Bergamo Salute - 2014 - 2 – marzo/aprile

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numero PERIODICO DI CULTURA MEDICA E BENESSERE

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anno 4 - marzo - aprile 2014

Speciale dolore: il diritto di non soffrire La dieta "ferrea" contro l'anemia

Poste Italiane spa Sped. in Abb. Postale DL 353/2003 (Conv. in legge 27/02/2004 N.46) Art. 1 comma 1 LO/BG

Operazione decluttering... libera armadi e mente Lo zucchero? Crea dipendenza

Oreste Castagna CosĂŹ "curo" nipotini e nonni



numero

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anno 4 - marzo - aprile 2014

numero

PERIODICO DI CULTURA MEDICA E BENESSERE

PERIODICO DI CULTURA MEDICA E BENESSERE

Poste Italiane spa Sped. in Abb. Postale DL 353/2003 (Conv. in legge 27/02/2004 N.46) Art. 1 comma 1 LO/BG

La dieta "ferrea" contro l'anemia Operazione decluttering... libera armadi e mente

IN FAMIGLIA

30 D olce attesa Donare il cordone ombelicale,

anno 4 - marzo - aprile 2014

Speciale dolore: il diritto di non soffrire

4 Io infermiere ti curo

una scelta di vita 32 Bambini Disturbi di apprendimento

Editoriale

Lo zucchero? Crea dipendenza

Oreste Castagna Così "curo" nipotini e nonni

IN QUESTO NUMERO Lo sapevate che il 12 per cento degli italiani, cioè 1 italiano su 5, convive con un dolore cronico? A questi poi si aggiungono le persone che ne soffrono in forma più episodica. È evidente quindi che si tratta di un fenomeno diffusissimo nei confronti del quale troppo spesso ci si sente impotenti. Ecco perché, in questo numero, abbiamo deciso di accompagnarvi in un viaggio "al centro del dolore", per conoscerne meglio l'origine, i meccanismi che stanno dietro e come riuscire a controllarlo. Non mancano però, ovviamente, anche temi più leggeri, come il decluttering, letteralmente "eliminare ciò che ingombra", un'idea, dai sorprendenti benefici psicologici, di cui approfittare in questo periodo di cambio armadi. E poi, come sempre, molto altro ancora...

PARTECIPANTI ALLA FONDAZIONE ITALIANA PER L'EDUCAZIONE ALIMENTARE

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SPECIALE DOLORE 6 Al centro del "male" 8 Dal post-chirurgico al neurologico: non sono tutti uguali 12 Cure palliative, un diritto (a molti) ancora sconosciuto SPECIALITÀ A-Z 14 Ematologia La dieta "ferrea" per prevenire e combattere l'anemia 16 Ginecologia Come riconoscere e curare le cisti ovariche 18 Pediatria Aiuto! Mio figlio non cresce PERSONAGGIO 20 Oreste Castagna Così do la carica a nipotini e nonni

STRUTTURE 48 Habilita RSD Albino 50 Centro Medico MR IN FORMA 52 Fitness Il tango? Fa bene al cuore e alla mente 54 Bellezza Acne, tra falsi miti e verità

IN SALUTE 22 Stili di vita Aprite le finestre, c'è il radon 24 Alimentazione Lo zucchero? Crea dipendenza e fa invecchiare

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REALTÀ SALUTE Fisioforma Medical Udito Bergamo Phyto Garda Ortopedia Tecnica Gasparini

DAL TERRITORIO

64 News 67 Il lato umano della medicina

IN ARMONIA 26 Psicologia Operazione decluttering 28 Coppia Amori in chat

RUBRICHE 43 Altre terapie Fai il pieno di magnesio 44 Guida esami Grasso o acqua? Te lo dice l'impedenziometria 46 Animali Coniglio nano, un amico a 4 zampe "inaspettato"

Ha ridato la vita a migliaia di bambini 69 Malattie rare Associazione A.R.M.R. 70 Testimonianza La fede mi ha salvato dalla depressione

Allegato centrale: AMICI DI BERGAMO SALUTE


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EDITORIALE

Io infermiere mi curo di te: l'assistenza infermieristica per alleviare il dolore

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ome dice Buytendijk, medico antropologo, "Il dolore passa... l'aver sofferto mai". Facendo propria quest'affermazione gli infermieri hanno sviluppato competenze e professionalità per poter alleviare il dolore, rafforzando così un approccio assistenziale alla persona che si basa sul concetto di una "malattia senza dolore". Il Codice Deontologico dell'Infermiere all'art. 34 recita "L'Infermiere si attiva per prevenire e contrastare il dolore e alleviare la sofferenza. Si adopera affinché l'assistito riceva tutti i trat-

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tamenti necessari". L'infermiere, quindi, ha sia la competenza nella prevenzione e valutazione del dolore, sia il compito di coinvolgere altri professionisti per la cura del dolore. Il dolore è natura e cultura, è sofferenza dell'uomo, è la sua percezione e i suoi tentativi di superarlo, è la sua interpretazione scientifica, artistica, fisiologica e religiosa. Sin dall'antichità si può parlare di un concetto di dolore. Nei primi secoli della storia, il dolore s'identifica con il "Malum", con la punizione, affidando a credenze e religioni la comprensio-

ne dei meccanismi del dolore e trovare rimedio. Occorreranno millenni perché il dolore possa acquisire la differenza fra il naturale stato di salute e quello, viceversa patologico, di malattia. Il dolore è un'esperienza soggettiva, che non può essere facilmente definita: ogni persona ha una propria esperienza dolorosa legata alla propria individualità, cultura, al suo vissuto e alla sua storia. Partendo da questi presupposti, Margo McCaffery, ostetrica inglese e pioniere nel campo della gestione assistenziale del dolore, lo definisce


"ciò che il malato afferma che sia, reale o immaginario e per quanto insignificante possa sembrare all'osservatore esterno, il malato non ha dubbi della sua esistenza e importanza". Il ventunesimo secolo è caratterizzato da un tumultuoso sviluppo delle scienze medico-biologiche che ha permesso di identificare e curare patologie gravi e rare e la letteratura richiama l'attenzione degli operatori sanitari, sottolineando l'importanza e la necessità di valutare e gestire adeguatamente il dolore. Il ruolo dell'infermiere è stato, recentemente, riconosciuto dall'articolo 5 comma 2 della Legge 38/2010 come una figura professionale competente ed essenziale nel campo della terapia del dolore e delle cure palliative. Accompagna infatti la persona assistita nelle diver-

se fasi della vita, accompagna il cittadino dalla nascita, durante il percorso della vita sino alla morte. Un ulteriore elemento che mostra l'importanza del concetto della "malattia senza dolore", per la professione infermieristica, è quanto inserito nel patto infermiere-cittadino: "Io infermiere mi impegno nei tuoi confronti a starti vicino quando soffri, quando hai paura, quando la medicina e la tecnica non bastano, mi impegno ad ascoltarti con attenzione e disponibilità quando hai bisogno". Proprio per la costante vicinanza al cittadino, l'infermiere dedica buona parte dell'assistenza alla relazione con il paziente e spesso si instaura un rapporto empatico; questo è un elemento imprescindibile per ad-sistere (dal latino ad = appresso e sistere = fermarsi) e rende possibile un'accurata valutazione del dolore. L'infermiere attraverso la comunicazione, favorisce una relazione "trasparente" in cui il malato possa esprimere serenamente il dolore e sofferenza. Essendo il dolore un sintomo soggettivo, infatti, l'infermiere deve saper ascoltare il paziente. Saper instaurare una relazione d'aiuto è importante per l'infermiere: la comunicazione diventa uno degli elementi principali di un approccio ampio alla cura del paziente visto come "protagonista" del suo dolore e delle malattie che lo accompagnano. Possiamo affermare che il paziente riveste "nel suo dolore" una doppia veste, quella di paziente affetto da sindrome dolorosa e quella di primo collaboratore, essenziale per una giusta gestione del dolore.

Spesso la persona assistita è convinta che un certo grado di sofferenza debba far parte del suo iter terapeutico e subisce la realtà. L'infermiere innanzitutto deve riuscire a far cambiare le convinzioni del malato al fine di poter dare sollievo al suo dolore. Gli aspetti fondamentali nella gestione del dolore sono la sua valutazione e l'identificazione delle cause e degli interventi più appropriati, pertanto è fondamentale la collaborazione multidisciplinare in particolare con il medico, per trovare il trattamento più idoneo alla sua cura. Nell'ultimo ventennio, normative nazionali e regionali, oltre che numerose iniziative delle aziende sanitarie, hanno sensibilizzato i professionisti sanitari ad adottare una documentazione in grado di rilevare e di valutare il dolore della persona assistita. Nella cartella clinica trova collocazione la valutazione del dolore e l'avvio del trattamento antalgico, frutto del percorso di integrazione fra le richieste del malato, il giudizio clinico e il contesto assistenziale. In conclusione, bisogna pensare che la gestione del dolore durante la malattia diventi parte strutturale della presa in carico e parte dei principali esiti (outcome) dell'assistenza sanitaria e l'infermiere è impegnato a evitare che vi siano ritardi nell'applicazione di questo diritto.

Beatrice Mazzoleni (Presidente Collegio IPASVI di Bergamo e membro Comitato Etico di Bergamo Salute) Marco Ghidini (Consigliere Collegio IPASVI di Bergamo) Bergamo Salute

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SPECIALE

DOLORE

Al centro del "male"

Conoscerlo meglio per controllarlo con le giuste terapie

a cura di Elena Buonanno

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Dottor Fortis, che significato ha il dolore?

che dall'intreccio corpo/mente: quando una persona è esposta A livello clinico, il dolore è un a stimoli disturbanti di qualsiasi sintomo trasversale e frequente, natura che non riesce ad espriche si accompagna alla maggior mere con la parola in modo parte delle malattie. Può essere consapevole, la percezione del letto come una funzione neces- dolore può risultare accentuata. saria per la sopravvivenza: segna- Altrettanto importante è il fattore la che c'è qualcosa che non va. motivazionale (in parte legato a Rispetto ad altri sintomi e segni dinamiche biochimiche). Avepiù misurabili oggettivamente, è te mai fatto caso, ad esempio, a un fenomeno più complesso da come in alcune situazioni si rivalutare poiché si compone di esca a sopportare meglio il dodiversi livelli: recettivo, percettivo lore? Tipico è l’esempio di chi e interpretativo. Per i dolori più fa sport di lunga durata come comuni, lo stimolo doloroso, una la maratona: durante la compevolta generato, viene trasmesso tizione sembra non sentire doattraverso recettori al cervel- lore, nemmeno ad esempio per lo; qui viene percepito dalla piaghe e lesioni traumatiche ai persona e interpretato sulla piedi; poi appena arrivato al trabase di diversi fattori (co- guardo il dolore "esplode". Impagnitivi, esperienziali, socio- rando a conoscere e "controllaculturali) che influiscono re" meglio la mente e l’emotività, sulla soglia di tollerabilità quindi, si può anche riuscire a e determinano il "valore" modulare, in parte, la nostra perche ognuno di noi dà in cezione del dolore. È evidente quel preciso momento al quindi che il dolore deve essere suo dolore. Oggi sappiamo che affrontato in modo globale, senesistono alcune condizioni che za sottovalutare né la fisiopatopossono alterare, abbassandola, logia e i tessuti coinvolti né gli la soggettiva normale tolleran- aspetti psicologici e cognitivi, controllarlo una persona su due za al dolore, come stati infiam- per mettere alla luce l'approccio si affida al "fai da te" (sia nel matori e squilibri ormonali. Al terapeutico migliore a seconda caso del dolore cronico sia epi- contrario, reazioni biochimiche della qualità del dolore. sodico) finendo per instaurare con abbondante secrezione di Dott. Michele Fortis un circolo vizioso. Cerchiamo endorfine (ormoni del benesseSpecialista allora di capire meglio quali re), come quella che si innesca in Anestesia sono i meccanismi alla base del nel corso di un'attività fisica o e Rianimazione dolore e come controllarlo, con durante eventi traumatici, possopresso Cure Palliative A.O. Papa l'aiuto del dottor Michele Fortis, no renderlo più sopportabile. Un Giovanni XXIII anestesista esperto di terapia ruolo importante, nella modulaBergamo zione del dolore, è giocato andel dolore.

n’esperienza sensoriale ed emozionale spiacevole, associata a danno tissutale, individuale e soggettiva". Così la IASP (International Association for the Study of Pain) definisce il dolore, un sintomo che in alcuni casi può diventare esso stesso una malattia, come succede nel dolore cronico, problema con cui convivono 12 milioni di italiani, con un notevole impatto sulla qualità di vita e sull'equilibrio psico-fisico. Per

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questi farmaci, in genere assunti per via orale, possono essere somministrati anche con infiltrazioni locali. • Stimolazione di riflessi e mesoterapia. Hanno lo scopo di modificare i sistemi di trasmissione del dolore attraverso la puntura e stimolazione di punti a scopo reflessoterapico. Esistono modalità differenti con logiche ed effetti E quali sono le cure diversi. Per esempio, nella medicioggi possibili? na tradizionale cinese, la puntura A seconda delle caratteristiche con gli aghi è rivolta a una riorgadel dolore esistono diversi tipi di nizzazione energetica che segue Ma quanti tipi interventi e approcci,che in mol- una precisa diagnosi, mentre la di dolore esistono? ti casi possono integrarsi tra loro. reflessoterapia utilizza la puntura Da un punto di vista eziopatoge- • Approccio farmacologico. Com- secondo principi diversi. netico (cioè della sua origine), prende: antinfiammatori non ste- • Tecniche di elettromodulazione. il dolore, che ha quasi sempre roidei e cortisone, che riducono Possono essere applicate esternauna componente infiammato- l'attivazione recettoriale della mente, come le TENS, oppure moria, può essere classificato in: componente dovuta a infiam- dulare la trasmissione del dolore nocicettivo (dovuto a lesioni o mazione che si presenta quasi direttamente nel sistema nervoso danni a tessuti o organi), neu- sempre nella prima fase del attraverso l'impianto di apparecropatico (dovuto a lesioni del problema; farmaci che modu- chi di stimolazione. sistema nervoso con • Terapie manuali, molto genesi al suo interefficaci nell'approccio no). Inoltre per alcu"olistico" alle strutture ni esisterebbe anche del corpo. Tra queste un dolore psichico, possiamo citare la NST attivato da situazioni (innovativo protocollo psico-relazionali. Per di riequilibrio del sistequanto riguarda invema neuro-muscolo-tence la durata si definidineo e il bilanciamensce acuto o cronico. Il to cranio-sacrale), la dolore acuto è la spia chiropratica, l'osteopadi un danno in corso tia, le tecniche fasciali e ed è generalmente loquelle craniosacrali. Sercalizzato, dura per alcuni giorni, lano la trasmissione del dolore vono per riequilibrare le alteratende a diminuire con la gua- e mimano azione delle endor- zioni strutturali alla base di dolori rigione. Attualmente le opzioni fine (oppiacei); farmaci che con cause meccaniche, muscoloterapeutiche efficaci per questo riducono la trasmissione del scheletriche e viscerali. tipo di dolore sono molteplici dolore a livello della fibra (ane- • Tecniche di modulazione sogget(in particolare antinfiammatori stetici locali); farmaci adiuvan- tiva nelle quali si possono far ridi vario genere e antidolorifici ti che agiscono sinergicamente entare meditazione, biofeedback, oltre a procedure di trattamento con gli altri per modulare l'in- psicoterapia, ipnosi. Aiutano a rilocale). Il dolore cronico, che in sorgenza e la trasmissione del durre l'attenzione e la reazione al genere invece si accompagna a dolore (antineuropatici, antie- dolore, modificando l'asse percetmalattie degenerative (reuma- pilettici, antidepressivi). Molti di tivo-interpretativo. DAI BAMBINI AGLI ANZIANI: UN PROBLEMA TRASVERSALE Nel paziente anziano l'insorgenza del dolore cronico è un problema sanitario importante che provoca limitazioni in tutti i campi della vita, da quella familiare a quella lavorativa e sociale. L'artrite/artrosi è la principale causa di dolore, seguita dall'ernia del disco, dalle lesioni traumatiche. Le principali cause di dolore cronico nei bambini, invece, sono mal di testa, dolore addominale, dolore muscolo scheletrico.

tiche, ossee, oncologiche, metaboliche etc.) o a lesioni non riparabili, spesso si automantiene, è un dolore difficile da curare e richiede un approccio che agisca a vari livelli. In realtà però, generalmente, i quadri sono più complessi, spesso misti, e le diverse componenti coesistono influenzandosi in vario modo.

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DOLORE

SPECIALE

Dal post-chirurgico al neurologico: non sono tutti uguali a cura di Elena Buonanno

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è il dolore continuo che non lascia tregua. Quello che va e viene. Quello che colpisce acuto come una pugnalata. Quello sordo e diffuso. Insomma non esiste un solo tipo di dolore, ma molti diversi per origine, tipologia, intensità. Cerchiamo allora di fare una panoramica di alcune delle forme di dolore più diffuse e che maggiormente incidono sulla vita di molti di noi.

Il dolore chirurgico...

Dott. Roberto Sacco Responsabile Dipartimento chirurgico Clinica Castelli di Bergamo

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Può essere distinto in aspetti fra loro molti differenti per causa, tipo di sintomatologia, necessità di terapia. La prima grande distinzione va fatta fra il dolore che si manifesta per la presenza di una malattia chirurgica (o da lesione dei tessuti addominali) e il dolore post operatorio. Il dolore addominale da lesione dei tessuti addominali è un dolore che si manifesta generalmente in modo acuto, improvviso come una pugnalata, spesso si accompagna a nausea e febbre e può avere differenti gradi di intensità e di durata. A determinarne l’insorgenza può essere l'infiammazione degli organi addominali o del peritoneo, la membrana che li riveste (come nel caso di appendicite, colecistite, pancreatite) oppure la rottura di gravidanza extrauterina o la perforazione di un'ulcera gastroduodenale o di diverticolo del colon. In altri casi il dolore invece può essere a colpi ripetuti, generalmente dovuto a spasmi della muscolatura viscerale, come ad esempio nelle coliche da calcoli della colecisti. In altri casi ancora può essere determinato dalla distensione di un organo pieno come il fegato o la milza oppure, più banalmente, dalla distensione di un organo cavo come nel caso dello stomaco se si beve troppo in fretta una bibita gassata oppure della vescica se si trattiene troppo a lungo l’urina. Infine esiste il dolore cronico viscerale, talvolta manifestazione tardiva di una malattia tumorale addominale ( pancreas, fegato, stomaco, utero): l’entità del dolore non è proporzionale all’entità della lesione e il dolore viene localizzato con maggiore difficoltà. Il dolore post operatorio, invece, è definito come un dolore acuto persistente dovuto alla malattia preesistente, all'atto chirurgico o alla combinazione di entrambi. Si tratta di un dolore ineluttabile e prevedibile: per controllarlo ogni équipe chirurgica elabora, in stretta collaborazione con i colleghi anestesisti, degli schemi di terapia il cui obiettivo è ridurre al minimo la sofferenza sia nel post operatorio immediato sia a distanza.


... quello otorinolaringoiatrico

Dott.ssa Marketa Koka

Il dolore, in ambito otorinolaringoiatrico (naso e cavità paranasali, cavo orale, faringe, laringe e orecchio) è spia di molti disturbi comuni a tutte le età e di Specialista in diverse patologie, più o meno gravi. Otorinolaringoiatria • Naso. La responsabilità del naso e dei seni paranasali nel causare dolori Clinica Castelli di Bergamo al cranio e al volto (cefalee e sindromi algiche) è più frequente di quanto si pensi. I dolori sono provocati da: anomalie anatomiche, contatti tra setto e turbinati, concha bullosa etc.. (il dolore viene scatenato dall'esposizione a fenomeni infiammatori, allergici o infettivi, a modificazioni dell'aria inspirata, variazioni climatico-ambientali, all'inalazione di polveri o altre sostanze); processi infiammatori e infezioni, come allergie, riniti, sinusiti (il dolore si associa ad altri sintomi come ostruzione nasale, starnuti, prurito, rinorrea anteriore e/o posteriore etc.); disfunzioni delle strutture nervose e dei recettori deputati alla percezione del dolore; neoplasie del naso e dei seni paranasali. I dolori, continui, peggiorano progressivamente e si localizzano alla sede di insorgenza del tumore. • Orecchio. Il dolore auricolare può essere causato da una malattia dell'orecchio (otodinia/otalgia) e può essere percepito come continuo, intermittente, pulsante, ritmico, sordo o insopportabile. In questo caso è accompagnato da altri sintomi auricolari come ipoacusia, acufene, otorrea (secrezione dall'orecchio), otorragia (fuoriuscita di sangue della orecchie). In altri casi il mal di orecchio non dipende da malattie dell'orecchio, ma è conseguenza secondaria di altre condizioni, come sinusite, tonsillite, raffreddore, influenza, mal di denti, emicrania e cancro alla gola. • Gola. Il mal di gola (faringodinia) è un sintomo molto frequentemente legato all'infiammazione/infezione della faringe. Si presenta come un dolore diffuso e continuo associato a difficoltà alla deglutizione, cambiamenti del gusto, secrezione catarrale, malessere generale e qualche volta febbre. In caso di tumore, di solito, si presenta come continuo, monolaterale, progressivo.

Dott. Bruno Ferraro

... quello neurologico

Tra i dolori neurologici più comuni riscontro e allo stesso tempo più complessi da gestire ci sono il dolore nevralgico e quello neuropatico. Per nevralResponsabile Reparto di gia si intende un dolore a uno o più nervi (come la nevralgia del trigemino). Neurologia Con il termine di dolore neuropatico, invece, ci si riferisce a un dolore acuto A.O. Treviglio o cronico causato da un disturbo funzionale o da un'alterazione patologica Caravaggio del tessuto nervoso periferico. Al contrario del dolore nocicettivo (che origina da un danno a tessuti o organi e poi viene veicolato, sotto forma di impulso, fino al sistema nervoso centrale) il dolore nevralgico e neuropatico nasce all'interno del sistema nervoso stesso, attraverso complessi meccanismi fisiopatologici (perdita degli impulsi inibitori che normalmente contrastano quelli dolorosi, "deafferenzazione" ovvero squilibrio tra quello che avviene tra parte periferica, cioè cute, organi etc. e quello che viene elaborato nel cervello). Le neuropatie dolorose più comuni sono le forme posterpetiche (il "fuoco di S. Antonio") e le forme polineuropatiche correlate al diabete mellito. Altre forme, meno frequenti, sono quelle relative all'artrite reumatoide, al LES (Lupus Eritematoso Sistemico) o provocate da lesioni tumorali. Conoscerne l'origine neurofisiopatologica è il primo passo per ipotizzare una strategia efficace. In alcune forme di dolore nevralgico si può agire con farmaci anestetici locali a lunga durata in grado di prevenire il dolore.Anche i corticosteroidi possono esseri utili per ridurre l'incidenza di nevralgia, ma vanno usati con precauzione. Per alcune forme nevralgiche, si sono rivelati efficaci anche farmaci ad azione centrale sul sistema nervoso come antiepilettici e antidepressivi triciclici, che agirebbero sulla ricaptazione della noradrenalina e della serotonina, i principali neurotrasmettitori coinvolti nella modulazione delle vie di controllo del dolore. Analgesici e oppioidi, invece, nelle forme di dolore nevralgico e neuropatico non sempre danno gli esiti sperati. Una menzione meritano poi tecniche non farmacologiche come le TENS (Transcutaneous Electrical Nerve Stimulation). Infine, nelle forme croniche più severe, si possono utilizzare dispositivi di stimolazione epidurale, simili a pacemaker: inviano alle radici nervose impulsi elettrici che, con un meccanismo di inibizione, bloccano la progressione della sensazione dolorosa dalla periferia verso il cervello. Bergamo Salute

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SPECIALE

DOLORE

... e quello ortopedico Il dolore ortopedico costituisce uno dei sintomi principali nella manifestazione delle patologie ortopedicotraumatologiche. Si possono distinguere due tipi principali di dolore: acuto e cronico. Il primo è tipico di contusioni, distorsioni, fratture, lussazioni, lesioni muscolari o capsulo-legamentose, ernie discali (soprattutto nelle fasi iniziali), infiammazioni e infezioni acute articolari o dei tessuti molli, borsiti. Il secondo caratterizza forme per lo più degenerative (artrosi, malattie reumatiche, infiammazioni e infezioni croniche di ossa/muscoli/tendini, esiti di difetti posturali, dimorfismi o sovraccarichi funzionali). Non è infrequente, tuttavia, un’alternanza dei due tipi di dolore nell’evoluzione spesso altalenante di varie patologie. Un discorso a parte, per caratteristiche e trattamenti specifici, merita il dolore neoplastico in ortopedia, dovuto sia a tumori primitivi dell’apparato muscolo-scheletrico sia alle frequenti localizzazioni ossee secondarie di tumori sorti in altri organi. Il trattamento del dolore di origine ortopedico-traumatologica pone di fronte a una sfida complessa: innanzitutto è necessario individuare l’origine del dolore stesso. Se non si comprende bene la causa scatenante, infatti, si può procedere solo con una terapia palliativa che potrà ridurre la sintomatologia necessariamente per un tempo limitato. Tuttavia, specialmente in caso di complesse patologie cronico-degenerative, la causa risulta essere multifattoriale e, quindi, non facilmente riconoscibile. In generale, il dolore acuto si tratta per lo più con farmaci (analgesici, anestetici, antinfiammatori steroidei e non steroidei), riposo funzionale, crioterapia, immobilizzazione, scarico dell’arto leso, terapie fisiche strumentali. Contro il dolore cronico ci si può avvalere anche di altri strumenti: rieducazione posturale, esercizi specifici di ginnastica, massofisioterapia, fisiochinesiterapia, agopuntura, terapie manuali e osteoarticolari (chiropratica/osteopatia), mesoterapia, fino ad arrivare, in rari casi selezionati, a interventi chirurgici mirati (ad esempio alcuni tipi di artrodesi, cioè immobilizzazione chirurgica). Dott. Roberto Orlandi Specialista in Medicina dello Sport e Ortopedico presso la Clinica Castelli di Bergamo

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SPECIALE

DOLORE

Cure palliative, un diritto (a molti) ancora sconosciuto Non possono guarire ma curano, offrendo al malato la possibilità di vivere l'ultima fase della sua vita nel modo migliore possibile a cura di Elena Buonanno

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bbiamo una legge, la 38/2010,che è considerata tra le migliori d'Italia. Eppure, intorno alle cure palliative, c'è ancora molta confusione. A penalizzarle, in particolare, sono la disinformazione, ma anche barriere culturali e pregiudizi. Come quelli nei confronti degli oppiacei, normalmente usati per questo tipo di cure, o l'idea, comune nell'immaginario collettivo, che vengano usate per accelerare la fine della vita o siano sinonimo di qualcosa di "inutile". Niente di più sbagliato. «La legge 38/2010 definisce le cure palliative" come l'insieme degli interventi terapeutici, diagnostici e assistenziali, rivolti sia alla persona malata sia al suo nucleo familiare, finalizzati alla cura attiva e totale dei pazienti la cui malattia di base (oncologica, cardiologica, renale, neu-

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rologica, infettiva come l'AIDS), caratterizzata da un'inarrestabile evoluzione e da una prognosi infausta, non risponde più a trattamenti specifici» spiega la dottoressa Antonella Goisis, membro del Consiglio dell'Ordine dei Medici di Bergamo. «Alla base delle cure palliative c'è la netta distinzione tra inguaribile e incurabile, che non sono affatto sinonimi: un paziente può essere inguaribile per un tumore al polmone avanzato, ma rimarrà sempre curabile, fino alla fine dei suoi giorni, perché, come diceva Cicely Saunders, considerata a livello internazionale la fondatrice dell'Hospice movement, molto si deve cominciare a fare quando non c'è più nulla da fare. C'è tutto un corredo di sintomi da controllare: il dolore, la fatica respiratoria, i disturbi gastro-intestinali, la fatigue, spesso marca-

ta e invalidante etc.. Una volta corretti questi, qualcosa d'altro emerge e rimane da affrontare: la sofferenza del paziente, quella che viene da dentro, dovuta a tutta una serie di perdite alle quali il malato va incontro: la perdita del lavoro, del suo ruolo familiare e sociale, della sua identità come persona, arrivando a configurare quel dolore "totale" che rischia di invadere e sconvolgere non solo il paziente, ma anche la sua famiglia».

L'aggettivo "palliativo" deriva dal vocabolo latino pallium, letteralmente, "mantello". Le cure palliative sono quindi quelle che cercano di dare sollievo e protezione al paziente, mettendolo al riparo dalla sofferenza fisica, psicologica e spirituale.


Dottoressa Goisis, ma è possibile eliminare completamente il dolore in queste situazioni? Sì, e non solo è possibile, è doveroso. Il dolore non deve essere considerato come qualcosa di ineluttabile. Una volta assolto il suo ruolo di campanello d'allarme di qualcosa che non va, deve essere portato via, anche per non correre il rischio che, se non adeguatamente trattato, diventi esso stesso una malattia. Oggi, grazie ai farmaci che abbiamo a disposizione, gli oppiacei in particolare, riusciamo a controllarlo efficacemente nella grande maggioranza dei casi.

Ma non sono pericolosi gli oppiacei? Non creano dipendenza? Questo è uno dei pregiudizi più radicati, basti pensare che l'Italia è ancora fanalino di coda nell'uso della morfina. In realtà, se assunti correttamente, nelle giuste dosi, ai giusti tempi e sotto controllo medico, i derivati dell'oppio sono degli eccellenti analgesici, non abbreviano, come molti purtroppo pensano a tutt'oggi, la vita delle persone, non fanno morire. Il rischio di tossicodipendenza è infinitesimale e, se ben prescritti e associati a farmaci adiuvanti, non danno sgradevoli effetti collaterali.

Per ricevere queste cure bisogna essere ricoverati? Non necessariamente. Sempre la Legge 38/2010 prevede l'"assistenza residenziale", cioè l'insieme degli interventi sanitari, socio-sanitari e assistenziali nelle cure palliative erogati ininterrottamente da équipe multi-

Ma cosa è un Hospice? LEGGE 38/2000: UNA CONQUISTA DI CIVILTÀ La legge 38/2010 ("Disposizioni per garantire l'accesso alle cure palliative e alla terapia del dolore"), per la prima volta, tutela il diritto del cittadino ad accedere alle cure palliative e alla terapia del dolore. È tutelato e garantito, in particolare, l'accesso alle cure palliative e alla terapia del dolore da parte del malato nell'ambito dei livelli essenziali di assistenza al fine di assicurare il rispetto della dignità e dell'autonomia della persona umana, il bisogno di salute, l'equità nell'accesso all'assistenza, la qualità delle cure e la loro appropriatezza riguardo alle specifiche esigenze individuali, un sostegno adeguato sanitario e socio-assistenziale. Con questa legge si traccia una via precisa per umanizzare la cura e si danno indicazioni organizzative volte a dare forma e sostanza al percorso assistenziale delle cure palliative e della terapia del dolore sia per gli adulti che per l'età pediatrica, su tutto il territorio nazionale, anche se con delle differenze nei modi di pianificarle, organizzarle e gestirle.

disciplinari presso una struttura denominata Hospice, ma anche l'"assistenza domiciliare", ovvero l'insieme degli interventi sanitari, socio-sanitari e assistenziali che garantiscono l'erogazione di cure palliative e di terapia del dolore al domicilio della persona malata, con una continuità assistenziale ininterrotta per ciò che riguarda sia gli interventi di base (coordinati dal medico di medicina generale), sia quelli delle équipe specialistiche di cure palliative (di cui il medico di medicina generale è in ogni caso parte integrante).

Forse sarebbe meglio dire cosa non è un Hospice… non è un ospizio e non è neppure un luogo dove si va a morire. L'obiettivo primario è la tutela della qualità della vita del paziente affetto da malattia avanzata e non più guaribile, realizzata attraverso il controllo dei suoi sintomi e l'attenzione ai suoi bisogni, non solo fisici. In Hospice si curano i vivi, non i defunti, non si fa eutanasia ma neanche accanimento terapeutico, si cerca di stare nel mezzo per garantire al paziente e alla sua famiglia, quando possibile, la compagnia di cui hanno bisogno, nel rispetto assoluto della vita del malato che qui è né accorciata né allungata, ma soprattutto rispettata. Nella maggior parte dei casi il paziente rimane in Hospice finché vive. In un numero più ristretto, una volta risolti i sintomi più invasivi, il paziente può tornare a casa finché la malattia non peggiora. Diventa così una sorta di seconda casa, dove torni quando stai male e dalla quale ti allontani se le cose riescono ad andare meglio. Ma, soprattutto, è il luogo di un'anima, non solo di un corpo malato, ma di una passione per l'uomo che soffre, di una compagnia che sfida il non senso dei giorni che preparano a morire, ma qui si apre un altro capitolo... Dott.ssa Antonella Goisis Medico Hospice Casa di Cura "Beato Palazzolo" Bergamo, membro Commissione Nazionale FNOMCEO promozione Cure Palliative

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SPECIALITÀ A-Z

EMATOLOGIA

La dieta "ferrea" per prevenire e combattere l'anemia a cura di Alessandro Rambaldi

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i sentite sempre stanchi, vi affaticate facilmente? Siete più pallidi del solito? Potrebbe essere segno che siete anemici. L'anemia, la cui forma più comune è quella dovuta a una carenza di ferro, è un problema più diffuso di quanto si pensi. Le cause possono essere diverse, così come la terapia. Fondamentale, in ogni caso, anche per prevenirla, è seguire una dieta equilibrata che non metta dei casi l'origine dell'anemia al bando le proteine animali e è da ricercare in un deficit di assicuri la giusta "dose" di ferro. ferro, elemento indispensabile per l'organismo, costituente esMeno ferro, meno ossigeno senziale dell'emoglobina dove all'organismo si lega all'ossigeno (si parla di L'anemia è una condizione in anemia sideropenica). Per diacui si verifica una riduzione dei gnosticarla bastano dei semplilivelli di emoglobina nel san- ci esami del sangue. In particogue. L'emoglobina è una pro- lare bisogna valutare il volume teina presente nei globuli rossi dei globuli rossi, che in questo che ha il compito di trasportare tipo di anemia si riducono di l'ossigeno dai polmoni a tutte le volume, il dosaggio della sidecellule e organi del nostro cor- remia, cioè il ferro circolante po. Quando il suo valore si ridu- nel sangue, della transferrina, la ce (sotto gli 11 milligrammi per proteina che trasporta il ferro, e decilitro di sangue) l'organismo della ferritina ovvero il magazne risente perché va in "caren- zino in cui si accumula il ferro za" di ossigeno. Ecco allora la di riserva per averlo a disposicomparsa dei segni tipici: stan- zione qualora dovesse servire chezza, affaticabilità e pallore per bilanciare eventuali perdite, (il colorito della pelle deriva come succede ad esempio neldai capillari e quindi dall'ap- le donne fertili durante il ciclo porto di sangue). In circa il 50% mestruale.

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I più a rischio: donne, giovani e anziani Proprio il ciclo mestruale è una delle cause più frequenti di anemia da carenza di ferro. In genere la quantità di ferro introdotta con una dieta sana ed equilibrata è sufficiente per bilanciare le perdite. Nelle donne in cui il flusso è particolarmente abbondante però la bilancia va in negativo. Altre cause importanti sono sanguinamenti del tratto gastroenterico (ulcera, diverticoli, intestino etc.), una condizione molto frequente negli anziani. Per averne la certezza è sufficiente la ricerca di sangue occulto nelle feci. Nei giovani può dipendere invece dalla celiachia: questa intolleranza permanente al glutine (proteina contenuta nelle farine frumento, segale, orzo etc.), può


causare problemi di malassorbimento intestinale di diversi nutrienti, tra cui anche il ferro. Nelle persone che soffrono di celiachia infatti i villi intestinali, cioè le strutture intestinali deputate all'assorbimento delle sostanze nutritive, si alterano in alcuni casi fino ad atrofizzarsi. Infine, anche un'alimentazione non equilibrata può portare a una carenza di ferro.

Il "peso" dell'alimentazione Diete che escludano completamente proteine animali, per motivi culturali (come nel caso dei vegetariani) o economici, possono esporre al rischio di anemia sideropenica. Il ferro più facilmente assimilabile, infatti, è quello contenuto nella carne (rossa, ma anche bianca). Non serve mangiarne troppa, è sufficiente una o due volte a settimana per garantire il corretto apporto. In alternativa si possono scegliere i legumi,

non a caso chiamati la "carne dei poveri". Importante poi è consumare quotidianamente abbondante frutta e verdura (almeno 5 porzioni al giorno). Non solo spinaci come molti pensano, complice anche il cartone animato "Braccio di ferro". Quello degli spinaci, infatti, è un falso mito. Non abbondano di questo minerale più di altre verdure simili a foglia verde. Infine anche un bicchiere di vino rosso a pasto può essere utile.

Una doppia terapia, per ridurre le perdite e aumentare le scorte Un difetto di ferro, oltre che con un'alimentazione adeguata, si può compensare con una corretta terapia, che agisca da un lato sulla causa specifica (nel caso ad esempio di sanguinamenti intestinali o ulcere) e dall'altra direttamente sulla carenza di ferro, ripristinando-

Prof. Alessandro Rambaldi Direttore Dipartimento di Oncologia ed Ematologia A.O. Papa Giovanni XXIII Bergamo

ne in breve tempo i livelli. Oggi in commercio esistono diversi preparati a base di ferro. Tra questi il migliore per correggere rapidamente il problema (nel giro di qualche settimana) è il solfato di ferro per via orale. Il limite è che può dare nausea, stitichezza, pesantezza, ma si tratta di effetti transitori e modesti soprattutto se viene assunto a stomaco pieno. Una piccola percentuale di pazienti può comunque risultare intollerante. In questi casi l'alternativa è la terapia endovenosa, che però, anche se raramente, può dare reazioni allergiche anche gravi e deve essere quindi valutata attentamente.

QUALCHE TRUCCO PER "OTTIMIZZARE" L'ASSORBIMENTO DI FERRO • Condire le verdure con il limone (l'acido ascorbico, ovvero la vitamina C, potenzia l'assorbimento del 50%). • Tenere a bagno i legumi secchi per 24 ore, cambiando due volte l'acqua, in modo da allontanare l'acido fitico, che blocca l'assorbimento del ferro. • Usare in cucina erbe aromatiche (prezzemolo, rosmarino, basilico) per insaporire: non solo sono fonti naturali di ferro ma stimolano le secrezioni dello stomaco e aiutano a mantenere elevata l'acidità dell'ambiente gastrico, un altro elemento che consente un migliore assorbimento del ferro.

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SPECIALITÀ A-Z

GINECOLOGIA

Come riconoscere e curare le cisti ovariche

In genere "passano" da sole. Solo in alcuni casi può essere necessaria la chirurgia a cura di Massimo Bardi

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e cisti ovariche rappresentano un disturbo molto comune: costituiscono il 10-20% circa di tutta la patologia ginecologica. Si manifestano con maggior frequenza in età fertile e sono generalmente di natura benigna, ossia sono prive di complicazioni tanto da poter anche scomparire senza terapie. Nella maggior parte dei casi, infatti, sono dovute a semplici alterazioni dell'ovulazione. Si parla quindi di cisti funzionali (non legate cioè a patologie "organiche"), tra le quali le più frequenti sono quelle follicolari, che si formano cioè a livello dei follicoli, i corpi sferici, presenti sulla superficie dell'ovaio che producono estrogeni e "ospitano" l'ovulo durante la sua maturazione.

L'ovulazione: un meccanismo complesso e delicato L'ovaio è un organo che subisce modificazioni quotidiane di struttura e, ciclicamente, di produzione ormonale. Ogni mese, con l'inizio della mestruazione,uno dei follicoli comincia a crescere fino a un diametro di 2,3 - 2,5 mm (vedi illustrazione), per poi rompersi lasciando fuoriuscire l'uovo maturo (fase dell'ovulazione). In seguito all'ovulazione le cellule rimaste nel follicolo iniziano ad accumulare quantità crescenti di proteine, lipidi e di luteina (un particolare pigmento che conferisce un aspetto giallastro) e il follicolo si trasforma in corpo luteo, una "particella" di ovaio che si comporta come

FOLLICOLO PRIMARIO

FOLLICOLO SECONDARIO

Si definisce "cisti" una cavità o sacca, posta in qualsiasi parte del corpo, chiusa da una membrana, ben distinta dai tessuti circostanti, contenente materiale liquido o semi-solido.

una piccola ghiandola endocrina la cui funzione principale è quella di produrre progesterone (ormone che serve a sostenere l'evoluzione della gravidanza) e, in quantità minori, estrogeni. Se non avviene la fecondazione dell'uovo e l'impianto dell'embrione nell'utero, il corpo luteo vive per quattordici giorni e poi degenera rapidamente, arriva il flusso mestruale e tutto ricomincia. Nel contesto di queste ripetute modificazioni cicliche è molto frequente che compaiano alterazioni strutturali e ormonali dell'ovaio in conseguenza delle quali si possono determinare quelle che vengono appunto chiamate cisti funzionali, follicolari o luteiniche (vedi box). Le cisti follicolari, le più comuni, si originano da un follicolo che non ovula e quindi Dott. Massimo Bardi

OVULO MATURO

CORPO LUTEO

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OVULAZIONE

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Specialista in Ginecologia e Ostetricia presso Studio Medico Polispecialistico Multidisciplinare di Bagnatica


struali. È comunque possibile che insorgano recidive per cui LE LUTEINICHE, SORVEGLIATE SPECIALI è utile eseguire controlli perioDiscretamente frequenti, anche se meno di quelle follicolari, sono le dici e talora instaurare un'adecisti luteiniche, che si formano all'interno dei corpi lutei: dai vasi sanguata terapia preventiva con guigni attorno al follicolo inizia un discreto sanguinamento, il sangue contraccettivi ormonali che si accumula all'interno del corpo luteo e spesso si associa a sacche di liquido sieroso (corpo Iuteo cistico). Queste cisti, in genere, non danbloccano, nelle donne fertili, il no particolari sintomi salvo la comparsa di un ritardo nella comparsa processo ciclico ovulatorio e del flusso mestruale. Può capitare però che insorgano dolori a livelpermettono all'ovaio di riposalo pelvico, a destra o a sinistra, qualche volta intensi che si risolvono re almeno per qualche mese. In spontaneamente nell'arco di 3-4 giorni. Di solito anche la cisti luteinica si riassorbe spontaneamente nell'arco dì 2-3 settimane, anche se è alcuni casi può essere anche possibile che si formino delle recidive. In questi casi è utile una terapia indicata la chirurgia, in particon contraccettivi ormonali per qualche mese per bloccare l'ovulazione colare se la cisti cresce fino e ridurne così l'incidenza. Come per le cisti follicolari la diagnosi viene posta dall'esame clinico e dall'indagine ecografica supportata dai a dimensioni superiori ai 7-8 dosaggi degli onco-markers. La complicanza più importante è rapprecm di diametro. Cisti di questo sentata dal cosiddetto corpo luteo cistico-emorragico. La parete della tipo, infatti, possono causare cisti luteinica tende a rompersi, determinando una emorragia all'interfastidi pelvici, talvolta severi, no della cavità addomino-pelvica (emoperitoneo). Si può attuare una terapia di attesa "sorvegliata" per valutare la possibilità di un arresto sanguinare internamente o spontaneo dell'emorragia (specie se di piccola entità) e di un rapido rideterminare la comparsa di assorbimento del sangue presente in peritoneo. Se però questo non avquella che viene considerata la viene in tempi brevi è necessario il ricorso alla chirurgia laparoscopica, complicanza più temibile, cioè con la quale fermare l'emorragia, aspirare il sangue in cavità pelvica e valutare la necessità di enucleare, cioè rimuovere, la cisti (cosa non la torsione dell'ovaio. Si tratta sempre strettamente necessaria). di un'evenienza relativamente rara, che determina uno strozzamento dei vasi ovarici con non si rompe con conseguente ruolo fondamentale lo ha l'e- conseguente "infarto ovarico" accumulo di liquido al suo in- cografia transvaginale. In casi e si manifesta con un dolore terno. Si tratta di solito di cisti sospetti, per differenziare tra acuto che tende a persistere e, piccole, con diametro inferio- patologie benigne e maligne se non regredisce, può portare re ai quattro centimetri, che si (quelle, molto rare, che poten- alla necrosi dell'organo. In quemanifestano solo con modeste zialmente potrebbero sviluppa- sta situazione si deve intervealterazioni del ritmo mestruale re un tumore), può essere d'aiu- nire di solito chirurgicamente. o fastidio addominale. In alcuni to il color-doppler e il dosaggio In qualche altro caso la cisti si casi, però, possono anche rag- dei cosiddetti onco-markers, può rompere. La rottura della giungere i 9-10 centimetri e di- ovvero marcatori tumorali, pro- cisti determina una sintomaventare pericolose. teine, ormoni e altre sostanze tologia simile alla peritonite sintetizzate dalle cellule neo- (dolore addominale diffuso, plastiche che possono segnala- nausea, vomito, ipotensione) Visita ginecologica re la presenza di un tumore o e rende necessario il ricorso ed ecografia, all'intervento chirurgico che, alcune sue caratteristiche. per conoscerle meglio nel caso delle cisti ovariche, avPer la diagnosi iniziale di cisti viene di solito in laparoscopia, follicolari è sufficiente la sem- Intervento chirurgico? tecnica fondamentale (anche plice visita ginecologica. Per Se sono grandi dal punto di vista diagnostico) poter valutare però le caratteri- o in caso di recidive che permette di salvaguardare La maggior parte delle cisti stiche strutturali della cisti e in il più possibile il tessuto ovariparticolare il suo contenuto, la follicolari regredisce sponta- co residuo in modo che possa presenza di papille, lo spessore neamente senza intervento mantenere la sua funzione sia e la regolarità della parete un medico con uno-due cicli me- ormonale sia riproduttiva. Bergamo Salute

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SPECIALITÀ A-Z

PEDIATRIA

Aiuto! Mio figlio non cresce a cura di Marta Odoni

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a perché non cresce come i suoi coetanei?". "E se rimanesse piccolo?". La crescita del proprio figlio è uno degli aspetti di salute che più preoccupa i genitori. Per diversi motivi. Innanzitutto per il timore che ci possa essere qualcosa che non va, una malattia o una disfunzione. Ma c'è anche un'altra paura e cioè che il bimbo rischi di restare basso, anche da adulto. In realtà nella maggior parte dei casi queste preoccu-

pazioni si rivelano infondate, poiché il bambino ha una statura nell'ambito della norma (solo nell'1% dei casi esiste un difetto endocrinologico). In ogni caso è opportuno seguire sempre con regolarità (ogni 6-12 mesi) la crescita dei propri figli, in modo da cogliere tempestivamente i segni di possibili patologie dell'accrescimento che oggi, se diagnosticate tempestivamente, possono essere trattate efficacemente.

Ognuno ha i suoi tempi Il processo di crescita staturale non è sempre graduale e uniforme: esistono periodi in cui risulta accelerato (periodo intrauterino, primo anno di vita ed epoca puberale) e altri in cui è rallentato (dal secondo anno di vita sino al periodo pre-puberale). In età pediatrica la statura è quindi per definizione una misura che varia nel tempo. Per avere un'idea di dove si colloca la statura di un bambino rispetto al resto della popolazione in età evolutiva sono stati creati i percentili di crescita (curva di crescita). La curva di crescita è un grafico, specifico per maschi e femmine ed etnia, che consente di individuare la statura del bambino in base alla popolazione generale, o,

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LA GENETICA CONTA La crescita di un bambino è influenzata da molteplici fattori (ambientali, nutrizionali, endocrinologici), non ultimo la genetica (statura dei genitori). Di solito genitori alti avranno bambini alti e genitori bassi bambini bassi (anche se sono possibili eccezioni). In genere deve esser calcolato il target genetico staturale (obiettivo di crescita in base all'altezza dei genitori) mediante apposite formule. Un ulteriore strumento spesso adoperato dagli endocrinologi per l'inquadramento di una bassa statura è la valutazione dell'età ossea mediante una radiografia della mano e del polso sinistro, che consente di sapere se lo stato di maturazione del bambino è uguale, ritardato o avanzato rispetto all'età effettiva.

secondo il termine tecnico, il suo centile, una specie di classificazione, da 1 a 100, in cui inserire l'altezza del bambino. Ad esempio, un bambino al 75° centile, ha, su 100 bambini della sua stessa età, sesso ed etnia, 25 più alti e 75 più bassi di lui; (da un punto di vista medico è considerata bassa statura al di sotto del 3°percentile, al contrario alta statura al di sopra del 97°percentile). La curva di crescita serve anche a valutare l'andamento della crescita del singolo bambino nel tempo. Un bambino sano, negli anni, si colloca sempre nella stessa zona del grafico ("segue il suo centile"). Se invece, ad esempio, passa nel giro di un anno dal 50°,


è molto bassa, ma la terapia con ormone della crescita riesce a migliorarla. • Displasie scheletriche. Si tratta di severe basse stature riconducibili a malattie ossee congenite. Molte di queste patologie, Quando può essere in cui vari segmenti scheletrici normale... presentano proporzioni non arLa bassa statura può esser defi- moniche (acondroplasia) sono nita normale in due condizioni: trasmesse geneticamente. bassa statura familiare e ritardo • Cause endocrine. Gli ormoni, di crescita costituzionale. in particolare la tiroxina (or• Bassa statura familiare. Si può mone tiroideo), l'ormone della avere in bambini con uno o en- crescita e gli ormoni sessuali, trambi i genitori bassi. La statura giocano un ruolo fondamentale è su percentili bassi, ma rimane sulla crescita, pertanto la loro costante negli anni, con una carenza può ripercuotesi nenormale velocità di crescita. L'e- gativamente. Per diagnosticare tà ossea è simile a quella effet- uno scarso funzionamento deltiva, la pubertà arriva in epoca la tiroide (ipotiroidismo), con normale, la statura finale coin- conseguente ridotta produziocide con la statura bersaglio. ne di tiroxina, è sufficiente un Sono bambini da seguire bene prelievo di sangue. La carenza nel tempo, ma in generale non di ormone della crescita o GH, è necessario alcun trattamento. invece, è una condizione rara • Ritardo costituzionale di cre- e talvolta difficile da dimostrascita e pubertà. È una condi- re: dopo un adeguato follow zione in cui il bambino ha una up e l'esclusione di altre cause, bassa statura e un'età ossea vanno programmati dei test da molto ritardata. In genere il ral- stimolo ormonali e una risolentamento della crescita si ma- nanza magnetica dell'encefalo nifesta verso gli 11-13 anni ma che ricerchi eventuali anomanell'adolescenza viene recupe- lie dell'ipofisi, la ghiandola che rato tutto il ritardo, arrivano fino produce l'ormone. In caso di a una statura finale normale.An- conferma della diagnosi può che in questi casi è necessario essere prescritta la terapia con un attento follow up. ormone biosentetico, ma solo da parte di Centri autorizzati. … e quando patologica È bene, infine, ricordare che Si parla di bassa statura patolo- ogni problema di salute imporgica quando è legata a sindromi tante e che persiste nel tempo dismorfiche, displasie scheletri- (ad esempio l'asma grave, mache, cause endocrine. lattie cardiache, nefropatie, ce• Sindromi dismorfiche. La più liachia e malattie infiammatorie nota è la sindrome di Turner croniche intestinali, del sangue) che colpisce le femmine ed è può causare un ritardo della determinata da un'alterazione crescita, sia dovuto alla malattia cromosomica. La statura finale in sé, sia ai farmaci usati per cu-

al 25°, poi al 10° centile ("perde centili"), è probabile che abbia un problema di salute che ne sta compromettendo la crescita ed è quindi urgente approfondire e intervenire.

Dott.ssa Marta Odoni Specialista in Pediatria UO Pediatria e Neonatologia Policlinico San Pietro di Ponte San Pietro

rarla. Anche una scarsa crescita durante la gravidanza (neonato alla nascita piccolo per l'età gestazionale) può non essere recuperata completamente nei primi anni di vita e causare una bassa statura.

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PERSONAGGIO Oreste Castagna

Così do la carica a nipotini e nonni Nei suoi spettacoli solo messaggi positivi per tutta la famiglia a cura di Lucio Buonanno

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l suo motto è "comunicare emozioni". E da trent'anni Oreste Castagna lo mette in pratica in televisione, a teatro, nei tanti seminari e spettacoli che fa in tutt'Italia. Per i bambini è Gipo Scribantino, il direttore gnomo che al sabato mattina su Rai YoYo riassume tutto quello che accade nel fantabosco durante la settimana. Ma è anche il protagonista tv delle "Storie di Gipo". Un successo strepitoso. Oreste, che incontriamo nella sua casa a Bergamo, però non si è mai montato la testa.«Per me la televisione, il teatro è una terapia per piccoli, anziani e soprattutto per le famiglie. Io cerco di fare arrivare dei messaggi positivi a tutti quelli che mi seguono» spiega. «Il sabato e la domenica mattina alle 9:10 in "Buongiorno con YoYo", cerco di spiegare, in collaborazione con il Ministero alle Politiche Agricole, come ci si può alimentare in modo corretto, naturale, utilizzando soprattutto ortaggi e frutta. Parlo di carote, zucchine, mele e via dicendo. Ne esalto le qualità e come mangiarle. Poi con le "Storie di Gipo" tocco un argomento importante: come stare insieme agli altri, come stare bene con gli altri, in special modo con la famiglia. E i risultati li tocco con mano. Sa quante volte i bambini, anche extracomunitari, mi fermano per strada per dirmi che mi hanno visto in tv e che mettono in pratica i miei consigli alimentari e "men-

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tali" coinvolgendo anche i genitori. Anzi, sono proprio loro che mi ringraziano. Eh sì, la gente sente il bisogno di una vita più naturale». Ma Gipo Scribantino va oltre. Nei suoi spettacoli dà spazio ai portatori di handicap, ma non li tratta mai con commiserazione. Per lui sono come gli altri. «La prima volta che ho portato in tv un ragazzo su una carrozzina mi hanno guardato male, pensavano che non fosse il luogo adatto. Invece lui si è divertito, ha giocato con gli altri bambini che l'hanno accolto senza mai fargli pesare la sua disabilità. Ed è lo stesso quando porto ragazzi che soffrono della sindrome di down». Per i bambini Oreste-Gipo stravede, forse perché non ne ha avuto uno suo. «Ricordo tutte le facce dei ragazzi e delle ragazze della

scuola elementare di Longuelo, quelli della maestra Maura. Sono stati loro le mie cavie» dice quasi commuovendosi. «Era il 1984, esattamente trent'anni. Per me è stato l'esordio assoluto. Insieme abbiamo messo in scena "La nascita dell'uomo". Ancora oggi quei ragazzi, che nel frattempo sono diventati papà e mamme, ricordano quella bellissima avventura. Ogni tanto ne incontro qualcuno con il suo bambino e il pensiero ritorna a quell'esperienza, anzi a quell'esperimento. Da lì è iniziata la mia carriera». Una carriera di successo: teatro, tv, film, doppiaggi fino all'incontro con Papa Francesco che ha voluto conoscere, in occasione della Festa della famiglia nell'ottobre scorso, proprio i protagonisti di Rai YoYo: Oreste Castagna, travestito da Gipo e Greta Pierotti, la fata Ariele. «È stata un'espe-


rienza fantastica, commovente. Non sapevamo che il Papa vede anche il nostro programma. Per lui abbiamo fatto uno spettacolo, poi ci ha ricevuto e abbiamo parlato per una ventina di minuti. Ha voluto sapere come prepariamo la nostra trasmissione, il linguaggio che usiamo per i bambini. E ha voluto vedere anche i miei disegni. Di noi sapeva tutto, anche che io ero separato. E mi ha detto: "So che ha avuto qualche problema". Un incontro eccezionale, davvero commovente». Come commoventi, pieni di energia, speranza e spirito terapeutico sono gli incontri de "L'età dell'oro", progetto che Oreste fa in tutta Italia portando i bambini nelle case di riposo a scoprire i "nonni", le loro storie, le loro realtà. «Entriamo in queste case di cura o di riposo e i bambini adottano subito uno dei "nonni"» spiega. «Cominciano a fare domande e si fanno raccontare le loro storie, bellissime. Così c'è la signora, che spiega come allevava i bachi da seta, un altro che ricorda i suoi anni trascorsi in guerra e racconta, racconta. I

CON LA TEATROTERAPIA RISCOPRI TE STESSO Quello che fa Oreste Castagna è una sorta di teatroterapia perché coinvolge bambini e anziani alla scoperta di se stessi e li aiuta anche a superare situazioni di disagio psicologico. La teatroterapia è una forma di arte-terapia di gruppo che ha cominciato a diffondersi negli anni Sessanta. "Implica l'educazione alla sensibilità e alla percezione del proprio movimento corporeo e vocale" è spiegato nel sito della Federazione italiana teatroterapia. "Agisce attraverso la rappresentazione di personaggi extraquotidiani (principalmente improvvisati) ma implica un minuzioso lavoro preespressivo indispensabile alla creazione di quell'Altro da sé che rende possibile la reazione terapeutica". Ad avvicinarsi alla teatroterapia possono essere persone di qualsiasi età in condizioni di difficoltà psicologica: aiuta a superare la timidezza, ad aumentare l'autostima, a sviluppare le proprie risorse interiori.

bambini ascoltano con entusiasmo. Si creano gruppi: è bello vedere nonni e piccoli lavorare insieme. Poi i bambini disegnano i racconti del "nonno" che han-

no adottato e glielo portano tra abbracci e lacrime. Anche questa è terapia. Per una giornata l'anziano ricorda il suo passato, si risveglia. Ma è positivo anche per i ragazzi che esorcizzano così la vecchiaia, il tema della morte e si rafforzano scoprendo un altro mondo. Spesso i bambini sono troppo viziati e addirittura alcuni non sanno neppure allacciarsi le scarpe. Con questi nostri laboratori e di fronte a temi come questi forse cominciano a riflettere, a pensare e a mettere le basi per una crescita più consapevole e aperta al mondo». Le sue idee Oreste le ha trasformate in realtà anche nelle favelas del Brasile, in Palestina, come testimonial di Emergency per tre anni e ora dell'Avis. «Ma con i bambini bisogna stare molto attenti anche nel linguaggio» dice. «Per noi è una grande responsabilità. Loro credono a quello che diciamo e a come lo diciamo. E allora pesiamo molto le parole». Ora Castagna si sta preparando a un nuovo spettacolo tv, un nuovo "Albero Azzurro", (programma tradotto in 18 lingue che ha avuto tanto successo dal 1989 per una decina di anni su Rai 1 in cui dava la voce a Dodò, l'uccellinobambino protagonista), che questa volta avrà un respiro internazionale. Ci saranno bambini di altri Paesi che esprimeranno i loro desideri. E intanto, tv a parte, con la regista e coautrice Silvia Barbieri continua il suo teatro di denuncia e di sensibilizzazione nei confronti dell'infanzia anche attraverso temi difficili e complessi come i diritti dei bambini, la piaga dei bambini soldati e del lavoro minorile. Bergamo Salute

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IN SALUTE

STILI DI VITA

Aprite le finestre, c'è il radon Un gas radioattivo, inodore, incolore e insapore che si annida nei locali a contatto con il suolo, ma può arrivare fino ai piani alti e provocare tumori ai polmoni a cura di Lucio Buonanno

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rieggiare bene l'appartamento soprattutto se si vive o si trascorrono molte ore al giorno negli scantinati, nelle taverne o in locali a contatto diretto con il terreno. È uno dei consigli dell'ASL per tenere a bada il radon, il gas radioattivo naturale, inodore, incolore, insapore che ogni anno provoca nella sola provincia di Bergamo una cinquantina di decessi per tumore ai polmoni. Un gas che una volta all'aperto si disperde. «Il radon è la seconda causa di tumore polmonare dopo il fumo, anzi è stata dimostrata un'azione sinergica tra fumo e radon» dice il dottor Pietro Imbrogno, direttore dell'Area Salute e Ambiente, Dipartimento Prevenzione Medico dell'Asl di Bergamo.

Dottor Imbrogno da dove arriva il radon? La principale fonte di emissione è rappresentata dal suolo: è infatti quasi costantemente presente nel suolo e nelle rocce in cui sono presenti i suoi precursori: uranio e radio. In quantità nettamente inferiore può anche derivare dai materiali di costruzione delle case. La sua

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Bergamo Salute

penetrazione negli edifici avviene attraverso pavimentazioni e pareti a contatto con il suolo non bene isolate da fratture e fessure o tubature non sifonate o canalizzazioni non sigillate. L'inadeguata ventilazione dei locali, impedendone la dispersione all'esterno, ne favorisce l'accumulo. Nei luoghi chiusi e scarsamente arieggiati, infatti, può raggiungere livelli rilevanti e pericolosi per la salute. Attualmente nelle abitazioni nuove il livello di guardia è sopra i 200 Dott. Pietro Imbrogno Direttore Area Salute e Ambiente, Dipartimento Prevenzione Medico Asl Bergamo

bequerel al metro cubo (ndr. unità di misura dell'attività di un radionuclide indicato come radioattività) e 400 per le case vecchie (500 Bq/mc per i luoghi di lavoro). Ma entro il 2018 questi parametri, come stabilito dall'Unione Europea, diventeranno 300 bequerel senza distinzioni tra luoghi di lavoro e abitazioni.

Ma perché attacca i polmoni? Il rischio è legato all'esposizione per via inalatoria. Le particelle alfa (generate dal decadimento del radon) sono emesse in prossimità dell'epitelio bronchiale (cioè la mucosa che riveste le vie respiratorie, costituendo una barriera di difesa nei confronti dell'aria e dell'ambiente) che purtroppo non offre una suffi-


ciente protezione dalle radiazioni, contrariamente a quanto avviene a livello cutaneo. L'organo maggiormente colpito è proprio il polmone. In Italia la stima del rischio varia tra il 5 e il 16 per cento. Risulta dunque la seconda causa di tumore polmonare dopo il fumo.

una bonifica, varia dai 9 ai 12 mila euro. È la somma che è stata spesa per risanare una scuola riducendo la concentrazione di radon fino al 90 per cento.

E come ci si può difendere?

Ci sono diversi sistemi messi a disposizione dall'ARPA (Agenzia Regionale per la Protezione dell'Ambiente) con apparecchiature sofisticate per misurare il radon per 48 ore, per almeno tre mesi o per sei mesi. I costi vanno dai 65 euro a oltre 300 più IVA. Si pongono dei dosimetri in casa che poi vanno inviati ai laboratori per le analisi. Ma a volte basta soltanto aprire le finestre per evitare ogni rischio. Qualche anno fa abbiamo esaminato la taverna di un signore che aveva deciso di trasformarla in camera da letto. Per due giorni abbiamo monitorato il radon: quando le finestre erano aperte il radon era meno di 200 bequerel, ma appena venivano

L'esposizione al radon negli edifici può essere combattuta alimentando la ventilazione negli ambienti chiusi e limitando la presenza delle persone nei locali in cui la concentrazione di radon risulti più elevata. In alcuni casi si deve anche intervenire sulle caratteristiche costruttive dell'edificio. Le "linee guida per la prevenzione dell'esposizione al gas radon in ambienti chiusi" adottate dalla Regione Lombardia, anche grazie alla collaborazione dell'ASL di Bergamo, rappresentano uno strumento operativo per i Comuni, i progettisti, i costruttori. Schematicamente le tecniche di controllo dell'inquinamento da radon prevedono barriere impermeabili con membrane a tenuta d'aria che isolano così la casa dal terreno; depressione alla base dell'edificio intercettando il radon prima che entri all'interno aspirandolo e poi espellendolo nell'aria; oppure deviando il percorso del radon creando delle sovrappressioni sotto l'edificio.

Ma come si fa a capire se è presente nella nostra taverna, nella cantina o in casa?

chiuse di notte saliva a 1600 per poi ridiscendere la mattina e il pomeriggio appena il locale veniva arieggiato nuovamente.

E qual è la situazione nella Bergamasca? Abbiamo fatto diversi monitoraggi nel 1989-90, nel 1993-2000, insieme con l'ARPA nel 20032006 e nel 2009-2010 mappando centinaia di comuni e decine di scuole. I livelli più alti di radon li abbiamo trovati in Val Seriana e in Val Brembana. La media nella nostra provincia è tra le più alte della Lombardia. Questi dati ci hanno permesso di sollecitare i vari Comuni bergamaschi a intervenire sui regolamenti edilizi per attuare le Linee guida Regionali sulla prevenzione dei rischi da gas Radon. Quindi attenzione al radon, gas invisibile, inodore e incolore che qualche volta si può annidare anche ai piani alti e allora aprite le finestre, fate entrare aria fresca. Basta davvero poco in alcuni casi.

1.050

Quanto costano queste operazioni? Per le nuove abitazioni in fase di progetto si stima circa l'1% del valore della casa. Per le abitazioni esistenti il costo medio per

190 120 50 0 Concentrazione di Radon Bq/m3 nei comuni della provincia di Bergamo

Bergamo Salute

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IN SALUTE

ALIMENTAZIONE

Lo zucchero? Crea dipendenza e fa invecchiare a cura di Elena Buonanno

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o zucchero come le sigarette. Non solo crea una dipendenza da cui è difficile liberarsi paragonabile a quella delle "bionde" ma proprio come il fumo, accelererebbe anche il processo di invecchiamento. Con l'"aggravante" che costa meno e si può trovare dovunque: merendine, gelati, bibite etc. A suggerirlo sono diversi studi scientifici realizzati negli ultimi anni: gli zuccheri, oltre a far male alla linea e ai denti, accelerano gli effetti del trascorrere del tempo, non solo sulla pelle, favorendo la comparsa di rughe e "zampe di gallina", ma nell'intero organismo. «Tutto dipende da un fenomeno chiamato glicazione» spiega il dottor Filippo Ongaro, vicepresidente dell'Associazione Medici Italiani Anti-aging, che da anni si occupa del legame tra cibi e invecchiamento (autore di best seller come "Mangia che ti passa" e "Mangia che dimagrisci"). «Si tratta di una reazione chimica per cui gli zuccheri che si trovano liberi nel sangue (e non sono quindi stati metabolizzati perché in quantità troppo elevate) si legano in modo tossico alle proteine presenti negli organi e tessuti

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del nostro corpo, provocandone un deterioramento e un invecchiamento che, ad esempio sulla pelle, cioè la parte più visibile, si manifesta prima con una perdita di tono ed elasticità poi con le rughe». Da tempo si sa che la glicazione è implicata in malattie come aterosclerosi, diabete, insufficienza renale e reazioni infiammatorie e disfunzioni nell'endotelio (il tessuto che riveste i vasi sanguigni).

Un dolce "pericolo" Ma come fa lo zucchero a diventare da amico e "consolazione" un così temibile nemico della salute? «Quando ingeriamo zucchero o cibi che ne contengono, come ad esempio dolci, snack, biscotti, si verifica un rapido sbalzo di glicemia (cioè la concentrazione di zucchero nel sangue) che costringe il pan-

creas a produrre molta insulina, cioè l'ormone che ha il compito di riportarla nella norma. Se questo accade troppo spesso l'insulina diventa inefficace e si entra in un circolo vizioso con tassi di zucchero nel sangue troppo alti e livelli di insulina sempre più alti per cercare di tenerli a bada. Tutto questo finisce per causare sovrappeso (l'insulina trasforma le eccedenze in materiale energetico di riserva), diabete di tipo 2 (detto anche mellito) e aumento del rischio di molte malattie, da quelle cardiovascolari fino ai tumori». Anche tumori? «Sì, l'insulina è un ormone cosiddetto anabolico (cioè "stimolante") che potenzialmente può stimolare la crescita di un tumore, inoltre la presenza di troppo zucchero nel sangue fa da nutrimento perfetto per la cellula tumorale» continua il dottor Ongaro.

Adriano Merigo Bergamo Salute


Ma quindi dobbiamo rassegnarci a una vita senza zucchero? E non ci sono zuccheri meno Vicepresidente dannosi di altri? «No, andrebdell'Associazione bero ridotti tutti, che si tratti di Medici Italiani Anti-aging zucchero bianco, di canna o anche dolcificanti. Questo non vuol dire eliminarli totalmente, cosa pressoché impossibile, ma Difficile farne a meno consumarli con moderazione e «In più c'è il problema che lo soprattutto limitarne l'uso quozucchero crea una vera e pro- tidiano (anche quello nel caffè), pria dipendenza fisica, per cui concedendoseli solo una volta agli sbalzi glicemici seguono i ogni tanto come premio. Attencosiddetti cali di zucchero che zione poi anche agli zuccheri naspingono a mangiarne altro, e scosti, ad esempio in bevande e soprattutto psicologica. I dolci succhi di frutta, e alla forma con favoriscono infatti il rilascio nel cui vengono assunti. La velocità cervello di dopamina, neurotra- con cui uno zucchero viene assmettitore legato alla sensazio- sorbito dall'intestino e innalza la ne di benessere e piacevolezza glicemia dipende, infatti, anche che, non accumulandosi, porta a dalla presenza di fibra o meno. bergamo salute 190x135 feb14 V3 ok.pdf 1 12/02/2014 Per 12.02.34fare un esempio, tra la frutta mangiare dosi sempre maggiori e più spesso» avverte l'esperto. fresca e un succo di frutta, molto Dott. Filippo Ongaro

meglio la frutta fresca. Essendo ricca di fibra, e non addizionata, come spesso succede nei succhi, di altri zuccheri, innalza la glicemia più lentamente» conclude il dottor Ongaro.

GIÙ IL DOLCE, SU LA MEMORIA Diminuire i livelli di zuccheri nel sangue fa bene al cervello, anche per chi non ha problemi di diabete e glicemia. Secondo lo studio della Charité University Medicine di Berlino pubblicato su Neurology le persone che hanno basse quantità di zuccheri nel sangue hanno meno probabilità di avere problemi di memoria.


IN ARMONIA

PSICOLOGIA

Operazione decluttering Come liberarsi dalle cose inutili e fare spazio in armadi e… mente a cura di Maria Castellano

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uante volte, prima di buttare via un oggetto, avete pensato "meglio tenerlo, potrebbe sempre servire"? La difficoltà a sbarazzarsi di qualcosa, che sia un vestito, un accessorio per la casa, un paio di scarpe, in nome di una sua presunta utilità futura, è un'esperienza molto comune. Talvolta è l'alibi del "potrebbe essere utile" a frenare, altre volte invece è il valore affettivo e rievocativo che alcuni oggetti portano con sé e che rende difficile separarsene. «Queste tendenze, complice la sovrabbondanza tipica di una società consumistica, generano delle lente e progressive invasioni di spazi della casa, dagli ar-

madi pieni di vestiti di qualche taglia fa alle soffitte colme di giocattoli destinati a moltiplicarsi a ogni Natale» dice la dottoressa Roberta Cattani, psicologa. «Tuttavia, secondo una recente indagine, le persone usano realmente soltanto il 20 per cento delle cose che possiedono, mentre il rimanente è da considerarsi superfluo. Ecco allora che il cambio di stagione può rivelarsi un'ottima occasione per fare un po' di ordine e decomprimere gli spazi, attraverso la tecnica anglosassone del "decluttering", che letteralmente significa "eliminare ciò che ingombra"».

Dottoressa Cattani, cosa scatta per cui diventa così difficile separarsi dagli oggetti inutili? La conservazione degli oggetti dipende soprattutto da aspetti psicologici che solo in minima parte hanno a che fare con la reale possibilità di un loro successivo utilizzo. Se infatti questo atteggiamento fosse supportato da un processo decisionale maggiormente razionale, apparirebbe evidente la sproporzione tra l'esiguo numero di occasioni in cui si trae un effettivo beneficio dalla riscoperta di un vecchio oggetto e gli svantaggi che invece derivano dalla costante presenza in casa di una quantità di prodotti che occupano spazio e generano

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Bergamo Salute

disordine. Questo avviene perché, nello scegliere, l'individuo tende inconsapevolmente a servirsi di una strategia cognitiva detta "euristica della disponibilità". Si tratta di una scorciatoia di pensiero che interviene quando si valuta la probabilità di un evento futuro in base alla presenza di un evento analogo in memoria, piuttosto che sulla base della sua probabilità oggettiva. Più semplicemente, se ho ricordo di una circostanza passata in cui si è rivelato utile aver conservato un oggetto, questo tenderà a influenzarmi e a indurmi a non buttare qualcosa anche questa volta, perché sono più portato a considerare il fatto che potrebbe servirmi in futuro. Questo meccanismo risulta poi talvolta potenziato anche da una forma di insicurezza che trova rassicurante poter contare sull'atteggiamento prudente del "potrebbe sempre servire". In altre parole, ogni scelta implica un rischio e quindi una quota d'ansia: scegliere di non buttare un oggetto rappresenta allora per alcune persone una strategia di evitamento e di allonDott.ssa Roberta Cattani

Psicologa a Bergamo


tanamento dell'ansia, perché solleva dal rischio di sbagliare sia che si riveli utile aver conservato l'oggetto in questione sia che questo non accada. Inoltre questo atteggiamento consente di mantenere un "confortante" legame con il passato.

E cosa si può fare per uscire da questi meccanismi e decidersi a fare pulizia?

l'autostima e il senso di autoaffermazione, perché restituisce da subito quella percezione di autoefficacia che nasce dall'essere stati in grado di liberarsi dai propri dubbi. Inoltre si genera un alleggerimento anche mentale, che crea maggiore apertura per nuova energia vitale.

Quando la tendenza ad accumulare, questioni di spazio a parte, Per poter procedere a un'opera- può diventare un problema? zione di decluttering innanzitutto bisogna cercare di valutare l'effettiva utilità degli oggetti nel modo più realistico possibile, rendendosi conto che spesso si tratta di oggetti di cui si può fare a meno poiché rappresentano la semplice estensione dei propri dubbi. Si può procedere gradualmente, partendo da ciò che si considera meno rilevante, per arrivare man mano a eliminare anche gli oggetti da cui risulta più difficile distaccarsi, una volta che si sia acquisita confidenza con il processo. Imparare a liberarsi del superfluo aiuta

Esistono casi in cui si può instaurare una vera e propria patologia, la disposofobia, più nota come accumulo patologico. Si tratta di un disturbo ossessivo caratterizzato dall'estrema incapacità a liberarsi di oggetti inutili e dal loro conseguente accatastamento in quantità così ingenti da arrivare a rendere difficoltoso persino il movimento negli spazi. Ha un'incidenza più alta di quel che si possa pensare (tra il 2 e 5%) ed è stata inserita nella nuova edizione del DSM (Manuale Diagnostico e Statistico dei Distur-

bi Mentali) come entità diagnostica a sé stante, anche se sono frequenti le correlazioni con altri disturbi, come il disturbo ossessivo compulsivo e il disturbo ossessivo compulsivo di personalità. Un aspetto problematico dell'accumulo compulsivo è che in genere non viene riconosciuto da chi ne è affetto ed emerge solo dopo che la persona si è rivolta a uno specialista per altri problemi o quando gli effetti del disturbo pregiudicano severamente la sua capacità di svolgere normali attività e il rapporto con i familiari conviventi.

E come si può guarire? Una terapia dimostratasi particolarmente efficace per questo tipo di disturbo è quella cognitivo-comportamentale, che lavora sulla "ristrutturazione" delle credenze sottostanti l'accumulo e sugli schemi di pensiero che ne favoriscono il mantenimento, oltre che sul potenziamento delle capacità decisionali e organizzative. Al contrario, la semplice rimozione dell'accumulo non risolve mai il problema e può anzi comportare un forte rischio per l'insorgenza di altri disturbi, ad esempio di carattere depressivo. Il cambiamento è dunque possibile e una buona terapia, intervenendo direttamente alla base del disturbo, può dare ottimi risultati. Bergamo Salute

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IN ARMONIA

COPPIA

Amori in chat La rete è senza dubbio un'opportunità per fare nuovi incontri. Attenzione però a usarla con le dovute precauzioni a cura di Elena Buonanno

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empre più persone oggi cercano l'amore in rete. Adolescenti alle prime armi. Single di ritorno. Persone su di età con ancora voglia di mettersi in gioco ma che magari, nella vita reale, non hanno molte occasioni per conoscere nuovi amici. E così, un po' per gioco un po' sul serio, si ritrovano davanti a un computer a sognare un'avventura o, perché no, la storia della vita. «Internet ormai da anni figura tra i primi posti come terreno fertile per incontrare e conoscere, se non proprio l'anima gemella, un compagno con cui instaurare una relazione duratura» conferma la dottoressa Monica Maria Ubiali, psicologa e psicoterapeuta. «Questo nuovo modo di instaurare rapporti e relazioni sta aumentando sempre più, tanto che si calcola che nel 2025 il 30% delle coppie occidentali sarà formato da uomini e donne che hanno avuto il primo incontro in rete».

Dottoressa Ubiali, qual è l'identikit di chi cerca l'amore in internet? In realtà non esiste né una fascia di età più incline rispetto alle altre, né un ceto sociale. Internet attira tutti: uomini, donne, ragazzi e persone più mature. Più che altro si può parlare di diverse tipologie di persone, che per un motivo o l'altro, sono più attratte da questo mezzo per cercare un partner: i sem-

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Bergamo Salute

plici curiosi, gli introversi che si rifugiano in un mondo virtuale per problemi di comunicazione e persone che si servono della chat per riprendere dei contatti dopo un momento difficile, come se fosse una sorta di cura. Per tutti loro internet può essere un rifugio dalla realtà, può consentire di "essere altre persone", può rappresentare la ricerca di un altro che possa ascoltare, con cui potersi confidare, sen-

tendosi più "protetti". L'esposizione al rischio di non piacere all'altro, che è legato alle relazioni tra uomini e donne che si incontrano di persona, viene annullata oppure rimandata a quando la conoscenza diventa più approfondita e si riduce la percezione di non piacere all'altra persona. Inoltre diminuisce l'incertezza, perché si ha tempo di approfondire la conoscenza dell'altro.


Ma non c'è il rischio di "spacciarsi" per chi non si è veramente?

imbarazzo, vergogna). C'è anche il rischio di perdere il contatto con la realtà, con il mondo Psicologo e psicoterapeuta Certo il rischio c'è, ma in alcuni reale che non sempre è luminopresso casi può anche essere una chanso e incoraggiante, ma sicural'Ambulatorio Mazzini ce per presentarsi al meglio, senmente è "vero". Internet e chat di Bergamo za l'intento di ingannare. La chat inoltre non consentono di "vive(ovvero "chiaccherata" on line) re" messaggi non verbali (gesti, infatti consente di giocare con espressioni dello sguardo etc.) la propria identità, di mostrare amori "virtuali", nati grazie all'a- e tutte le informazioni dell'altro solo gli aspetti di personalità ri- iuto di internet, danno la sen- che sono fondamentali in un'intenuti più interessanti e deside- sazione che la relazione che si terazione reale tra due individui. rabili: si sceglie di esporre solo crea sia più controllabile rispet- Infine, queste relazioni virtuali, ciò che viene ritenuto accetta- to alla relazione reale. L'inna- così facili da instaurare e spesso bile e "piacevole" dall'altro, nel morato virtuale crede di sapere "sottovalutate" proprio perché rispetto dei tempi e delle moda- cosa pensa l'altro, si sente capi- non reali, possono mettere a relità di ciascuno. Ci si rivela gra- to, ha la sensazione di conosce- pentaglio anche rapporti veri e dualmente, quando ci si sente re tutto della vita dell'altro, del stabili, un fenomeno allarmante pronti, compresi e si acquista suo passato e del suo presente. e in ascesa. È necessario quinfiducia nell'altro. Tutto ciò con- In realtà spesso inizialmente ci di avvicinarsi a questo potente tribuisce al superamento di si innamora di un'idea, di un so- mezzo di comunicazione con alcune barriere psicologiche gno, riempiendo le caselle vuo- cautela, integrando esperienze che rendono difficoltose le rela- te dell'identità dell'altro con di comunicazione reale, essenzioni nella realtà. Aspetti come parti di sé proiettate. do consapevoli delle risorse la timidezza, l'introversione e e dei limiti che internet può Quali sono i pericoli di una la vergogna vengono superate offrire, in modo da poter utigrazie alla presenza del mezzo "relazione" del genere? lizzare i vantaggi del virtuale I pericoli che possono derivache filtra la comunicazione e e di conseguenza imparare a consente di "socializzare" più re da questa comunicazione migliorare anche le relazioni virtuale sono molti. Spesso l'in- reali, prendendo a prestito la facilmente. contro con la realtà può porta- disponibilità all'ascolto e alla Donne e uomini in chat re alla delusione poiché l'idea condivisione che spesso nelle cercano la stessa cosa? che si ha dell'altro non rispec- relazioni virtuali sembra venire Le donne solitamente cercano chia ciò che è lui veramente ma più "naturale". nuove amicizie, un conforto e è frutto di una un ascolto per condividere le nostra proiezioloro emozioni, un modo per ne, di una nostra soddisfare un bisogno di com- idealizzazione. prensione. Gli uomini invece Altre volte la molto spesso cercano una co- realtà ci mette noscenza che possa passare di fronte a diffirapidamente da virtuale a reale. coltà relazionali che il mezzo di Ma ci si può innamorare comunicazione solo "virtualmente"? virtuale aveva Si può instaurare una sintonia, illusoriamente che poi col tempo e conoscen- cancellato ma dosi anche di persona può sfo- che permangociare in innamoramento. Gli no (timidezza, Dott.ssa Monica Maria Ubiali

Bergamo Salute

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IN FAMIGLIA

DOLCE ATTESA

Donare il cordone ombelicale, una scelta di vita a cura di Elena Buonanno

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o sapevate che il sangue del cordone ombelicale potrebbe rappresentare la speranza di vita per chi è malato di leucemia o altre malattie del sangue? Proprio così. Come fare allora per trasformare questa possibilità in una realtà? La risposta è semplice: basta scegliere di donare il proprio cordone ombelicale. In questo modo le preziose cellule che si trovano al suo interno non verranno "sprecate", come in genere accade, ma, se rispondono a precisi requisiti, potranno essere conservate in banche pubbliche, restando a disposizione di chiunque ne abbia bisogno. Ne parliamo con il dottor Mariangelo Cossolini, responsabile dell'Unità di Coordinamento prelievo/trapianto organi e tessuti della provincia di Bergamo che ha sede presso la direzione medica dell'Ospedale Papa Giovanni XXIII di Bergamo, e Bruna Parisi, coordinatrice ostetrica delle Sale Parto della stessa struttura.

Dottor Cossolini, perché il sangue del cordone ombelicale è così prezioso? Il sangue del cordone ombelicale contiene cellule staminali identiche a quelle presenti nel midollo osseo, cioè cellule emopoietiche in grado di riprodurre globuli rossi, globuli bianchi e piastrine. Queste cellule, facilmente disponibili al momento della nascita di un bambino, possono essere utilizzate in alternativa al trapianto di midollo osseo per la cura di ottanta gravi malattie del sangue, dovute a patologie congenite o acquisite del midollo osseo (malattie tumorali come leucemia e linfomi, patologie non tumorali come talassemia, aplasia midollare, immunodeficienze congenite etc.), le uniche per le quali, per ora, è stata scientificamente documentata un'efficacia clinica.

Ma lo possono donare tutte le mamme? In generale sì, anche se esistono delle situazioni che precludono que-

sta possibilità. In particolare la presenza di patologie materne trasmissibili con il sangue o altre gravi malattie (genetiche, autoimmuni, infettive etc.) e una gestazione inferiore alla 34sima settimana. Anche un funicolo (cioè il cordone che collega feto e placenta) troppo corto può rappresentare una "controindicazione" alla donazione. Ovviamente, donare o no è una scelta della mamma. Per questo, fin dall'inizio della gravidanza, le ostetriche prospettano in modo dettagliato e completo questa possibilità alle coppie di futuri genitori, in modo che possano prendere una decisione consapevole.

Ostetrica Pasini, come avviene il prelievo di sangue? Il sangue placentare viene raccolto, dopo il parto, indipendentemente che sia stato cesareo o naturale, e il taglio del cordone, attraverso una semplice manovra che non comporta alcun rischio né per la mamma né per il bambino ed è del tutto indolore. Mentre la placenta fuoriesce, viene introdotto un ago nella vena ombelicale. La raccolta poi defluisce in una sacca che viene identificata con un codice a barre, con nome e cognome di mamma e neonato e inviata alla banca regionale del sangue (ndr. quella lombarda si tro-


va al Policlinico di Milano) che a sua volta è inserita nella rete mondiale delle banche cordonali. Qui le sacche che rispondono a precise caratteristiche qualitative e quantitative (in media il 15% delle unità raccolte risulta valido per la conservazione), vengono bancate cioè conservate per fini di trapianto. Poi, se soddisfano determinati criteri, vengono imbancati in azoto liquido e conservati per 16 anni e messi a disposizione di qualsiasi ospedale al mondo. Avere quindi una buona quanBruna Parisi Coordinatrice ostetrica Sale Parto A.O. Papa Giovanni XXIII Bergamo

tità di campioni nelle banche significa aumentare non solo la disponibilità ma anche la probabilità di compatibilità. Questo è importante anche per le mamme straniere, sempre più numerose, che hanno un corredo genetico diverso.

Ma non si possosno conservare queste cellule per il proprio bambino? La conservazione del sangue cordonale a uso autologo (cioè per il proprio bambino) non è consentita in Italia perché, al momento, non esistono evidenze scientifiche su un suo impiego a scopo personale. Fanno eccezione alcuni casi specifici per i quali la legge permette una conservazione cosiddetta "dedicata" e cioè quando il nascituro o un suo consangui-

neo di primo grado presenta, o al momento del parto o in epoca pregressa, una patologia per la quale il trapianto di cellule staminali emopoietiche è clinicamente valido o quando nella famiglia c'è il rischio di una malattia geneticamente trasmissibile a futuri figli per la quale il trapianto è una pratica scientificamente appropriata. Per il resto in Italia è possibile donare il sangue del cordone ombelicale solo a scopo solidaristico, a disposizione della collettività. Dott. Mariangelo Cossolini Responsabile dell'Unità di Coordinamento prelievo/trapianto organi e tessuti della provincia di Bergamo

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IN FAMIGLIA

BAMBINI

Disturbi di apprendimento: quali sono i campanelli d'allarme? a cura di Giulia Sammarco

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iguardano il 2,5-3% circa dei bambini in età scolare e si manifestano con un deficit nelle capacità di lettura (dislessia), di scrittura (disgrafia) e di calcolo (discalculia). Sono i Disturbi Specifici dell'Apprendimento (DSA). Troppo spesso, ancora oggi, i bambini che ne soffrono vengono etichettati, a scuola o in famiglia, come svogliati o peggio poco intelligenti, generando in loro disagio e calo dell'autostima. In realtà l'intelligenza non c'entra, anzi. Basti pensare che Leonardo da Vinci e Albert Einstein, considerati da tutti geni

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Bergamo Salute

indiscussi, erano dislessici. Ma come fare a capire se c'è davvero un problema? E soprattutto è possibile intervenire? Lo abbiamo chiesto alla dottoressa Rossana Narcisi, neuropsichiatra infantile, e a Veronica Pesenti, logopedista.

Quali sono i segnali che possono far sospettare un problema di DSA? Premesso che la diagnosi di dislessia e disortografia non può essere formulata prima della fine della seconda elementare (alcuni bambini sono leggermente più lenti di altri nell'acquisizio-

ne della lettura e scrittura), già in prima elementare, all'inizio dell'apprendimento della lettura e della scrittura, si possono rilevare, come indicatori di rischio, segnali importanti che denotano una discrepanza tra le capacità generali del bambino e quelle che riguardano specificatamente l'apprendimento della lettura e della scrittura. ("Il mio bambino è sveglio e abile nelle attività pratiche, è intelligente, allora perché non riesce ad imparare a leggere e a scrivere come gli altri?"). In particolare i genitori devono porre particolare attenzione se il bambino legge molto lentamente sillabando le parole, invertendo lettere o sillabe, oppure legge frettolosamente o tenta di leggere le parole cercando di indovinarle attraverso minimi indizi, con il risultato di "scambiare" una parola per un'altra o pronunciare parole inesistenti, spesso senza correggersi. Anche la scrittura risente di queste difficoltà: scrive una lettera al posto di un'altra, aggiunge o dimentica sillabe o lettere, scambia la posizione di alcune letterine. Per quanto riguarda la discalculia, la cui diagnosi non può essere formulata prima della fine della terza elementare, invece ci sono campanelli d'allarme: il bambino ha difficoltà nel conteggio, dimentica alcuni numeri e in particolare il cambio di decina, fatica a riconoscere i simboli numerici o a scriverli e organizzarli nello


spazio, non riesce a risolvere le operazioni (spesso si aiuta contando con le dita) e i problemi aritmetici che comportino l'analisi dei dati e l'organizzazione del piano di lavoro. Altri aspetti molto importanti sono: ricordare se il bambino abbia avuto difficoltà o ritardo nello sviluppo del linguaggio (se ha parlato tardi e male) e indagare se all'interno della famiglia del padre o della madre ci siano stati casi di difficoltà scolastiche, anche non diagnosticate perchè in passato venivano riconosciute con maggiore difficoltà (da diversi studi è emersa una componente genetica).

I DIRITTI A SCUOLA PER GLI STUDENTI DSA Secondo l'art. 3 della legge 170 del 2010, gli studenti con diagnosi di DSA hanno diritto di usufruire di una didattica individualizzata e personalizzata e di appositi provvedimenti dispensativi e compensativi nel corso dei cicli di istruzione e formazione e negli studi universitari. Per misure compensative si intendono strategie o strumenti, informatici e non, che hanno lo scopo di compensare il disturbo, dando un aiuto ai bambini e ai ragazzi in quelli che sono i loro punti di debolezza (ad esempio il pc, la sintesi vocale, la calcolatrice, la tabella delle formule, la tavola pitagorica, l'utilizzo di mappe concettuali o mentali e cartine durante le interrogazioni, il dizionario digitale, una diversa presentazione delle modalità di verifica etc). Sono invece misure dispensative: gli esercizi più corti, evitare la lettura a voce alta, ridurre i compiti a casa, evitare l'apprendimento mnemonico etc..

e quindi diagnosticare un eventuale DSA. In questi ultimi anni, tra l'altro, è stata promulgata una legislazione sui DSA che prevede specifiche iniziative per far sì che vengano meglio definiti i Se si nota qualche passi e i criteri che portano alla "anomalia", a chi diagnosi. La diagnosi non è un Ma quindi il bambino ci si deve rivolgere? semplice atto burocratico che A un centro di neuropsichiatria dovrebbe essere seguito sancisce il diritto a tutele (vedi infantile, pubblico o privato ac- da diversi specialisti? box), ma un processo di comSì. Il ruolo dei diversi professiocreditato, dove un'equipe mulprensione delle caratteristiche tidisciplinare costituita da neu- nisti è fondamentale all'interno del bambino, che indirizza alla ropsichiatra infantile, psicologo dell'équipe multidisciplinare: creazione di un progetto per la e logopedista possa valutare il solo il neuropsichiatra e/o lo crescita delle sue competenze, bambino sotto diversi aspetti psicologo possono somministra- costruito secondo le sue speci(cognitivo, psicologico e logo- re test che valutano il quoziente fiche caratteristiche e in stretta pedico), per dare una spiega- intellettivo e le abilità del bam- collaborazione con le insegnanzione alle difficoltà presentate, bino, valutare aspetti neurologi- ti e con la famiglia. formulare, se necessario, una ci, indagare e analizzare aspetti Dott.ssa Rossana Narcisi diagnosi e definire un eventua- psicologici e ambientali e infine le trattamento. I DSA infatti non formulare una diagnosi. A tutSpecialista in Neuropsichiatria si risolvono con l'esercizio, ma to ciò non può però mancare infantile presso lo con un intervento riabilitativo l'apporto del logopedista, che si studio di Psicologia personalizzato sulle caratteristi- occupa di un'approfondita vaRelazionale di Mozzo che del bambino. È importante lutazione delle competenze linricordare che in genere i bam- guistiche e degli apprendimenti bini sono entusiasti di andare a (è importante verificare se il diDott.ssa Veronica Pesenti scuola e imparare la lettura e la sturbo di apprendimento derivi scrittura, strumenti che li fanno o no da un pregresso disturbo di Logopedista diventare grandi e autonomi. Se linguaggio). Grazie alle diverse presso lo studio ciò non avviene, bisogna inda- competenze integrate di queste di Psicologia Relazionale gare per capirne il motivo ed figure è possibile costruire un di Mozzo aiutarli a vivere serenamente la quadro completo delle compescuola affrontando le proprie tenze e difficoltà del bambino difficoltà. Se precocemente diagnosticati e aiutati, possono ritrovare la loro serenità nei confronti del loro percorso scolastico, evitando così continue frustrazioni e quotidiani sentimenti di inadeguatezza.

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ALTRE TERAPIE

RUBRICHE

Fai il pieno di magnesio! a cura di Maria Castellano

U

n alleato contro stress, sbalzi d'umore, stanchezza, difficoltà di concentrazione, crampi muscolari. Ma anche in momenti "delicati" della vita come la gravidanza o la menopausa. No, non parliamo di un nuovo farmaco "miracoloso", ma del magnesio, un oligominerale essenziale per la salute fisica e mentale. Eppure ben il 20% degli italiani ne risulta carente. Come rimediare? Lo abbiamo chiesto alla dottoressa Marianna Messa, biologo nutrizionista.

Dottoressa Messa, perché il magnesio è così importante? Il magnesio agisce come modulatore degli impulsi nervosi e muscolari, aiuta a mantenere ossa e denti forti, è fondamentale nei processi che producono energia per l'organismo. L'efficacia di centinaia di reazioni biochimiche che ci tengono in salute e favoriscono la vitalità quotidiana dipende dal magnesio. Infine aiuta a regolarizzare ipertensione e colesterolo. A causa delle molte funzioni che svolge, una sua carenza (la dose consigliata per un adulto sano è di circa 300 – 400 mg) può favorire sintomi che insorgono progressivamente: stanchezza fisica e mentale, ansia, depressione, sbilanciamento dei livelli

di zucchero nel sangue, spasmi e crampi muscolari, battiti cardiaci irregolari, aumento della pressione arteriosa, stitichezza, sindrome pre-mestruale, sbalzi di umore, gastriti, fragilità ossea, calcoli renali e tanti altri.

Per quali motivi si può andare incontro a una carenza? Innanzitutto per una scorretta alimentazione (il magnesio non può essere prodotto dal corpo, ma deve essere integrato col cibo). Fattori che possono ridurne al minimo l'assorbimento sono in particolare l'eccessivo consumo di alimenti raffinati (pasta, merendine, cibi pronti etc.), alcool, caffè, bevande gassate, zucchero e sale. Anche lo stress contribuisce a bruciarne le riserve. Infine alterazioni della flora batterica e il malfunzionamento intestinale possono determinare un insufficiente assorbimento di questo minerale. Diagnosticare una carenza di magnesio con esami è difficile: il magnesio, infatti, si trova per il 99% all'interno delle cellule e solo l'1% nel sangue. Per questo è importante prestare attenzione ai "sintomi", senza paura di sovradosaggio. Se assunto con gli alimenti è totalmente sicuro: quando in eccesso, l'organismo trattiene il necessario, eliminando il resto.

INTEGRATORI? SOLO IN SITUAZIONI PARTICOLARI Gli integratori, come ad esempio il cloruro di magnesio, in alti dosaggi, possono dare effetti collaterali come diarrea e crampi addominali. Meglio optare per forme come il magnesio pidolato, maggiormente biodisponibili, limitando l'assunzione a condizioni particolari come stress prolungato, malattie croniche debilitanti, con nervosismo e ansietà, pesanti attività fisiche prolungate (sport o lavoro), età avanzata, gravidanza e allattamento.

Ma quali sono i cibi più ricchi di questo minerale? Gli alimenti con maggior contenuto di magnesio sono quelli di origine vegetale (possibilmente crudi in quanto l'esposizione alle alte temperature favorisce la perdita fino al 70% di quasi tutte le sostanza nutritive). Tra queste verdure a foglia verde, semi di zucca, germogli di soia, noci del Brasile, riso, carciofi, datteri, cacao in polvere, semi oleosi (mandorle, noci, nocciole), legumi. Anche cereali integrali e pesce sono una buona fonte. Attenzione però: bisogna sempre variare il più possibile, consumando tutti i giorni abbondanti quantità di frutta e verdura (almeno 400 grammi al giorno), usando questi cibi come "integratori". Dott.ssa Marianna Messa

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Al fine di poter valutare le condizioni e le anomalie presenti sul cuoio capelluto e sui capelli è necessario un controllo approfondito durante il quale tutte le persone che ne hanno fatto richiesta saranno informate sulle condizioni dei propri capelli su come prevenire la caduta e rispristinare le condizioni favorevoli alla loro crescita. Il primo nemico da eliminare è rimandare da oggi a domani, con il rischio di diventare sempre più diradati e sentirsi dire dai nostri tecnici che non c’è più niente da fare. Telefonare oggi stesso per fissare un appuntamento presso la sede dell’Associazione Tricologica Svenson Italia a Voi più vicina, è il primo passo per fare qualcosa di serio e concreto per fermare la caduta ed ottenere una presenza estetica migliore.

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RUBRICHE

Grasso o acqua? Te lo dice l'impedenziometria

Un esame prezioso prima e durante la dieta, per verificare il reale dimagrimento a cura di Maria Castellano

A

una prima occhiata può sembrare una "semplice" bilancia. In realtà è molto di più. Oltre al peso infatti è in grado di fornire una serie di informazioni importantissime per "calibrare" al meglio diete e percorsi di dimagrimento. È l'impedenziometro, strumento oggi sempre più utilizzato. «Gli impedenziometri di nuova generazione permettono in pochi secondi di ottenere una fotografia attendibile e precisa della costituzione del paziente, a partire dalla quale si può studiare un'alimentazione che risponda davvero alle sue esigenze e caratteristiche» spiega la dottoressa Cristina Robba, nefrologa esperta in nutrizione clinica. «In particolare è possibile misurare la percentuale di massa magra

e massa grassa, ma soprattutto l'indice di grasso viscerale addominale (quello più pericoloso per il rischio cardiovascolare), la quantità di acqua presente nel corpo, il tipo di costituzione ossea, il metabolismo basale e il peso ideale. Inoltre è utile per valutare l'andamento ed efficacia della dieta ed eventualmente "tararla" ulteriormente in modo sempre più mirato».

Non basta il peso per capire se la dieta funziona? Il peso sicuramente è un parametro importante, ma da solo può essere fuorviante. Spesso ad esempio, soprattutto all'inizio di una dieta, i chili che si perdono sono di acqua e non di massa grassa (falso dimagrimento). In alcune condizioni in cui il ricambio idrico risulta alterato (gravidanza, ritenzione idrica, insufficienza renale, uso di diuretici nella terapia dell'ipertensione arteriosa,disfunzioni surrenaliche etc.) invece è possibile che, pur avendo una perdita di massa magra, il peso rimanga stabile a causa dell'aumento di acqua. In tutte queste situazioni l'impedenziometria permette di verificare con precisione se la perdita di peso è attribuibile a una reale perdita di massa grassa e non di liquidi o massa magra-muscoli (cosa che succede ad esempio nelle diete non equilibrate in cui

l'organismo invece di perdere il tessuto adiposo come dovrebbe fare, brucia la massa magra).

Ma come fa a misurare tutto questo? L'impedenziometria si basa sul dato fisico che l'acqua è un buon conduttore di corrente elettrica, mentre il grasso è un isolante quasi perfetto. Poiché la massa magra è costituita prevalentemente da acqua, determinando il contenuto di acqua dell'organismo, è possibile risalire al contenuto di massa magra, e di conseguenza a quello di massa grassa.

E come si svolge l'esame? Con gli apparecchi medicali più moderni, il paziente viene fatto salire, a piedi nudi e asciutti, su una pedana metallica. Attraverso i piedi e le mani viene trasmessa una corrente elettrica a bassa intensità del tutto innocua e l'impedenziometro misura la resistenza che il corpo oppone (impedenza). Tramite l'utilizzo di appositi software, si arriva a calcolare la composizione corporea del paziente. Dott. ssa Cristina Robba Responsabile Ambulatorio Nutrizione Clinica Policlinico San Marco di Zingonia

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ANIMALI

Coniglio nano, un amico a 4 zampe "inaspettato" Miniguida per prendersi cura di questo animale, sempre più diffuso nelle case italiane a cura di Viola Compostella

«T

empo fa sarebbe stato assurdo, quasi ridicolo, pensare che un coniglio, noto protagonista di ricette di cucina, potesse diventare uno dei più diffusi animali da compagnia. Per fortuna le cose sono cambiate! Sono sempre di più infatti le famiglie che decidono di godere della compagnia di questo nuovo pet. E ne sono entusiaste». Chi parla è la dottoressa Milena Martinelli, medico veterinario. «Gli indubbi vantaggi che il coniglio da compagnia offre sono la facile gestione, la docilità e l'affetto che dispensa in modo del tutto sovrapponibile ad altri pet più "famosi". La diffusione del coniglio come pet ha favorito il formarsi di siti internet, articoli e riviste dedicate contenenti un sacco di informazioni sulla gestione. Ma non sempre le notizie contenute in questi siti sono corrette». Cerchiamo allora con l'aiuto dell'esperta di capi-

re che esigenze specifiche ha questo simpatico animaletto e cosa fare per prendersene cura al meglio.

Dottoressa Martinelli, cominciamo con l'alimentazione: quali sono i cibi più adatti per il coniglio? Non bisogna dimenticare che il coniglio è un erbivoro stretto e che, in quanto tale, deve mangiare prevalentemente erba fresca ed erba secca. Per erba fresca si intendono tutte le verdure "amare" vale a dire radicchi (trevigiano, Chioggia, Milano), catalogna e cicoria dei prati (comprensiva di fiore se possibile). Vanno evitate, invece, le verdure dolci come lattuga e lattughino, insalatina tenera etc. Questo tipo di insalate infatti hanno una composizione in sali minerali povera che finisce con il "denutrire" le ossa del nostro coniglio. Per

erba secca si intende ovviamente il fieno che va posto nella rastrelliera e non libero nella gabbia. Ne esistono diversi tipi con caratteristiche nutrizionali diverse. Per scegliere quelli migliori basta annusarli, sono molto profumati e non sanno affatto di muffa. Attenzione al fieno di erba medica che va somministrato in modica quantità perché ricco di calcio, minerale utile nella crescita del coniglietto cucciolo ma che può favorire la formazione di calcoli vescicali nell'adulto. Il pasto giornaliero del nostro coniglio deve inoltre comprendere una piccola quota di mangime pellettato (cioè composto da pellets, piccoli cilindri di mangime pressato) di buona qualità ovvero composto da fieno, erbe, foraggi e pochi cereali, non contenente semi. Per quanto riguarda l'acqua da bere bisogna avere cura di scegliere un'acqua leggera poco calcarea sempre per evitare il formarsi di calcoli vescicali.

Ma quante volte al giorno deve mangiare? Il magime va diviso in due pasti durante la giornata. In più non deve mai mancare il fieno nella rastrelliera. La quantità di cibo, ovviamente, varia a seconda dell'età.

Passiamo ora all'allestimento della gabbia. Come deve essere per ospitarlo al meglio? Innanzitutto deve avere dimensioni adeguate. Questo significa che il coniglio deve potersi allungare comodamente e fare qualche passo. La lettiera da porre sul fondo dovrebbe essere

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ANCHE LUI SCODINZOLA DI GIOIA! Il coniglio, in apparenza può sembrare un animale schivo e incapace di manifestare le proprie sensazioni, come invece fanno ad esempio cani e gatti. Il fatto è che per natura è una preda e quindi prima di dare confidenza, bisogna conquistarsi la sua fiducia, avvicinandosi a lui con movimenti lenti e fluidi o aspettando che sia lui a cercare il contatto. Fondamentale poi è imparare a riconoscere il suo modo di comunicare. Anche il coniglio, infatti, esprime in modo "visibile" le sue emozioni. Se corre per la stanza, saltellando vuol dire che è felice. Se ti dà colpi con il muso è probabile che voglia delle attenzioni. Se invece scodinzola vuol dire che è infastidito per qualcosa. Tutto sta nell'imparare a "interpretarlo".

costituita da pellets di segatura o, meglio, di carta riciclata, ottima dal punto di vista igienico. È buona norma anche mettergli a disposizione all'interno della gabbia dei giochi per tenerlo impegnato durante la giornata. A questo scopo si presta molto bene il tubo di cartone che si trova all'interno di carta igienica e rotoloni che, essendo fibra, non è pericoloso nemmeno se ingerito.

E per la sua salute? Che accorgimenti e regole bisogna seguire? Il coniglio deve fare la profilassi vaccinale annuale contro le due malattie più diffuse e pericolose, la malattia emorragica virale e la mixomatosi. È importante comunque fare una visita semestrale oltre quella comprenden-

te il richiamo, per controllare lo stato di salute del nostro amico, in particolare lo stato dei denti. Le patologie dentali, infatti, vanno diagnosticate il più precocemente possibile in modo da evitare l'insorgenza di sintomi, cosa che rende più difficoltosa la risoluzione e più lungo il recupero funzionale. È vivamente consigliata infine la sterilizzazione precoce sia del maschio sia della femmina per rendere più accettabile la vita in cattività e prevenire la formazione di tumori a utero e testicoli. Dott. ssa Milena Martinelli

Medico Veterinario a Leffe


STRUTTURE

HABILITA RSD ALBINO

Al via il Progetto Leonardo... per andare oltre l'assistenza a cura di Viola Compostella

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costantemente aggiornata, poi, vengono definite le diverse necessità e il tipo di intervento che gli operatori presenti nella struttura sono chiamati a fornire, sempre con un unico fine: garantire una qualità di vita il più possibile elevata, considerandone i peculiari bisogni psichici, fisici e sociali, attraverso un'assistenza qualificata e continuativa, in collaborazione con la famiglia e i servizi del territorio.

terventi socio-educativi e riabilitativi dei disabili che dimostrano un buon potenziale cognitivomotorio, per cui è stata allestita una sezione indipendente di 8 posti letto. I candidati saranno valutati dall'équipe di struttura per poter individuare un gruppo di ospiti omogeneo per potenzialità funzionali residue».

In linea con quanto suggerito dalla legge quadro 5/02/92, infatti, solo attraverso una corretta «A seguito dell'accreditamento, ed esauriente "diagnosi funzioda parte di Regione Lombardia, nale", è possibile definire il prodi 8 posti letto aggiuntivi agli filo globale della persona nelle attuali 35, Habilita, come sem- sue sfaccettature cognitive, copre sensibile alle richieste e ai municative, interpersonali, sobisogni del territorio, ha deciso ciali, motorie, percettive, ludiche di ottimizzare i locali e le risorse ed espressive. della struttura per realizzare un Ogni progetto individualizzato progetto pilota finalizzato a con- contemplerà: servare, stimolare, incentivare e • recupero funzionale delle abipotenziare la sfera delle attività lità residue (igiene personale, funzionali delle persone portatri- abbigliamento, alimentazione, ci di fragilità» spiega Ivano Ven- linguaggio) per il raggiungimenturini, Direttore della struttura. to o il mantenimento di un mi«Il Progetto, denominato "Leo- nimo di autonomia; nardo", intende potenziare gli in- • adattamento funzionale degli organi e apparati interessati, tramite un percorso riabilitativo studiato "ad personam"; • bilanciamento comportamentale tramite il recupero di un'accettabile qualità della vita mediante il rispetto delle regole sociali; • prevenzione e contenimento delle regressioni funzionali, tramite il monitoraggio dell'evoluzione della disabilità e dei fattori di rischio.

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R

idurre o contenere le cause che creano e mantengono l'emarginazione e favorire lo sviluppo delle autonomie personali, sociali e delle capacità specifiche di ciascuno, superando così la logica assistenziale. È questo l'obbiettivo del Progetto Leonardo, appena partito presso l'Habilita RSD Albino (struttura protetta, che si colloca all'interno del sistema delle unità d'offerta sociosanitarie lombarde che afferiscono alla Direzione Generale Famiglia e Solidarietà Sociale) che accoglie soggetti (dai 18 ai 65 anni) con gravi o gravissime limitazioni dell'autonomia funzionale, impossibilitati a rimanere temporaneamente o permanentemente nel proprio nucleo familiare e quindi bisognosi di un supporto assistenziale specifico e di prestazioni sanitarie continue. Qui, al momento dell'ingresso, l'ospite viene valutato in base alle caratteristiche medico-sanitarie, educative e assistenziali. Dalla valutazione


Tutto si concretizzerà mediante attività e interventi in diverse aree: cognitiva, motoria, relazionale, espressiva e artistica, pratico-manuale; dell'autonomia personale; area ricreativa. Durante il progetto gli ospiti saranno ospitati in un'ala appositamente dedicata all'interno della residenza sanitaria, con un salone comune, una sala informatica e una polifunzionale per lo svolgimento di attività educative ad hoc, caratterizzata da attente scelte anche cromatiche, con pareti in tinta pastello monocromatica, per favorire il rilassamento e il recupero delle funzioni attentive e cognitive. «Il nostro Progetto intende essere una risorsa per tutti i fruitori del servizio (ospiti, loro familia-

ri, enti locali, amministratori di sostegno e tutori)» conclude Umberto Bonassi, direttore sanitario. «I membri dell'équipe multidisciplinare con professionalità mediche e cognitivo-riabilitative coopereranno in base alle loro competenze, al fine di raggiungere un elevato grado di benessere

psicofisico e sociale. In particolare saranno messi a disposizione degli ospiti sia competenze mediche (neurologo, cardiologo, internista, fisiatra) sia di tipo riabilitativo, non solo sul versante motorio ma anche su quello cognitivo (psicologo, fisioterapista, educatore)».

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CENTRO MEDICO M.R.

L'ernia del disco si può curare (anche) con la chiropratica Un recente studio ha dimostrato l'efficacia di questa terapia manuale per trattare uno dei disturbi articolari più frequenti a cura di Viola Compostella

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indichino come terapia valida e consigliabile solo in un ristretto e selezionato numero di casi. Quale strategia adottare allora? «La chiropratica può essere la corretta soluzione perché ricerca le cause degli squilibri funzionali che provocano problemi alla colonna vertebrale e va a lavorare quindi all'origine del problema» suggerisce il dottor Andrea Clementoni, chiropratico laureato in Usa e responsabile dell'ambulatorio di chiropratica presso il Centro Medico di Gorle-Bergamo. «Attività lavorative, sedentarietà, posture scorrette, stress, incidenti, attività sportive inadeguate possono causare la perdita della fisiologica mobilità della colonna vertebrale, provocando irritazione, schiacciamento di nervi e disfunzioni dei dischi intervertebrali e del sistema nervoso. Il chiropratico interviene con metodiche indolori per ripristinare il naturale allinea-

UN PROBLEMA TIPICO DI CHI È SEDENTARIO L'ernia del disco si manifesta quando il contenuto del disco intervertebrale, cioè il "cuscinetto" cartilagineo che si trova tra una vertebra e l'altra e funge da ammortizzatore, esce dalla sua sede naturale e va a schiacciare le terminazioni nervose vicine (della schiena ma anche la radice del nervo sciatico, cioè il nervo che partendo dalla zona lombare si estende fino al piede attraversando tutta la gamba). Questa compressione dei nervi provoca un'infiammazione e quindi dolore. La cosa fondamentale, non solo in chiave preventiva ma anche quando il problema si sia già manifestato, è correggere la postura. Alla base dell'ernia infatti nella maggior parte dei casi c'è un'alterazione posturale, per cui le vertebre non sono più in asse e in equilibrio. In genere questa alterazione è dovuta all'eccessiva sedentarietà. Contrariamente a quanto si pensa infatti l'ernia non è una patologia tipica degli sportivi, ma di chi sta troppo seduto, e male, sia per lavoro sia nel tempo libero.

mento e mobilità della colonna vertebrale, riducendo i dolori articolari e ristabilendo il corretto funzionamento di muscoli, nervi, dischi intervertebrali e del sistema nervoso. In modo del tutto naturale: senza utilizzare farmaci» continua l'esperto che ha recentemente presentato al Congresso Mondiale sul mal di

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E

rnia del disco? Alcuni si affidano ai farmaci antiinfiammatori, che quando funzionano agiscono solo sui sintomi, senza contare che spesso hanno effetti collaterali e comunque non possono restituire alle vertebre della colonna la loro normale mobilità. Altri aspettano che il problema si risolva da solo e così ne favoriscono l'aggravamento. Altri ancora pensano che l'unica soluzione sia la chirurgia, nonostante ormai le linee guida la


schiena di Dubai i risultati di una ricerca clinica, condotta a Bergamo, proprio sull'efficacia di questo tipo di terapia.

Di che tipo di ricerca si tratta? Lo studio, che è stato approvato dalla Regione Lombardia e condotto presso il Centro Medico M.R. in team con lo staff medico, aveva come obbiettivo valutare l'efficacia del trattamento con chiropratica in pazienti con lombalgia e sciatica in presenza di ernia del disco già trattati senza successo con antinfiammatori e cortisone. I risultati sono stati molto incoraggianti: in oltre l'85% dei casi si è avuta eliminazione o rilevante riduzione dei sintomi, con miglioramento della capacità di svolgere le attività quotidiane, riduzione o elimina-

La chiropratica, il cui nome deriva dal greco cheir (mano) e praktikè (pratica), è una disciplina che cura diversi disturbi con specifiche manovre manuali sulle vertebre e su altre strutture osteoarticolari. Nasce negli Stati Uniti nel 1895, grazie a Daniel David Palmer che, con un aggiustamento manuale, restituì l'udito a un uomo diventato sordo in seguito a un trauma alla spina dorsale.

zione dei farmaci antinfiammatori, riduzione del rischio di chirurgia dell'ernia del disco. Oggi anche in Italia i medici di base, e molti fisiatri, ortopedici e neurochirurghi comprendono l'apporto che il chiropratico può offrire nel trattamento di molte problematiche neuro-muscoloscheletriche anche conseguenti a traumi o incidenti. Sempre più

medici, come avviene da tempo in altri Paesi stranieri, inviano pazienti al chiropratico per dolori articolari, torcicollo, cefalea, sindromi vertiginose e anche in presenza di ernia del disco cervicale e lombare.

Ma in cosa consiste il trattamento? Si utilizzano tecniche manuali altamente specifiche, ma si adottano anche tecniche non manipolative (craniali, miofasciali e sui punti meridiani). Il trattamento, che si svolge su lettini speciali per chiropratica importati dagli Usa, dà spesso istantaneo sollievo, sciogliendo le tensioni muscolari ed eliminando la pressione dai nervi e dai dischi intervertebrali. I tempi di recupero dipendono dalla cronicità del problema.

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IN FORMA

FITNESS

Il tango? Fa bene al cuore e alla mente... a cura di Alessandra Perullo

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antiene sano il cuore, riduce lo stress, migliora l'umore. È il tango, leggendaria danza della seduzione, recentemente proclamata dall'Unesco Patrimonio dell'Umanità, che sta vivendo oggi una seconda giovinezza. Non solo come forma d'arte, ma anche per le sue virtù terapeutiche. «Il tango offre moltissimi benefici a livello psicofisico» conferma il ballerino e istruttore di tango Bruno Calvo. «Dal punto di vista fisico migliora la postura e il tono muscolare generale, favorisce la tonificazione di glutei, addominali e arti inferiori, dona maggiore elasticità alla schiena e, non da ultimo, ha effetti benefici sull'apparato cardiocircolatorio. Da quello psicologico, ha un'influenza sorprendente sulla sicurezza individuale: chi si avvicina al tango, si avvicina anche alla propria intimità».

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Un toccasana a tutte le età A dire che il tango fa bene non sono solo i sempre più numerosi appassionati, ma la scienza. Ricerche condotte a Buenos Aires, ad esempio, suggeriscono che ballare il tango è un esercizio fisico paragonabile, in termini di consumo di ossigeno e di calorie, al nuoto, a una camminata a 3,5 km all'ora o a una lenta pedalata in bicicletta, e può indurre cambiamenti favorevoli nel sistema cardiorespiratorio. Altri studi ne hanno invece dimostrato i benefici sull'apparato muscolo-scheletrico, in particolare sulla stabilità dei movimenti e sull'equilibrio, al punto che in alcuni ospedali questa danza viene utilizzato come vera e propria terapia in percorsi di riabilitazione. Ballare tango quindi può essere un'attività non solo piacevole ma anche utile ad esempio per gli anziani per ridurre il rischio di cadute e persino per chi è affetto dal morbo di Parkinson: praticare con regolarità questo tipo di danza aiuterebbe a ritardare gli effetti tipici di questa malattia neurodegenerativa, a evoluzione lenta ma progressiva, che coinvolge principalmente alcune funzioni di controllo dei movimenti e dell'equilibrio. Il segreto? È racchiuso nella necessità di compiere un preciso movimento: il corpo deve eseguirlo attivamente sfruttando cambi di peso e di direzione, torsione del

Bruno Calvo Ballerino e istruttore di tango presso la palestra Sportpiù di Bergamo

busto, passi sia in avanzamento sia in arretramento, pause e accelerazioni. "Passi" che aiutano a realizzare un costante miglioramento dell'equilibrio, della postura e della qualità del movimento. Fin qui i benefici per il corpo. E per la mente? Oltre a favorire la socializzazione e a migliorare l'autostima, pare sia uno dei modi più efficaci per ridurre i livelli di stress, ansia e depressione. Inoltre sembra in grado di incrementare le capacità cognitive a tutte le età: il pensiero creativo, come quello che si attiva necessariamente quando si improvvisano i passi di un ballo (il tango si basa sull'improvvisazione) scegliendoli in sincronia con la musica, "rafforza" le connessioni neurali compensando così la perdita di cellule causata dall'invecchiamento, come fosse una sorta di ginnastica UN PO' DI STORIA ll tango nasce alla fine del 1800 in Argentina, grazie alla migrazione europea e africana in Sudamerica. Espressione popolare, ballata nei quartieri poveri ed emarginati, unisce in sé stimoli ed elementi diversi: la payada (forma di poesia popolare), l'habanera (danza di origine cubana dal tempo binario e ritmo simile al tango), la milonga, il candombe (danza tipica dei neri e simile al tango per la forte carica di sensualità e per il contatto tra i corpi). Nel Novecento approda in Europa, dove viene riadattato e "depurato" da alcuni passi ritenuti troppo "indecenti".


mentale. Senza contare i benefici che una danza così sensuale può avere sulla vita e la sintonia di coppia (ovviamente se ballato con il proprio partner). Ma quante volte bisognerebbe ballare? «Non esiste una regola. Più lezioni si riescono a frequentare meglio è» suggerisce Calvo.

LE SEQUENZE BASE Il tango si compone di una serie di sequenze base da cui si sviluppa l'improvvisazione. Tra queste le più importanti sono: • la camminata, che rappresenta la base del tango; • la salida basica, una sequenza didattica di otto passi; • la cadenza, che consiste nel tenere il ritmo sul posto; • il giro, in cui l'uomo e la donna girano camminando attorno all'asse della coppia; • il molinete, in cui l'uomo guida la donna in un giro attorno al proprio asse.

Passione e improvvisazione "Il tango è coppia: cinquanta per cento uomo e cinquanta donna, anche se il passo più importante, l'"otto", che è come il cuore del tango, lo fa la donna. Nessuna danza popolare raggiunge lo stesso livello di comunicazione tra i corpi: emozione, energia, respirazione, abbraccio, palpitazione. Un circolo virtuoso che consente poi l'improvvisazione". Questo è il tango secondo Miguel Ángel Zotto, tra i più grandi ballerini di

tutti i tempi. «Essendo un ballo basato sull'improvvisazione, l'unica regola è il rispetto: l'uomo comanda e la donna propone. ll tango è istinto: non bisogna pensare, ma lasciarsi trascinare dalla musica e dalla passione» conti-

nua Calvo. Ballare bene, quindi, è questione di sintonia? «La sintonia di coppia è la base da cui si sviluppa il dialogo tra i partner e con la musica. La posizione di ballo non a caso è un abbraccio frontale più o meno asimmetrico, a seconda dello stile, in cui l'uomo con la destra cinge la schiena della propria ballerina e con la sinistra le tiene la mano: nel tango il contatto è importantissimo ed è l'ostacolo principale da superare, quando ci si avvicina a questa disciplina. Spesso, purtroppo, non si ha il coraggio di mettersi in gioco con questo tipo di danza, perché risulta troppo intima e non alla portata di tutti, ma, una volta superata la timidezza, ci si rende conto di quanto grande siano l'energia e la sicurezza che si riescono ad acquisire grazie a essa» conclude il ballerino.

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BELLEZZA

Acne, tra falsi miti e verità Non colpisce solo i giovani e non è causata da cioccolato e salame, come di solito si pensa. Le cure? Dalle creme specifiche al laser a cura di Viola Compostella

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rmai gli studi l'hanno dimostrato.Tra alimentazione e acne non c'è nessun legame, come invece molti ancora pensano. Vietare, come si faceva una volta, il cioccolato o il salame non solo è inutile ma può rivelarsi persino controproducente. Le privazioni, infatti, possono aumentare il tasso di stress che è tra i fattori di rischio per l'insorgenza del problema». Chi parla è la dottoressa Marzia Baldi, dermatologa. Ci siamo rivolti a lei per fare un po' di chiarezza su una delle più frequenti malattie della pelle che colpisce circa l'80% degli adolescenti, e non risparmia nemmeno gli adulti anche se in forma più lieve (in questi casi si parla di acne tardiva).

Dottoressa Baldi, che cosa è l'acne e come si manifesta? L'acne altro non è che un'infiammazione della pelle, dovuta a un'eccessiva produzione di sebo da parte delle ghiandole sebacee che circondano la base dei peli (i cosiddetti "follicoli piliferi"). Il sebo prodotto in eccesso si deposita formando dei tappi, i cosiddetti comedoni o "punti neri", nei quali si annidano batteri che poi danno origine all'infiammazione e quindi a pustole piene di pus. Come tutti sappiamo, infatti, l'acne si

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manifesta sotto forma di brufoli che si sviluppano sul viso, sul dorso e sul torace. Di fatto, l'acne viene considerata una malattia cronica in relazione alla sua durata, alla frequenza di ricadute e all'impatto psicosociale che comporta.

E quali sono le cause? Gli ormoni c'entrano? E i cibi? Le cause sono varie e abbastanza differenti fra loro. Un ruolo importante è giocato dalla familiarità o predisposizione personale. Ma può derivare an-

che da momenti di particolare stress o variazioni dell'assetto ormonale. L'attività delle ghiandole sebacee è infatti regolata dagli ormoni. Questo però non significa che l'acne dipenda da uno squilibrio ormonale come molti ancora credono. Semplicemente in alcune persone o in alcuni periodi dell'anno o della vita, questi ormoni diventano più attivi e quindi stimolano maggiormente la produzione di sebo. Quanto ai cibi, invece, non sono da annoverare tra le cause. È ora di assolvere il cioccolato ad esempio,


Dott.ssa Marzia Baldi Responsabile Ambulatorio Dermatologia di Humanitas Gavazzeni Bergamo

e anche buona parte del cibo cosiddetto "spazzatura" che certo bene non fa al nostro organismo, ma non per questo può essere anche considerato colpevole per l'apparizione dei famigerati brufoli.

E come può essere curata? Innanzitutto evitando il fai da te. Nei casi lievi migliora in breve tempo grazie ai farmaci come pomate e gel specifici a base di retinoidi e antimicrobici. Fondamentale sono poi

sempre una buona idratazione e un'accurata pulizia del viso con prodotti esfolianti non aggressivi (per rimuovere le cellule morte dell'epidermide) e detergenti delicati come l'acqua micellare o il latte detergente. Può anche essere utile effettuare trattamenti esfolianti a livello ambulatoriale. In altri casi, invece, occorre affidarsi a trattamenti più radicali, come la terapia fotodinamica che prevede l'applicazione di un unguento contenente l'Acido 5 Amino Levulinico (ALA) sui punti della cute interessati dall'acne e la conseguente esposizione di questi punti a una lampada a luce rossa. L'attivazione dell'acido con l'esposizione alla lampada, infatti, provoca la sterilizzazione del follicolo e la scomparsa dell'infiammazione.

Piazza Locatelli, 14 Gorlago (BG) Tel. 035.953474 - Fax 035.953309 Via Rudone, 35 - Rovato (BS) Tel. 030.7731165 - Fax 030.7731143 Numero verde: 840 000 640 www.everyservice.eu - info@everyservice.eu

Le lesioni tendono a seccarsi e asciugarsi nei giorni successivi.

Per i segni lasciati dall'acne si può fare qualcosa? Uno dei primi rimedi è il peeling chimico esfoliante, eseguito in ambulatorio, che aiuta a rimuovere le cellule morte cicatriziali. Fondamentale è poi, anche in questo caso, idratare correttamente la pelle, insistendo sulla cicatrice, con creme specifiche (a base ad esempio di vitamina E).Tra le risorse di ultima generazione c'è il laser a CO2, grazie al quale è possibile intervenire sulle cicatrici provocate dall'acne sulla cute, migliorando la superficie di quest'ultima. Un trattamento che può essere ripetuto più volte perché non provoca alcun danno alla struttura della pelle.


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Problemi di cervicale? Ecco come risolverli con la tecnica Pilates therapy a cura di Francesca Dogi

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disturbi che interessano la regione cervicale presentano una sintomatologia complessa. I principi della tecnica Pilates sono in grado di dare risposte efficaci. Attenzione però: in caso di dolore cervicale bisogna rivolgersi a centri di fisioterapia specializzati che utilizzano la tecnica Pilates per riabilitare, diversa dal metodo di allenamento Pilates che si pratica in palestra». Chi parla è Guerrina Brizzi, fisioterapista, titolare dello studio Fisioforma e ideatrice della tecnica Pilates therapy che integra i nuovi concetti fisioterapici di controllo neuromotorio con i principi e gli attrezzi ideati da J.H. Pilates.

associati alla cervicale (come orecchio e occhi), la valutazione posturale. Per completare il quadro si compila un questionario per evidenziare quanto incida lo stress emotivo e fisico. Il risultato della valutazione guida i tempi e i modi del trattamento.

E come si svolge il trattamento?

Il trattamento inizia su uno speciale macchinario, la cadillac: si imbraga la testa con una fascia cervicale collegata a una molla che produce una tensione tale da reggere il peso del capo così da alleviare la tensione muscolare di collo e spalle. In questa posizione si esegue la fase manuale mirata ad attenuare i Ma come si interviene meccanismi di percezione del con Pilates therapy dolore, mobilizzare in sulla cervicalgia? modo passivo le rigidiIl punto di partenza è la diagno- tà articolari, rilasciare le si medica specialistica. Segue tensioni miofasciali e le la valutazione obbiettiva mirata contratture muscolari. Si a raccogliere informazioni sul prosegue poi attivamente tipo di dolore, la valutazione insegnando al paziente funzionale necessaria a stabili- piccoli movimenti che fare i gradi di mobilità articolare e voriscono la riattivazione l'efficienza muscolare del collo, dei muscoli profondi del la valutazione neurosensoriale collo necessari a recupeutile a individuare la compro- rare la stabilità della cermissione del sistema neurale vicale per poi riorganize dei sistemi neurosensoriali zare la disfunzione tra le vertebre della cervicale FISIOFORMA alta e di quella bassa. InVia Guglielmo d'Alzano, fine il lavoro cervicale si 24122 - Bergamo Tel. 035 210396 integra in un programma www.pilatesgyrotonic.it posturale globale. Spesso www.fisioforma.it i sintomi si irradiano an-

che a spalle, braccia, fino alle mani con sensazione di formicolio alle dita. In questi casi Pilates therapy adotta esercizi specifici di stretch dinamico con l'ausilio di molle e di un attrezzo chiamato reformer. Quando invece il dolore compromette il sistema neuro-sensoriale, causando nausea, perdita di equilibrio, ronzio nelle orecchie e offuscamento della vista, Pilates therapy adotta, durante l'esecuzione degli esercizi di controllo motorio, un caschetto con un laser che consente di guidare in direzioni specifiche la testa costringendo gli occhi e l'orecchio a riorganizzare il "bilanciamento" perso e a ritrovare una nuova integrazione sensomotoria.

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Se senti bene... vivi meglio! a cura di Francesca Dogi

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problemi uditivi si possono manifestare in maniera permanente o solo temporanea e affliggere persone di tutte le età. «Anche se la perdita dell'udito è una conseguenza naturale del processo di invecchiamento, è sbagliato pensare che riguardi soltanto le persone anziane. Infatti, più della metà delle persone ipoacusiche è al di sotto dei 65 anni e molti di loro sono addirittura bambini o giovani» spiegano Riccardo Marini e Carlo Cantù, audioprotesisti del Centro Medical Udito Bergamo. «Un'altra causa significativa dell'ipoacusia è data dall'eccessiva esposizione al rumore. Per questo, con l'aumento dell'inquinamento acustico e del rumore, l'età delle persone che soffrono di problemi uditivi è sempre più bassa».

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Un problema sempre più diffuso e più "giovane" Nella fascia di età oltre i 65 anni l'ipoacusia colpisce una persona su tre, rappresentando il problema più diffuso, secondo solo all'artrosi. Con il progressivo invecchiamento della popolazione, inevitabilmente, anche il problema della perdita di udito è ormai sempre più diffuso MEDICAL UDITO BERGAMO SNC Via A. Stoppani 7/a 24121 – BERGAMO Tel. 035 271211 www.medicaluditobergamo.it info@medicaluditobergamo.it

e lo sarà sempre di più. La vera sorpresa, però, è che anche tra i più giovani la sua incidenza è in costante aumento. Le cause? Il rumore, responsabile di più di un terzo dei casi di ipoacusia. «L'aumentata esposizione al rumore fa sì che l'età media delle persone ipoacusiche sia oggi più bassa rispetto a 30 anni fa» continua Marini. «Gli ambienti lavorativi dei paesi industrializzati sono ormai molto rumorosi e questo fa sì che quasi un lavoratore su tre, tra i 49 ed i 59 anni sia afflitto da perdita uditiva. Tra i giovanissimi, invece, si ritiene che l'aumento dei problemi uditivi sia imputabile in buona parte alla diffusione di dispositivi portatili e di riproduttori musicali come i lettori MP3»

Apparecchi acustici: un valido aiuto Sebbene gli apparecchi acustici non siano in grado di restituire completamente l'udito, contribuiscono a migliorare la qualità della vita nella maggior parte dei casi. «Il 90% delle ipoacusie

può trarre giovamento dall'utilizzo di un apparecchio acustico» spiega l'esperto. Il problema è che, secondo le statistiche, le persone con problemi d'udito aspettano in media sette anni prima di cercare aiuto e il 75% di coloro che potrebbero trarre beneficio da un apparecchio acustico non ne fa uso. Principalmente per imbarazzo, perché si vergognano. E questo nonostante oggi esistano apparecchi acustici sempre più discreti e "personalizzabili", sia nell'estetica sia nella tecnologia. Presso Medical Udito Bergamo è possibile trovare apparecchi acustici moderni, disponibili in una vasta gamma di modelli, stili e misure. «La loro tecnologia è frutto di un progresso costante, capace di rendere il suono sempre più chiaro e nitido. Non solo, oggi la maggior parte degli apparecchi è in grado di adattarsi alle caratteristiche individuali di ciascuna perdita uditiva, riuscendo così a rispondere alle necessità di tutte le fasce di età, dai neonati agli anziani» conclude Cantù. Bergamo Salute

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PHYTO GARDA

REALTÀ SALUTE

Melatonina, un aiuto per "ritrovare" il sonno a cura di Francesca Dogi

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ltro che "chi dorme non piglia pesci". Il sonno è fondamentale per stare bene e mantenersi in salute. Gli studi hanno ormai dimostrato che dormire troppo poco (in genere meno di 7-8 ore a notte) o male, non solo causa un calo delle performance intellettive, ma contribuisce anche ad accelerare l'invecchiamento, ad aumentare il rischio di obesità, diabete, disturbi cardiocircolatori e a diminuire le difese immunitarie. Un "pericolo" per i quasi 6 milioni di italiani alle prese con problemi di insonnia, cioè la "difficoltà ad addormentarsi o a godere di un sonno riposante, con conseguenti disturbi e problematiche, e importanti conseguenze sia economiche sia cliniche" (Morin et al., 2007). Cosa fare allora? Innanzitutto avere una corretta igiene del sonno (andare a dormire sempre alla stessa ora, cercare di rilassarsi il più possibile prima di andare a letto, dormire a una temperatura ambiente né troppo fredda né troppo calda etc.). E se tutto questo non basta? Nei casi di insonnia primaria o non organica (quando PHYTO GARDA srl Viale Aldo Moro, 1 37011 Bardolino (VR) Tel. 045 6770222 - Fax 045 6770531 info@phytogarda.it export@phytogarda.it

cioè non sussistono cause apparenti o patologie fisiche o psichiche che possono giustificarla), di turni di lavoro variabili o spostamenti da un continente all'altro (sfasamento del fuso orario, noto come Jet-lag) che alterano il ritmo sonno-veglia, un aiuto arriva dalla medicina naturale. «Numerosi studi clinici hanno confermato l'efficacia per combattere l'insonnia e l'assenza di effetti indesiderati di molte piante officinali» osserva la dottoressa Elena Besco della divisione Ricerca e Sviluppo di Phyto Garda, azienda che opera nel settore degli integratori alimentari e cosmetici dermofunzionali dal 2003. «Un primo esempio è la melatonina, detta anche "Ormone del buio", una molecola che il nostro organismo sintetizza durante la notte. Questa sostanza interviene attivamente nella regolazione del ritmo circadiano, cioè il ciclo giornaliero che segue il ritmo biologico con una periodicità di 24 ore in sincronia con il quale sono regolate molte funzioni organiche (ritmo cardiaco, secrezioni ormonali, pressione sanguigna, escrezione renale). Quando il ritmo circadiano si altera, la melatonina diventa utile per ri-sincronizzare l'orologio biologico, favorendo l'addormentamento (proprietà ipnotiche) e migliorando il riposo notturno (qualità e durata)». Meno nota della melatonina

ma altrettanto efficace è l'escolzia o papavero giallo della California. «Nell'uso clinico l'escolzia ha dimostrato di essere in grado, in modo prolungato e senza effetti collaterali, di diminuire notevolmente il tempo di addormentamento, migliorare la qualità e la durata del sonno e ridurre l'attività motoria spontanea. È inoltre una pianta ben tollerata anche in età pediatrica e pertanto impiegata in presenza di turbe neurovegetative dell'infanzia e dell'enuresi notturna. Infine altre molecole interessanti sono il triptofano e la vitamina B6. Il triptofano è un amminoacido essenziale contenuto in pesci grassi, uova, latte, semi di zucca, cioccolato, precursore della serotonina (il neurotrasmettitore dell'umore) e della melatonina. La vitamina B6 contribuisce alla conversione del t r i p t o fa n o in serotonina ed è indicata, in associazione al triptofano, nella cura dell'insonnia e degli stati d'ansia» conclude la dottoressa Besco. Bergamo Salute

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ORTOPEDIA TECNICA GASPARINI

REALTÀ SALUTE

Da più di 20 anni dalla parte dei piedi e del loro benessere a cura di Francesca Dogi

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piedi ci sostengono e ci portano nel mondo dal primo anno di vita in tutte le stagioni, al variare del peso corporeo, nel lavoro, nello sport, nel divertimento, nelle mille attività quotidiane di giovani donne e uomini,genitori, nonni. Ma chi si occupa di loro? È da questa apparente semplice domanda che nasce la storia, o meglio la "missione" dell'Ortopedia Tecnica Gasparini, cioè prendersi cura del benessere dei piedi mettendosi dalla loro parte e sostenendoli con i plantari giusti. «Passione e tecnologia. Sono questi gli ingredienti fondamentali per fare di un plantare un "compagno di strada" affidabile. Si conosce, si osserva, si rileva, si prova, facendo parlare e camminare i piedi e chi ci sta sopra. Poi si passa in laboratorio dove le mani e le macchine creano plantari personalizzati» racconta Pierpaolo Gasparini, tecnico ortopedico, titolare dell'Ortopedia Tecnica Gasparini. Pierpaolo impara fin da piccolo nello studio della mamma podologa quanto sia importante curare quei due raffinati piedistalli in movimento. Dopo la scuola di Ortopedia a Milano fa la gavetta in alcune delle principali Offici-

ne Ortopediche di Milano, su e giù dai reparti dell'Ospedale Ortopedico Gaetano Pini e poi in laboratorio, a plasmare, fresare e rifinire. Dopo Milano è la volta di Bergamo, prima a Ponte San Pietro poi a Bonate Sopra dove la sua strada incrocia quella di Giuseppe, anche lui tecnico ortopedico, con vaste esperienze lavorative in Lombardia e all'estero, a Monaco, Innsbruck e in Cina. Ad unirli la stessa passione e lo stesso desiderio di creare benessere a partire dai piedi. Non importa che si tratti di un bimbo o di un anziano. Per ognuno riescono a creare un plantare personalizzato, unendo l'arte artigianale alle potenzialità diagnostiche e realizzative oggi offerte dal computer e dalla tecnologia. «Grazie all'evoluzione tecnologica dei materiali e dei supporti alla diagnostica (come il check up computerizzato del piede, della postura e l'analisi del passo) oggi è possibile realizzare plantari personalizzati sulla

morfologia di ciascuno e del suo passo che poi vengono rifiniti in laboratorio» continua Gasparini. Ma quando può essere utile indossare un plantare? «I plantari sono semplici soluzioni a piccoli e grandi problemi di piedi e/o postura. Possono essere utili a chi lavora nei cantieri, sulle impalcature per aumentare la sicurezza del movimento; agli sportivi; ai bambini per risolvere in modo naturale problemi come il piede piatto o il retropiede valgo. Nell'adulto e nell'anziano l'uso regolare di plantari può dare benefici in caso di lombalgie derivanti da problemi posturali, atteggiamenti scorretti mentre si lavora o nella vita quotidiana (tacchi alti e punte strette, scarpe usurate, borse pesanti). Il plantare assume poi una grandissima importanza nel coadiuvare le problematiche legate a patologie particolari come piede diabetico e piede artrosico, grazie alla capacità ammortizzante e a materiali specifici per evitare ulcere e piaghe».

Ortopedia Tecnica Gasparini Via Toscanini, 61 24040 Bonate Sopra (BG) Tel. 349 1530887- Fax 045 6770531 gasparini.pierpaololibero.it

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DAL TERRITORIO

NEWS

Bergamo Salute, partner della nuova edizione di Bergamo Beauty

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Un ciclo di incontri "Intorno all'anziano"

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l tema dell'invecchiamento pone un grande interrogativo: l'età anziana va considerata come una fase di inevitabile declino e progressivo ritiro dalle dinamiche sociali e professionali oppure è possibile concepire questa fase della vita come una possibile risorsa e opportunità, non solo per chi la vive, ma per tutti, a partire da chi con la persona anziana entra in rapporto? Da queste domande prende le mosse un ciclo di seminari dal titolo "Intorno all'anziano" promossi dal Dipartimento di Scienze Umane e Sociali dell'Università di Bergamo e aperto alla cittadinanza, agli operatori, agli anziani attivi e agli studenti. Prossimi appuntamenti: "Intergenerazionalità: anziani e giovani nella scuola, nel lavoro e nelle istituzioni" (28 aprile) e "Per l’invecchiamento attivo: la "lezione" dei focus&group di territorio" (15 maggio). Entrambi gli incontri si terranno dalle 10 alle 13, presso la sala conferenze del Dipartimento di Scienze Umane e Sociali in Piazza Sant'Agostino. Per informazioni: www.unibg.it

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Bergamo Salute

iete curiosi di scoprire le ultime novità nel campo della bellezza e del benessere? Allora non perdetevi la seconda edizione di "Bergamo Beauty", fiera interamente dedicata al mondo bellezza e benessere, la prima nella provincia bergamasca, in programma il 12 e 13 aprile presso il Centro Fiera di Chiuduno. La manifestazione, di cui "Bergamo Salute" è partner come già nella prima edizione, offre una prestigiosa vetrina, in un contesto fieristico e di alto livello, per il mondo della bellezza del corpo e del benessere a 360 gradi, compreso quello psicofisico. Tra gli espositori centri estetici, esperti di make up, centri benessere, centri SPA, aziende di prodotti per la cura del corpo. Tutto con un occhio particolare al biologico e alle molte novità che negli ultimi anni si sono fatte largo anche in questo ambito. Non mancheranno poi spettacoli di danza ed eventi collaterali, sempre ovviamente sotto il segno della bellezza e del benessere. Centro Fiera Chiuduno, via Martiri della Libertà Uscita A4 Grumello-Telgate

Non sfumare la tua bellezza

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i intitola "Fumo e bellezza" il nuovo progetto lanciato l'8 marzo, festa della donna, da ASL Bergamo. Nato per sensibilizzare le ancora tante donne che fumano, questa nuova e originale campagna educazionale punta su un aspetto che sta molto a cuore alle donne di tutte le età: la bellezza della loro pelle. Fumare, infatti, come è ormai dimostrato da molti studi scientifici, disidrata la cute e la rende più spenta, sottile, asfittica, meno elastica e sensibile alle cure di bellezza. Uno dei primi effetti "clinici" della sospensione del fumo si nota proprio sulla pelle, che acquista un altro tono e colorito. Un altro buon motivo, se gli altri non fossero sufficienti, per dare un taglio alle sigarette. Per raggiungere lo scopo, l'ASL promuove gruppi per smettere di fumare. Il trattamento di gruppo è, infatti, ormai riconosciuto come uno dei metodi più efficaci. Per informazioni: www.asl.bergamo.it oppure 035.385072


Bergamo fa scuola: stent nel cuore di un feto per la prima volta in Italia

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no stent (dispositivo espandibile normalmente inserito in un vaso sanguigno o in un organo cavo, per esempio per risolvere un'occlusione) nel cuore di un feto, senza praticare incisioni nell'addome della madre né nell'utero. È stato impiantato, per la prima volta in Italia, all'Ospedale Papa Giovanni XXIII, su un feto affetto da ipoplasia del cuore sinistro, una malformazione che comporta il mancato sviluppo della metà dell'organo, e comprende un gruppo di anomalie che si presentano con un'incidenza di un caso ogni diecimila feti. Un intervento eccezionale, eseguito da un'équipe multidisciplinare, formata da ginecologi e cardiologi, senza il quale il feto sarebbe potuto sopravvivere in utero, ma non alla nascita.

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DAL TERRITORIO

IL LATO UMANO DELLA MEDICINA

Ha ridato la vita a migliaia di bambini Ricordo del professor Lucio Parenzan che, dopo aver operato 15 mila persone e trapiantato 350 cuori, ha voluto donare le sue cornee a cura di Lucio Buonanno

Lucio Buonanno intervista Lucio Parenzan nel dicembre 1984

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ue persone potranno vedere con gli occhi di Lucio Parenzan. Il grande pioniere della cardiochirurgia pediatrica, scomparso il 28 gennaio a 89 anni, ha donato le cornee. Avrebbe voluto mettere a disposizione tutti gli organi, ma le condizioni di salute e l'età non gliel'hanno permesso. Un ultimo gesto di generosità per lui che da sempre si è battuto per convincere non solo i bergamaschi ma tutti gli italiani a donare gli organi e permettere così a tanti malati di cuore, di fegato o di reni di ritornare a vivere con un trapianto. Ridare la vita agli altri era la sua "missione": nella sua lunga carriera ha fatto 15 mila interventi su grandi e piccini, anche neonati di poche ore, e 350 trapianti di cuore. Ma soprattutto ha allevato una squadra di cardiochirughi di eccellenza. Amava chiamarli "i miei ragazzi". Nel corso degli anni sono diventati primari in vari ospedali

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a 87 anni si era rimesso in gioco, spinto dalla moglie Laura, madre dei suoi quattro figli per la quale stravedeva, come volontario all'Opera San Francesco per i Poveri (OSF) di Milano. Il suo motto, o meglio il suo incitamento ad Grazie a lui i viaggi della speran- aiuti e collaboratori era "ndemo, za in America o Inghilterra, tan- ndemo, che 'l sol magna le ore" in to diffusi fino agli anni Settanta, puro dialetto istriano. erano diventati ormai un ricordo. Non si fermava mai, non riusciva Nonostante abbia passato gran a stare con le mani in mano nep- parte della sua vita a Bergamo, pure quando per limiti di età fu Parenzan, infatti, era nato nel congedato dagli Ospedali Riuni- 1924 in Istria, a Comeno in proti che aveva fatto diventare un vincia di Gorizia, oggi Slovenia, centro mondiale per la cardio- figlio di un medico condotto e chirurgia pediatrica, fondando di una maestra. Poi la famiglia anche una scuola internaziona- si trasferì a Pirano e da qui lui, le che ha insegnato la cardio- a dieci anni, andò a Firenze al chirurgia ad almeno 500 medici Collegio degli Scolopi dove freextracomunitari.Aveva continua- quentò fino al primo anno di to a lavorare alle Cliniche Huma- università. «Poi passai a Padova. nitas Gavazzeni dal 1998 al 2008, Erano gli anni della guerra e per poi si era impegnato nel sociale mantenermi agli studi mi toccò collaborando con Emergency anche vendere il sale. A Pirano dell'amico e allievo Gino Strada c'era una forte produzione e nel in Africa andando a lavorare lì. E Veneto c'era una grande richiesta continuando a mettere in pratica gli insegnamenti del maestro: amore per la medicina, semplicità e massima disponibilità nei confronti di chi si rivolgeva a lui come ultima speranza.


sto entrai nel reparto di pediatria». È lì che primo al mondo a trapiantare un cuore il giovane Parenzan comincia a maturare il suo progetto-sogno. «Scoprii che in Italia non esisteva la chirurgia pediatrica. Andai a perfezionarmi prima in Svezia e poi a Pittsburgh, in Pennsylper la lavorazione degli insacca- vania, per un corso sui bambini. ti. Acquistavo il sale in Istria e lo Era il 1958. Una sera che ero di vendevo a Padova e lì compravo guardia, arrivò un bambino di scarpe che rivendevo a Pirano. E quattro mesi, respirava a fatica. intanto facevo il guardiano di not- Mentre lo ascoltavo con lo stetote alla "Casa della madre e del scopio il cuore si fermò» ci disse fanciullo". Poi arrivò Tito e scap- nel dicembre 1984 in un'interpai a Trieste. Alla fine riuscii a lau- vista pubblicata sul settimanale rearmi in medicina» raccontava "Gente". «Riuscii a farlo rinvenire. nelle sue interviste. «Avevo già la Lo portammo in sala operatoria, tesi pronta quando affrontai l'ul- ma in ascensore il cuoricino si timo esame, quello di pediatria. Il fermò di nuovo ma riuscii a farlo docente mi rifilò un diciotto, l'u- battere ancora. In sala operatoria nico della mia carriera, e mi fece c'era Bob Pontius uno dei maghi promettere che non avrei mai fat- della cardiochirurgia americana. to il pediatra. Io dissi di sì anche Il bambino sopravvisse e in quel se non avevo nessuna intenzione momento decisi la mia vita, decisi di dargli retta. Anzi andai subito di curare anche io in Italia i bama lavorare a Milano.Tentai di fare bini che soffrono del morbo blu, l'ostetrico ma non trovando po- la tetralogia di Fallot». Da allora Il Prof. Parenzan con Christian Barnard,

S.O.S. I DONATORI SONO SEMPRE MENO Lucio Parenzan è stato il primo a effettuare un trapianto di cuore a Bergamo. Poi, dal 1989 in avanti c'è stata una escalation. Fino al 2013 sono stati effettuati all'Ospedale cittadino 878 trapianti di cuore, 872 di rene, 1157 di fegato, 116 di polmone, 10 di intestino pediatrico e centinaia e centinaia di bambini e di adulti salvati. Ma negli ultimi anni il numero dei donatori è diminuito: per fare un esempio nel 2013 sono stati effettuati solo 14 trapianti cardiaci. In Italia ufficialmente ci sono un milione e trecentomila persone che si sono dichiarate disponibili al prelievo degli organi in caso di morte cerebrale e di questi ben un milione e duecentomila sono iscritti all'AIDO (Associazione Italiana Donatori di Organi) fondata proprio a Bergamo 40 anni fa. Ma come si spiega questo calo? Secondo gli esperti l'età media dei donatori si è alzata, sono meno i giovani che muoiono in incidenti stradali grazie all'uso del casco e cinture di sicurezza. Altro motivo l'autorizzazione delle famiglie: il 70% concede l'espianto degli organi dei loro cari, il 30% no. Eppure la legge prevede che venga fatta una scelta al compimento del 18° anno di età, comunicando al Comune o all'Asl la propria volontà. Altri fattori importanti sono dovuti alle tecnologie e ai farmaci più efficaci che possono evitare un trapianto. Ma intanto in lista d'attesa per avere un nuovo organo e sperare così in una vita normale sono davvero ancora tanti.

un successo dopo l'altro, prima come primario a Trieste, poi dal 1964 a Bergamo. «Quando arrivai qui dissi che volevo creare la chirurgia pediatrica. Tutti mi davano del matto. Ma ce la feci. Mi diedero una parte dell'ortopedia, due camerette con otto letti più un'altra stanzetta che trasformai subito in una nursery per i bambini più piccoli. E cominciai a formare la mia squadra comprando anche la prima macchina cuore-polmone a spese mie, rinunciando a un sogno, una Giulietta sprint rossa. E cominciò l'avventura. Mi davano ancora del matto perché dicevano che i bambini fino a un anno erano inoperabili, e invece dimostrammo che si poteva. Era chirurgia eroica, da pionieri, ma dimostrammo che era possibile come nel caso di un bimbo di due mesi che, affidato alla macchina cuorepolmone, restò in circolazione extracorporea per 76 minuti». Il primo trapianto nella notte tra il 22 e il 23 novembre 1985. Poi tanti bambini salvati, colpiti dalla tetralogia di Fallot (i cosiddetti bambini blu) e restituiti alla vita, e una scuola che fu definita da Albert Starr,inventore della valvola cardiaca, "il più grande centro di cardiochirurgia pediatrica del mondo". Era capace di portare a Bergamo per congressi i massimi esperti della cardiochirurgia mondiale, come Barnard, il primo al mondo a fare un trapianto di cuore. «È stato un grande direttore d'orchestra» ricorda il suo allievo dottor Roberto Tiraboschi. «A ciascuno di noi affidava una particolare patologia, ognuno si specializzava perché insieme, sotto la sua direzione, quella musica, il battito cardiaco, potesse continuare a risuonare nei pazienti». Bergamo Salute

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DAL TERRITORIO

A.R.M.R.

Insieme contro le malattie rare Le Malattie Rare sono un ampio gruppo di patologie (circa 6000 secondo l'OMS), accomunate dalla bassa prevalenza nella popolazione (inferiore a 5 persone per 1000 abitanti secondo i criteri adottati dall'Unione Europea). Con base genetica per l'80-90%, possono interessare tutti gli organi e apparati dell'organismo umano. In questo numero parliamo della Sindrome Iperferritinemia - cataratta congenita.

Tel. 035/671906 Fax 035/672699 presidenza@armr.it www.armr.it

INCONTRI CON I SOCI E GLI AMICI DI A.R.M.R • Giovedì 10 Aprile 2014 Assemblea dei soci presso Villa Camozzi a Ranica • Venerdi 23 Maggio 2014 a partire dalle ore 20:00 si terrà il consueto Gran Galà presso "La Cantalupa" in Via Cantalupa 17 a Brusaporto Maggiori informazioni su www.armr.it

SINDROME IPERFERRITINEMIA - CATARATTA CONGENITA Codice di esenzione.RCG100 Categoria. Malattie delle ghiandole endocrine, nutrizione, metabolismo e disturbi immunitari. Definizione. Patologia ereditaria autosomica dominante, caratterizzata da alti livelli di ferritina nel sangue e cataratta. Epidemologia. Patologia estremamente rara. Segni e sintomi. Gli unici segni clinici sono costituiti dalla presenza di cataratta, diagnosticata a diverse età (dai 6 ai 40 anni) e alti livelli di ferritina con valori di transferrina normali. Eziologia. La sindrome dipende da mutazioni del gene codificante per una componente della ferritina. Queste

mutazioni fanno sì che si verifichi una mancata sensibilità ai livelli di ferro nel sangue con continua produzione di ferritina. L'accumulo intracellulare di ferro provoca poi la cataratta. Eziologia. Gli esami di laboratorio rivelano iperferritinemia (cioè elevevati livelli di ferritina), con conta dei globuli rossi nella norma. La visita oculistica evidenzia la presenza di cataratta di gravità variabile. La diagnosi differenziale è da porsi con altre cause di cataratta isolata o con patologie sindromi di cui la cataratta rappresenta un sintomo cardine (sindromi di Rfsum, Proteus, Smith-Lmli-Optiz etc.). Esiste una forma di cataratta associata a cardiomiopatia

ipertrofica. Inoltre va esclusa la più frequente emocromatosi congenita, in cui è però presente un'aumentata saturazione della transferrina. Terapia. Prevede la chirurgia per la cataratta e il salasso per ridurre la ferritina causa in realtà anemia da carenza di ferro. Dott. Angelo Serraglio Vice Presidente Commissione Scientifica ARMR

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DAL TERRITORIO

TESTIMONIANZA

La fede mi ha salvato dalla depressione a cura di Elena Buonanno

A Gabriella cade il mondo addosso. Tutto il dolore che grazie a lui era riuscita a "cancellare", in un istante, riemerge più forte di prima, devastante. «Ho perso mia mamma quando avevo solo cinque anni. Si è sacrificata per salvarmi la vita da una macchina che stava per investirmi» racconta Gabriella Belotti, 52 anni di Gorlago, con la voce commossa. «Dopo la sua morte, ho vissuto anni difficili. Papà era meraviglioso, ma era anziano e non poteva occuparsi a tempo pieno di me. Così mi mandò in collegio, ma soffrivo lontano da lui». Finito il collegio abriella aveva tutto dalla Gabriella torna finalmente in vita. Un marito, Roberto, famiglia. È l'inizio di una nuova che l'adorava, un lavoro vita. Ma dura poco: dopo soli di successo, una bella casa. Fi- otto mesi suo papà muore per nalmente, dopo tante sofferenze, un infarto. Il suo cuore, già segnaera di nuovo felice. Non poteva to dalla perdita di sua madre, va desiderare di più. Poi, improv- in pezzi. «Ero furiosa con Dio. Lo visamente, una tragica fatalità accusavo di non avermi mai vole porta via il suo amore e con luto bene. E così buttai via tutto lui la voglia di vivere. Roberto quello che poteva ricordarmelo e muore in un incidente stradale. cominciai a vivere come se non

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esistesse nulla dopo la morte». A venti anni sembra però che una nuova luce si accenda nella sua vita. Si innamora di un uomo e si sposano. Con lui forse può trovare un po' di serenità, quella famiglia che il destino le ha portato via. E invece, ancora una volta, quella pace tanto agognata rimane un miraggio. Divorziano dopo poco tempo e Gabriella si "perde". «Avevo un vuoto enorme dentro che cercavo di colmare con il lavoro, i soldi, gli oggetti materiali. Non mi interessava più nient'altro. Né gli altri, né l'amore». Finché un giorno, nel 2000, incontra Roberto Crivellari, giovane vice-presidente di un'azienda di segnaletica stradale. Ed è amore a prima vista. «Grazie a lui la corazza che mi ero costruita per difendermi dalla sofferenza ha cominciato a cadere e lentamente il mio cuore ha ricominciato ad aprirsi alla vita, quella vera. È stato un incontro di due anime, che sono diventate una sola». Gabriella e Roberto decidono di aprire anche un'attività insieme. «Ero felice come mai avrei potuto pensare di esserlo. A completare la famiglia c'era anche Briciola, una dolcissima barboncina bianca». Passano sette anni e Roberto, che al contrario di Gabriella è credente, vuole ufficializzare la loro unione. È come vivere in una favola. Ma, di nuovo, un destino crudele mette fine a sogni e progetti. Roberto muore in un incidente stradale.


Sono passati solo diciotto mesi dal matrimonio. È un'ennesima prova, troppo dura da superare. Gabriella si ritrova sola con la loro cagnolina e non riesce più a rialzarsi. Quella casa senza Roberto è ormai come una "tomba per vivi". Il suicidio le sembra l'unica via d'uscita ma Briciola la salva. E inspiegabilmente Roberto torna nella sua vita con coincidenze e segni. «Era come se stesse cercando di parlarmi. Ogni evento importante mi riconduceva sempre alla data della sua morte o ad altre della nostra vita insieme. E poi vedevo cuori di pietra ovunque, impressi nella natura, soprattutto in Sardegna, dove avevamo comprato una casa insieme, il suo ultimo regalo. All'inizio pensavo di essere impazzita. Stentavo a crederci. Poi mi sono arresa. Dio sapeva che non avrei seguito lui, ma Roberto sì e così lo ha mandato da me per salvarmi». Il segno decisivo arriva proprio mentre è in Sardegna. «Mi sono ritrovata in una

casa che aveva all'ingresso due grandi cuori di pietra. Poi, percorso il vialetto, sono arrivata fino a un giardino dedicato a Gesù e alla Madonna, Regina di Salvezza, con in mezzo una statua di Sant'Antonio, protettore degli orfani e delle vedove, di cui Roberto teneva un'immaginetta nel portafogli. Infine la sera mi sono imbattuta per caso a un evento dedicato alla Madonna di Medjugorje e allora ho cominciato a capire». Dopo un mese Gabriella decide di partire per andare a Medjugorje. È la rivelazione. È come se tutto a un tratto fosse diventato chiaro. «Impossibile spiegare. Sulla collina delle apparizioni ho vissuto qualcosa di straordinario che ha cambiato tutta la mia vita. Al ritorno, dello strazio e del dolore che mi stava uccidendo non vi era nessuna traccia,quel Dio che avevo rinnegato per tutta la mia vita ora era la mia salvezza, sentivo pace nel cuore. In un attimo ho scoperto

CREDERE? TERAPIA PER LO SPIRITO a cura di Don Giuseppe Belotti, psicologo-psicoterapeuta, direttore dell'Associazione di Psicologia e Psicoterapia "Il Conventino" L'essere umano non è solo carne e materia, è il risultato di tante reazioni e relazioni, non solo biologiche e biochimiche ma umane e spirituali. La salute mentale e fisica deriva anche da queste relazioni. Basta pensare a quando ci si innamora: entrano in circolo tutta una serie di sostanze biochimiche, come le endorfine, che danno benessere non solo a livello psicologico ma anche fisico. Tra le relazioni che instauriamo c'è anche quella con Dio che spesso si scopre o si riscopre nei momenti più difficili. Quando si soffre, si vive un lutto, ci si ammala, tutti gli idoli in cui avevamo risposto la nostra fede e fiducia (successo, benessere, giovinezza etc.). improvvisamente si frantumano, il "mosaico" della vita che si era costruita si smonta. E così o si vede il suicidio come unica via d'uscita o emergono le grandi domande su quale sia davvero il senso della vita. La fede non cambia le cose, non fa guarire corpo e mente, quello è il compito della medicina e della psicologia, ma aiuta a rimettere le tessere in ordine in un disegno comprensibile, a leggere la vita in modo diverso, a vedere il bene anche nei momenti più bui, a trovare la forza per affrontarli.

u n amore più grande di quello terreno. Dio è diventato il centro del mio mondo. Credere in Lui mi ha salvato». Da quel momento per lei inizia una nuova vita, scandita dalla preghiera e dai tanti viaggi a Medjugorje. «Dio ha trasformato la mia esistenza. Ora non ho più bisogno di circondarmi di cose materiali, ho iniziato a praticare il perdono, a usare il dialogo e l'amore e non il rancore. E ho iniziato a testimoniare quanto è grande il suo amore». Il suo radicale cambiamento di vita Gabriella l'ha voluto raccontare anche in un libro, "Tu sei qui!", per aiutare chi si ritrova nel tunnel della disperazione come lo era lei a trovare una speranza. Come Michele, un giovane marito e padre malato di tumore al fegato. «Mi ha cercato dopo che un'amica gli aveva regalato il mio libro. Voleva che lo aiutassi a fare un percorso di fede. Sapeva che non c'era più nulla da fare, ma voleva vivere quello che gli restava nel modo migliore per lui e la sua famiglia. Ora, anche se lui non c'è più, resta il suo esempio di forza e coraggio. Grazie a lui sua moglie e i suoi due figli, nonostante il dolore, possono guardare al futuro sapendo di non essere soli. Proprio come non lo sono mai stata nemmeno io. Ora lo so» conclude Gabriella. Bergamo Salute

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Bergamo Salute anno 4 - n°2 - mar. - apr. 2014

PERIODICO DI CULTURA MEDICA E BENESSERE

Direttore Editoriale Elena Buonanno Direttore Responsabile Daniele Gerardi Redazione Rosa Lancia redazione@bgsalute.it Grafica e impaginazione Catherine Coppens | Mood Creative Design www.moodcreativedesign.it Fotografie e illustrazioni Shutterstock, Adriano Merigo Stampa Grafiche Mazzucchelli S.p.A Via Cà Bertoncina, 37/39/41 - 24068 Seriate (BG) Casa Editrice Pro.Ge.Ca. srl Viale Europa, 36 - 24048 Curnasco di Treviolo (BG) Tel. 035.201488 - Fax 035.203608 info@bgsalute.it - www.bgsalute.it Hanno collaborato Lucio Buonanno, Maria Castellano, Viola Compostella, Giulia Sammarco, Alessandra Perullo Iscr. Tribunale Bergamo N°26/2010 del 22/10/2010 Iscr. ROC N°21019 © 2013. Tutti i diritti sono riservati. È vietata la riproduzione, anche se parziale, di qualsiasi testo o immagine. L'editore si dichiara disponibile per chi dovesse rivendicare eventuali diritti fotografici non dichiarati. I contenuti presenti su Bergamo Salute hanno scopo divulgativo

e non possono in alcun modo sostituirsi a diagnosi mediche.

I canali di distribuzione di Bergamo Salute • Abbonamento • Spedizione a diverse migliaia di realtà bergamasche, dove è possibile consultarla nelle sale d'attesa (medici e pediatri di base, ospedali e cliniche, studi medici e polispecialistici, odontoiatri, ortopedie e sanitarie, farmacie, ottici, centri di apparecchi acustici, centri estetici e benessere, palestre, parrucchieri etc.) • Distribuzione gratuita presso le strutture aderenti alla formula "Amici di Bergamo Salute". • In allegato a "Il Giorno" un sabato a bimestre.

Comitato Scentifico • Dott. Diego Bonfanti - Oculista bonfi58@hotmail.com • Dott.ssa Maria Viviana Bonfanti Medico Veterinario - viviana@veterinarienese.it • Dott. Rolando Brembilla - Ginecologo rolandobrembilla@gmail.com • Dott.ssa Alba Maria Isabella Campione Medico legale - alba.campione@libero.it • Dott. Andrea Cazzaniga - Idrologo Medico e Termale andrea.cazzaniga@termeditrescore.it • Dott. Adolfo Di Nardo - Chirurgo generale adolfo.dinardo@gmail.com • Dott. Nicola Gaffuri - Gastroenterologo nicola.gaffuri@gavazzeni.it • Dott.ssa Daniela Gianola - Endocrinologa danielagianola@live.it • Dott. Antoine Kheir - Cardiologo antoinekheir@tin.it • Dott.ssa Grazia Manfredi - Dermatologa graziamanfredi@gmail.com • Dott. Roberto Orlandi - Ortopedico Medico dello sport - robertoorlandi@inwind.it • Dott. Paolo Paganelli - Biologo nutrizionista p.paganelli@biologiadellanutrizione.it • Dott. Antonello Quadri - Oncologo antonello.quadri@grupposandonato.it • Dott. Orazio Santonocito - Neurochirurgo oraziosantonocito@yahoo.it • Dott.ssa Mara Seiti - Psicologa - Psicoterapeuta maraseiti@alice.it • Dott. Sergio Stabilini - Odontoiatra studio@sergiostabilini.191.it • Dott. Giovanni Taveggia - Medicina Fisica e Riabilitazione giovannitaveggia@habilitasarnico.it • Dott. Massimo Tura - Urologo massimo.tura@policlinicodimonza.it • Dott. Paolo Valli - Fisioterapista p.valli@centroiro.it

Comitato Etico • • • • • •

Dott. Giorgio Locatelli - Presidente dell'Ordine dei Farmacisti di Bergamo Dott. Ezio Caccianiga - Presidente dell'Ordine dei Medici Veterinari di Bergamo Dott. Piero Attilio Bergamo - Oculista Dott. Luigi Daleffe - Odontoiatra Dott. Tiziano Gamba - Medico Chirurgo Beatrice Mazzoleni - Presidente dell'Ordine degli Infermieri di Bergamo (IPASVI)




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