna del Rosario. 36


A parte alcuni lavori di riparazione a cura del Comune nel 1895, 37 non si è a conoscenza di altri lavori oltre quelli iniziati dall'arciprete D. Nicola Ausilio nel 1912 e condotti a termine nel 1915-16 da D. Andrea Volpe. Quest'ultimo riuscì a creare un entusiasmo tale nella popolazione che si formò "un vero grande movimento per restauro delle sue Chiese concorrendo con l'opera e col denaro". 38 Non solo la chiesa venne arricchita di 3 altari di marmo, di cui quello centrale di S. Domenico è il più imponente, ma venne altresì interrata la cisterna posta in fondo all'edificio sacro, che così ebbe ampliata l'area con grande comodità dei fedeli. La chiesa, rinnovata nella sua struttura, venne inaugurata domenica 22 luglio 1916 alla presenza dell'arcivescovo Orazio Mazzella, giunto a Campana per la Visita Pastorale. Nel complimentarsi per i lavori svolti, potè annunciare pubblicamente all'assemblea di aver vinto la ritrosia di D. Andrea e di averlo convinto ad accettare l'incarico di Arciprete. 39 Così è raccontata la cerimonia dell'ingresso in paese di Mons. Mazzella quel 22 luglio 1916: "L'ingresso fu veramente imponente. Appena fu scorto Mons. Arcivescovo col suo seguito presso il convento di S. Antonio sullo stradale Cariati-Campana ebbe il primo saluto con un salva di mortaretti, che fu presto seguito da quello di una vera fiumana di fanciulli e giovanetti, i quali impazienti precorsero di molto il resto del popolo, gridando con voci argentine "Benvenuto Eccellenza". Fu ricevuto all'ingresso del paese da, può dirsi, tutto il popolo con a capo il Rev.do Economo Curato Volpe, il Sindaco, le altre Autorità e tutti i notabili, e da tutti in perfettissimo ordine fu seguito ed accompagnato per le strade del paese. La domenica fu per Campana un giorno di vera e solennissima festa. Con la consacrazione pontificale di tre nuovi altari di marmo (il maggiore è veramente magnifico) S. E. inaugurava e restituiva di nuovo al culto la bella e vasta chiesa di S. Domenico, la quale, ridotta in uno stato veramente deplorevole, in pochissimo tempo è stata restaurata, decorata, arricchita di pregevoli arredi, provveduta di quanto è necessario al culto divino anche nelle cose più minute, e resa tale che sola, forse con qualche altra, può dirsi seconda alla Metropolitana (...)". Dopo la celebrazione della messa "S. E. svestitosi dei sacri paramenti volle parlare al popolo. Disse di trovarsi contento in mezzo a loro, si congratulò della bella opera compita ne restauri della Chiesa, ringraziò per tutti il Sindaco della efficace cooperazione prestata all'iniziativa del Rev.do Volpe, disse di essersi convinto di dover intervenire con l'autorità episcopale a contentare i vivi desideri di tutti, e di avere già vinta col precetto di obbedienza la ritrosia del Volpe ad accettare l'Arcipretura. Il popolo se seppe contenersi e rispettare il luogo santo senza prorompersi in clamorosi applausi, non potette non dimostrare la straordinaria soddisfazione con un potentissimo fremito; ed usciti di Chiesa tutti, ciascuno a suo modo, ringraziarono S. E. del grande dono loro fatto". 40

Completamente rifatta, la chiesa sostituì la Matrice come parrocchiale e tale rimane ancora oggi. Intanto nel 1919 D. Andrea Volpe, anche in riconoscimento delle sue benemerenze, otteneva dal Consiglio Comunale la concessione ad uso canonica dei locali attigui alla chiesa, che lui aveva già riattato. 41 Nel marzo 1960, nel corso della funzione delle Palme, ufficiata dall'arciprete D. Gaetano Pancali, cedimenti degli intonaci del solaio ed altro fecero temere il peggio, per cui la chiesa rimase chiusa per restauri per oltre un anno. Nella circostanza venne rifatto il tetto e la pittura, per cui scomparvero le decorazioni di D. Andrea Volpe. Altri lavori più recenti sono stati effettuati negli anni ottanta a D. Salvatore Spataro, a cui si deve anche il bel mosaico di S. Domenico sulla facciata, resa solenne dal bel portale secentesco e dall'alta gradinata di accesso. 42

2.

Convento riformato di S. Antonio

Il convento di S. Antonio dei Frati Minori Riformati fu "fondato l'anno 1661 da Fr. Bonaventura dal Cirò". 43 La sua costruzione richiese diversi anni. Nel 1665, infatti, risulta ancora incompleto. 44 La stessa chiesa verrà consacrata da Mons. Francesco Marino il 13 settembre 1681. 45 Essendo il convento esente dalla giurisdizione dell'Ordinario Diocesano, non abbiamo purtroppo in loco documenti che ci consentano di seguirne le vicende per i secoli XVII-XVIII, fatta eccezione di un contributo di duc. 61 fornito al convento dall'Univesrità di Campana nel 1742 "per pietanza, oglio, grassa, lana, Medicamenti, ed altro". 46 Al 1747 risale l'altare maggiore in marmi policromi, dichiarato in quell'anno "Altare privilegiato", mentre è datato 1753 l'altare a muro, attualmente occupato dal quadro del S. Cuore. 47 A parte queste notizie succinte non sappiamo altro sul convento fino alla soppressione, avvenuta in due tempi il 7 agosto 1809 e il 10 gennaio 1811. 48 La chiusura del convento, in verità, durò solo qualche anno senza che lo stesso venisse destinato ad altro uso civico, come invece era previsto dal Real Decreto del 6 novembre 1816. Già sul finire del 1818 l'arcivescovo Carlo Puoti aveva presentato petizione al Ministro degli Affari Ecclesiastici per avere la riattribuzione dei conventi già dei Riformati della diocesi (Calopezzati, Bocchigliero, Longobucco, Rossano e Campana). Per Campana lo stesso sindaco Pietro De Martino, in contemporanea con la lettera dell'Arcivescovo, aveva da parte sua presentato istanza al Re per ottenere la riassegnazione dell'ex convento e destinarlo nuovamente ai Riformati. L'istanza, sottoscritta anche dagli altri decurioni, recitava:


"Signore. Il Sindaco, e Decurioni del Comune di Campana, Distretto di Rossano, Provincia di Calabria Citra, prostrati al Suo Real Trono umilmente l'espongono, che avendo questa Comune a tempi antichissimi goduto il beneficio di un Convento dei PP. Riformati di S. Francesco; suggiacque pur anco questi alla generale suppressione. Si è conosciuto oggi che una tale mancanza ha portato, e porta con se detrimento alla salute dell'Anime avendo bisogno questa popolazione di coltura spirituale perchè composta al più di la di due mila e centinaja di anime, e pure governate nello Spirituale da due Sacerdoti Secolari cittadini, ed un Economo curato di S. Giovanni in Fiore, individui al certo non bastevoli ad adempire nella coltura di questa vigna del Signore. Di tali bisogni, che la M. S. si anderà ad incaricare, la supplichiamo benigniarsi ordinare, che si riaprisse detto Convento de PP. Riformati di S. Francesco per occorrere alli bisogni di detta poplazione; tanto più che il locale è tutto in essere senza mancarci menoma cosa. Sperano tutti dall'innata bontà della M. S., mentre l'avranno a Grazia come da Dio. Pietro M. de Martino Sindaco supplico come sopra; Francesco Costa Decurione supplico come sopra; Tommaso Crispo Decurione supplico come sopra". 49

Alla petizione il Decurionato, su richiesta dell'Intendente di Cosenza, che era stato investito della pratica dal Ministro degli Affari Ecclesiastici, fece seguire una nuova delibera con cui si impegnava ad apportare le eventuali riparazioni al convento. Si dava assicurazione inoltre che "non solo puote mantenersi il monastero con la giornaliera elemosina che fa questo Comune. Ma ben anche mantenere si puote con la concorrenza de' Paesi circonvicini quali hanno della divozione illimitata con il protettore del Monastero". 50 Superate le difficoltà burocratiche statali, restò da vincere la resistenza dei Minori Riformati, che, tramite il Ministro Provinciale P. Innocenzo da Malvito, il 5 agosto 1819 comunicavano all'Intendente la decisione del Capitolo Provinciale di non procedere alla riapertura nè del convento di Campana, nè degli altri fin quanto perdura "la scarsezza" di religiosi disponibili. 51 Questa notizia, comunque, appare strana ed in contraddizione con una vicenda registrata nel libro dei Reati degli anni 1818. 1819 e 1820 (f. 3/1819) della Pretura di Campana e i cui protagonisti furono fra Tommaso Grillo di Campana e P. Giovanni Duca di Rocca Bernarda, entrambi dimoranti nel convento di S. Antonio. Il primo denunciò all'autorità giudiziaria P. Giovanni per averlo ferito "a colpo di palo" la notte del 2 prile 1819. Il 30 aprile, poi, la denuncia verrà ritirata senza conseguenze penali. L'episodio, oltre a costituire un simpatico bozzetto, sta a dimostrare che all'epoca il convento era già occupato, per cui sembra inspiegabile la menzionata comunicazione del Ministro provinciale dell'agosto successivo. A meno che i nostri due eroi erano stati mandati in prova e poi - visto l'esito poco edificante erano stati nuovamente richiamati in attesa di tempi migliori. La resistenza, comunque, non durò più a lungo perchè di li a poco, almeno 3 dei conventi esistenti nella diocesi di Rossano vennero riaperti. Il 30 luglio 1823, infatti, oltre al convento di Campana, dove erano operanti un sacerdote, un fratello laico e 3 terziari, risultavano funzionanti anche i conventi di Longobucco e Bocchigliero, rispettivamente con 3 sacerdoti, 2 chierici, un laico e 2 terziari nel primo e un sacerdote, un chierico e 3 terziari nel secondo. 52 Ripresa l'attività normale, la piccola comunità religiosa nel 1826 si compone di 2 sacerdoti e 2 laici, contro 5 sacerdoti secolari. 53 Nel 1837 vi è Guardiano il P. Francesco Antonio di Savella, carica di cui venne privato per essere passato al clero secolare. 54 Gli succede il P. Reginaldo da Grimaldi, che viene fatto oggetto di false accuse e calunnie davanti all'Arcivescovo da parte di tale Giovanni B. Leonetti. 55 Nel 1843 vi figura Vicario P. Bernardino di Falconara, accusato dal comandante della Brigata della Gendarmeria di essere 'intricante e scandaloso", ma difeso dal Vicario foraneo D. Domenico Felicetti, che scrisse di lui all'arcivescovo Tedeschi notando che da quando era giunto da circa un anno nel convento di Campana il religioso aveva "dato saggio del suo essere, avendo perfettamente eseguite le regole del suo Istituto" e che era "bene istruito nelle scienze". 56 Ma non passò tempo che la presenza dei Riformati a Campana cominciò a dare segni concreti di cedimento ideale e di decadimento generale. Lo stesso D. Domenico Felicetti, che più volte era intervenuto a difesa dei religiosi, nel febbraio 1847 dovette denunciare le irregolarità e le violenze anche fisiche provocate nel convento dal Guardiano P. Francesco della Falconara, che avevano richiesto l'intervento delle autorità giudiziarie. Su queste basi arrivò a scrivere all'arcivescovo Cilento che "per potersi sradicare dall'intutto la radice di ogni scandalo, è necessario quasi per necessità di mezzo, l'allontanamento di tutta intiera questa attuale famiglia, e provvedersi di altra di morigerati costumi...". 57 Le cose non cambiarono negli anni successivi. Il Guardiano P. Bonaventura di Bocchigliero, per esempio, nel 1850 venne accusato di dilapidare i beni del convento a favore dei familiari. 58 Non mancarono nemmeno turbative e tensioni col clero locale e con la popolazione. Eclatante fu lo scontro avvenuto alla fine di giugno 1857 col sindaco Pietro Grano, in clero e l'intera popolazione. A causa del persistente maltempo, come era consuetudine in casi analoghi, si era voluta organizzare una processione penitenziale per impetrare il sereno portando per i il paese le statue di S. Domenico, della Madonna della Pietà e di S. Antonio. Il P. Guardiano, che in precedenza aveva dato il suo assenso, si rifiutò poi di consegnare la statua di S. Antonio pretendendo del denaro. Davanti alla stizza della popolazione, che accennò qualche gesto di violenza, il Guardiano dal pulpito minacciò di denunciare il sacerdote De Martino, che guidava il corteo, ed il Sindaco di aver organizzato a bella posta il tumulto. Per evitare il peggio, visti gli animi ormai riscaldati, la processione proseguì senza la statua di S. Antonio. Essendo poi di fatto tornato il sereno, in paese si organizzò una festa popolare il 2 luglio successivo, per cui l'incidente venne


dimenticato. Pervenuta, però, la vicenda all'orecchio dell'arcivescovo Cilento, questi ne chiese il resoconto al Vicario foraneo, che a breve scadenza, l'8 luglio, diede minutamente i dettagli dell'accaduto. 59 Ormai ridotto ad una storia di quotidiano degrado spirituale, il convento venne definitivamente soppresso ed incamerato dal governo italiano nel 1867 e, come per S. Domenico, le vicende del convento e della chiesa presero diversi orientamenti. 60 Il convento dopo una prima utilizzazione come caserma dei militi impegnati nella lotta contro il brigantaggio, rimase in abbandono. Pensò di aprirvi una scuola il sacerdote D. Domenico Manfredi, ma nell'agosto 1874 il Sotto Prefetto di Rossano ne dispose la chiusura. 61 Rimasto completamente in disuso, nel 1903 l'arcivescovo Orazio Mazzella pensò di acquistarlo per la diocesi nell'intento di affidarlo ai PP. Passionisti ed assicurare al paese e al circondario una nuova presenza religiosa. Ottenutane la facoltà dal Card. Ferrata, prefetto della S. Congregazione dei Vescovi e Regolari, l'operazione non andò in porto forse per l'indisponibilità reale dei Passionisti. 62 Nel 1905, ad iniziativa del sindsco Pasquale Santoro, veniva presentata istanza all'Intendenza di Finanza per l'acquisto del fabbricato e terreno circostante "per opere di pubblica utilità". 63 Ottenutone il parere favorevole, l'11 marzo dell'anno dopo l'immobile venne acquistato per la somma di £ 2800. Dopo un iniziale progetto di costruirvi intorno il nuovo cimitero utilizzando la chiesa come cappella funeraria, su proposta di Silvio Cundari il 25 marzo il Consiglio Comunale deliberava di utilizzarlo eventualmente come locale di isolamento in caso di epidemie. 64 Diventato di proprietà comunale, l'ex convento restò, comunque, senza destinazione, finchè nel 1919, ad iniziativa dell'Avv. Giovanni Santoro e di un Comitato cittadino venne avanzata la richiesta di averne la concessione per farne un Ospedale ed un Ospizio per anziani. 65 L'eccessivo rigore delle condizioni poste dal Consiglio Comunale fece cadere probabilmente il progetto, per cui nel 1933 il podestà Francesco Sangiovanni concesse in fitto "per un canone annuo di £ 100 il piano terra dell'ex convento dei Riformati alla ditta Ghislanzoni di Morbegno (Valtellina) che userà i locali per impiantare una lavorazione di funghi, erbe aromatiche e medicinali, olive in salamoia, fragole, mirtilli, ecc.". 66 La fabbrichetta durò per qualche anno soltanto. Rimasto nuovamente inutilizzato, l'ex convento nel 1947 venne richiesto dal Dott. Gaetano Manfredi per adattarlo ad Ospedale e Casa di Cura. Il 24 agosto il Consiglio Comunale, presieduto dal sindaco f.f. Domenico Machera, deliberava di vendere i ruderi del convento ed il terreno circostante che guarda verso il paese al Dott. Mandredi "per £ 600.OOO perchè vengano, dopo ristrutturazioni e restauri, adibiti ad Ospedali e Casa di Cura. Oltre alle 600 mila lire dovrà dare l'uso gratuito di due letti all'anno ed un intervento operatorio, pur esso gratuito, per uno degli ospiti di tali letti. Dovrà inoltre assicurare la gratuità degli interventi urgenti per gli iscritti nelle liste dei poveri del Comune di Campana". 67 La concessione prevista per un periodo di 29 anni, venne successivamente trasformata in vendita definitiva, per cui il Dott. Gaetano Manfredi ne divenne proprietario. Di recente, dal sindaco Ing. Saverio Greco, l'immobile è stato nuovamente rilevato dall'Amministrazione Comunale con fondi europei. L'edificio, attualmente in corso di ristrutturazione è destinato ad uso sociale e culturale. 68 Per quanto riguarda la chiesa le traversie sono state meno accentuate, ma non per questo senza rilevanza. Anzi il suo utilizzo risulta essere stato continuo, occasionato soprattutto dalla festa annuale di S. Antonio, preparata con la Tredicina e celebrata con grande solennità, luminarie, mortaretti e banda musicale. 69 Nel 1912, in atto di Visita Pastorale, l'arcivescovo Mazzella, in occasione della festa di S. Antonio, vi celebrò la S. Messa. 70 Non si hanno notizie di restauri prima del 1944. Il 10 luglio di quell'anno, infatti, il Commissario Prefettizio Aldo Arcieri provvide a liquidare la somma di £ 1000 all'Avv. Pasquale Manfredi per le riparazioni da lui fatte fare alla copertura della chiesa. 71 Lavori più consistenti vennero sostenuti nel 1950 ad iniziativa dell'arciprete D. Gaetano Pancali coadiuvato dall'Avv. Pasquale Manfredi e dal Dott. Gaetano Manfredi. Nel corso di questi lavori venne riaperta la porta laterale sulla facciata, fino allora aperta a finestra. Da questo periodo, anche per il notevole incremento demografico ed urbanistico del rione Convento, la chiesa ebbe un uso più frequente fino a quando nel 1960 l'arcivescovo Giovanni Rizzo vi istituì l'omonima parrocchia canonica nominandovi come parroco il P. Ciro Russolillo, che contemporaneamente aveva la cura pastorale di Mandatoriccio. A lui si deve la sopraelevazione del campanile della chiesa. Nel 1962 vi venne nominato D. Franco Costantino, che vi rimase fino ai primi del 1971. Dal 21 giugno di quell'anno parroco fu nominato D. Salvatore Spataro, che, dopo la morte dell'arciprete Mons. Gaetano Pancali nel 1983, è rimasto unico parroco nel paese. 72 Soprattutto in questi ultimi anni continui e notevoli sono stati i restauri apportati da D. Spataro, a cui va anche il merito di aver ripreso quasi completamente e valorizzato i locali rustici e mal ridotti ai lati e sopra la sagrestia. Nei primi anni sessanta l'arcivescovo Rizzo dotò la parrocchia di Casa Canonica, che venne in parte resa abitabile da D. Franco Costantino e poi completata in tutta la struttura da D. Salvatore Spataro. Dopo essere stata per qualche anno sede dell'Istituto Professionale, oggi è utilizzata come Ufficio Parrocchiale, locali di ministero e Biblioteca parrocchiale. Attiguo alla casa canonica è l'edificio dell'ex Scuola Materna, costruito dalla Cassa per il Mezzogiorno e concesso alla chiesa di S. Antonio nel 197...


N O T E 1

Il primo convento domenicano in diocesi fu in verità quello di Longobucco, fondato nel 1568 e poi soppresso da Innocenzo X nel 1652: cfr. AGOP (Archivio Generale dell'Ordine dei Predicatori) VI, 123, riportato in G. ESPOSITO, Soppressione e consegna dei "conventini" domenicani in Calabria (1652-53) , in "Rivista Storica Calabrese", IV (n. s.), nn. 1-2 (gennaio-giugno 1983), pp. 204 e 212. 2 Cfr. G. FIORE, Della Calabria Illustrata , II, p. 393. La fondazione nel 1569 è ignorata in AGOP I, 708. 3 "Confirmatur erectio Conventus O. P., sub titulo S. M. Gratiarum, terrae Campanae, Rossanen dioc., ab Universitate et hominibus dictae terrae fundati": cfr. F. RUSSO, Regesto Vaticano , V, n. 22757 del 5 aprile 1576. 4 I sacerdoti sono Andrea Jamoccaro di Altomonte, lettore, Giovanni Celestino di Altomonte e Alberto Alimena da Montalto, lettore; il converso è Andrea di Napoli da Martirano; gli oblati Giovanni Battista di Donato e Cataldo Francesco, entrambi di Campana: cfr. Archivum Fratrum Praedicatorum , XXXIX, Roma 1969, p. 534. 5 "(Datur facultas) Vicario et fratribus loci S. Marie de Campana ... comutandi unam domum, duas vineas et quasdam peze terre in meliora stabilia": cfr. AGOP IV, 44, f. 113v, riportato nel citato Archivum Fratrum Praedicatorum , XXXIX, p. 534; anche L. RENZO, Francesco Marino e Campana nel 1600 , p. 35. 6 Cfr. AGOP XIII, 1000 riportato in G. ESPOSITO, I Domenicani nel Settecento Calabrese , in "Atti del VI Congresso Storico Calabrese (Catanzaro 29 ottobre - 1° novembre 1977)", Salerno-Catanzaro 1981, p. 177; anche L. RENZO, Archidiocesi Rossano-Cariati , p. 110. 7 Il testo recita: "Visitavit cappellam SS. Rosarii in ecclesia S. Marie Gratiarum Ord. Predic. in qua sunt cappellani confratres; altare est ornatum suppellectilibus conventus et idem in cappella SS. N.ri ... non sunt confratres. Adsunt litere Ill.mi Card.lis Aragone... S. Congregationis Indulgentiarum ... ubi adsunt duodecim f.res sine (gua)rdianorum consensu Confraternitates non approbentur": cfr. ADR, Acta imperfecta S. Visitationis dell'arcivescovo Sanseverino (1610). 8 P. Domenico Cilento apparteneva ad una nobile famiglia di Luzzi. Di lui scrisse il fratello Francesco, anch'egli domenicano: cfr. G. MARCHESE, Tebe Lucana, Val di Crati e l'odierna Luzzi , Napoli 1957, p. 557. 9 Vennero soppressi i piccoli conventi con meno di 6 soggetti o con rendite insufficienti. In Calabria vennero soppressi una trentina di conventi domenicani, tra cui quelli di Cropalati, Pietrapaola, Longobucco, Cerenzia: cfr. Bull. O.P. , VI, 169; F. RUSSO, Regesto Vaticano , VII, n. 36845. 10 Cfr. F. RUSSO, Regesto Vaticano , VII, n. 37232. 11 Cfr. Relazione ad limina del 1655 dell'arcivescovo Carafa, in cui il convento è detto "primum suppresso, et deinde reintegrato, et Ordinarii Iurisditioni subiecto". 12 Per le successive vicende della chiesa si rimanda al cap. VII sulle Chiese. 13 La notizia si arguisce dalla scritta "OPERA FATTA DA MAESTRO GIACOMO BASUINO L'ANNO MDCLXIV", che si legge sul cordolo ligneo di supporto al tetto della chiesa. L'artista probabilmente è fratello, o parente, di quel Nicola Angelo Basuino, Procuratore della Confraternita della Pietà nel 1678. 14 "Visitavit omnes Cappellas existentes in dicta Ecclesia, in quibus nihil reperit corrigendum, aut emendandum; eo quia nedum Cappellae sunt decenter ornatae, verum etiam Altaria habent linteamina, mappas, candelabra, coetera omnia, quae divinum Cultum, et nitorem praeseferunt. In dictis Cappellis, et Altaribus Sacerdotes praenominati conventus, et Ordinis habent onus novem missarum celebrandarum in hebdomada pro Animabus Benefactorum. Ecclesia et Conventus praenominatus habet plateam bona, tum stabilia, tum sese moventia, et mobilia. Lustravit totam Ecclesiam, Chorum, et Sacristiam, a qua egressus, claustra, licet non ad perfectionem redacta, penetravit, eorumdem structuram, et ambitum observavit tandem ut nihil inscrutatum relinqueret, inferiores officinas, dormitoria simul et cellas prospexit. Commendavit Religiosam observantiam, modestam paupertatem, et in reliquis tum spiritualibus, tum temporalibus accuratam dictorum fratrum diligentiam, et industriam, quibus post brevem, sed gravem confabulationem, Praesuli ex animo suas largas impartitus est benedictiones": cfr. ADR, Acta Visitationis generalis , ff. 62r-67. 15 Il testamento è citato in un atto rogato dal notaio Giuseppe Filippelli di Bocchigliero, conservato nell'ADR. 16 Cfr. F. MARINO, Lettere Familiari , p. 120. 17 "Deinde accessit ad Ecclesiam Venerabilis Conventus Patruum Praedicatorum nostrae Visitationi subiectam... Lustravit totam Ecclesiam, et nihil corrigendum esse dixit": cfr. ADR, Acta Visitationis Generalis del 1698, f. 90. 18 Cfr. G. VALENTE, La Provincia di Cosenza attraverso gli Stati Discussi del 1741-1742 , Cosenza 1983, I, pp. 115 e 117. 19 Cfr. L. ACCATTATIS, Le biografie degli uomini illustri delle Calabrie, Cosenza 1869-1877, III, pp. 24-27. 20 E' nella memoria popolare la sua figura di penitente, che si ritirava a lungo nella grotta attigua all'orto del convento. Ancora oggi la grotta è segnalata nell'ex casa della famiglia Capocasale. 21 Cfr. AGOP 178, f. 1v; ASV, Fondo Domenicani , 15, richiamati in L. G. ESPOSITO, I Domenicani nel Settecento Calabrese , p. 180 (nota 95). Il Longo fu un convinto propagatore del rosario e fin dal 30 gennaio 1734 figura iscritto nell'elenco "ad septennium pro munere missionarij exercendo": AGOP IV, 211, f. 31r. 22 Cfr. V. M. GRECO, Elogio del P. Domenico Longo , Napoli 1796; L. ALIQUO' LENZI - F. ALIQUO' TAVERRITI, Scrittori Calabresi , Reggio Calabria 1955, 2^ edizione, pp. 132-33; F. RUSSO, Storia dell'Archidiocesi di Cosenza , Napoli 1958, p. 226. 23 Di recente D. Salvatore Spataro ha nuovamente rilevato i resti mortali ricomponendoli in una nuova urna sistemata nello stesso posto. 24 Negli Acta Ordinationis di Stefano Lupinacci, conservati nell'ADR, figura l'attestato comprovante lo svolgimento del corso di esercizi spirituali. D. Lupinacci dal 1769 al 1806 sarà arciprete di Campana. 25 Cfr. U. CALDORA, Calabria Napoleonica (1806-1815) , Napoli 1960, p. 220.


26

Venne seppellito nel sepolcro dei preti nella chiesa matrice: cfr. APC, Registro dei decessi . Nel sepolcreto del convento, invece, il 2 giugno 1750 era stato seppellito fr. Saverio Madara, Cavaliere dell'Ordine Gerosolimitano: cfr. APC, Liber Mortuorum 1726-1767 . 27 L'inaugurazione della nuova sede si ebbe nel 1984. Primo giudice della nuova Pretura mandamentale fu l'Avv. Filippo Pugliesi di Bocchigliero. 28 La lista è contenuta nella Platea , conservata nell'ADR. 29 Nella seduta del 26 novembre 1837 il Decurionato aderì all'invito di rivendicare il possesso delle terre nominando come difensore dei diritti del Comune l'Avv. Giuseppe Orlandi di Cosenza: cfr. ACC, Deliberazioni Decurionali ... 30 Cfr. ADR, Acta Visitationis , 1827, ff. 11-13. 31 Le due lettere sono conservate nell'ADR. La cisterna di cui trattasi, molto fastidiosa per i problemi che provocava, sarà poi definitivamente interrata da D. Andrea Volpe durante i lavori di rifacimento della chiesa nel 1912-16. 32 La lettera, conservata nell'ADR, Cartella Tedeschi , seguiva di due mesi l'altra in cui aveva prospettato all'Arcivescovo che "le povere donne del predetto Rione Croce sono obligate a perdere la S. Messa perchè sprovvedute di vestimenti, in tempo d'inverno non possono andare nella distante Chiesa Matrice". 33 Cfr. ACC, Deliberazioni Decurionali , 23 settembre 1839. 34 Negli anni precedenti la chiesa di S. Domenico era stata ipotizzata come cappella provvisoria per la tumulazione dei defunti in attesa della costruzione del Camposanto richiesto dalle nuove normative igieniche. L'idea cadde perchè troppo vicina al paese. In alternativa venne poi ipotizzata, ma senza esito, sia la chiesa di S. Antonio, sia quella della Madonna delle Grazie. 35 "Visitavit Ecclesiam S. Dominici, quae est in constructione, et iussit Sindaco quamcito ad finem eam redici": cfr. ADR, Visitationis Universae Dioecesis ab anno 1845 ad annum 1851, dell'arcivescovo Pietro Cilento, ff. 65-70. 36 "Se contulit in Ecclesiam S. Dominici, ubi coram populo, qui postulationem fecit, dishumavit Corpus Servi Dei P. Dominici Longo retro Altare Maius sepultum, et ossa eius, quae inventa fuerunt, reposita sunt in arca lignea clavi clausa, et signata cum proprio sigillo cum quatuor vittis octo partibus, et reposita fuit in Ecclesia intra murum in Cornu...": cfr. ADR, Visitatio Pastoralis Dioecesis Rossanensis peracta ab Ill.mo et Rev.mo D.no Petro Cilento Archiepiscopo anno 1854-1855 , ff. 146-147. 37 Cfr. ACC, Deliberazioni Comunali, 14 novembre 1895. 38 Cfr. Bollettino dell'Archidiocesi di Rossano , anno I, dicembre 1913, pp. 108-109. L'opera venne ricordata da una scritta sull'altare maggiore, ai piedi della statua di S. Domenico. Il testo: "AUSPICE IL REV. ANDREA VOLPE CON OBOLO DEVOTO DEI CAMPANESI QUESTO TEMPIO FU RIEDIFICATO A. D. 1916". 39 D. Andrea Volpe, amalfitano, era stato accolto in diocesi dall'arcivescovo Mazzella e destinato a Campana nel 1912 in qualità di Vicario economo dell'arciprete D. Nicola Ausilio, in non buone condizioni di salute. Alla morte di questi nel 1914 non aveva voluto accettare la nomina ad Arciprete. Lo farà nel 1916 e vi resterà fino al 1924, quando seguirà a Taranto l'arcivescovo Mazzella, che vi era stato trasferito nel 1918. 40 La cronaca, ricca di folklore paesano, è ripresa a lunghi stralci dal Bollettino dell'Archidiocesi di Rossano , luglio 1916, pp. 74-75. 41 Il 12 gennaio 1919 il Consiglio Comunale, presieduto dal sindaco Saverio Manfredi, così giustificava la concessione: "Considerato che il sopra indicato immobile (due vani superiori attaccati alla chiesa di S. Domenico) è stato ricostruito a cura e interesse dell'arciprete Sig. Volpe, il quale sebbene sia stato sussidiato dalla pubblica amministrazione, tuttavia vi ha profuso del suo e quanto ha raccolto dalla beneficenza cittadina e anche dai paesi vicini. La donazione viene fatta anche in considerazione dello zelo del Volpe e del modo come ha decorato la Chiesa di S. Domenico. Tutto ciò anche per rispettare le precise norme di legge che obbligavano i Comuni a provvedere per la Canonica": cfr. ACC, Deliberazioni del Consiglio Comunale , 12 gennaio 1919. 42 Il mosaico, opera della ditta Mellini di Firenze, sostituì il più antio affresco ormai fatiscente ed irricuperabile di S. Domenico. 43 Cfr. G. FIORE, Della Calabria Illusrata , II, p. 419; anche L. RENZO, Francesco Marino e Campana , p. 36. 44 Cfr. ASV, Relazione ad limina dell'arcivescovo Carlo Spinola. 45 La data è ricordata nell' epigrafe a muro nella chiesa, in cui è detto: "FRANCISCUS MARINUS CAMPANEN EPISCOPUS INSULANUS TEMPLUM HOC CONSECRAVIT DIE XIII SEPT. MDCLXXXI". In merito all'anno, c'è da rilevare che Mons. Marino sarà nominato vescovo di Isola solo il 25 maggio 1682 e quindi nel 1681 non era vescovo. Il particolare lascia perplessi, a meno che si tratta di una svista nella incisione fatta probabilmente dopo. 46 Cfr. G. VALENTE, La Provincia di Cosenza attraverso gli Stati Discussi... , p. 115. 47 In alto si osserva uno stemma raffigurante un pino con leone rampante, di cui si ignora il titolare. 48 Cfr. U. CALDORA, Calabria Napoleonica , p. 226. 49 La petizione, come quella dell'arcivescovo Puoti, è conservata nel fascicolo Riformati Campana , presso ASC. 50 Il Verbale, datato 7 marzo 1819, è conservato nel citato fascicolo Riformati..., nell' ASC. E' sottoscritto dal sindaco Pietro De Martino e dai decuzioni Tommaso Crispo, Vincenzo Puglise, Agostino Felicetti, Giuseppe Cundari, Agostino Palopoli, Francesco Costa e Andrea Benevento. 51 Cfr. ASC, fasc. Riformati Campana . 52 I dati sono ricavati dalla lettera scritta dall'arcivescovo Carlo Puoti al Ministro Segretario di Stato e degli Affari Ecclesiastici di Napoli il 30. 7. 1823 in risposta ad una corrispondenza di questi dell'11 gennaio precedente: cfr. ADR, Cartella Puoti . 53 Cfr. ADR, Stato del numero delle Anime, de' Preti e Religiosi Riformati esistenti nelle Comuni di Longobucco, Bocchigliero e Campana della diocesi di Rossano , scheda conservata nella citata Cartella Puoti .


54

Del fatto dà notizia all'arcivescovo Bruno Tedeschi il P. Francesco M. di Spezzano Piccolo, Provinciale dei Riformati, con una lettera datata Cosenza 27 aprile 1838, conservata nell'ADR, Cartella Tedeschi ,in cui dà anche informazioni sui Guardiani degli altri conventi Riformati della diocesi. 55 Nell'ADR, Cartella Tedeschi , si conservano sia la lettera del Leonetti, sia le testimonianze giurate del P. Vincenzo De Simone, passato nel 1839 da Campana per predicazione, del sindaco Francesco Lupinacci (7 marzo 1839) , del comandante la Brigata di Campana Luigi Miglietta, dell'ex sindaco Saverio Serra (18 febbraio 1839), tutte miranti a difendere e scagionare dalle accuse malevoli il Guardiano ed il mal capitato laico Carlo. 56 Cfr. ADR, Cartella Tedeschi . 57 La lettera, datata 2 febbraio 1847, è conservata in una delle Cartelle Cilento , nell'ADR. 58 La denuncia è del fratello laico Carlo di Campana, che informò della cosa l'Arcivescovo: cfr. ADR, menzionata Cartella Cilento . 59 Cfr. ADR, Cartella Cilento , senza numero. 60 L'ultimo religioso di cui si ha notizia è fra Pasquale, morto in S. Antonio il 3 febbraio 1865. 61 La comunicazione, datata 19 agosto 1874, è conservata nell'ASC. 62 La petizione con la risposta a margine del Card. Ferrata datata 26 gennaio 1903 è conservata in una delle Cartelle Mazzella , presso ADR ed ancora senza numerazione. 63 Cfr. ACC, Deliberazioni Comunali , 24 giugno 1905, n. 18. 64 Cfr. ACC, Deliberazioni Comunali , 4 marzo e 25 marzo 1906. 65 La concessione venne deliberata dal Consiglio Comunale il 28 settembre alle seguenti condizioni: "1) che il fabbricato ed il terreno, comunque restaurato e abbellito rimanga di proprietà del Comune; 2) che non possa essere adibito ad altro scopo che Ospedale ed Ospizio per i vecchi poveri del paese; 3) che l'Amministrazione possa sorvegliare sull'andamento dei lavori ed abbia l'esclusivo contratto sull'ente che amministrerà l'ospedale e l'ospizio; 4) che l'amministrazione dell'Ospedale e dell'ospizio debba essere nominata dall'amministrazione comunale; 5) che qualora si venga meno ad una sola delle condizioni su esposte possa l'Amministrazione Comunale sciogliere l'ente e rientrare nel pieno possesso dei suoi beni per gli scopi che crederà": cfr. ACC, Deliberazioni Comunali , 28 settembre 1919, n. 13. 66 Cfr. ACC, Deliberazioni Comunali , 25 marzo 1933, n. 29. 67 La delibera venne approvata dal Prefetto con la clausola che fosse prevista la perdita del prezzo ed il ritorno al Comune dell'immobile qualora l'Ospedale non fosse stato realizzato entro 4 anni: cfr. ACC, Deliberazioni Comunali , 4 giugno e 24 agosto 1947, nn. 1 e 14. 68 I lavori, a cura dell'impresa.... 69 Dai Conti della Solennità di S. Antonio di Padova celebrata il 1907 in Campana, conservati in ADR, si rileva la sontuosità delle celebrazioni religiose di quell'anno, che comportarono una spesa di ben 461,80 lire. 70 Cfr. ADR, Visite Pastorali di S. E. Mons. Orazio Mazzella Arcivescovo di Rossano (1898-1917) , f. 97. 71 Cfr. ACC, Deliberazioni Comunali , 10 luglio 1944, n. 20. 72 La parrocchia, canonicamente eretta nel 1960, è stata definitivamente soppressa nel 1986 con la ristrutturazione generale delle parrocchie operata dall'arcivescovo Serafino Sprovieri in attuazione del nuovo Concordato del 1984 tra la S. Sede e lo Stato Italiano.


CAPITOLO DECIMO

DECENNIO FRANCESE E RESTAURAZIONE BORBONICA NEL PRIMO OTTOCENTO

Sotto l'influsso delle idee rivoluzionarie d'oltralpe, il sec. XVIII si era chiuso con un generale desiderio di cambiamento delle condizioni di vita e dello stato sociale. L'insofferenza e la spinta rivoluzionaria dei ceti poveri e contadini più che da motivazioni politiche o ideologiche erano provocate soprattutto dal bisogno di uscire da quella situazione umiliante e disumana, in cui per secoli erano stati costretti a soggiacere. Indubbiamente a questo si andavano ad aggiungere le esigenze della nuova borghesia ( i "galantuomini"), che mirava al governo diretto della cosa pubblica. In questo clima le idee repubblicane trovarono, pertanto, terreno fertile, per cui nel giro di qualche mese i focolai della rivolta si moltiplicarono a macchia d'olio. In ogni dove, ai primi del 1799, le masse popolari e le classi emergenti proclamarono il governo repubblicano ed eressero nelle piazze gli alberi della libertà come segno dell'avvenuto riscatto sociale e del mutamento di regime. Campana fu tra i primi paesi della Calabria Citra ad erigere l'albero della libertà, sull'esempio di Cosenza e dei centri più grossi della Provincia. 1 A farsene promotore era stato Francesco Caruso, noto nell'ambiente giacobino napoletano, che non si era risparmiato nel diffondere le idee repubblicane ed antiborboniche. Anzi, organizzata una squadra di patrioti campanesi, nel marzo 1799 era accorso al comando di Carlo Giordano e Giovanni Labonia per difendere senza esito Celico dall'attacco delle truppe sanfediste del card. Fabrizio Ruffo. 2 Il Cardinale, nominato Commissario e Vicario Generale del Re Ferdinando IV e partito da Palermo il 27 gennaio 1799, con l'esercito dei "realisti", o sanfedisti, aveva iniziato la trionfale riconquista del Regno al Borbone, favorito anche dalla delusione amara dei ceti popolari, che si erano sentiti traditi dai nuovi governi repubblicani, per nulla interessati ai loro problemi esistenziali. In pochi mesi il Ruffo conquistò ad una ad una tutte le province del Regno, ripristinando il governo borbonico. Non mancarono atti di violenza e autentiche stragi, oltre misura rispetto alla gravità della situazione. Così a Bocchigliero il 23 marzo 1799, sabato santo, una ciurma di sanfedisti, per lo più fattori e guardiani assoldati dalla principessa di Campana, Giovanna Ruffo-Sambiase, fece fuoco sui fedeli che uscivano dalla chiesa matrice, dopo aver partecipato alle sacre funzioni, provocando 3 morti, numerosi feriti e diversi sequestri. 3 Per Campana in questa fase non si hanno notizie di uccisioni, fatta eccezione di Francesco Maccarrone, di anni 36, marito di Stella Greco, ucciso il 14 gennaio 1800 "in publico loco", con una freccia ("saggitta"). 4 La situazione dell'ordine pubblico, comunque, durante e dopo la restaurazione divenne sempre più grave ed incontrollabile a causa di fuorilegge e briganti che, avendo appoggiato la causa sanfedista, facevano da padroni del campo tanto che ogni paese conobbe il privilegio di avere una propria comitiva di briganti con la conseguenza che le vendette private, i ricatti e le rapine erano all'ordine del giorno. 5 Del rischio si era reso già conto lo stesso Card. Ruffo, che da Crotone, il 27 marzo 1799, emanava un Proclama , con cui condannava il comportamento biasimevole di quella parte di truppe che si andava macchiando di abusi e "soverchierie". Così si legge nel Proclama : "... Essendo noi stati informati con veridici ed indubitati riscontri che le divisioni della nostra truppa, le quali lontane dalla nostra presenza o ci precedono o ci seguono o sono da Noi spedite per qualche Commissione, nell'entrare per trattenimento o per passaggio nei Paesi, tengono una condotta che disonora la Croce, di cui seguono la Santa Insegna, che si oppone alle rette e sempre clementi intenzioni della Maestà del Re N. S. che contravviene ai nostri rigorosi ordini commettendo soverchierie, violenze ed oppressioni e spogli, vogliamo omninamente riparare ad un tale biasimevole inconveniente affinchè in avvenire la nostra Truppa adempi ai doveri di Cristiano, di buon militare e di suddito, nè le popolazioni, specie quelle fedeli al Sovrano abbiano da querelarsi dei danni che vengono loro inferti. ... Qualunque soldato commetterà in tali luoghi di passaggio o permanenza furti o rapine anche della minima cosa sarà subito preso per essere giudicato dal Consiglio di Guerra, secondo le ordinanze militari senza riguardo alla qualità della cosa rubata o rapinata...". 6

Mangrado i provvedimenti repressivi, la situazione non migliorò nemmeno dopo il ritorno del governo borbonico anche perchè molti dei fuorilegge restarono nell'esercito o godevano di immunità per aver partecipato al moto sanfedista. Ne conseguì che mancando un'adeguata forza militare era difficile per non dire impossibile frenare abusi e porre un argine alla dilagante criminalità brigantesca. In tal modo le condizioni di vita della popolazione erano sempre più precarie ed incerte. Si richiedeva un ordine pubblico più garantito ed un esercito meglio preparato e disciplinato anche perchè restava incombente il pericolo di un ritorno delle truppe napoleoniche, che avevano ormai invaso tutta l'Europa.


Conscio del rischio, finalmente Ferdinando IV corse ai ripari disponendo con regio decreto del 4 dicembre 1805 il reclutamento di uomini da preparare all'uso delle armi. A causa delle molte diserzioni delle reclute di leva, l'11 gennaio 1806 l'obbligo di reclutamento venne generalizzato a tutte le masse. Per la provincia di Cosenza vennero deputati l'interino preside De Riseis-Simone, i tenenti colonnelli Vincenzo Campagna, Agostino Fascetti e Raffaele Falsetti, il maggiore Nicola Gualtieri, detto "Pane di Grano", ed il Can. Antonio d'Epiro. 7 L'esito nemmeno così risultò positivo perchè la resistenza della gente fu pressocchè generale. Molti paesi, tra cui Campana, Bocchigliero, Carolei, Domanico, Mendicino e Cerisano non risposero all'appello e non fecero partire le reclute. Ci volle l'intervento diretto e pressante di Fascetti e Falsetti per convincere ad inviarle sollecitamente a Napoli. 8

Ma lo sforzo non sortì l'effetto desiderato perchè si trattò in ogni caso di gente inesperta e raccoglieticcia non in grado di impensierire e di contrastare l'onda d'urto dell'irresistibile esercito napoleonico, ormai alle porte di Napoli.

1.

Ritorno dei francesi e primo brigantaggio

Ai primi del 1806 le vicende politiche e militari si susseguirono travolgenti nel Regno di Napoli. L'arrivo in città del generale napoleonico Massena e la fuga di Re Ferdinando a Palermo il 23 gennaio misero di fatto il Regno nelle mani dei francesi. L'esercito borbonico nella prima decade di marzo tentò a Campotenese un estremo sforzo per fermare i francesi, ma la disfatta fu totale, per cui anche la Calabria si spalancò alla penetrazione straniera. C'è da dire, comunque, che la regione si rivelò un osso più duro del previsto e quella che sembrava una conquista facile riservò all'esercito francese, abituato ai grandi trionfi in Europa, il primo umiliante smacco. A Maida, infatti, ai primi di luglio registrò la prima sconfitta proprio ad opera dei "cafoni" calabresi. Ma la marcia conquistatrice riprese subito, anche se i contrasti continuarono dovunque, soprattutto per la forte resistenza organizzata dalle numerose bande di briganti, prima fra tutte quella di Coremme (Antonio Santoro, di Longobucco), che scorazzava particolarmente nel distretto di Rossano. Alla notizia della sconfitta dei francesi a Maida occupa il Municipio di Longobucco issandovi la bandiera borbonica; quindi con 200 seguaci il 12 luglio occupa e saccheggia Bocchigliero trucidando tre dei quattro fratelli Parisio. 9 Continua le scorribande assaltando prima Cariati e poi muovendo verso Rossano e Castrovillari. Affrontato dal Gen. Verdier, viene catturato e rinchiuso nel carcere di S. Sofia d'Epiro. Evaso, con la banda attacca ed incendia il paese trucidando diversi cittadini, tra cui il vescovo Francesco Bugliari. 10 Nuovamente attaccato da Verdier, si ritira a Longobucco dove i francesi attuano una feroce rappresaglia, senza riuscire a prendere Coremme, 11 che fece in tempo a salvarsi con la fuga. Calmate le acque, riprende l'attività rioccupando Cariati per farne il suo quartiere generale. 12 Contemporaneamente anche Terravecchia venne occupata da Francatrippa (Giacomo Pisano), mentre Campana, Bocchigliero e Scala Coeli vennero conquistate dalle truppe francesi. 13

In questo periodo non mancarono a Campana le vittime dei briganti di Coremme. Il 15 ottobre 1806 a Cariati viene ucciso D. Lorenzo Ausilio, mentre il notaio Giuseppe Cundari, sequestrato dai briganti, riesce miracolosamente a salvarsi. Il 5 giugno 1807 viene ucciso Saverio Papparella, che, come era uso in casi del genere, venne seppellito fuori della chiesa, lasciando la moglie Teresa Maiorano con 4 figli. Altri morti ammazzati furono Natale Vulcano, che perse la vita nel corso di un saccheggio, lasciando la moglie Caterina Serrone con 2 figli; Saverio Scavello, che lasciò la moglie Caterina Bonanno con 2 figli. 14 Le scorribande brigantesche non si placarono, per cui il Gen. Verdier nel giugno 1806 inviò l'Uff. Parrin con un centinaio di uonimi per ristabilire l'ordine soprattutto a Savelli e paesi vicini, che per paura dei briganti continuavano a sostenere i briganti. Nel novembre successivo il colonnello Pasquale Serafini di Campana 15 ricevette l'incarico di convergere con le Guardie civiche della zona su Savelli, dove nel frattempo erano accorsi i capobriganti Francatrippa di Pedace, Parafante di Scigliano, Colonna di S. Giovanni in Fiore. Dopo una prima prevalenza delle Guardie, i briganti ebbero il sopravvento catturando e fucilando 8 uomini. 16 La lotta al brigantaggio si fa sempre più serrata. Nel febbraio 1807 il generale francese Peyri con le sue truppe occupa Cariati per poi dirigersi verso l'interno e riprendere i fautori della rivolta anti-francese. Crucoli, Campana, Bocchigliero, Mandatoriccio, Calopezzati, Cropalati, Paludi e Longobucco vengono conquistati sotto la bandiera francese, che venne issata sulle torri civiche. 17 Dal rapporto dell'Intendente di Calabria Citra del 26 agosto 1807 si rileva che l'opera di recupero dei paesi infestati dai briganti venne condotta dai francesi con grande virulenza anche con l'aiuto di collaboratori locali assoldati. Il 6 agosto era stato ripreso il controllo di Mandatoriccio; Pietrapaola aveva offerto il suo aiuto; Cropalati attaccata da quasi 200 briganti era riuscita a difendersi e a disperderli uccidendone 4; Longobucco, duramente colpita dall'esercito francese, aveva fucilato 3 sobillatori del popolo; la Guardia civica di Campana, collaborando con i transalpini, uccise in quei giorni 6 briganti, che in banda scorazzavano su per la montagna. 18 Il perdurare di una situazione ormai insostenibile convinse il Gen. Manhes ad usare la mano pesante. In applicazione della legge 1° agosto 1809 contro il brigantaggio cosiddetto "politico" di questi anni, fece compilare la lista pressocchè completa dei fuorilegge ancora in opera. Inoltre promettendo indulgenza a chi avesse deposto le armi, o avesse favorito la cattura di briganti, condusse contro i renitenti e i manutengoli una lotta ostinata e spietata. Tra l'altro


introdusse il "Libretto del pane", grazie al quale i briganti vennero ridotti alla fame. Colpiti da forti taglie, ad uno ad uno i capi-briganti furono catturati e uccisi. 19 Diversi fuoriusciti, messi alle strette, consegnarono le armi e si presentarono volontariamente al Capo del Distretto di Rossano, il colonnello Ferdinando Sambiase, ex principe di Campana, subentrato nel 1810 al tenente colonnello Giulianetti. 20 Nella lotta non furono risparmiate nemmeno le donne dei briganti ( le "drude"). I drastici provvedimenti del Gen. Manhes valsero ad estirpare questo primo brigantaggio e meritarono al protagonista il titolo nobiliare di Conte, concessogli da Gioacchino Murat.

2.

Capoluogo di Circondario

A parte i problemi di ordine pubblico, che pure vennero in qualche modo risolti, il decennio di governo francese (1806-1815) rappresentò per il Regno di Napoli e per la Calabria un'epoca di grandi riforme politiche e amministrative. A parte che per le Leggi eversive della feudalità , emanate dal Re Giuseppe Bonaparte il 2 agosto 1806, per sancire la fine di ogni diritto feudale e dei cui effetti a Campana abbiamo avuto già modo di parlare, la riforma napoleonica è da ricordare per il riordino delle circoscrizioni amministrative, che servì a dare un nuovo assetto politico a tutto il territorio. Già un primo tocco di riordino territoriale si era avuto il 9 febbraio 1799 ad opera del Gen. Championnet, che aveva diviso il Dipartimento del Crati in 10 Cantoni (Cosenza, Corigliano, Cirò, Acri, Castrovillari, Tarsi, Castel Sarracino, Lauria, Belvedere e Belmonte). 21 Campana entrò a far parte del Cantone di Cirò insieme ai comuni di Cirò, Melissa, S. Nicola, Strongoli, Casabuono, Cinga, Verzino, Umbrischio, Rocchigliano, Fragnito, Longobasso, Cropalati, S. Angelo, Serra delle Alimena, Caloviti, Pietrapaola, Calopizzati, S. Maurello, Cariati, Terra Vecchia e Crucoli. 22 In realtà mancò il tempo per rendere esecutiva la ridefinizione del territorio in quanto la repubblica Partenopea cadde subito dopo ad opera del Card. Ruffo. La vera riforma venne avviata con i decreti dell'8 agosto e 8 dicembre 1806, con cui venne definita la divisione del Regno di Napoli in province, distretti e capoluoghi (o governi). La Calabria mantenne le due province Citeriore e Ulteriore, ciascuna delle quali divisa in 4 Distretti, presieduti da un Sotto Intendente, di 9 Circondari ciascuno. Campana, con legge applicativa del 4 marzo 1807, venne assegnata al Distretto di Rossano nel Circondario di Umbriatico. A reggere il Distretto il 22 agosto 1806 venne nominato Il Sotto Intendente Francesco Saverio Scarpelli, il quale, però, non arrivò mai a destinazione perchè durante il viaggio di trasferimento da Napoli a Rossano cadde vittima dei briganti a Casalnuovo presso Lagonegro. Gli subentrò prima Vincenzo Marini Serra e poi Domenico Vanni. 23 Del Consiglio Distrettuale, approvato con decreto del 9 novembre 1810,, fece parte per Campana Gennaro Spina, come membro del collegio dei Possidenti. 24 In un successivo decreto, datato Parigi 4 maggio 1811, tenuto conto dei pareri e dei desideri delle autorità e cittadinanze locali, Campana venne promossa a sede di Circondario al posto di Umbriatico, comprendendo i comuni di Campana, Umbriatico, Pallagorio, Verzina, Savella, Bocchigliero. 25 La nuova ripartizione venne solennizzata il 10 luglio 1811 nello studio del notaio Gaetano Cundari di Campana con atto n. 37 di repertorio. Nella riforma borbonica del 1° maggio 1816, che provvide a creare la terza provincia di Calabria Ultra, il Circondario di Campana venne privato dei comuni di Umbriatico, Pallagorio, Verzino e Savelli, che ricostituirono il Circondario di Umbriatico, ma sotto il Distretto di crotone nella provincia di Calabria Ultra. Campana conservò solo il comune di Bocchigliero per complessivi 4418 abitanti. 26 In conseguenza della promozione a Capoluogo di Circondario ed in applicazione della legge n. 140 del 20 maggio 1808 e del contestuale decreto n. 141, stessa data, Campana diventa anche sede di Giustiziato di Pace, l'attuale Pretura, 27 di cui si parlerà nel successivo paragrafo.

3.

La Pretura

La promozione di Campana a Capoluogo di Circondario, come è stato ricordato, vi comportò l'istituzione nel 1811 del Giustiziato di Pace, poi detta Pretura. Inizialmente non ebbe una sede stabile, per cui il Comune dovette provvedere al reperimento di locali privati. Nel 1843, per esempio, il sindaco Giuseppe Cundari ottiene dall'Intendente di Cosenza l'autorizzazione a prendere in fitto 3 stanze di proprietà di D. Giuseppe De Martino, da destinare a Regio Giudicato. D'accordo col regio Giudice viene stabilito un canone di fitto di 15 ducati l'anno per la durata di 2 anni. 28 Nel 1818 Regio Giudice è l'Avv. Bombini, nel 1819 vi è come Supplente Vincenzo Puglise. Dal 1° ottobre 1819 vi troviamo l'Avv. G. Leonetti, a cui si deve la rubricazione dello Stato di reati avvenuto nel Circondario di Campana Regno di Napoli Provincia di Calabria Citra dal primo ottobre 1819 a tutto dicembre 1820 , conservato


nell'Archivio della Pretura, da cui possiamo ricavare l'entità e la tipologia dei reati commessi e istruiti in quegli anni e le relative sentenze. Dal detto registro stralciamo i dibattimenti tenuti nel 1818 nel Giustiziato di Pace di Campana. 1. Francesco Costa, Tommaso Grano di Vincenzo, Domenico Viviano, Antonio Lautieri, Carlo Ausilio, contadini di Campana, imputati di "tentato furto di alcuni sportoncini di cascicavalli, mela ed altri commestibili in unione al n. di cinque: con premeditazione e mano armata. Arresto ed escarcerazione arbitraria. Seguito la notte de otto Gennaro 1818 nella pubblica strada della Piazza di Campana". Contro Michele d'Amore, fattore di Montalbano domiciliato in Campana. Denuncia fatta l'11 gennaio; il giorno successivo se ne fa rapporto al Regio Procuratore Generale. 2. Giuseppe Antonio Urso, tavernaro di Bocchigliero, imputato di "ferita sopra il parietale sinistro a colpo di istrumento conduntente, di niun pericolo ed impedimento al travaglio personale" contro Antonio Rizzuto, contadino di Bocchigliero. Il "delitto" avvenne il 9 gennaio 1818 nella piazza di Bocchigliero. Denuncia fatta l'11 gennaio; rapporto al R. P. G. il 12; citazione per il dibattimento il 20; sentenza di assoluzione il 26 per rinuncia all'istanza. 3. Raimondo Lattanzio medico e chirurgo di Bocchigliero, imputato di "provocata ribellione e resistenza all'esecuzione di un giudicato; ingiurie ed espressioni oltraggianti contro l'Ufficiale Ministeriale nell'esercizio delle sue funzioni il di 20 settembre 1817 nella Piazza di Bocchigliero". L'offeso: Giuseppe Linardi, usciere della R. Giustizia del Circondario di Campana. L'11 gennaio si avvia l'istruzione; il 28 febbraio il processo è rimesso al R. Pr. Generale. 4. Giuseppe Linardi usciere della R. Giustizia di Campana, imputato contro Raimondo Lattanzio medico e chirurgo di Bocchigliero. Reato: "Esecuzione di generi entro un magazieno con escassazione della porta senza l'assistenza di un'autorità legittima. Il di 19 settembre entro l'abitato di Bocchigliero". Il 21 settembre Verbale e rapporto del Sindaco di Bocchigliero; rapporto al R. P. G. il 1° ottobre; 11 gennaio 1818 istruzione; 28 febbraio rimesso il processo al R. Procuratore. 5. Vincenzo Puglise proprietario di Campana imputato di "semplice contusione a colpo di palo, al parietale sinistro superiore di niun pericolo" a danno di Antonio Spina "Varicale" di Campana. Il reato si verificò il 6 febbraio 1818 in Campana. Il 24 febbraio c'è la "rinuncia all'istanza che abolisce l'azione penale"; il 26 si rimettono le carte al R. P. G.. 6. Morte naturale di Lorenzo Orefice, contadino di Campana, "avvenuta il 19 febraro nel luogo detto Porcile in campagna territorio di Campana". Lo stesso giorno il Sindaco presenta il rapporto di "assicurazione della pruova generica"; il 23 si rimette al Giudice Istruttore. 7. Filippelli Rosalbino proprietario di Bocchigliero imputato del "danno con animali vaccini nel semenzato di germano ed orzo il di 20 feb. 1818 nel luogo detto Piana del Rizzo territorio di Campana". Il danneggiato è Francesco Madera Pizzotto, contadino di Campana, che il 21 febbraio rinuncia all'istanza. 8. Marino Saverio sacerdote di Bocchigliero, imputato del "danno cagionato di una giomenta negli erbaggi del fondo Tre Arie nel territorio di Bocchigliero il dì primo di marzo 1818". Il danneggiato Benedetto Clausi, proprietario di Bocchigliero, dopo la denuncia ed il dibattimento, il 27 marzo rinuncia all'istanza. 9. Parise Rosa contadina di Campana accusata di "furto di un calderotto di rame del valore di carlini 23 seguito nel mese di febraro 1818 nella pubblica strada detta il Manco in Campana". Il danneggiato è Salvatore Manfredi di Pietro contadino di Campana. Il 10 marzo rinuncia. 10. denuncia contro "Ignoti" per "tentato stupro con violenza alla porta, e minaccia d'uccidere, mano armata seguito la notte de 9 marzo 1818 nell'abitato di Campana". Denuncianti Conto Pellegrino, madonnaro di Castelduri del Molise, domiciliato in Cassano, Rosa Limongello, Isabella Lio, Maddalena Limongello, contadino di Terranova di Tarsia. Il giorno dopo rinunciano. 11. Parrotta Cataldo, pecoraio di Campana, accusato di "danno con animali caprini negli erbaggi del fondo Bocca del Capraro il 14 marzo 1818 in territorio di Campana". Il danneggiato Filicetti Francesco, "galantuomo proprietario di Campana", il 21 successivo rinuncia all'istanza. 12. Limongello Gio. Battista, madonnaro, Scolarico Michele Cerauro, entrambi domiciliati in Terranova di Tarsia sono denunciati per essere sprovvisti "di carte di garanzia per viaggiare il dì 9 marzo 1818 in Campana". Arrestati, sono posti in libertà il 13 successivo. 13. Scalambrino Vincenzo, massaro di Campana, imputato del "danno nel semenzato di grano, con bovi. Il dì 15 marzo 1818 nel fondo Fossa di Pignataro territorio di Campana". Denunciato il danno, Lorenzo Grano il 23 marzo rinuncia all'istanza. 14. Sarafini Salvadore, massaro di Campana, è accusato da Filippo Maiorano "galantuomo di Campana" del "danno con animali vaccini nella vigna luogo detto Fontana Fico il 18 marzo 1818". Rinuncia all'istanza. 15. Rovito Domenico, sacerdote di Campana, denuncia il sindaco Pietro Maria De Martino di "Insulti in publica piazza per occasione delle proprie funzioni. Il dì 9 febraro 1818 in Campana". Espletate le varie fasi istruttorie, il 25 maggio il Sindaco è condannato a 5 mesi di prigione e al pagamento delle spese processuali. "Con decisione della G. C. Criminale del dì 3 ottobre 1818 è stato esonerato dalla pena di mesi 5 di prigionia. Condannato a carlini 10 d'ammenda e spese del giudizio". 16. Madera Teresa gentildonna di Campana è accusata di "ingiurie oltraggianti, e slancio di crasta senza colpire il dì 28 dicembre 1815 in Campana" contro Nicola Fiorentino "galantuomo" di Campana. Il 28 marzo 1818 rinucnia all'istanza. 17. Bonanno Antonio di Vincenzo, Ausilio Giuseppe di Pasquale massari di Campana sono sospettati e denunciati da Pietro Boccaccio, massaro di Campana, della "uccisione d'una vacca dietro percossa nel frontale con


cozzo d'accetta. Il dì 20 marzo luogo detto Ornariti in campagna territorio di Campana". Il 22 marzo viene presentata "denuncia ed assicurazione di pruova generica". Non è registrato l'esito della causa. 18. Caliò Saverio, Scavello Filippo, contadini, Viola Francesco calzolaio, Ausilio Giacinto del fu Pier Paolo di Campana, sono accusati da Sicilia Giuseppe, contadino, di "contusioni con lividure sul dorso, e lombi, e ferita sul parietale sinistro, cagionate a colpi di palo con impedimento al travaglio, malattia, e pericolose di vita. La notte de' 21 marzo 1818 in Campana". La causa dichiarata di competenza correzionale, il 4 luglio 1818 è chiusa "per rinuncia all'istanza". 19. Maio Francesco "ferraro" di Campana è accusato da Caccuri Barbara, contadina di Campana, di "maltrattamenti reali, e graffiature con ugne nella gola. Il dì primo Aprile in Campana". Il 18 aprile rinuncia all'istanza. 20. Filippelli Berardina, Caruso Giovanni di Bocchigliero denunciati da salerno Leonardo pure di Bocchigliero per "ferita sopra il ciglio dell'occhio sinistro a colpo di picera di niun pericolo. Il dì 5 aprile 1818 in Bocchigliero". Rinuncia all'istanza. 21. Greco Francesco contadino di Campana, denunciato da Iunfrida Francesco, anche lui contadino per "maltrattamenti reali con schiaffi. Il dì 1° Aprile in campagna territorio di Campana". Il 18 rinuncia all'istanza. 22. Marino Francesco, custode di armenti di Bocchigliero, denunciato da Acri Pasquale, proprietario di Campana per "danno di erba da semenzato di grano con animali caprini, nel fondo detto Scigli. In febraio 1818 in territorio di Bucchigliero". Il 12 maggio 1818 "rinucnia all'istanza di sentenza che abolisce l'azione penale". 23. Spina Rosa, Russano Caterina, contadine di Campana, per "scambievoli ingiurie verbali, e reali, stiratura di capelli e rascuni nell'orecchio, e collo, con effusione di sangue. Il dì 29 Aprile 1818 in Campana". Rinuncia all'istanza. 24. Caligiuri Agostino, sagrestano di Bocchigliero, denunciato da Linardi Fortunato, Sacerdote di Bocchigliero, per "ostacoli al libero esercizio del culto, ingiurie ed espressioni oltraggianti. Il dì 3 Maggio 1818 nella chiesa di Bucchigliero". Il dibattimento si ha il 12 maggio con sentenza "a tre mesi di prigionia duc. 50 di multa e spese" per il Caligiuri. 25. Fosto Francesco Ferdinando Parrilla, Sicilia Nicola, muratori di Bocchigliero, denunciati dal Sindaco per "disobbedienza e disprezzo agli ordini del Sindaco seguito il dì 20 Aprile 1818 in Bucchigliero". Arrestati, nel dibattimento del 12 maggio sono scagionati perchè "non colpevoli". 26. Aprigliano Giuseppe contadino di Campana, denunciato da Patera Nicola per "contusione nel ginocchio e fianco diritto a colpo di palo di niun pericolo. Seguito li 28 maggio 1818 in Campana luogo detto Fontana Fico". Il 3 luglio rinuncia all'istanza. 27. Rossano Antonio contadino di Campana, è denunciato da Spina Pasquale, proprietario, per essere stati sorpresi in flagranza di reato per "raccolta di circa rotola due fronda nera la sera de 6 Giugno 1818 nel fondo Magnifica territorio di Campana". Per rinuncia all'istanza segue sentenza di assoluzione. 28. Strambena Vincenzo contadino di Campana, Vulcano Nicola contadino di Bocchigliero, Patera Domenico, Mazza Domenico denunciati dal Comune di Campana". A seguito del verbale dell'Eletto di pulizia, il 14 luglio segue il dibattimento e la sentenza "che condanna Strambena e Mazza ad un mese di prigionia e spese". 29. Gentile Pietro contadino di Campana, denunciato da Iunfrida Pasquale contadino, per "ferita in testa a colpo di falce, di niun pericolo di vita, e con impedimento al travaglio per giorni dodici seguito il dì 16 Giugno 1818 in territorio di Casabona Provincia di Calabria Ultra". Il 7 luglio rinuncia all'istanza. 30. Viola Francesco calzolaio, Spataro Teresa gentildonna di Campana, sono accusati da Tarantino Teresa e Caterina, contadine, di "contusioni, e ferite nell'inquine sinistro a colpo di pietra, di niun pericolo o impedimento al travaglio. Il dì 18 Giugno 1815 in Campana". Il 18 luglio 1818 denuncia di "assodazione della pruova generica". 31. Bonanno Giuseppe del fu Andrea contadino di Campana. Denuncia di "morte dietro caduta d'un albero di fama il dì 15 Luglio 1818 nella difesa Calamacca territorio di Campana". La denuncia viene fatta il 18 luglio, cui segue "assodazione della pruova generica". 32. Salerno Saverio, Basile Domenico, molinari, Bruno Scavello contadino di Campana presentano denuncia contro ignoti per "furto di duc. 5.80, ferite contusioni di niun pericolo di vita, cagionate con istrumento pungente e tagliente. Seguito il primo Agosto 1818 nella publica strada detta Scanzata di Ardillo, fiumara di Laurenzano territorio di Longobucco. A primo Agosto 1818 denuncia d. di assodazione della Pruova generica; a 3 si rimette le carte al Giudice istruttore". 33. Lattanzio Nicola bottegaio di Bocchigliero è accusato da Abbenante Bruno macellaio di Bocchigliero di "immondezze avanti la porta del macello nel mese di luglio 1818 in Bucchigliero". Nello stesso giorno perviene il verbale del Sindaco. Per rinuncia all'istanza viene abolita l'azione penale. 34. Santoro Luigi galantuomo proprietario, Rasis Tomasina gentildonna di Bocchigliero sono denunciati da Mingrone Anna Maria e Greco Francesco contadini di Bocchigliero coniugi di "ratto con violenza e ferite nella mascella destra, e dorso della mano sinistra con istrumento pungente e tagliente di niun pericolo, ma con impedimento al travaglio per sei giorni. Seguito il dì 25 Luglio 1818 nella publica strada S. Angelo territorio di Bucchigliero. Complicità nel misfatto". Il 26 settembre il processo è rimesso al Giudice istruttore. Il 20 novembre "con decisione della G. C. Criminale dichiarò estinta l'azione penale per lo stupro, e ferita. Con sentenza della Regia Giustizia il 6 febbraio 1819 si dichiarò non costare dell'asportazione dell'anni". 35. Mazziotti Raffaele, sergente maggiore della 5^ Compagnia scelta di Calopezzati denuncia "omicidio a colpo di schioppo. Rinvenuto il cadavere la sera dell'11 Agosto 1818 nel Romitaggio di S. Rocco comune di


Bucchigliero". Il giorno seguente giunge il rapporto del Sindaco e "pruova generica". Il 13 viene fatto rapporto all'autorità; il 16 viene fatta la "pruova suppletoria". 36. Santoro Luigi molinaro di Bocchigliero è accusato da Renzo Filippo contadino di Bocchigliero di "ferita in testa a colpo di pala di ferro, con impedimento al travaglio per dieci giorni il dì 6 Agosto 1818 nella fiumara di Laurenzano territorio di Bucchigliero". Dopo l'assicurazione della prova generica il 5 settembre segue la rinuncia all'istanza. 37. Bossio Giuseppe contadino di Bocchigliero è denunciato da Leonetti Pacifica contadina di Bocchigliero di "contusioni a colpo di palo sul braccio sinistro, con incapacità al travaglio per giorni otto. Il dì 8 settembre 1818 in Bucchigliero". Assodata la prova generica il 15 rinuncia all'istanza. 38. Sicilia Giuseppe contadino di Campana da Viola Virginea tessitrice di Campana è accusato di "slogazione del braccio sinistro, e contusione sull'omoplata sinistra con strumento conduntente con impedimento al travaglio per giorni dieci. Seguito il dì 21 settembre in Campana". L'8 ottobre si ha il dibattimento con condanna a mesi (...) di prigionia, carlini 1.50 e spese processuali. 39. Le Rose Rocco, contadino di Bocchigliero, è denunciato da Santoro Pasquale custode di pecore di Bocchigliero di "ferita in testa e contusione sul braccio sinistro, cagionate a colpo di strumento conduntente pericolosa per gli accidenti, e con incapacità al travaglio. Seguito il dì 26 settembre 1818 in campagna luogo detto la Conicella territorio di Bucchigliero". Segue la "assodazione della pruova generica". 40. Caliò Fortunata contadina, Ausilio saverio contadino di Campana sono accusati da Caliò Teresa, contadina di Campana di "ingiurie verbali scambievoli e ferita all'ante braccio sinistro con morsicatura di niun pericolo. Il dì 27 settembre 1818 in Campana". All'assicurazione della prova generica il 1° ottobre segue il dibattimento. Vengono condannate a 10 giorni di prigione le sorelle Caliò e spese processuali, mentre viene scagionato l'Ausilio. 41. Pugliese Filippo contadino di Campana è accusato di "recisione di un albero di farna nel fondo detto Provenzane territorio di Campana il dì 16 agosto 1818". Il verbale della Guardia forestale perviene il 22 settembre; il 2 novembre "citazione al dibattimento". 42. Rizzuti Antonio contadino di Bocchigliero è accusato da Caruso Vincenzo maestro falegname di Bocchigliero di "ingiurie verbali ed asportazione di schioppo nel mese di ottobre 1818 nelle vigne di Bucchigliero". Il primo novembre la denuncia, il 4 il dibattimento con la condanna "ad un mese di prigionia, confisca del fucile e spese". 43. Rizzuto Domenico, Antonio Flotta, Antonio Scalise, Giuseppe Parise di Mandatoriccio sono denunciati dal Comune di Campana per "recisione di 45 alberi di farna il dì 7 novembre 1818 nella difesa comunale detta Serra di Acino territorio di Campana". Il giorno dopo perviene il rapporto dell'Eletto di Pulizia e verbale della Guardia Forestale; il 4 gennaio 1819 dibattimento e condanna. 44. Antonio Scervino forese del comune di Bocchigliero è accusato da Pasquale Grilletta e Salvatore Toscano massari di Campana di "furto di due Giovenchi seguito dentro il mese di ottobre dal territorio di Campana". Il 18 novembre è colto in flagranza di reato e quindi denunciato. Il 4 febbraio 1819 "con decisione della G. C. la causa dichiarata di competenza correzionale". Il 5 marzo c'è la rinuncia all'istanza e posto in libertà. 45. Iesci Vincenzo orefice di Rossano è arrestato dal Caporale di ronda per "detenzione di un fucile e sparo la notte del 2 dicembre 1818 nell'abitato di Campana". Il 3 dicembre segue il rapporto del Capitano dei militi. Il 5 gennaio successivo, a seguito di dibattimento si ha la sentenza di "non essere colpevole". 46. Cosenza Antonio contadino di Campana è denunciato da Spina Vincenzo contadino "per ingiurie verbali ed asportazione di uno schioppo. Il dì 14 dicembre 1818 in campagna territorio di Campana". 47. Rovito Vincenzo massaro di Campana denunciato da Rovita Innocenza e Grilletta Laura contadine di Campana per "ingiurie reali e ferita in testa con accetta pericolosa per gli accidenti il dì 19 dicembre 1818 in campagna luogo detto Stragulara territorio di Campana". Colto "nella quasi flagranza", fatta la denuncia e "assodazione della pruova generica", l'11 gennaio si tiene il dibattimento con condanna ad un mese di prigionia. Nel 1819 i dibattimenti furono 45, di cui 22 riguardanti vertenze di Campana e 23 di Bocchigliero. Come è stato già ricordato, il primo Regio Giudice (Pretore), di cui si ha notizia, è il cosentino Bombini (1818), cui sono immediatamente succeduti Vincenzo Puglise (supplente nel 1819), G. Leonetti (1819-20). Nel 1827 vi riscontriamo Ursomando, già ricordato per avere indebitamente sottratto la chiave della chiesa di S. Domenico al sacrdote D. Francesco Grano. Nel 1834, già da qualche tempo, vi esercita Matteo Manfredi di Saverio, di Cosenza, che proprio in quell'anno, il 26 settembre, muore ad appena 46 anni di età, nella sua abitazione posta nel soppresso convento domenicano. Nel 1838 vi è l'Avv. Roselli e qualche anno dopo Francesco Antonio Meliarca, nativo di Amantea. Anche lui muore a Campana il 9 marzo 1847. 29 Al Meliarca probabilmente successe Salvatore Silvagni. A lui toccò istruire nel 1849 il processo contro il francescano P. Serafino Florio di Amantea, accusato di aver incitato la folla ad armarsi contro il Governo. 30 Altri Giudici, di cui si ha memoria nel primo Ottocento sono Tito Santoro e nel 1857 Giuseppe Albrizio. Il primo, già supplente, nel 1850 era stato presentato per la carica dall'arcivescovo Pietro Cilento. La sua nomina venne contrastata da calunnie fatte circolare di proposito in paese e trasmesse al Ministro di Grazia e Giustizia. Tornando indietro negli anni, il 30 settembre 1813, con regio decreto n. 1924, presso il Giustiziato di Pace di Campana viene aumentato il numero degli uscieri analogamente a quanto avviene per Rende, Montalto, Scalea, Belvedere, Mormanno, Corigliano, Rossano, Scigliano, Cirò, Cariati, S. Giovanni in Fiore e Strongoli. 31


Per quanto riguarda la sede, solo in questi ultimi anni, a partire dal 1984, ha avuto quella definitva. In precedenza, come del resto la sede del Municipio, ha avuto una mobilità tale che non ci consente di seguire tutti gli spostamenti. A memoria d'uomo la Pretura è stata allocata nella cosiddetta "Pretura vecchia" sulla ex Via Meccanica (Zimmariello), quindi, a seguire, nella sede attigua all'ex Municipio nel soppresso convento domenicano, in case private di Via Roma, Via Insorti d'Ungheria e finalmente, dopo gli ultimi rifascimenti, nell'attuale sua sede nel 1984. 32 Dal 1994 la Pretura ospita anche l'Ufficio del Giudice di Pace, retto dalla Dott.ssa Ciccopiedi. Collegato alla Pretura era il Carcere Mandamentale, allocato anch'esso nell'ex convento domenicano. Venne definitivamente soppresso una quarantina di anni fa. Ultimo custode fu Antonio Capocasale. Nel 1851 l'arcivescovo Cilento si lamenta col Sotto Intendente di Rossano perchè, malgrado il regio rescritto del 27 maggio 1840, l'amministrazione comunale non aveva ancora provveduto all'acquisto della suppellettile sacra e di un altare portatile per il Carcere onde consentire ai detenuti di partecipare alle celebrazioni liturgiche con profitto. Si verificava che d'inverno questi partecipavano alla messa stando intorno al Cappellano, mentre nei mesi estivi l'altare veniva situato nell'atrio del carcere per difendersi dal caldo. 33 Un'ultima parola sull'ordine pubblico per garantire il quale a Campana nel 1820 venne assegnata una brigata a 34 L'anno successivo venne assegnata un'altra brigata di ausiliari, per cui Campana, inserita nella Luogotenenza piedi. di Rossano, divenne residenza di 2 brigate a piedi. 35 La nuova organizzazione capillare di controllo e di vigilanza sull'ordine pubblico si avrà dopo l'Unità d'Italia con l'istituzione delle Guardie Nazionali prima e dei Regi Carabinieri dopo.

4.

I moti contadini del 1848

Gli anni della restaurazione borbonica trascorrono senza particoari entusiasmi. Non si ha notizia di campanesi che si siano evidenziati nei vari moti rivoluzionari che hanno interessato il Regno di Napoli prima del 1848. In verità, da una lettera riservata del 2 settembre 1827 del Sotto Intendente Lelio Giannuzzi all'arcivescovo Salvatore De Luca si arguisce che anche a Campana dovette esistere un qualche nucleo di comitato antiborbonico iscritto alla Carboneria. Nella lettera, infatti, si chiedono informazioni sul sacerdote campanese D. Filippo Serafini ed in particolare se negli ultimi tempi "fece parte della detestabile Setta Carbonica". Mons. De Luca rispose che al presente non ne faceva parte, anche se nel passato aveva parteggiato per la Carboneria e per questo era stato condannato a trascorrere un lungo periodo nel convento dei Redentoristi a Nocera di Pagani. 36 C'è da dire, comunque, che in questo periodo, a parte la paura per il costante pericolo di rigurgito delle comitive banditesche, per combattere le quali la Corte borbonica arrivò a disporre nell'agosto 1821 energiche misure di sicurezza fino ad istituire anche in calabria una Corte marziale con un conseguente aumento di organico pure a Campana della brigate della gendarmeria reale, 37 in realtà la popolazione visse una relativa tranquillità, preoccupata soprattutto della sopravvivenza. 38 Molti danni produsse il terremoto del 25 aprile 1836 39 e se anche a Campana non vi furono morti, in realtà notevoli furono i danni alle case della zona bassa dei rione Terra, molte delle quali crollarono, avviando di fatto il progressivo disfacimento dell'abitato a ridosso della Porta Trinità e del versante dell'Azzolino.Così si legge in una relazione del Decurionato di Rossano sui danni del terremoto: "Cariati e Campana, terre che si incamminano a diventare città, abitate da industre popolo, molta parte danneggiò il terremoto, ma nessun morto e sol pochi ebbero il volto e il capo di pietre percosso e lacero. Le casupole, costrutte di terra pigiata, gli antichi edifici e tutti i templi, stati saldi fino allora, arrovesciati in ammassi informi occuparono le vie".

Scomparsa quella parte di abitato, venne poi valorizzata a orti e a porcopoli. Non è da escludere che proprio a seguito del terremoto si sia aperta la cosiddetta "Serchia", che ancora oggi è oggetto di attenzione e di meraviglia. I fermenti politici e rivoluzionari del 1848, contrariamente a quanto avvenuto nel passato, ebbero ripercussioni anche nel Circondario di Campana. C'è da riconoscervi, però, più una valenza economico-sociale che non politica. Alle masse contadine non interessava tanto il cambiamento di regime, quanto l'assegnazione di terre da coltivare. E' fu proprio la fame di terre a spingere ad occupare alcuni fondi del demanio comunale, anche se già in passato si erano verificati tentativi analoghi andati a vuoto. Nel 1838, per esempio, Francesco Pugliese di Bocchigliero aveva occupato un fondo comunale in località Ficuzza e la stessa cosa avevano fatto Francesco Bonanno, Domenico Scarpino ed altri di Campana. Per difendere i diritti del Comune il Decurionato autorizzò il sindaco Saverio Serra a porre causa e a procedere in termini di legge contro gli usurpatori. 40 Ancora prima, nel 1836 il Decurionato ed il sindaco Luigi Serafini, al Sotto Intendente che aveva sollecitato la divisione di alcuni boschi comunali "per comodo dei cittadini", avevano risposto che i boschi richiesti erano ad uso esclusivo legname e quindi non potevano essere ripartiti". Si trattava in dettaglio dei fondi Serra di Nardo, Antonio Mazza, Cozzo facione nella difesa Ficuzza, Manca di Mattia, Incavallicata. 41


Nel 1848 la rabbia dei contadini esplose, favorita anche dalle nuove idee liberali che cominciavano a circolare anche dietro istigazione del sindaco Nicola Ausilio 42 e di altri rivoltosi, tra cui Nicola Lautieri ed il francescano Serafino Florio di S. Pietro in Amantea, in quel periodo destinato al convento di S. Antonio in Campana. In un rapporto dell'Intendente di Cosenza al Ministro dell'Interno del 10 maggio 1848 si legge testualmente: "A suon di tamburo ed usando anche contro taluno delle violenze, riuniva il rivoltoso sindaco di Campana Nicola Ausilio una quantità di popolo in maggior parte armato, quale era da lui con stile sguainato, e con bandiera spiegata in un fondo di pertinenza di tal Todaro. Espulso costui, usurpavansi quel territorio, ove, impiantata la bandiera, commettevano diversi guasti e danneggiamenti del valore di ducati 65". 43

A questa prima occupazione seguiva successivamente quella dei fondi Varco della Chiata e Celastrano. Inoltre, sempre capeggiato dal sindaco Ausilio, con la bandiera tricolore in mano, un focoso gruppo di campanesi si univa alla folla di rivoltosi che il 20 maggio affluì a Cosenza proveniente da Grimaldi, Altilia, Aprigliano, Rogliano, Dipignano, S. Giovanni in Fiore per chiedere l'assegnazione delle terre della Regia Sila. 44 Così parla dei rivoltosi il Procuratore Generale del Re presso la Gran Corte Criminale di Cosenza nel suo rapporto al Ministero: "La folla ingrossava, ed il numero dei miserabili scarni e sparuti era di migliaia. Più centinaia di donne con bandiera tricolore s'incontrava non lungi dall'abitato. Erano avvolte in laceri panni, erano l'immagine stessa della povertà. Tutti gridavano Viva la Costituzione, Viva l'Italia; ma tutti dimandavano terre da coltivare e pane. Era il quadro doloroso cui la prepotenza e l'avarizia degli occupatori della sila aveva ridotto i contadini, che qui ascendono a dodici mila". 45

Le mire rivoluzionarie e i moti contadini si infransero definitivamente nel luglio 1848 con la sconfitta e la dispersione dei rivoltoi antiborbonici guidati dal Gen. Ribotty. Tra questi figurarono anche dei campanesi raccolti dai soliti Nicola Ausilio, Nicola Lautieri e fra Serafino Florio, che, su istigazione di Antonio Riggio venuto a Campana per raccogliere uomini, avevano aderito al Comitato antiborbonico Ricciardi. Così si legge nel citato Atto di Accusa : "... Nè mancava in Campana quell'anarchico Sindaco Nicola Ausilio, fido aderente del Comitato Ricciardi, ai cui bollettini dava la più solenne pubblicazione ed anche istantanea esecuzione a quelle parti che riguardavano il suo ufficio, di mostrarsi impegnato a riunire armati per gli accampamenti. Per la qualcosa insieme con l'altro rivoltoso Nicola Lautieri, il quale non ristavasi da voci di seduzione e neppure dalla istanza che s'era battuto il 15 maggio a Napoli con le Regie Milizie, eccitava con pubblici affissi, da ambi sottoscritti, le persone a partire, promettendo la giornaliera mercede, ed offrendosi ad acompagnarle. Ed allorquando il turbolento Antonio Riggio, annunziandosi inviato dalla illegale Autorità che reggeva la Provincia si conferiva in quel Comune per farne insorgere la popolazione e per ispedire contingenti nei campi, il quel riscontro infrangeva in mezzo alla piazza del Re N. S., egli l'Ausilio, mostrandosi fra i più caldi seguaci di quel demagogo, da cui venne provveduto d'una bandiera rivoluzionaria e di cappelli con piume, rie assecondò le prave mire... Girando poi per i paesi del Distretto di Rossano medesimo con bandiera tricolore ed armato di pistola e pugnale, il rinnegato e scandaloso frate riformato Serafino Florio di S. Pietro in Amantea, provocando con pubbliche incendiarie prediche quegli a portare le armi contro il Re N. S., cui di vituperi e contumelie faceva segno, dopo aver visitato Cropalati, in Campana con Saverio de Vincenti giungeva, dove raccoglieva un drappello d'insorti provveduti di somme di denaro e financo di mezzi di trasporto per condursi al campo". 46

Falliti i moti antigovernativi, il sindaco Ausilio pare abbia fatto marcia indietro tanto che nell'agosto 1848 denunciava all'Intendente di Cosenza quei contadini che avevano occupato e coltivato i fondi comunali del Varco della Chiata e Celastrano rifiutandosi di pagare gli estagli, a discapito della cassa comunale "che si trovava ad un tratto privo delle sue rendite". 47 Malgrado ciò il 27 dicembre 1851 l'Ausilio, medico ed ex sindaco, veniva rinviato a giudizio dalla Gran Corte Criminale di Cosenza con l'accusa di cospirazione ed attentato contro il Governo, essendosi reso colpevole di eccitare gli abitanti del Regno aizzandoli ad armarsi contro l'autorità reale e di usurpazione violenta di immobili a danno di Giacinto Todaro di Campana. Il P. Serafino Florio, di anni 30, che aveva per qualche tempo dimorato nel convento riformato di Campana, il 10 luglio 1848, con un esposto a S. E. Domenico Mauro membro del Comitato di Cosenza, venne denunciato come nemico del Re dai suoi stessi confratelli di Campana. Nel dibattimento seguito nel Regio Giudicato di Campana, il Giudice Salvatore Silvagni, dopo aver ascoltato nei giorni precedenti le disposizioni di alcuni testimoni, tra il sacerdote D. Francesco Vitale e Stefano Piso del luogo, il 1O dicembre 1849 condannava il religioso ad essere custodito nel locale carcere. 48 Nel frattempo al Comando Superiore delle Truppe delle Calabrie e Basilicata pervenne un'altra denuncia a firma di Giovan Battista Melarca di Amantea, che accusò il frate del "misfatto di lesa Maestà mediante attentato che à


per oggetto di distruggere o cambiare la forma del Governo con eccitamento delle popolazioni ad armarsi contro l'Autorità Reale commesse il Giugno 1848 in Cropalati, Campana, Bocchigliero, Spezzano Albanese". 49 Il Florio, sottoposto a nuovo processo davanti alla G. C. Criminale di Calabria Citra nel maggio 1852, dopo un dibattimento che ha visto tra i testimoni, oltre al sacerdote Vitale, anche molti suoi confratelli, con cui aveva convissuto nel convento di Campana. 50 Il 14 agosto 1852 arrivava la condanna definitiva di P. Serafino Florio "alla pena di anni 19 di ferri e alla malleveria di ducati cento per 3 anni dopo espiato la pena" per avere "con discorsi tenuti in luoghi pubblici provvocato direttamente gli abitanti del Regno ad armarsi contro l'Autorità reale, provocazioni che non hanno avuto effetto". 51 Non si conosce la fine di Nicola Lautieri e degli altri campanesi partecipanti attivamente alla lotta.

N O T E 1

Sul versante ionico, oltre che a Campana, alberi della libertà vennero issati ad Amendolara, Montegiordano, Oriolo, Roseto, Cerchiara, Calopezzati, Caloveto, Cropalati, Corigliano, Terranova, Rossano, Bocchigliero, Crucoli, Carfizzi, Cirò: cfr. G. CINGARI, Giacobini e Sanfedisti in Calabria nel 1799 , Reggio Calabria 1978, pp. 126 e 135. L'olmo della libertà a Campana venne piantato nella Piazza del Ponte, dove rimase fino al 1953, anno in cui, ormai secco e decrepito, venne abbattuto e rimpiazzato da uno nuovo in occasione della festa degli alberi. Oggi non esiste più neanche il secondo. 2 Cfr. G. CINGARI, Giacobini e Sanfedisti , p. 223; A. GRADILONE, Storia di Rossano , p. 598. Il card. Ruffo era fratello della principessa di Campana Giovanna Ruffo, moglie di Vincenzo Sambiase. 3 Cfr. F. PUGLIESI, Ricerche sulla storia di Bocchigliero , Cosenza 1973, II edizione, pp. 102-104. 4 Cfr. APC Registro dei decessi , citato. 5 Cfr. G. CINGARI, Giacobini e Sanfedisti , p. 254. 6 Cfr. Proclama del Cardinale Ruffo da Crotone al suo esercito (Dal quartiere generale di Crotone lì 27 marzo 1799). Il testo integrale è riportato in A. VACCARO, Kroton , Cosenza 1966, pp. 401-402; anche G. B. MAONE, Cronache di Briganti Contadini e Baroni a Savelli e in Sila dal 1796 al 1876 , Chiaravalle Centrale 1978, pp. 269-70. 7 Cfr. U. CALDORA, Calabria Napoleonica , p. 20. 8 Cfr. la lettera del 6 gennaio 1806 del De Riseis al Re conservata nel fasc. Consulta di Polizia , f. 73 inc. 902, presso Archivio di Stato di Napoli, citata in U. CALDORA, Calabria Napoleonica , p. 22. 9 Cfr. F. PUGLIESI, Ricerche sulla storia di Bocchigliero, pp. 109-115. 10 Cfr. S. BUGLIARO Brigantaggio nelle Comunità Albanesi di Calabria Citeriore (1806-1815) , Corigliano 1992, p. 36. 11 Cfr. G. DE CAPUA, Longobucco dalle origini al tempo presente , Cosenza 1982, pp. 189-190.


12 Da una memoria sulla chiesa di Cariati scritta qualche anno dopo dal vescovo Gelasio Serao si ricava lo stato di desolazione in cui venne lasciata la Cattedrale dai briganti di Coremme: "... la chiesa sembrava una spelonca, la casa ridotta a perfetta desolazione, per essere stata l'asilo del brigantaggio": cfr. R. e F. LIGUORI, Cariati nella storia , p. 102. 13 Cfr. G. B. MAONE, Cronache di briganti , 45. 14 Cfr. APC, Registro dei Decessi. 1807-1817 . 15 Nel 1819-22 sarà Sindaco di Campana. 16 Cfr. G. B. MAONE, Cronache di briganti , pp. 39-40. 17 I cambiamenti di fronte delle popolazioni erano causati dall'insicurezza politico-militare e dal diffuso fenomeno del brigantaggio, che aveva adepti in tutti i paesi e che provocava un senso di paura generalizzato. 18 Cfr. Rapporto dell'Intendente di Calabria Citra Vincenzo Palumbo al Gen. Miot, presso Archivio di Stato di Napoli, Interno II , 2245, in A. MOZZILLO, La Calabria in guerra , Napoli 1972, p. 723. 19 Sulla testa di Parafante, Bizzarro, Benincasa e Perri gravò una taglia di 1000 ducati, mentre su Friddizza 500. Bizzarro fu denunciato dalla moglie; Parafante cadde ucciso in uno scontro; Benincasa annegò mentre tentava la fuga; Friddizza per qualche tempo riuscì a farla franca, ma molti suoi compagni caddero nelle mani dei Corpi Volanti appositamente istituiti, e fucilati: cfr. A. GRADILONE, Storia di Rossano , pp. 651-52. 20 Cfr. L. RIPOLI, Rossano pel riscatto nazionale , Parte I, Rossano 1907, pp. 96-97. Il volume nel 1989 è stato pubblicato in edizione anastatica dall'Editore Guido di Rossano Scalo. 21 Cfr. Legge concernente la fissazione e la distribuzione del Dipartimento del Crati del 9 febbraio 1799 (21 piovoso 7 repubblicano), art. I, in G. CINGARI, Giacobini e Sanfedisti , pp. 313-315. 22 Cfr. Ibidem , art. IV. 23 Cfr. U. CALDORA, Calabria Napoleonica , pp. 47-48. 24 Cfr. A. GRADILONE, Storia di Rossano , pp. 629-630; anche U. CALDORA, Calabria Napoleonica , p. 425. 25 Cfr. Decreto per la nuova Circoscrizione delle 14 province del regno di Napoli (n. 922. Parigi 1811; anche U. CALDORA, Calabria napoleonica , p. 37; L. IZZO, La popolazione calabrese nel sec. XIX , Napoli 1965, pp. 21-22. 26 Cfr. Legge portante la Circoscrizione amministrativa delle province del Regno di Napoli (n. 360 del 1° maggio 1816) inserita nella Collezione delle Leggi e Decreti Reali del Regno di Napoli , pubblicata in quell'anno nella Stamperia Reale e richiamata in G. VALENTE, La Calabria nella Legislazione Borbonica , Chiaravalle Centrale 1977, pp. 22-24. 27 Si tratta della "Legge, che contiene l'organizzazione giudiziaria" (n. 140) e del "Decreto che contiene il regolamento dei giudici di pace e pe' tribunali" (n. 141), entrambi datati Napoli 20 maggio 1808. Ringrazio il Dott. Pier Emilio Acri per avermi fornito i testi. 28 Cfr. ACC,Deliberazioni Decurionali , 9 febbraio 1843. 29 Francesco Antonio Meliarca era nato ad Amantea il 20 dicembre 1781. Conseguita la laurea in Legge a Napoli, esercitò l'avvocatura a Cosenza fino a quando venne promosso Giudice alla Pretura di Campana. Scrisse moltissimo e su vario argomento: cfr. L. ALIQUO' LENZI - F. ALIQUO' TAVERRITI, Scrittori Calabresi , p. 199. 30 Di P. Serafino si parlerà più avanti. 31 Cfr. P. E. ACRI - A. SITONGIA, Rossano e Circondario nella Legislazione Napoleonica , Studio Zeta-Rossano 1996, p. 119. 32 I lavori hanno riguardato la ricostruzione generale dell'immobile con recupero dell'ala a fianco della chiesa, in altri tempi utilizzata come scuola elementare e refezione scolastica, destinata ad Uffici di Cancelleria. E' stata inoltre ottenuta la sala delle Udienze. La prima udienza nella sede rinnovata si celebrò mercoledì 9 maggio 1984. 33 Cfr. lettera del 13 luglio 1851 nel Registro Protocollo dell'arcivescovo Cilento, presso ADR. 34 Cfr. Decreto che approva la provvisoria organizzazione del corpo della gendarmeria reale a piedi ed a cavallo, ed ordina presentarsi al Parlamento il progetto del Ministro della guerra sull'organizzazione dei militi (n. 111. Napoli 9 settembre 1820), in G. VALENTE, La Calabria nella Legislazione Borbonica , p. 80. 35 Cfr. Decreto che approva l'ordinanza per la gendarmeria reale pe' gendarmi ausiliari (n. 134. Napoli 19 ottobre 1821); in G. VALENTE, La Calabria nella Legislazione Borbonica , p. 86. 36 La corrispondenza è conservata nella Cartella De Luca , presso ADR. 37 Cfr. decreto n. 110, datato Napoli 1821, in G. VALENTE, La Calabria nella Legislazione Borbonica , pp. 84-86; nn. CLXX e CLXXII. 38 E' sintomatica la freddezza con cui nel 1844 sarà accolto lo sbarco dei Fratelli Bandiera, il cui gesto fu un autentico fallimento politico. 39 Il terremoto, con epicentro Rossano, causò nel Circondario ben 239 morti, di cui 89 a Rossano, 140 a Crosia, 2 a Calopezzati, 5 a Cropalati, 1 a Scala, 2 a Corigliano: cfr. L. DE ROSIS, Cenno storico della Città di Rossano , Napoli 1838, p. 112. Il volume è stato ripubblicato in edizione anastatica nel 1978 a cura della Frama Sud di Chiaravalle Centrale. 40 Cfr. ACC, Deliberazioni Decurionali , 23 agosto 1838. Per far fronte alle spese, l sindaco venne autorizzato ad attingere all'art. 58 dello Stato discusso quinquennale destinato a coprire le spese impreviste. 41 Cfr. ACC, Deliberazioni Decurionali , 3 luglio 1836. La richiesta del Sotto Intendente, menzionata nella delibera, era datata 28 maggio 1836. 42 Nicola Ausilio è stato sindaco di Campana dal 1844 al 1849. 43 Cfr. Atto di Accusa e decisione per gli avvenimenti politici della Calabria Citeriore , Cosenza 1852, riportato da A. BASILE, Moti contadini in Calabria dal 1848 al 1870 , in "Archivio Storico di Calabria e Lucania", 1958, p. 73.


44 Cfr. Rapporto dell'Intendente di Cosenza Cosentini al inistero, ripreso da A. BASILE, Moti contadini... , pp. 73-75, presso ASN Polizia , Calabria Citra, anno 1848, fascio 3160, Esp. 26, vol. 6, par. 1. 45 In rapporto è conservato in ASN, citata collocazione di Archivio. 46 Cfr. Atto di Accusa...; anche A. GRADILONE, Storia di Rossano , pp. 735-36. Tra i campanesi che si distinsero figurano anche Nicola Cozzetto, Carlo De Martino, Francesco Lautieri, Pasquale Rovito, Pasquale e Saverio Serafini, Giovanni Santoro. 47 Cfr. il Rapporto dell'Intendente di Cosenza, che trasmette al Ministero dell'Interno il relativo rapporto del Sindaco di Campana, ASN, fasc. Polizia . Calabria Citra 1848 , Esp. 26, vol. 30, par. 4 in A. BASILE, Moti contadini... , 73-75; G. BRASACCHIO, Storia economica della Calabria , vol. VI, Chiaravalle Centrale 1980, p. 150. 48 Cfr. F. GAGLIARDI, Storia di S. Pietro in Amantea , Cosenza 1983, pp. 98-99. 49 Cfr. F; GAGLIARDI, Storia di S. Pietro in Amantea , p. 99. 50 Fra Carlo di Campana, riformato di 40 anni, definì il Florio "un pazzo, uno stravagante, che ha dato delle busse ai monaci senza ragione"; Fra Antonio da Cervicati rivelò che in lui c'era stato un grande cambiamento: mentre "quando lo stesso fu nel Convento di Campana diceva Messa e si mostava di buona indole", dopo, "quando ritornò in Campana per radunare gente come ho dichiarato, faceva cose da pazzo, perchè girava continuamente per le strade"; P. Giovanni Antonio di Longobucco riferì che anche lui nel giugno 1848 era nel Convento di Campana insieme al Florio: "Dava segni di pazzia perchè di giorno e di notte sonava sempre con cembalo": cfr. F. GAGLIARDI, Storia di S. Pietro... , pp. 108-110. 51 Cfr. F. GAGLIARDI, Storia di S. Pietro... , p. 111.


CAPITOLO UNDICESIMO UNITA' D'ITALIA E BRIGANTAGGIO DEL SECONDO OTTOCENTO

Il secondo Ottocento registra nel suo primo decennio un'ampia e ferma opera di ricomposizione dell'ordine pubblico da parte della casa borbonica di Napoli. Particolarmente perseguiti dalle Gran Corti Criminali provinciali i rivoluzionari del 1848 ed il diffondersi della delinquenza comune in appoggio al brigantaggio, che, per quanto sopito, non aveva mai smesso di operare. La relativa calma, comunque, durò fino al 1860, quando si abbattè sul Regno di Napoli il ciclone Garibaldi e dei suoi mitici Mille. Questi, sull'onda dell'entusiamo suscitato dovunque, tra maggio e settembre conquistarono alla causa piemontese l'intero regno borbonico. Il 7 settembre, entrato trionfalmente in Napoli dopo aver percorso vittorioso, Garibaldi dichiarò decaduta la dinastia borbonica ed annesse il Regno ai Savoia. Il successivo Referendum, quasi un pro forma, consacrò l'anessione, anche se non mancarono gli incidenti di percorso. Particolarmente grave e significativo quello intercorso all'arcivescovo di Rossano, Mons. Pietro Cilento, che per essere filoborbonico, venne accusato di sabotaggio del referendum e condotto in carcere a Cosenza. In realtà l'arcivescovo, con una Circolare aveva solo invitato i sacerdoti della diocesi ad esaminare "le cose senza pregiudizio, passione o spirito di parte" e a considerare se eventualmente l'indizione del Plebiscito contenesse qualcosa che potesse "essere di pregiudizio alla Nostra Sacrosanta Religione e alla pubblica morale, di cui siete custodi". Se tutto era in ordine "date pure il vostro si. Ma, se al contrario, prevedete che esso mena a conseguenze di danno a quella religione e di detrimento alla pubblica morale, profittate allora dell'arbitrio che vi concede l'apposito decreto, pronunciatevi liberamente per il no". 1 L'esito delle votazioni in realtà fu plebiscitariamente favorevole all'annessione. Nel Distretto di Rossano i voti per il "Si" furono 13.694, contro 24 sparuti "No". A Campana non ci fu nessun "No", mentre i "Si" risultarono 457, su 920 iscritti. Analogo risultato si ebbe nei paesi del Circondario: Bocchigliero 719 Si e 6 No; Calopezzati 319 Si; Caloveto 210 Si e 3 No; Rossano 3500 Si; Cropalati 236 Si e 1 No; Longobucco 1851 Si; Mandatoriccio 353 Si; Pietrapaola 260 Si. 2 All'epoca, nel 1861, Campana contava 2365 abitanti: in quell'anno vi erano stati 19 matrimoni; i nati erano stati 91, mentre i morti ben 145. 3 Il cambiamento di regime avviò una serie di riforme atte ad inquadrare i nuovi territori nell'insieme del Regno d'Italia. L'8 gennaio 1861 vennero indetti i comizi per eleggere il 1° Parlamento nazionale. Per il Collegio di Rossano, dopo il ballottaggio del 3 febbraio, risultò eletto il barone Pietro Compagna, che ebbe la meglio sul rossanese Benedetto Greco. 4 Due mesi dopo con decreto del 1° aprile 1861, vennero costituiti anche i Consigli Provinciali. Per il Distretto di Rossano, diviso in 7 Circondari, vennero chiamati a farne parte Gaetano Toscano (Rossano), Giovanni Morgia (Corigliano), Giuseppe Boccuti (Longobucco), Francesco Fonzi (Cropalati), Nicola Pugliese (Campana), Pasquale Venneri (Cariati), Guglielmo Tocci (S. Demetrio Corone). 5 In concomitanza con le elezioni per i Consigli Provinciali si tennero anche quelle per la ricostituzione dei Consigli Comunali. Il nominativo del Sindaco, invece, per il Decreto Luogotenenziale del 16 agosto 1861, era di competenza governativa. Per Campana venne nominato sindaco Giovanni Palopoli, che subentrò a Pietro Grano. 6 Il sindacato del Palopoli è da ricordare per due vicende particolari. A lui si deve, nel 1862, il restauro della Torre dell'Orologio dell'attuale Piazza Italia. Il fatto è ricordato da una lapide apposta sulla porta della Torre, in cui si legge: "ANTICA TORRE RESTAURATA IN APPALDO DAI MAESTRI PIETRO BARONE E TOMMASO PIRO. S. GIOVANNI PALOPOLI SINDACO. S. GIUSEPPE SERAFINI E BRUNO DE MARTINO DEPUTATI. A. D. 1862". Lo stesso Sindaco, il 23 marzo 1864, mentre tornava da Scala Coeli, presso il mulino di Cundari, venne catturato a scopo di estorsione dalla banda del brigante Palma. Dato in consegna alla comitiva di Nicola Capalbo, sarà poi liberato una ventina di giorni dopo dalla Guardia Nazionale comandata da Bruno De Martino. 7 La Guardia Nazionale era stata istituita dal nuovo regime sul finire del 1861. Il comando di zona venne istallato a Rossano con giurisdizione dal Crati al Neto. In pieno assetto di guerra per combattere il brigantaggio vi venne dislocato il 66° reggimento fanteria della Brigata Valtellina al comando del maggiore Pietro Fumel. Distaccamenti vennero assegnati ai singoli paesi del Circondario. A Campana il comando delle Guardie Nazionali venne affidato a Nicola Lautieri, cui successe nel 1862 Bruno De Martino. 8 Il distaccamento di Campana, come del resto quello dei paesi vicini, si distinse particolarmente nella lotta contro il brigantaggio, di cui andremo a parlare.

1.

Lotta contro il brigantaggio


Il brigantaggio politico degli inizi dell'Ottocento che sembrava debellato, in realtà era rimasto solo momentaneamente sopito, pronto riemerge in ogni momento. L'ordine pubblico tra delinquenza comune e organizzata continuò ad essere turbato e minacciato da omicidi, ricatti e rapine di matrice brigantesca. Il Distretto di Rossano, in particolare, era tenuto sotto pressione dalle bande del Magaro, di Antonio Blefari e da altri, contro cui poco potè il maresciallo Enrico Statella, inviato all'uopo da Napoli con poteri speciali. Il fenomeno si aggravò dopo le delusioni del 1848 e le successive operazioni repressive messe in atto dal re di Napoli nella speranza di riportare l'ordine. Proprio in questo periodo si formarono le nuove bande di Domenico Sapia detto Brutto, di Francesco Godino detto Faccione, di Domenico Straface detto Palma, tutti di Longobucco, del rossanese Domenico Falco, di Egidio Blefari, che si consegnerà al Capo Urbano Pasquale Passavanti nel 1849 e di cui ci occuperemo anche più avanti. 9 In questo clima di incertezza e di terrore, a pagare è stata spesso la popolazione, costretta a subire angherie e maltrattamenti di ogni tipo. La paura di ritorsioni, anzi, spinse molti a collaborare con i briganti come manutengoli, a non denunciare le angherie, a favorire le fughe e la latitanza. Nel marzo 1850, per esempio, nella Pretura di Savelli Filippo Chiarello di Campana e i fratelli Giovanni e Bruno Aiello di Bocchigliero vennero processati per "spionaggio" e per aver fornito "alimentazione ai banditi" nel bosco "Pescaldo" di Umbriatico. 10 Ai primi del 1849, inoltre, in località Imbarrata di Campana, il bovaro savellese Domenico Greco venne assalito e battuto a morte dal brigante Francesco Torcasso, detto "Parafante". Creduto morto, invece si riprese. Qualche tempo dopo, con l'appoggio della banda di Nicola Renda appostò il Torcasso uccidendolo con altri due pastori in territorio di Verzino. Arrestato con tutta la banda venne poi processato e condannato ai lavori forzati. 11 Si è già accennato alle iniziative promosse da Francesco II per arginare il dilagare della malavita. Tra queste, in particolare, da ricordare la "Lista di fuorbando" emanata il 7 marzo 1860, in cui figurava l'elenco dei banditi, che vennero invitati alla resa volontaria o presi con la forza ricorrendo anche a taglie a favore di chi consegnava o uccideva briganti. 12 Dall'insieme dei provvedimenti e soprattutto dopo l'invio del gen. Statella qualche frutto si ebbe. Questi mobilitando squadriglie di volontari e destinando nerbi di truppe nei paesi più a rischio riuscì a coinvolgere e ottenere collaborazione anche dalle forze locali. Così le squadre di Campana e Bocchigliero, per esempio, riuscirono rispettivamente a sbaragliare la banda di Matteo Capalbo, che venne ucciso, e a snidare le bande di Savelli uccidendo altresì il brigante Salvatore Grande di Mandatoriccio. 13 Malgrado gli sforzi, la situazione restava comunque preoccupante. Della cosa si rese interprete il Decurionato di Rossano che il 20 settembre 1860, a pochi giorni dall'entrata trionfale di Garibaldi in Napoli, con il sindaco Fortunato Amarelli presentava istanza urgentissima al Governatore Generale di Cosenza chiedendo provvedimenti mirati al debellamento della piaga del brigantaggio, che proprio nel Distretto e in Longobucco in specie aveva posto la sua sede. Si chiedeva la costituzione in loco di una Commissione Militare "per eseguire le condanne" e "la spedizione in Longobucco di un giudice integerrimo per la espletazione dei processi". 14 La richiesta, anche se non mancò qualche effetto positivo, non ebbe l'esito sperato, per cui lo stesso Decurionato il 21 ottobre 1861 rivolgeva analogo e più energico appello al Luogotenente Generale di Napoli. Questo appello e l'altro rivolto al gen. Ciallini alla fine di novembre ottenne un vasto spiegamento di forze, che andò a dare coraggio alle autorità e popolazioni locali, impegnate tutte in una più energica lotta contro i briganti. Il comando generale delle truppe dislocate nel Circondario di Rossano venne affidato al maggiore Pietro Fumel, che rimise in vigore le misure restrittive che cinquanta anni prima avevano consentito al generale francese Manhes di infliggere al brigantaggio un durissimo colpo, fino quasi ad annientarlo. Dispose il censimento delle bande e dei singoli briganti, dei manutengoli, delle spie e favoreggiatori; vietò il commercio delle armi e sottopose a permesso il porto d'armi; promise clemenza ai briganti che si consegnavano spontaneamente mentre fu intransigente con i renitenti arrivando persino ad esporre in pubblica piazza le teste mozze dei briganti uccisi. Stabilì un premio di 100 lire per ogni brigante consegnato vivo o morto; garantì l'impunità al brigante che avesse ucciso un compagno ed un premio di 50 lire per ogni denuncia di brigante. La fucilazione immediata era inferta a chi dava ricetto o nascondeva briganti. Con queste misure severe e crudeli, che acquistarono al Fumel il titolo di "fosco nome d'una fosca storia", 15 e con i reparti di soldati e le squadriglie della Guardia Nazionale rimessa a nuovo in ogni paese, il brigantaggio ridusse in parte la tracotanza. Numerosi briganti furono catturati o fucilati senza pietà. Molte bande furono distrutte o decimate. Vennero distrutte, per esempio, le bande di Tommaso Greco, che operava tra Campana e Verzino, e quella di Falbo di Celico attaccata nei pressi di Bocchigliero. A dare man forte all'opera del Fumel intervenne il 15 agosto 1863 la legge Pica (n. 1409), con cui il governo italiano mirò ad estirpare in radice il brigantaggio, visto e sentito come una vera piaga in un contesto sociale che avrebbe meritato favorevoli interventi di rilancio economico e di riforme amministrative, piuttosto che interventi di repressione. Il brigantaggio di questo periodo se rivela in parte il disappunto e la delusione popolare dopo le speranze del 1848 e le promesse garibaldine, rivela altresì una reazione istintiva e fuorviante da parte di minoranze senza prospettive, il cui intento alla luce dei fatti è tutt'altro che l'emancipazione sociale del popolo. Sono interessanti e di prima mano le cronache sulla lotta contro il brigantaggio riportate da Vincenzo Padula sul periodico Bruzio , da lui fondato e pubblicato tra il 1864-65, anni in cui, malgrado le leggi citate, le bande dei briganti facevano sentire con forza la loro presenza malefica, con notevoli danni dovunque denunciati. Per avere un


quadro della situazione, l'11 aprile 1863, il Prefetto di Cosenza Enrico Guicciardi (ordinanza n. 21) impose ai Sindaci della provincia la compilazione dello Stato nominativo dei danneggiati del brigantaggio. L'indagine si era resa necessaria per prevedere qualche indennizzo a favore di chi subiva danni di ritorsione a causa del suo impegno contro i briganti. I danni cominicvano ad essere così pesanti, che potevano provocare un qualche scoramento e disimpegno nella lotta. I fratelli De Martino di Campana, ad esempio, noti per l'avversione contro i briganti, nell'agosto 1864 dalle comitive di Palma e Capalbo patirono l'uccisione di 450 capre e un vitello, mentre 7 vacche persero i Cundari. L'atto criminoso fu per vendicare l'attacco a sorpresa con cui i De Martino qualche mese prima avevano liberato dalle mani dei briganti il sindaco Giovanni Palopoli, sequestrato mentre faceva ritorno a Campana da Scala Coeli. Lamentando la poca accortezza e vigilanza del delegato del Mandamento di Campana, così Vincenzo Padula commenta il fatto: "La nostra pastorizia se ne va, e se ne va davvero. L'uccisione di 450 capre è la rovina di ogni onesto proprietario, come sono De Martino, e noi gridiamo essere giusto che venga indennizzato di tanto danno dalla cassa pei danneggiati da Brigantaggio; perchè i De Martino hanno sofferto questa iattura per vendetta che il Capalbo volle fare del modo eroico, ond'eglino gli tolsero il sequestrato Palopoli. Se chi persegue i briganti non si vede ristorato dei danni che gli frutta il suo amore all'ordine pubblico, uscirà a tutti di corpo il pensiero di distruggerli". 16

Lo stesso Padula all'atto della liberazione del Palopoli così ebbe a scrivere: "Una viva alla guardia nazionale di Campana. Al momento di mettere torchio (il giornale, n.d.r.) sappiamo per telegrafo che la coraggiosa guardia nazionale di Campana sorprendendo la comitiva Capalbo nella contrada Tironolello abbia liberato il sig. D. Giovanni Palopoli, ch'è già salvo ritornato in sua famiglia. Ci congratuliamo con questo buon signore, e non abbiamo parole sufficienti per lodare lo zelo dell'autorità che han disposto il movimento delle guardie nazionali, e queste medesime pel coraggio, onde han dato si bella pruova. Il terreno è sparso di sangue, ed esse, posto in salvo il sequestrato, continuarono la caccia dietro i briganti che fuggono. Bravo! Mille volte bravo! aspettiamo i nomi dei valorosi per raccomandarli alla fama ed alla gratitudine del governo". 17

Per l'operazione di salvataggio, il 16 aprile, la Giunta Municipale riunita sotto la presidenza dell'Assessore delegato alle funzioni di Sindaco Giuseppe Serafini, nell'esprimere pubblico plauso al cap. Bruno De Martino deliberava di dichiarare "benemerito della Patria" il giovane milite Cesare De Martino e di fargli dono di "un due colpi e di un revolver da usare in bene e ad amore del Paese" perchè isolato dai compagni nello scontro contro i briganti "senza poggio, innanzi a cinque masnadieri, disprezzando la propria vita con sangue freddo, ebbe audacia tale di fargli fronte, ferirne uno, gridare l'allarmi a' convicini fratelli, snidare i Briganti, ed impadronirsi dei due sequestrati". Anche per gli altri partecipanti Bruno De Martino luogotenente, Gaetano De Martino sottotenente, Saverio De Martino sergente, Luca Ioverno milite venne deliberato di far loro dono di un revolver ciascuno, di essere dichiarati anche loro "benemeriti della Patria" e di far ottenere dal Governo del re una menzione d'onore. 18 Pur non avendo avuto briganti di fama, ma solo una dozzina di manutengoli, il territorio di Campana era parecchio infestato dai briganti, che vi operarono isolatamente e in comitiva. Si ricordano Francesco Berardi (Longobucco), Rosario Bossio (Bocchigliero), Nicola Capalbo (Rossano ?), Vincenzo De Simone (Paludi), Angelo Serafino De Luca (Longobucco), Vincenzo Gammato (?), Pasquale Licciardi (Paludi), Domenico Straface detto Palma (Longobucco), Domenico Pisani (?), Giovanni Salatino (Paludi), Giuseppe Scarcella (Longobucco). Con una presenza così massiccia di briganti non può meravigliare più di tanto l'ampia risonanza che il fenomeno ha lasciato nell'animo popolare. Le molte storie di briganti, che ormai fanno parte del folklore paesano, ne sono l'evidente testimonianza. 19 Abbiamo ricordato inoltre i danni inferti alla famiglia De Martino, ma le ritorsioni non risparmiarono altre famiglie, a cui i briganti non hanno perdonato la collaborazione fornita alle pubbliche autorità o la partecipazione diretta alle operazioni militari. Sintomatico è quanto dovette pagare Luca Ioverno per avere partecipato alla liberazione del sindaco Palopoli, di cui si è già parlato. Nella colluttazione il Ioverno aveva ferito il brigante Giovanni Torchia, che, rimessosi in salute, nel giugno 1864 si vendicò uccidendo al Ioverno 50 capre con un danno di oltre 500 lire. 20 Alla fine di maggio 1865, il capobanda Nicola Capalbo, giunto di notte nella mandria di Antonio Rossano a poca distanza dal paese, costrinse i mandriani ad apparecchiargli un agnello. Il Rossano, allontanatosi di soppiatto, riesce ad avvertire il sindaco ed il comandante delle guardie, che intervennero senza indugio. Il Capalbo, subodorato il pericolo, lasciò la mandria avviandosi verso il paese. Qui, in contrada Croci, intercettò le guardie riuscendo a fare fuoco per primo. Nello scontro restò ucciso il milite Giuseppe Rovito, mentre il sergente Agostino Lautieri venne ferito. Il brigante riuscì a fuggire dandosi alla macchia. 21 Ma non sempre andò liscia ai briganti. Nel marzo di quell'anno 1865, il cap. Martinotti di stanza a Cropalati con la collaborazione dei capitani Fessore e Baroncelli e con l'aiuto delle Guardie Nazionali di Campana, Caloveto e Pietrapaola, riesce a snidare nel bosco di S.


Angelo tra Ronza Vecchia di Campana e la Scanzata di Bocchigliero un covo di briganti in transito. Riportiamo per intero la vivace cronaca dell'operazione fatta da Padula: "Il bravo capitano Martinotti comandante il distaccamento del 19° Bersaglieri stanziati in Cropalati ebbe da informazioni particolari la presenza di briganti nelle Pianette di Campana. Credendo che per acchiapparli fossero insufficienti le sue forze, benchè vi fosse un'altra compagnia mandata dal Maggiore e comandata dal Capitan Fessore, invitò l'altro Capitano signor Baroncelli ad occupare con le G. N. di Campana il punto tra Ronza vecchia, e la Scanzata di Bocchigliero; mandò alla destra di lui alle falde di monte Santangelo il Sottotenente Della Beffa con 24 guardie nazionali di Pietrapaola, alla sinistra il capitano Fessore con la propria compagnia e 4 militi di Caloveto, ed egli il bravo Martinotti con due Carabinieri ed altre guardie nazionali si collocò alla destra del sottotenente. La notte del 22 li vide tutti immobili al loro posto; spunta l'alba del 23, ed una colonnetta di fumo che si levava queta queta da un pagliaio dice al Martinotti che colà si appiattassero i briganti. Di presente mette in agguato ed in vari punti le sue forze. I briganti erano tre, si avveggono di essere presi in mezzo, e catellon catelloni procacciano di traforarsi una scappatoia. Si abbattono nel Sergente dei Bersaglieri Carlo Caleri. L'animoso sergente sgrilletta la sua carabina, uno ne fredda, e due ne fuga. I due fuggenti allibiscono, cercano di salvarsi per vie diverse; e il primo fu avventurato. Dà in una punta di Guardie nazionali; queste gli scaricano addosso i fucili; ma i fucili si trovano carichi a piombo minuto, il brigante mette un grido, spicca una capriola e si salva nel bosco, dove non fu possibile scovarlo. Ma l'altro trovò il suo dovere. Dà giusto nel muso di Martinotti, e vederlo e scaricargli sopra il fucile fu tutto uno. Non lo coglie. Martinotti gli tira, lo piglia nel petto; e lo manda a terra. Ferito, sanguinoso, impolverato il brigante si rialza e scarica la seconda canna del suo archibugio sul bersagliere Giovanni Bertel. La palla fora al poveretto ambedue le mani, e gli si conficca nella coscia. A questo, il Martinotti e le guardie nazionali fanno fuoco ad un tempo, e il brigante cade per sempre sotto un diluvio di palle. Chi erano costoro? Il brigante ucciso dal sergente Caleri era Pietro Maria De Luca da Longobucco. I compagni lo chiamavano Sòrice, ossia il topo; il modo della morte rispose a quel nome, ed ei finì nella trappola; ma l'altro che impavido spara e non coglie, che ferito cade, e si rialza, che si rialza e rende storpiato per tutta la vita un bersagliere era Giuseppe Scrivano". 22

In verità lo Scrivano era ormai diventato un collaboratore di giustizia infiltrato nella banda di Palma, per cui la sua uccisione fu un terribile sbaglio. La stretta delle pubbliche autorità stava ormai incalzando i briganti nell'intento di chiudere presto la partita. A riguardo continuiamo a citare Padula: "L'ardore entrato nella truppa, dopo l'uccisione di Scrivano e De Luca, è incredibile; e volendo finirla con Palma, ora che ne hanno trovato le tracce, il giorno 26 marzo tutte le autorità civili e militari del Rossanese pensarono di fare un bel colpo. I briganti sono nel bosco Morto presso Mandatoriccio; si mettono sotto le armi 105 bersaglieri, 13 granatieri con due capitani e tre tenenti, si accozzano 300 guardie nazionali coi loro capitani, si tiene nientemeno un consiglio di guerra, e si circonda il bosco con venti impostature. La cattura dei briganti pare inevitabile. Le famiglie dei briganti sono costernate; uomini e donne in Mandatoriccio corrono da chiesa a chiesa facendo dir messe, perchè i briganti la scampino.... I briganti erano cinque con una brigantella; si avveggono di trovarsi sotto la schiaccia, e muovono carponi, alla sentita, e raccolti .... Con l'aiuto di un vaccaro del sig. Labonia i cinque briganti e la brigantella passano sani e salvi a traverso di 440 armati". 23

Non altrettanto bene andò l'8 maggio successivo al capobanda Domenico Sapia, il Brutto, che cadde ucciso presso Mandatoriccio sotto i colpi della colonna comandata dal maggiore Daviso. Restò ferita e arrestata, invece, la sua druda, di cui si ignora il nome. 24 La lotta ferrea ingaggiata stava dando i suoi frutti. da un consuntivo sullo stato del brigantaggio nel 1865 si rileva che nella provincia di Cosenza i briganti attivi erano 52, di cui 19 già assicurati alla giustizia e 33 ancora liberi. Tra questi ultimi figurano i longobucchesi Domenico Straface (Palma), Luigi Maio (il Catalano), Luigi Campana (Pizzitorto), Francesco Godino (Faccione), Vincenzo Forciniti (Teo), Domenico Graziano (Turchio), Francesco Marino (Lucaria), oltre al bocchiglierese Rosario Bossio (Reccio) ed il campanese Andrea Todaro (Crozza). 25 Le misure repressive attivate dal Fumel con sistematico rigore avrebbero certamente debellato definitivamente il brigantaggio se non fosse intervenuto lo scoppio della terza guerra di Indipendenza, che nel 1866 rese necessario il richiamo dello stesso Fumel con molta parte del contingente militare, che venne spostato verso il fronte. La pausa consentì ai briganti di riorganizzarsi e di riprendere l'attività criminosa con più slancio. Contro di essi, alla fine della guerra, venne inviato il col. Bernardino Milon, che riprese con energia la lotta di repressione. 26 Tra le vittime figura nel marzo 1866 l'unico brigante campanese Andrea Todaro, ucciso in contrada Fossa dopo un accanito conflitto armato con le guardie nazionali del comandante Bruno De Martino. Sulla vicenda si è imbastito un piccolo giallo riguardante l'autore dell'uccisione del brigante. Tale Francesco Parrotta di Campana il 17 aprile 1866 scrive al Direttore de "Il Martello", periodico che si stampava a Rossano, attribuendosi l'uccisione del brigante già assegnata al De Martino ed esigendo la taglia prevista. Così scrive:


"Sotto la data del 25 marzo si legge nel Martello: “ Bruno Di Martino Capitano della G. N. di Campana, saputo che nella contrada detta Fossa annidavasi il brigante Andrea Todaro con un'altro, vi si recò in unione d'altri suoi fratelli e dopo accanito conflitto riuscì ad uccidere Todaro, salvandosi l'altro colla fuga”. Perdona, Sig. Direttore, se dico che ciò è un pretto mendacio. Il brigante Todaro venne ucciso da me la sera dei 22 marzo verso mezzora di notte: era solo e non in unione di altri briganti; sono in mio potere gli elementi per comprovarlo: il qui nero tradimento usato al reclamante da Pietro Rossano che trovavasi presente, ha fatto comparire il De Martino uccisore del Todaro ed ora, vedendo che tanto i rapporti scritti dal Sindaco di Campana sul mio conto pel servizio reso, che gl'informi presi dai Reali Carabinieri nulla valgono perchè rattenuti forse come lettera morta: ho risoluto di tutto denunziare al direttore del Martello, pregando di accogliere nelle colonne del suo periodico il presente reclamo, far sua la causa del Parrotta e così non lasciarlo sopraffare dal De Martino che di certo attaccherà il meschino per ogni verso per perderlo ed avvilirlo. Francesco Parrotta". 27

Non tardò la risposta di Bruno De Martino, datata 25 aprile e che nel numero successivo del periodico venne puntualmente pubblicata dal direttore Serafino Sesto. Il De Martino, manifestando la sua meraviglia per le affermazioni del Parrotta, diede la sua versione dei fatti fornendo altri particolari dell'accaduto, all'altro sconosciuti. Tra l'altro fa intendere che al Todaro sia stata recisa la testa e poi portata trionfalmente in paese. Ma diamo la parola al De Martino: "Ma Dio buono! il Parrotta che è un meschino perchè non si impossessò del due colpi (fucile), del cappello guernito alla brigantesca, del ricco vestimento, della fascia, e di altri oggetti, che, al prezzo più mite, valgono meglio di docati quaranta? Di quali elementi potea Egli avvalersi da solo a solo col Brigante, di notte, ed in fitta boscaglia, se non delle spoglie dell'ucciso? Inoltre se il Parrotta, che dicesi meschino, ebbe il coraggio di atterrarlo, perchè non portar via la testa, e togliersi onorevolmente alla meschinità vedendo di conseguire un premio molto significante per lui, da me, per solo amor di patria, ceduto a favore esclusivo della spia? Ci è dippiù. La mattina del 23 avvisato che li era il Todaro, tosto partiva co' i miei fratelli e ritornava nel mezzodì con la testa, le armi e le spoglie: perchè immediatamente il Parrotta non reclamava la sua vittoria? Perchè nol fece il dì seguente? Ma non è il meschino Parrotta che reclama! Desso è un idiota, un'ombra dietro cui si nascondono coloro i quali, non potendo vendicare altrimenti la morte del loro protetto cercano presso la pubblica opinione denigrare il merito de gli uccisori. Il pubblico però, senza prestar facile credenza alle malignazioni di uomini codardi, e menzogneri, deve congratularsi semplicemente della morte del brigante, lasciando le autorità competenti di conoscerne il modo, di cui per ora è necessario fare un segreto, per non essere le operazioni adattate di concerto con questo sig. sotto Prefetto del Circondario contro i briganti, spiate da manutengoli, che mirano a paralizzarle, e renderle infruttuose.... Son sicuro che Ella, amante della verità e del bene della Patri si compiaccia inserire nel suo giornale la presente risposta e mi creda con stima. Campana 25 aprile 1866. Suo devotissimo Bruno De Martino". 28

Il Direttore, nel farsi le scuse, fece presente che la missiva del Parrotta gli era stata raccomandata dal farmacista di Campana Agostino Felicetti. Ma, comunque, lo stesso Parrotta, in pari data, fece rilevare quanto appresso: "Signor Direttore. Nel di lei pregevole periodico n. 9 leggesi un reclamo firmato a mio nome, circa la uccisione del Brigante Todaro. Chiunque ha osato servirsi in quello scritto del nome mio è un mentitore, nemico dei Sig. De Martino, ed amico dei Briganti. Io sono un idiota (analfabeta, n. d. r.), non so leggere nè scrivere; perciò protesto solennemente in presenza dei sotto scritti Testimoni di non aver nè scritto nè dato incarico di scrivere a chicchessia il reclamo in parola. Rossano 25 aprile 1866. Francesco Parrotta croce segnato, Francesco Greco fu Giuseppe Testimone, Filippo Pugliese di Antonio idem". 29

Chiarito il giallo, non si può certo dire che sia finita la lotta contro i briganti intrapresa in maniera decisiva particolarmente dai De Martino. Da un'attestazione sui "Servizi resi contro il Brigantaggio dai fratelli Bruno, Gaetano, Saverio e Cesare De Martino di Carlo", rilasciata il 3 ottobre 1866 dal sindaco f. f. Nicola Ausilio, si rileva come "in seguito ai fatti di Brigantaggio che dal 1860 hanno infestato queste contrade, i fratelli De Martino sono stati sempre perseguitati dagli stessi, rendendo segnalati servizi al paese". Vengono poi segnalate le singole operazioni svolte: l'8 maggio 1860 catturarono i briganti Pietro Zangari (Manganello) di Cropalati e Giovanni Cosenza (Trincino) di Longobucco; il 5 luglio 1861 liberano Francesco Noce di Spezzano Grande, caduto nelle mani della banda Monaco di Savelli, con l'uccisione dello stesso capobanda; il 13 aprile 1864 con l'aiuto di Luca Ioverno, dopo un duro conflitto, liberano il sindaco Giovanni Palopoli ed il suo domestico Saverio Ionfrida, tenuti sequestrati da Nicola Capalbo; il 17 maggio 1865 con l'aiuto dei bersaglieri arrestano nel bosco Ornariti le due drude di Palma Anna Maria e Filomena Gagliardi da Longobucco e convincono a costituirsi il manutengolo Domenico Aprigliano; il 23 marzo 1865 Gaetano e Carlo partecipano all'uccisione dei briganti Giuseppe Scrivano da celico e Pietro Maria De Luca da Longobucco nel bosco Acqua dell'Auzino; il 23 marzo 1866 Bruno, con l'aiuto della pubblica sicurezza, uccide il brigante Todaro, la cui testa venne presentata dallo stesso De Martino al Sotto Prefetto di Rossano. 30 Pur con risultati positivi, non mancarono però le ritorsioni e le vendette dei briganti. Questo sapore ha l'uccisione avvenuta ai primi di marzo 1867 in contrada Orgia tra Campana e Pietrapaola del capo mandria Giosuè


Gallina, di anni 60. A tagliargli la testa senza pietà era stato il giovane Gennaro Cirivillo di Longobucco, che poi gettò il cadavere nel Laurenzana, in territorio di Caloveto. 31 Malgrado tutto, comunque, il fenomeno del brigantaggio era di fatto agli sgoccioli, perchè uno per uno i vari capi banda o vennero presi e uccisi, o si costituirono. E' il caso del rossanese Cesare (o Gaetano) Romanello, arrestato proprio nella sua Rossano il 7 giugno 1868 insieme alla sua banda, formata al momento da Antonio De Simone, Domenico Parisio, Leonardo Loprete, Francesco Sammarco, Bruno Francesco, Giuseppe Morrone, Natale Pinacchio, Natale De Vincenzo e Luigi De Cicco. 32 Un mese dopo, il 7 luglio 1868, tocca al campanese Gennaro Scavello di Salvatore, contadino e manutengolo di 30 anni, ucciso dal 7° battaglione Bersaglieri mentre tentava la fuga. 33 Qualche giorno prima da alcuni mandriani era stato ucciso Catalano; il 12 agosto il famigerato Faccione (Francesco Godino) si era consegnato al col. Milon seguito da Domenico Graziano (Turchio); il 13 luglio 1869, infine, toccò al grande Palma, il brigante gentiluomo e re della montagna, finito miseramente in Sila per mano di un forese che riteneva amico e che, invece, ne consegnò la testa mozza al col. Milon, il quale nel darne notizia al gen. Sacchi scriveva: "La testa del Palma mi giunse ieri... una figura piuttosto distinta rassomigliante a un fabbricante di birra inglese". 34 Con la fine di Palma e la resa di Faccione, Catalano e gli altri, restò qualche piccolo focolaio residuo e isolato, ma di certo il brigantaggio era da ritenersi ormai politicamente e praticamente sconfitto.

2.

Tesori e fatti di briganti

Se il brigantaggio di fatto potè dirsi debellato, in verità l'immagine del brigante nell'animo popolare restò circonfuso di leggenda e di mistero, per cui divenne presto una sorta di eroe senza paura, simbolo contraddittorio di riscatto sociale e di pervertimento dell'ordine pubblico. Il ricordo dei briganti venne collegato, nel bene e nel male, alle vicende del paese e delle famiglie. I personaggi da storici si trasformano in personaggi quasi mitici e fiabeschi, adatti a far sognare piccoli e grandi nelle lunghe serate invernali attorno al focolare domestico. In questa rivisitazione popolare non mancano mai i richiami a tesori, veri o presunti, riposti dai briganti in nascondigli segreti, spesso "segnati" con riti di magia nera, che comportavano sempre l'uccisione di una persona. Questa restava "legata" a custodia del tesoro fino a quando sul sito non sarebbe stato ucciso un neonato senza battesimo. Così, per esempio, tesori legati in territorio si troverebbero all'Incavallicata, sulla strada Campana-Savelli, o alla Mazza del diavolo, tra Campana e Bocchigliero. Il tesoro dell'Incavallicata si aprirebbe a chi uccide un neonato sulle pietre sovrapposte; quello della Mazza del diavolo, invece, può essere trovato da chi lo sogna e, senza dir nulla a nessuno, lo cerca senza avere paura del mostro armato di mazza lasciatovi a custodia dai briganti. 35 Ma accanto ai tesori legati si parla anche di "quadaruotti" di monete d'oro (marenghi), sempre nascosti dai briganti e di cui esisterebbero persino le mappe scritte. A Campana, alcune di queste mappe erano diventate di pubblico dominio, anche se mai si seppe di rinvenimenti realmente avvenuti. Ne abbiamo raccolto alcune di queste mappe. 1. "Parti di Francavilla derittu a Petrarossa truovi 'na petra chi pare 'na Madonna: a ottu passi c'è 'nu pede 'e làvuru e 'na petra chiatta ccu sutta 16 mila marenghi". 36 2. "Ntra vigna 'e Ruoccu Gallu c'è 'na turra: a ottu passi c'è 'na castagna a duvi pedicadi ccu sutta 18 mila marenghi". 37 3. "Parti 'e Runza vecchia derittu a Petrapavula truovi a gghiesa 'e Sant'Angiulu: mmienz'a porta c'è 'na pignatella ccu 17 mila marenghi". 38 Accanto a questi tesori segnalati dalle mappe, altri ancora ne esistevano nel fantastico collettivo. Uno di questi doveva trovarsi anche nell'antico cimitero di Zimmariello. ***** Più ampia e articolata si presenta la novellistica con protagonisti i briganti ed alcune figure campanesi. Riportiamo per sintesi alcuni di questi racconti popolari che ci consentono di caratterizzare le varie tipologie brigantesche codificate dalla letteratura popolare campanese. Il più delle volte il brigante appare col suo codice d'onore e di rispetto, pronto a riparare generosamente gli errori fatti, ma pronto anche a punire inflessibilmente gli "sgarri" e i comportamenti sleali. L'uccisione di un innocente . Nella "timpa" Cerruzzo in uno scontro al fuoco con le guardie un brigante uccide per sbaglio un contadino che si trovava a passare per caso. Qualche tempo dopo, per riparare il mal fatto mandò alla vedova del malcapitato una somma di denaro tramite un vicino di casa. Questi invece di consegnare il denaro lo trattenne per sè. Risaputa la cosa, il brigante appostò il furbacchione costringendolo a seguirlo da Via Banditi ( poi Via Cosenza), dove abitava, nella campagna dei Croci. Qui, senza sentire ragioni, lo giustiziò abbandonandolo dietro una ginestra dalle parti di S. Leonardo.


Micullu 'e Luca . Micullo (Domenico) era figlio unico di Luca Ioverno, ricco proprietario di ovini di Campana. Un giorno venne sequestrato dai briganti, che richiesero al padre un forte riscatto per la sua liberazione. 39 Nel mentre i genitori si prodigavano per trovare i soldi del riscatto, Micullo in preghiera si rivolse a S. Antonio promettendogli in voto di fargli una statua d'oro se fosse stato liberato. Nella notte in sogno gli apparve un monaco alto e robusto che lo invitò ad alzarsi e scappare. Svegliatosi di soprassalto, vide di essere slegato e quindi si diede alla fuga rientrando di corsa in casa nella felicità dei suoi. Il giorno della festa di S. Antonio, entrato in chiesa si avvide che il monaco del sogno rassomigliava al santo della statua, per cui capì che era stato S. Antonio a liberarlo. Memore del voto, fece indorare la statua del santo. 40 Micullu 'e Mallarinu . Domenico Rossano, noto col soprannome di famiglia "Mallarino", era un bambino rimasto orfano, che era stato affidato al capo mandria Luigi Rossano per seguire la vita dei mandriani. Un giorno la mandria venne visitata da alcuni briganti che chiesero un capretto per sfamarsi. Visto il ragazzo e meravigliatisi del fatto, volero saperne di più. Impetositisi della situazione di Micullo gli diedero 50 lire perchè si provvedesse di scarpe e vestito. Andati via i briganti, alla prima occasione il capo mandria comprò il necessario, facendo felice il piccolo ragazzo. Di li a qualche tempo, nella stessa mandria capitò il brigante Andrea di Giacinto (forse Todaro). Nella notte, mentre il brigante dormiva nel pagliaio con il Rossano, questi si avvide che aveva una bellissima "frannina", una tela paesana fatta al telaio. Volendosene impossessare, meditava di uccidere il brigante con l'accetta, ma questi accortosi delle cattive intenzioni, gli tolse l'arma. Per punirlo il mattino dopo il brigante se lo portò dietro costringendolo a portare il bagaglio e a fare tutti i lavori necessari. Solo dopo una settimana potè far ritorno alla mandria. La lotta di Ciccullo col brigante . Francesco Manfredi, detto Ciccullo, era famoso per la sua forza e la possanza fisica. Volendosi cimentare con lui, un gruppetto di briganti lo sequestrarono portandolo in contrada Michelicchio. Qui il capo gli fece una proposta: l'avrebbero lasciato libero se nella lotta avesse battuto uno per volta tutti i briganti. Uno per uno i briganti vennero di fatto battuti. Restava il vice capobanda, ritenuto il più forte. Anche lui venne sconfitto, per cui non sopportando lo smacco estrasse il coltello per colpirlo. Il capo lo fermò e gli ordinò di rispettare i patti.Ciccullo aveva vinto tutti, per cui dovette essere liberato. 'U carigliu 'e Cierru . Cariglio è il dialettale del cerro, della famiglia delle querce. Il cariglio del racconto è famoso perchè da un brigante vi venne ucciso Micullo Parrotta, detto "Cierru". Questi era un forese dei De Martino. Tempo prima dai briganti gli era stato affidato un collega rimasto ferito in uno scontro con le guardia in località Minosciolo. Cierro, pur avendo avuto la raccomandazione di mantenere il segreto, avvertì della cosa i De Martino, nemici dichiarati dei briganti, che lo invitarono ad uccidere il brigante per intascare la taglia dopo averlo assicurato che avrebbero sparso la voce che ad uccidere il brigante erano stati loro durante una battuta. Così avvenne, per cui la testa del brigante venne esposta in paese. 41 I briganti, però, non mangiarono la foglia ed a distanza di qualche tempo appostarono Micullo in località Vescio mentre era salito sull'albero per raccogliere ghianda. Costretto a scendere, suo malgrado, dal brigante fu ucciso senza pietà. Alla scena assistettero alcune donne di Mandatoriccio che si trovavano alla Serra dell'Acero: a loro il brigante gridò di educare i figli alla lealtà e a non tradire mai la parola data. ***** E' un piccolo saggio della ricca novellistica popolare sui briganti. Da ciò si può capire come l'esperienza con e dei briganti sta tra storia e fantasia senza reciproca sovrapposizione. I personaggi sono reali ed identificabili anche attraverso gli attuali parenti. Ma nella mente di chi racconta il tutto è vissuto con forte carica emotiva, con fedeltà ai particolari e con una comunicativa straordinaria e coinvolgente. Chi ascolta si fa la convinzione che quelle storie non sono fantasia, ma appartengono al patrimonio culturale, di cui è doveroso appropriarsi. Della fatica sono debitore e grato in particolare, oltre che a mio padre e mia madre, anche a mio nonno Vincenzo Germinara e a zio Francesco Rossano, morto nel 1985 alla veneranda età di 101 anni.


NOTE 1

La Circolare, datata 14 ottobre 1860, è conservata nell'ADR. I dati sono desunti dal Monitore Bruzio Giornale Ufficiale della Calabria Citeriore , riportati in A. GARDILONE, Storia di Rossano , p. 805. 3 Cfr. L. IZZO, La popolazione calabrese nel sec. XIX , p. 321. 4 Cfr. A. GRADILONE, Storia di Rossano , p. 807. 5 Cfr. A. GRADILONE, Storia di Rossano , p. 808. 6 A Pietro Grano, sindaco dal 1856-60, si deve il selciato dell'Irto della Trinità. Il fatto è ricordato su una pietra in una delle ultime rampe quasi all'altezza dell'omonima Porta, su cui sono incise le iniziali "P. G. S." (Pietro Grano Sindaco). 7 Cfr. periodico Bruzio , pubblicato a Cosenza da Vincenzo Padula, I, n. 9 del 30 marzo 1864 e n. 14 del 16 aprile 1864. I brani sono riportati in Cronache del Brigantaggio in Calabria. 1864-1865 , a cura di A. Piromalli e D. Scafoglio, Napoli 1974, pp. 13-14 e 19-20. 8 Il decreto di nomina emesso dal Sotto Prefetto di Rossano porta la data 12 gennaio 1862. Vi si legge: "Signore. Il Sig. Sotto Prefetto del Circondario di Rossano con suo Decreto del di 12 andante si degnava nominarla a Luogotenente di questa Guardia Nazionale poichè per la pronta organizzazione della stessa vi inculca la massima sollecitudine. Prego lei di favorire in questa Sala Municipale per prestare il giuramento di rito, e metterla in servizio delle sue funzioni. Pel Sindaco l'Assessore delegato Filippo Cerenzia. Campana 18 gennaio 1862". L'atto è conservato nell'Archivio della famiglia eredi Nicola De Martino. 9 Cfr. A. GRADILONE, Storia di Rossano , pp. 765-770. 10 Cfr. Processi politici e brigantaggio dal 1820 al 1919 , fasc. 754 presso Archivio Storico Prov. di Catanzaro, riportato in G. B. MAONE, Cronache di briganti... , p. 135. 11 Cfr. G. B. MAONE, Cronache di briganti , pp. 133-134. 12 Venne offerto un premio di 200 ducati a chi arrestava un brigante e 100 ducati a chi lo uccideva. Cfr. la "Lista" in G. B. MAONE, Cronache di briganti, pp. 274-75. 13 Cfr. A. GRADILONE, Storia di Rossano , p. 748. 14 Cfr. A. GRADILONE, Storia di Rossano , p. 812. 15 Cfr. A. GRADILONE, Storia di Rossano , pp. 814-15. 16 Cfr. Bruzio , I, n. 48 del 17 agosto 1864. 17 Cfr. Bruzio , I, n. 14 del 16 aprile 1864. 18 Cfr. ACC, Deliberazioni Comunali. Copia della delibera è conservata anche nell'Archivio della famiglia De Martino. 19 Della vasta letteratura di storie di briganti citiamo "'U carigliu e Cierru", "A lutta e Ciccullu Manfredi", "Micullu 'e Luca"; "Micullu 'e Mallarinu"; e tantissimi altri racconti che per decenni e decenni hanno riempito le serate delle famiglie riunite intorno al focolare. 20 Della vicenda si è interessato il Padula in Bruzio , I, n. 35 del 29 giugno. 21 Cfr. Bruzio , II, n. 17 del 1° giugno 1865. 22 Cfr. Bruzio , II, n. 10 del 5 aprile 1865. 23 Cfr. Bruzio , II, n. 10 del 5 aprile 1865. 24 Cfr. Bruzio , II, n. 15 dell'11 maggio 1865. 25 Cfr. G. B. MAONE, Cronache di briganti , p. 182. Tra i condannati figurano Giuseppe Berardo (Fato), Luigi De Simone (Cela), Giuseppe Scarcella (Zingaro), Giuseppe Pirillo (Valente). 26 Per conoscere da fonte diretta aspetti inediti della lotta contro il brigantaggio segnaliamo il saggio di E. DE SIMONE, "Atterrite queste popolazioni". la repressione del brigantaggio in Calabria nel carteggio privato Sacchi-Milon (1868-1870) , Editoriale Progetto 2000, Cosenza 1994. 27 Cfr. Il Martello, I, n. 9 del 22 aprile 1866, p. 3. 28 Cfr. Il Martello , I, n. 10 del 29 aprile 1866. 29 Cfr. Il Martello , I, n. 10 come sopra. 2


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L'originale dell'attestato è conservato nell'Archivio privato della famiglia De Martino. Cfr. Il Rossanese , I, n. 11 del 16 marzo 1867. 32 Per la cronaca dell'appostamento e dell'arresto cfr. Il Corriere di Rossano , I, n. 7. 33 Cfr. E. DE SIMONE, "Atterrite queste popolazioni", p. 337. 34 Cfr. G. S. VITOLA, in Cronache Calabresi, X (dicembre 1970), p. 100. Sulla figura del brigante Palma cfr. anche G. DE CAPUA, Longobucco dalle origini al tempo presente , Cosenza 1982. 35 Si racconta che un tale dopo aver trovato il tesoro, lo perse perchè si impressionò alla vista del mostro. Il tesoro così scomparve dalla sua vista e non potè più rintracciarlo. 36 Francavilla era un antico casale di Campana a ridosso della Serra dell'Acero. Con la costruzione della strada statale 108 ter il masso ("Petrarossa") è stato sventrato, per cui non è stato più possibile rintracciare il sito descritto. 37 La vigna di Rocco Gallo è appena fuori l'abitato di Bocchigliero. Una frana ne ha sconvolto il sito. 38 Si dice che molte volte sia stato cercato questo tesoro nascosto nella chiesa dell'ex monastero di S. Angelo Militino e che qualcuno realmente lo avrebbe rintracciato. 39 Luca Ioverno è lo stesso che per aver aiutato i fratelli De Martino nella liberazione del sindaco Giovanni Palopoli e per aver ferito il brigante Torchia aveva già dovuto subire l'uccisione di 50 capre per ritorsione. 40 Le persone anziane raccontavano che la doratura della statua fosse stata poi scorticata alcuni anni dopo da alcuni restauri napoletani. A riprova della verità del fatto, inoltre, erano soliti aggiungere che se si guardava con attenzione la statua di S. Antonio si riusciva a vedere il luccichio dell'antica doratura. Il racconto integrale è riportato nel n. 3, anno II (1970) di Campana Sprint , ciclostilato pubblicato in paese tra il 1969-71. 41 Del fatto si è anche parlato prima. Dovrebbe trattarsi, infatti, del brigante Andrea Todaro ucciso nel marzo 1866, di cui abbiamo seguito la vicenda anche attraverso il periodico Il Martello . 31


CAPITOLO DODICESIMO

QUOTIZZAZIONI COMUNALI E VICENDE DI FINE OTTOCENTO

La legge del 1° settembre 1806 emanata dai francesi sulla ripartizione dei terreni già feudali o appertenuti ai luoghi pii e diventati demaniali, venne salutata con entusiasmo dalla gran massa dei contadini, che speravano finalmente di avere assegnato e coltivare in proprio un pezzo di terra sognando il lungo atteso riscatto sociale. Detta legge prevedeva che "I demani di qualsiasi natura, feudali o di chiesa, comunali o promiscui, saranno ripartiti ad oggetto di esser posseduti come proprietà libere di coloro, ai quali toccheranno" (art. 1). Inoltre "i terreni che in virtù di tale assegnazione ricaderanno alle Università, saranno ripartiti tra i cittadini col peso di corresponsione di un annuo canone proporzionato al valore delle terre" (art. 4); dette terre "divise in forza della presente legge, saranno proprietà libere dei cittadini, sotto il peso del canone" (art. 9). 1 Per l'applicazione della legge, il 23 ottobre 1809 venne anche costituita una Commissione per la divisione dei beni comunali. 2 Le cose avrebbero dovuto essere molto semplici, mentre in realtà l'attuazione pratica della ripartizione e della quotizzazione delle terre demaniali evidenziò presto l'impraticabilità dell'operazione in quanto i contadini non furono in grado di corrispondere alle clausole di assegnazione poste dal Decurionato. Il canone da pagare in contanti, infatti, era esoso per loro e la qualità del terreno non tutto coltivabile, per cui in molti vi rinunciarono in partenza. Altri, inizialmente più coraggiosi, in breve tempo furono costretti a fare marcia indietro in quanto, mancando di capitali liquidi, non furono in grado di garantirsi l'acquisto delle sementi e gli strumenti di lavoro per la coltivazione. Nè sortirono l'effetto desiderato i Monti frumentari, che, nati in ambiente ecclesiastico dopo il Concilio di Trento per favorire i contadini contro gli usurai, vennero poi rifondati e rilanciati dal governo borbonico con regio dispaccio del 17 ottobre 1781. 3 Nel giro di qualche anno quasi tutte le proprietà o restarono ai comuni, o vennero cedute a prezzi bassi ad altri proprietari, che incrementarono la consistenza dei propri fondi, facendo così fallire la conclamata riforma agraria. 4 In governo borbonico cercò di correre ai ripari imponendo divieti a lasciare le terre o minacciando di riprendere le terre abbandonate, ma i contadini continuarono ad alienare o abbandonare le terre perchè sprovvisti di ogni mezzo produttivo autonomo. Preferivano perciò cedere la quota e prestare l'opera al nuovo proprietario. 5 Gli stessi beni degli ex conventi e luoghi pii, con manovre di favore, finirono anch'essi in buona parte nelle mani di grossi proprietari terrieri a discapito perfino dei demani comunali. Nel 1837, per esempio, i fondi dell'ex convento S. Domenico, affidati con regia concessione al Convento Ospedale di S. Maria della Pace di Napoli, con regio decreto del 25 novembre di quell'anno, venivano venduti ai fratelli Bruno e Felice Antonio Giuranna di Umbriatico "per lo prezzo di duc. 8000 da essi offerto, da impiegarsi in acquisto di rendita sul gran libro del debito pubblico, e da vagliarsene l'esecuzione dall'Ordinario e sua curia".6 Nella circostanza insorse il sindaco Luigi Serafini, che, su sollecitazione del Sotto Intendente di Rossano e col supporto del Decurionato convocato allo scopo il 26 novembre 1837, rivendicò al Comune il possesso delle terre in causa nominando come legale difensore l'Avv. Giuseppe Orlandi di Cosenza. 7 In desiderio della terra, comunque, restava forte in tutti, per cui non mancarono i casi di usurpazioni dei demani. Abbiamo già ricordato come nel 1838 il sindaco Saverio Serra dovette intervenire contro Francesco Bonanno, Domenico Scarpino ed altri di Campana che si erano appropriati abusivamente di alcuni fondi comunali e dovette procedere in termini di legge contro Francesco Pugliese di Bocchigliero che aveva occupato un fondo in località Ficuzza. Più eclatanti erano stati - si ricordarà - i moti contadini del 1848, capeggiati dallo stesso sindaco Nicola Ausilio, ma il loro esito registrò un altro fallimento ed una serie di processi giudiziari a danno dei responsabili. In questo modo, il procrastinare il problema della concessione delle terre demaniali a condizioni più accessibili finì con l'aggravare ulteriormente le cose, in quanto i contadini a causa dell'eversione della feudalità e dell'avvio della nuova politica demaniale avevano perso anche i tradizionali e antichi diritti di usi civici prima goduti sulle terre comunali (legnatico, pascolo, glandatico, ecc.). L'avvenuta unità d'Italia ed il tentativo di favorire la concessione di piccole proprietà non portò sostanziali cambiamenti anche se il nuovo governo nell'intento di reperire mezzi finanziari per sanare il bilancio usò una politica molto larga fino a legalizzare lo stesso diritto di proprietà degli occupanti illegittimi con la "conciliazione preventiva" (il metodo del "condono" ante litteram), purchè fosse pagato un canone al Comune. Inoltre vennero sospese le vertenze contro i presunti usurpatori del demanio ogni qualvolta il Comune non fosse stato in grado di provare la demanialità del fondo e nei casi di "occupazione trentennale senza molestia od occupazione decennale con giusto titolo e buona fede". 8 Un caso simile vide coinvolti a Campana i proprietari Giuseppe Serafini fu Nicola e Giuseppe Cundari, accusati di usurpazione di un comprensorio di terra comunale in località Incavallicata. A dirimere il contenzioso il Prefetto di Cosenza, con uffici del 16 settembre (n. 128) e del 1° novembre 1862 (n. 277), inviò l'agente demaniale


Beniamino Parvolo, che il 14 novembre successivo convocò gli interessati alla presenza di D. Domenico Manfredi, consigliere delegato del Comune. Dal sopraluogo effettuato non risultò alcuna usurpazione. Così si legge nel Verbale di verifica: "Il fondo Incavallicata Demanio Comunale riportato sotto il n. 154, sez. D del Catasto Provvisorio di Campana ha sofferto varie usurpazioni rilevate nel Verbale dell'ex Decurionato del giorno 24 maggio 1861, usurpazioni di non troppo antica data, commesse de' proprietari Signori D. Giuseppe Cundari e D. Giuseppe Serafini. Il Comune chiede formalmente essere reintegrati ne' suoi dritti". 9 Alla luce delle prove apparve evidente che non si trattava affatto di usurpazioni. Il Serafini, in particolare, dichiarò "che il comprensorio di terra da lui posseduto confinante colla Difesa Incavallicata e denominato propriamente Serra del Portile e Caporossa è di proprietà sua da meglio che venti anni dietro, come risulta da' rispettivi titoli di acquisto di cui si esibiscono copie debitamente autenticate". 10 Pur con queste chiarifiche doverose, lo Stato unitario perseguì una politica favorevole alla quotizzazione dei demani. Con legge 1° gennaio 1861 furono istituiti i Commissari ripartitori allo scopo di dirimere in breve tempo (un anno) la complessa problematica. Ma le operazioni si svolsero tra mille ostacoli in un'atmosfera spesso turbata da agitazioni popolari, per cui la giurisdizione tornò ai Prefetti di provincia, che, in applicazione del decreto napoleonico del 3 dicembre 1808 avviarono i nuovi tentativi di quotizzazione dei demani aprendo nei Comuni le iscrizioni alle offerte per ottenere una propria quota di terra da coltivare.

1.

Quotizzazione del 1866-67

La prima vera quotizzazione del demanio comunale di Campana si ebbe tra il 1866-67. Le operazioni per la presentazione delle domande di concessione, indette dal Prefetto di Cosenza con ordinanza dell'8 novembre 1866, si svolsero dal 16 al 30 novembre successivo. Dalla Nota degli offerenti alle quote di questo Demanio rilasciata dal Segretario Municipale ai sensi dell'art. 30 Decreto 3 dicembre 1808 , conservata presso l'Archivio di Stato di Cosenza, si ricava che i richiedenti furono ben 261. 11 La quotizzazione interessò i fondi Foresta, Manche, Manche di Torracca, Minoccioli, S. Giovanni la Fontana, S. Marina per complessive 1118 tomolate, pari a 379 ettari e 73 are. Il sorteggio venne eseguito nella pubblica piazza il 26 ottobre 1867 dinanzi alla Giunta Municipale e con l'intervento dell'agente demaniale Saverio Bevilacqua nominato dal Prefetto. Il canone annuo da pagare dai partecipanti venne stabilito dalla Prefettura in 12 lire e 24 centesimi "franco di peso fondiario". 12 Su 261 richiedenti solo 207 furono ammessi alla concessione della quota, mentre 54 risultarono esclusi per motivi diversi. Ebbero assegnata la quota i seguenti partecipanti: 1. Benevento Caterina fu Antonio, anni 40, filatrice, nulla tenente, ammessa perchè madre di figli poveri: località Manche di Torracca. 2. Costantino Giuseppe fu Lorenzo, anni 29, agricoltore, nulla tenente, ammesso perchè giovane di famiglia povera: Minoccioli. 3. Sposato Giovanni fu Vincenzo, anni 21, agricoltore, ammesso perchè giovane di famiglia povera: Manche Torracca. 4. Grano Teresa fu Andrea, anni 39, filatrice, nulla tenente, ammessa perchè madre di figli poveri: S. Giovanni la Fontana. 5. Barretta Luigi fu Francesco, anni 68, fabro, ammesso perchè capo di famiglia: Foresta. 6. Spina Caterina fu Vincenzo, anni 36, filatrice, nulla tenente, ammessa perchè madre di figli minori non possidenti: Manche Torracca. 7. Ruperto Saverio, esposito, anni 32, manovale, nulla tenente, ammesso perchè capo di famiglia povera: Manche 8. Parrotta Vincenzo fu Pasquale, anni 43, contadino, nulla tenente, ammesso perchè capo di famiglia povera: Manche di Torracca. 9. Ionfrido Domenico di Vincenzo, anni 30, contadino, nulla tenente, ammesso perchè capo di famiglia povero: Foresta. 10. Ioverno Saverio fu Vincenzo, anni 44, contadino, nulla tenente, ammesso perchè capo di famiglia povera: Foresta. 11. Astorino Filippo fu Nicola, anni 54, contadino, nulla tenente, ammesso perche capo di famiglia povera: S. Giovanni la Fontana. 12. Carvelli Domenico di Antonio, anni 33, contadino, n. t., ammesso perchè capo di famiglia povera: Minoccioli. 13. Sicilia Giuseppe, anni 52, muratore, n. t., ammesso perchè capo di famiglia povera: Manche. 14. Maiorino Nicola fu Vincenzo, anni 30, bracciante, ammesso perchè capo di famiglia povera: Manche. 15. Rossano Vincenzo fu Pasquale, anni 38, bracciante, ammesso perche capo di famiglia povera: Manche Torracca. 16. Madera Domenico fu Saverio, anni 19, bracciante, ammesso come giovane di famiglia nulla tenente: Manche. 17. Spina Francesco fu Gennaro, anni 63, civile, ammesso come nulla tenente: S. Marina. 18. Viviano Vito Antonio fu Saverio, anni 50, bracciante, ammesso come capo di famiglia povera: Minoccioli. 19. Marino Tommaso fu Domenico, anni 59, bracciante, n. t., ammesso come capo di famiglia povera: S. Giovanni la Fontana. 20. Serafini Giuseppe fu Salvatore, anni 34, agricoltore, ammesso come capo di famiglia piccolo possidente: S. Marina. 21. Madera Virginia fu Tommaso, anni 40, filatrice, n. t., ammessa come madre di figli non possidenti: Manche. 22. Viola Antonio, anni 48, calzolaio n. t., ammesso come nulla tenente: Manche. 23. Guerra Virginia fu Francesco, anni 22, filatrice, n. t., ammessa come madre di figli non possidenti: Manche


24. De Martino Vincenzo fu Luigi, anni 23, agricoltore, ammesso perchè giovane di famiglia piccolo possidente: Manche Torracca. 25. Ioverno Luigi di Pasquale, anni 28, pastore, ammesso perchè giovane di famiglia piccolo possidente: Foresta. 26. De Marco Raffaele fu Antonio, anni 37, bracciante, ammesso perchè giovane di famiglia piccolo possidente: Minoccioli. 27. Costantino Domenico fu Pietro, anni 41, agricoltore, ammesso perchè capo di famiglia povera: Manche Torracca. 28. Parrotta Lorenzo, anni 33, bracciante, n. t., ammesso perchè capo di famiglia nulla tenente: Foresta. 29. Serafini Francesco fu Domenico, anni 44, bracciante, ammesso perchè capo di famiglia nulla tenente: Minoccioli. 30. Spina Domenico fu Vincenzo, anni 34, bracciante, ammesso perchè capo di famiglia nulla tenente: Foresta. 31. Ruperto Saverio, anni 37, sarto, ammesso perchè capo di famiglia nulla tenente: Manche di Torracca. 32. Scalambrino Saverio, di Gennaro, anni 35, vaticale, ammesso perchè capo di famiglia nulla tenente: Foresta. 33. Manfredi Domenico fu Luigi, anni 50, bracciante, ammesso perchè capo di famiglia nulla tenente: Manche di Torracca. 34. Guerra Francesco fu Nicola, anni 40, pastore, ammesso perchè capo di famiglia nulla tenente: Foresta. 35. Ausilio Leonardo fu Giacinto, anni 32, barbiere, ammesso perchè capo di famiglia nulla tenente: S. Giovanni la Fontana. 36. Costantino Nicola fu Saverio, anni 9, bracciante, n. t., ammesso perchè giovane di famiglia nulla tenente: Manche. 37. Madera Francesco fu Pietro, anni 29, bracciante, n. t., ammesso perchè capo di famiglia nulla tenente: S. Marina. 38. Viola Giuseppe fu Vincenzo, anni 44, bracciante, ammesso perchè capo di famiglia nulla tenente: Minoccioli. 39. Guerra Saverio fu Nicola, anni 38, bracciante, ammesso perchè capo di famiglia nulla tenente: Foresta. 40. Germinara Pasquale di Antonio, anni 40, bracciante, ammesso perchè capo di famiglia nulla tenente: Foresta. 41. Groccia Angelo fu Giuseppe, anni 23, bracciante, ammesso perchè capo di famiglia nulla tenente: Minoccioli. 42. Rocca Leonardo, anni 48, fabro, n. t., ammesso perchè di famiglia nulla tenente: Manche di Torracca. 43. Ioverno Giuseppe, anni 36, bracciante, ammesso perchè di famiglia nulla tenente: Manche. 44. Scalise Domenico fu Antonio, anni 39, bracciante, ammesso perchè di famiglia nulla tenente: S. Marina. 45. Sciarrotta Pietro fu Giacinto, anni 46, pastore, ammesso perchè possidente di piccolissima proprietà: Manche di Torracca. 46. Parrotta Domenico di Carlo, anni 30, bracciante, ammesso perchè capo di famiglia povera: Foresta. 47. Greco Emanuele fu Simone, anni 39, bracciante, ammesso perchè capo di famiglia povera: Manche. 48. Manfredi Nicola fu Giuseppe, anni 30, bracciante, ammesso perchè capo di famiglia povera: Manche di Torracca. 49. Caccuri Tommaso fu Domenico, anni 48, vaticale, ammesso perchè capo di famiglia povera: Minoccioli. 50. Capocasale Gaetano fu Vincenzo, anni 24, fabro, ammesso perchè piccolo possidente: Foresta. 51. Scalambrino Pietro fu Domenico, anni 52, bracciante, ammesso perchè povero: Manche. 52. Cosenza Giacinto fu Pietro, anni 70, mugnaio, ammesso perchè povero: S. Marina. 53. Tucci Giuseppe fu Vincenzo, anni 25, falegname, n. t., ammesso perchè giovane di nulla tenenza: Manche di Torracca. 54. Benevento Filippo, anni 60, mugnaio, n. t., ammesso perchè capo di famiglia povera: Minoccioli. 55. Caliò Domenico fu Saverio, anni 26, bracciante, n. t., ammesso perchè giovane di famiglia nulla tenente: S. Giovanni la Fontana. 56. Papparella Caterina fu Brigida, anni 38, filatrice, n. t., ammessa perchè madre di figli poveri: Manche. 57. Patera Francesco fu Giuseppe, anni 56, vaticale, n. t., ammesso perchè capo di famiglia povero: Manche di Torracca. 58. Scalambrino Francesco fu Giuseppe, anni 40, bracciante, n. t., Ammesso per gli eredi e per questo la tutrice: Foresta. 59. Grilletta Leonardo (Lorenzo) fu Francesco, anni 63, bracciante, rendita £. 2.60, ammesso perchè povero e capo di famiglia: Foresta (?). 60. Todaro Giuseppe fu Saverio, anni 26, bracciante, n. t., ammesso come giovane di famiglia nulla tenente: Foresta. 61. Carvelli Rocco fu Rosario, anni 46, sellaro, rendita £. 6, ammesso perchè capo di famiglia piccolo possidente: Manche. 62. Coco Giambattista fu Paolo, anni 44, ferraro, n. t., ammesso perchè capo di famiglia nulla tenente: Foresta. 63. Cannata Giovanni fu Giacinto, anni 46, bracciante, n. t., ammesso perchè povero: Manche. 64. Sicilia Francesco fu Domenico, anni 35, bracciante, n. t., ammesso perchè capo di famiglia nulla tenente: Manche di Torracca. 65. Sblendido Domenico fu Antonio, anni 48, vaccaro, n. t., ammesso perchè capo di famiglia povero: Manche di Torracca. 66. Sicilia Francesco fu Giuseppe, anni 29, bracciante, n. t., ammesso perchè capo di famiglia povero: Manche. 67. Parise Vincenzo fu Giuseppe, anni 43, bracciante, n. t., ammesso perchè capo di famiglia povero: Minoccioli. 68. Rossano Luigi di Domenico, anni 30, pastore, n. t., ammesso perchè capo di famiglia povero: Manche di Torracca. 69. Grillo Giovanni, anni 21, bracciante, n.t., ammeso perchè giovane di famiglia povera: Foresta. 70. Cosenza Tommaso fu Filippo, anni 33, vaccaro, n. t., ammesso perche capo di famiglia povero: Foresta. 71. Scalambrino Giuseppe fu Vincenzo, anni 15, bracciante, n. t., ammesso perchè giovane di famiglia povera: Minoccioli. 72. Costantino Vittoria fu Lorenzo, anni 24, filatrice, rendita £. 2, ammessa perchè madre di figli poveri: Manche. 73. Viola Pietropaolo fu Francesco, anni 46, calzolaio, n. t., ammesso perchè capo di famiglia povera: Manche. 74. Viola Alfonso di Raffaele, anni 35, sarto, n. t., ammesso perchè capo di famiglia povera: Manche di Torracca. 75. Viola Alfonso tutore di minori Luzzi, anni 35, sarto, n. t., ammesso per i minori Domenico e Giuseppe Luzzi poveri: Minoccioli. 76. Perricone Giovanni fu Ferdinando, anni 61, calzolaio, n. t., ammesso perchè capo di famiglia povera: S. Marina. 77. Succurre Lorenzo fu Antonio, anni 44, mugnaio, n. t., ammesso perchè capo di famiglia povera: Minoccioli. 78. Parrotta Francesco di Gennaro, anni 43, mugnaio, n. t., ammesso perchè capo di famiglia povera: Manche di Torracca. 79. Grillo Caterina vedova, filatrice, n. t., ammessa perchè capo di famiglia povera: Minoccioli. 80. Greco Pasquale fu Pasquale, anni 22, bracciante, n. t., ammesso perchè giovane di famiglia povera: Minoccioli. 81. Benevento Saverio fu Giuseppe, anni 24, bracciante, n. t., ammesso perchè capo di famiglia povera: Minoccioli. 82. Scalise Saverio Ceglie, anni 53, bracciante, rendita £. 2, ammesso perchè povero: Manche. 83. Amadeo Giuseppe Antonio, anni 54, falegname, rendita £. 4, ammesso per gli eredi: Manche di Torracca. 84. Ruperto Giovanni, anni 35, calzolaio, n. t., ammesso perchè capo di famiglia povera: Foresta.


85. Viola Rosa fu Pietropaolo, anni 50, filatrice, n. t., ammessa perchè madre di figli poveri: Manche di Torracca. 86. Perricone Ignazio di Giovanni, anni 31, calzolaio, rendita £. 2.10, ammesso perchè capo di famiglia povera: Minoccioli. 87. Parrotta Francesco fu Nicola, anni 50, bracciante, n. t., ammesso perchè capo di famiglia povera: Manche di Torracca. 88. Tridico Vincenzo fu Nicola, anni 47, forese, n. t., ammesso perchè capo di famiglia povera: Foresta. 89. Parrotta Annunziato fu Nicola, anni 59, forese, n. t., ammesso per i figli perchè capo di famiglia povera: Manche di Torracca. 90. Greco Tommaso fu Pasquale, anni 25, forese, rendita £. 2, ammesso perchè capo di famiglia povera: S. Giovanni la Fontana. 91. Marino Carmelo fu Marcello, anni 53, civile, n. t., ammesso perchè capo di famiglia povera: Foresta. 92. Madera Giacomo fu Vincenzo, anni 46, bracciante, n. t., ammesso perche capo di famiglia povera: S. Giovanni la Fontana. 93. Capocasale Lucia fu Vincenzo, anni 50, filatrice, n. t., ammessa perchè madre di figli poveri: Foresta. 94. Carvelli Demetrio fu Rosario, anni 48, sellaro, rendita £. 5, ammesso perchè capo di famiglia povera: Manche. 95. Costantino Pasquale fu Antonio, anni 46, bracciante, n. t., ammesso perchè capo di famiglia povera: Minoccioli. 96. Cosenza Pietro fu Francesco, anni 21, bracciante, n. t., ammesso perchè giovane di famiglia povera: Foresta. 97. Scafoglio Giuseppe fu Vincenzo, anni 40, bracciante, n. t., ammesso perchè capo di famiglia povera: Minoccioli. 98. Ferraro Vincenzo fu Luca, anni 22, bracciante, n. t., ammesso perchè giovane povero: Foresta. 99. Parrotta Carlo fu Nicola, anni 26, brecciante, rendita £. 2, ammesso perchè giovane povero: S. Marina. 100. Spina Pasquale di Francesco, anni 40, bracciante, rendita £. 2, ammesso perchè capo di famiglia povera: Manche di Torracca. 101. Mingrone Giuseppe fu Pasquale, anni 34, bracciante, n. t., ammesso perchè povero: S. Marina. 102. Ferraro Daniele fu Antonio, anni 26, bracciante, rendita £. 3, ammesso perchè giovane di famiglia povero: Manche di Torracca. 103. Affatato Vittoria, anni 29, filatrice, n. t., ammessa perchè madre di un figlio nulla tenente: Minoccioli. 104. Cerenzia Michele fu Vito, anni 40, fabro, rendita £. 10, ammesso perchè capo di famiglia piccolo possidente: S. Marina. 105. Viola Antonio fu Francesco, anni 25, calzolaio, n. t., ammesso perchè povero: Manche. 106. Rovito Virginia fu Domenico, anni..., filatrice, n. t., ammessa perchè madre di figli poveri: Minoccioli. 107. Patera Pasquale fu Nicola, anni..., bracciante, n. t., ammesso perchè povero: Minoccioli. 108. Murano Maria di Pasquale, anni 40, filatrice, n. t., ammessa perchè madre di figli poveri: Minoccioli. 109. Sciarrotta Lorenzo fu Vincenzo, anni 50, bracciante, n. t., ammesso perchè padre di famiglia povera: Manche. 110. Benevento Raffaele fu Cristoforo, anni 50, bracciante, n. t., ammesso perchè povero: Manche di Torracca. 111. Benevento Pasquale fu Vincenzo, anni 36, bracciante, n. t., ammesso perchè capo di famiglia nulla tenente: Manche di Torracca. 112. Acri Susanna fu Santo, anni 54, filatrice, n. t., ammessa perchè madre di figli poveri: Foresta. 113. Sblendido Andrea fu Antonio, anni 27, bracciante, n. t., ammesso perchè capo di famiglia nulla tenente: Foresta. 114. Abbenante Ignazio fu Saverio, anni 52, bracciante, n. t., ammesso perchè capo si famiglia nulla tenente: Minoccioli. 115. Rovito Vincenzo fu Antonio, anni ..., bracciante, rendita £. 4.50, ammesso perchè povero: Foresta. 116. Sciarrotta Rosa, anni 42, filatrice, n. t., ammessa perchè madre di figli poveri: Minoccioli. 117. Urso Pasquale fu Francesco, anni..., bracciante, n. t., ammesso perchè capo di famiglia povero: S. Marina. 118. Spina Giacinto fu Antonio, anni 53, bracciante, n. t., ammesso perchè capo di famiglia povera: Foresta. 119. Allevato Rosario fu Vincenzo, anni 38, bracciante, n. t., ammesso perchè capo di famiglia povera: Minoccioli. 120. Caliò Domenico fu Teresa, anni 34, bracciante, n. t., ammesso perchè capo di famglia povera: Manche. 121. Madera Vincenzo fu Domenico, anni 34, bracciante, n. t., ammesso perchè capo di famigla povera: Minoccioli. 122. Caligiuri Francesco fu Nicola, anni 50, bracciante, n. t., ammesso perchè capo di famiglia povera: Minoccioli. 123. Maiorano Andrea, anni 36, pastore, n. t., ammesso perchè capo di famiglia povera: Foresta. 124. Galluzzo Pietro fu Fortunato, anni 32, bracciante, n. t., ammesso perchè capo di famiglia povera: Manche. 125. Marino Luigi di Tomaso, anni 23, bracciante, n. t., ammesso perchè giovane capo di famiglia povero: Manche. 126. Cerenzia Domenico fu Vito, anni 43, pellettiere, rendita £. 6, ammesso perchè capo di famiglia povera: Foresta. 127. Grano Nicola fu Giuseppe, anni 30, bracciante, n. t., ammesso perchè giovine povero: S. Marina. 128. Grano Virginia madre di figli, anni 40, filatrice, n. t., ammessa perchè povera: Manche di Torracca. 129. Sblendido Luigi fu Pietro, anni 35, bracciante, n. t., ammesso perchè capo di famiglia povero: Minoccioli. 130. Aprigliano Giuseppe fu Francesco, anni 35, bracciante, n. t., ammesso perchè capo di famiglia povero: Minoccioli. 131. Tridico Saverio di Giuseppe, anni 40, bracciante, rendita £. 2, ammesso perchè capo di famiglia povero: Minoccioli. 132. Lautieri Saverio, anni 50, bracciante, n. t., ammesso perchè capo di famiglia povero: non risulta il fondo. 133. Straface Salvatore fu Francesco, anni 40, bracciante, n. t., ammesso perchè capo di famiglia povero: Manche di Torracca. 134. Grillo Saverio fu Saverio, anni 24, bracciante, n. t., ammesso perchè capo di famiglia povero: Minoccioli. 135. Urso Saverio fu Santo, anni 50, bracciante, . t., ammesso perchè povero: Foresta. 136. Auslio Luigi fu Vincenzo, anni 35, vaticale, rendita £. 7.40, ammesso perchè capo di famiglia piccoolo possidente: Foresta. 137. Palopoli Agostino fu Pasquale, anni 40, bracciante, n. t., ammesso perchè capo di famiglia povero: Minoccioli. 138. Parrotta Antonio fu Donato, anni 45, pastore, n. t., ammesso perche capo di famiglia povero: Foresta. 139. Benevento Vincenzo fu Fabrizio, anni 25, mugnaio, rendita £. 4, ammesso perchè giovane di famiglia povera: Foresta. 140. Grillo Saverio fu Giuseppe, anni 28, bracciante, n. t., ammesso perchè capo di famiglia povero: Manche di Torracca. 141. Germinara Domenico fu Pietro, anni 45, pastore, n. t., ammesso perchè capo di famiglia povero: Foresta. 142. Barretta Teresa madre di figli minori, anni 40, filatrice, n. t., ammessa come madre di figli poveri: Minoccioli. 143. Caruso Domenico fu Giovanni, anni 30, bracciante, n. t., ammesso perchè capo di famiglia povero: Foresta. 144. Scavello Serafina fu Vincenzo, anni 35, filatrice, n. t., ammessa pei figli poveri: Minoccioli.


145. Rossano Antonio fu Pasquale, anni 30, bracciante, n. t., ammesso perchè capo di famiglia povero: Minoccioli. 146. Caccuri Bruno, anni 32, bracciante, rendita £. 2.20, ammesso perchè capo di famiglia povero: Minoccioli. 147. Fiorito Pasquale, anni 37, bracciante, n. t., ammesso perche capo di famiglia povero: Minoccioli. 148. Chiarelli Donato fu Saverio, anni 40, bracciante, n. t., ammesso perchè capo di famiglia povero: Manche di Torracca. 149. Urso Laura fu Pietro, anni 24, filatrice, n. t., ammessa pel figlio: Manche di Torracca. 150. Fontana Francesca, anni 32, filatrice, n. t., ammessa perchè povera: Manche di Torracca. 151. Palopoli Elisabetta, anni 35, filatrice, n. t., ammessa perchè povera: Minoccioli. 152. Rossano Francesco fu Fortunato, anni 30, bracciante, n. t., ammesso perchè capo di famiglia povero: Manche di Torracca. 153. Cosenza Pietro fu Vincenzo, anni 15, bracciante, n. t., ammesso perchè giovane di famiglia povera: Manche. 154. Benevento Nicola fu Pietro, anni 32, bracciante, n. t., ammesso perchè capo di famiglia povero: Minoccioli. 155. Straface Saverio fu Domenico, anni 36, bracciante, n. t., ammesso perchè capo di famiglia povero: Manche. 156. Straface Stefano fu Vincenzo, anni 25, bracciante, n. t., ammesso perchè capo di famiglia povero: Foresta. 157. Palopoli Pasquale fu Domenico, anni 30, bracciante, n. t., ammesso perchè apo di famiglia povero: S. Giovanni la Fontana. 158. Ausilio Giuseppe fu Michele, anni 50, bracciante, n. t., ammesso perchè capo di famiglia povero: Manche di Torracca. 159. Sicilia Antonio di Giuseppe, anni 25, manovale, n. t., ammesso perchè giovane di famiglia povero: Manche. 160. Sicilia Leonardo fu Giuseppe, anni 30, bracciante, n. t., ammesso perchè capo di famiglia povero: Manche. 161. Guerra Pasquale fu Nicola, anni 40, pastore, n. t., ammesso perchè capo di famiglia povero: S. Marina. 162. Talerico Elisabetta, anni 30, filatrice, n. t., ammessa per i figli minori perchè povera: Foresta. 163. Affatato Giuseppe fu Paolo, anni 50, bracciante, n. t., ammesso perchè capo di famiglia povero: Manche di Torracca. 164. Barretta Pasquale, anni 36, bracciante, n. t., ammesso perchè capo di famiglia povero: Minoccioli. 165. Caliò Luigi fu Teresa, anni 34, bracciante, n. t., ammesso perchè capo di famiglia povero: Minoccioli. 166. Bonanno Pasquale fu Vincenzo, anni..., bracciante, n. t., ammesso perchè capo di famiglia povero: Minoccioli. 167. Rocca Francesco fu Luigi, anni 35, bracciante, n. t., ammesso perchè capo di famiglia povero: Foresta. 168. Rovito Salvatore di Francesco, anni 34, vaticale, n. t., ammesso perchè capo di famiglia povero: Minoccioli. 169. Aprigliano Carlo fu Bruno, anni 54, bracciante, rendita £. 1, ammesso perchè capo di famiglia povero: Manche di Torracca. 170. Cundari Francesco e Domenico fu Nicola, braccianti, n. t., ammessi perchè giovani di famiglia poveri: Minoccioli. 171. Patera Vincenzo fu Pietro, anni 51, bracciante, n. t., ammesso perchè capo di famiglia povero: Minoccioli. 172. Ionfrida Nicola fu Domenico, anni 42, bracciante, n. t., ammesso perchè povero: Manche di Torracca. 173. Rizzuti Rosa fu Antonio, anni 38, filatrice, n. t., ammessa perchè madre di figli nulla tenente: S. Marina. 174. Maccarrone Luigi e figli fu Vincenzo, anni 36, bracciante, n. t., ammesso perchè capo di famiglia nulla tenente: Foresta. 175. Ioverno Antonio fu Pasquale, anni 39, pastore, n. t., ammesso perchè capo di famiglia nulla tenente: Minoccioli. 176. Palopoli Nicola, anni 39, bracciante, n. t., ammesso perchè capo di famiglia nulla tenente: Foresta. 177. Sicilia Pasquale, anni 54, bracciante, n. t., ammesso perchè capo di famiglia nulla tenente: Minoccioli. 178. Grillo Pasquale, anni..., bracciante, n. t., ammesso perchè capo di famiglia nulla tenente: Foresta. 179. Talerico Giuseppe, anni ..., bracciante, n. t., ammesso perchè capo di famiglia nulla tenente: S. Marina. 180. Madera Nicola di Giuseppe, anni 30, bracciante, n. t., ammesso perchè capo di famiglia nulla tenente: Foresta. 181. Lautieri Antonio fu Nicola, anni 34, bracciante, n. t., ammesso perchè capo di famiglia nulla tenente: S. Giovanni la Fontana. 182. Rossano Giuseppe fu Emiddio, anni 44, agricoltore, rendita £. 4, ammesso perchè capo di famiglia povera: Minoccioli. 183. Greco Pasquale alias Tapparella, anni 47, bracciante, n. t., ammesso perchè capo di famiglia povera: Foresta. 184. Basta Giuseppe fu Nicola, anni 56, bracciante, n. t., ammesso perchè apo di famiglia povera: Manche. 185. Viviano Saverio fu Francesco, anni 24, bracciante, n. t., ammesso perchè capo di famiglia povera: Manche. 186. Germinara Saverio fu Giuseppe, anni 40, pastore, n. t., ammesso perchè capo di famiglia povera: Manche. 187. Ionfrida Domenico, anni ..., bracciante, n. t., ammesso perchè capo di famiglia povera: Manche. 188. Grillo Emiddio fu Antonio, anni 27, bracciante, n. t., ammesso: Manche di Torracca. 189. Rossano Agostino fu Gennaro, anni ..., bracciante, n. t., ammesso: Manche. 190. Parrotta Antonio di Domenico, anni 39, pastore, n. t., ammesso: Foresta. 191. Benevento Tommaso Maione, anni 40, bracciante, n. t., ammesso: Foresta. 192. Rovito Teresa di Francesco, anni 37, filatrice, n. t., ammessa perchè madre di figli poveri: Minoccioli. 193. Spina Francesco fu Vincenzo, anni 32, bracciante, n. t., ammesso perchè capo di famiglia nulla tenente: Manche di Torracca. 194. Spina Rosa, fu Vincenzo, anni 21, filatrice, n. t., ammessa perchè capo di famiglia nulla tenente: Manche di Torracca. 195. Manfredi Caterina fu Domenico, anni 30, filatrice, n. t., ammessa perchè capo di famiglia nulla tenente: Manche. 196. Benevento Virginia fu Andrea, anni 52, filatrice, n. t., ammessa perchè capo di famiglia nulla tenente: S. Giovanni la Fontana. 197. Benevento Cataldo fu Francesco, anni 31, bracciante, n. t., ammesso perchè capo di famiglia povera: Minoccioli. 198. Scavello Pasquale, anni..., bracciante, n. t., ammesso perchè capo di famiglia povera: Manche di Torracca. 199. Greco Domenico fu Pasquale, anni ..., bracciante, n. t., ammesso perchè capo di famiglia povera: Foresta. 200. Patera Antonio fu Vincenzo, anni 38, agricoltore, n. t., ammesso pei figli minori di Nicola Cozzetto perchè capo di famiglia povera: Foresta. 201. Patera Pasquale, Francesco e Domenico fu Vincenzo, rendita £. 15, ammessi per loro perchè capi di famiglia povera: Foresta. 202. Parise Nicola e fratelli, anni 16, calzolaio, ammessi perchè nulla tenenti: Manche. 203. Amosino Mariangela, anni 40, filatrice, n. t., ammessa perchè madre di figli nulla tenenti: Manche di Torracca. 204. Piro Domenico fu Pasquale, anni 40, bracciante, ammesso perchè nulla tenente: Manche di Torracca.


205. Greco Lucrezia fu Saverio, anni 38, filatrice, ammessa perchè madre di figli nulla tenente: Foresta. 206. Parrotta Virginia fu Nicola, anni 34, filatrice, ammessa perchè madre di figli nulla tenente: Minoccioli. 207. Tosto Giovanni, anni 50, muratore, ammesso perchè capo di famiglia nulla tenente: Foresta.

***** Al contrario dei precedenti, la richiesta di concessione della quota venne negata con relativa motivazione ai seguenti nominativi: 1. Greco Vincenzo fu Giuseppe, anni 35, bracciante, escluso perchè s'ignora. 2. Greco Agostina, anni 70, filatrice, esclusa perchè mancando di maschio in famiglia non vi ha chi coltivarla. 3. Ruperto Acheropita fu Rocco, anni 60, filatrice, esclusa perchè unica data invece a suo figlio riportato al n. 95 (nell'elenco precedente al n. 84). 4. Rossano Matteo fu Emidio, anni 53, agricoltore, escluso perchè possidente. 5. Lerose Maria fu Diego, anni 58, filatrice, esclusa perchè mancando di maschio non va chi coltivarla. 6. Sciarrotta Vincenzo fu Nicola, anni 53, agricoltore, escluso perchè possidente. 7. Grillo Teresa di Virginia, anni 18, filatrice, esclusa perchè unica femina. 8. Cosentino Nicola fu Domenico, anni 62, agricoltore, escluso perchè possidente. 9. Fiorentino Innocenza fu Domenico, anni 20, filatrice, esclusa perchè unica femina. 10. Madera Caterina fu Domenico, anni 38, filatrice, esclusa perchè unica femina. 11. Ausilio Maria fu Pasquale, anni 40, filatrice, esclusa perchè unica femina. 12. Germinara Bartolo fu Pietro, anni 14, rendita £. 3, escluso perchè giovane di famiglia piccolo possidente. 13. Urso Rosa fu Fortunato, anni 38, filatrice, rendita £. 2.40, esclusa perchè femina senza figli. 14. Urso Elisabetta fu Pietro, anni 32, filatrice, esclusa perchè femina senza figli. 15. Grilletta Domenico fu Tomaso, anni 26, agricoltore, rendita £. 60, escluso perchè possidente. 16. Pugliese Antonio fu Leonardo, anni 55, bottegaro, rendita £. 20, escluso perchè deceduto e la sua famiglia possidente. 17. Grillo Vittoria e suo figlio fu Santo, anni 54, filatrice, esclusa perchè femina ed il suo figlio zoppo ed incapace coltivarla. 18. Parrotta Rosa, anni ..., filatrice, esclusa perchè femina. 19. Papparella Teresa fu Domenico, anni 22, filatrice, esclusa perchè unica femina. 20. Bonanno Giuseppe e Vincenzo fu Francesco, braccianti, esclusi perchè s'ignorano. 21. Marino Francesca fu Marcello, anni 50, filatrice, esclusa perchè femina ed unica in famiglia. 22. Scavello Salvatore fu Gennaro, anni 50, bracciante, rendita £. 15.10, escluso perchè possidente. 23. Cundari Gaetano fu Giuseppe, anni 55, civile, rendita £. 150, escluso perchè possidente. 24. Spina Girolima fu VIncenzo, anni 28, filatrice, esclusa perchè morta. 25. Parise Vincenzo, anni 50, bracciante, escluso perchè incognito. 26. Grillo Saverio fu Saverio, anni 24, escluso perchè raddoppiato col numero 160 (cfr. n. 140 elenco precedente). 27. Sciarrotta Pietro fu Antonio, anni 50, possidente, rendita £. 45.20, escluso perchè possidente. 28. Costantino Maria fu Francesco, anni 30, filatrice, esclusa perchè femina ed unica di famiglia. 29. Papparella Maria fu Antonio, anni 25, filatrice, esclusa perchè femina e sola di famiglia. 30. Madera Pasquale di Gaetano, anni 25, vaticale, rendita £. 10, escluso perchè possidente. 31. Guerra Teresa fu Nicola, anni 40, filatrice, esclusa perchè data a suo figlio Domenico Madera. 32. Viola Maria Grazia di Raffaele, anni 32, filatrice, esclusa perchè data a suo figlio Ignazio Perricone. 33. Mingrone Girolima, anni 40, filatrice, esclusa perchè donata altrove. 34. Marino Giuseppina fu Marcello, anni 45, filatrice, esclusa perchè data a suo figlio Viviano Saverio. 35. Sciarrotta Giuseppe fu Giacinto, anni 36, possidente, rendita £. 10, escluso perchè possidente. 36. Pugliese Teresa fu Vincenzo, anni 32, filatrice, esclusa perchè data a suo figlio. 37. Viola Raffaele fu Salvatore, anni 60, sarto, escluso perchè data a suo figlio Viola Alfonso. 38. Pugliese Caterina fu Vincenzo, anni 15, filatrice, esclusa perchè sola in famiglia e femina. 39. Sicilia Vittoria fu Domenico, anni 50, filatrice, esclusa perchè femina. 40. Maiorano Antonio fu Bruno, anni 47, pastore, rendita £. 9.10, escluso perchè possidente. 41. Aprigliano Lorenzo fu Giuseppe, anni 40, agricoltore, rendita £. 9.30, escluso perchè possidente. 42. Talerico Francesco, anni 37, bottegaro, escluso perchè piccolo possidente. 43. Allevato Antonio fu Fedele, anni 29, agricoltore, rendita £. 16, escluso perchè piccolo possidente. 44. Ioverno Teresa fu Saverio, anni..., filatrice, esclusa perchè femina. 45. Rossano Luigi di Domenico, anni 28, pastore, escluso perchè raddoppiato al n. 76 (cfr. n. 68 elenco precedente). 46. Lerose Lucrezia, anni 60, filatrice, esclusa perchè femina ed inabile. 47. Viola Saveria fu Teresa, anni 46, filatrice, rendita £. 8, esclusa perchè possidente e femina. 48. Greco Vincenzo fu Salvatore, anni 54, rendita £. 20, escluso perchè possidente. 49. Sicilia Innocenza, anni 60, filatrice, esclusa perchè femina. 50. Urso Rosa fu Fortunato, anni 36, filatrice, rendita £. 2, esclusa come al n. 116 (cfr. n. 13 di questo elenco) perchè femina e senza figli. 51. Aprigliano Maria fu Arcangelo, anni 30, esclusa perchè data al marito Caruso Domenico al n. 174 (cfr. n. 143 del precedente elenco). 52. Ferraro Agostino fu Antonio, anni 50, ferraro, escluso perchè altrove domiciliato. 53. Parise Filomena di Maria, anni 20, filatrice, esclusa perchè data a suo marito Greco Domenico n. 248 (cfr. n. 199 del precedente elenco). 54. Parise Scipione fu Francesco, anni 70, bracciante, rendita £. 0.85, escluso perchè inabile.


***** Dal Verbale del 26 ottobre 1867, che riportamo per esteso, ricaviamo la procedura del sorteggio, intesa a non far torto a nessuno affidandosi alla sorte. "L'anno milleottocentosessantasette il giorno ventisei del mese di ottobre in Campana. La Giunta Municipale del suddetto Comune si è riunita nella Segreteria Comunale, con l'intervento dell'Agente Demaniale Signor Bevilacqua Saverio per procedere al sorteggio far' cittadini delle quote dei demanii comunali denominati Foresta, Manche, Manche di Torracca, Minoccioli, S. Giovanni la Fontana, Prebenda canonicale, ossia S. Marina a norma di quanto è stato disposto dal Signor Prefetto della Provincia con lettera al suddetto Agente del dì... n. .., e secondo era stato già annunziato con avvisi affissi al pubblico, e con bandi emanati per mezzo del servente comunale. Apertesi al pubblico le porte della sala delle riunioni del Consiglio, il suddetto servente ha replicate volte proclamato ad alta voce che andava ad eseguirsi il sorteggio delle quote, e che era libero a chiunque di potervi assistere. Risultando dai verbali e piante eseguite dai periti che le quote ascendono a duecentosette si sono fatte altrettante cartelle, sulle quali si sono scritti i nomi di eguale numero di cittadini che dal Consiglio Comunale con verbale del giorno 18 ottobre 1867 furono preferiti ed ammessi alla suddivisione, fra tutte quelle che avevano avanzate le loro domande alla Segreteria del Comune, e si sono riposte in un'urna. Si è fatto poi altro simile numero di cartelle sulle quali si sono scritti i numeri progressivi delle quote da uno fino a duecentosette con l'indicazione del demanio di cui ciascuna fa parte, e si sono riposte in un'altra urna. E' stato poi introdotto il ragazzo Nicola Viola di Alfonso prescelto per l'estrazione, il quale vi ha dato principio dietro che le due urne sono state più volte agitate alla presenza di tutti. Da quella ove sono i nomi dei quotisti si è estratta la prima cartella, sulla quale si è trovato scritto il nome di Cundari Francesco Domenico che è stato dal servente annunziato al pubblico ad alta voce, e quindi dall'altra urna si è estratta la cartella della quota che gli è ricaduta in sorte, ed è stata quella segnata col numero 152 dello Stato generale, appartenente al demanio Minoccioli e risultato si è segnato nel dietroscritto stato di sorteggio. Così si è proseguito per gli altri quotisti fino all'ultimo uscito dall'urna, che è stato Maccarrone Luigi fu Vincenzo, al quale è spettata la quota segnata col numero otto appartenente al demanio Foresta. Si sono infine avvertiti i concorrenti, che si sono trovati presenti al sorteggio, che la immessione in possesso avrà luogo dietro che dal Signor Prefetto in Consiglio di Prefettura sarà stata emessa l'ordinanza che approverà gli atti di quotizzazione. Di tutto si è redatto il presente verbale in doppio, sottoscritto dall'Agente demaniale, dai Componenti della Giunta, e dal Segretario Comunale. L'Agente demaniale: Saverio Belilacqua; il Sindaco: Nicola Santoro; gli assessori: De Martino, Cundari, Serra; il Segretario Comunale (illegibile)."

Il Verbale, fatto pervenire al Prefetto e da questi al Ministero di Agricoltura Industria e Commercio, venne approvato il 27 giugno 1868, rendendo oprativa la quotizzazione. Il Ministro così cominciò al Prefetto di Cosenza: "Firenze 11 luglio 1868. In udienza dei 27 del passato mese, S. M. il Re ha approvato l'Ordinanza emessa dalla S. V. ai 13 marzo ultimo per la quotizzazione dei demani del Comune di Campana denominati Foresta, Manche, S. Marina ed altri. Laonde io le partecipo siffatta Sovrana risoluzione per l'adempimento che ne deriva; e le restituisco il volume degli atti relativi, pervenutomi colla sua nota segnata al margine della presente. Il Ministro C. De Cesare". 13

2.

Verifica e riassegnazione delle terre (1872)

L'euforia del possesso della terra durò solo un paio d'anni perchè alle prime verifiche il reddito risultò per niente favorevole e molto spesso in perdita. Da qui è seguita l'impossibilità a corrispondere il previsto canone annuo con un conseguente attrasso di debito che diventava sempre più insostenibile, per cui alcuni quotisti subaffittarono la terra mantenendone la proprietà, mentre altri preferirono rinunciarvi. Da un Elenco del 7 aprile 1871 predisposto dalla Giunta Municipale del sindaco Demetrio Calvelli ben 79 quotisti risultano rinunciatari perchè impossibilitati a pagare il canone attrassato almeno da due anni. Si è trattato di Acri Susanna (Foresta), Amodeo Giuseppe ed eredi (idem), Amasino Mariangela (idem), Ausilio Giuseppe (idem), Affatato Giuseppe e figlio (idem), Benevento Filippo (Minoccioli), Barretta Luigi ed eredi (Foresta), Benevento Vincenzo (idem), Basta Giuseppe (Manche), Barretta Teresa (Minoccioli), Costantino Vittoria (Manche), Capocasale Lucia ed eredi (Foresta), Costantino Giuseppe (Minoccioli), Calvelli Rocco (Manche), Chiarelli Donato (Manche di Torracca), Costantino Domenico (idem), Capocasale Gaetano (Foresta), Coco Giambattista (idem), Fiorito Pasquale (Minoccioli), Ferraro Daniele (Manche Torracca), Grillo Emiddio (idem), Grano Teresa fu Andrea (S. Giovanni la Fontana), Grillo Saverio (Manche Torracca), Grillo Pasquale (Foresta), Germinara Domenico (idem), Greco Tommaso (S. Giovanni la Fontana), Groccia Angelo (Minoccioli), Greco Pasquale (idem), Grano Virginia (Manche Torracca), Grillo Caterina (Minoccioli), Guerra Virginia (Manche), Greco Domenico (Foresta), Ioverno Luigi (idem), Ioverno Saverio (idem), Marino Luigi (Manche), Manfredi Nicola (Manche Torracca), Maiorino Nicola (Manche), Madera Domenico (idem), Mingrone Giuseppe (S. Marina), Parrotta Vincenzo (Manche Torracca), Patera Pasquale (Foresta), Parrotta Annunziato ed eredi (Manche Torracca), Papparella Caterina (Manche), Palopoli Nicola (Foresta), Parrotta


Lorenzo (idem), Parrotta Antonio (idem), Rocca Francesco (idem), Rossano Vincenzo (Manche Torracca), Rossano Antonio Minoccioli), Ruperto Saverio (Manche Torracca), Rizzuto Rosa (S. Marina), Ruperto Giovanni (Foresta), Ruperto Francesco (Manche), Rovito Vincenzo (Foresta), Rossano Luigi (Manche Torracca), Spina Giacinto (Foresta), Sposato Giovanni (Manche Torracca), Straface Salvatore (idem), Sicilia Pasquale (Minoccioli), Spina Domenico (Foresta), Serafini Francesco e figlio (Minoccioli), Sblendido Andrea (Foresta), Sblendido Domenico (Manche Torracca), Spina Francesco (S. Marina), Spina Caterina (Manche Torracca), Spina Pasquale (idem), Sicilia Francesco (idem), Straface Saverio (Manche), Tridico Vincenzo (Foresta), Tosto Giovanni (idem), Todaro Giuseppe (idem), Talarico Giuseppe (S. Marina), Urso Pasquale (idem), Viviano Vitantonio (Minoccioli), Viola Antonio Esposito (Manche), Viola Antonio fu Francesco (idem), Viola Rosa (Manche Torracca), Viviano Saverio (Manche). 14 Il credito vantato dal Comune di Campana ammontava a £. 1465 e cent. 94. A quotisti rinunciatari sopra segnati se ne aggiunsero altri 27, i quali, comunque, avevano pagato il canone. Sono: Benevento Cristoforo (Manche Torracca), Benevento Pasquale (idem), Todaro Aquilina (Foresta), Costantino Pasquale (Minoccioli), Cosenza Tommaso (Foresta), De Martino Vincenzo (Manche Torracca), Grillo Giovanni (Foresta), Galluzzo Pietro (Manche), Germinara Saverio (idem), Greco Pasquale (Foresta), Ionfrida Nicola (Manche Torracca), Lautieri Antonio (S. Giovanni la Fontana), Lautieri Saverio (Manche Torracca), Benevento Caterina (idem), Parise Vincenzo (Minoccioli), Parrotta Francesco (Manche Torracca), Palopoli Pasquale (S. Giovanni la Fontana), Sicilia Leonardo (Manche), Scavello Pasquale (Manche Torracca), Pugliese Girolima (Foresta), Sciarrotta Pietro (Manche Torracca), Cerenzia Michele (S. Marina), Carvelli Demetrio (Manche), Caligiuri Francesco (Minoccioli), Marino Tommaso (S. Giovanni la Fontana), Tridico Saverio (Minoccioli), Parrotta Domenico (Foresta). 15 Il fenomeno della rinuncia massiccia alla terra preoccupò il Prefetto, che il 7 novembre 1872 provvide a nominare Cesare Leone agente demaniale con l'incarico di verificare la situazione. Fatto convocare d'urgenza il Consiglio Comunale allo scopo di "eliminare tutte le vertenze insorte tra il Comune ed i quotisti", veniva deciso di convocare nell'Ufficio Comunale con pubblico bando i quotisti interessati per la mattina di domenica 1° dicembre "per rispondere alle interpellanze che loro verranno fatte se intendono o pur no essere riammessi nel possesso delle rispettive quote in conformità del primitivo assegno". 16 Il giorno indicato, davanti all'agente demaniale e al f.f. di sindaco Nicola Ausilio, si presentarono Giovanni Pugliese (marito di Vittoria Costantino), Giuseppe Costantino, Rocco Carvelli, Francesco Caligiuri, Pasquale Costantino, Angelo Groccia, Giuseppina Mingrone, Vincenzo Parise fu Giuseppe, Caterina Papparella, Vincenzo Rovito, eredi Francesco Scalabrino, Francesco Sicilia fu Domenico, Saverio Tridico fu Giuseppe, Vitantonio Viviano, Gaetano Capocasale fu Vincenzo, Giovambattista Coco, Antonio Caruso, Aquilina Todaro fu Domenico, Virginia Guerra, Teresa Barretta, Pasquale Sicilia e Francesco Ruperto. Tutti dichiararono che "nella suddivisione di questi Demani Comunali toccò in sorte ad ognuno di essi una quota di terreno che oggi non godono per causa, chi di averla rinunciata, ed altri ne vennero espulsi dall'Amministrazione Comunale per avere attrassato alcune rate di pagamento del Canone". Gli uni e gli altri si dichiararono "pronti a soddisfare" il debito, ma mentre di alcuni furono accolte le domande di riammissione nel possesso, di altri furono respinte. In particolare furono respinte le istanze di Girolima Pugliese, tutrice dei minori di F. Scalabrino, V. Parise, P. Costantino, F. Caligiuri, S. Tridico, P. Sicilia, Lucrezia Benevento, vedova di Pietro Sciarrotta, A. Todaro, vedova di Domenico Cerenzia, A. Caruso, figlio di Lucia Capocasale, F. Ruperto, G.B. Coco, R. Carvelli, N. Parrotta perchè il loro scopo non è di coltivarle, ma "per venderle a dei speculatori proprietari per un tenuissimo prezzo". 17 Il provvedimento negativo venne contestato dall'agente demaniale ritenendolo ingiustificato e discriminatorio. Nè poteva essere probante il fatto che "il loro reclamo racchiudesse uno scopo occulto (rivendere ad altri la quota), mentre a nessuno è lecito entrare nel santuario della coscienza altrui". 18 Della cosa provvide ad informare il Prefetto Grossi, il quale, tramite sempre l'agente demaniale, l'8 gennaio 1873 impose al sindaco: "1° Reintegrare al Comune le quote abbandonate; 2° Obbligare gli altri quotisti a mettersi in corrente con Comune; 3° Rimettere gli altri quotisti nel possesso delle quote rispettive secondo lo stato, ordinando al Sindaco di lasciare immediatamente le Difese, perchè affitti non conosciuti, non approvati dalla Prefettura, anzi espressamente vietato; 4° Costatare la vendita delle quote, le quali, essendo nulle, perchè illegali, reintegrarle al Comune per riconsegnarle ad altri dopo che si avranno le offerte, dietro analogo bando". 19 Riunitosi il 15 gennaio successivo, il Consiglio Comunale deliberò di non aderire al provvedimento del Prefetto che reintegrava i vecchi proprietari, che vi avevano volontariamente rinunciato, in quanto non si potevano sciogliere i nuovi contratti di fitto autorizzati dal Sotto Prefetto del Circondario il 24 settembre 1871. Del resto, è detto nella delibera, "non sarebbe nè equo nè giusto che i fittuari dei Demani Foresta, Manche e S. Giovanni la Fontana, fittuari in buona fede, e dietro regolare subasta" dovessero "lasciare il fitto perchè parte dei terreni sono stati coltivati a semina, come pure non possono lasciarlo non potendo trovare oggi pascolo per i loro animali nel pieno rigore dell'Inverno". 20 Le divergenze intervenute tra Amministrazione comunale e Agente demaniale provocarono non pochi disguidi al riordino delle quote da riassegnare o da ritenere abbandonate. Malgrado le sollecitazioni dell'agente Leone, il Consiglio Comunale, convocato per il 2 marzo 1873, non potè effettuarsi per mancanza di numero legale e quello in seconda convocazione del 9 marzo successivo non ottemperò pienamente alle richieste. Su 48 domande di riassegnazione presentate dall'Agente ne vennero accolte solo 12. "Le altre trentasei domande, si legge nella delibera, perchè per ora non meritano venire accolte il Consiglio riserva tenerle in considerazione a seguito dello Stato delle


quote effettivamente rientrate al Comune che il signor Agente deve inviare a quest'Amministrazione. La riconcessione delle quote abbandonate e che rientrano a Comune s'intende fatta alle seguenti condizioni: 1) Che l'assegno va a farsi oggi non s'intende effettivo se non dal primo settembre prossimo 1873; 2) Contemporaneamente alla presa di possesso i quotisti novelli devono pagare la rata di spesa che a ciscuno ricade sulle competenze dell'Agente ed altro spesato per le operazioni in discorso va a sostenere l'Amministrazione Comunale. Non corrispondendosi prontamente la rata di spesa in parola il presente assegno provvisorio non potrà passare a possesso effettivo, e quindi le quote rispettive rientrerano al Comune per venire riconcesse ad altri". 21 Non convinto delle motivazioni addotte, l'Agente demaniale con pubblico "Avviso" del 14 marzo, in applicazione delle note prefettizie del 17 dicembre 1872 e del 6 e 15 febbraio successivi, fissò la data del nuovo sorteggio per il 19 marzo invitando altresì il sindaco a convocare per quel giorno il Consiglio "onde continuare la discussione delle domande dei quotisti nuovi, e poi assistere dopo il mezzo giorno alla formazione del Bussolo". 22 Boicottato ancora una volta dal Consiglio, l'Agente demaniale, forte della Corcolare Prefettizia del 6 febbraio 1873, in cui è autorizzato a "riconcedere le quote abbandonate e disponibili a coloro che lo domandassero perchè sono proletari", il 19 marzo, "considerando che il Consiglio non ha voluto divenire alla continuazione della discussione delle domande di novelli quotisti; e siccome queste non arrivano alla cifra delle quote reintegrate al Comune, ma sono al di sotto, e quindi non si deve discutere se la ripartizione sia per teste o per l'offerta di concorrenti, giusto l'art. 7 della Legge di Divisione", motu proprio, procedette al sorteggio per bussolo, giusto il bando fatto affiggere nei giorni precedenti, "ritenendo di nessun valore le obiezioni che il Consiglio ha voluto muovere onde sospendere detto bussolo, essendo che il Consiglio non era stato convocato per quest'oggetto, ma invece è passato a deliberare illegalmente". 23 Dal Verbale del 28 marzo 1873, firmato dall'Agente Leone, risulta che solo 3 accolsero la nuova concessione: Pietro Cornicelli, fondo Torracca, già di Caterina Sciarrotta; Abele Sciarrotta, fondo Manche di Torracca già di Lorenzo Scalambrino; Ionfrida Lucrezia, fondo Foresta già di Salvatore Grano. 24 Non mancarono i casi di quotisti che attuarono migliorie agrarie anche in terreni limitrofi ai propri, chiedendone poi al Comune l'assegnazione. E' il caso, per esempio, di Giovanni Cannata, che ai primi di gennaio 1873 presentava istanza al Prefetto per ottenere "oltre l'assegnamento della propria quota spettante col primo assegnamento fatto dall'Agente Demaniale Signor Bevilacqua Saverio il possesso del terreno eccedente, e dallo stesso migliorato" in località Manche. 25 Il 10 gennaio, fatto il sopralluogo con l'assistenza dell'agrimensore Filippo Cerenzia, dell'assessore Pietro Sciarrotta e del vice Segretario Francesco Spina e constatate le effettive migliorie apportate al fondo, l'Agente Demaniale Cesare Leone disponeva di concedere al Cannata anche la parte eccedente con il relativo aumento del canone adeguato alla nuova estenzione del terreno verificato in 12 moggi di antica misura, pari a 4 ettari e 3 are. Il canone venne fissato in lire quindici da versare al Comune. 26 Analoga concessione venne fatta a fovore di Domenico Madera fu Saverio, che aveva migliorato la sua quota nel demanio di S. Marina "con diversi alberi fruttiferi e colture diverse". 27

3.

Vecchi e nuovi assegnatari nel 1884

Da un Elenco nominativo dei quotisti originari ed attuali possessori delle quote dei Demani Comunali di Campana, denominati: Minoccioli-Santa Marina-Manche e S. Giovanni la Fontana , datato 1° agosto 1884, rileviamo come la preoccupazione prospettata negli anni precedenti dall'Amministrazione Comunale sul pericolo di una rivendita dei fondi da parte dei quotisti non era per nulla infondata. Il nuovo Elenco , infatti, documenta le variazioni dei proprietari e soprattutto la politica di accentrazione delle terre perseguita da alcuni latifondisti, primo fra tutti Silvio Benincasa, che requisì buona parte del fondo Minoccioli per complessive 126 tomolate di terra, su cui pagava un canone annuo di lire 428.40. Le quote relative erano appartenute ad Allevato Rosario, Abbenante Ignazio, Aprigliano Giuseppe, Affatato Vittoria, Benevento Saverio fu Giuseppe, Bonanno Pasquale, Benevento Cataldo fu Francesco, Cundari Domenico, Caccuri Bruno fu Giuseppe, Carvelli Domenico, Caliò Luigi Sicilia, Caccuri Tommaso fu Domenico, De Marco Raffaele, Ioverno Antonio, Madera Vincenzo fu Domenico, Palopoli Elisabetta fu Vincenzo, Eredi di Rosario Giuseppe, Rovito teresa di Francesco, Succurre Lorenzo, Scavello Serafina fu Vincenzo, Viola Giuseppe fu Vincenzo, Patera Pasquale fu Nicola, Cosenza Pietro, Ferraro Vincenzo, Rossano Francesco fu Fortunato, Scalise Saverio, Tucci Giuseppe, Urso Giuseppe, Ausilio Leonardo fu Giacinto, Viola Rosa fu Pietro Paolo, Patera Pasquale fu Vincenzo, Benevento Cristoforo fu Raffaele, Parrotta Domenico, Palopoli Pasquale fu Domenico, Guerra Francesco fu Nicola, Caruso Antonio fu Francesco. 28 Analogo fenomeno si verificò in parte anche per S. Marina, dove gli eredi di Vito Santoro di Bocchigliero requisirono le quote di Cosenza Francesco fu Giacinto, Cerenzia Michele, Guerra pasquale fu Nicola, Grano Nicola, Parrotta Carlo fu Nicola, Scalise Domenico fu Antonio, Tallerico Giuseppe, Astorino Filippo per un totale di 32 tomolate su cui versavano lire 97.92 di canone. 29 Il Comune, forse per rinucnia dei titolari, ricuperò sempre in S. Marina le quote di Perricone Giovanni e Ionfrida Nicola fu Domenico. Gli unici a mantenere la terra a Minoccioli furono Benevento Nicola fu Pietro, Perricone Ignazio fu Giovanni; Vincenzo, Francesco e Rosa Rovito eredi di Salvatore; Scalambrino Giuseppe fu Vincenzo;


Sblendido Luigi fu Pietro; Scafoglio Giuseppe fu Vincenzo; Viola Alfonso; Ausilio Luigi fu Vincenzo; Viola Alfonso di Raffaello; De Martino Vincenzo fu Luigi; a S. Marina: Spina Francesco fu Gennaro; Serafini Giuseppe fu Salvatore; Madera Domenico fu Saverio; Madera Giacomo fu Vincenzo a S. Giovanni la Fontana. Gli altri quotisti sono tutti nuovi. In località Minoccioli: eredi di Tommaso Marino di Scala Coeli al posto di Barretta Pasquale fu Francesco; i germani Giovanni, Saverio e Domenico Greco di Francesco per Murano Maria; Francesco Greco (Curcio) per Patera Vincenzo fu Pietro; Saverio Greco di Francesco per Patera Antonio; Saverio Greco fu Pasquale per Manfredi Domenico fu Luigi; Ausilio Angelica per Viola Pietro Paolo fu Francesco; in località S. Marina Pasquale Madera di Gaetano per Madera Francesco fu Pietro; alle Manche Giovanni Greco di Francesco per Cannata Giovanni fu Giacinto; i coniugi Nicola Falsetti e Carolina Buffone per Carvelli Domenico fu Rosario. 30 Per tutti questi fondi di complessive 257 tomolate il Comune percepiva 844.56 lire di canone.

4.

Vicende di fine secolo

Nel concludere il capitolo sembra doveroso segnalare alcune vicende che hanno caratterizzato la fine di un secolo - il XIX - ricco di eventi significativi dal punto di vista politico, economico e sociale in generale. Debellato il brigantaggio, che aveva particolarmente infestato il territorio negli anni immediatamente successivi all'unità d'Italia, 31 il paese si trova ad affrontare difficoltà di ogni tipo aggravate anche dalla mancanza pressocchè totale di vie di comunicazione con i centri vicini e soprattutto con la ferrovia e la strada litoranea. E' sintomatica la denuncia fatta il 28 dicembre 1875 alla Camera dei Deputati dall'On. Guglielmo Tocci proprio sulla grave situazione delle strade del Distretto di Rossano "in cui non vi sono altre strade tranne quelle lasciate dalle acque del diluvio di Noè". 32 Malgrado la legge del 30 agosto 1868 che obbligava i Comuni a costruire vie di comunicazione con i centri vicini, la situazione di estrema povertà ritardò a lungo l'attuazione della legge. Ancora nel 1898 si dibatteva se il tracciato dovesse collegarsi con Cariati passando per Scala Coeli e Terraveccia, come poi è avvenuto, o se invece la strada dovesse tagliare dalla località Acqua arramata, tra Campana e Scala Coeli, per allacciarsi alla litoranea e alla stazione ferroviaria di Campana (poi Mandatoriccio) costeggiando il torrente Arso con notevole risparmio di percorso e di denaro. Di questo secondo avviso era il Comune di Campana, che dedicò al problema la seduca di Consiglio del 12 marzo 1898. Il sindaco Silvio Cundari, con un'ampia e motivata relazione, dimostrò come il progetto lungo l'Arso era molto più conveniente dell'altro. Così, tra l'altro, disse in Consiglio: "Signori Colleghi. Da circa venti anni il nostro abitato è lambito da una strada di Serie, la quale sventuratamente non sa dove sboccare, imperocchè il Comune di Cariati contende che la detta strada vada a finire a quello Scalo ferroviario, come egualmente altri comuni pretendono che invece, tralasciandolo, tocchi l'altro della Stazione di Campana. Nell'attualità si trova ad ovest dell'abitato di Scala Coeli, e precisamente il tronco finisce al luogo detto Acqua Arramata . Il Comune di Cariati adunque pretende che dal luogo cennato, dietro uno sterminato distendersi, percorrendo oltre 30 chilometri di transito, passi per la frazione di Terravecchia, quando che altri Comuni desiderebbero che, seguendo il corso tracciato dalla natura, costeggi il dolce declivio occidentale del latifondo Arso e sbocchi allo Scalo ferroviario di Campana, perchè dal punto ove ora termina, a finire colà, non vi sarebbero a contare che un circa dieci chilometri al massimo. Non solo è di capitale importanza il rimarcare la notevole differenza chilometrica fra le due linee da percorrere, quanto e degno di considerazione il rilevare la differenza del terreno che bisognerà sviscerare per comporre il piano stradale. Avvegnacchè, scegliendo lo sbocco di Cariati, la rotabile dovrebbe passare per località tutte accidentate, franabili ed esposte ad ogni possibile inconveniente. (...) In vero prolungandosi il piano stradale per la ridente Vallata del latifondo Arso, il percorso potrebbe benissimo toccare lo scalo di Campana ed inoltrarsi poi fino all'abitato di Cariati, seguendo il transito parallelo, per circa cinque chilometri alla rete ferroviaria. Indiscutibilmente ciò verificandosi, si avrebbe ad ottenere la più equa e la più felice risoluzione dell'arduo problema". 33

Il Consiglio si lasciò coinvolgere dalle argomentazioni del Sindaco, per cui all'unanimità deliberò "Di farsi caldi voti a S. M. il Re e al Suo Governo, nonchè agli onorevoli Deputati della Provincia di Calabria Citra, perchè compenetrati del contenuto del presente deliberato, promuovano che la strada di Serie Campana-Cariati, venga abbandonata per sostituire a quest'ultimo sbocco lo Scalo Ferroviario di Campana; o quanto meno, toccandolo, continuare il piano stradale fino all'abitato di quel Comune. Nella più lontana ipotesi poi, allacciare l'attuale strada rotabile dal punto detto Pietra Grossa all'abitato di Mandatoriccio, per proseguire allo Scalo ferroviario di Pietrapaola ed indi a quello di Campana." 34

In realtà andò avanti il progetto già approvato per Cariati, ma, di fatto, si iniziò a veicolare il progetto del tragitto alternativo Casello Montagna-Mandatoriccio, che verrà poi realizzato a partire dal 1947. 35 Il tronco di strada S. Giovanni in Fiore-Campana-Cariati (attuale SS 108 ter), fur finanziata con legge del 1875 e poi del 1881, impiegò molto tempo prima di essere completata fino alla litoranea ionica. 36


Ancora prima del 1880, inoltre, Campana figura tra i paesi del Circondario forniti di servizio del telegrafo , sia pure ad orario limitato dalle ore 8 alle 14 e dalle 17 alle 19. 37 Il servizio si rilevò particolarmente prezioso, tenuto conto del disagio generale delle comunicazioni viarie. In forza di questo, per esempio, il 17 novembre 1878, in occasione dell'attentato a Napoli al Re Umberto I ad opera dell'anarchico G. Passanante, da cui il Re uscì illeso, l'assessore Grilletta a nome dell'Amministrazione Comunale fece pervenire all'On. Cairoli, Ministro dell'Interno, il seguente telegramma di felicitazioni: "Vivo dolore, indignazione massima, attentato vita S. M., imprecazione assassinio, sentita gioia salvezza Re, Ministro Cairoli, ammirazione solito coraggio Casa Savoia, sente con devozione inalterabile rappresentanza municipale e popolazione di Campana". 38

Nello scorcio del secolo l'economia italiana vive una situazione di estrema delicatezza che provoca nel giro di pochi anni il crollo di diveri governi: Depretis (1887), Crispi (1891), Rudini-Giolitti (1891), di nuovo Crispi (1896). In questo ebbe il suo peso il fallimento delle mire coloniali dell'Italia in Africa. L'eccidio di Dogali nel 1887 e la disfatta di Adua nel 1896 ne furono i discriminanti. Anche Campana pagò il suo prezzo. Nella guerra d'Africa persero la vita i giovani soldati Giuseppe Rovito e Pasquale Rossano, mentre Nicola Manfredi tornò vivo al paese, ma definitivamente invalido. Il 24 gennaio 1897 l'Amministrazione Comunale disponeva un sussidio a favore delle famiglie Rovito e Rossano e delle stesso Nicola Manfredi, ormai "in condizioni di non poter lavorare". 39 Degna di nota inoltre la medaglia al valore civile assegnata il 25 giugno 1897 al Carabiniere Verrone Palmo per aver salvato da morte certa Teresa Lautieri, che era caduta rovinosamente nel pozzo di casa. 40 La vita amministrativa del sec. XIX si chiude con l'elezione a Sindaco per la terza volta consecutiva di Silvio Cundari fu Gaetano, avvenuta il 23 luglio 1899.41 La sua opera di Sindaco (1893-1902) non mancò di concrete e significative realizzazioni: lavori di riparazione alla chiesa di S. Domenico (1895), costruzione e riparazione di strade interne all'abitato su progetto dell'Ing. Vincenzo Ripoli di Rossano (1897), riparazioni alla chiesa della Madonna delle Grazie (1898), la conduttura per l'acqua potabile nell'abitato (1898), l'approvazione del Regolamento speciale per gli impiegati e salariati comunali (1901). Si deve a lui anche l'adesione del Comune all'impianto del Telegrafo alla Stazione ferroviaria di Campana. 42 Intanto, accanto al benemerito medico condotto Dott. Filippo Spina, nominato poi a vita nella carica in forza della Legge Sanitaria 22 dicembre 1888, nel febbraio 1898 come Ufficiale Sanitario sarà nominato il Dott. Raffaele Masci, da poco rientrato da Filadelfia negli Stati Uniti, dove era emigrato una decina di anni prima. 43

NOTE


1

Cfr. Legge 1° settembre 1806, n. 185, richiamata in P. E. ACRI- A. SITONGIA, Rossano e Circondario nella Legislazione Napoleonica , p. 45. 2 Cfr. Decreto n. 495. Portici 23 ottobre 1809, in P. E. ACRI- A. SITONGIA, Rossano e Circondario... , p. 87. 3 Successivi regolamenti si ebbero il 30 gennaio 1817 ed il 25 novembre 1822. La reggenza dei Monti Frumentari era affidata a due amministratori nominati dall'Intendente della Provincia su una rosa di 6 persone segnalate dal Sindaco. La distribuzione del grano veniva fatta tra gli agricoltori nel mese di ottobre in base allo stato di distribuzione predisposto sulla base delle condizioni economiche e della consistenza del terreno dei richiedenti. Il Monte frumentario di Campana risulta ancora funzionante nel 1860. Dopo l'Unità, come gli altri, sarà soppresso dal governo italiano: cfr. E. MISEFARI, Storia sociale della calabria , pp. 243-44. 4 Cfr. A. CESTARO, Aspetti della questione demaniale nel Mezzogiorno , Brescia 1963, pp. 41-45. 5 Cfr. G. BRASACCHIO, Storia economica della Calabria , vol. VI, Chiaravalle Centrale 1980, pp. 140ss. 6 Decreto n. 4332. Napoli 25 novembre 1837: cfr. G. VALENTE, La Calabria nella legislazione borbonica , n. 854; anche G. BRASACCHIO, Storia economica ..., VI, p. 100. 7 Si trattava di un comprensorio di terre in località Torracca, fondi alle Pianette, Cutura, Serra di Luisa, Ornarito e S. Marina: cfr. ACC, Deliberazioni Decurionali..., 26 novembre 1837. 8 Cfr. G. BRASACCHIO, Storia economica della Calabria , vol. VII, Chiaravalle Centrale 1986, p. 125. 9 Cfr. ASC, Processo Verbale di verifica delle usurpazioni avvenute nel fondo demaniale Incavallicata di Campana. 10 Cfr. ASC, Processo Verbale di verifica... , ff. 2r-4r. 11 La Nota , datata 17 ottobre 1867, è sottoscritta dal Segretario Comunale A. Fiorentino, dal Sindaco Nicola Santoro e dai Consiglieri Carlo M. de Martino, Antonio Patera, Giuseppe Serafini, Demetrio Carvelli, Pietro Sciarrotta, Francesco Vitale, Federico Vitale, Filippo Cerenzia. 12 Cfr. ASC, Avviso fatto affiggere il 19 ottobre 1867 dall'Agente Demaniale Bevilacqua, allegato alla citata Nota . Nello stesso si legge che "Il giorno fissato al sorteggio di questa quotizzazione è Domenica prossima 27 del volgente mese di Ottobre, ad ore 15, in continuazione". 13 Verbale ed Ordinanza sono conservati presso l'ASC. 14 Cfr. ACC, Elenco dei quotisti che dietro gli atti compulsivi hanno pagato in parte il loro dare e che devono tuttavia la restante come risulta dal presernte , Campana 7 aprile 1871. 15 Cfr. ACC, Elenco quotisti che avendo soddisfatto il loro dare hanno rinunciato le quote di terreno loro concesse , Campana 7 aprile 1871. 16 Cfr. ACC, Deliberazioni Comunali , 27 novembre 1872. 17 Cfr. ACC, Deliberazioni Comunali , 1° e 14 dicembre 1872. 18 Cfr. ACC, Deliberazioni Comunali , 14 dicembre 1872. 19 Cfr. ACC, citato fascicolo. Dall'indagine dell'agente Leone risultò in realtà che alcuni avevano venduto a terzi la loro quota. Il 5 dicembre 1872 lo stesso aveva convocato tra gli altri Tommaso Marino di Scala Coeli e Vito Santoro di Bocchigliero indicati come compratori rispettivamente delle quote di Maria Murano, Pasquale Fiorito, Teresa Palopoli e Pasquale Barretta in località Minoccioli il primo e da altri quotisti del fondo S. Marina il secondo. Entrambi, alla presenza del f.f. sindaco Nicola Ausilio, dell'agente Leone e del Segretario Comunale A. Fiorentino, dichiararono sotto giuramento che le terre contestate erano state loro concesse in fitto per 4 anni dai rispettivi proprietari. Alla luce degli atti e delle istanze avanzate, i fatti vennero avallati e confermati dall'agente demaniale, come risulta dalla comunicazione da questi data al Sindaco in data 1° marzo 1873: cfr. ACC, ivi. 20 Cfr. ACC, cit. fasc. , delibera 15 gennaio 1873. 21 Cfr. ACC, cit. fasc., verbale Consiglio Comunale del 9 marzo 1873. Le 12 domande accolte furono di Vincenzo Grande fu Giuseppe, Domenico Sicilia di Pasquale, Pasquale Grano fu Nicola, Domenico Formaro fu Antonio, Saverio Cosentino di Nicola, Antonio Amendola fu Francesco, Giacinto Rossano fu Natale, Antonio Ionfrida fu Angelo, Giuseppe Caccuri fu Saverio, Domenico Parise di Pasquale, Nicola Marino fu Giuseppe, Nicola Manfredi fu Giuseppe. La delibera venne firmata dal f.f. sindaco Nicola Ausilio e dai consiglieri Nicola Santoro, Tommaso Ausilio, Pasquale Rovito, Nicola Serra, Pietro Sciarrotta. 22 Cfr. ACC, cit. fasc. . 23 Cfr. ACC, cit. fasc.. 24 Cfr. ACC, Elenco delle quote rinunciate dietro il sorteggio ed assegno nel citato fascicolo. Gli altri rinunciatari: Vincenzo Bonanno (Foresta), Giuseppe Giglio (manche), Domenico Sicilia (Manche), Giuseppe Scavello (Manche), Giuseppe Grillo (Manche Torracca), Nicola Marino (Manche), Tommaso Piro (Fontana), Agostino Inglese (Foresta), Domenico Parise (Manche), Pietro Croce (Manche), Saverio Cosentino (Manche Torracca), Giuseppe Caccuri (Manche), Paolo Coco (Manche), Vincenzo Spina (Manche), Giuseppe Parise (Manche), Pasquale Grano (Manche Torracca), Domenico Ausilio (Manche), Francesco Affatato (Foresta), Raffaele Viola (Foresta), Alfonso Viola (Foresta), Francesco Bonanno (Manche Torracca). Queste ultime quote vennero reintegrate al demanio comunale per altre future concessioni. 25 Cfr. ACC, cit. fasc. . 26 Cfr. ACC, cit. fasc.. Nel 1884 la quota figura ceduta a Giovanni Greco di Francesco. 27 Cfr. ACC, cit. fasc.. Nerlla circostanza la verifica venne affidata il 22 marzo 1873 all'esperto di campagna Carmelo Marino. 28 Cfr. ACC, cit. fasc.. 29 Cfr. ACC, cit. fasc.. 30 Cfr. ACC, cit. fasc..


31

Il 13 gennaio 1895 il Consiglio Comunale di Campana esprime un voto di plauso per la repressione del brigantaggio, il che fa supporre che nel Circondario qualche brigante, o delinquente comune, doveva ancora operare, anche se non nella consistenza precedente. Cfr. ACC., Deliberazioni Comunali . 32 La denuncia venne provocata dall'assenteismo di molti elettori alle elezioni politiche del novembre 1874. In quella occasione, per esempio, solo 3 su 60 elettori di Bocchigliero si recarono a votare a Campana, capoluogo di Mandamento, a causa della strada particolarmente tortuosa ed accidentata. 33 Cfr. ACC, Deliberazioni Comunali , 12 marzo 1898. La delibera, data l'importanza dell'argomento, venne data alle stampe presso lo Stabilimento tipografico E. Cressati di Noci (Ba). Il testo si compone di 14 pagine ed è sottoscritto dal sindaco Cundari, dal consigliere anziano Filomeno Santoro e dal Segretario Comunale Giuseppe Pancali. 34 Cfr. ACC, Deliberazioni Comunali , 12 marzo 1898. 35 Della sistemazione della strada Campana-Mandatoriccio-Scalo venne investito l'On. Avv. Benedetto Carratelli, che interessò della cosas il Sottosegretario al Ministrero ai LL. PP.. Questi, in data 22 febbario 1947, così rispose: "Caro Carratelli, per la sistemazione tanto necessaria della strada Mandatoriccio-Scalo, Mandatoriccio-Campana, ho nei giorni scorsi interessato vivamente il Provveditore alle OO. PP. di Catanzaro, e ora, in seguito alle tue premure, ho riscritto a quel funzionario raccomandandogli in modo speciale di fare quanto è possibile per rimettere l'arteria medesima in condizioni di transitabilità". La corrispondenza è stata pubblicata su Nuova Rossano , 14 marzo 1947; anche L. RENZO, Campana. Immagini della memoria , Cosenza 1988, p. 62. La strada in parola è stata definitivamente ultimata con bitumazione nel 1972. 36 Cfr. R. e F. LIGUORI, Cariati nella storia , p. 120; anche G. BRASACCHIO, Storia economica..., vol VII, p. 68. 37 Godevano del servizio Cariati, Bocchigliero, Longobucco, Mandatoriccio, Calopezzati, mentre ne erano ancora sprovvisti Scala Coeli, Piatrapaola, Caloveto, Cropalati. Cfr. P. ROMANO, Cenno storico geografico- topografico-economico della Città di Rossano , Napoli 1880, p. 31. Recentemente, nel 1987, il prezioso volumetto è stato ristampato in edizione anastatica dall'editore Stefano Guido di Rossano con uno studio introduttivo di Francesco Ioele Pace. 38 Il testo figura nell'Album a ricordo della solenne manifestazione di protesta per l'odioso attentato contro S. M. il Re , Roma 1879, p. 162. 39 Cfr. ACC, Deliberazioni Comunali . Il provvedimento venne ripetuto il 7 novembre 1897 e il 27 aprile 1899. 40 Cfr. ACC, Deliberazioni Comunali , 25 giugno 1897. 41 Cfr. ACC, Deliberazioni Comunali , 23 luglio 1899. A Silvio Cundari sindaco è legato il detto popolare "'U jurnu 'e don Sibbiu" per significare che una cosa verrà sempre rimandata e mai realizzata. Il riferimento è al suo operato di amministratore caratterizzato dal rimandare continuo della soluzione dei problemi. In effetti, però, il periodo del suo sindacato non è privo di opere. 42 Cfr. ACC, Deliberazioni Comunali , 21 febbraio 1897. 43 Al Dott. Masci viene riconosciuto uno stipendio annuo di £. 250: cfr. ACC, Deliberazioni Comunali, 19 febbraio 1898 e 21 aprile 1901. Il Dott. Masci occuperà anche la carica di Sindaco dal 1921 al 1923.


CAPITOLO TREDICESIMO

IL NOVECENTO PRIMA DEL FASCISMO

Se nell'Ottocento la popolazione di Campana si era mantenuta piuttosto stabile (nel 1816 gli abitanti sono 2377; 2537 nel 1828; 2365 nel 1861; 2338 nel 1881),1 nel corso del primo Novecento si ha un notevole incremento progressivo passando dalle 2476 unità del 1901 alle 3011 del 1921, alle 3612 del 1936, alle 4800 del 1951 per poi ridursi a 4301 nel 1961 e quindi assestarsi tra le 3500-3000 unità in questi ultimissimi anni. 2 In questi primi anni del 900 la Pretura è retta dall'Avv. Saverio Gianni coadiuvato da Saverio Romanelli come Cancelliere. All'Ufficio Postale vi è direttore Saverio De Martino. Diversi sono gli esercizi pubblici. In particolare operano i negozi di tessuti di Giuseppe Bisbano, Beniamino Piro e Angelo Sangiovanni; di generi alimentari di Giovanni Aiello, Salvatore Romito, Francesco Sciarrotta e Antonio Vitale; di vino di Ernesto De Martino, Filomeno Santoro e Giovanni Viola. Sono operativi inoltre i mulini di Antonio Ausilio, Nicola Benevento, Vincenzo Grande, Vincenzo Gualtieri, Luigi Parrotta e Ferdinando Santoro. 3 Il secolo, comunque, non si apre sotto i migliori auspici. Nel settembre 1905, infatti, un forte terremoto interessò tutto il Circondario provocando a Campana notevoli danni, tanto da spingere il sindaco Pasquale Santoro a chiedere al Governo l'immissione del paese tra quelli più danneggiati. 4 A risentirne maggiormente fu la zona bassa del rione Terra, dove molte case crollarono ed altre restarono pericolosamente lesionate. Se ciò non fosse bastato, nel dicembre successivo una pioggia torrenziale durata diversi giorni completò l'opera provocando altri crolli e vittime, tra cui la morte di un ragazzo quindicenne, di cui si ignora l'identità. Così racconta l'accaduto il Dott. Francesco Manfredi 5 in una corrispondenza per il periodico Nuova Rossano : "La furia celeste, scatenata in quell'infausto mese, determinò scoscendimenti rovinosi e frane enormi, di cui una travolse e trasportò nel fiume un giovinetto di anni 15, che fu rinvenuto, nella mattina seguente, interrato di quasi tutta la persona nel greto sabbioso. I soli piedi uscivano dal tetro avello a testimoniare la miseranda fine dello sventurato". 6

Sotto il crollo della loro casa era finita, inoltre, l'intera famiglia di Saverio Grillo, salvata miracolosamente dal pronto intervento del brigadiere dei Carabinieri Anselmo Ciuffoletti, aiutato dal collega Angelo De Leo e dal Capo Guardia Municipale Leonardo Cerenzia. Il gesto valse il conferimento della cittadinanza onoraria al Ciuffoletti, avvenuto nell'agosto 1907 ad opera del sindaco Pasquale Santoro. 7 Il terremoto e l'alluvione avevano gettato il paese in una profonda crisi economica, già di per sè endemica, per cui si organizzò una sommossa popolare, che costrinse l'Intendente di Finanza di Cosenza a sospendere il 15 gennaio 1906 il pagamento della prima rata delle imposte sui terreni, fabbricati, addizionali e sovrimposte. Ma il provvedimento non venne ritenuto sufficiente perchè le agitazioni continuarono. Ci è ancora una volta di supporto la cronaca fatta sulla stampa dal benemerito farmacista Francesco Manfredi, di Lorenzo, che citiamo: "Viva Campana! Qui si è in pieno risorgimento! In pochi mesi, cinque comizii pubblici... cose da uscir matti! (...) I miei compagni, dopo venti secoli, si svegliarono! Gli assonnati discendenti degli Enotri hanno dunque una buona volta inteso il bisogno di scendere in piazza, nella storica piazza, detta per celia, "del Parlamento", onde mettere sul tappeto della pubblica discussione i problemi vitali della propria esistenza. E vi sono scesi, ma furono i disagi privati, i dissesti finanziarii, la crisi economica, il terremoto, le alluvioni che li cacciarono dalle case ed ivi li spinsero per agitarsi, per parlare, per farsi sentire. E si sono agitati, e l'agitazione fu ben condotta nei limiti più stretti delle concessioni statutarie, hanno parlato, e nei discorsi si rimpiansero le felici epoche dell'abbondanza, allorquando lo scampanio delle numerose mandrie, indice di ricchezza, allietava le solitarie balze e le folte boscaglie del fertile nostro territorio, si sono fatti sentire ed i lamenti arrivano al sommo Giove, che con premurosa benevolenza mista ad uno stretto dovere di riguardo, fece loro il gradito presente di frutti speciosissimi e non mai più gustati! Sfido! Qui non si pagano le imposte dal bimestre di Febbraio, e, se approveranno la legge delle Calabrie al senato, intascheremo l'importo delle rate di Ottobre e Dicembre 1905, già inghottite dal Cerbero della Finanza. (...) Campana 10 maggio 1906". 8

Le giuste rimostranze valsero anche ad ottenere che la variante Acquarramata-Scalo ferroviario di Campana della strada provinciale 48 fosse inserita nella tabella D della Legge Calabria, per cui la spesa sarà a carico per 3/4 dello Stato e 1/4 della Provincia. 9 Inoltre l'ingegnere capo dell'Ufficio Tecnico di Cosenza, Ing. Rambelli, riconobbe l'urgenza di abbattere alcune casette pericolanti site alla base dell'abitato e di trasferire in altra parte del paese gli evacuati. A promuovere lo stato di agitazione era stata la Società Agraria Operaia di Mutuo Soccorso sorta a Campana nel 1905. Riunita in assemblea generale, il 25 febbraio 1906 censurò l'operato dei Deputati del Centro Italia, che si


erano schierati contro i provvedimenti governativi a favore del Meridione. In quella occasione approvarono il seguente o. d. g.: "La Società Operaia di M. S. riunita in solenne assemblea, esprime la sua giusta indignazione contro l'ostile ed inopportuno atteggiamento assunto dai Deputati dell'Italia Centrale verso il Governo per ostacolarlo nei provvedimenti a favore delle province meridionali. Esorta nel contempo tutti i Comuni del Circondario e della Calabria a provocare proteste consimili, facendo urgenza presso i loro rappresentanti politici onde, pur essi, si riuniscano per contrarrispondere alla ingrata coalizione dei Sinibaldi, Ciuffetti, Canevaris, Fortis e compagnia". 10 Malgrado tutto, comunque, le provvigioni governative arrivarono e quindi la tensione si allentò di conseguenza. Non era trascorso un anno, che un nuovo disastro si abbattè sulla già provata economia del paese. Il 28 luglio, infatti, l'agro di Campana venne completamente distrutto dalla grandine. Il fatto ebbe tale gravità, che Nuova Rossano vi dedicò l'intera prima pagina con un servizio firmato ancora dal Dott. Manfredi. Vale la pena riportarlo integralmente per capire la gravità di quanto successo e per godere di una deliziosa pagina letteraria. "Campana 30. 7. 1906. Verso le ore undici del 28 scorso si formava repentinamente sul cielo di Campana una nube di straordinaria grandezza, simile ad un immenso velario di piombo, aveva una tinta nero cupa, e dai bordi colorati in giallo rossigno usciva una luce livida, che ogni cosa tingeva di sinistro ed insolito colore gettando negli animi attoniti un indicibile manico. Un vento turbinoso, seguito da un vivido lampo e da uno scroscio di fulmine immediato, preannunciaronola incombente aerea procella: ed in effetti si vide il fondo Torracca avviluppato da una nebbia biancastra, e tosto in quella direzione si udì un rumore straordinario, un fracasso indiavolato che misto ad fragore delle repentine scariche elettriche dava l'idea come se giganti rotolassero grandi massi per enormi pendii!...” La grandine! la grandine... poverelli noi!...” ognuno disse, e col volto cereo e livido più del cielo subitamente rincasò; poi s'intese un batacchiare di porte e di finestre... un chiamare confuso e frettoloso... e nulla più!... la violenza del temporale trionfava! E già il fracasso, prima inteso in lontananza, s'avvicinò con terribile celerità, e tosto l'abitato fu invaso da Giove tonante e da una fittissima grandine! Il turbine vorticoso lanciava questa con impeto straordinario; e già sui vetri e sulle tegole s'intese ben presto un saltellare frettoloso e incalzante, come di massi gettati con forza violentissima. Io che scrivo, chiuso in una stanza, volli azzardare uno sguardo al di fuori! aprii lo sportello della finestra, e, mentre uno sbuffo di vento ed una fortissima scarica mi spingevano all'indietro... vidi... e che vidi. Il cielo tutto nero, in cui ininterrottamente guizzavano i lampi.... e la strada sottostante tutta ingombra di ghiacciuoli di fenomenale grandezza e di svariatissime forme: quelli sferoidali eran grandi - senza eccezione - quanto un uovo, e gli stellati, a sei e sette punte acutissime, erano pur essi altrettanti pezzi di ghiaccio di circa 150 grammi! La vita sembrava in quei momenti sospesa; ognuno aveva palpiti e tremiti convulsi, giacchè comprendeva la gravezza del momento e temeva per i proprii cari, sparsi per le aperte campagne come pure intuiva che la sua vigna, il suo orto, la sua non mietuta messe era - morente vittima - soto gli artigli del terribile e terrificante flagello della grandine! Scoccava mezzo giorno ed il fracasso gigantesco non accennava a scemare; la furia vorticosa del temporale continuava a gettare lo spavento negli animi e la devastazione per le campagne! Verso le 12 e mezzo infine cessò la macabra danza delle grandine; però i fulmini continuarono per un pezzo a rintronare per l'infelice cielo di Campana, ancora coperto di nuvole che fuggivano come altrettante anime dannate! Dopo un'ora cominciarono a rincasare le persone dalla campagna e sul loro pallido viso si leggeva lo sgomento e lo sconforto! Le prime frasi da essi pronunziate furono: ”Siamo rovinati, la campagna è letteralmente distrutta!...” e taluni con le lagrime agli occhi e col pianto lì lì per sgorgare, dicevano: ”Addio più vigne, addio più ortaggi, ogni cosa è addirittura perita... i grappoli delle uve, spezzati dal tralcio dormono sul terreno il placido sonno della morte; quelli rimasti attaccati alle viti attendono il medesimo fato, giacchè presto o tardi cadranno pur essi, essendo il loro peduncolo ferito e quindi bruciato dalla grandine!...”. Che dire degli orti? Annientati nel modo assoluto: le piantoline dei peperoni sono altrettanti sterpi senza frutti e senza foglie; i pomidori e le zucche sono rimasti - cosa meravigliosa - forati da parte e aparte ed i loro teneri tralci e soppesti sembrano come se vi fosse passata sopra una turba di mulette selvatiche!... Per completare il quadro funereo della distruzione, ritti, in mezzo agli orti, stanno i fusti del granturco, i quali, avendo avute le foglie tagliuzzate in sottili fettucce, queste penzolano dal nervo mediano e danno l'idea dei salici, funesti alberi di cimitero." 11

Nella circostanza il Ministro dell'Interno fece pervenire al Sindaco Pasquale Santoro il seguente telegramma di solidarietà: "Sindaco Campana. Dolente grave disastro metereologico occorso cotesto territorio comunicherò rapporto vossignoria circa entità danni collega Finanza perchè qualora sia possibile promuova opportuni provvedimenti per lenire tanta sciagura non posso fare altro non avendo questo Ministero fondi stanziati per simili soccorsi". 12

1.

Vita amministrativa


Al sindaco Silvio Cundari il 6 gennaio 1903 successe il not. Pasquale Santoro, che rimase in carica per ben 4 legislature fino al 1918. Per quanto siano stati anni di forti tensioni sociali e politiche a livello nazionale e malgrado le precarie condizioni economiche generali, si assiste a Campana ad un fervore di opere pubbliche di notevole risonanza civica. Ricordiamo tra l'altro l'acquedotto Portara, in condotto di spurgo lungo il rione Terra, la costruzione di un nuovo cimitero, il servizio postale, la quotizzazione di alcuni fondi comunali ed un insieme di piccole realizzazioni, che hanno dato al paese un volto più rispondente ai tempi. Il problema dell'approvvigionamento idrico era diventato pressante per i paese. Era ormai impensabile che per il comodo dell'acqua in casa si dovesse ancora ricorrere esclusivamente alle sorgenti di Azzolino per il rione Terra e della Castagnella per i Croci. A parte le distanze e la pericolosità della strada di accesso, le esigenze civiche erano mutate rispetto al passato, per cui era urgente trovare una soluzione. In verità non erano mancati i tentativi per uscire dall'emergenza. Il Consiglio Comunale, per esempio, nel giugno 1898 aveva affrontato il problema della conduttura delle acque potabili, 13 come pure nel 1902 il sindaco Cundari aveva avviato la pratica per portare in paese l'acqua della sorgente Acritano, risultata potabile dall'analisi chimica eseguita dall'Ufficio centrale d'Igiene. 14 Ma la vera soluzione si avviò nel 1904 quando il sindaco Pasquale Santoro affidò all'Ing. Giuseppe Corte l'incarico di compilare un progetto di acquedotto per portare in paese le acque di località Portara. Col consenso del Consiglio Comunale venne deliberata la contrazione di un mutuo trentacinquennale di £. 100 mila presso la Cassa Depositi e Prestiti. 15 Il progetto, redatto dall'Ing. Corte il 3 marzo 1904 e spedito per tempo alla Prefettura di Cosenza per l'approvazione, tardava a tornare indietro. Il Sindaco Santoro, dopo aver atteso 4 anni invano, andò di persona dal Prefetto per conoscere i motivi del ritardo. Ma quale non fu la sua meraviglia quando dall'impiegato si sentì rispondere che il progetto era andato smarrito! In fretta fece approntare nuovamente il progetto, che venne approvato dal Genio Civile il 30 luglio 1908 e poi vistato dal Ministero ai Lavori Pubblici il 29 novembre successivo. Come era prevedibile la gara d'appalto andò deserta perchè i prezzi non erano più adeguati ai nuovi costi. Il progetto, pertanto, venne affidato all'Ing. Domenico Olivella perchè vi apportasse le opportune modifiche. Queste comportarono un aggiornamento dei prezzi del 15%, per cui il primitivo costo di £. 100 mila passò a 145, di cui 119.500 come base d'asta e £. 25.500 a disposizione del Comune; le giornate lavorative da 180 divennero 540. Il Consiglio Comunale approvò all'unanimità la relazione dell'Ingegnere del 29 maggio 1910 ed affidò poi all'Ing. Augusto Greco di Napoli la direzione dei lavori. 16 Dell'incredibile vicenda si interessò anche Nuova Rossano , in una corrispondenza "Da Campana", senza firma, del 9 agosto 1910. Dopo il racconto dei fatti presso la Prefettura, si dilunga sulla pubblica manifestazione di protesta organizzata subito in paese. E' interessante seguirla dalla viva voce del cronista: "Oramai siamo stanchi di aspettare, questo leone campanese incomincia anche egli a rodere la rete che lo ha avvinto, che lo ha prostrato dal giorno dell'annessione del Mezzogiorno al Piemonte; il popolo campanese ha incominciato anch'egli a ruggire e guai quando il popolo perde la pazienza!!... La sera del 7 c.m. (agosto) alle ore 7 pomeridiane tutto il popolo con a capo la banda cittadina si riuniva in comizio per lodare l'opera del Comune e biasimare l'eterna turlupineide delle autorità superiori. Aprì il comizio il valente giovane Giovanni Santoro, 17 che con brillante parola e forbiti pensieri stigmatizzò l'inerzia volontaria del nostro governo che fa dormire e fa disperdere volontariamente la pratica dell'acquedotto di Campana. Raccomandando la serenità e la calma l'oratore invitò la popolazione a recarsi presso l'Amministrazione Comunale per indurla a protestare energicamente avverso le autorità competenti; ed il comizio allora dietro le parole dell'oratore con perfetto ordine arrivò al Municipio per incoraggiarlo all'opera vitale che oggi a dispetto dei maligni occupa le nostre speranze; e là il Sindaco Sig. Pasquale notar Santoro, animato dalle nostre stesse speranze parlò incoraggiandoci alla calma e promettendoci che il Comune mai ci abbandonerà nelle nostre giuste aspirazioni. Dopo acclamazioni frenetiche il comizio colla massima dignità percorre le vie del paese ed in piazza Caliserno (sic!) piglia la parola il simpatico farmacista Manfredi Francesco che con speciale abilità espone la storia del progetto indicandone gli ostacoli che ne turbano il legittimo corso e determina i mezzi per portarlo a termine. Infine fa appello al nostro rappresentante politico On. Francesco Ioele, che da vero galantuomo si interessa vivamente delle nostre faccende vitali. Indi pone fine dando un accenno alla deviante "Acqua Aramata", Stazione di Campana della quale già l'On. Ioele si è occupato. 18 Dopo il discorso dell'oratore applauditissimo il comizio si scioglie colla massima tranquillità ed il popolo si ripromette di ricominciare con maggiore energia e magari con violenza se le autorità non si risveglieranno al nostro grido di protesta". 19

A seguito delle rimostranze e con l'approvazione prefettizia del nuovo progetto le cose sembravano risolte per il meglio. In realtà non fu così perchè la direzione dei lavori cambiò diverse mani. L'Ing. Greco, per motivi di lontananza, venne sostituito prima con l'Ing. Giuseppe Olivella e successivamente, nel gennaio 1913, con l'ing. Stanislao Martucci di Cerenzia, 20 che finalmente condusse a termine l'opera. Appaltatore dei lavori fu Giuseppe Zangari. La consegna, dopo una proroga di 70 giorni, avvenne il 1° dicembre 1913. L'inaugurazione si avrà nel successivo gennaio 1914. A ricordo dell'evento alla porta d'ingresso del Serbatorio venne apposta la scritta: "ACQUEDOTTO PORTARA INAUGURATO GENNAIO 1914 SINDACO PASQUALE SANTORO".


Fontaniere, sorvegliane e custode provvisorio venne nominato Eugenio Santoro, di Filomeno, con uno stipendio mensile di £. 50. L'incarico divenne definitivo nel 1916. 21 A corredo dell'acquedotto, vennero istallate per il paese diverse fontanine pubbliche, tra cui quella monumentale a due getti di Piazza Parlamento. 22 Completata la condotta pubblica, nacque in molti l'esigenza di avere l'acqua in casa, per cui iniziarono anche gli allacci privati, rendendo necessario un "Regolamento sulla concessione dell'acqua potabile a domicilio". Questo venne approvato nel 1926 dal Podestà Francesco Sangiovanni. 23 Tra le altre opere, da segnalare il condotto di spurgo dalla casa Perricone al Campanile della Chiesa Matrice, deliberato dal Consiglio Comunale il 24 giugno 1906 con una spesa di £. 500. Il secondo tratta fino a Piazza Parlamento si contò di farlo in un altro momento più propizio. 24 Più tormentata fu la vicenda del nuovo Cimitero , che doveva subentrare all'altro di località Zimmariello, ormai intasato ed inadeguato alle esigenze. Il problema cominciò ad agitarsi già dal 1897, quando si avvia la lotteria delle località da reperire allo scopo. Davanti alle difficoltà emergenti si ripiegò nuovamente, come era avvenuto già in precedenza, sugli antichi ex conventi. Il Consiglio Comunale, dopo aver deliberato nel 1905 l'acquisto dell'ex convento di S. Antonio, pensò subito di destinare a cimitero il terreno circostante. Ma non si frappose molto tempo, che si pensò di costruirlo intorno all'ex convento domenicano della Madonna delle Grazie "perchè - si legge nella delibera - risponde alle esigenze del nuovo regolamento speciale sulla polizia mortuaria". 25 Nell'uno e nell'altro caso si pensava di poter utilizzare la chiesa come camera mortuaria ed il fabbricato annesso come abitazione del custode, facendo risparmiare diversi soldi alle casse comunali. Entrambi le soluzioni furono di fatto scartate perchè la scelta nel 1909 cadde definitivamente su un terreno in località Piana delle Felci (c.da S. Leonardo) espropriato alla famiglia Manfredi, dove poi in effetti il cimitero è stato costruito.26 Pur con approvazione sotto-prefettizia dell'11 gennaio 1910 (n. 22), ci volle il 1914 prima che potessero iniziare i lavori. A redigere il progetto venne incaricato l'Ing. Stanislao Martucci, già impegnato a Campana per l'acquedotto e contestualmente per la conduttura lurica. 27 Per alcune difficoltà intervenute e con un piano di spesa di £. 41 mila i lavori poterono iniziare nel 1916 per essere conclusi nel 1920 tra la delusione generale perchè il recinto non era a muratura, ma in tavole. Il fatto venne denunciato anche a mezzo stampa dal giovane Avv. Giovanni Santoro. In un articolo in prima pagina dal titolo Problemi Campanesi così scrive a proposito: "Horresco referens. Campana è senza Cimitero; dico senza perchè non vorrà pretendersi che si chiami cimitero l'orribile rinchiuso di tavole nel quale sono sotterrati i nostri morti. O varii amministratori definitivi e provvisorii che avete sempre considerato con molta leggerezza questo problema; o spudorate autorità tutorie che non vi siete mai presa la briga di far eleiminare con ogni mezzo questa nostra vergogna; o campanesi tutti che con la vostra indolenza dimostrate di non possedere il più sacro e nobile dei sentimenti, quello del rispetto ai morti... nessuna invettiva può essere adeguata alla vostra ignavia perchè tutti avete dimostrato di essere alla pari delle bestie se neppure a quelli che muoiono sapete dare il conforto dell'ultima dimora. (...) Il pudore - poichè sono anche io cittadino campanese - avrebbe dovuto indurmi a tacere questa nostra vergogna; ma non forse bisogna mettere a nudo le piaghe più recondite per ottenere che l'opera sapiente del chirurgo le risani? E fino a quando durerà questo scempio, che costituisce la nostra maggiore vergogna?". 28

Il problema Cimitero, pertanto, restò asperto per concludersi definitivamente nel 1932 allorquando il Podestà Sangiovanni, liquidati sia l'Impresa Lupinacci, appaltatrice dei lavori, sia gli eredi di Francesco Manfredi, di Pasquale, proprietari del terreno, deliberò di approvare la relazione di collaudo fatta il 18 luglio dall'Ispettore del Genio Civile di Cosenza, che riconobbe idoneo il cimitero. 29 Continuando la carrellata delle opere pubbliche di maggior rilievo in questo periodo non è da dimenticare la condotta delle acque luride . Il progetto, inizialmente affidato nel 1914 all'Ing. Martucci, 30 nel febbraio 1916ha come nuovo incaricato l'Ing. Enrico Vitton di Rossano e nel 1920 l'altro rossanese Ing. Domenico Palopoli. Nel 1922 si rese necessario un nuovo aggiornamento dei prezzi.31 Il susseguirsi di progettisti induce a pensare che l'opera non sia mai iniziata, per cui unico condotto di spurgo per il rione Terra restò quello realizzato nel 1906, di cui si è già parlato. E' nel 1925, finalmente, che il Consiglio Comunale dà incarico all'Ing. Giulio Nicola Santoro perchè, prendendo come riferimento il progetto dell'Ing. Palopoli del 1922, lo estenda al rione S. Croce. 32 Ancora una volta il progetto viene approvato dal Genio Civile il 24 settembre 1928, viene deliberata la contrazione di un mutuo trentacinquennale presso la Cassa Depositi e Prestiti, ma i lavori inspiegabilmente non vengono appaltati. 33 Si dovrà arrivare al 1932 per vedere l'avvio dei lavori, la cui direzione è data allo stesso Ing.


Santoro progettista. L'impresa appaltatrice fu la ditta Luigi Giovanni Lanza di Cosenza, che assunse anche i contemporanei lavori di pavimentazione delle strade. 34 Dopo numerose proroghe concesse dal Podestà Sangiovanni, i lavori poterono essere consegnati nel 1934 contestualmente a quelli della pavimentazione. 35 Alla fine della guerra 1915-18 risale la costruzione della teleferica , costruita dai prigionieri austriaci per il trasporto del legname silano da Mezzocampo alla Stazione ferroviaria di Cariati. Il Consiglio Comunale nel dicembre 1918 delibera di accettare dalla Società Sila Savelli, che la gestiva, la somma di £. 2455.50 a titolo di indennizzo per i danni arrecati ai fondi comunali dal passaggio delle sue stazioni.36 La teleferica rimase in funzione fino allo scoppio della seconda guerra mondiale. Nel 1935, all'altezza del fondo Catachilla, sopra l'attuale cimitero, vi fu un grave incidente, che costò la vita ad Antonio Aiello e a Francesco Manfredi. Fatto importante per la rapida comunicazione col mondo esterno fu l'istituzione in paese del servizio telefonico , inaugurato il 25 luglio 1920 dal Commissario Prefettizio Avv. Giuseppe Fontanella. Per l'occasione si tenne un ricevimento d'onore durante il quale l'Avv. Giovanni Santoro pronunciò il discorso ufficiale. 37 Concludiamo questa parte segnalando l'esigenza inevasa del paese di avere un edificio scolastico . esprime il disagio Giovanni Santoro in un articolo già citato:

38

Così

"A Campana, capoluogo di Mandamento, ricco comune di quattromila abitanti, i locali scolastici sono ogni anno improvvisati nelle case dei privati, ed i due soli vani di proprietà comunale, adibiti a scuola, stanno di fronte alle carceri mandamentali giudiziarie: nuovo sistema moderno di educazione della adolescenza ingenua! Una iniziativa privata qualche anno fa, di fronte a questo sconcio voleva a sue spese portare a compimento l'edifizio scolastico e regalarlo al Comune di Campana. Vi fu chi nella generosa offerta volle vedere un agguato; si iniziò un sistema di ostruzionismo volgare contro l'uomo il cui disinteresse fu malamente interpretato; si lanciarono persino basse e stupide insinuazioni contro il generoso offerente e contro coloro che ne stimolavano l'iniziativa ... il fatto sta che l'edifizio scolastico, nonostante le leggi provvide sul riguardo, non è stato ancora costruito, ed i nostri bambini nelle rigide e nevose stagioni invernali apprendono i primi elementi del sapere in stanze umide ed antigieniche, e spesso disertano le scuole". 39

2.

La guerra 1915-1918

La dichiarazione di guerra all'Austria da parte dell'Italia nel maggio 1915 con la conseguente mobilitazione generale, costò anche a Campana un prezzo pesante di vite umane, che oggi più che mai, nel momento in cui si vuole mettere a rischio l'unità nazionale, reclamano da tutti rispetto e civico onore. Centinaia furono i giovani chiamati alle armi, anche se, purtroppo, non abbiamo disponibile l'elenco completo dei meritevoli, molti dei quali, pur avendo scritto pagine di storia col sangue, ci restano ignoti. Non così per i 30 caduti, che segnaliamo alla memoria per gradi militari ed in ordine alfabetico: tenente Francesco Pancali del 142° Reggimento Fanteria (1891-1917); caporal maggiore Giuseppe Bastone (1895-1918); cap. magg. Giuseppe Sangiovanni (1890-1916); soldati Domenico Aprigliano (1897-1917); Nicola Aprigliano (1888-1915); Gennaro Salvatore Biondo (1893-1915); Vincenzo Cerenzia (1895-1915); Giovanni Cofone (1898-1916); Bruno Cornicelli (1889-1915); Francesco Croce (1889-1918); Nicola Croce (1891-1916); Carmine Ferraro (1886-1918); Saverio Ferraro (1876-1918); Saverio Grano (1888-1915); Domenico Grilletta (1883-1916); Francesco Ionfrida (18841917); Francesco La Pietra (1894-1916); Francesco Maccarrone (1890-1915); Francesco Madera (1893-1918); Luigi Murano (1897-1918); Saverio Oliverio (1898-1917); Luigi Palopoli (1896-1917); Francesco Parrotta (1887-1918); Saverio Parrotta (1891-1918); Francesco Pugliese (1886-1917); Antonio Rossano (1880-1917); Antonio Rossano di Saverio (1893-1916); Saverio Rossano (1896-1916), decorato con medaglia di bronzo al v. m.; Domenico Sblendido (1880-1917); Pietro Sciarrotta (1885-1917). 40 A questo elenco di caduti sono da aggiungere i reduci, alcuni dei quali, ancora vivi nel 1970, hanno ottenuto dal Presidente della repubblica l'onorificenza di Cavalieri di Vittorio Veneto. 41 La consegna venne fatta dal sindaco Ing. Ernesto Funaro nel corso di una cerimonia pubblica. Ottennero l'onorificenza: Domenico Ausilio, Francesco A. Ausilio, Giuseppe Ausilio, Luigi Ausilio Madera, Domenico Caccuri, Leonardo Caccuri, Domenico Cerenzia (ritira la moglie), Salvatore Cofone, Domenico Cosentino, Belfiore Salvatore Cosenza, Domenico Costantino (Via Calzolai), Domenico Costantino (Via Roma), Vincenzo Costantino, Francesco Crescente, Serafino De Luca, Giuseppe Germinara (ritira il figlio), Vincenzo Germinara, Antonio Francesco Greco, Francesco Greco, Giovanni Greco, Giuseppe Greco (ritira figlia), Pasquale Antonio Greco, Saverio Greco, Francesco Domenico Grillo, Francesco Ioverno (ritira moglie), Pasquale Vincenzo La Pietra (ritira moglie), Andrea Antonio Lautieri, Giacomo Giuseppe Madera, Giuseppe Madera, Santo Gennaro Madera, Vincenzo Madera, Nicola Manfredi, Pasquale Manfredi, Antonio Marino (ritira moglie), Domenico Parrotta, Francesco Parrotta, Antonio Rossano,


Francesco Antonio Rossano, Domenico Rovito (ritira figlia), Pasquale Rovito, Pietro Rovito (ritira figlio), Luigi Santoro, Giovanni Santoro Maccarrone, Francesco Giovanni Sciarrotta, Giuseppe Sciarrotta, Pietro Sciarrotta, Bruno Serafini, Francesco Serafini, Giovanni Francesco Serafini, Luigi Sicilia (ritira nuora), Pasquale Spina, Tommaso Spina, Nicola Tridico, Pietro Tridico, Francesco Urso. Altri ebbero la sola medaglia ricordo. Tra questi: Igino Biagini, Gaetano Capocasale, Isidoro Caruso, Antonio De Sessa, Giacinto Grillo, Antonio Ionfrida, Domenico Machera, Francesco Scavello, Domenico Viola. 42 Su tutti si distinsero Vincenzo Lautieri, Giuseppe Rovito e Lorenzo Spina, che vennero decorati con medaglia al valore militare. Vincenzo Lautieri , soldato del 77° Reggimento Fanteria nell'operazione sul fiume Livenza il 1° novembre 1918 si guadagnò la medaglia di bronzo al v. m. con questa motivazione: "Animato da alti sentimenti, fu sempre tra i primi nelle imprese più arrischiate, servendo di guida e di esempio. In una speciale occasione si offrì volontario a far parte di una pattuglia che doveva provvedere al gittamento di una passerella sul fiume, e, individuata una mitragliatrice avversaria che ostacolava i lavori, con un compagno di pari ardimento, profittando della copertura del terreno e giuocando d'astuzia, aggirò l'arma, le si avvicinò ed attaccatala di sorpresa, ne mise in fuga i serventi, catturandola insieme ad altro materiale". 43 Giuseppe Rovito , caporal maggiore 63° Regg. Fanteria, nella compagnia di Serbia per un'operazione a quota 1050 m., il 10 maggio 1918 ottenne la Croce di guerra distinguendosi "per calma, coraggio e sentimento del dovere, durante un attacco nemico". 44 Lorenzo Spina , Sottotenente di complemento della 1607 Compagnia mitragliatrici. Il 19 giugno 1918, ad Arcade sul Piave ottenne la medaglia di bronzo con questa motivazione: "Comandante di una compagnia di mitragliatrici; appoggiò efficacemente l'avanzata della nostra fanteria. Sopraffatta quasi la nostra linea da ingenti forze nemiche, dando bell'esempio di calma e coraggio, rimase saldo al proprio posto, continuando a far fuoco finchè la situazione non venne completamente ristabilita, l'avversario respinto". 45 Oltre alla medaglia di bronzo, il Dott. Spina il 5 marzo 1919 (concessione n. 20029) ricevette la Croce al merito di guerra sia dal Comandante del Corpo d'Armata Montanara, sia dal Comandante del XXVI Corpo d'Armata. 46

3.

La quotizzazione del 1919

La quotizzazione del 1919, richiesta ormai dalla delicata situazione socio-economica seguita alla fine della guerra, era stata preceduta da una serie di interventi dell'amministrazione comunale fin dai primissimi anni del secolo volti sia a salvaguardare il demanio comunale, sia a regolamentare i rapporti con i fittuari. E' del giugno 1906 la concessione in enfiteusi di beni patrimoniali siti in località Ficuzza e Incavallicata da destinare a colture a vigneti. 47 La stessa operazione verrà ripetuta nel 1909 con un regolamento in cui era fissato un canone fisso per tutti i quotisti. Su questo il Sottoprefetto di Rossano con dispaccio n. 173 del 20 gennaio 1910 fece delle osservazioni chiedendo chiarimenti. Vi si legge: "Rilevo poi che non sembra si possa determinare a priori un canone fisso dal momento che sono diverse la natura e la estenzione del terreno, che costituiscono le singole quote. E' bene che per ogni singola quota il perito proponga il canone secondo la qualità e la estenzione del terreno, salvo l'approvazione del Consiglio". 48 Il 6 marzo successivo il Consiglio approva un nuovo Capitolato per i fitti dei fondi comunali articolato in 25 punti. 49 Analogo capitolato in 17 articoli venne approntato per il sessennio 1912-1918 per i fondi Foresta e Montagna. 50

Altra concessione in enfiteusi di beni comunali di località Ficuzza e Incavallicata si ebbe nel 1914. Le norme principali per l'assegnazione vennero stabilite in 5 punti destinando i fondi a colture di vigne e ortalizio. 51 Per lo scoppio della guerra la quotizzazione venne sospesa per essere ripresa con un nuovo Regolamento nel gennaio 1919. 52 Il 1919, comunque, è soprattutto l'anno della quotizzazione del fondo Torracca, deliberata dal Consiglio Comunale il 12 gennaio 1919 ed approvata dal Prefetto di Cosenza il 25 febbraio successivo. Il testo della delibera adottata dal sindaco Pasquale Santoro e dai consiglieri Gennaro Madera, Luigi Romito, Angelo Sangiovanni, Giuseppe Luzzi, Enrico De Martino, Saverio Manfredi, Filomeno Santoro e Giuseppe Ausilio recita così: "Considerato che il Comune di Campana possiede molti beni che si mantengono incolti ed improduttivi da parecchi anni. Considerato che il popolo di Campana, in massima parte contadini, non trova agio ne' terreni da potere adibire alla coltura dell'ulivo, giacchè l'unica contrada adattata alla piantagione di simili alberi tanto utili per la popolazione è la contrada Torracca, la quale sorge all'altezza di circa 300 metri sul mare, in zona inferiore all'abitato, ed ove in molta parte l'ulivo nasce spontaneamente. Considerato che il


detto fondo è estesissimo e potrebbe soddisfare i bisogni non solo dei poveri, ma anche dei piccoli possidenti, i quali con maggiore facilità potrebbero provvedere alla coltivazione dell'immobile. Considerato che il Comune non perderebbe di rendita perchè il canone che verrà a determinarsi dovrà essere proporzionato ed equivalente a quanto prima il terreno fruttava al Comune. Considerato che è questo proprio il momento di soddisfare i giusti desideri dei cittadini che hanno combattuto per l'onore della Patria, e che oggi chiedono lavoro per i bisogni delle proprie famiglie. Considerato che i Comuni sono in obbligo, per quanto sia possibile di provvedere per il benessere della popolazione e si verrebbe con l'attuazione di simili provvedimenti fra non molti anni a mettere questi cittadini in condizione di rilevante benessere per la grande produttività e utilità dell'ulivo. Delibera di concedere, come concede a favore di questi cittadini il fondo comunale Torracca, allo scopo di lottizzarsi da persona tecnica che sarà con altra delibera designata dall'amministrazione, e a cui si determineranno le dovute indennità prima di cominciare le operazioni. Come verrà specificato in seguito, ogni lotto deve attribuirsi a persona atta alla coltura con precedenza dei cittadini che hanno combattuto per la Patria, o che siano riconosciuti poveri. Ove poi vi siano lotti in supero, questi vanno attribuiti gradatamente ai piccoli possidenti; e che pure siano in condizione di potere coltivare la proprietà. Ogni singolo lotto si dichiara inalienabile per un ventennio, ed ove la persona a cui fu consegnato, non provvede alla coltura a preferenza di ulivi nel termine di quattro anni, l'Amministrazione Comunale riserba il diritto di revocare la concessione ed attribuirlo ad altro richiedente. Nel caso di decesso dell'assegnatario prima che il terreno fosse coltivato, questo rientra di nuovo all'Amministrazione per farne un'altra assegnazione. Lo stesso vi pratticherà ove l'assegnatario non avesse eredi. Tutti i concessionari avranno obbligo di rispettare tutte le norme e modalità che verranno determinate dal perito, il quale dovrà costituire i lotti da due a tre moggiate a secondo la natura del terreno, determinando anche il relativo canone. Il presente verbale, previa lettura viene firmato come appresso: il Presidente P. Santoro; il membro anziano F. Santoro; il segretario Lorenzo Furgiuele". 53

Malgrado i buoni propositi, il progetto dell'assegnazione delle terre restava immotivatamente nel cassetto. Per smuovere le acque, ad iniziativa di Domenico Machera si costituì la Lega dei Contadini, in seno alla quale sorse anche una Cooperativa Agricola e di Consumo. Venne chiesto un incontro chiarificatore col Sindaco, 54 che di buon grado accolse la delegazione in Municipio. Gli eventi, però, precipitarono col rischio di una pericolosa sommossa popolare. Così racconta i fatti Domenico Machera, uno dei protagonisti: "Allo scopo di accelerare la risoluzione del problema, nel luglio successivo chiedemmo al Sindaco di riceverci in Commissione nella casa comunale onde discutere e prendere accordi decisivi sull'argomento. Ottenuta l'adesione fu indetta la riunione in un giorno festivo e fummo ricevuti nella sala delle Udienze. Nel mentre la discussione stava per entrare nella fase conclusiva, repentinamente una schiera di popolo, con impeto invase la sala. La folla imprudente ed accesa d'ira, voleva sfogare la collera contro il primo cittadino, forse il meno responsabile delle addebitate colpe. Cercai di fargli scudo e con altri compagni fu accompagnato a casa, al riparo di ogni violenza ed offesa. Riuscii a stento a sedare quella fiamma esplosa da rancori che da secoli era rimasta serrata e soffocata nei petti; e raccolta quella folla affannata sul Largo Annunziata vi tenni un comizio a conclusione del quale fu redatto un ordine del giorno indirizzato al sindaco e p. c. al prefetto e al Ministero degli interni col quale si chiedeva di dar corso, senza ulteriore ritardo, all'assegnazione delle quote. L'esito si faceva attendere e allora diedi impulso all'agitazione più intensa, con frequenti comizi e obbligammo l'amministrazione a dimettersi". 55

In effetti il 24 luglio 1919 il sindaco f.f. Saverio Manfredi e tutto il Consiglio si dimisero con questa motivazione: "Il Consiglio considerato che di fronte alle cose normali che oggi si svolgono non solo a Campana, ma in tutta Italia; cosiderato che non è possibile accontentare le masse disfrenate di una piccola parte della popolazione che pretendono ciò che non si può loro concedere e ciò che non spetta loro; considerato che pochi individui, a scopo elettorale, mettono dissidi in questa pacifica popolazione, spingendola e sobillandola contro l'autorità costituita; il Consiglio che aveva già proposto dimettersi prima che fosse comunicato l'insidioso e bilioso, per quanto posticcio, telegramma del Sig. Cundari, nel respingere le frasi tendenziose e che non rispondono a verità di cose, ha deciso di dimettersi in massa, come si dimette di fatto, anche per protesta contro le basse insinuazioni". 56

Anche il Prefetto di Cosenza, in un Rapporto al Ministro degli Interni, il 22 luglio si era interessato d'ufficio ai fatti di Campana. Tra l'altro scrive: "... circa 300 persone con musica e bandiera del Municipio ... gridando: abbasso speculatori, vogliamo requisizione generi e ribasso 50%. Furonvi numerosi oratori occasionali che invitarono dimostranti alla calma". 57 A seguito delle dimissioni del Sindaco, il Sottoprefetto di Rossano nominò Commissario Prefettizio il Dott. Ippolito, che non raccolse la benevolenza della popolazione, per cui dovette lasciare l'incarico. Intanto il 3 agosto 1919, dopo un amorevole richiamo del Sottoprefetto, l'amministrazione Manfredi ritirò le dimissioni rientrando in carica. 58 La prova non resse, per cui nuovo Commissario Prefettizio venne inviato il Dott. Giuseppe Natale di Cropalati, il quale, come scrive Machera, "animato da generosi istinti, di comprensione e di alto valore umano, con sagacia e


saggezza seppe interpretare, con acuminata oculatezza, i bisogni del popolo e senza indugio mise in esecuzione il progetto" della quotizzazione. 59 Per sopperire alle spese dell'operazione, trovandosi il Comune in dissesto finanziario, il Commissario chiese la collaborazione della Lega dei Contadini, che raccolse 10 lire da ogni assegnatario da versare alla Cassa comunale. In questo modo, tra il 1919-1920, anche dietro la spinta delle forze contadine, si potè effettuare l'attesa assegnazione dei fondi comunali Torracca e Ficuzza. Dall'Archivio Comunale ricaviamo l' Elenco I delle famiglie di contadini nullatenenti, ed ex combattenti ritenuti dall'apposita Commissione per l'assegnazione di lotti di terreni comunali nelle proprietà Torracca e Ficuzza destinati dall'Amministrazione alla lottizzazione ed approvato il provvedimento dall'Autorità Tutoria . Gli assegnatari furono complessivamente 145, di cui diamo a seguire i nominativi: 1. Allevato Cataldo fu Serafina; 2. Ausilio Giuseppe fu Tommaso; 3. Ausilio Pietro fu Domenico; 4. Ausilio Francesco di Gennaro; 5. Ammannato Giuseppe fu Luigi; 6. Ausilio Giuseppe di Antonio; 7. Ausilio Pasquale fu Antonio; 8. Acri Pasquale fu Vincenzo; 9. Aprigliano Filomena fu Pasquale; 10. Abbenante Giuseppe e Parrotta Virginia; 11. Ammannato Antonio di Giuseppe; 12. Ausilio Alfonso di Antonio; 13. Ausilio Domenico di Gennaro; 14. Benevento Pietro fu Pasquale; 15. Bastone Rocco Saverio; 16. Benevento Francesco fu Vincenzo; 17. Barretta caterina fu Giuseppe; 18. Benevento Antonio di Virginia; 19. Barretta Pasquale fu Giuseppe; 20. Bonanno Pietro fu Pasquale; 21. Biondo Giovanni di Domenico; 22. Costantino Vincenzo fu Giovanni; 23. Caccuri Domenico di Francesco; 24. Caccuri Salvatore fu Domenico e figlio Francesco; 25. Caruso Francesco fu Vincenzo; 26. Covelli Salvatore fu Leonardo; 27. Cosenza Pasquale di Teresa; 28. Clausi Tommaso di Giuseppe; 29. Caligiuri Nicola fu Francesco; 30. Cosentino Filippo fu Domenico; 31. Cosenza Filippo fu Saverio; 32. Cornicelli Giacomo fu Francesco; 33. Caccuri Antonio fu Francesco; 34. Caccuri Pasquale fu Andrea; 35. Cofone Francesco; 36. Cosentino Domenico di Salvatore; 37 Campana Egidio di Giuseppe; 38. Coco Giovannina fu Giambattista; 39. Cosenza Pasquale fu Pietro; 40. De Luca Francesco fu Serafino; 41. Formaro Nicola e Giovanni di Arcangelo; 42. Filippelli Giacobba fu Alfonsa; 43. Ferraro Salvatore fu Saverio; 44. Grillo Andrea di Antonio; 45. Greco Pietro di Emmanuele; 46. Germinara saverio di Vincenzo; 47. Giordano Guglielmo di Filomena; 48. Grilletta Laura fu Domenico; 49. Greco Pietro di Pasquale; 50. Greco Giovanni di Vincenzo; 51. Grillo Francesco di Domenico; 52. Greco Antonio di Pietro; 53. Greco Saverio di Virginia; 54. Greco giovanni di Raffaele; 55. Grillo Giacinto di Domenico; 56. Grilletta Tommaso fu Matteo; 57. Greco Pasquale fu Giuseppe; 58. Greco Saverio di Domenico; 59. Germinara Giacinto fu Domenico; 60. Grande Domenico fu Vincenzo; 61. Grano Giuseppe fu Lorenzo; 62. Gentile Pietro di Fortunato; 63. Greco Pasquale fu Domenico; 64. Ioverno Pasquale fu Antonio; 65. Ioverno Eugenio fu Francesco; 66. Ioverno Saverio fu Luigi; 67. Ioverno Francesco di Domenico; 68. Ionfrida Giuseppe fu Antonio; 69. Ioverno Vincenzo fu Saverio; 70. Ioverno Domenico e Luigi fu Pietro; 71. Ioverno Domenico fu Luca; 72. Lerose Vincenzo di Andrea; 73. Lapietra Luigi e figli celibi; 74. Luzzi Giuseppe fu Vincenzo; 75. Lerose Antonio fu Giuseppe; 76. Marino Lorenzo fu Domenico; 77. Manfredi Domenico fu Vincenzo; 78. Manfredi Giuseppe fu Salvatore; 79. Marino Domenico fu Nicola; 80. Maccarrone Pasquale fu Luigi; 81. Madera Pasquale Vincenzo di Virginia; 82. Madera Pietro e figlio Giuseppe; 83. Madera Luigi di Virginia; 84. Murano Emilio di Virginia; 85. Murano Vincenzo di Pasquale; 86. Parise Vincenzo di Domenico; 87. Parrotta Vincenzo fu Carlo; 88. Piro Filippo fu Andrea; 89. Parrotta Luigi fu Domenico; 90. Patera Vincenzo di Giuseppe; 91. Pantuso Cataldo fu Antonio; 92. Parrotta Giovanni fu Maria; 93. Parrotta Pasquale di Giuseppe; 94. Parrotta Francesco di Giuseppe; 95. Pugliese Domenico fu Carmine; 96. Parrotta saverio di Pasquale; 97. Patera Domenico fu Pasquale; 98. Patera Giuseppe e padre Domenico; 99. Pugliese Saverio fu Pasquale; 100. Parrotta Domenico fu Antonio; 101. Piro Beniamino fu Tommaso; 102. Parrotta Pietro di Elisabetta; 103. Rossano Caterina fu Saverio; 104. Rovito Giovanni fu Giuseppe; 105. Rossano Teresa di Domenico; 106. Rossano Giuseppe fu Francesco; 107. Rovito Pietro fu Pasquale; 108. Rotondo Giuseppe fu Luigi; 109. Rovito Francesco fu Vincenzo; 110. Rovito Andrea fu Vincenzo; 111. Rotondo Giuseppe fu Saverio; 112. Rotondo Pasquale e Antonio fu Saverio; 113. Rovito Vittorio di Nicola; 114. Scalambrino Francesco di Salvatore; 115. Sciarrotta Lorenzo di Teresa; 116. Serafini Francesco Giuseppe fu Salvatore; 117. Santoro Francesca fu Gabriele; 118. Sciarrotta Giuseppe fu Giovanni; 119. Straface Francesco fu Saverio; 120. Sciarrotta Vincenzo fu Giovanni; 121. Scigliano Rocco fu Rocco; 122. Scalambrino Salvatore fu Domenico (Ilice); 123. Spina Giuseppe fu Saverio; 124. Serra Saverio fu Nicola; 125. Santoro Angelo Saverio fu Serafino; 126. Sicilia Luigi fu Francesco; 127. Spina Giovanni di Domenico; 128. Sciarrotta Ignazio di Francesco; 129. Serafini Bruno di Domenico; 130. Santoro Giovanni fu Serafino; 131. Serafini Francesco di Nicola; 132. Todaro saverio fu Giacomo; 133. Tridico Pietro di Salvatore; 134. Tucci Vincenzo fu Giuseppe; 135. Tridico Francesco di Salvatore; 136. Tallarico Vincenzo fu Giuseppe; 137. Tridico Antonio fu Saverio; 138. Tridico Pasquale fu Andrea; 139. Tridico Agostino fu Domenico; 140. Tramonte Giovanni fu Saverio; 141. Tridico Francesco di Giuseppe; 142. Urso Giacomo d'ignoti; 143. Urso Alfredo di Giuseppina; 144. Viola Nicola e figlio Domenico; 145. Viola Antonio e Pugliese Caterina. Completata l'assegnazione dei menzionati fondi comunali, si notò che 47 famiglie erano rimaste senza quota. Il sindaco Machera, che si era insediato il 10 ottobre 1920, con il consenso del Consiglio Comunale, nel dicembre successivo, deliberava di lottizzare e assegnare alle famiglie sprovviste il fondo Nepitetto destinandolo a colture di cereali e di patate. 60 Si concludeva così un'operazione da lungo progettata e che servì a riportare in paese una certa calma sociale.


4.

Il campo delle Vavole

Il Campo delle Vavole, 61 località ai confini tra Campana-Savelli e Verzino, apparteneva al demanio comunale. Nel passato il principe Sambiase vi aveva goduto il diritto del terzo ("ius tertii") sul reddito annuo e ad anni alterni era dato in fitto ora a pascolo, ora a coltura, soprattutto grano. 62 Nel 1921 il Campo delle Vavole andò acquistando la fisionomia di un vero e proprio villaggio di contadini. In tale anno, infatti, vi si trasferirono ben 56 famiglie di Savelli. 63 Non sono tempi facili per i contadini, assillati sia dalla mancanza di terra, sia da patti agrari e fitti gravosissimi. Lo scontento si aggrava anche per la mancata o ridotta ripartizione delle terre promesse agli ex combattenti e reduci della guerra 1915-18. Dalla delusione si passa all'occupazione abusiva delle terre demaniali determinando spesso fenomeni di intolleranza e relativa repressione da parte delle forze dell'ordine. 64 In questo clima rovente Campo delle Vavole si trasforma ad opera appunto dei menzionati savellesi, per lo più ex combattenti ed ex emigrati rientrati dal Nord America, che pensarono bene di uscire dalla mischia acquistando quelle terre, costruendovi fabbricati rurali ed incrementando le colture consentite dal terreno. Dai Registri del Catasto del secondo dopo guerra si evince che i terreni sono di tipo seminativo, pascolo, bosco ceduo e ad alto fusto, castagneto, querceto. Molta parte venne coltivata a vigna, mentre i fabbricati rurali costruiti risultano ben 34 distribuiti nelle varie proprietà circostanti (Campo delle Vavole, Destre del Cavaliere, Cozzo del Bersagliere, Tracchietto, Cannavata, Cugnale di Raffaele, Grecianelli, Pinacchietti, Macchia della Regina). La popolazione arrivò fino a circa 500 abitanti, tanto da suscitare preoccupazione nell'arcivescovo di Rossano Domenico Marsiglia. Nel 1934 l'arcivescovo volle visitare di persona il villaggio per amministrarvi anche la Cresima. Il suo segretario così annotò nel diario: "Durante la visita a Campana S. E. volle andare al Campo delle Vavole. Si andò in auto per un buon tratto (fino al Cozzo del Morto), poi si dovette prendere un sentiero e proseguire a cavallo, tra folti querciuoli. Giunti nelle vicinanze, trovammo gli archi rudimentali, ma tanto festosi: era l'espressione genuina della gioia, dell'entusiasmo e della fede di quei semplici e buoni campagnoli". 65 L'arcivescovo rimase colpito dallo stato in cui vivevano quelle famiglie, pr cui si prodigò in tutti i modi per ottenere provvisoriamente una sezione di scuola elementare. Intanto dava incarico all'arciprete Pancali di Campana di compilare l'elenco dei bambini in età scolare e di farlo pervenire all'Ispettore scolastico. Il 6 febbraio 1935 l'arciprete comunicava che pur avendo provveduto a spedire gli elenchi, la pratica aveva bisogno di altri interventi: "Ubbidiente a quanto V. E. mi comandava circa il visto dell'Autorità competentedell'elenco dei ragazzi che frequenterebbero la scuola di Campo delle Vavole, l'Ispettore scolastico di Cotrone.. rispondeva ... che dette pratiche debbono essere mandate a lui dagli stessi interessati direttamente... Non sapendo come regolarmi, accludo a V. E. i due elenchi vistati". 66 Superate le difficoltà burocratiche, la scuola sussidiata entrò in funzione l'anno successivo. Maestro fu nominato Francesco Sacco del luogo, il quale, incoraggiato dalla disponibilità di Mons. Marsiglia, il 15 dicembre 1936 gli scrisse esponendo il vivo desiderio della gente di avere anche a Campo delle Vavole una "chiesetta ove avvicinarsi al nostro Signore". A stretto giro, da Rossano arrivò la risposta positiva (29 dicembre 1936) con l'invito a costituire un Comitato che individuasse la località più adatta ed avviasse con l'aiuto dell'arciprete D. Gaetano Pancali le pratiche necessarie. Il progetto della chiesa venne redatto dal geom. Giuseppe Alessi di Savelli. 67 Non conosciamo i motivi per cui la costruzione della chiesa non andò in porto, anche se risulta che l'arcivescovo Marsiglia ritornò al Campo delle Vavole ancora nel maggio 1940. 68 Il villaggio savellese in terra di Campana continuò a vivere fino agli anni recenti della emigrazione di massa, che allontanò le nuove generazioni dalla terra e determinò la fine dello stesso villaggio, ormai completamente disabitato.

5.

Ultime vicende prima del Fascismo

La fine della guerra ed il ritorno dei reduci aveva riportato entusiasmo e fiducia. Ben presto, però, la musica mutò: mancavano i viveri, i prezzi erano saliti alle stelle, le famiglie vivevano in estrema povertà e senza risorse. Abbiamo in parte seguito l'evolversi della situazione attraverso la vicenda della quotizzazione di Torracca, Ficuzza ed Incavallicata. Ed in realtà il momento sociale e politico, già teso e arroventato per il contrapporsi delle avverse fazioni, andò aggravandosi con vere e proprie rappresaglie intestine e missioni punitive contro i fautori e i propugnatori delle nuove istanze sociali di sinistra. Chi usciva dalla norma era accusato di disfattismo, sedizione e anarchismo. E' quello che accadde, per esempio, al giovane avvocato Luigi Manfredi, "uomo di straordinaria intelligenza e d'una cultura enciclopedica",69 denunciato nel 1918 come squilibrato perchè "di idee anarchico-socialiste" e processato per "disfattismo", come risulta dal rapporto del Prefetto di Cosenza del 26 ottobre 1918.70 Per star fuori dalla beghe di paese, il Manfredi andò a vivere presso uno zio a castelsilano, allora Casino, dedicandosi alla professione. 71 La tensione, che ormai aveva inasprito gli animi, ebbe ripercussioni anche nella vita amministrativa del paese. Al lungo periodo di stabilità politica del sindaco Pasquale Santoro (1903-1918), seguirono anni di altalena politica, che si conclusero con la presa del potere del Fascismo.


Il Not. Santoro, concluso il suo quarto mandato nel 1918, malgrado la proroga disposta dal Governo per tutte le cariche pubbliche, preferì farsi da parte, per cui assunse la carica di sindaco l'assessore anziano Saverio Manfredi, fino alle dimissioni in blocco del Consiglio, avvenute il 24 luglio 1919 per i noti fatti già ricordati. Seguirono fino all'ottobre 1920 ben 3 gestioni di Commissari Prefettizi (Ippolito, Natale e Fontanella), che si conclusero con le elezioni e la nomia a sindaco di Domenico Machera, che ebbe la meglio sul Dott. Raffaele Masci. 72 Ma la pace non tornò tra gli ulivi perchè i disordini continuarono e gli scontri tra squadristi fascisti in forte crescita e i socialisti erano all'ordine del giorno. I socialisti ed il sindaco Machera in particolare furono fatti oggetto di una vera persecuzione con spedizioni punitive e violente aggressioni. Non mancarono i feriti, tra cui Giuseppe Spina (Mizzicunu) e Vincenzo Germinara (Cugnatella), mio nonno, entrambi fuori della mischia. Del clima arroventato e degli atti di violenza venne ritenuto responsabile il sindaco, per cui il 27 agosto 1921 il Prefetto, dopo averne fatto rapporto al Ministro, 73 sciolse il Consiglio Comunale costringendo il sindaco alle dimissioni. A gestire il Comune venne inviato come Commissario Prefettizio Raffaele Passavanti. 74 Il fatto provocò la reazione dei Deputati Pietro Mancini ed Enrico Mastracchi, che il 25 novembre successivo presentarono senza esito un'interrogazione al Ministro dell'Interno "sull'arbitrario scioglimento dell'amministrazione socialista di Campana". 75 La nuova gestione commissariale servì a predisporre le nuove elezioni, che si tennero l'8 dicembre 1921 con l'affermazione della lista del Dott. Raffaele Masci, che venne eletto sindaco. 76 Malgrado il clima politico favorevole - era appoggiato dalle destre - il Dott. Masci il 21 giugno 1923 si dimise da sindaco, ufficialmente per ragioni di carattere privato e familiare. 77 In realtà sembra che le dimissioni siano state determinate da questioni finanziarie, in quanto il Consiglio e la Giunta non avrebbero approvato l'entità delle spese da lui sostenute per un viaggio a Cosenza per pratiche del Comune, ritenute da tutti eccessive e gonfiate. Contestualmente all'accettazione delle dimissioni, il Consiglio elesse sindaco Saverio Manfredi, che si mantenne in carica fino al 16 luglio 1926, giorno in cui Francesco sangiovanni si insediò nel suo Ufficio di Podestà in forza del D. R. del 7 luglio dopo che il giorno prima aveva fatto a Cosenza il giuramento davanti al Prefetto. 78 La cennata alternanza amministrativa non impedì, comunque, la realizzazione di alcune opere pubbliche degne di nota, alcune delle quali sono state già segnalate. Di non poco conto è stata l'istituzione nel 1924 di un servizio automobilistico Cariati-Campana-S. Giovanni in Fiore con relativo servizio postale. 79 L'inaugurazione del servizio dal Consiglio Comunale venne attribuita all'interessamento del Sottoprefetto di Rossano, Dott. Giuseppe Labisi, a cui venne dato un pubblico voto di plauso. Si deliberò un sussidio di £. 1200 annue alla ditta appaltatrice "sotto condizione che la ditta avochi a se il servizio postale e che anzicchè effettuare la fermata al Rione S. Croce scenda fino in paese". 80 Da ricordare inoltre l'iniziativa di fornire il paese di energia elettrica. 81 Il contratto a scadenza decennale, venne stipulato nel febbraio 1924 con la Società creata dall'Ing. Pietro del Vecchio e da Massimo Clausi, che da poco avevano impiantato una centrale idroelettrica nel torrente Laurenzana. 82 Per la relativa distribuzione dell'energia elettrica venne costruita la cabina elettrica di Zimmariello, di cui oggi restano i ruderi e che rimase in funzione fino alla statalizzazione dell'Energia Elettrica col passaggio del servizio all'Enel. Entrambe le opere si devono al sindaco Saverio Manfredi, ultimo in carica prima dell'avvento del Podestà.

NOTE 1

Cfr. L. IZZO, La popolazione calabrese , Napoli 1965, p. 321. Cfr. G. VALENTE, Dizionario dei luoghi della Calabria , Chiaravalle Centrale 1973, I, pp. 165-168. 3 Se ai primi del 900 i mulini sono ridotti a questi 6, qualche decennio prima erano ben 14, che versavano una tassa di £. 5019.90: cfr. E. ARNONI, Calabria Illustrata , Cosenza 1876, vol. I, p. 99. 4 Cfr. ACC, Deliberazioni Comunali , 26 novembre 1905. 5 Francesco Manfredi, figlio di Lorenzo, è nato a Campana nel 1880. Plurilaureato in Lettere e Filosofia, Legge e Farmacia, si dilettava in studi storici su Campana. Di lui il nipote Giuseppe Campana conserva un manoscritto su Brevi cenni biografici su Mons. Francesco Marino . Nel 1899 sulla rivista "Orpheus" di Napoli pubblicò la poesia Vesperale a Campana , ripubblicata sul n. 1 del 1971 (anno 3) di "Campana Sprint", periodico dattiloscritto uscito ad iniziativa di alcuni giovani del paese tra il 1969-1971. Morì giovanissimo all'età di 32 anni nel 1912. A lui l'Amministrazione Comunale ha dedicato la Via che da Piazza S. Croce porta allo Stadio "Vittorio Scalambrino"( una volta nota come via del Conservatorio). 6 Cfr. Nuova Rossano , febbraio 1906, anno III, n. 3. 7 Cfr. ACC, Deliberazioni Comunali , 17 febbraio e 18 agosto 1907. Il brigadiere Ciuffoletti, nato a Pagania (Aq), fu per diversi anni a capo della Stazione dei Carabinieri di Campana acquistandosi la stima della popolazione. Verrà poi trasferito a Casarano causa matrimonio. 2


8

Cfr. Nuova Rossano , 20 maggio 1906, III, n. 10. Il progetto era stato presentato dall'Amministrazione Comunale fin dal maggio 1905 in base alla Legge 8 luglio 1903: cfr. ACC., Deliberazioni Comunali , 28 maggio 1905. La notizia dell'accoglimento del progetto venne comunicata dal consigliere provinciale Avv. Pancaro. 10 Cfr. Nuova Rossano , 18 aprile 1906, III, n. 8. Tra le sue attività la Società Operaia di Campana avviò una scuola serale per i soci analfabeti. 11 Cfr. Nuovas Rossano , 12 agosto 1906, III, n. 16. 12 Il testo è pubblicato nel citato numero di Nuova Rossano del 12 agosto 1906. 13 Cfr. ACC, Deliberazioni Comunali , 17 giugno 1898, n. 9. 14 Cfr. ACC, Deliberazioni Comunali , 2 marzo 1902, n. 1. 15 Cfr. ACC, Deliberazioni Comunali , 4 dicembre 1904, n. 19. 16 Cfr. ACC, Deliberazioni Comunali , 10 giugno 1910, n. 4 e 11 febbraio 1911, n. 4. 17 Giovanni Santoro all'epoca dei fatti è giovane universitario. Nato a Campana nel 1889 da Filomeno e Teresa Rizzo, giovanissimo si laurea in Legge. Nel 1915 venne chiamato alle armi per partecipare alla guerra 1915-18 durante la quale meritò la Croce al merito di guerra. Tornato a Campana esercitò la professione forense entrando poi in Magistratura. Fu Pretore prima di Campana e poi in altre sedi. Nel 1930 fu nominato Giudice presso il Tribunale di Rossano per essere poi promosso alcuni anni dopo Sostituto Procuratore del Re a Bari. Venne successivamente chiamato a Roma dove fu Consigliere d'Appello. Nel 1939 gli venne comandato di prestare servizio come Sostituto Procuratore Generale presso il tribunale Speciale per la difesa dello Stato. Alla fine della seconda guerra mondiale, per i suoi trascorsi a servizio del regime, fu costretto agli arresti domiciliari a Campana. processato, non solo venne assolto con formula piena, ma gli fu offerta la reintegrazione nel suo grado di Consigliere di Appello. Rifiutò preferendo la vita di libero professionista a Roma. Colpito da un male inesorabile, volle ritornare a Campana, dove trascorse gli ultimi anni della sua vita. Tra gli altri suoi meriti, fu anche nominato Cavaliere di S. Maurizio e S. Lazzaro. 18 Per questo intervento l'On. Ioele di Rossano il 18 gennaio 1914, ad acquedotto finito, ricevette la cittadinanza onoraria di Campana: cfr. ACC, Delberazioni Comunali , 18 gennaio 1914, n.1. L'On. Ioele era stato eletto deputato nel 1909. Nelle elezioni tenute il 7 marzo di quell'anno Campana aveva riversato i voti soprattutto sull'altro candidato, Avv. Gregoraci (52 voti contro i 28 di Ioele). Nel ballottaggio seguito l'8 agosto i voti campanesi confluirono tutti su Ioele (74 voti contro nessuno di Gregoraci e 3 nulli): cfr. Nuova Rossano , 29 agosto 1909. 19 Cfr. Nuova Rossano , 31 agosto 1910. 20 Cfr. ACC, Deliberazioni Comunali , 15 agosto 1911 e 30 gennaio 1913, n. 13 e n. 1. 21 Cfr. ACC, Deliberazioni Comunali , 1° agosto 1914 e 21 maggio 1916, n. 13 e n. 10. 22 Cfr. ACC, Deliberazioni Comunali , 5 ottobre 1913, n. 12. Il Consiglio deliberò che la spesa non doveva essere superiore a £. 1000. 23 Cfr. ACC, Deliberazioni Comunali , 31 ottobre 1926, n. 33. 24 Cfr. ACC, Deliberazioni Comunali , 24 giugno 1906. 25 Cfr. ACC, Deliberazioni Comunali , 4 marzo 1906 e 25 agosto 1907, n. 20. 26 Cfr. ACC, Deliberazioni Comunali , 8 dicembre 1909. 27 Cfr. ACC, Deliberazioni Comunali , 5 aprile 1914, nn. 4 e 5. 28 Cfr. Nuova Rossano , 22 agosto 1920. 29 Cfr. ACC, Deliberazioni Comunali , 28 agosto 1932, n. 83. 30 Cfr. ACC, Deliberazioni Comunali , 5 aprile 1914, n. 5. 31 Cfr. ACC, Deliberazioni Comunali , 13 febbraio 1916, n. 3; 6 ottobre 1920, n. 25. 32 Cfr. ACC, Deliberazioni Comunali , 27 settembre 1925, n. 64. 33 Cfr. ACC, Deliberazioni Comunali , 19 settembre 1929, n. 112. 34 Cfr. ACC, Deliberazioni Comunali , 5 marzo 1932, n. 7. 35 Cfr. ACC, Deliberazioni Comunali , 23 giugno 1934, n. 78. 36 Cfr. ACC, Deliberazioni Comunali , 14 dicembre 1918, n. 12. La teleferica venne assunta dalla ditta Mastuzzi di Genova e poi dalla Caligiuri di Cosenza, prima di diventare demaniale. 37 Cfr. Nuova Rossano , agosto 1920. 38 Agli inizi del 900 Campana aveva 3 sezioni di scuole elementari, di cui due maschili e una femminile, affidate ai maestri Fortunato Valenti, Eugenio santoro e Rosina Berardi. 39 Cfr. Nuova Rossano , 22 agosto 1920. La situazione delle aule scolastiche dislocate in case private continuò fino ai primi anni sessanta. Solo nel 1961, infatti, si è potuto inaugurare l'Edificio scolastico di Via Roma. 40 Una lapide con l'elenco dei caduti è stata innalzata il 15 luglio 1933 in un'aula dell'Asilo Infantile. 41 Il riconoscimento venne disposto con Legge 18. 3. 1968, n. 263. Ad ognuno venne consegnato il diploma, la medaglia d'oro e la Croce di Cavaliere di Vittorio Veneto. 42 L'elenco è tratto dalla Circolare 30 aprile 1974 del Ministero della Difesa Centro Elaborazione Dati, Sezione Esercito, conservata nell'ACC. 43 Cfr. Bollettino Ufficiale , 1920, disp. 70; riportato in Albo d'oro della Terra Bruzia , edito a cura del Comando Presidio della federazione del Nastro Azzurro di Cosenza, Cosenza 1964, p. 467. Ringrazio il Dott. Filippo Spina, che gentilmente mi ha fornito detto Albo . 44 Cfr. Boll. Uff. , 1924, disp. 45; in Albo d'oro... , p. 724. 9


45

Cfr. Boll. Uff. , 1919, disp. 14, in Albo d'oro.. , p. 817. Tornato in patria, il Dott. Lorenzo Spina esercitò la professione di Cancelliere della Pretura di Campana e di farmacista. E' morto il 16 ottobre 1966. 47 Cfr. ACC, Deliberazioni Comunali , 24 giugno e 29 luglio 1906. 48 La corrispondenza è conservata nell'ACC. 49 Cfr. ACC, Deliberazioni Comunali , 6 marzo 1910. 50 Cfr. ACC, Deliberazioni Comunali , 28 maggio 1912. 51 Cfr. ACC, Deliberazioni Comunali , 6 settembre 1914. 52 Cfr. ACC, Deliberazioni Comunali , 25 gennaio 1919. 53 Cfr. ACC, Deliberazioni Comunali , 12 gennaio 1919. 54 Dopo le dimissioni di Pasquale Santoro, con funzioni di sindaco era rimasto Saverio Manfredi, assessore anziano. 55 Cfr. D. MACHERA, Vita servaggia , Cosenza 1970, p. 108. 56 Cfr. ACC, Deliberazioni Comunali , 24 luglio 1919, n. 8. 57 Cfr. ASC, busta 40, f. 21, Rapp. 22 luglio 1919, n. 2361 citato in E. MISEFARI, Le lotte contadine in Calabria nel periodo 1914-1922 , Milano 1972, p. 116. A Bocchigliero il 15 luglio la popolazione era in subbuglio. Mancano da oltre 3 mesi zucchero e pasta. A Longobucco nello stesso giorno 300 dimostranti protestano per il calmiere. Si recano al Municipio e poi sfondano la porta del magazzino comunale "senza però asportare nulla". In conseguenza di ciò sette finiscono in carcere: cfr. ASC, f. 21, Rapp. 17 luglio 1919, in E. MISEFARI, Lotte contadine..., pp. 114-115. 58 Cfr. ACC, Deliberazioni Comunali , 3 agosto 1919. 59 Cfr. D. MACHERA, Vita servaggia , p. 109. Stranamente della presenza del Dott. Natale non si ha traccia nelle delibere comunali. 60 Cfr. ACC, Deliberazioni Comunali , 26 dicembre 1920. 61 Vavola , dal greco "aulè" e dal dialettale "vàvula", significa luogo recintato, chiuso, ovile. Il nome della località allora sarebbe pervenuto dal una presenza cosnistente di ovili, che nel territorio di Campana erano abbastanza comuni, visto che la pastorizia vi è praticata da tempo immemorabile: cfr. L. RENZO, Sprazzi di Calabria , pp. 73-76. 62 Nle 1733, per esempio, il Campo delle Vavole è dato in fitto a coltura ad Antonio Grilletta per duc. 60; l'anno successivo è in fitto a pascolo a Carlo Benevento per duc. 26; nel 1735 è di nuovo in fitto ad Antonio Grilletta: cfr. Registro Effetti Feudali e Burgensatici del Principe di Campana Giuseppe Sambiase , già citato. 63 Già in precedenza nel 1910 altre 30 famiglie savellesi si erano insediate alle Vigne di Verzino e 10 a Perticaro di Umbriatico. 64 Nel 1919 il Prefetto di Catanzaro tentò di sciogliere il Consiglio Comunale di Savelli perchè lasciava indisturbati i contadini che avevano occupato le terre. A Campana, a causa delle intemperanze, come è stato ricordato, il sindaco Machera nel 1920 era stato costretto a dimettersi. 65 Cfr. G. DE CAPUA, Un Vescovo saggio , Cosenza s.d., p. 47. 66 Il testo è riportato in G. DE CAPUA, Un Vescovo saggio , pp. 47-48. 67 Copia del progetto è conservato nell'ADR. 68 Cfr. G. DE CAPUA, Un Vescovo saggio , p. 107. 69 Cfr. D. MACHERA, Vita servaggai , p. 120. 70 Cfr. ASC, busta 19 f. Dir. Gen. P. S., AA. GG. RR. Rapp. 26 ottobre 1918, n. 4528 richiamato in E. MISEFARI, Le lette contadine... , p. 102. 71 Nelle amministrative del 1921 venne invitato a far parte della lista dei socialisti, ma rifiutò l'invito preferendo non ritornare a Campana: cfr. D. MACHERA, Vita servaggia , pp. 116-117. 72 La Giunta Municipale, eletta anche il 10 ottobre, risultò composta da Grillo Francesco di Domenico (Carrello) e Gentile Pasquale fu Giuseppe (assessori effettivi); Madera Giovanni fu Pasquale (Fagogetto), Madera Vincenzo fu Giacomo, Pisciolino, (assessori supplenti): cfr. ACC, Deliberazioni Comunali , 10 ottobre 1920, n. 2 e 3. 73 Il rapporto è datato 7 agosto 1921: cfr. ASC, busta 58-23, Rapp. Pref. CS n. 15821, in E. MISEFARI, Le lotte contadine... , p. 171. 74 La sua breve presenza è legata alla situazione della strada comunale Calvario (attuale Via Roma) e la censuazione dei fondi di Manca di Mattia e Sant'Antonio, occupati abusivamente, allo scopo di provvedere ad una concessione legale agli stessi occupanti: cfr. ACC, Deliberazioni Comunali , 30 novembre 1921, nn. 5 e 6. 75 Cfr. Atti parlamentari , novembre 1921, riportati in F. SPEZZANO, Fascismo e Antifascismo in Calabria, Manduria 1974, pp. 101-102. 76 La Giunta venne composta da Pasquale Santoro e Saverio Manfredi, fu Lorenzo (assessori effettivi); Ernesto Ausilio e Salvatore Caccuri di Francesco (assessori supplenti): cfr. ACC, Deliberaziobni Comunali, 8 dicembre 1921, n. 8. 77 Cfr. ACC, Deliberazioni Comunali , 21 giugno 1923, n. 37. 78 Cfr. ACC, Deliberazioni Comunali , 16 luglio 1926, n. 15. 79 L'istituzione del servizio automobilistico con maniere forti e minaccia di "non pagare più le tasse di fondiaria allo Stato e alla Provincia" era stata deliberata e richiesta dal sindaco Domenico Machera fin dal 1920: cfr. ACC, Deliberazioni Comunali , 26 dicembre 1920, n. 16. 80 Cfr. ACC, Deliberazioni Comunali , 22 giugno 1924, nn. 35 e 37. Analogo sussidio venne concesso da Scala Coeli, Terravecchia e Mandatoriccio. 46


81 82

Cfr. ACC, Deliberazioni Comunali , 10 gennaio e 24 febbraio 1924, nn. 8 e 21. In un secondo tempo a gestire la fornitura fu la ditta Clausi-Straface.


CAPITOLO QUATTORDICESIMO

IL VENTENNIO FASCISTA

Il Movimento dei fasci venne fondato da Benito Mussolini a Milano il 23 marzo 1919. A Campana il movimento prese subito piede nello stesso 1919, facendosi notare nelle elezioni amministrative del 1920, che videro, comunque, l'affermazione della lista socialista di Domenico Machera. Le due fazioni, mosse da interessi diversi, non tardarono a far scoppiare tra loro contrasti e lotte anche violente. Si è accennato ai disordini del 1921, che portarono allo scioglimento dell'amministrazione Machera da parte del Prefetto. Questi, nel riferire al Ministro dell'Interno sulla consistenza del movimento fascista nella provincia di Cosenza scrisse che "i fascisti non hanno un gruppo provinciale, ma soltanto una decina di sezioni, in vari comuni della provincia, Corigliano, Crosia, Rossano, Campana, Rende, Falconara Albanese, Cosenza, S. Lucido e qualche altro. C'è un rappresentante regionale, certo Dottor Guerrisi, che risiede a S. Lucido". 1 A riguardo delle frequenti risse tra socialisti e fascisti, il Prefetto, nel citato rapporto, aggiunge: "in questo momento in un solo comune esiste ancora (siamo a tre mesi dalle elezioni) una certa tensione di anime, e cioè a Campana, ove l'amministrazione è socialista e dove ho dovuto mandare un Commissario Prefettizio a reggere temporaneamente il comune per togliere esca alle continue guerriglie tra i due partiti; mentre poi da qualche tempo ho fatto proposta di scioglimento dell'Amministrazione comunale per ragioni di ordine pubblico e per definire la contesa con un appello agli elettori". 2 In effetti, qualche giorno dopo, il 27 agosto, come è stato ricordato, l'amministrazione Machera venne sciolta, ma le beghe e le lotte continuarono come e peggio di prima. Ben 14 socialisti e nessun fascista vennero arrestati e accusati di associazione a delinquere. Il Tribunale di Rossano ne assolse 12, difesi dagli avvocati Muzio Graziani, Francesco Tocci e Raffaele Scarnati; gli altri 2 (Nicola Grano, detto Garruba, e Luigi Madera, Fagagetto) furono assolti dalla Corte di Appello di Catanzaro. La sentenza assolutoria esasperò i fascisti che decisero di sopprimere l'ex sindaco Machera mentre questi si trovava in casa di Francesco santoro (Maccarrone). Avvertito in tempo, si salvò allontanandosi travestito da donna. 3 Un'altra spedizione punitiva venne fatta contro l'ex convento di S. Antonio, dove si erano riuniti in assemblea socialisti e comunisti. Così racconta l'episodio Machera, uno dei protagonisti: "Ci riunimmo circa in 400 per discutere sull'andamento e il bilancio della Cooperativa. Col presentimento di essere molestati dalla polizia, avvertii tutti gli intervenuti dell'opportunità, se qualcuno avesse addosso delle armi, di spogliarsene per non essere sorpreso dagli sguerri. Infatti, subito dopo, li vedemmo uscire dalla Caserma a noi di fronte. Quando giunsero alla curva dell'Affacciante, quel nostro gregge, che avevo esortato di rimanere saldo e compatto, scappò per la campagna come una lepre inseguita dai cani. Rimanemmo immobili sul posto appena 14 compagni. Perquisiti dal Commissario con altri 12, fummo trovati inermi, ad eccezione di Santoro Giovanni (Maccarrone), il quale, rasasi la barba, aveva dimenticato di avere in tasca il rasoio per cui fu arrestato e condotto in carcere. Per questo fatto fummo tutti denunziati a norma dell'art. 247 del vecchio C. P. che prevedeva la pena da tre mesi ad un anno di reclusione e con la multa da lire 50 a 1000 che nel nostro caso non fu applicabile". 4

Senza nulla togliere al valore della testimonianza, sarebbe stato interessante leggere qualche cronaca di segno opposto per avere un quadro più oggettivo delle vicende. Di fatto, comunque, la vita nel paese andava diventando sempre più intollerabile. Del resto gli anni 1919-21 sono stati anni di difficili rapporti dappertutto, per cui Campana non poteva uscire dal coro. Sul piano politico, poi, Campana nel 1921 deve sopportare il duplice appuntamento delle elezioni provinciali e comunali. Le prime si svolsero poco prima dell'estate e portarono all'elezione del socialista Avv. Muzio Graziani, che ebbe la meglio sull'Avv. Giovanni Santoro di Campana, appoggiato dalle destre. Nelle elezioni amministrative, invece, si ribaltarono le posizioni perchè si affermò la lista di destra capeggiata dal Dott. Raffaele Masci, che venne eletto sindaco a danno di Machera. La nuova situazione servì a portare in paese un pò di calma, dopo le precedenti escandescenze. Intanto nel dicembre 1923, ad iniziativa del sindaco Saverio Manfredi, Campana aderiva alla federazione provinciale dei Comuni fascisti costituita a Cosenza 5 e qualche mese dopo, il 22 maggio 1924, il Consiglio Comunale, riunito in seduta ordinaria, deliberava di concedere la cittadinanza onoraria a S. E. Benito Mussolini. Questo il testo della delibera: "Il Consiglio Comunale, inneggiando al Fascismo e all'Italia, con voti unanimi delibera di conferire come conferisce la cittadinanza onoraria di Campana a S. E. Mussolini, dando mandato al Presidente di comunicargliela telegraficamente". 6 In un articolo del 1938 a firma di Egidio Campana sulle vicende di questo periodo leggiamo:


"Ai tempi nostri Campana può annoverarsi tra uno dei primi paesi fascisti. Così come i nostri antichi seppero sterminare gli usurpatori, anche i campanesi, quando predominava la gazzarra rossa, e precisamente nel 1920, seppero lottare e vincere gli scalmanati e ristabilire l'ordine. In un solo giorno vi furono undici feriti a colpi di manganello, ma in seguito Campana intera divenne patriottica e fascista al cento per cento come si mantiene oggi e resterà sempre". 7

I tempi e le persone erano davvero cambiate. Il ventennio fascista era iniziato in piena regola.

1.

Il governo del Podestà

In forza del D. R. del 7 luglio 1926, Francesco (don Ciccio) Sangiovanni venne nominato Podestà. 8 Il 15 luglio successivo prestò giuramento davanti al Prefetto di Cosenza, per poi insediarsi il giorno dopo nel suo ufficio nel Municipio di Campana, dopo aver ricevuto le consegne dal sindaco Saverio Manfredi. 9 Nel pieno dei poteri, di cui il segretario comunale Silvestro Vena informò telegraficamente il Capo del governo, il Prefetto, il Sottoprefetto e la Federazione Provinciale Fascista di Cosenza, il Podestà assunse come primi provvedimenti la pavimentazione delle strade interne e la revisione dei prezzi della rete fognaria affidate entrambi all'Ing. Giulio Nicola Santoro. 10 Il nuovo progetto venne vistato dal Genio Civile il 24 settembre 1928 per essere mandato in appalto nel 1932. Direttore dei lavori fu ovviamente il Santoro, mentre l'appalto venne assunto dall'impresa Luigi Giovanni Lanza di Cosenza. Assistente ai lavori per conto del Comune fu Domenico Machera. 11 La consegna dei lavori, prorogata diverse volte, si ebbe nel 1934. In precedenza, nel 1931, la via principale che collega i rioni Castello e Croci aveva mutato denominazione da Via Vittorio Veneto, nell'attuale Via Roma. 12 Altre iniziative di vita amministrativa, inoltre, sono degne di nota. Abbiamo già accennato al collaudo del nuovo Cimitero nel 1932. Già nel 1926, comunque, il Podestà Sangiovanni lo aveva dotato di un Regolamento per la concessione di terreno per la costruzione di cripte, tombe e cappelle. 13 L'anno successivo dispose la concessione della cittadinanza onoraria al Ministro dei Lavori Pubblici Giovanni Giurati; 14 nel 1933 destinava a campo sportivo il piazzale antistante l'ex convento S. Antonio. 15 Significativa per le possibili prospettive di lavoro è stata ancora nel 1933 la concessione in fitto del piano terra dell'ex convento dei Riformati alla ditta Ghislanzoni da Morbegno (Valtellina) da destinare all'impianto di una piccola fabbrica per la lavorazione dei funghi, erbe aromatiche e medicinali, olive in salamoia, fragole, mirtilli e altro. 16 L'iniziativa sembrava promettere, per cui l'anno successivo la concessione venne prorogata per altri 3 anni. Difficoltà intervenute, però, fecero fallire il progetto e l'attività venne chiusa subito dopo. In questi anni le condizioni generali di vita erano difficili. La mancanza di lavoro e l'indisponibilità di risorse rendevano la situazione critica e preoccupante. Bastò la nuova tassa di famiglia ("focatico"), ironicamente detta "tassa e du zappunu" (tassa della zappa) per far scoppiare una sommossa popolare. Approfittando della processione di S. Giuseppe (19 marzo ) del 1933, alcune persone inveirono contro la tassa, il fascismo e lo stesso Podestà, che nell'occasione si buscò qualche schiaffo, per fortuna senza conseguenze per nessuno. Una parola, infine, sulla vicenda della condotta medica. Nel settembre 1933, in attesa di regolare concorso, Sangiovanni nominò medico condotto provvisorio il Dott. Giuseppe Montagnese di Crucoli. Questi, però, rinunciò all'incarico per ragioni di famiglia. 17 Al suo posto, sempre in attesa di concorso, nominò il Dott. Antonio De Sessa di Mariano, anche lui di Crucoli. 18 Espletato il concorso, ne uscì vincitore il campanese Dott. Francesco Spina di Filippo, a cui venne destinato un compenso lordo di £. 7000 annue e di una indennità, anch'essa annua e lorda, di £. 1000. 19 Successivamente il Dott. Spina si trasferirà alla condotta medica di Umbriatico, per cui nel luglio 1936 a Campana sarà nominato il Dott. Francesco Nicita, da Sangineto. 20 Tra il 1936-38, per la partecipazione del Sangiovanni alla campagna di guerra in Africa Orientale, il Comune venne amministrato dai Commissari Prefettizi Guglielmo Quartucci, Pasquale Santoro e Pasquale Manfredi. Il primo, Guglielmo Quartucci, originario di Celico, si era trasferito a Campana dopo che il padre Luigi, intorno al 1920 aveva acquistato dai Morelli la Fiera della Ronza. A Campana fu prima Segretario politico del Fascio e poi Commissario tra maggio e novembre 1936. Tra i provvedimenti da lui adottati si ricordano la nomina del Dott. Nicita a medico condotto e l'incarico all'Ing. Antonio Scafoglio di Bocchigliero "per un progetto per la ricerca di acqua alla sorgente originaria e la sua immissione nell'acquedotto". 21 Uomo retto, sembra che si sia dimesso dalla carica "non sapendo sopportare la corruttela del sistema", per cui fu sospettato di antifascismo. 22 Al suo posto venne nominato il Not. Pasquale Santoro, che aveva già amministrato il Comune in qualità di sindaco tra il 1902-1918. Fu Commissario Prefettizio dal 14 novembre 1936 al 27 dicembre 1937. Di rilievo c'è da ricordare il suo intervento nel novembre 1936 con cui, "in considerazione della distanza tra i Comuni di Campana e Bocchigliero e la Stazione (ferroviaria) di Campana ed in considerazione che l'impulso avuto dalle industrie in questi


comuni abbisognano di celeri collegamenti", si faceva voto presso il Governo centrale perchè venisse ricuperato e realizzato il tratto di strada Casello Montagna - Mandatoriccio". 23 Il tratto di strada in parola sarà poi realizzato una decina di anni dopo. Il 28 dicembre 1937 nuovo Commissario Prefettizio è l'Avv. Pasquale Manfredi, che vi rimase fino ai primi di maggio del 1938, 24 quando, rientrato dall'Africa, Francesco Sangiovanni riprese la carica di Podestà, 25 mantenendola fino all'aprile 1941. Da segnalare nel settembre 1938 lo scioglimento della Cooperativa Agricola, sorta nel 1920 ad opera di Machera. Così è detto nella delibera: "Visto che la Cooperativa Agricola fra contadini, sorta in questo Comune nel 1920, in seguito all'avvento del Fascismo ha cessato ogni sua attività ed ogni scopo di essere; Ritenuto che al momento attuale esiste un libretto postale n. 01112 (21/24) intestato alla Cooperativa Agricola fra contadini di Campana, rappresentata dal Cassiere Signor Ferraro Domenico, con una situazione a tutto il 15 luglio 1935 di £. 2013. Ritenuto che nessuna persona reclama detta somma e che il Sig. Ferraro Domenico di motu proprio ha consegnato il libretto suddetto all'Ing. Giulio Nicola Santoro perchè la somma depositata sia devoluta in favore al Monumento ai Caduti di questo Comune; Considerato che ancora questo Comune manca del Monumento che tramandi alla posterità la memoria dei suoi prodi Caduti per la grandezza della Patria e che a tale scopo può benissimo evolversi la somma giacente sul detto libretto postale. Ritenuto infine di doversi dichiarare sciolta la Cooperativa Agricola fra i contadini di Campana a tutti gli effetti di legge. Delibera di chiedere a S. E. il Prefetto della Provincia il decreto che dichiari sciolta a tutti gli effetti di legge la Cooperativa Agricola fra i contadini di Campana, nomina un amministratore delegato che in nome della disciolta Società ritiri la somma depositata sul libretto n. 01112 (21/24) intestato alla Cooperativa suddetta e la versi con tutti gli interessi maturati e maturanti a favore del Comitato pro erigendo Monumento dei Caduti di Campana". 26

***** Una parola, prima di concludere, sui confinati politici che tra il 1939-42 vennero trasferiti a domicilio coatto a Campana. Complessivamente raggiunsero il numero di 46, di cui 25 ebrei provenienti, tra il 20 maggio ed il 9 giugno 1941, dal campo di concentramento di Ferramonti di Tarsia. 27 Da un fascicolo specifico conservato nell'Archivio Comunale, ricaviamo l'elenco completo e dettagliato dei confinati. 28 Da Ferramonti , in particolare, vi vennero trasferiti: Kuschlin Sonja in Merzer di Kusil (Lituania); Weinstein Marta in Salomone (Vienna); Gruenwald Fanny in Hauben di Schaja (Polonia); Hauben Ruth Sara di Salomone (Germania); Hauben Sonja di Salomone (Milano); Feldman Maria in Kron di Massimiliano (Ungheria); Lindner Adel in Feldmann; Wasser Ruth in Lenk di Julius (Vienna); Fuerst Enzo di Leo (Vienna); Handelsmann Bruno di Filippo (Vienna); Handelsmann Ermanno di Bruno (Vienna); Kauber Sonja di Iosef (Lipsia); Spektorow Rachele in Kauber di Iacob (URSS); Lederer Hans di Iulian (Vienna); Salzer Edmund di Emilio; Kellmer Robert di Guglielmo; Littmann Dorothea in Rubel; Rubel Moritz di Simon; Rubel Walter di Moritz; Sass Ernst Israel di Samuele; Rottenberg Ema di Sigmund (Vienna); Sass peter di Ernst (Milano); Schuler Augusta in Sass di Schulim. 29 A questo elenco, oltre a Merzer Iacob, marito della menzionata Kuschlin Sonja e alla figlia Merzer Ivonne, occorre aggiungere i confinati politici di nazionalità italiana: Gardelli Ines; Tafuri Guglielmo; Gauaitoli Umberto; Borgognini Adriano; Ierinò Giuseppe Carmelo; Poverelli Marco; Veronesi Nello; Armiliato Ernesto; Altini Domenico detto Mario; Anticoli Samuele; Nicastro Giuseppe; Tiglio Dante; Di Segri Ugo; Ceccotti Giulia; Tosi Mario; Serafini Pietro Antonio; Circiello Donato; De Santis Orlando; Cozzolino Pietro; Mancini Paolo; Baruzzo Giuseppe. 30 Ciò che colpisce in questa vicenda è che degli internati provenienti da Ferramonti non resta traccia nella memoria viva dei contemporanei. Eppure, ad essi il Comune ha dovuto garantire vitto e alloggio. Fa eccezione Giulia Ceccotti, ebrea italiana nata a Roma il 4 settembre 1886. Per essa, nel maggio 1942, il Comune ha dovuto erogare un contributo di £. 154.65 per essere accompagnata a Cosenza. 31 ***** Concludiamo ricordando che tra il 1941-43 al Podestà Sangiovanni succedono i Commissari Prefettizi Cav. Pasquale Santoro (marzo-aprile 1941), Saverio Manfredi (9 aprile 1941-28 novembre 1942), Eugenio santoro (dicembre 1942-8 settembre 1943), che svolsero esclusivamente ordinaria amministrazione. Tra i provvedimenti presi dal Santoro ricordiamo la deliberazione di munire il paese di un mattatotio comunale, opera rimasta irrealizzata. 32 L'8 settembre 1943, firmato l'armistizio, il Fascismo venne dichiarato finito. Contestualmente Aldo Arcieri venne nominato Commissario Prefettizio del nuovo corso politico.


2.

L'Asilo Infantile "Roberto Migliacci"

L'idea di dotare Campana di un Asilo Infantile era stata avanzata fin dal 1922 dall'arciprete Andrea Volpe, che allo scopo aveva costituito un Comitato operativo. L'opera in verità era più ambiziosa perchè oltre all'Asilo prevedeva un Orfanotrofio, un Ospizio di Mendicità e un Ospedale. Entusiasta per un'opera di così alto valore sociale, la popolazione campanese non fece mancare la collaborazione. Intanto, il 2 novembre 1922, con atto del Not. Pasquale Santoro, Leonardo Cerenzia faceva donazione all'Arcivescovo pro tempore Giovanni Scotti "di un fondicciuolo di natura pascolo con alberi di pero, sito nei pressi di Campana, limitante con gli eredi di Manfredi Lorenzo, fabbricato Parise, Bruno Filippelli ed altri fini. Tale donazione del valore di £. 900 fu fatto allo scopo di potere, sul suolo, edificare una casa per asilo d'infanzia ed altre istituzioni di Beneficenza". 33 Mons. Scotti accettava la donazione con atto del Not. Pietro Longo di Rossano del 15 agosto 1923, per cui non ci furono più ostacoli alla costruzione dell'istituto. In breve venne raccolto materiale edilizio per 1500 metri cubi di pietra, 700 quintali di calce e montagne di sabbia. 34 In attesa di reperire i fondi necessari, il terreno veniva dato in fitto per 9 anni a Giovanni Parise per un canone annuo di £. 25 con esclusione della parte di terreno già spianata per l'Asilo. Nel contratto venne previsto che lo stesso sarebbe stato "sciolto di diritto non appena l'Arcivescovo sarà in condizioni di intraprendere i lavori". 35 Malgrado il buon avvio, il progetto restò irrealizzato perchè nel frattempo D. Andrea Volpe lasciava Campana, per trasferirsi a Taranto. Il successore D. Giovanni saraceno (1924-26) non portò avanti l'iniziativa. Sarà poi D. Roberto Migliacci, nominato nel 1926 economo curato di Campana, 36 a riprendere il progetto, ripiegando, però, sul solo Asilo Infantile da costruire non più ex novo in località Calvario, ma sui ruderi dell'ex convento domenicano, attiguo alla chiesa di S. Domenico. Allo scopo, nel dicembre 1926, presentò istanza al Podestà Francesco sangiovanni, il quale, assistito dal Segretario comunale Silvestro Vena, il 5 febbraio successivo così deliberava a favore del sacerdote: "Letta l'istanza di questo Economo curato Ins. Migliacci Roberto, tendente ad ottenere la concessione dell'ex convento di S. Domenico, di proprietà di questo Comune, allo scopo di riattarli e conseguentemente adibirli ad Asilo Infantile; Ritenuto che lo scopo prefissosi dal sullodato Sacerdote merita di essere preso e tenuto nella massima considerazione, inquantoche una istituzione simile riesce sempre vantaggiosa per lo sviluppo morale, civile e sociale di una comunità lontana dai centri popolati; Ritenuto infine doveroso subordinare la concessione al fatto che i ruderi in parola dovranno servire esclusivamente e semplicemente per l'Asilo Infantile, e che se un tempo gli scopi di tale istituzione e cioè l'educazione morale ed intellettiva dei figli del popolo, dovessero venire a mancare, i locali, riattati e nelle condizioni in cui troveransi, dovranno continuare a rimanere di proprietà del Comune. Vista la legge provinciale e comunale; coi poteri del Consiglio delibera di far luogo, alle condizioni sopra stabilite, alla concessione al Signor Migliacci dei ruderi dell'ex convento di S. Domenico, allo scopo di riattarli e destinarli a locali per l'Asilo Infantile. Letto, approvato e sottoscritto. Il Podestà Sangiovanni Francesco. Il Segretario Vena Silvestro". 37

Senza altri indugi, D. Roberto provvide a formare un Comitato pro Asilo, di cui, oltre a lui nella qualità di presidente, fecero parte il giudice Bonaventura Mammone, il cav. Pasquale Santoro, il farmacista Lorenzo Spina, l'Ing. Nicola Giulio Santoro, Guglielmo Quartucci, Alberto Santoro, Enrico De Martino, Anselmo de Martino, Silvestro Vena, Eugenio Santoro, Domenico Cerenzia, Giuseppe Patera, Giuseppe De Martino, Domenico Machera, Leonardo Cerenzia, Francesco Ioverno, Rocco Capocasale, l'Avv. Giovanni Santoro, Francesco Sangiovanni, Pietro Saraceno, Giuseppe Manfredi, il Dott. Filippo Spina, l'Avv. Carlo De Martino, Saverio Manfredi, Alfonso Ausilio. 38 Approntato il progetto in poco meno di due mesi dall'Ing. Nicola Giulio Santoro, si lavorò contestualmente a reperire fondi finanziari. Per prima cosa D. Migliacci, con atto del Not. Pasquale Santoro del 23 marzo 1927, ottenne da Leonardo Cerenzia la facoltà di poter utilizzare diversamente il terreno da lui donato all'arcivescovo pro tempore Mons. Scotti ad esclusivo scopo di realizzarvi le opere assistenziali progettate da D. Andrea Volpe. A suo merito, consentì " di rendere libero il fondicciuolo da qualsiasi condizione e lasciare a piena libertà il donatario". 39 Messo all'asta, il terreno venne ripartito in 8 lotti da aggiudicarsi ai migliori offerenti sulla base di £. 1 per metro quadro. L'asta fruttò una somma di £. 7815, che consentì l'avvio dei lavori. 40 L'esigua somma di partenza venne via via sostenuta da una catena di solidarietà che coinvolse non solo i campanesi, ma anche personalità esterne. Oltre al contributo annuo di £. 1200 disposto dal Podestà Sangiovanni, 41 fino al 1932 ricordiamo tra gli altri i sussidi fatti pervenire da Umberto di Savoia, principe di Piemonte (£. 200), il Ministro dell'Interno (£. 1500), il Convitto-Seminario di Rossano (£. 120), Armida Barelli di Milano (£. 25), Mons. Orazio Mazzella, arcivescovo di Taranto e già di Rossano (£. 20), il marchese Vincenzo Martucci di Rossano (£. 95), la S. Sede (£. 300), la marchesa Nicoletta Martucci (£. 25), il barone Maurizio De Rosis di Rossano (£. 10), la baronessa Amarelli (£. 5), il Ministero dell'Educazione Nazionale (£. 799), Congregazione di Carità di Campana (sussidi vari per £. 2240), S. Maestà il Re (£. 400), l'arcivescovo Domenico Marsiglia (per il 1932 £. 100), il Patronato Scolastico di Campana (per il 1932 £. 200). 42 Allo scopo di reperire fondi, D. Roberto non lasciò nulla di intentato. Nel 1930 dal Questore di Cosenza ottenne la licenza ad aprire un Cinematografo, i cui utili netti venivano automaticamente devoluti a favore dell'Asilo.


Dalla contabilità, per esempio, risulta che nel 1931 gli utili furono £ 3129;78; nel 1932 calano a £. 254.90; nel 1933 sono 442.70. 43 Dal riepilogo della contabilità presentata da D. Migliacci al Comitato nel dicembre 1931 risulta che a fronte di £. 69.723.78 di entrate varie, vi erano state £. 122.807.16 di uscite, con un passivo di £. 53.038.38. La situazione non migliora negli anni immediatamente successivi: nel 1932 il passivo annuale è di £. 13.350.75 e nel 1933 aumenta a £. 18093.50. 44 Malgrado le grosse difficoltà finanziarie, comunque, il coraggio non venne mai meno. E la Provvidenza fece il resto, per cui l'opera venne comunque completata ed inaugurata nell'anno scolastico 1931-32. 45 A dirigere l'Asilo vennero chiamate le Piccole Operaie dei Sacri Cuori, fondate nel 1894 ad Acri da Mons. Francesco M. Greco e da Sr. Maria Teresa De Vincenti. La prima Superiora fu Sr. Giulia, coadiuvata da Sr. Eustella e Sr. Virginia. Nel 1932-33 al posto di Sr. Virginia vi è Sr. Olimpia; 46 l'anno dopo la piccola comunità è tutta rinnovata: vi è Superiora Sr. Demetria Pancaro, a cui si aggiungono le suore Candida, Bernardetta e Basilia. L'Asilo Infantile è ormai una realtà, per cui, allorquando nel 1934 l'arcivescovo Marsiglia chiede a D. Roberto Migliacci di trasferirsi a Corigliano, l'istituto può continuare a scrivere la sua storia fatta di benemerenze e meritoria dedizione cristiana. Dedicato inizialmente a "Maria SS. Immacolata", l'opera ad iniziativa dell'Amministrazione Comunale sarà poi intitolata al suo fondatore dopo la sua morte, intervenuta nel 1946. 47

3.

La Cassa Rurale

Costituita il 13 settembre 1920,48 la Cassa Rurale di Campana venne iscritta nel registro delle società del Tribunale di Rossano il 23 febbraio 1921, al n. 1. 49 Inizialmente non ebbe alcun sacerdote nel suo direttivo, per cui probabilmente lo stesso D. Carlo De Cardona chiese all'arcivescvo Giovanni Scotti "di voler permettere che un sacerdote del paese accetti una carica nella Cassa, perchè questa non rimanga laica nel fatto". 50 La mancanza di un sacerdote nel direttivo fu forse dovuto al fatto che in quegli anni operava a Campana solo D. Andrea Volpe, che probabilmente avrà declinato l'invito. Nel 1933 vi è presidente già da qualche anno Ernesto Ausilio. Questi, il 1° giugno di quell'anno, in esecuzione di una deliberazione della Cassa del 24 maggio precedente, riceve le dimissioni del Cassiere, Dott. Lorenzo Spina, nominandovi poi in sostituzione il Prof. Eugenio Santoro. Il Verbale di consegna, molto dettagliato, ci consente di avere un'idea del volume di operazioni che l'Istituto svolgeva. Tra il materiale consegnano figurano: 1. due Registri giornalieri di Cassa: uno sulla situazione di cassa fino al 31 dicembre 1932; l'altro, regolarmente bollato, dal 1° gennaio a tutto il 31 maggio 1933, da cui risulta che esistono in cassa £. 1443.12, somma che viene consegnata al Santoro; 2. una ricevuta della Cassa Rurale Federativa di Cosenza dell'8 luglio 1932, da cui risulta un credito della Cassa di Campana di £. 1953.97; 3. il Libro dei soci, in bianco; il Registro delle deliberazioni; un Registro di Cassa non bollato e in bianco; il Registro scadenzario; un Prontuario per il calcolo degli interessi; Ricevute per tasse pagate; la Cassaforte marca Fumeo Enrico; un tavolo; un etagér. Ma il materiale più interessante è costituito dai due registri dei depositi e dai due di Mutui, da cui si evince l'elenco dei risparmiatori e dei clienti di quell'anno 1933. Tra i risparmiatori, in ordine, vi sono: Ernesto Ausilio (libretto n. 10: £. 5,75); Rosina Viola (n. 13, £. 3,20); Maria Patera (n. 16, £. 780); Teresa Luzzi (n. 18, £. 37,80); Virginia Manfredi (n. 33, £. 3300); Giuseppina Cerenzia (n. 47, £. 213,39); Giuseppe Sciarrotta (n. 53, £. 7); Amelia Serra (n. 57, £. 630,80); Caterina Parise (n. 58, £. 1361,20); Salvatore Tridico (n. 60, £. 6,40); Tommaso Patera (n. 63, £. 79,90); Giovanni Murano (nn. 67-69, £. 95); Rosa Luzzi (n. 72), £. 12,75); Teresa Rizzo Santoro (n. 73, £. 4,85); Carlo De Martino (n. 76, £. 3,60); Teresa Madera (n. 79, £. 500); Nicola Parrotta (n. 85, £. 652,59); Pasquale Santoro (n. 89, £. 9096,29); Pasquale Aiello (n. 109, £. 11,70); Lucia Sicilia (n. 107, £. 1169,80); Francesco Grano (n. 111, £. 8,20); Carmela Parise (n. 117, £. 1629,49); Giuseppe Ioverno (n. 118, £. 9,60); Teresa Ferraro (n. 120, £. 4,70); Comitato Madonna delle Grazie (n. 122, £. 36); Virginia Aprigliano (n. 127, £. 540); Confraternita S. M. Costantinopoli (n. 134, £. 526,69); Giuseppe Caccuri (n. 143, £. 4,30); Raffaele Masci (n. 144, £. 19,40); Virginia Lautieri (n. 149, £. 6,49); Rosa caligiuri (n. 153, £. 3,60); Luigi Cerenzia (n. 180, £. 4); Alberto Santoro (n. 182, £. 1500); Patronato Scolastico (nn. 190.270, £. 369); S. Antonio (n. 195, £. 116,90); Vincenzo Luzzi (n. 199, £. 46,85); Raffaele Filippelli (n. 201, £. 2374,15); Patrizia Pignataro (n. 208, £. 14,90); Domenico Marino (n. 209, £. 421,90); Teresa Aprigliano (n. 220, £. 6,50); Domenico Urso (n. 229, £. 13,79); Antonio Pugliese (n. 230, £. 428,95); Francesco Aprigliano (n. 236, £. 4,60); Giuseppe Luzzi (n. 240, £. 57,49); Enrico Masci (n. 241, £. 3900); Giuseppina Maccarrone (n. 242, £. 559,90); Francesco Marinaro (n. 243, £. 2300); Caterina Romito (n. 249, £. 14,49); Francesco Maiorù (n. 248, £. 8,79); Pietro Rovito (n. 250, £. 2496); Pasquale Rovito (n. 253, £. 14,60); Giuseppe Rovito (n. 254, £. 13,79); Congrega di Carità (n. 258, £. 2778,39); Laura Biondo (n. 260, £. 1248)); Saverio Rovito (n. 262, £. 22,10); Sezione fascista (n. 263, £. 6,99); Ferdinando Vena (n. 264, £. 1642,79); Maria Manfredi (n. 268, £. 1060,90); Nicola Santoro (n. 269, £. 10.000).


I libretti dei depositi erano quindi ben 59 per un capitale pari in quell'anno a £. 52.176,50. Il denaro veniva investito in prestiti e mutui ad interesse contenuto, nello spirito delle Casse Rurali, volute da D. Carlo De Cardona proprio e soprattutto a servizio dei contadini e della gente disagiata. I mutui aperti nel 1933 sono 56 per un ammontare attivo di £. 68.199, a cui andavano ad aggiungersi il deposito di £. 1953 presso la Cassa Federativa di Cosenza e £. 1808,92 in cassa corrente. Complessivamente il totale attivo lordo era di £. 71.961,89 che defalcato dei depositi (£. 52.176,50), dava un'eccedenza attiva in favore della cassa di £. 19.789,39. I titolari dei menzionati 56 mutui erano: Giovanni Parise-Giuseppe De Martino (£. 800); Francesco Greco fu Leonardo-Francesco Palopoli (£. 550); Saverio Ioverno-Saverio Spina (£. 200); Giuseppe Pancali-Virginia Lautieri (£. 350); Saverio Murano-Bruno Murano (£. 240); Francesco Greco fu Giovanni-Pietro Serafini di Nicola (£. 625); Ernesto Ausilio-Giuseppe De Martino (£. 3200); Saverio Rovito-Tommaso Aiello (£. 249); Antonio Aiello-Tommaso Aiello (£. 200); Rosa Machera-Pasquale Funaro (£. 270); Francesco Sangiovanni-Carlotta Sangiovanni-Luigi Falbo (£. 4000); Francesco Greco fu Giuseppe (£. 187); Filippo Cosenza (£. 338); Saverio Manfredi-Salvatore Manfredi fu Francesco (£. 2700); Giuseppe Manfredi fu Francesco-Giuseppe De Martino-Tommaso Patera (£. 6000); Beniamino PIro-Giuseppe Spina-Ferruccio Sangiovanni-Pasquale Funaro (£. 4100); Enrico De Martino-Giulia De Martino-Pietro Saraceno (£. 4800); Giovanni Parrotta-Leonardo Cerenzia (£. 1280); Pietro Del Vecchio-Beatrice Pirillo-Pasquale Straface (£. 4000); Giuseppe De Martino-Ernesto Ausilio (£. 1339); Carlo De Martino-Virginia Lautieri (£. 5550); Ernesto Ausilio-Alfonso Ausilio (£. 2850); Roberto Migliacci-Alberto Santoro (£. 1290); Domenico Grilletta-Ernesto Ausilio (£. 400); Gacomo Todaro-Filippo Manfredi (£. 260); Pasquale Aiello-Giovanni Aiello (£. 400); Francesco Ioverno fu Luigi-Saverio Spina fu Francesco (£. 900); Giuseppe De Martino-Giuseppe Manfredi-Giovanni Parise (£. 2690); Roberto Migliacci-Carlotta Leone Quartucci (£. 2390); Antonietta Clausi-Saverio Greco-Tommaso Clausi (£. 2060); Giuseppina BeneventoDomenico Spina (£. 1071); Giuseppe Caccuri-Saverio Germinara (£. 1100); Domenico Parise-Vincenzo Parise (£. 360); Eugenio santoro (£. 790); Saverio Murano-Francesco Ioverno fu Luca (£. 419); Gennaro Rizzo-Isidoro Vaglica (£. 400); Rachele Felicetti-Ludovico Grilletta (£. 900); Antonio grillo-Saverio Murano (£. 234); Antonio Spina-Domenico Ioverno (£. 700); Giulia cerenzia-Leonardo Cerenzia (£. 174); Vincenzo Madera-Francesco Greco (£. 500); luigi FalboSaverio Spina fu francesco (£. 1000); Battista Gentile-Vincenzo Sciarrotta (£. 330); Saverio Parrotta-Rocco Capocasale (£. 76); Francesco Germinara-Giuseppe Perri (£. 348); Michele Ausilio-Domenico Machera (£. 200); Tommaso ClausiVincenzo Ausilio (£. 300); Francesco Ioverno fu Luca-Rocco Capocasale (£. 600); Pasquale Manfredi-Giuseppe Manfredi fu Pasquale-Giacinto Palopoli (£. 1120); Francesco Ausilio-Saverio Greco (£. 166); Francesco TavernaFilippo Manfredi (£. 679); Tommaso Pugliese-Francesco Palopoli (£. 210); Giuseppe Perri-Domenico Cerenzia (£. 200); Saverio Greco-Tommaso Aiello (£. 600); Domenico Bonanno-Giuseppe Bonanno (£. 880); Giulio Nicola Santoro (£. 800). 51 La Cassa Rurale, con bilancio attivo, continuò ad operare ancora per qualche anno. Venne sciolta dall'assemblea dei soci il 30 giugno 1935, 52 cui seguì, il 28 giugno 1936, la liquidazione finale. Ai soci toccò un dividendo di £. 1557 ciascuno. 53

4.

I caduti della seconda guerra mondiale

Prima di entrare nel merito della guerra 1940-43, è opportuno aprire una parentesi sulle campagne d'Africa del 1935-38, a cui non mancò il contributo dei campanesi. L'idea di rimettere piede in Africa con fini espansionistico-coloniali fu di Mussolini, il quale riprese l'antico disegno di occupare l'Etiopia, troncato dalla sconfitta-massacro subita dall'Italia ad Adua nel 1896, ignorando del tutto che ormai faceva parte della Società delle nazioni e perciò inattaccabile. Auspice l'Inghilterra, le grandi potenze misero l'Italia sotto accusa ed il 18 novembre 1935 votarono ai suoi danni severe Sanzioni Economiche. Senza lasciarsi minimamente intimorire, il maresciallo Badoglio proseguì la campagna di conquista e nel giro di 7 mesi (1935-36) occupò l'Etiopia invadendo Addis Abeba. 54 Tra i campanesi che parteciparono alla campagna di Etiopia si ricordano tra gli altri Pasquale Ausilio e Francesco Sangiovanni. Il primo, rimpatriato dopo la caduta di Addis Abeba, volle poi ritornare in Etiopia per lavoro, andando a sistemarsi a Dessie. La scelta gli fu fatale perchè i ribelli il 14 aprile 1937 lo uccisero per odio contro l'Italia. 55 Il secondo, Sangiovanni, lasciato l'incarico di Podestà, tra il 1936-38 partecipò alla campagna di Etiopia come 1° centurione del 363° battaglione CC.NN.. Il 17 gennaio 1938 era presente alla battaglia di Assaghirt distinguendosi per valore e meritando la Croce di guerra con la seguente motivazione: "Comandante del 2° battaglione di una colonna mista veniva improvvisamente attaccato sui due fianchi ed a tergo da notevoli forze ribelli mentre con lo scaglione ai suoi ordini attraversava una zona particolarmente difficile e dominata. Con ammirevole serenità, sprezzo del pericolo e decisione occupava di slancio opportune posizioni dalle quali, con precisi tiri di mitragliatrici controbatteva e fugava il nemico attaccante infliggendogli gravi perdite". 56 L'entrata in guerra nel 1940 a fianco della Germania fu per l'Italia una grande iattura sia per l'amara sconfitta subita, sia soprattutto per l'alto costo in vite umane pagato. Non ci fu campagna (Africa, Francia, Albania, Grecia,


Russia, ecc.) in cui non ci fossero impegnati anche tanti giovani campanesi. E dovunque è rimasto il segno del sangue versato, della sofferenza profusa, delle umiliazioni sopportate da chi almeno ha avuto salva la vita. Tra i dispersi e caduti ben 32 sono i nostri eroi, che doverosamente segnaliamo. Tutti, anche i reduci, andrebbero ricordati alla pubblica attenzione. noi ci limitiamoqui a fare memoria di quelli che nel conflitto persero la vita perchè caduti o dispersi. Eccoli in ordine alfabetico: 1. Aiello Umberto . Sergente, cadde nel canale di Sicilia inabbisandosi con la nave il "Conte Rosso" il 24 maggio 1941. Era nato il 14 marzo 1919. 2. Affatato Domenico Francesco . Soldato. Nato il 22 dicembre 1912, cadde a Tobruk in Cirenaica il 21 novembre 1941. 3. Ammannato Antonio . Soldato. E' morto nell'Ospedale Militare per le ferite riportate in guerra il 31 luglio 1942. Era nato il 14 maggio 1890. 4. Aprigliano Giuseppe Leonardo . Soldato. Cadde in Grecia a Scagliari il 28 febbraio 1943. Era nato il 28 marzo 1909. I suoi resti mortali successivamente restituiti, riposano nell'Ara dei caduti nel cimitero di Campana. 5. Benevento Andrea . Soldato. Nato il 14 giugno 1923, è morto il 13 giugno 1945 nell'Ospedale Militare di Chiaravalle Centrale (Cz) per le ferite di guerra. 6. Comite Ubaldo . Originario di Pietrapaola dove era nato il 15 maggio 1918, cadde a Rikovo l'11 dicembre 1941. Sottotenente dell'81° Fanteria-Torino, si era distinto sul fronte russo nella battaglia di Gorianowsskije il 28 settembre 1941 meritando la medaglia di bronzo al v. m. con la motivazione: "In una situazione particolarmente delicata, ricevuto l'ordine di attirare sul suo reparto l'attenzione del nemico, con veloce movimento piombava alle spalle dell'avversario e con improvvisa azione di fuoco ne spezzava le linee. Assalito da ogni lato si asserragliava col proprio plotone in un abitato, riuscendo ad arginare validamente la pressione dell'avversario e concorrere quindi con altre aliquote del battaglione a catturare numerosi prigionieri". 57 7. Cosenza Pasquale . Bersagliere. Nato il 29 dicembre 1907, cadde sul fronte albanese-iugoslavo (non in Grecia) sul Monte Tatuit Kukpalai il 10 aprile 1941 conquistando la medaglia di bronzo al v.m. con la motivazione: " Volontario di guerra, già distintosi in precedenti combattimenti per elevato sentimento del dovere e sprezzo del pericolo, durante un violento attacco nemico, circondato con alcuni compagni da forze superiori incitava i camerati alla resistenza ed impugnato un fucile mitragliatore si lanciava animosamente contro gli avversari per aprirsi un varco. Nell'ardimentoso atto, colpito a morte da raffiga di mitragliatrice, valorosamente cadeva sulla sua arma". 58 8. Grano Domenico . Sergente. Nato il 7 marzo 1919, è morto nell'Ospedale Militare di Napoli il 7 agosto 1944 per ferite di guerra. 9. Grilletta Domenico . Sergente. Rimpatriato per le gravi ferite riportate in guerra, morì a Campana il 25 settembre 1943. Era nato il 13 dicembre 1919. 10. Lerose Tommaso . Soldato. E' caduto ad Oristano il 31 gennaio 1944 a guerra ufficialmente finita. Era nato l'11 giugno 1923. 11. Lautieri Michele . Caporal maggiore, cadde in Libia a Sirte il 18 maggio 1941. Era nato il 3 novembre 1917. 12. Marinaro Giuseppe Domenico . Soldato. Cadde a Monastero il 13 aprile 1941. Era nato il 12 gennaio 1913. 13. Marino Giovanni . Soldato. Cadde in Russia il 7 giugno 1943. Era nato il 3 maggio 1920. 14. Olivieri Antonio . Soldato. Caduto a Turano il 3 gennaio 1941. Era nato il 28 novembre 1910. 15. Parrotta Sabatino . Soldato. Nato il 24 settembre 1919, cadde a Tripoli il 13 maggio 1940. 16. Perri Antonio Gerardo . Soldato. Perse la vita il 4 aprile 1943 nella tristemente famosa battaglia di El Alamein in Africa Settentrionale. Era nato il 28 dicembre 1913. 17. Rossano Antonio . Soldato. Cadde in Russia a Oberlentensderf il 21 luglio 1944. Era nato il 24 marzo 1917. 18. Rotondo Saverio . Soldato. Brigadiere CC. E' morto in Germania a Kasseloh Shammerlleger il 31 marzo 1945. Era nato il 26 febbraio 1906. 19. Rovito Vincenzo . Soldato. E' morto ad Agrigento il 18 giugno 1943. Era nato il 28 settembre 1915. 20. Sciarrotta Vincenzo . Soldato. E' morto nell'Ospedale Militare di Torino il 21 dicembre 1941 per le ferite riportate. Era nato il 16 novembre 1915. Accanto a questi 20, altri 12 soldati semplici furono dati per dispersi per non essere rimpatriati. I dispersi in Russia furono: De Luca Vincenzo (classe 1911), Chiarello Giuseppe (cl. 1919), Lerose Giovanni F. (cl. 1921), Manfredi Antonio (cl. 1917), Renzo Spartaco (cl. 1922), Sblendido Domenico Giuseppe (cl. 1918), Scigliano Vincenzo L. (cl. 1921), Sciarrotta Giuseppe (cl. 1921), Tridico Sabatino P. (cl. 1922), Tridico Salvatore (cl. 1914); nella exIugoslavia risultò disperso Ioverno Luca (cl. 1910); in luogo ignoto Rossano Giovanni D. (cl. 1920). ***** Sono meritevoli anche altri campanesi, che per fortuna non caddero in guerra e che vennero decorati al valore militare. Si aggiungono ai caduti già segnalati.


1. Benevento Domenico . Caporal maggiore del 20° fanteria. meritò la Croce di guerra al v. m. con la motivazione: "Comandante di squadra fucilieri muoveva tra i primi alla conquista di una posizione avversaria. Nel contrattacco seguitone, accortosi che un'arma automatica si era inceppata, pur sotto il mitragliamento nemico accorreva sul posto per rimetterla in efficienza dando prova di calma e sprezzo del pericolo". 59 2. Romito Ettore . Tenente di fanteria, il 3 gennaio 1941 meritò a Bardia in Africa Settentrionale la medaglia di bronzo al v. m. con la motivazione: "Durante una difficile e sanguinosa azione di contrattacco conduceva il suo reparto con slancio ed audacia. Ferito gravemente continuava a combattere sino a quando esaurite le munizioni, l'acqua ed i viveri ogni resistenza diventava umanamente e materialmente impossibile". 60 3. Serra Giuseppe . Aiutante di battaglia 2° battaglione contraerea autonoma. Combattè in Africa Orientale meritando a Homo Bottego il 24 maggio 1941 la medaglia di bronzo al v. m. con la motivazione: "Sottufficiale addetto ad una batteria contraerea, già distintosi in precedenti azioni, durante una violenta incursione, consapevole dell'incalzante pericolo dell'esplosione delle munizioni colpite da bombe incendiarie, con esemplare sangue freddo continuava a trasmettere i dati di tiro, sostituendosi a specialisti rimasti feriti. Permetteva così la continuità della violenta reazione contraerea da consentire il ripiegamento di nostre truppe attraverso il ponte dell'Homo Bottego. Ardimentoso soldato, animato da fede e da puro ideale". 61 4. Spina Vincenzo . Caporale del 26° reggimento Art. di C. A., conquistò la Croce di guerra al v. m. sul fronte greco a Lago di Pogradec il 4 prile 1941 con la motivazione:" Caporale allievo operaio di batteria, in sei mesi di guerra, dimostrava coraggio e serenità, riparando spesso, sotto il fuoco nemico e sotto la neve, i pezzi inefficienti. Febbricitante chiedeva di rimanere sulla linea dei pezzi, e , mentre la batteria era contobattuta, accorreva al pezzo più esposto aiutando ed animando i serventi". 62 Per onorare la memoria dei caduti delle due guerre l'Amministrazione Comunale del sindaco Ernesto Funaro innalzerà nel 1978 un Monumento marmoreo, opera dell'artista...... Oltre a riprodurre i nomi di tutti i caduti, così è scritto nella lapide marmorea appostavi: "CAMPANA AI SUOI CADUTI PERCHE' DAL RICORDO DEI LUTTI PASSATI CRESCA SEMPRE PIU ' CONSAPEVOLE IL RIFIUTO E LA CONDANNA DI OGNI VIOLENZA SI RAFFORZI LA PACE E LA SOLIDARIETA' FRA I POPOLI. 26.I.1978". ***** Con l'occupazione degli Alleati e l'armistizio dell'8 settembre 1943 si chiudeva per l'Italia un capitolo doloroso di storia, che avremmo voluto ignorare del tutto. Con la fine della guerra e la conseguente caduta del regime fascista, aveva inizio una nuova politica che, attraverso un primo governo commissariale, porterà al Referendum popolare del 2 giugno 1946, col quale vennero sanciti il definitivo tramonto della Monarchia e la proclamazione della Repubblica. Si apriva così il difficile momento della ricostruzione civile e sociale del paese. Ed è proprio alle vicende della ripresa e della ricostruzione del secondo dopo-guerra che ci interesseremo nel capitolo che segue. Giova, infine, ricordare alcuni campanesi che si distinsero nel Nord Italia tra i partigiani nella resistenza antitedesca. De Marco Vincenzo . Nato a Campana il 10 luglio 1922, fu partigiano nella divisione Garibaldi-Iugoslavia dall'11 dicembre 1944 al 10 maggio 1945. Vivente a Campana. 63 Grillo Luigi Beniamino (Middiellu). Bracciante nato a Campana nel 1923. Aggregato a reparto tedesco in Francia, riuscì a fuggire con altri compagni congiungendosi poi con una formazione partigiana operante nella zona di Marsiglia. 64 Meno fortunato è stato Francesco Renzo , mio padre, che nella operazione di scioglimento dell'esercito in terra francese cadde prigioniero dei tedeschi e trasferito in Germania in campo di concentramento. Sarà liberato dagli americani alla fine della guerra. Ioverno Angelo Pasquale . Forese di Campana classe 1913, si ritirò a Torino, dove è deceduto. Manfredi Giovanni . Medico. Nato a Campana il 20 aprile 1890, partecipò alla lotta partigiana nella zona Polesine-Porto Tolle in Veneto col nome di battaglia "Pietro Accolti". Alla fine della guerra rimase a Porto Tolle esercitandovi la professione medica. Passò gli ultimi tempi della sua vita a Campana, dove la morte lo colse il 21 giugno 1972. Pugliese Pietro (Pietro e Angelo). Nato a Campana il 4 giugno 1912, fu partigiano nella divisione "E.l.a.s.Grecia" dal 1° luglio al 30 ottobre 1944. 65 Vivente. Rotondo Saverio . Manovale edile classe 1922, fu partigiano in Piemonte. 66 Scigliano Francesco . Partigiano col nome di battaglia "Athos", è nato nel 1924. Vive a Campana. 67 Tucci Giulio . Classe 1920. Fu partigiano dal 9 settembre 1943 al 30 novembre 1944 nella formazione "E.n.l.a.Albania". 68 Urso Pasquale ("Misonna"). Classe 1923. Dopo la guerra, trasferitosi in Francia, di recente è rientrato in patria.


NOTE 1 Cfr. ASC, Prefettura, Rapporto 15 agosto 1921, n. 1137; anche E. MISEFARI-A. MARZOTTI, L'avvento del fascismo in Calabria , Cosenza 1980, p. 39. 2 Cfr. E. MISEFARI-A. MARZOTTI, La'avvento del fascismo... , p. 39. 3 Cfr. D. MACHERA, Vita servaggia , pp. 160-166; anche F; SPEZZANO, Fascismo e Antifascismo in Calabria , Manduria 1975, pp. 72-99. 4 Cfr. D. MACHERA, Vita servaggia , pp. 157-58. Il caso si chiuse con la liberazione di Giovanni santoro, difeso ancora una volta dall'Avv. Francesco Tocci, di Rossano. 5 Cfr. ACC, Deliberazioni Comunali , 13 dicembre 1923. 6 Cfr. ACC, Deliberazioni Comunali, 22 maggio 1924, n. 32. Alla seduta erano presenti: Santoro notar Pasquale, Caccuri Salvatore, Madera Gennaro, Cundari Silvio, Aiello Tommaso, Machera Domenico, Palopoli Giacinto, Greco Saverio, Grilletta Ludovico, Spina farm. Lorenzo, assenti tutti gli altri, tra cui il sindaco Saverio Manfredi. 7 Cfr. E. CAMPANA, Vecchia Calabria Valorosa e guerriera. Campana , 8 giugno 1938, si ignora la testata. 8 Francesco Sangiovanni, insegnante, è nato a Campana il 14 marzo 1892. Fu Podestà fino al 1941, tranne la breve parentesi nel 1936-38, in cui partecipò alla guerra d'Africa. E' morto il 12 aprile 1958. 9 Cfr. ACC, Deliberazioni Comunali , 16 luglio 1926, n. 15. 10 Detti progetti erano stati avviati già nel 1922, ma la tardata esecuzione richiese una revisione generale. Il podestà Sangiovanni, nel dare l'incarico all'Ing. Santoro, chiese che nel progetto venisse inclusa anche la Via Re d'Italia: cfr. ACC, Deliberazioni Comunali, 1° ottobre 1922, n. 42 e 31 luglio 1926, n. 27. 11 Cfr. ACC, Deliberazioni Comunali , 2 aprile 1932, n. 29; D. MACHERA, Vita servaggia , p. 172. 12 Il provvedimento venne preso dal Podestà in ottemperanza alla Prefettizia del 1° agosto 1931 n. 12447, con cui, dietro ordine di Mussolini, si invitavano i Comuni d'Italia a dedicare una via al glorioso nome di Roma: cfr. ACC, Deliberazioni Comunali , 14 agosto 1931, n. 72. 13 Cfr. ACC, Deliberazioni Comunali , 16 novembre 1926, n. 43 14 Cfr. ACC, Deliberazioni Comunali , 5 febbraio 1927, n. 2. 15 Cfr. ACC, Deliberazioni Comunali , 18 agosto 1933, n. 97. L'opera verrà poi realizzata nel 1948 a ridosso del torrente Cerruzzo. 16 Cfr. ACC, Deliberazioni Comunali , 25 marzo 1933, n. 29. La ditta pagava un canone di fitto annuo di £. 100. 17 Cfr. ACC, Deliberazioni Comunali , 30 settembre 1933, n.117. 18 Cfr. ACC, Deliberazioni Comunali , 9 dicembre 1933, n. 145. Rimase in carica qualche mese fino allo svolgimento del concorso. Il Dott. De Sessa, comunque, restò in paese sposando Giulia Cerenzia di Campana. sarà medico condotto dal 1948 alla morte. 19 Cfr. ACC, Deliberazioni Comunali , 28 aprile 1934, n. 55. Il Dott. Spina è da ricordare per uno studio inedito scritto intorno al 1925 dal titolo Francesco Marino e Campana sua patria . 20 Cfr. ACC, Deliberazioni Comunali , 27 giugno 1936, n. 70. La nomina sarà fatta dal Commissario Prefettizio Guglielmo Quartucci. 21 Cfr. ACC, Deliberazioni Comunali , 7 ottobre 1936, n. 124: è l'ultima delle delibere del Quartucci. Il provvedimento era stato provocato dalla diminuzione dell'acqua dell'acquedotto Portara. L'Ing. Scafoglio fu ultimo Podestà di Bocchigliero dal 1938 alla caduta del Fascismo. Nel 1944, con la liberazione, venne confermato anche Commissario Prefettizio fino al giugno 1944: cfr. F. PUGLIESI, Ricerche sulla storia di Bocchigliero , p. 261. 22 Cfr. D. MACHERA, Vita servaggia , p. 196. A seguito di questa vicenda mise in vendita la Fiera della Ronza, poi rilevata nel 1939 da Alfonso Ausilio, ritirandosi prima nella sua Celico e poi a Cosenza. 23 Cfr. ACC, Deliberazioni Comunali , 14 novembre 1936, n. 129. 24 La sua ultima delibera è datata 30 aprile 1938, la n. 26 del registro Deliberazioni Comunali. 25 La prima delibera della seconda fase dell'incarico è datata 10 maggio 1938, n. 27 del menzionato registro. 26 Cfr. ACC, Deliberazioni Comunali , 2 settembre 1938, n. 78. Segretario comunale è Domenico Roseti. 27 Il campo di concentramento di Ferramonti, il più grande d'Italia, consisteva in 92 baracche sistemate in fretta e furia dall'impresa Parrini di Roma nella valle paludosa del Crati, in territorio di Tarsia. Aperto nel giugno 1940, venne definitivamente chiuso il 14 settembre 1943 con la liberazione di quasi 2000 internati ebrei, originari del Centro ed Est Europa. Oggi delle 92 baracche restano solo gli ex uffici in muratura, mentre le altre sono state abbattute per consentire il passaggio dell'autostrada A3 Salerno-Reggio Calabria. Di recente sulla vicenda è stato girato il film "18000 giorni fa" di Gabriella Gabrielli, liberamente tratto dal libro del Prof. Carlo Spartaco Capogreco Ferramonti: la vita e gli uomini del più grande campo di concentramento fascista , dell'editore Giuntina di Firenze. 28 Cfr. ACC, Cartella Confinati dal 1939 al 1942 , cat. XV, cassa V, fasc. II. Ringrazio l'amico Espedito Chiarello per avermi aiutato in questa come in altre ricerche dell'Archivio Comunale. 29 Cfr. F. FOLINO, Ferramonti: un lager di Mussolini. Gli internati durante la guerra , Cosenza 1985, p. 54.


30

Cfr. ACC, citata Cartella Confinati . Cfr. ACC, Deliberazioni Comunali , 20 maggio 1942, n. 20. 32 Cfr. ACC, Deliberazioni Comunali , 31 luglio 1943, n. 23. Il Prof. Eugenio Santoro, già per diversi anni Segretario politico del fascio, morì il 18 novembre 1947. 33 L'atto, registrato a Cariati il 13 novembre (n. 127), è conservato in copia nell'Archivio dell'Asilo Infantile ( da ora AAI). Il terreno in parola era sito in c.da Calvario, all'altezza dell'attuale Via Roberto Migliacci, parallela a Via Roma. 34 Il progetto e le informazioni sono desunte da Nuova Rossano , 15 febbraio 1923, che venne coinvolta per sensibilizzare anche il circondario a libere sottoscrizioni di aiuti finanziari. 35 Copia del contratto è conservato nell'AAI. 36 D. Roberto Migliacci, vero uomo della Provvidenza, si trovava a Campana fin dal 1923 come maestro elementare. Nato a Corigliano il 27 febbraio 1893 e conseguito il diploma di Insegnante, alla fine della guerra 1915-18, a cui partecipò come Ufficiale, maturò l'idea di farsi sacerdote perfezionandosi negli studi teologici. Venne ordinato sacerdote il 17 luglio 1921 dall'arcivescovo Giovanni scotti e destinato come Censore del Convitto Arcivescovile e del Seminario di Rossano. Trasferitosi a Campana, vi rimase fino al 1934. Tornato nella sua Corigliano, venne destinato a reggere il santuario di Schiavonea, dove fondò un secondo Asilo d'Infanzia. Consumato dalla tisi, alla fine del 1945 dovette essere ricoverato nel Santuario di Arco di Trento, dove si spense il 21 dicembre 1946. La popolazione campanese lo conservò nel cuore anche dopo il suo trasferimento. Ne fu testimonianza anche il tributo di venerazione che venne riservato all'urna dei suoi resti mortali, quando, prima di essere trasportata da Arco di Trento nel cimitero di Corigliano, il 30 aprile 1957 venne esposta nella chiesa di S. Domenico, accolta con devozione dall'arciprete Gaetano Pancali e da una marea di gente. Per un suo profilo, cfr. mio D. Roberto Migliacci: uomo della Provvidenza , in "Camminare Insieme", mensile dell'Archidiocesi di Rossano-Cariati, maggio 1990, p. 3. 37 Cfr. ACC, Deliberazioni Comunali , 5 febbraio 1927, n. 3. La delibera venne approvata dalla Giunta Amministrativa della Provincia il 17 marzo 1927. 38 L'elenco è ricavato da un Verbale di riunione dello stesso Comitato del 5 luglio 1931, conservato nell'AAI. 39 L'atto è conservato nell'AAI. 40 Gli aggiudicatari dei lotti furono Giuseppe Caccuri (lotto A, mq 366, £. 400), Vincenzo Madera (lotto B, mq 669.30, £. 700), Pasquale Chiodo (lotto C, mq 775.88, £. 1050), L. Marino (lotto D, mq 1088, £. 1470), Vittoria Scalambrino (lotto E, mq 805, £. 1310), Giuseppe Caccuri (lotto F, mq 666, £. 685), Francesco Aiello (lotto G, mq 890.50, £. 950), Guglielmo Quartucci (lotto H, mq 1165, £. 1250). La nota descrittiva è conservata nell'AAI. 41 Nel disporre il primo contributo annuo di £. 1200, il Podestà così scriveva a D. Migliacci: "Colgo l'occasione per plaudire alla nobile e civile iniziativa mossa da V. S. e per assicurarla che in seguito se le condizioni finanziarie del Comune lo consentiranno, non mancherò di aumentare il contributo in parola". La lettera, datata 9 dicembre 1926, è conservata nell'AAI. 42 L'elenco completo è conservato nell'AAI. 43 La documentazione è conservata sempre nell'AAI. 44 Cfr. fogli 64, 66 e 67-68 della contabilità, presso AAI. 45 A ricordo, sulla facciata dell'Asilo è stata apposta la seguente lapide marmorea: "LA CARITA' DEI CAMPANESI SOPRATTUTTO ABNEGAZIONE TRIONFANTE DI D. ROBERTO MIGLIACCI INSEGNANTE UFFICIALE SACERDOTE QUESTO PIO ASILO ERESSERO NEL NOME DI DIO PROMETTENTE VIVAIO DI OTTIMI CITTADINI. 1927-1931. IX". 46 A collaborare con le Suore vi sono in quell'anno Chiarina Capocasale e Antonietta Filippelli. 47 Il provvedimento venne adottato dal Consiglio Comunale con delibera del 2 marzo 1947 su istanza presentata da Domenico Cerenzia e sottoscritti da molti cittadini. La richiesta in verità riguardava l'intitolazione a D. Roberto di una delle vie principali del paese. Il Consiglio intese intitolargli l'Asilo: cfr. ACC, Deliberazioni Comunali , 2 marzo 1947, n. 3. 48 Alla Camera di Commercio di Cosenza è registrata al 18 gennaio 1920: cfr. L. INTRIERI, Don Carlo De Cardona , Torino 1996, p. 207; dello stesso autore anche Don Carlo De Cardona e il movimento delle Casse Rurali in Calabria , Cosenza 1985, p. 141. 49 Cfr. Foglio degli Annunzi Legali della provincia di Cosenza , 1920-21, p. 351, in L. INTRIERI, Don Carlo De Cardona , p. 207. 50 L'annotazione figura in un foglio conservato nella Cartella Mons. Scotti , presso ADR, dove figurano I nomi delle Casse Rurali e dei Sacerdoti che ne fanno parte per l'Archidiocesi di Rossano . Le Casse Rurali all'epoca sono operative a Spezzano (dir. D. Francesco Gullo), Terranova (pres. D. Di Pace), Corigliano (pres. l'arciprete De Gennaro), Rossano (pres. D. Nicola Altavista), Calopezzati (pres. D. Luigi Tocci), Crosia (pres. D. Madeo), Longobucco (pres. l'arciprete Berardi), Paludi (cassiere D. Lettieri), Bocchigliero (cassiere D. Rizzuti), Mandatoriccio (pres. D. Santoro). 51 Tutti i dati sono ricavati dal Verbale di consegna del 1° giugno 1933, proveniente dall'Archivio della Cassa Rurale, oggi in parte conservato dalla Prof.ssa Caterina Perri. 52 Cfr. Foglio degli Annunzi , 1935-36, p. 272; in L. INTRIERI, Don Carlo De Cardona , p. 207. 53 Cfr. Foglio degli Annunzi..., 1936-37, p. 18; in L. INTRIERI, Don Carlo De Cardona , p. 207. 54 Con gesto quasi di scherno e con la condanna delle Sanzioni, Mussolini fece affiggere in tutti i Comuni d'Italia la seguente lapide marmorea: "1935. XIV. A RICORDO DELL'ASSEDIO PERCHE' RESTI DOCUMENTAZIONE NEI SECOLI L'ENORME INGIUSTIZIA CONSUMATA CONTRO L'ITALIA ALLA QUALE TANTO DEVE LA CIVILTA' DI TUTTI I CONTINENTI". La lapide rimase nel vecchio Municipio, attuale Pretura, fino alla caduta del Fascismo, quando il Commissario Prefettizio Aldo Arcieri ne comandò la rimozione destinandola a predella dell'altare nella chiesa di S. Antonio. 55 Le sue ossa sono tumulate nel cimitero di Campana nell'Ara dei caduti insieme a Pasquale Cosenza e Giuseppe Leonardo Aprigliano, morti rispettivamente il 10 aprile 1941 e 28 febbraio 1943. 31


56 Cfr. Boll. Uff. 1941, disp. 10; in citato Albo d'oro della Gente Bruzia , p. 754. Come si ricorderà, D. Ciccio Sangiovanni, rientrato a Campana nel 1938, riprese l'incarico di Podestà mantenendolo fino al 1941. Continuò a vivere in paese fino alla morte, intervenuta il 12 aprile 1958. 57 Cfr. Boll. Uff., 1951, disp. 15; in Albo d'oro..., p. 223. 58 Cfr. Boll. Uff. , 1949, disp. 15; in Albo d'oro..., p. 240. I suoi resti mortali, restituiti alla patria intorno al 1970, vennero ricomposti nell'Ara dei caduti nel cimitero di Campana. 59 Cfr. Boll. Uff. , 1942, disp. 103; in Albo d'oro , p. 90. La battaglia avvenne il 1° maggio 1941 nella zona di Tobruk. 60 Cfr. Boll. Uff. , 1956, disp. 16; in Albo d'oro..., p. 723. 61 Cfr. Boll. Uff. , 1952, disp. 44; in Albo d'oro.. , p. 793. Giuseppe Serra, nato a Campana nel 1914 da Saverio e Giacobba Maria Filippelli, alla fine della guerra venne assunto come cartografo- plasticista dal Ministero della difesa. Andò a stabilirsi a Udine esercitando brillantemente l'arte della pittura. A lui è dedicato il volume monografico Un recinto aperto , curato da Fulvio Castellani, Udine, giugno 1986. 62 Cfr. Boll. Uff. , 1942, disp. 72; in Albo d'oro... , p. 818. Tornato dalla guerra, aprì a Campana un'officina di fabbro ferraio. E' morto il 3 maggio 1988. 63 Cfr. I. SANGINETO, I Calabresi nella guerra di liberazione: I Partigiani della Provincia di Cosenza , I, Cosenza 1992, p. 118. 64 Ringrazio Espedito Chiarello per questa informazione. Sconosciuto al citato testo di Isolo Sangineto, come sono ignorati i successivi non diversamente segnalati. 65 Cfr. I. SANGINETO, I Calabresi nella guerra di liberazione... , pp. 166-67. 66 Cfr. I. SANGINETO, I Calabresi..., p. 174. 67 Cfr. I. SANGINETO, I Calabresi... , p. 179. 68 Cfr. I. SANGINETO, I Calabresi... , p. 187.


CAPITOLO QUINDICESIMO IL SECONDO DOPO GUERRA

Quelli del secondo dopo guerra sono stati anni difficili. Al sospiro di sollievo per la fine del conflitto seguì di fatto la presa di coscienza della drammatica situazione socio-economica, prima che politica. La mancanza di viveri, la scarsezza di risorse e la disoccupazione generale rendevano ancora più squallida la vita e la convivenza. Molti ripresero la strada dell'emigrazione nelle Americhe, mentre i rimasti provarono a costituire una cooperativa di lavoro e di consumo, animata dall'ex sindaco Domenico Machera, che riuscì quanto meno a tamponare qualche disagio e soprattutto a stimolare l'urgenza di organizzarsi per affrontare l'emergenza. "Le nostre attività - scrive Machera - non furono dedicate all'odio di classe nè alla violenza, ... ma furono assorbite dalla lotta pacifica e ponderata contro la fame e i disagi ereditati dal fascismo". 1 La cooperativa si sciolse nel 1948, anche se qualche risultato non ha mancato di darlo. A parte il contenimento dei prezzi di alcuni viveri, ha avuto anche il merito di sollecitare una nuova assegnazione di terre comunali soprattutto agli ex combattenti e reduci, che - come scrive "Un uomo qualunque" su Nuova Rossano - mentre in ogni paese "hanno assistenza, lavoro, conforto, i nostri, che al pari degli altri, hanno servito la Patria, non solo languiscono nell'ozio forzato quanto non hanno nemmeno il focolare". 2 Il problema della terra, come si vede, ritorna nuovamente di attualità. Ed anche se di esso ci interesseremo più avanti, qui notiamo come il Commissario Prefettizio Aldo Arcieri il 4 marzo 1944, per venire incontro alle richieste dei contadini, deliberava "di chiedere alla Guardia Forestale l'autorizzazione per la concessione ai contadini di Campana del diritto di semina, per quell'anno, nei terreni comunali a ciò adatti per i fondi Colamacco, Serra dell'Acero. Ciò senza nocumento dei boschi". 3 Non meno grave era la situazione igienico-sanitaria dell'abitato: la rete fognante e la pavimentazione delle strade da completare, le case maleodoranti e spesso a rischio, la mancanza dell'acqua corrente per uso domestico, la promiscuità con gli animali da lavoro. Erano tutte condizioni di precarietà che andavano affrontate e risolte malgrado la scarsità delle risorse. 4 Uno di questi nodi venne al pettine ai primi del 1945, quando per i danni subiti dal maltempo, una ventina di case del Rione Terra dovettero essere demolite con l'intervento del Genio Civile di Cosenza con la conseguenza che gli inquilini, rimasti senza tetto, dovettero essere sistemati in alloggi di fortuna con grave disagio e senza prospettive immediate di soluzione. In questo clima di precarietà generale e di grande disagio morale e sociale si trovarono a lavorare i commissari governativi nominati direttamente dal Prefetto, in attesa di predisporre le libere elezioni, che si terranno poi nel 1946.

1.

Il Governo Commissariale (1943-46)

Caduto il Fascismo, nel settembre 1943 veniva nominato Commissario Prefettizio il funzionario Aldo Arcieri , che restò in carica fino ai primi di agosto 1944. Uno dei primissimi provvedimenti fu la rimozione dalla sede municipale della terga delle Sanzioni Economiche del 1935, di cui si è già parlato. 5 E' stato inoltre ricordato il suo intervento atto ad ottenere per i contadini poveri la concessione di alcune terre comunali ad uso semina. L'ultima sua delibera è del 10 luglio 1944, con cui dispone la liquidazione di £. 1000 a favore dell'Avv. Pasquale Manfredi per il restauro alla chiesa di S. Antonio e per le riparazioni fatte fare allo stesso convento. 6 Il 15 agosto Arcieri venne rimpiazzato da Giuseppe De Martino , che governò il paese fino alle libere elezioni del 17 marzo 1946, in cui venne eletto il primo Consiglio Comunale del dopo guerra. 7 Fin dai primi giorni venne investito di un delicato problema di ordine pubblico determinato da un provvedimento del suo predecessore. L'Arcieri, dietro sollecitazione di parte, con decreto del Prefetto del 19 gennaio 1944 (n. 29994), aveva disposto il trasferimento della sede della fiera del Rosario (7-9 ottobre) dal rione Convento alla Ronza, nel sito dell'omonima fiera di giugno. Il provvedimento, tenuto nascosto a tutti, venne fatto affiggere in paese il 1° ottobre quando ormai l'Arcieri da tempo aveva esaurito il suo mandato. Assistito dal Segretario comunale Leonardo Fazio, il Commissario De Martino il 3 ottobre deliberava di sospendere, con effetto immediato, il trasferimento della fiera comunicando allo stesso Prefetto l'assurdità del provvedimento, certamente carpito in buona fede. Delineato lo svolgersi della vicenda, il De Martino così continua nella delibera: "... Considerato che la località Convento, di proprietà del Comune, è contigua all'abitato, molto ampia, pianeggiante e provvista di tutte le comodità (compresa la vicinanza dell'acqua potabile) per essere la sede più adatta della Fiera del SS. Rosario, che in prevalenza fiera di animali, specialmente maiali. Al contrario la località Ronza, di proprietà Ausilio, dista dall'abitato circa tre Km e non offre comoda possibilità di vitto, di alloggio e comunque di ricovero ai mercanti ed ai compratori. Ritenuto pertanto che appare molto strano, per non usare altro aggettivo, cambiare la fiera da una località vicina, comoda e gratuita ad altra


località lontana, scomoda e per giunta, a pagamento. Sarebbe, invece, logico ed opportuno il contrario, cioè trasferire la Fiera della Ronza al Convento; Considerato, d'altra parte, che i manifesti vengono ad arte affissi pochi giorni prima della Fiera quando manca il tempo materiale di provocare da S. E. il Prefetto la revoca del trasferimento e di dare alla revoca la necessaria pubblicità; Che al Comune non è mai stata data alcuna comunicazione del decreto di S. E. il Prefetto del 19 Gennaio 1944 n. 29994, della cui esistenza è quindi lecito dubitare; Considerato ancora che la intiera popolazione, sorpresa dall'inopinato disposto trasferimento, è giustamente in grande fermento e reclama che il trasferimento stesso non sia a qualunque costo attuato anche quest'anno; Per questo motivo e principalmente per ragione di ordine pubblico, perchè mettendo in esecuzione il predetto decreto, si avrebbe certamente un perturbamento; Delibera 1) Che S. E. il Prefetto revochi il suo decreto n. 29994 del 19 Gennaio 1944 che gli è stato carpito dalle interferenze del precedente Comm. Prefettizio, Sig. Arcieri Aldo e da Ausilio Alfonso; 2) Che la Fiera del SS. Rosario si tenga anche quest'anno nella solita località Convento e che all'uopo, con ogni mezzo, siano avvertiti i concorrenti". 8

Essendo del luogo, il Commissario Giuseppe De Martino, conosceva bene la situazione del paese, per cui non mancò di prodigarsi perchè alcuni annosi problemi venissero avviati a soluzione. Primo fra tutti il problema di quelle famiglie del Rione Terra che nel 1945 avevano avuto la casa demolita, a cui bisognava garantire comunque un tetto. Superando diversi contrasti, il De Martino diede incarico all'Ing. Giulio Nicola Santoro perchè approntasse un progetto per un gruppo di sei abitazioni popolari di quattro vani ciascuna. Il progetto, arricchito da una dettagliata relazione sullo stato preoccupante in cui versava la parte inferiore del rione Terra, il 20 novembre 1946 venne approvato dal Provveditorato alle OO. PP. di Catanzaro. L'esecuzione, però, tardava ad essere appaltata, per cui la cosa venne denunciata sulla stampa attribuendone la responsabilità all'Amministrazione Comunale: "... Non ci meravigliamo se l'attuale Amministrazione Comunale non esplica nessuna premura per una sollecita realizzazione delle dette abitazioni. Come nessuna impressione ci ha fatto l'opera deleteria di qualche naufrago che oggi si dibatte nelle procelle da se stesso determinate. Perchè conosciamo qual è il suo assillo. Perchè sembra che si stiano preparando ancora ordinanze per imporre la demolizione di altre case sotto il pretesto di gravi lesioni e d'imminente crollo e così gettare altre famiglie in mezzo alla strada. Ma basta per adesso con le demolizioni coatte. Perchè tutto il Rione Terra di questo abitato ha la voragine sotto il piede. Tutto è in imminente pericolo di crollo e tutto dovrebbe essere abbandonato senza esitazione. Pensiamo perciò a costruire qualche vano per ricoverarvi almeno quei cittadini, quelle intere famiglie che sono state già private della propria casa. Ben 64 famiglie con circa 300 persone sono senza tetto, e prima di aumentarne il numero, tentiamo tutte le forze perchè esse, prive di mezzi, riabbiano il proprio focolare, perchè il nostro pastore, il nostro contadino abbia una abitazione comoda e salubre, ch'è fonte di benessere, di civiltà". 9

Sempre sul problema della casa, il 3 ottobre 1944, "al fine di sanare la cosa ed evitare lo scempio avvenuto precedentemente per il rione Croce", il De Martino, tenuto conto che in Comune giacevano già 84 domande di concessione di suolo edificatorio nel terreno comunale del Convento, affidò all'Ing. Giulio N. Santoro un progetto di lottizzazione" per la zona che va dalla Via Nazionale e dal limite di Piro Beniamino fino alla Piazza della Chiesa". 10 Nel giro di qualche mese l'Ing. Santoro presentò il progetto, in cui previde 128 lotti divisi in 3 categorie: 19 lotti di I categoria (£. 40 al mq); 49 di II categoria (£. 30 al mq); 60 di III categoria (£. 20 al mq). Con l'avallo della Commissione edilizia, il Commissario De Martino il 5 maggio 1945 approvò il piano di fabbricazione. 11 Il provvedimento, lungimirante e di grande respiro, avviò lo sviluppo urbanistico del rione, che nel breve volgere di qualche anno determinò il congiungimento alla SS. 108 ter e di riflesso all'altro nucleo abitativo di Femminamorta e del rione S. Croce. La pianificazione venne completata dalla costruzione della strada, attuale Via Insorti d'Ungheria, inaugurata nel 1957 dal sindaco Dott. Gaetano Manfredi con l'intervento del Ministro On. Gennaro Cassiani. Altra opera meritoria del Commisario De Martino è l'avvio della quotizzazione di alcuni fondi comunali, che sarà ripresa e condotta a termine a partire dal 1946. 12 Come è stato ricordato, il periodo del Governo Commissariale del Comune si concluse il 17 marzo 1946 con le elezioni amministrative del primo Consiglio Comunale democraticamente eletto.

2.

La vita politica del dopo guerra

Caduto il fascismo, iniziava una fase politica interlocutoria che sfocerà nel Referendum del 2 giugno 1946, in cui il popolo italiano venne chiamato a scegliere tra la Monarchia e la Repubblica con l'affermazione della seconda sulla prima e la conseguente condanna all'esilio del Re Umberto di Savoia. A Campana il voto fu favorevole alla Monarchia. Dei voti, infatti 1039 furono per la Monarchia, 688 per la Repubblica e 81 non validi. 13 Ma l'esito locale non cambiò il processo della storia, che si apriva all'esperienza repubblicana.


Nello stesso giorno, il 2 giugno, si votò per l'Assemblea Costituente, a cui sarà demandata la formulazione della Costituzione Italiana. Su 2168 aventi diritti, andarono a votare in 1808 esprimendo queste preferenze: Pci 264; Psiup 40; Pc Ind. 42; P. d'Az. 40; P. Lab. It. 4; Pri 31; Dc 870; Udn 115; Uq 21; Bnl 100; Mui 60; Crp 10; non validi 211. 14 In un certo senso si verificò un ribaltamento di posizioni rispetto al risultato delle elezioni amministrative tenute a marzo: allora emersero le sinistre, mentre per la Costituente ebbe la meglio la Democrazia cristiana. Ma, quel che più conta, su basi democratiche e con maggiore coscienza nazionale nasceva la nuova Repubblica, chiamata a ricostruire l'Italia prostrata sotto tutti gli aspetti dai postumi della seconda guerra mondiale.

a)

Le amministrazioni comunali del dopo guerra

Ancora prima del referendum, il 17-18 marzo 1946 si tennero le prime elezioni amministrative del dopo Fascismo, a cui parteciparono le liste dei socialcomunisti (S.C.) e della DC. I primi vinsero le elezioni con 912 voti contro i 567 della seconda. Il 2 aprile successivo, il neo Consiglio, presieduto dal consigliere anziano Vincenzo Madera, provvide ad eleggere alla carica di sindaco l'indipendente Gaetano Aurelio Cundari. Nel Consiglio, oltre al sindaco, vennero eletti: Machera Domenico, Madera Vincenzo, Costantino Domenico, Murano Domenico, Madera Pietro, Guida Pietro, Benevento Lorenzo, Viola Salvatore, Spina Antonio, Pugliese Lorenzo, Grilletta Oreste, Pugliese G. Filippo, Marino Pasquale, Tucci Giulio, Cundari Nicola (maggioranza); Chiodo Angelo Raffaele, Aiello Espedito, Spina Saverio Giuseppe, Greco Francesco Saverio (minoranza). 15 La Giunta risultò formata da Domenico Machera, Vincenzo Madera, Domenico Costantino e Pietro Madera (assessori effettivi); Oreste Grilletta e Pietro Guida (supplenti). 16 Il 1947 non inizia sotto buoni auspici per l'amministrazione comunale. Il sindaco Cundari viene sfiduciato dal Consiglio e sospeso dall'incarico, per cui le funzioni di primo cittadino vengono assunte da Machera. Questi, con l'intera Giunta, il 2 marzo si dimette, per cui la settimana dopo il Consiglio provvede ad eleggere la nuova Giunta nelle persone di Pietro Madera (con funzioni di sindaco), Domenico Costantino, Antonio Spina, Salvatore Caccuri (assessori effettivi); Lorenzo Pugliese e Pasquale Marino (supplenti). 17 Tra i provvedimenti assunti sono da ricordare la protesta, il 27 aprile, contro il Presidente del Consorzio di Bonifica Lipuda-Fiumenicà perchè negli interventi di tutela del territorio, Campana risultava sistematicamente ignorata pur pagando regolarmente i contributi fin dal 1936, 18 e la deliberazione della vendita al Dott. Gaetano Manfredi dei ruderi dell'ex convento di S. Antonio e del terreno circostante per costruirvi entro 4 anni un Ospedale. 19 Ottenuta l'approvazione della Giunta provinciale amministrativa, l'atto di compravendita sarà perfezionato con delibera comunale del 24 agosto dal nuovo sindaco f. f. Domenico Machera. 20 Intanto nell'ottobre 1947 Gaetano Cundari viene integrato nuovamente nella carica di sindaco, 21 che manterrà fino alla conclusione del mandato, malgrado ci fosse stato un nuovo tentativo nel 1949 di sfiduciarlo. 22 Tra le opere pubbliche deliberate nel 1948 sono da ricordare la costruzione di un Campo sportivo al rione Convento, la destinazione ad Edificio scolastico di un suolo edificatorio lungo il tracciato di Via Roma e l'acquisto di un suolo di proprietà di Saverio Manfredi, attiguo all'allora Ufficio Postale, sottostante la Via Roma per destinarvi la Pretura. 23 Amministrazione 1952-56 . Le elezioni si tennero il 25-26 maggio 1952. In lizza entrano tre liste: quella civica della Campana del sindaco uscente, quella della Dc capeggiata dal Dott. Gaetano Manfredi e quella del Pci di Machera col simbolo della Tromba. L'esito delle elezioni fu nuovamente favorevole a Cundari, che raccolse 985 voti contro i 537 della Dc e i 191 della Tromba. Il Consiglio risultò composto dal sindaco Gaetano A. Cundari e dai consiglieri Serafini Vincenzo, De Martino Mino Giulio, Costantino Vincenzo, Spina Luigi, Caccuri Vincenzo, Caccuri Leonardo, Murano Domenico, Scavelli Domenico, Spina Antonio, Lepiane Pasquale, Grilletta Oreste, Sciarrotta Michele, Clausi Alberto ( surrogato con Greco Francesco Saverio), Luzzi Vincenzo, Rotondo Domenico; della minoranza Dc fecero parte Manfredi Gaetano, Ausilio Agostino, Madera Pietro, Bonzi Egidio. Nella Giunta furono eletti De Martino M. Giulio, Serafini Vincenzo, Murano Domenico, Spina Antonio (assessori effettivi); Caccuri Leonardo e Costantino Vincenzo (supplenti). 24 Il programma di questa seconda Giunta Cundari, reso pubblico con un manifesto durante la campagna elettorale, fu abbastanza ambizioso, anche se nei fatti le cose andarono diversamente. Senza entrare nel merito, non si andò oltre l'ordinaria amministrazione. Amministrazione 1956-60 . Le elezioni si tennero il 27-28 maggio 1956. A contendersi la gestione del Comune si presentarono nuovamente tre liste: quella della Campana del sindaco uscente Cundari, quella dello Scudo crociato della Dc del Dott. Gaetano Manfredi, quella di Machera col simbolo del Piccone badile e spiga. Dalla lotta dura e accanita uscì vincente la lista della Dc con 1666 voti, contro i 294 della lista Machera e i 172 di Cundari.


Del nuovo Consiglio entrarono a far parte il sindaco Manfredi, Funaro Michele, Santoro Francesco, Aprigliano Pasquale, Parrotta Domenico, Santoro P. Paolo, Giordano Saverio, Greco Angelo Serafino, Santoro Serafino, Aprigliano Saverio, Allevato Domenico, Cosentino Giuseppe, Aiello Giuseppe, Spina Filippo, Madera Pietro, Ausilio Agostino, Manfredi Vincenzo, Germinara Francesco, Tucci Giulio, Caccuri Saverio (in sostituzione del dimissionario Cundari Gaetano). Nella Giunta come assessori effettivi vennero eletti Funaro Michele, Aprigliano Saverio, Madera Pietro, Santoro Pietro Paolo; come supplenti Aiello Giuseppe e Aprigliano Pasquale. 25 Di questa prima amministrazione Manfredi ricordiamo alcune opere pubbliche significative per il successivo sviluppo urbanistico del paese, che andò via via esplodendo nei moderni rioni con epicentri il Convento e S. Croce. E' degli anni 1957-58 la sistemazione delle strade interne del rione S. Croce parallele a Via Sila (Vie Trento, Trieste, Gorizia). L'appalto venne vinto da una impresa di Terravecchia con la direzione e vigilanza dei lavori affidata al Geom. Angelo Chiodo. 26 Nel 1957 venne ultimata la strada di congiungimento rione Convento-Femminamorta e contestualmente vennero bitumate l'ex Piazza Parlamento (oggi Piazza Italia), Piazza S. Croce e la strada di raccordo tra le due piazze (Via Roma e Garibaldi). Nel 1959 venne appaltata all'impresa Chiodo la costruzione dell'atteso edificio Scolastico, poi ultimato dalla seconda amministrazione Manfredi nel 1961. Amministrazione 1960-64 . Elezioni il 6-7 novembre 1960. Sempre 3 liste: la Dc del sindaco uscente Gaetano Manfredi, la campana del risorto Gaetano Cundari e la Bussola guidata dal Prof. Sabatino Benevento. Vince nuovamente la lista del Dott. Manfredi con 1099 voti, contro i 753 di Cundari e i 75 della Bussola. Voti nulli 38, schede bianche 50. Consiglieri furono eletti Manfredi Gaetano (confermato sindaco), Gallo Baldassarre, Ambrosio Peppino, Serafini Vincenzo, Aiello Domenico, Cosentino Domenico, Piro Andrea, Chiarello Luigi Domenico, Madera Domenico, Santoro Francesco, Parrotta Bruno, Ausilio Luigi, Santoro Umberto, Nigro Giuseppe Domenico, Sicilia Francesco, Spina Antonio, Ausilio Agostino, Parise Arturo, Murano Domenico, Sciarrotta Giovanni (poi rimpiazzato dall'eletto Gaetano Cundari inizialmente giudicato ineleggibile). Nella Giunta figurano Peppino Ambrosio (V. sindaco), Francesco Santoro, Domenico Aiello, Vincenzo Serafini (assessori effettivi); Giuseppe D. Nigro e Domenico Cosentino (supplenti). La seconda amministrazione Manfredi fu meno brillante anche perchè turbata da una denuncia di ineleggibilità contro il sindaco in quanto, come titolare dell'Ospedale del Convento, era compromesso col Comune. Nel gennaio 1964 il Dott. Manfredi si dimise e al suo posto venne eletto il Vice sindaco Avv. Peppino Ambrosio. In circa un anno di governo non mancò di lasciare segni positivi soprattutto per l'appoggio dato agli agricoltori e piccoli proprietari fondiari. 28 Amministrazione 1964-70 . Si vota il 22-23 novembre 1964. Sono in lizza di nuovo tre liste: l'immancabile Dc capeggiata dall'Avv. Ambrosio, la Tromba (di sinistra) capeggiata dall'Ins. Giuseppe Iemma e la Campana del Prof. Sabatino Benevento (appoggiata da Cundari, transfugo dal Pci). La vittoria stavolta arrise alla lista di sinistra della Tromba con 854 voti, contro i 537 della Dc e i 363 della Campana. Sindaco fu eletto Giuseppe Iemma. Nel Consiglio oltre a lui entrarono Chiodo Angelo, Parrotta Vincenzo, Caccuri Francesco, Rovito Giovanni, Lerose Francesco, Pugliese Tommaso, Sciarrotta Gennaro, Tridico Giovanni, Lautieri Francesco, Cofone Antonio Giuseppe, Rovito Eugenio, Abbenante Pasquale, De Marco Sabatino, Aiello Domenico, Cosentino Giuseppe, Vulcano Leonardo, Santoro Vincenzo. La Giunta eletta risultò formata da Angelo Chiodo (poi dichiarato ineleggibile nel 1967), Parrotta Vincenzo, Lerose Francesco, Abbenante Pasquale (assessori effettivi); Lautieri Francesco e Pugliese Tommaso (supplenti). 29 Alla luce dei fatti, la legislatura fu ancora più tormentata della precedente tanto che per problemi interni alla maggioranza e per vicende giudiziarie si registrò un'alternanza nelle funzioni di sindaco. All'Ins. Iemma (1964-68) subentrò il Vice sindaco Ins. Vincenzo Parrotta (1969-70). Anche per gli assessori si verificarono dimissioni a catena. Nella nuova Giunta entrarono anche Caccuri Francesco e Sciarrotta Gennaro. La scadenza naturale della legislatura, essendo stata nel frattempo approvata la riforma amministrativa che portava da 4 a 5 gli anni di durata delle amministrazioni locali, venne prorogata fino al maggio 1970. Amministrazione 1970-75 . Con la nuova legge si vota il 7-8 giugno 1970. Due le liste: la Dc capeggiata dall'Ing. Ernesto Funaro e le Tre spighe dell'Avv. Nicola Serafini. Lo scontro fu particolarmente duro tra i due capilista. Ebbe la meglio Funaro, che prese 916 voti contro i 777 di Serafini. Del Consiglio oltre al sindaco fecero parte Ausilio Francesco (1931), Ausilio Salvatore, Caccuri Antonio, Costantino Mario, De Marco Mario, Germinara Giuseppe, Madera Orlando, Manfredi Giovanni, Manfredi Pasquale, Marino Antonio, Scalise Mario, Spina Rocco, Tridico Giuseppe, Ventimiglia Lorenzo, Urso Francesco, Serafini Nicola, Piro Beniamino.


La Giunta venne formata da Pasquale Manfredi (V. sindaco nel primo biennio), Giovanni Manfredi (V. sindaco nel successivo triennio), Mario Scalise, Lorenzo Ventimiglia (assessori effettivi); Rocco Spina e Orlando Madera (supplenti). Amministrazione 1975-80 . Alle elezioni del 5-6 giugno 1975 si candidano nuovamente come capilista l'Ing. Ernesto Funaro per la Dc e l'Avv. Nicola Serafini per la Tromba (Pci-Psi). Il sindaco uscente trionfò con 1163 voti, contro 641 di Serafini. Nel Consiglio entrarono Affatato Vincenzo, Ausilio Francesco, (classe 1931), Ausilio Francesco (1936), Barretta Giuseppe, Benevento Giuseppe, Germinara Giuseppe, Lautieri Francesco, Madera Orlando, Malara Antonino, Manfredi Giovanni, Scalise Mario, Spina Rocco, Spina Vincenzo, Tridico Giuseppe, Ventimiglia Lorenzo, Serafini Nicola, Piro Beniamino. Della Giunta fecero parte Giovanni Manfredi (V. sindaco), Mario Scalise, Lorenzo Ventimiglia, Rocco Spina (effettivi); Orlando Madera e Giuseppe Barretta (supplenti). Amministrazione 1980-85 . Le elezioni dell'8-9 giugno 1980 hanno come protagonisti la Dc e la lista civica del Campanile. Per la terza volta a vincere è l'Ing. Ernesto Funaro con 951 voti contro 781 della lista civica capeggiata dal giudice Avv. Espedito Aiello. Il Consiglio risulta composto da Affatato Vincenzo, Barretta Giuseppe, Benevento Giovanni, Benevento Giuseppe, Cerenzia Domenico, Chiarello Giuseppe, Manfredi Giovanni, Nigro Mario, Parrotta Gabriele, Rotondo Mario, Spina Francesco Domenico, Spina Rocco, Spina Vincenzo, Tridico Giuseppe, Vulcano Leonardo; per la minoranza: Filippo Spina, Gentile Pasquale Antonio, Aiello Espedito, Sblendido Nicola. Nella giunta furono eletti Giovanni Manfredi (V. sindaco), Giuseppe Chiarello, Leonardo Vulcano, Giuseppe Barretta (effettivi); Giuseppe Domenico Nigro e Francesco Domenico Spina (supplenti). Per un terzo quinquennio, mai successo prima, il Comune fu amministrato dall'Ing. Ernesto Funaro, la cui presenza fu davvero operosa e per tanti versi benemerita per il paese. Già fin dal primo mandato (1970-75) si dovette affrontare l'emergenza del rione Terra interessato da crolli a catena delle case della zona bassa. Vennero effettuati immediati e radicali interventi di sgombero delle macerie e di consolidamento dell'abitato, coinvolgendo nell'operazione la stessa Chiesa Matrice, che rischiava di crollare. 30 Contestualmente venne ripreso il progetto di sistemazione delle strade interne, che ebbero l'asfalto; nel 1975 si avviò la costruzione della strada per la Gambicella; 31 nello stesso anno, con decreto del Presidente della Giunta Regionale, On. Perugini, del 15 dicembre (n. 1833), venne autorizzata la costruzione della nuova Casa Comunale, poi Palazzo "Aldo Moro"; 32 seguì l'asfalto della strada interpoderale delle Manganelle. Al 28 gennaio 1978 risale il Monumento ai Caduti, opera dell'artista Cesare Baccelli. Fu affrontato il problema dell'approvvigionamento idrico potabile con l'individuazione di nuove sorgenti, il potenziamento dell'acquedotto Portara, la costruzione del nuovo acquedotto S. Angelo, entrato in funzione il 14 agosto 1984. Sul piano delle opere pubbliche, come si vede, è stato un quindicennio ricco ed efficace, che in qualche modo mitigò il problema della disoccupazione mettendo un freno, pur senza risolverlo, al fermento migratorio soprattutto delle forze giovanili. Amministrazione 1985-90 . Si va alle urne il 12-13 maggio 1985. Entrambe le liste sono con simbolo politico: da una parte la Dc con capolista sempre Funaro ed il Pci-Psi con capolista Pasquale Aprigliano. Quest'ultimo conquista la vittoria con 941 voti, contro gli 897 della Dc. Schede bianche 69, nulle 42. Il Consiglio risulta formato da Carpino Rocca Giovanna, Parrotta Ludovico, Madera Gina, Rovito Francesco, Cofone Filippelli Bombina, Viola Maria, Benevento Domenico, Germinara Michele, Santoro Luigi, Costantino Domenico, Gentile Pasquale, Germinara Vincenzo, Greco Nicola, Cosentino Saverio, Ausilio Sabatino; per la minoranza Papparella Giuseppe, Bonanno Antonio, Mingrone Peppino, Affatato Vincenzo. La Giunta venne costituita da Pasquale Gentile, con funzione di Vice sindaco, Ludovico Parrotta, Francesco Rovito, Nicola Greco (assessori effettivi); Giovanna Carpino e Bombina Cofone (supplenti). Tra le opere realizzate da questa amministrazione si ricorda l'asfalto della strada interpoderale del fondo Ficuzza e l'adesione nel 1989 al Consorzio Agrituristico CAVESA, di cui parleremo più avanti. Amministrazione 1990-95 . Questa tornata elettorale si è svolta in due turni. Il primo si tenne regolarmente il 67 maggio 1990 con la sola lista Dc in lizza. L'anomalia venne causata dalla mancata presentazione in tempi utili di una seconda lista. 33 Alle elezioni avvenute gli elettori non raggiunsero il quorum richiesto del 50% più 1 degli iscritti, per cui le elezioni furono invalidate. 34 Nel frattempo, nei mesi maggio-luglio, in attesa delle nuove consultazioni elettorali, tenute poi il 15-16 luglio successivo, il Comune venne amministrato dal Commissario Prefettizio, Dott.ssa Giuliana Perrotta, direttrice di sezione della Prefettura di Cosenza. Questa volta le liste furono tre e nuovamente con simbolo politico: il Pci, la Dc e il Psi. La vittoria andò alla Dc con 951 preferenze, contro le 891 del Pci e le 63 del Psi. Sindaco venne eletto l'Ing. Saverio Greco.


Il Consiglio venne formato da Funaro Ernesto, Affatato Vincenzo, Aiello Vincenzo, De Rasis Giovanni, Donnici Salvatore, Germinara Pietro, Greco Francesco, Grilletta Vincenzo, Iozzolino Giovanni, Lapietra Vincenzo, Lautieri Andrea, Rovito Serafino, Sicilia Pietro G., Vaglico Isidoro, Viola Domenico; la minoranza tutta della lista del Pci: Aprigliano Pasquale... Nella Giunta vennero eletti Vincenzo Affatato con funzioni di Vice sindaco, Salvatore Donnici, Vincenzo Grilletta, Giovanni Iozzolino, Vincenzo Aiello e Andrea Lautieri. Tra le opere realizzate in questo quinquennio sono da ricordare l'acquisizione per il Comune con fondi europei della Fiera della Ronza allo scopo di rilanciarla a dimensione regionale; l'acquisto dell'ex Ospedale di S. Antonio dalla famiglia Manfredi per destinarlo a Centro sociale e culturale; l'appalto dei lavori di risanamento globale della Chiesa Matrice, attualmente sospesi; l'apertura nel 1993 di uno sportello Carical. Amministrazione eletta nel 1995 . Si vota il 19 novembre 1995 con la nuova legge dell'elezione diretta del Sindaco. Sono in lizza il sindaco uscente Ing. Saverio Greco, che guida la lista "Progetto per Campana", ed il Prof. Francesco Ioverno con la lista "Campana sviluppo nella democrazia". L'esito elettorale è a favore di Ioverno, che riporta 892 voti, contro i 786 di Greco. Consiglieri risultano eletti Virginia Urso, Angelo Berardi, Domenico Caruso, Tommaso Cosenza, Francesco Garruba, Pietro Gentile, Giovanni Greco, Tommaso Lavia, Mario Lerose, Domenico Pugliese, Franco Valente; per la minoranza: Saverio Greco, Mario Rossano, Salvatore Cava, Giovanni Parrotta, Pietro Scalise. La Giunta, nominata dal sindaco secondo la nuova legge, risulta formata dall'Avv. Virginia Urso, con delega di Vice sindaco, Domenico Pugliese, Franco Valente e Angelo Berardi.

b) europee)

Elezioni politiche (nazionali - provinciali - regionali -

referendum

abrogativi

-

Nelle elezioni politiche nazionali si ha a Campana una evoluzione fluttuante di risultati. Dal 1948 al 1968 si registra un predominio costante del partito comunista (Pci) sulla democrazia cristiana (Dc), mentre a partire dal 1968 e fino al 1992, eccetto la parentesi del 1976, il predominio è passato alla Dc. Un'anomalia si nota nel 1992 quando, mentre alla Camera prevale il Pds (ex Pci) per 22 voti, al Senato si capovolge il risultato con 32 voti in piÚ a favore della Dc. Nel 1994, infine, va in vigore la riforma elettorale con la revisione dei Collegi con candidati uninominali. Campana per la Camera entra a far parte del Collegio n. 4 di Rossano, mentre per il Senato del Collegio n. 2 di Corigliano. 35 Ed ora in dettaglio, i risultati elettorali. Elezioni 18 aprile 1948 . Camera (elettori 2300; votanti 1991): Fdp 908; Pcs 1; Us 66; Pri 44; Dc 833; Bn 41; Pnma 5; Msi 36; Bpu 5; Cils 3; Gpld 1; non validi 45. Senato (elettori 1966; votanti 1740): Sc 821; Bn 841; non validi 78. Elezioni 7 giugno 1953 . Camera (elettori 2334; votanti 2132): Pci 831; Psi 67; Usi 30; Psdi 37; Pri 129; Dc 635; Pli 75; Adn 28; Pnm 59; Msi 60; Cpi 10; non validi 171. Senato (elettori 2061; votanti 1904): Pci 791; Adn 20; Dc 637; Psi 54; Pnm 102; Pri 44; Msi 56; n. v. 200. Elezioni 25 maggio 1958 . Camera (elettori 2555; votanti 2412): Pci 1061; Psi 100; Psdi 3; Pri-Prad 6; Dc 847; Pli 69; Pmp 45; Pnm 46; Msi 165; Fusi 4; n. v. 66. Senato (el. 2263; vot. 2159): Pci 841; Pnm 186; Pli 53; Dc 611; Psi 121; Msi 122; n. v. 225. Elezioni 28 aprile 1963 . Camera (el. 2568; vot. 2174): Pci 981; Pdium 22; Msi 111; Psi 106; Dc 731; Psdi 61; Pli 38; Pri 17; Mci-Frn 6; n. v. 101. Senato (el. 2306; vot. 1974): Pci 795; Psdi 33; Pli 33; Pdium 34; Dc 621; Msi 111; Psi 118; n. v. 229. Elezioni 19 maggio 1968 . Camera (el. 2439; vot. 1957): Pci 581; Psiup 55; Msi 59; Sd 6; Psu 143; Pli 27; Pri 7; Pdium 5; Nr 3; Dc 982; n. v. 95. Senato (el. 2244; vot. 1850): Pci-Psiup 513; Msi 64; Pri 8; Dc 917; Psu 139; Pli 22; Pdium 16; n. v. 171. 36 Elezioni 7 maggio 1972 . Camera (votanti 1779): Pci 583; Psiup 21; Psi 170; Psdi 19; Pri 8; Dc 909; Pli 7; Msi 41; altri 21. Senato (votanti 1620): Pci 526; Psi 199; Psdi 6; Pri 9; Dc 824; Pli 6; Msi 50. Elezioni 20 giugno 1976 . Camera (votanti 1903): Pci 887; Dp 21; Psi 82; Psdi 26; Pri 9; Dc 813; Pli 2; Msi 48; Pr 15.


Senato (votanti 1546): Pci 730; Psi 63; Psdi 19; Pri 6; Dc 650; Pli 6; Msi 65; altri 7. Elezioni 3 giugno 1979 . Camera (votanti 1723): Pci 608; Psi 124; Psdi 23; Pri 2; Dc 861; Pli 4; Msi 50; Pr 32; Pdup 40; Ppc 5; Dn 5; Nsu 9. Senato (votanti 1479): Pci 550; Psi 116; Psdi 12; Pri 4; Dc 723; Pli 3; Msi 49; Pr 13; Ppc 5; Dn 4. Elezioni 26 giugno 1983 . Camera (votanti 1841): Pci 699; Dp 14; Psi 98; Psdi 35; Pri 12; Dc 904; Pli 5; Msi 52; Pr 14; altri 8. Senato (votanti 1537): Pci 667; Psi 107; Dc 669; Msi 57; altri 37. Elezioni 14 giugno 1987 . Camera (votanti 1838): Pci 737; Dp 21; Psi 154; Psdi 29; Pri 18; Dc 791; Pli 5; Msi 62; Pr 10; altri 11. Senato (votanti 1581): Pci 683; Psi 120; Dc 694. 37 Elezioni 5 aprile 1992 . Camera (votanti 1694): Dc 663; Verdi 26; Caccia 4; Pri 3; Pli 5; Rc 84; Refer. 11; Lega L. 5; Pds 684; Pannella 7; Msi 65; Psi 109; Feder. 1; Psdi 27. Senato (votanti 1408): Msi 94; Psdi 14; Psi 85; Rc 143; Dc 539; Pannella 20; Pli 2; Lega L. 2; Calabria (Pds) 507; Feder. 2. Elezioni 27 marzo 1994 . Camera (votanti 1436): Progressisti 835; Centro 319; Ind. 95; Centro Destra 187. Senato (votanti 1179): Calabria Libera 72; Progressisti 694; Centro 203; Centro destra 210. 38 Elezioni 21 aprile 1996 . Camera (votanti 1165): Ulivo 863; Polo 250; Fiamma 52. Senato (votanti 1035): Ulivo 758; Fiamma 46; Polo 195; Socialisti 36. 39 ***** Per il Consiglio Provinciale di Cosenza , Campana è inserito nel Collegio di Cariati. Le elezioni sono abbinate alle amministrative. Provinciali 25 maggio 1952 . Elettori 2411, votanti 2024. I voti: Dc 434; Psi 572; Msi 571; Psdi 75; n. v. 372. Provinciali 27 maggio 1956 . Elettori 2406; votanti 2180. I voti: Dc 939; Psi 337; Msi 582; Psdi 20; Pli 89; n. v. 211. Provinciali 6 novembre 1960 . Elettori 2526; votanti 2091. I voti: Dc 273; Pci 615; Psi 103; Msi 701; Psdi 62; altri 19; n. v. 485. Provinciali 22 novembre 1964 . Elettori 2471; votanti 1895. I voti: Dc 636; Pci 673; Psi 47; Msi 112; Psdi 19; Pri 17; Pli 136; Psiup 57; n. v. 368. Provinciali 7 giugno 1970 . Elettori 2339; votanti 1780. I voti: Dc 746; Pci 477; Psi 98; Msi 124; Pri 43; Pli 63; Psiup 43; altri 16; n. v. 170. Provinciali 5 giugno 1975 . Elettori 2503; votanti 1961. I voti: Dc 984; Pci 486; Psi 168; Msi 98; Psdi 15; Pri 3; Pli 2; altri 42; n. v. 163. Provinciali 8 giugno 1980 . Elettori 2517; votanti 1923. I voti: Dc 855; Pci 461; Psi 346; Msi 62; Psdi 21; Pri 4; Pli 3; Dp 12; n. v. 154. Provinciali 12 maggio 1985 . Elettori 2597; votanti 2095. I voti: Dc 769; Pci 840; Psi 184; Msi 78; Pri 13; Pli 2; Dp 37; altri 7; n. v. 165. Provinciali 6 maggio 1990 . Elettori 2552; votanti 1153. I voti: Dc 756; Pci 71; Psi 37; Msi 55; Psdi 5; Pri 4; Pli 1; Dp 4; Verdi 10; Verdi arcob. 18; altri 3; n. v. 189. 40 Provinciali 23 aprile 1995 . Si vota con la nuova legge. Tra i candidati del collegio per i Progressisti partecipa il Prof. Francesco Ioverno, che raccoglie complessivamente 1922 preferenze. Nel ballottaggio del 7 maggio per eleggere il Presidente della Provincia tra Antonio Acri (Progressisti) e Francesco Bisogno (Polo delle libertà), Campana assegna 771 preferenze al primo, e 166 al secondo. Risultò eletto Antonio Acri.


***** Nel 1970, istituito il governo delle Regioni, si vota per la prima volta per eleggere il Consiglio Regionale. Regionali 7 giugno 1970 . Elettori 2339; votanti 1779. I voti: Dc 822; Pci 473; Psi 107; Msi 68; Psiup 45; Psu 32; Pli 21; Pri 5; Marx-Lenin 4; n. v. 202. Regionali 5 giugno 1975 . Elettori 2503; votanti 1961. I voti: Dc 972; Pci 504; Psi 153; Msi-Dn 87; Psdi 46; Pri 7; Pli 3; Pdup 48; n. v. 140. Regionali 8 giugno 1980 . Elettori 2597; votanti 2095. I voti: Dc 1044; Pci 747; Psi 152; Msi 19; Psdi 7; Pri 2; Pli 2; Dp 19; altri 9; n. v. 95. 41 Regionali 6 maggio 1990 . Elettori 2252; votanti 1130. I voti: Dc 840; Pci 60; Psi 53; Msi 25; Psdi 21; Pli 1; Dp 3; Verdi 5; Verdi arcob. 9; Antiproib. 10; Lega 1. 42 Regionali 23 aprile 1995 . Si vota con le nuove norme. Le schede sono due: una con liste diversificate per eleggere il Consiglio; l'altra con candidato unico per più aree aggregate per eleggere il Presidente della Giunta. Per il Consiglio i voti sono andati così divisi: Pannella 6; Psr 7; Psdi 48; Rc 132; Pri 3; Popolari 314; Patto dem. 77; Progressisti 494; Ccd 59; Fi 38; An 78. Per il Presidente: Pannella 9; Fiamma 11; Psr-Psdi 52; Rc 168; Pri 10; Popolari-Progressisti 985; Ccd-Fi-An 197. ***** Dagli anni Settanta gli elettori sono stati chiamati svariate volte ad esprimersi sui Referendum Popolari . Si tratta di Referendum abrogativi e non propositivi ed anche se hanno poca rilevanza politica, sono comunque significativi per leggere i parametri sociali e l'evoluzione di mentalità della base popolare. Riportiamo i dati dei Referendum più interessanti da questo punto di vista, senza per questo banalizzare gli altri. Abrogazione Legge sul divorzio (12 maggio 1974). Elettori 2272; votanti 1495. Per il Si hanno votato 747; per il No 735; schede nulle 13. Legge Ordine pubblico (17 maggio 1981): Si 257; No 814. Abolizione ergastolo (stessa data): Si 263; No 810. Abolizione Porto d'armi (stessa data): Si 177; No 887. Restringimento legge aborto (stessa data): Si 627; No 570. Competenze USL sull'ambiente (18 aprile 1993): Si 959; No 158. Uso personale stupefacenti (stessa data): Si 680; No 429. Finanziamento pubblico partiti (stessa data): Si 977; No 126. Casse Risparmio (stessa data): Si 973; No 126. Abolizione Ministero PpSs (stessa data): Si 968; No 141. Sistema elettorale Senato (stessa data): Si 905; No 217. Abolizione Ministero Agricoltura (stessa data): Si 779; No 328. Abolizione Ministero Turismo (stessa data): Si 923; No 184. ***** Un'ultima parola delle Elezioni politiche per l'Europa , viste in realtà con un certo distacco, anche se il loro svolgimento ha costituito comunque un test di riferimento politico per i partiti. Ci limiteremo a fornire i dati del 1979, la prima volta che si è votato per il Parlamento Europeo, quelli del 1984 e quelli del 1989, ultima volta in cui si è votato con le vecchie nomenclature dei partiti. Elezioni 10 giugno 1979 . I risultati: Pci 443; Pr 27; Msi 43; Dn 3; Pdup 26; Dc 919; Pri 4; Pli 8; Psdi 12; Dp 11; Psi 128. 43 Elezioni 17 giugno 1984 . I risultati: Pci 773; Pr 23; Msi 53; Dp 9; Fdp 4; Psi 84; Pli-Pri 11; Dc 725; Psdi 12; Liga V. nessuno. 44 Elezioni 18 giugno 1989 . I votanti sono stati 1622. I voti in ordine di lista: Pci 557; Verdi arcob. 9; Dp 27; Lega L. 2; Federal 1; Verdi E. 14; Msi 45; Psdi 4; Antip. 4; Psi 183; Pli-Pri-Fed. 14; Dc 762. 45


3.

Ultime quotizzazioni

a)

Quotizzazione comunale del 1950

Le premesse alla quotizzazione dei fondi comunali attuata nel 1950 erano state poste già alla fine della guerra. La sezione Combattenti e Reduci nel 1946 aveva fatto richiesta al sindaco Gaetano Cundari perchè venissero concessi i terreni comunali liberi per la semina. Per studiare le possibilità il Consiglio Comunale costituì una Commissione formata dal Sindaco (Presidente), da Ludovico Grilletta, presidente dell'Associazione Combattenti e Reduci, da Vincenzo Madera, Pasquale Lepiane, Francesco Spina fu Vincenzo. 46 Nella seduta consiliare del 15 settembre 1946 venne deliberato di procedere a favore degli ex combattenti alla quotizzazione dei fondi comunali Montagna Antonio Mazza, S. Marina, Varco della Chiata, Celastrano, Serra dell'Acero, S. Giovanni la Fontana, Nepitetto, dando al Sindaco facoltà di svolgere le pratiche necessarie. 47 Le vicende amministrative che portarono a sfiduciare il sindaco Cundari provocarono uno slittamento della quotizzazione. Se ne riparlò nel gennaio 1948 per ribadire la non idoneità a quotizzare il fondo Montagna Antonio Mazza perchè soggetto a rimboschimento. Venne sostituito con i fondi Foresta e Calamacca. 48 Le operazioni, comunque, non furono sollecite come si sperava, per cui, come già un secolo prima nel 1848, si verificò una occupazione abusiva di alcune terre comunali non assegnate. Ciò servì a smuovere le autorità preposte perchè forzassero i tempi. La quotizzazione non toccò tutti i fondi elencati, ma solo Foresta, Serra dell'Acero e Nepitetto. Il fondo Foresta venne suddiviso in 112 quote assegnate in ordine progressivo di partita a Lautieri Giovanni, Greco Giovanni, Lautieri Alberto, Lerose Nicola, Grillo Giuseppe, Grillo Leonardo, Greco Francesco, Lapietra Michele, Tridico Vincenzo, Grillo Vincenzo, Pugliese Pasquale, Cornicelli Francesco, Greco Saverio, Grano Nicola, Pugliese Pietro, Renzo Francesco, Sicilia Luigi, Greco Saverio fu Francesco, Palopoli Pasquale, Benevento Gerardo, Grillo Pasquale, Parise Sabatino, Ioele Domenico, Ioverno Teresa, Scarlato Vincenzo, Grilletta Rosa, Sblendido Leonardo, Grande Tommaso, Renzo Caterina, Grande Pasquale, Tascione Giuseppe, Lavia Silvio, Lautieri Domenico, Grillo Giuseppe, Viola Angelino, Rossano Francesco, Rossano Luigi, Viola Alberto, Grande Giuseppe, Cosentino Pasquale, Maiorano Salvatore, Viola Francesco, Parrotta Domenico, Costantino Domenico, Grano Pasquale, Greco Domenico, Renzo Domenico, Ausilio Antonio, Tridico Francesco, Ausilio Domenico, Lapietra Vincenzo Pasquale, De Luca Domenico, Barretta Giuseppe, Maiorano Giovanni, Ioverno Giuseppe, Maccarrone Giuseppina, Manfredi Filomena, Greco Vincenzo, Parrotta Salvatore, Rizzo Rosa, Grillo Lorenzo, Caccuri Francesco, Gentile Teresa, Todaro Giuseppe, Parrotta Rosario, Tridico Agostino, Pugliese Vincenzo, Rossano Saverio, Madera Vincenzo, Sicilia Francesco, Scavello Andrea, Viola Vincenzo, Piro Pasquale, Allevato Francesco, Lapietra Francesco, Madera Giuseppe, Parrotta Bruno, Maiorano Giuseppe, Parrotta Vincenzo, Rovito Pietro, Grillo Domenico, Tucci Domenico, Grillo Maurizio Pietro, Grillo Luigi, Cerenzia Enrico, Marino Francesco, Benevento Leonardo, Maiorino Luigi, Greco Nicola, Tridico Domenico, Lautieri Francesco, Maccarrone Vincenzo, Serafini Vincenzo, Barretta Pasquale, Ionfrida Nicola, Murano Giovanni, Cosenza Domenico, Lerose Domenico, Marino Antonio, Todaro Pasquale, Madera Domenico, Ioverno Domenico, Grillo Antonio, Giordano Saverio, Grillo Susanna Michelina, Greco Salvatore, Parrotta Annunziato, Tridico Salvatore, Viola Domenico, Ammannato Domenico, Grillo Lorenzo, Grande Giuseppe. La Serra dell'Acero fu divisa a sua volta in 98 quote andate a Sicilia Pasquale, Biondo Giovanni, Scigliano Domenico, Todero Giacomo, Lerose Andrea, Germinara Giuseppe, Aiello Pasquale, Ausilio Orlando, Marinaro Ferdinando, Parrotta Bruno, Ioele Luigi, Pugliese Giuseppe Filippo, Abbenante Domenico, Santoro Paolo, Mingrone Giuseppe, Greco Giuseppe, Crescente Luigi, Rossano Gennaro, Sciarrotta Giuseppe, Maccarrone Pasquale, Benevento Giuseppe, Affatato Saverio, Grano Francesco Michele, Aprigliano Pasquale, Manfredi Caterina, Greco Vincenzo, Scigliano Pasquale Rocco, Ausilio Salvatore, Bonanno Luciano, Benevento Francesco, Coppola Giuseppe, De Marco Vincenzo, Ausilio Francesco, Leone Filippo, Maccarrone Francesco, Palopoli Luigi, Rossano Nicola, Cosentino Salvatore, Sciarrotta Saverio, Germinara Francesco, Marino Pasquale, Stillitano Giuseppe, Biondo Vincenzo, Allevato Giuseppe, Ionfrida Domenico, Parise Giuseppina, Biagini Igino, Rovito Salvatore, Affatato Antonio, Rovito Saverio, Sciarrotta Luigi, Biondo Giuseppe, Sicilia Giuseppe, Pugliese Domenico, Spina Domenico, Ioverno Luigi, Rossano Vincenzo, Parrotta Giuseppe, Serafini Giuseppe, Rovito Giovanni, Tridico Giovanni, Lautieri Giuseppe, Marinaro Nicola, Maccarrone Enrico, Ioele Luigi, Leonessi Leonelli, Grande Vincenzo, Ioele Giuseppe, Sicilia Salvatore, Grande Giuseppe Francesco, Grillo Francesco, Greco Francesco Giuseppe, De Luca Francesco, Grilletta Domenico, Tallarico Nicola, Parrotta Pasquale, Spina Mario, Viola Assunta Vittoria, Iacovino Giuseppe, Crescente Giovanni, Ioverno Pietro Isaia, Serafini Pietro, Pizzuti Serafino, De Marco Raffaele, Scigliano Giovanni, Parrotta Annunziato, Cornicelli Domenico, Manfredi Francesco Antonio, Grillo Giovanni, Urso Pasquale, Grillo Giuseppe, Carvella Nicola, Rossano Vincenzo, Ausilio Giuseppe, Santoro Giovanni, Germinara Saverio, Ioverno Antonio, Ionfrida Giuseppe.


Nepitetto ebbe 109 quote assegnate a Matalone Pasquale, Biondo Giovanni, Grilletta Matteo, Carvelli Domenico, Caccuri Vincenzo, Lautieri Giuseppe, Crescente Francesco, Rotondo Elena Affatato, Rossano Domenico, Grilletta Carmine Domenico, Sciarrotta Michele, Viola Francesco, Tramonte Vincenzo, Fontana Francesco, Le Rose Alberto, Sicilia Antonio, Taverna Pasquale, Tridico Salvatore, Marino Giuseppe, Tridico Virginia, Paolopoli Domenico, Ausilio Francesco, Pugliese Vincenzo, Scigliano Francesco, Lapietra Giuseppe, Tallarico Giuseppe, Rossano Angelo, Benevento Pietro Domenico, Lautieri Maria, Santoro Domenico, Allevato Domenico, Rizzo Gennaro, Affatato Domenico, Rossano Saverio, Madera Pietro Giuseppe, Spina Antonio, Spina Giuseppe, Greco Leonardo, Aprigliano Vincenzo, Ionfrida Rosa, Biagini Francesco, Grillo Giuseppe, Spina Battista, Parrotta Carlo, Rossano Lorenzo, Marino Luigi, Greco Francesco, Ausilio Caterina, Caccuri Francesco, Spina Benigno Antonio, Lerose Pasquale, Rovito Francesco, Tridico Antonio, Lautieri Giovanni, Tucci Raffaele, Santoro Leonardo, Ausilio Pietro, Costantino Domenico, Marinaro Domenico, Sciarrotta Michele Angelo, Piro Vincenzo, Bonanno Domenico, Parrotta Pietro, Rossano Teresa, Manfredi Domenico, Taverna Domenico, Ruperto Vincenzo, Ferraro Domenico, Affatato Pietro, Sicilia Domenico, Perri Nicola, Benevento Saverio, Grillo Francesco, Scigliano Rocco, Urso Giuseppe, Benevento Filippo, Aiello Vincenzo, Grano Francesco, Rossano Salvatore, Aiello Riccardo, Gentile Pietro, Rossano Domenico, Lepiane Salvatore, Aprigliano Domenico, Greco Luigi, Rossano Francesco, Tridico Salvatore, Rossano Antonio, Matalone Antonio, Viola Giuseppe, Murano Gerardo, Parrotta Rosario, Patera Domenico, Ioele Severino, Tridico Francesco, Rossano Francesco, Tallarico Luigi, Pugliese Salvatore, Piro Francesco, Maierù Vincenzo, Tridico Saverio, Grillo Antonio, Grilletta Giuseppe, Scigliano Vincenzo, Strambena Domenico, Galluzzo Pietro, Benevento Vincenzo, Tridico Francesco. 49

b)

Quote dell'Opera Sila

L'Opera per la Valorizzazione della Sila venne istituita nel 1947. 50 Una nuova legge del 12 maggio 1950 (n. 230) ne ampliò le competenze territoriali, per cui ebbe "il compito di provvedere alla ridistribuzione della proprietà terriera e alla sua conseguente trasformazione con lo scopo di ricavarne i terreni da concedersi in proprietà ai contadini" entro un territorio comprendente una gran parte del territorio ionico delle province di Catanzaro e Cosenza. 51 Il terreno da assegnare per la trasformazione agraria venne ottenuto attraverso espropri ai latifondisti dei territori interessati. Nel giro di due anni (1950-51) vennero espropriati ben 60 mila ettari di terreno. Nel territorio di Campana venne espropriato tutto il latifondo di Minoscioli e di Inceneria, rispettivamente ai Berlingieri ed ai Clausi per complessivi 762.97.65 ettari. Ben 85 furono le quote, che vennero assegnate ad una lista di contadini compilata da un'apposita Commissione. Minoscioli , che rappresenta il territorio più vasto, venne diviso tra Abbenante Domenico, Affatato Pietro, Affatato Saverio, Aprigliano Pasquale, Aprigliano Vincenzo, Casciaro Mario, Cornicelli Domenico, Cornicelli Francesco, Costantino Giuseppe, Filippelli Vincenzo, Gentile Angelo Gabriele, Germinara Michele, Germinara Rosario, Germinara Saverio, Grano Nicola, Greco Tommaso, Greco Gabriele, Greco Giuseppe, Greco Nicola, Greco Vincenzo, Grilletta Giuseppe, Grilletta Salvatore, Parrotta Giuseppe, Germinara Rosario, Grillo Giuseppe, Grillo Lorenzo, Grillo Maurizio Pietro, Inglese Agostino, Ioverno Ludovico, Ionfrida Francesco, Ioverno Annunziato, Ionfrida Domenico, Ionfrida Giuseppe, Ionfrida Nicola, Ioverno Antonio, Ioverno Francesco, Lapietra Carmine, Lautieri Giuseppe, Leone Filippo, Lepiane Salvatore, Le Rose Alberto, Le Rose Nicola, Madera Giuseppe, Madera Luigi, Maiorino Luigi, Paolopoli Luigi, Parrotta Pasquale, Rossano Domenico fu Giuseppe, Rossano Domenico di Rocco, Rossano Gennaro, Rossano Luigi, Rossano Vincenzo, Rovito Francesco, Santoro Giovanni, Scalambrino Vincenzo, Scarlato Vincenzo, Scavello Domenico, Scigliano Domenico, Scigliano Vincenzo, Sicilia Domenico, Sicilia Francesco, Spina Giovanni fu Antonio, Spina Giovanni di Domenico, Spina Mario, Sblendido Leonardo, Tallarico Francesco, Tramonte Vincenzo, Tridico Pasquale, Viola Francesco, Viola Vincenzo, fu Francesco, Viola Vincenzo fu Pasquale. Le quote di Inceneria , più contenute di numero e di territorio, vennero assegnate ad Aprigliano Domenico, Benevento Giuseppe, Giordano Saverio, Greco Francesco, Greco Giovanni, Ionfrida Antonio, Ioverno Pietro, Madera Pasquale, Parrotta Giuseppe, Sciarrotta Antonio, Tridico Antonio, Vulcano Francesco. 52

4.

Ultime vicende del dopo guerra

Concludiamo il capitolo raccogliendo, quasi in zibaldone, informazioni utili a completare il quadro storicosociale che ha visto il paese protagonista di una trasformazione radicale dai mille volti. Dal punto di vista urbanistico si è avuto lo sviluppo più appariscente. Il paese ha completamente cambiato fisionomia rispetto al passato: i rioni Convento e S. Croce hanno fatto da volani incrementandosi ed ampliandosi in articolazioni e ramificazioni prima impensate. Una ricognizione sommaria a partire dall'Affaccianda verso il Convento ci porta dentro i nuovi abitati di Gullitiello, Cerze e d'intorni di S. Antonio, Cerruzzo-ex Campo sportivo,


Femminamorta-Madonnina ed oltre sopra e sotto fin quasi alla Madonna delle Grazie, Picariello, Conservatorio, S. Leonardo, Argutulo, Camposanto vecchio, Zimmariello con la strada di circonvallazione e via dicendo. Di certo lo sviluppo urbanistico verso Nord con cardini le Vie Sila, Piave e Insorti d'Ungheria ha dato al paese un look più moderno e confortevole, ma ha altresì determinato il totale abbandono del rione Terra e del suo cuore propulsore, la Chiesa Matrice. Non meno consistente e significativo è stato il calo demografico a partire dagli anni Cinquanta, conseguenza di un flusso migratorio che ha via via dissanguato il paese delle forze giovani e vitali. Nel decennio 1951-61, dai dati del censimento, si ha un calo di popolazione da 4800 a 4300 abitanti, per stabilizzarsi negli anni successivi intorno alle 3000-3200 unità. D'altra parte la grave situazione socio-economica italiana del dopo guerra con una disoccupazione preoccupante e galoppante non lasciava intravedere prospettive di soluzione immediata. Partire e cercare lavoro all'estero, in Francia, Svizzera, Germania, qualcuno anche in Belgio e Inghilterra, anche se con grande umana sofferenza, sembrò, soprattutto ai meno fortunati, la via obbligata per sopravvivere. Riprendeva così, in misura più massiccia, quel flusso migratorio iniziato alla fine dell'Ottocento-inizio Novecento con destinazione Stati Uniti d'America o Argentina. Analogamente, per quanto in termini più contenuti, dopo il 1945 alcuni, facendo leva sui parenti, cercarono nuovamente fortuna verso le Americhe. Diverso il movimento degli anni Cinquanta, che puntò più sull'Europa ed in un secondo tempo verso le zone industriali del Nord Italia. Accanto a questi fenomeni che segnarono e segnano la storia del paese, la vita continuò con gli alti e bassi di quanto già è stato riferito in precedenza. Alcuni fatti, però, sono ancora degni di nota. In negativo si segnala la soppressione nel 1956 della sede della Tenenza dei Carabinieri, trasferita da Campana a S. Giovanni in Fiore. In epoca più recente, nel 1989, in forza della legge 56/87 venne soppresso l'Ufficio di Collocamento, accorpato alla sezione decentrata di Mandatoriccio. 53 Ora si prospetta anche la soppressione della Pretura. In questo senso, nel 1993 il Pretore dirigente della Pretura Circondariale di Rossano, Dott. Antonio Madeo, con il parere contrario del Consiglio dell'Ordine degli Avvocati e Procuratori del Tribunale di Rossano, aveva chiesto al Ministero di Grazia e Giustizia la soppressione delle sedi distaccate di Corigliano, Cariati e Campana. 54 Non avendo avuto seguito, la richiesta di soppressione, stavolta solo delle Preture di Campana e Cariati, è stata presentata nel novembre 1996 dal nuovo Pretore dirigente f. f., Dott. Sergio Caliò, motivandola con la carenza di carichi giudiziari. 55 Tra le note positive segnaliamo ai primi degli anni Settanta la rinascita della Banda Musicale ad opera di Domenico Costantino, prematuramente scomparso nel 1991. La Banda, in verità era già sorta ai primi del Novecento, ma intorno al 1930 si era sciolta. 56 Nel 1971, dopo anni di attesa e di lotte, viene inaugurato lo stadio "Vittoria Scalambrino", 57 la cui realizzazione fu resa possibile dal munifico dono del terreno all'amministrazione comunale da parte dell'imprenditore Domenico Carmine Rizzo. A lui l'Amministrazione Comunale, come segno di gratitudine, concesse nel 1977 la cittadinanza onoraria, 58 dedicando altresì lo stadio alla memoria della madre Vittoria Scalambrino. La moderna struttura sportiva, richiesta ormai anche dalle esaltanti prove date dalla squadra di calcio di Campana durante i focosi tornei estivi di Savelli, consentì la nascita di una vera Società Sportiva, che, con la presidenza del Prof. Giovanni Manfredi, porterà la squadra a federarsi con la FIGC ed a partecipare ai campionati dilettanti regionali. Conseguita la promozione in seconda categoria nel 1982-83, conquistò poi meritatamente la prima categoria nel 1985-86, mantenendo la posizione per un paio d'anni. 59 ***** Ci pare giusto a questo punto fare memoria di alcune figure di campanesi scomparse proprio in questo periodo di tempo e che sono stati protagonisti della vita politica, civile e religiosa del paese, o che hanno saputo tenere alto il buon nome di Campana disimpegnando incarichi di rilievo e di prestigio in giro per l'Italia. In ordine cronologico. Nel 1952 scompare a Matera il Dott. Emanuele Santoro, nato a Campana nel 1885. Dopo aver partecipato nel 1911 alla guerra in Libia, rientrato in patria si è dedicato alla professione medica, collaborando per molti anni a Firenze con l'insigne chirurgo Nicola Giannettasio, a cui per le benemerenze acquisite, venne intitolato l'Ospedale Civile di Rossano. 60 Promosso direttore dell'Ospedale "S. Giovanni di Dio" di Firenze, il Dott. Santoro nel 1926 è nominato libero docente di Patologia chirurgica all'Università di Napoli, conservando l'incarico fino alla morte. Passato poi agli Ospedali di Pescara e Ortona a Mare, intorno al 1930 volle trasferirsi a Matera, dove rimise totalmente a nuovo l'Ospedale. Alla sua morte l'Amministrazione Comunale gli ha intitolato un reparto del nosocomio innalzandogli anche un busto di bronzo. Abbiamo già più volte ricordato l'altro fratello, il magistrato Avv. Giovanni Santoro, morto anche lui in giovane età il 19 aprile 1955, dopo che per motivi di salute si era ritirato a Campana. La sua carriera fu un crescendo, come è stato detto in altro capitolo, fino ad essere promosso nel 1939 Sostituto Procuratore Generale presso il Tribunale


Speciale per la difesa dello Stato. Costretto agli arresti domiciliari dopo la guerra per i suoi trascorsi durante il regime fascista, uscì completamente assolto nel processo seguito, per cui fu invitato a riprendere l'incarico di Consigliere d'Appello. Preferì la libera professione a Roma, per poi ritirarsi e finire i suoi giorni a Campana, dove era nato nel 1889. 61

E a distanza di appena un anno, nel 1956 muore anche l'altro fratello, l'Ing. Nicola Giulio Santoro. Nato nel 1897, partecipò alla guerra 1915-18 col grado di capitano. Laureatosi in Ingegneria, fu per più decenni il progettista di fiducia del Comune. A lui si devono i progetti della pavimentazione delle strade interne, della rete fognante (1926), dell'Asilo Infantile (1927), della prima lottizzazione del rione Convento e delle case popolari (1946-47). In ordine di tempo, il 2 aprile 1958 muore don Ciccio Sangiovanni. A parte la parentesi degli anni 1936-38 in cui partecipò alla guerra d'Africa conquistando in Etiopia la croce di guerra, fu Podestà dal 1926 al 1941. La sua opera di amministratore è stata già illustrata. Alla caduta del Fascismo continuò a dedicarsi alla professione di insegnante. Era nato il 14 marzo 1892. Nel 1964 scompare l'Avv. Pasquale Manfredi, Commissario Prefettizio nel 1937-38. Fu lui ad interessarsi della riapertura al culto della chiesa di S. Antonio. Era nato nel 1906. Altro personaggio illustre, l'Avv. Carlo De Martino, nato a Campana nel 1892. Ufficiale di guerra durante il conflitto 1915-18, fece parte della III Armata del Duca d'Aosta, conquistando la medaglia di bronzo al v. m.. Laureatosi in Legge a Roma, nel 1927 entrò a far parte del Comitato pro Asilo Infantile voluto da D. Roberto Migliacci. Vinto il concorso in Magistratura, fu Pretore a Cariati, S. Giovanni in Fiore, S. Giovanni a Teduccio (Na). Giudice presso il Tribunale di Cosenza, Consigliere di Corte di Appello di Catanzaro, Presidente di sezione della Corte di Appello di Bari e poi Consigliere di Cassazione nello stesso Tribunale di Bari, vi è deceduto il 30 novembre 1965. Nel novembre 1971 scompare anche il Dott. Antonio De Sessa. Nato a Crucoli nel 1894, si trasferì come medico a Campana nel 1933, per poi assumere la Condotta comunale nel 1948. Di lui si è fatto cenno nel precedente capitolo. Nel 1973 scompare Domenico Machera, grande animatore delle lotte operaie in paese fin dal suo rientro dall'America subito dopo la guerra 1915-18. Sono state ricordate molte delle vicende amministrative che lo hanno visto combattivo protagonista come sindaco (1919-20), vice sindaco (1947), consigliere comunale e semplice cittadino. Interessante è il saggio Vita servaggia , da lui pubblicato nel 1970, da cui possiamo ricavare non solo suoi spunti autobiografici, ma anche la natura ed il succedersi delle tensioni politiche che hanno caratterizzato la vita del paese in 50 anni di storia. Era nato a Campana nel 1888. Dopo di lui, il 3 giugno 1975, scomparve anche Gaetano Cundari, altro protagonista della vita politica locale nell'era repubblicana. Primo sindaco del dopo guerra, amministrò il paese dal 1946 al 1956 con le alterne vicende già ricordate. Novantenne, nel 1976, muore Giuseppe De Martino, Commissario Prefettizio nel 1944-46. Anche la sua opera è stata ricordata. Nel febbraio 1983 scompare Mons. Gaetano Pancali, arciprete per ben 51 anni dal 1932. Ordinato sacerdote nel 1928, giunse a Campana, dove era nato il 12 ottobre 1902, dopo 4 anni di ministero a Rossano. A riconoscimento del suo umile e paziente lavoro di pastore, nel 1977 l'arcivescovo Antonio Cantisani gli ottenne l'onorificenza pontificia del titolo di Monsignore. 62 Altra figura emergente è il Dott. Gaetano Manfredi, scomparso il 13 dicembre 1985. Sindaco dal 1956 al 1964, si è reso altamente benemerito qualificando Campana con l'apertura intorno al 1950 dell'Ospedale, ottenuto dalla ricostruzione e adattamento del diruto ex convento di S. Antonio, da lui acquistato dal Comune nel 1947. Laureatosi nel 1925 in Medicina, esercitò per molti anni la professione a Napoli conquistandosi stima e benevolenza. Nel 1931 venne processato e poi assolto per aver eseguito un trapianto di organo da uomo a uomo collaborando col Dott. Gabriele Iannelli insieme a Giuseppe Fersina e Giuseppe De Nito. Operò successivamente negli Ospedali di Torre Annunziata, Lioni e Nusco nel napoletano. Rientrò poi a Campana per dedicarsi quasi esclusivamente alla professione, a cui rimase fedele fino alla morte, a parte il periodo in cui contemporaneamente fu pubblico amministratore. Era nato a Campana nel 1901. Ad appena 62 anni, nel 1985 muore a Roma anche l'Avv. Emanuele Santoro, figlio del magistrato Giovanni. Allievo spirituale di P. Mariano Roasenda, il popolare cappuccino della televisione morto nel 1972, si laureò in Giurisprudenza a soli 21 anni frequentando poi gli studi romani degli avvocati Carnelutti e Cassinelli. Chiamato all'Ufficio legale della RAI (già Eiart), nel 1968 fondò una rivista di Diritto-Telecomunicazione e Filodiffusione. Membro della Commissione Giuridica de "L'Union Europenne de Radiodiffusion", ha ricevuto la Laurea onoris causa dell'Università di Buenos Aires. Era nato a Campana nel 1923. 63 Nel 1991 a Reggio Calabria si è spento Salvatore Aiello, nato a Campana nel 1909. Laureato a Bari in Economia e Commercio, si dedicò al servizio di Segretario Comunale in diverse sedi calabresi: Sangineto, Montegiordano, Mandatoriccio, Buonvicino, Orsomarso, Firmo, Crotone. Ha concluso la sua carriera come Segretario Generale di I classe a Reggio Calabria. Fu più volte Commissario Prefettizio nei Comuni di Sangineto, Mandatoriccio, Cutro, Cirò. Nel 1968 ottenne dal Presidente della Repubblica l'onorificenza di Commendatore dell'Ordine al merito. Chiudiamo questa breve rassegna nel ricordo di Mons. Domenico Spina, arciprete di Bocchigliero dal 1939 fino alla morte, intervenuta il 26 dicembre 1996. Fatto nominare Monsignore nel 1963 dall'arcivescovo Rizzo, era nato a Campana nel 1913. Alla sua instancabile opera si deve il ricupero ed il restauro delle chiese del paese ed in ultimo la fondazione di 3 Case di accoglienza per Anziani, fiore all'occhiello del suo zelo di pastore.


A questo punto sarebbe stato doveroso segnalare anche alcune figure viventi di campanesi, che hanno svolto o svolgono ruoli di alto prestigio nelle istituzioni civili e statali. Il buon senso ed il rispetto di queste persone mi hanno convinto della inopportunità di farlo in questa sede. ***** Nel concludere il capitolo vogliamo segnalare alcune recenti opere di pubblico interesse realizzate soprattutto a partire dagli anni Settanta e che non hanno trovato spazio nella trattazione. Istituto Professionale di Stato per l'Industria e l'Artigianato (IPSIA). Istituito per interessamento dell'Amministrazione Comunale, iniziò l'attività nell'anno scolastico 1970-71. Per quanto limitato ai primi 3 anni di corso, 64 ha certamente rappresentato un fattore importante per la formazione professionale dei giovani del luogo. Aspetto negativo, ma è una pecca anche di altre scuole, è la mancanza di una sede, per cui è rimasto un Istituto mobile e precario. Scuola Media "Dante Alighieri" . Operante a Campana dal 1959 prima come Avviamento Professionale e poi come Scuola Media nella riforma del 1962, la Scuola ha avuto l'attuale sede definitiva di Via De Gasperi al rione Convento il 10 marzo 1984. 65 Come Presidi di quest'ultima fase si sono susseguiti i Professori Gennaro Mercogliano, Nestore Pirillo, Pasquale Piro (dal 1988). Centro Sociale per Anziani . Inaugurato a cura dell'Amministrazione Comunale il 30 dicembre 1993 a conclusione dell'Anno Internazionale dell'Anziano, 66 con la benedizione del parroco D. Salvatore Spataro. Il Centro, allocato nel Palazzo in Piazza Italia donato al Comune dal Comm. Domenico Carmine Rizzo, è stato affidato all'Associazione Crisea di Cosenza, che lo ha diretto fino alla fine del 1994, allorquando è passato sotto la direzione di operatori locali. 67 Struttura Sanitaria del Rione Convento , dono anch'essa del Comm. Rizzo al Comune, che l'ha messa a disposizione dell'Azienda Sanitaria n. 3 di Rossano. Sorta su una superficie di 800 mq nell'antico sito delle "Cerze", la struttura ha un piano interrato per cucina e servizi ed altri 4 piani per 70 posti letto di degenza (50 di riabilitazione e 20 di medicina generale ad indirizzo geriatrico). Nel nuovo Piano Sanitario regionale - legge 9/95 - è stata destinata a Struttura Residenziale Assistita (RSA) per anziani non autosufficienti. Malgrado le previsioni, per i ripetuti cambiamenti di destinazione, la struttura tarda a decollare. Al momento è utilizzata come Polo Sanitario a disposizione dell'A. S. di Rossano. Consorzio Agrituristico CAVESA . E' stato costituito nel 1989 con delibera della Giunta provinciale di Catanzaro ai sensi del T. U. 383. 1934 e successive modifiche. Con lo Statuto approvato dalla Regione, il Consorzio comprende i Comuni di Campana, Verzino e Savelli (CA. VE. SA.) e si propone il "recupero di terre marginali mediante la creazione di un Centro sperimentale pilota agrosilvozootecnico florafaunistico con attività connesse di agriturismo da esercitare anche mediante Enti società allo scopo di rendere il complesso il più economicamente e socialmente valido". (Statuto) Ha sede in Campana ed ha durata a tempo indeterminato. Il suo scioglimento non potrà comunque aver luogo prima che siano trascorsi 50 anni dalla costituzione. In concreto il comprensorio territoriale del Consorzio dispone per 99 anni dei fondi Serra Ruperto, Calamacca e Piano di Guerra del Comune di Campana; della contrada Cannamaschello di Savelli e dei fondi Gravettoni e Pastinelle di Verzino. L'iniziativa, malgrado l'indubbia finalità significativa, non è ancora partita operativamente, anche se nelle linee programmatiche dei nostri sindaci che si sono succeduti non è stata mai ignorata. E tra le incompiute resta il progetto di sistamazione, ricupero e valorizzazione del Rione Terra , che prevede un Centro Museale e aree attrezzate polivalenti. Appaltati nel 1994 dalle imprese associate di Franco M. Lagani di Crotone e Angelo Rubino di Melissa per un importo complessivo di un miliardo e 405 milioni, i lavori dopo qualche mese sono stati sospesi senza apparenti motivi e da allora tutto giace senza immediate prospettive. Parco Fieristico Campionario regionale della Ronza . Dovrà sorgere nel complesso della Fiera della Ronza, acquistata allo scopo nel 1992 dall'Amministrazione Comunale, sindaco Saverio Greco, con fondi europei. Progettato dagli Ing.ri Nicola Gallo e Gennaro Madera, il nuovo Centro Fieristico si pone come obiettivo il rilancio dell'artigianato e del commercio a dimensione regionale. I lavori, approvati dal Consiglio Regionale il 31 marzo 1992 (n. 1172), furono appaltati e consegnati nel 1994 all'impresa Edil Calabria di Forciniti G. e C. per un importo d'asta di un miliardo e cento milioni di lire. La realizzazione dell'opera, se è ambiziosa negli scopi che si prefigge tenuto conto della crisi che investe l'economia in generale ed il mondo artigiano in particolare, potrà risultare seriamente vincente se valorizzata a dovere


con moderna e coraggiosa volontà imprenditoriale. Certo occorrerà avere lungimiranza ed operare con convergenza di sforzi perchè non solo la Fiera della Ronza, ma lo stesso paese ricuperi un ruolo guida nel comprensorio almeno di pari dignità di quello svolto nel passato. In questo senso il Parco Fieristico da una parte ed il Consorzio Agrituristico CAVESA dall'altra, coinvolti entrambi con concretezza di obiettivi e risorse reali, con una precisa e rinnovata mentalità gestionale, potrebbero costituire e costruire un capitale autonomo di investimento produttivo in grado anche di valorizzare tutte le risorse potenziali esistenti nel territorio. Di certo è necessario sconfiggere la mentalità assistenziale e rinunciataria, che già tanto appesantisce il decollo del nostro Sud.

5.

Conclusioni

Con questa proiezione prospettica intrisa di speranza voglio concludere questo itinerario storico, che mi ha portato insieme a voi a scoprire tanti aspetti del passato remoto e prossimo. Molto si potrà ancora scrivere e mi auguro che altri dopo di me intraprendano lo stesso viaggio con ricerche specifiche per visitare il vissuto di Campana e dei suoi figli migliori che tanta storia hanno scritto e tanta ancora ne scriveranno. Il mio è voluto essere un doveroso atto di gratitudine verso il paese che mi ha dato i natali, e dove, quindi, sono impiantate le mie radici. Il mio desiderio profondo è stato di rendere un servizio soprattutto ai miei compaesani, a cui ho inteso partecipare sommessamente il frutto delle mie ricerche, avviate ormai da una trentina d'anni, con la segreta speranza di aver contribuito in qualche modo a far apprezzare il patrimonio storico e culturale, di cui si è tutti parte vitale. Non c'è futuro senza amore del passato. Anzi il futuro di un paese si può dire che ha il suo codice genetico proprio nel passato. Conoscere e amare il proprio passato, le proprie memorie storiche è allora la strada maestra per progettare il proprio futuro con scelte coerenti, convinte e motivate. A tutti: "Ad maiora semper!" senza pregiudizi di sorta e con la coscienza di essere oggi come ieri soggetti pensanti e protagonisti del proprio futuro.


NOTE 1

Cfr. D. MACHERA, Vita servaggia , p. 181. Cfr. Le cose di Campana , in "Nuova Rossano", 28 febbraio 1947, firmato "Un uomo qualunque". 3 Cfr. ACC, Deliberazioni Comunali , 4 marzo 1944, n. 2. In quella occasione pervennero dalla Prefettura 200 quintali di grano da destinare alla semina. Per disguidi burocratici giunsero in paese a semina finita, per cui "andarono a finire panificati nei forni e fu un vero sollievo per i richiedenti": cfr. D. MACHERA, Vita servaggia , p. 181. 4 Sul problema igienico-sanitario il Prefetto di Cosenza, On. Pietro Mancini, il 22 aprile 1944 convocò a Rossano i Commissari del circondario. All'incontro parteciparono anche il Governatore alleato Col. Nichols, il Colonnello dei Carabinieri Di Nunzio e il medico provinciale Dott. Chimenti. In quell'occasione si parlò anche della lotta contro il mercato nero, il prezzo della farina e del grano, divenuti intollerabili a causa della guerra. 5 Cfr. ACC, Deliberazioni Comunali , 10 settembre 1943, n. 42. Come si ricorderà, la targa venne destinata a predella dell'altare nella chiesa di S. Antonio. 6 Cfr. ACC, Deliberazioni Comunali , 10 luglio 1944, n. 20. 7 Giuseppe De Martino, titolare di un'impresa di legname, è morto nel 1976. Era nato nel 1886. 8 Cfr. ACC, Deliberazioni Comunali , 3 ottobre 1944, n. 33. 9 Cfr. "Nuova Rossano", 28 febbraio 1947, citato articolo Le cose di Campana . Sarà stata la forza dell'articolo o altre pressioni, il 19 ottobre di quell'anno il sindaco Gaetano Cundari fece approvare in Consiglio Comunale uno "stralcio al progetto per la costruzione di Case Popolari al Rione Convento", per cui in quegli anni verrà realizzata l'unica casa popolare, quella sita nell'attuale Via Armando Diaz, che successivamente ospiterà anche varie scuole statali (media e professionale). Cfr. ACC, Deliberazioni Comunali , 19 ottobre 1947, n. 30. 10 Cfr. ACC, Deliberazioni Comunali , 3 ottobre 1944, n. 37. La delibera viene approvata dal Prefetto Brancia il 15 marzo successivo. 11 Cfr. ACC, Deliberazioni Comunali , 5 maggio 1945, n. 5. La Giunta Provinciale Amministrativa approvò la delibera il 16 maggio successivo. 12 Il 3 ottobre 1945 dava seguito alla richiesta di 63 cittadini campanesi rappresentati da Antonio Parrotta ('Mmaculatu") tendente ad ottenere la quotizzazione dei fondi comunali Nepitetto, Varco della Chiata e S. Marina, chiedendo all'Autorità Tutoria l'autorizzazione a procedere alla quotizzazione: cfr. ACC, Deliberazioni Comunali , n. 35. L'operazione sarà ripresa l'anno successivo dal neo sindaco Gaetano Cundari. 13 Cfr. G. VALENTE, Dizionario dei luoghi della Calabria , Chiaravalle Centrale 1973, voce Campana, pp. 165-68. In Calabria a favore della Repubblica si ebbero 337.244 voti (dato incompleto), mentre per la Monarchia 514.633 (d. i.). L'esito generale del Referendum diede 12.718.019 per la Repubblica e 10.709.423 per la Monarchia. 14 Cfr. G. VALENTE, Dizionario dei luoghi della Calabria , ivi. 15 Il consigliere di minoranza Spina Sav. Giuseppe, incompatibile perchè padre del consigliere di maggioranza Spina Antonio, venne surrogato con Caccuri Salvatore; l'Avv. Espedito Aiello, inoltre, avendo optato per la carica di Vice Pretore onorario di Campana, venne rimpiazzato da Tommaso Piro: cfr. ACC, Deliberazioi Comunali , 2 aprile 1946, n. 1. 16 Cfr. ACC, Deliberazioni Comunali , 2 aprile 1946, n. 2 17 Cfr. ACC, Deliberazioni Comunali , 2 e 9 marzo 1947, nn. 2 e 4. 18 Nel lamentare il fatto, l'amministrazione comunale chiese la costruzione di ponti a Macchia di Barone e sui torrenti Azzolino e Trinità. Alla risposta dell'Ing. Rubino che il Consorzio ha "cose ben più importanti da fare", il Comune lo denunciò per uso personale e di parte dei fondi e ribadì la richiesta che almeno venisse costruita la strada di bonifica di collegamento CampanaUmbriatico per la località Gambicella: cfr. ACC, Deliberazioni Comunali, 27 aprile 1947, n. 8. Come è noto la strada della Gambicella, allacciata alla SS 108 ter all'altezza di Caprella, verrà avviata soltanto ai primi degli anni Settanta dal sindaco Ernesto Funaro. All'epoca, il Consorzio di Bonifica si limitò a costruire solo qualche briglia di contenimento lungo il Fiumenicà. 19 Cfr. ACC, Deliberazioni Comunali , 4 giugno 1947, n. 14. Per la stesura del contratto venne costituita una Commissione Consiliare presieduta dal sindaco f. f. Pietro Madera e composta dai consiglieri Domenico Machera, Vincenzo Madera, Raffaele Chiodo e Salvatore Viola. L'Avv. Espedito Aiello ha offerto gratuitamente l'assistenza legale. 20 Il convento venne venduto per £. 600 mila, con l'aggiunta di un "uso gratuito di 2 letti all'anno ed un intervento operatorio pur'esso gratuito, per uno degli ospiti di detti letti". Inoltre dovrà essere assicurata "la gratuità degli interventi urgenti per gli iscritti nelle liste dei poveri del Comune di Campana": cfr. ACC, Deliberazioni Comunali , 24 agosto 1947, n. 23. L'immobile, non più ad uso Ospedale dagli anni Sessanta, di recente è stato nuovamente acquistato dal Comune per destinarlo a struttura di accoglienza e di assistenza. 21 Il 19 ottobre 1947 il Consiglio Comunale da lui presieduto approva "lo stralcio al progetto per la costruzione di Case popolari nel Rione Convento", di cui si è già parlato: cfr. ACC, Deliberazioni Comunali , n. 30. 22 Cfr. ACC, Deliberazioni Comunali , 23 giugno 1949, n. 1. La presidenza del Consiglio venne in quella occasione assunta dal consigliere anziano Pietro Madera. 23 Cfr. ACC, Deliberazioni Comunali , 1° novembre 1948, nn. 16 e 17. Se il progetto della Pretura non andò in porto, venne invece realizzato su quel terreno "posto tra la casa di Francesco Spina fu Giovanni e la casa di Spina Annibale fu Filippo confinante con Via Roma" l'Edificio Scolastico. Questo, appaltato dall'impresa di Angelo Chiodo di Campana nel 1959, sarà completato nel 1961 e posto in esercizio nel 1962 mentre era sindaco il Dott. Gaetano Manfredi. 24 Cfr. ACC, Deliberazioni Comunali , 12 giugno 1952, nn. 1-3. 25 Cfr. ACC, Deliberazioni Comunali , 10 giugno 1956, nn. 1-3. 2


26

Tra l'altro si dovettero demolire e ricostruire le abitazioni pericolanti di Gerardo Benevento e Peppino Parrotta ("Ceppa"). E' in questa fase di sistemazione che venne creata la Piazzetta, ottenuta con un muro di contenimento ed un ampio terrapieno. 27 Cfr. ACC, Deliberazioni Comunali , 27 novembre 1960, nn. 1-3. 28 Cfr. ACC, Deliberazioni Comunali , 14 marzo 1964, nn. 31-34. L'Avv. Peppino Ambrosio, originario di Caccuri, era dipendente dell'Opera Sila. Si sposò a Campana. Della sua breve parentesi di sindaco resta ancora la fontanina-abbeveratoio fatta costruire all'ingresso della zona bassa del rione Terra. E' morto prematuramente nel 1966. 29 Cfr. ACC, Deliberazioni Comunali , 6 dicembre 1964, nn. 1-3. 30 Gli interventi sulla Chiesa Matrice continuarono anche negli anni successivi con la ripresa della copertura e del tetto interno a capriate; il restauro della Torre campanaria, il cui tamburo di cappello nel 1981 venne spaccato da un fulmine; lo svuotamento ed il recupero delle cripte tombali. I lavori sono al momento sospesi. 31 I lavori vennero appaltati dall'impresa Manna. All'inaugurazione dei lavori presenziò anche l'On. Dario Antoniozzi unitamente ad altre autorità civili e politiche. 32 Cfr. Bollettino Ufficiale della Regione Calabria , 31 dicembre 1975, n. 51. Il progetto, redatto dall'Ing. Ernesto Ausilio, era stato approvato con decreto n. 13624 del 30 dicembre 1974. Il Municipio venne costruito su terreno espropriato alla famiglia Perri, a Giuseppina Costantino in Greco, ad Adelina Romito e Angelo Sblendido, alle sorelle Filomena e Teresa Santoro. 33 In verità il sindaco uscente Pasquale Aprigliano aveva presentato una lista, ma a tempo scaduto, per cui il pretore Dott. Saverio De Simone, ai sensi dell'art. 28 del T. U. della legge 570/60, l'aveva esclusa dalla competizione. 34 Su 2552 iscritti, si sono recati alle urne solo in 1130 e quindi al di sotto del quorum, che sarebbe stato di 1277 elettori. La lista Dc prese 958 voti; 129 furono le schede bianche, 43 le nulle. 35 Fino al 1994 Campana ha fatto parte del Collegio Senatoriale di Crotone. 36 I dati fin qui segnati sono rilevati da G. VALENTE, Dizionario dei luoghi della Calabria, I, pp. 165-68. 37 I dati sono assunti da F. FERRARO, I sistemi amministrativi locali nel Mezzogiorno: il caso di Campana , tesi di laurea inedita discussa presso l'Università degli Studi della Calabria nell'anno accademico 1991-92, pp. 72-73. 38 Con questa tornata va in vigore la riforma elettorale con candidati unici per ogni aggregazione politica. Campana per la Camera figura nel Collegio n. 4; per il Senato nel Collegio n. 2. Dalla competizione elettorale risultarono eletti il progressista Mario Oliverio per la Camera e Cesare Marini di area socialista al Senato. 39 Sono stati rieletti l'On. Mario Oliverio per la Camera ed il Sen. Cesare Marini per il Senato, entrambi dello schieramento dell'Ulivo. 40 L'assenteismo alle elezioni è stato determinato dalle indicazioni date dai partiti di sinistra di sabotare le contestuali elezioni amministrative, onde non consentire la vittoria dell'unica lista presentata dalla Dc. Come è noto le amministrative saranno ripetute nel luglio successivo. I dati delle Provinciali sono assunti dalla citata tesi di laurea di F. FERRARO, I sistemi amministrativi... , pp. 74-75. 41 Tra i candidati democristiani vi è l'Ing. Ernesto Funaro, sindaco dal 1970-85, che risulta eletto nel Consiglio Regionale con 14795 preferenze. Tra il 1985-88 sarà Presidente della Commissione Bilancio e Sviluppo Economico. 42 La bassa partecipazione, come è stato ricordato, è dipesa dall'anomalia delle elezioni comunali. Tra i 40 consiglieri viene riconfermato l'On. Ernesto Funaro, il primo degli eletti della provincia di Cosenza con 25339 preferenze. Nella Giunta del Presidente Rosario Olivo sarà Assessore al Bilancio. Passerà successivamente all'Industria, Commercio e Artigianato. 43 Dei calabresi in lizza per il Parlamento Europeo riuscì eletto l'On. Dario Antoniozzi (Dc), a cui ad iniziativa del sindaco Funaro era stata concessa la cittadinanza onoraria di Campana. 44 Furono eletti i calabresi Dario Antoniozzi (Dc) e Gaetano Cingari (Psi). 45 Questi, come i dati precedenti dei Referndum sono stati rilevati dal quotidiano Gazzetta del Sud dell'epoca. 46 Cfr. ACC, Deliberazioni Comunali , 15 agosto 1946, n. 11. 47 Cfr. ACC, Deliberazioni Comunali , 15 settembre 1946, n. 14. 48 Cfr. ACC, Deliberazioni Comunali , 25 gennaio 1948, n. 1. 49 Gli elenchi sono ricavati dai fascicoli specifici esistenti nell'ACC. Ringrazio ancora una volta Espedito Chiarello per avermi fatto da tramite. 50 Cfr. Legge n. 1629 del 3 dicembre 1947. Successivamente l'O. V. S. diventerà ESAC ed in ultimo ARSSA. 51 Manlio Rossi-Doria, principale tecnico della trasformazione agraria in Calabria, divise il territorio in 4 realtà economicoagrarie: la Sila, le terre latifondistiche del Marchesato, le terre di futura irrigazione della Bassa Valle del Neto e della Piana di Sibari, il vasto Appennino Silano da Squillace alla Sila Greca e alle pendici della Piana di Sibari.In un secondo tempo si è aggiunta la zona di Caulonia nel reggino. 52 Dell'elenco, fornito dall'Ufficio ARSSA di Rossano Scalo, devo essere grato al Dott. Giuseppe Spina, già Ispettore dell'Opera Sila. Nell'atto dell'assegnazione e successivamente alcune delle quote furono alienate o passarono ad altri titolari. 53 La legge regionale n. 56 del 28 febbraio 1987 previde in provincia di Cosenza 10 sezioni circoscrizionali del lavoro e 46 sedi decentrate. Campana entrò a far parte della sezione circoscrizionale di Rossano insieme a Bocchigliero, Caloveto, Cariati, Cropalati, Longobucco, Mirto-Crosia, Mandatoriccio, Paludi, Pietrapaola, Scala Coeli, Terravecchia e la stessa Rossano. 54 In precedenza, nel 1986, Alberto Santoro era stato nominato Giudice Conciliatore; suo vice Giuseppe Benevento; segretario l'impiegato comunale Filomena Manfredi. 55 Nuovamente il Consiglio dell'Ordine, in assemblea straordinaria, ha espresso parere contrario almeno per la soppressione di Cariati, se non di Campana: cfr. G. NOCE, Riunione straordinaria degli Avvocati , in "Gazzetta del Sud", 6 dicembre 1996; anche L. MARIANO, No alla chiusura della Pretura , in "Il Crotonese", 31 gennaio-3 febbraio 1997, n. 8. Al 31 dicembre 1994 i procedimeti civili pendenti alla Pretura di Campana erano 48; sopravvenuti 42; esauriti 37; i procedimenti penali erano 23; sopravvenuti 40; esauriti 50.


56 Nel 1922, ad iniziativa di D. Andrea Volpe la Banda era stata rifondata e affidata al maestro Ernesto Garone, originario della Puglia. Composta di 34 elementi, per diversi anni non solo accompagnò le processioni, ma si esibiva in piazza con concerti domenicali. Di essa fecero parte personalità illustri campanesi, tra cui ricordiamo i sindaci Saverio Manfredi e Silvio Cundari, l'Ing. Filippo Cerenzia. L'esibizione di rilancio, avvenuta domenica 28 maggio 1922, venne ricordata in una corrispondenza a firma "Panforte"dal titoloDa Campana , uscita su "Nuova Rossano" del 20 luglio 1922. 57 L'inaugurazione si è fatta con l'incontro di calcio Campana-Verzino, finito 2 a 2. A distanza di qualche giorno seguì il 1° Torneo di calcio dell'Agosto Campanese voluto dall'Amministrazione Comunale. In quell'anno il torneo andò a pannaggio proprio della squadra di Campana, allenata da Vincenzo Sciarrotta. 58 Originario di Campana, dal 1949 si è trasferito a Bologna, dove con sacrifici si è conquistata una posizione di rilievo nel mondo imprenditoriale del capoluogo emiliano. Nel 1971 ha ricevuto a Milano il premio "Achille Marrazza". Altri riconoscimenti gli sono stati conferiti successivamente dal Presidente della Repubblica e dal Comune di Bologna. Campana gli è debitrice non solo del Campo sportivo, ma della donazione graziosa del Palazzo sede della casa di accoglienza per anziani e della moderna Struttura Sanitaria del Rione Convento. 59 In quell'anno la Società Sportiva era formata da Lorenzo Ventimiglia (presidente) e dai dirigenti Ciccio Lerose, Giuseppe Barretta, Fino Parrotta, Nicola Greco, Franco Spina, Francesco Sblendido; allenatore Ciccio Marino, alias Blek, massaggiatore Ludovico Grilletta. 60 Cfr. L. RENZO, Assistenza Ospedaliera a Rossano dalle origini ai nostri giorni , Cosenza 1985, p. 16. 61 Alla sua morte "Nuova Rossano" (30 aprile 1955) gli ha dedicato un Ricordo di Giovanni Santoro Magistrato e Avvocato , a firma di Francesco Guido. Del suo servizio come Avvocato Generale dello Stato si parla anche in L. SALVATORELLI - G. MIRA, Storia d'Italia nel periodo fascista , Verona 1970, p. 428. 62 Suoi profili sono stati pubblicati dall'autore di queste memorie storiche sul quotidiano "Avvenire" dell'8 marzo 1984, in occasione del primo anniversario della morte e 10 anni dopo sul mensiole diocesano "Camminare Insieme" del febbraio 1993: A 10 anni dalla morte. D. Gaetano Pancali: testimone fedele . 63 Di recente il Comune gli ha dedicato una Via nei pressi del nuovo Campo sportivo. 64 L'IPSIA di Campana è sede distaccata di Cariati, per cui il conseguimento del diploma di maturità avviene nella sede principale. 65 L'edificio nato come Scuola Materna comunale, dopo lunga sospensione dei lavori, dall'amministrazione Funaro venne ridestinato a sede della scuola Media, ed ora sede anche della Biblioteca Comunale. 66 Durante la cerimonia oltre al Sindaco Saverio Greco sono intervenuti il Dott. Renato Guzzardi, amministratore straordinario dell'USL n. 3 di Rossano e l'On. Ernesto Funaro. Per la cronaca cfr. Centro Sociale inaugurato a Campana , in "Camminare Insieme", mensile dell'Archidiocesi di Rossano-Cariati, diretto dal sottoscritto, gennaio 1994. 67 Nuovo Presidente è il Dott. Isidoro Vaglico. Il Consiglio di amministrazione è formato da Ludovico Grilletta, Franco Caccuri, Domenico Cundari, Bruno Maiorino, Dott. Giovanni Parrotta, Prof. Mario Scalise. Nel 1995 il Centro Sociale ha ricevuto il Premio della Bontà "Caterina Ioverno" dall'Associazione "Amici della Sila". Questa Associazione, sorta nel dicembre 1989 a Cinisello Balsamo ad iniziativa per lo più di campanesi ivi residenti, ha come scopo di tenere alto il nome della Calabria e della Sila in particolare (art. 3 dello Statuto). Il direttivo è formato dal Prof. Franco Lautieri (presidente), Franco Affatato (V. presidente), Rag. Tommaso Ausilio (segretario), Vincenzo Germinara (tesoriere). Il sodalizio ha come organo di stampa il periodico "Il Pino nell'Occhio", diretto dal Prof. Vincenzo Rovito.


APPENDICE 1 SINDACI DI CAMPANA NEI SECOLI XIX-XX 1804 PASQUALE LUPINACCI 1809 PASQUALE SPINA 1810-11 VINCENZO LUPINACCI 1811 VINCENZO PUGLIESE 1812-13 NICOLA SERAFINI 1814-15 VINCENZO ROVITO 1816 BRUNO ROVITO 1817 VINCENZO BENEVENTO 1818-19 PIETRO DE MARTINO 1819-22 PASQUALE SERAFINI 1823-25 GIACINTO PUGLIESE 1826-27 VINCENZO BENEVENTO 1828 TOMASO SANTORO 1829-31 PASQUALE SPINA 1832-34 FRANCESCO LUPINACCI 1835 GIUSEPPE SERAFINO 1836-37 LUIGI SERAFINI 1838-40 SAVERIO SERRA 1841-43 GIUSEPPE CUNDARI 1844-49 NICOLA AUSILIO 1850-54 VINCENZO FELICETTI 1855 PASQUALE ACRI 1856-60 PIETRO GRANO 1861-66 GIOVANNI PALOPOLI 1867-68 CARLO MARIA DE MARTINO 1869-70 NICOLA SANTORO 1871-72 DEMETRIO CARVELLI 1873 GAETANO CASTIGLIA MEGIO 1874-75 BRUNO DE MARTINO 1876 NICOLA SERAFINI 1877-78 BRUNO DE MARTINO 1879-80 ALESSIO DE MARTINO 1881-82 BRUNO DE MARTINO 1883 GIUSEPPE MANFREDI 1884 AGOSTINO FELICETTI 1885 LUIGI STOCCHI 1886 GIORGIO ACCIARDI 1887 GIUSEPPE MANFREDI 1888-91 BRUNO DE MARTINO 1892 GIUSEPPE IOVERNO 1893-1902 SILVIO CUNDARI 1903-18 PASQUALE SANTORO 1919 SAVERIO MANFREDI, Sindaco f. f. 1919 ... IPPOLITO, Commissario Prefettizio 1919-20 GIUSEPPE NATALE, Commissario Prefettizio 21/7 - 6/10/ 1920 GIUSEPPE FONTANELLA, Commissario Prefettizio 1920-21 DOMENICO MACHERA, Sindaco 27/8-8/12/ 1921 RAFFAELE PASSAVANTI, Commissario Prefettizio 1921-23 RAFFAELE MASCI, Sindaco 1923-26 SAVERIO MANFREDI 1926-36 FRANCESCO SANGIOVANNI, Podestà Maggio 1936 GUGLIELMO QUARTUCCI, Commissario Prefettizio Nov. 1936-1937 PASQUALE SANTORO, Commissario Prefettizio Dic. 1937-1938 PASQUALE MANFREDI, Commissario Prefettizio Mag.1938-Apr.41 FRANCESCO SANGIOVANNI, Podestà 1941 PASQUALE SANTORO, Commissario Prefettizio 1941-42 SAVERIO MANFREDI, Commissario Prefettizio


1942-43 1943-44 1944-46 1946-47 Marzo 1947 Mar.-Lug. 1947 Ago.-Ott. 1947 1947-56 1956-64 1964 1964-68 1969-70 1970-85 1985-90 Mag.-Lug. 1990 1990-95 1995 -

EUGENIO SANTORO, Commissario Prefettizio ALDO ARCIERI, Commissario Prefettizio GIUSEPPE DE MARTINO, Commissario Prefettizio GAETANO SILVIO CUNDARI, Sindaco DOMENICO MACHERA, Sindaco f. f. PIETRO MADERA, Sindaco f. f. DOMENICO MACHERA, Sindaco f. f. GAETANO SILVIO CUNDARI, Sindaco GAETANO MANFREDI PEPPINO AMBROSIO, Sindaco f. f. GIUSEPPE IEMMA VINCENZO PARROTTA, Sindaco f. f. ERNESTO FUNARO PASQUALE APRIGLIANO GIULIANA PERROTTA, Commissario Prefettizio SAVERIO GRECO FRANCESCO IOVERNO


Appendice 2 GLI ARCIPRETI DI CAMPANA

1325 1610 1629-1671 1671-76 1676 1684-1712 1712-20 1721 1726-69 1769-1806 1809-10 1810-13 1813-15 1815-17 1817-19 1819-60 1860-63 1863-71 1871-74 1874-76 1877-78 1879-1914 1914-16 1916-24 1924-26 1926-32 1932-83 1983

GRAZIANO GIOVANNI ANTONIO INGLESE FABIO MADARO SALVATORE MARINO, Vicario economo SALVATORE MARINO LUCIO DE MADERA MAURIZIO TRAMONTE GIUSEPPE PETTINATO GIOVANNI ANDREA PERSIANI STEFANO LUPINACCI TOMMASO SERAFINI, Economo Curato GIUSEPPE TROIANI, Economo Curato SAMUELE CORRADO, Economo Curato TOMMASO COSENTINO, Economo Curato DOMENICO GRECO, Economo Curato PIETRO PAOLO PROMENZIO DOMENICO FELICETTI, Economo Curato DOMENICO MANFREDI, Economo Curato FRANCESCO GRANO, Economo Curato DOMENICO IOVERNO NICOLA AUSILIO, Economo Curato NICOLA AUSILIO ANDREA VOLPE, Economo Curato ANDREA VOLPE GIOVANNI SARACENO ROBERTO MIGLIACCI, Economo Curato GAETANO PANCALI SALVATORE SPATARO ***** SACERDOTI VIVENTI DI CAMPANA

1. P. EUGENIO (Tommaso) SCALISE, Cappuccino, ordinato sacerdote a S. Guarano il 12 luglio 1953. 2. P. SAVERIO MURANO, Trinitario, ordinato sacerdote a Roma il 22 3. P. FEDERICO (Raffaele) MASCI, minore francescano, ordinato ad Assisi 1965. 4. D. LUIGI RENZO, ordinato sacerdote a Campana l'8 agosto 1971. 5. D. DAVIDE GIUSEPPE GRILLETTA, ordinato sacerdote a Campana il 7

www.campanaelefante.com

Benedetto in febbraio 1964. il 14 marzo agosto 1983.


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