Narciso Cassino

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NARCISO CASSINO



NARCISO CASSINO


NARCISO CASSINO

(Candia Lomellina, 1914 - 2003)

OPPOSITE

ANTICO MODERNO Via Trieste 43 f/g 25121 Brescia tel: 030 2400584 info@opposite.it www.opposite.it

A cura di Eugenio Baresi Saggio Critico: Valerio Terraroli Schede, biografia e bibliografia: Federica Tammarazio Artwork: Alberto Baresi Albrici Fotografie: Lonati Foto Stampa: Arti Grafiche Trassini Vimercate

Š 2009 OPPOSITE Tutti i diritti di riproduzione anche parziale sono riservati per tutti i paesi.


INTRODUZIONE L’emozione forte di condividere sensazioni entrando nello studio dell’Artista. Tutto perfettamente conservato, l’amore e la passione che si percepiscono nei disegni che spuntano ovunque, nei bronzi orgogliosi della loro fierezza, nei marmi immacolati, nei gessi che sembrano vibrare nell’incertezza della definizione. Narciso Cassino è certamente innamorato della sua Arte, orgoglioso delle sue opere, contento dell’affetto che le circonda. Ci ha lasciato questi splendidi lavori, non semplici ricordi, opere piene di vita, di gioia, di fede. Si perché la sua opera è un inno alla vita, amore del bello, consapevolezza di una vita che fruisce, che cresce, che muta. Una vita senza rassegnazione. Si perché la sua è una gioia che è allegria per tutto ciò che ci circonda: l’eleganza, la bontà, la forza. Una quotidianità positiva piena di dolci certezze, di segni precisi, di convinzioni profonde. Si perché la sua fede, la sua vita cristiana, non è rinuncia e dolore, è affermazione di un forte sentimento di fiducia, di passione, di consapevolezza. E’ importante cogliere queste riflessioni accostandosi all’opera di Narciso Cassino, perché solo così si può comprendere il suo percorso, la sua bravura nel rendere la sensuale attrazione di giovani corpi femminili e la trascendenza del rigore intimo delle opere religiose. L’amore è un dono che non conosce ostacoli, è un dono bello e pulito che non accetta di essere racchiuso nella logica della ragione. Ma proprio perché è bello e pulito non si nasconde, non fugge, non rinuncia a manifestare la sua esistenza. Osservando le ragazze, le ballerine, i corpi che Narciso Cassino ci ha lasciato riusciamo a comprendere appieno la forza dell’amore. E’ tutto un crescere di eleganti movimenti, di ammiccanti attrazioni, di dolci coinvolgimenti. Corpi esili, ma definiti; sensualità rispettose, ma convinte; movimenti sinuosi, ma decisi. Corpi attraenti, pieni di femminilità composta, piccoli seni, nudità mai esibite, non c’è esibizione, appunto, non c’è violenta sessualità, c’è semmai una morbida accondiscendenza agli sguardi che colgono desiderio di coinvolgimento e di rispetto. Le opere religiose altrettanto trasmettono una convinta fede nella bontà, nella trascendenza, nel cammino che ci è richiesto per giungere alla pienezza della nostra esistenza. Non è una fede qualsiasi, una comoda e scontata manifestazione di atteggiamenti ovvi e consueti. Nelle opere di Narciso Cassino si percepisce la fatica della ricerca, l’ansia della verità, un percorso piene di insidie e di difficoltà. Ma si percepisce anche la luce della rivelazione, la forza della speranza, ancor più la certezza del bene. Le atmosfere, gli atteggiamenti, gli sguardi delle sue opere fanno comprendere di essere accompagnati nel cammino della vita, aiutano nella riflessione a cogliere la luce che illumina i nostri dubbi e le nostre paure, la luce che infonde pace e tranquillità.


Narciso Cassino è un artista davvero incisivo. Non solo tecnicamente, può essere facile, è incisivo per quanto comprende e per quanto dona. Mai nella sua vita ha pensato la sua arte come occasione e ricerca di successo e guadagno. E’ sempre stato riservato e attento a salvaguardare i suoi valori, i suoi intimi valori, insieme alle sue opere. Questa opportunità che ci è offerta di presentare un così grande e qualificato numero di sue realizzazioni credo sia davvero l’occasione per far crescere nella conoscenza un messaggio tanto serio e concreto, tanto pieno di bellezza e bontà che Narciso Cassino ha lasciato a testimonianza di quanto la vita meriti di essere vissuta nella piena consapevolezza della serietà, del rispetto e dell’amore. Valori cristiani, ma anche semplicemente, valori umani.

Eugenio Baresi


Narciso Cassino: Uno scultore in bilico tra classicismo e modernità Talvolta il destino di un artista, o meglio, la sua notorietà, si lega ad un’unica, singola opera, la quale, vuoi per ragioni intrinseche di qualità e d’invenzione, vuoi per ragioni indipendenti dall’arte, quali la collocazione o il significato, diviene per ciò stesso sintesi ed emblema di tutta la sua poetica a discapito di una strada e di una produzione creativa ricche e variegate. É ciò che è accaduto a Narciso Cassino, nativo di Candia Lomellina, scultore al quale si deve l’emblema bronzeo della città di Tortona, quella “Mater Dei”, dorata e alta 14 metri, che venne collocata nel 1958 in cima al campanile del Santuario della Madonna della Guardia, e che da quel momento ha rappresentato, volenti o nolenti, l’intero percorso biografico e artistico dello scultore lomellino. Tuttavia, Narciso Cassino ha ben altri strali nella propria faretra; proprio lui allievo di Francesco Messina, al quale deve moltissimo nell’acquisire le sapienze della modellazione e della fusione in bronzo, docente presso l’Accademia di Brera della cattedra di scultura a partire dal 1934, attento osservatore delle invenzioni plastiche di Arturo Martini quanto di Manzù, disegnatore potente, sulla scia degli insegnamenti di Aldo Carpi, virtuoso inventore di iconografie sacre, quanto attento osservatore della bellezza femminile, proprio lui, dunque, riserva ancora sorprese se lo si indaga oggi, a pochi anni dalla scomparsa, nel ricco nucleo di opere che Eugenio Baresi ha acquisito e ha voluto esporre in questa occasione. Si tratta per la gran parte di piccoli e grandi bronzi, qualche marmo, dell’età tarda dell’artista, molti disegni e studi che disvelano, a chi sa e vuole guardare con attenzione, una figura poliedrica, succosa, sensibile alle novità dei linguaggi plastici della prima metà del Novecento, seguendone, appunto, la vena più squisitamente classicista, ma curioso esploratore dei tagli compositivi, del raggrumarsi della materia sulle superfici, del valore del frammento come potente evocazione di un una forma naturale, che caratterizza molta della scultura italiana del secondo dopoguerra. Certamente Narciso Cassino non è un innovatore della sintassi scultorea, né un demolitore delle regole accademiche, non cerca, in chiave esistenziale, la materia combusta, informe, tragica come unico, possibile medium espressivo, al contrario mantiene con consapevolezza “la barra al centro” e, caparbiamente, persegue una personale via nell’alveo della figurazione, al punto di non deflettere da un’idea di scultura come narrazione della realtà naturale e come testimonianza di una fede religiosa profondamente sentita, nemmeno negli anni più tardi, quando si ritira definitivamente nella propria casa/studio di Candia Lomellina, lontano ed estraneo ai circuiti dell’arte contemporanea. Il percorso di Cassino si connota con chiarezza fina dalle prime prove d’artista esordiente, come nello studio in gesso per il Monumento a padre Giuliani, modellato nel 1937, dove il nudo maschile riepiloga, in chiave novecentista, i modelli classici del guerriero morente e l’intensità plastica del volto contratto omaggia la sintesi “espressioni-


sta” di Adolfo Wildt, o come nella serie dei ritratti datati agli anni Quaranta (Il chitarrista Portalupi, presentato alla XXII Biennale veneziana, o Candida, del 1943). Risulta chiaro fin dagli esordi che il riferimento principe è il modellato sapiente e rigoroso del suo maestro, Francesco Messina, dal quale ricava un modus operandi personale, che privilegia la levigatezza delle superfici bronzee, le anatomie spigolose e adolescenziali, i tratti somatici arcaici e, a tratti, volutamente ingenui e infantili, l’attento studio della bilanciatura degli arti, ma, al medesimo tempo, la sperimentazione di posture audaci, sbilanciate, anticlassiche. Se il “David” del 1952 rientra nei parametri eleganti ed espressivi di Messina, la “Santa Chiara” del 1953, proprio nella sua sintesi formale e nella compattezza dei volumi, rinvia immediatamente ad un aggiornamento sulla produzione plastica di Giacomo Manzù, dal quale evidentemente ricava ispirazione per i primi studi sul nudo femminile in movimento che diventa, lungo tutto l’arco della vita di Cassino, il tema prediletto. La “Danzatrice” del 1953, esposta nel 1957 alla Promotrice di Belle Arti di Torino, rimanda immediatamente al tema delle Bagnanti della pittura simbolista ed espressionista, così come l’incrocio delle gambe, l’allungarsi della figura in un precario equilibrio e, soprattutto, il movimento armonioso delle braccia intente a raccogliere in una treccia i lunghi capelli, rinviano all’opera di Manzù, “Passo di danza”. Dal 1956, con “Danzatrice” e “Ritratto di Bambina”, Cassino potenzia la propria modellazione inserendo un’energia nuova, resa visibile dai movimenti, dallo sporgersi dei corpi acerbi, dalla proiezione in avanti della testa, dall’espressione gioiosa dei volti. E poi, per tutti gli anni Sessanta e Settanta, il tema della danza pare diventare un’ossessione per l’artista: le decine di bronzi, di gessi e terrecotte, e le decine e decine di disegni che egli dedica a questo tema rivelano quanto profondamente Cassino identifichi nel corpo femminile, più o meno adolescenziale, la potenza della natura e la sintesi della giovinezza. Afferrare quei momenti impalpabili della stasi dopo le dure prove alla sbarra o, al contrario, fissare nel bronzo il vorticoso movimento delle gambe, l’incrociarsi delle caviglie, il guizzo dei fianchi, il torcersi delicato del torso, l’intensità dell’energia sprigionata dai quei corpi inguainati nei corpetti o liberi in una nudità arcaica e primordiale, sembra essere per l’artista una ragione di vita, l’emblema supremo della potenza espressiva della scultura, della possibilità dell’arte di evocare la bellezza ideale e la sua assoluta inconsistenza. Nei medesimi anni l’artista dà vita ad una ricchissima serie di opere religiose, dal “Pio XII” del 1960, elaborato su modello dei Cardinali di Giacomo Manzù, alla già citata “Mater Dei” di Tortona e alle porte bronzee del tempio di San Paolo ad Alba del 1964, di forte impronta classicheggiante ed accademica; mentre prosegue nell’elaborazione di sculture e gruppi plastici sempre più dinamici e vorticosi che hanno una freschezza e una forza espressiva apprezzabili, come nei numerosi “Paolo e Francesca”,modellati a partire dal 1975. A seguire “Pomona”, “Niobe”, “Gioia del mare”, “Il vento”, “Aurora” e, ancora, “Danzatrici in riposo”, “Frammenti” e “Ballerine”, un universo femminile, mitico e attuale, che egli fa rivivere con continuità e forza nel suo ritiro nel paese natale. Ed è proprio in queste opere che Narciso Cassino rivela una propria, inconfondibile, sintassi stilistica, pur in perfetta sintonia con il gusto dell’arte italiana tra gli anni Cinquanta e Settanta di fedele continuità accademica, con sprazzi di originalità e di incisività che non si leggono con altrettanta decisione nelle


opere sacre che si attestano, o meglio si adagiano, su una figurazione oleografica e a tratti un poco ripetitiva, certo determinata più dalla committenza che non dalle scelte libere dell’artista. Cassino, morto nel 2003, quasi novantenne, a Candia Lomellina, è uno di quegli artisti che ha avuto la ventura di attraversare l’intero Novecento e per questo di aver vissuto in giovane età la straordinaria stagione del classicismo novecentista, ma di aver convissuto anche con le sperimentazioni dei linguaggi del secondo dopoguerra. La sua scelta è stata rigorosamente figurativa, ma mai prona ad una ripetizione pedissequa dei modelli accademici, la forza evocativa della materia e del gesto non divennero mai un fine, ma un mezzo per raccontare una personale visione del mondo, sentimentale, talvolta lirica, mai tragica o nichilista. Ridiamogli, dunque, un posto tra i numerosi artisti italiani che dovendo scegliere tra tradizione e contemporaneità, decisero per una terza via, quella di un’intima, delicata, visione dell’esistenza: seducente, ma decisa, come un passo di danza.

Valerio Terraroli



opere



Il lago dei cigni

1


2

Senza titolo


Senza titolo

3


4

Alla prova


Senza titolo

5


6

Senza titolo


Senza titolo

7


8

Senza titolo


Senza titolo

9


10 Passo di danza, frammento


Senza titolo

11


12 Senza titolo


Senza titolo

13


14 Il vento


Tornado

15


16 Studio per l’aurora


Senza titolo

17


18 Senza titolo


Senza titolo

19


20 Mediterraneo


Gioia del mare

21


22 Senza titolo


Le stelle dell’orsa

23


24 La melograna


Pomona

25


26 Studio per la Niobe


Senza titolo

27


28 Senza titolo


Senza titolo

29


30 Paolo e Francesca


Paolo e Francesca

31


32 Paolo e Francesca


San Francesco d’Assisi

33


34 San Francesco d’Assisi


Cardinale Lambertini

35


36 Porta di cattedrale


Madonna con bambino

37


38 Inferno Canto XXIII


Purgatorio Canto XVI

39


40 Paradiso Canto XIII




SCHEDE



DANZATRICI Scheda 1 Scultura in bronzo con basamento proprio raffigurante nudo di donna che effettua un passo di danza titolo riportato sul basamento “Il lago dei cigni” firmato su basamento “Càssino” altezza 45,5 cm lunghezza 8,2 cm profondità 8,4 cm Bibliografia: M. Monteverdi, Narciso Cassino scultore classico, 1978, n. 25 Narciso Cassino, F. Boneschi (a cura di), 1976 S. Vairelli, Lo scultore Narciso Càssino, 2000 Scheda 2 Scultura in bronzo con basamento proprio raffigurante nudo femminile in piedi, posizione di danza firmato sul basamento “Càssino” altezza 59,5 cm lunghezza 19,3 cm profondità 10 cm Bibliografia Narciso Cassino, F. Boneschi (a cura di), 1976 S. Vairelli, Lo scultore Narciso Càssino, 2000 Scheda 3 Scultura in bronzo con basamento proprio raffigurante nudo femminile in piedi firmato sul basamento “Càssino” altezza 49,5 cm lunghezza 9,7 cm profondità 17 cm Bibliografia Narciso Cassino, F. Boneschi (a cura di), 1976 S. Vairelli, Lo scultore Narciso Càssino, 2000


Scheda 4 Scultura in bronzo con basamento proprio raffigurante figura femminile in piedi, in posa di danza titolo riportato “Alla prova” firmato sul basamento “Càssino” altezza 75 cm lunghezza 24,5 cm profondità 18,3 cm Bibliografia: M. Monteverdi, Narciso Cassino scultore classico, 1978, n. 19 Narciso Cassino, F. Boneschi (a cura di), 1976 S. Vairelli, Lo scultore Narciso Càssino, 2000 Scheda 5 Scultura in bronz o con basamento proprio raffigurante nudo femminile in piedi firmato sul basamento “Càssino” altezza 69 cm lunghezza 14 cm profondità 14,5 cm Bibliografia Narciso Cassino, F. Boneschi (a cura di), 1976 S. Vairelli, Lo scultore Narciso Càssino, 2000 Scheda 6 Scultura in bronzo con basamento proprio di forma irregolare raffigurante nudo femminile in piedi con le braccia sollevate firmato sul basamento “Càssino” altezza 79 cm lunghezza 12 cm profondità 15,5 cm datazione: 1955 Bibliografia: L. Budigna, Narciso Cassino, 1962, n. 5 Narciso Cassino, F. Boneschi (a cura di), 1976 S. Vairelli, Lo scultore Narciso Càssino, 2000 Esposizioni: Promotrice delle Belle Arti, Torino, 1957


Il motivo della figura femminile intenta a danzare a partire dalle elaborazioni di età impressionista è divenuto uno dei soggetti più rappresentati della scultura moderna. Oltre al grande gruppo scultoreo dedicato alla Danza, e ideato da Jean-Baptiste Carpeaux per la decorazione del Teatro dell’Opera di Parigi tra il 1867 e il 1869, la serie più nota sul tema viene realizzata da Edgard Degas: le sue ballerine sono poco più che bambine ed egli combina elementi di vero tulle, nastri di seta e corpetti dipinti sui corpi in bronzo per dare naturalezza, levità ed immediatezza all’immagine plastica. In Italia, lo scultore Giacomo Manzù rappresenta con certezza il riferimento iconografico per il ciclo di realizzato da Narciso Cassino a partire dalla metà degli anni Cinquanta. Il primo esempio è dato dalla Danzatrice del 1955, una figura estremamente plastica, che Cassino raffigura con i piedi in quinta e le braccia alzate che sollevano i capelli acconciati in una coda di cavallo. Il riferimento diretto di questo bronzo non può essere che Passo di danza, modellato da Giacomo Manzù nel 1954. Cassino non abbandona mai il soggetto della danzatrice, se non per brevi periodi, nel momento in cui è impegnato in importanti ed impegnative committenze, come la Mater Dei di Tortona e il portale di San Paolo di Alba. Gli anni Cinquanta e Sessanta sono sicuramente più fecondi e i più originali, culminando nella serie dedicata alla Danzatrice in riposo e al momento Prima della prova, rispettivamente del 1960 e del 1970. Tra le prove più mature si colloca sicuramente il bronzo Il lago dei cigni, raffigurante una ballerina nell’atto di eseguire un arabesque: il corpo è pervaso di tensione drammatica e fisica, l’equilibrio è interamente affidato alla punta del piede destro, mentre la gamba sinistra e le braccia, parallele a terra, si protendono all’indietro. Il collo allungato spinge anch’esso all’indietro la testa, nel tentativo di controbilanciare il peso del corpo. La materia sembra quasi prendere il sopravvento sulla forma in questa prova di estrema sollecitazione emotiva. Coeve ed estremamente simili nell’iconografia e nel modello sono le tre sculture che raffigurano la danzatrice in piedi nell’atto di allungare le braccia verso il basso, stenderle in avanti e sollevarle infine all’altezza del capo, quasi una sorta di catalogo descrittivo dei movimenti e delle posizioni della danza classica. Il bronzo Alla prova (scheda 4) raffigura la danzatrice nell’atto di eseguire una troisé: la gamba destra è tesa all’indietro sulla punta del piede, la sinistra ha il piede in quinta e le braccia sono distese lungo i fianchi; la fanciulla indossa un tutù lungo e morbido, che cade drappeggiandole delicatamente le gambe e i fianchi. Sul collo lungo e sottile, memore dei ritratti di Modigliani, la testa della danzatrice termina con uno chignon, idoneo per la prova ufficiale. Nel complesso la composizione risulta di tarda realizzazione, intorno ai primi anni Settanta.


DANZATRICI IN RIPOSO Scheda 7 1960 Scultura in bronzo con basamento proprio raffigurante nudo femminile disteso firmato sul fianco anteriore in basso “Càssino” riportante il marchio “Fonderia artistica Battaglia Milano”altezza 75 cm lunghezza 145 cm profondità 34,5 cm datazione 1960 Bibliografia: Budigna L., Narciso Cassino, Milano, Edizioni Terremare, 1962, n. 36 S. Vairelli, Lo scultore Narciso Càssino, 2000 Esposizioni: Premio Nazionale Garzanti per la Scultura, Forlì – vincitore del Premio Vergani, 1960 VI Mostra d’Autunno, Associazione Piemonte Artistico e Culturale, Torino - vincitore del Premio Ministero della Pubblica Istruzione, 1960 Scheda 8 1960-1965 Scultura in bronzo con basamento proprio raffigurante nudo femminile che compie un esercizio di danza firmato su basamento “Càssino” riportante il marchio “Fonderia artistica Battaglia Milano” altezza 110 cm lunghezza 39,3 cm profondità 70,5 cm Bibliografia: Monteverdi M., Narciso Cassino scultore classico, Roma, Edizione Noi Pubblicisti, 1978, n. 4 S. Vairelli, Lo scultore Narciso Càssino, 2000 Scheda 9 aprile 1965 Scultura in bronzo con basamento proprio raffigurante nudo femminile disteso firmato sul cuscino “Càssino” altezza 21,7 cm, lunghezza 48,4 cm, profondità 15 cm


Bibliografia: S. Vairelli, Lo scultore Narciso Càssino, 2000 Il tema della Danzatrice in riposo viene sviluppato da Cassino dalla seconda metà degli anni Cinquanta, come dimostra il corpus di disegni esistenti: la sanguigna del 1957 è infatti il bozzetto da cui prende forma lo Studio per danzatrice in riposo, un bronzo coevo, esposto alla III Mostra d’Autunno del Piemonte Artistico e Culturale nel 1959. Dallo Studio emerge già la costruzione compiuta della Danzatrice in riposo o distesa (scheda 7) del 1960: Cassino realizza una figura femminile distesa sul fianco sinistro, il cui peso grava su due punti di appoggio, posti rispettivamente sotto la gamba, tra la coscia e il ginocchio, e sotto la parte superiore del torace. La modella è di giovane età, come dimostra l’acconciatura dei capelli in due codini, con la scriminatura perfettamente centrale; il corpo è avvolto in uno scaldacuore che le copre anche i fianchi, mentre i piedi calzano le scarpette da ballo con la punta rigida, allacciate alWle caviglie. La fanciulla ha gli occhi chiusi, in atteggiamento di riposo dopo la prova di danza: con la mano sinistra si sorregge il capo, mentre il braccio destro cade, mollemente, in avanti. La scultura, esposta a Forlì in occasione della manifestazione organizzata dalla Fonazione Garzanti, si aggiudica il Premio Vergani e, nel medesimo anno, il riconoscimento attribuito dal Ministero della Pubblica Istruzione alla VI Mostra d’Autunno, curata dall’Associazione Piemonte Artistico e Culturale di Torino. L’anno successivo Cassino realizza un bronzo di dimensioni più ridotte (scheda 9) declinando il medesimo soggetto, seppure con alcune modifiche: la fanciulla è appoggiata su un cuscino e non ha indosso le scarpette da ballo. Il motivo della Danzatrice in riposo viene tuttavia investigato da Cassino anche attraverso differenti modelli: nel 1961 lo scultore realizza infatti un’altra versione del motivo, in cui la ballerina, raffigurata con i codini, lo scaldacuore e le scarpette, si riposa appoggiata su una seduta, sostenendosi con le braccia, e distendendo la gamba destra in avanti, mentre la sinistra è piegata. Il corpo delinea un angolo di circa 45° rispetto al piano, il capo è rivolto verso sinistra e e il mento verso l’alto. Elementi ricorrenti tra le diverse realizzazioni risultano quindi essere i punti di appoggio, parallelepipedi non connotati come oggetti d’arredo, e l’abbigliamento, solitamente molto più scarno se non assente nelle figure delle danzatrici. Come sottolinea Monteverdi nel catalogo del 1978, il tema delle Danzatrici diventa centrale per Cassino, ad eccezione della parentesi di tempo dedicata alla realizzazione delle bozze delle forme definitive per la porta di San Paolo ad Alba, a cui Cassino lavora nel 1963-1964; successiva a tale data è quindi una terza versione della Danzatrice in riposo (scheda 8): la figura, connotata dal medesimo abbigliamento, si riposa allungando il muscoli dopo la prova. La gamba destra è protesa all’indietro, mentre sulla sinistra poggia il peso dell’interno corpo e si incrociano le due mani; la postura è eretta, il collo diritto e lo sguardo rivolto in avanti. A differenza delle numerose Danzatrici esili e allungate, la figura è estremamente solida e monumentale.


FRAMMENTI Scheda 10 1965 Scultura in bronzo senza basamento raffigurante figura femminile acefala e priva di braccia che esegue un passo di danza titolo “Passo di danza frammento” firmato sul piede destro “Càssino” altezza 96 cm lunghezza 80 cm profondità 62 cm Bibliografia: L. Budigna, Narciso Cassino, 1962 M. Monteverdi, Narciso Cassino scultore classico, 1978, numero 3 S. Vairelli, Lo scultore Narciso Càssino, 2000 Scheda 11 1965 circa Scultura in bronzo con basamento proprio raffigurante nudo femminile seduto, acefalo e privo di avambracci e piedi firmato sulla base “Càssino” altezza 47 cm lunghezza 25,5 cm profondità 22 cm Bibliografia: L. Budigna, Narciso Cassino, 1962 M. Monteverdi, Narciso Cassino scultore classico, 1978, numero 3 S. Vairelli, Lo scultore Narciso Càssino, 2000 L’idea della figura femminile frammentata, priva delle estremità e così apparentemente vicina al reperto della classicità romana e greca è desunto direttamente dalla lezione di Marino Marini, che concepisce secondo questa iconografia le prime versioni di Pomona. Le prove iniziali di Cassino sul tema del corpo femminile frammentato si datano intorno al 1944, anno in cui realizza una figura di donna dal collo alle ginocchia, priva quindi della testa, delle braccia e delle gambe, come testimonia la pubblicazione del 1962 curata da Budigna. Uno tra i frammenti più noti è il vincitore del Premio Vergani del 1960, insieme alla Danzatrice in riposo. Dell’opera attualmente non si conosce la collocazione, ma la descrizione


desumibile dagli scritti dell’epoca delinea una figura maschile, simile al David, privo degli arti. I due bronzi in oggetto sono invece figure femminili appartenenti al ciclo delle Danzatrici. Delle due Passo di danza frammento è realizzato nel 1965 e raffigura la danzatrice acefala e priva di braccia nell’atto di eseguire un’evoluzione coreutica. Il corpo è vestito con uno scaldacuore che copre anche i fianchi, mentre ai piedi sono calzate le scarpette con la punta in gesso. Di dimensioni più ridotte è il nudo acefalo seduto, che mostra invece un corpo di donna con le gambe piegate e il busto inclinato, una posizione ricca di leggerezza e grazia, appartenente alla sfera iconografica del balletto.


GIOVINETTE SEDUTE Scheda 12 Scultura in bronzo con basamento proprio raffigurante nudo femminile seduto firmato “Càssino” altezza 67,5 cm lunghezza 33,5 cm profondità 19 cm Bibliografia: M. Monteverdi, Narciso Cassino scultore classico, 1978, n. 27 S. Vairelli, Lo scultore Narciso Càssino, 2000 Scheda 13 Scultura in marmo raffigurante nudo femminile seduto firmato “Càssino” altezza 70,5 cm lunghezza 20 cm profondità 33,7 cm Bibliografia: S. Vairelli, Lo scultore Narciso Càssino, 2000 Il motivo della fanciulla seduta ricorre nell’opera di Cassino dai primi anni Sessanta, nei differenti cicli delle Bagnanti e delle Danzatrici, pur essendo sempre caratterizzate da elementi che ne distinguono l’appartenenza tematica. La prima scultura indipendente dai temi della danza o del mare è Bambina seduta, una piccola creta del 1962, raffigurata con i capelli acconciati a codini, la mano destra appoggiata sulla gamba e i piedi divergenti tra loro. L’iconografia della Giovinetta seduta rielabora questa prima prova, pur presentando alcune affinità con i modelli del ciclo delle Danzatrici in riposo: anche qui la figura femminile, la cui acconciatura ricorda quella di una ballerina, è seduta su un elemento privo di connotazione d’arredo e ricoperto da un panno, con le braccia che sorreggono lateralmente il peso del corpo e le gambe leggermente allungate in avanti. Mancano tuttavia gli oggetti emblematici dell’iconografia della danzatrice, in particolar modo le scarpe da ballo. La fanciulla è infatti scalza, e completamente nuda, il volto è sereno e lo sguardo distante. Cassino realizza di questo medesimo soggetto una seconda versione in marmo, meno materica nel corpo e nel trattamento della seduta, di datazione sicuramente posteriore al bronzo, visto il percorso espressivo dell’artista, che si avvicina al marmo solo in tarda età.


IL VENTO Scheda 14 Scultura in bronzo con basamento proprio raffigurante figura femminile in piedi, con le braccia sollevate e le mani tra i capelli, l’abito mosso dal vento titolo riportato sul basamento “Il vento” firmato sul basamento “Càssino” altezza 42,5 cm lunghezza 19 cm profondità 13 cm Scheda 15 Scultura in bronzo con basamento proprio raffigurante figura femminile panneggiata in atto di cadere titolo su basamento “Tornado” firmato “Càssino” altezza 43 cm lunghezza 11,5 cm profondità 17,5 cm

Il tema della forza dell’aria è al centro di questo piccolo ciclo composto da due bronzi, aventi circa la medesima altezza. Il soggetto, la figura umana in balia del vento, richiama l’iconografia dantesca del girone infernale dei lussuriosi, in cui Paolo e Francesca incontrano il Poeta e gli raccontano la loro vicenda. La datazione delle due opere si collocherebbe allora intorno alla metà degli anni Settanta: Cassino partecipa infatti alla seconda Biennale Internazionale Dantesca nel 1975, presentandovi il bronzi e i disegni sui due amanti. Nella fase preparatoria delle opere sul tema dantesco Cassino realizza numerosi bozzetti preparatori che potrebbero essere ricondotti all’iconografia della donna in balia del vento. Fuori della cornice letteraria, Cassino tratta il tema con leggerezza, realizzando, nel bronzo Il vento, un connubio tra l’iconografia della ninfa e della danzatrice; il riferimento alle mani che spingono indietro i capelli può essere nuovamente il Passo di danza di Manzù, per quanto la resa del soggetto sia profondamente differente. Ben più irruente è l’azione dell’aria inTornado: qui la figura femminile è gettata a terra dalla violenza degli agenti atmosferici, priva di controllo sul proprio equilibrio. Le gambe sono sollevate e spinte verso l’alto, insieme alla lunga gonna che le riveste, mentre le braccia sono sollevate e piegate all’indietro.


L’AURORA Scheda 16 Scultura in bronzo con basamento proprio raffigurante figura femminile panneggiata titolo “Studio per l’aurora” firmato “Càssino” altezza 43 cm lunghezza 70 cm profondità 13 cm datazione 1970 Bibliografia: M. Monteverdi, Narciso Cassino scultore classico, 1978, n. 21 S. Vairelli, Lo scultore Narciso Càssino, 2000 Scheda 17 Aurora ( 1978 ) Scultura in marmo raffigurante nudo femminile disteso firmato sul retro “Càssino” altezza 30 cm lunghezza 85,5 cm profondità 15 cm datazione 1978 Bibliografia: M. Monteverdi, Narciso Cassino scultore classico, 1978, n. 33 S. Vairelli, Lo scultore Narciso Càssino, 2000 Scheda 18 Scultura in marmo raffigurante nudo femminile in piedi firmato sul basamento “Càssino” altezza 75,5 cm lunghezza 20 cm profondità 18,5 cm Bibliografia: S. Vairelli, Lo scultore Narciso Càssino, 2000


La figura distesa che Cassino realizza nel 1970, intitolata Studio per l’Aurora, richiama la postura del bronzo Le stelle dell’orsa: la fanciulla, con gli occhi socchiusi, ha il braccio sinistro posto dietro la testa, con la mano aperta e distesa, mentre il braccio destro è allungato parallelamente alle gambe. Sul corpo è visibile un drappeggio sottile all’altezza dei fianchi, mentre il busto, esile e quasi privo di forme, è nudo; la figura è appoggiata ad una forma mossa da una parziale rotazione delle pieghe del bronzo. Dal primo studio alla versione finale passano oltre otto anni, durante i quali il soggetto viene studiato attraverso una nutrita serie di disegni preparatori, anche di grandi dimensioni, come testimonia l’esemplare a matita pubblicato da Monteverdi sul catalogo del 1978. La pubblicazione presenta anche la versione in marmo del primo progetto bronzeo: L’Aurora è infatti una figura femminile addormentata, dal corpo liscio e levigato disteso su una superficie ruvida e porosa. Il corpo della donna è completamente nudo, in una posizione che evoca le prime tensioni muscolari del risveglio: la leggera torsione del busto rispetto alle anche e l’apertura delle braccia sul capo sono il preludio al sorgere del sole e quindi al ridestarsi di Aurora. Il modello presenta dichiarate affinità con il marmo Estate, leggermente più piccolo, anch’esso realizzato intorno al 1978, e con la Figura di donna (036) in postura eretta, che sembra emergere dal marmo come attraverso un velo: il piede sinistro e l’avambraccio destro non sono ancora visibili, mentre il corpo nudo ha forme molto affini alla protagonista de L’Aurora, così come il trattamento del marmo che fa da supporto.


GIOIA DEL MARE Scheda 19 Scultura in bronzo con basamento proprio raffigurante nudo di donna acefalo, privo di braccia e piedi firmato sul basamento “Càssino” altezza 52,7 cm lunghezza 14 cm profondità 10 cm Bibliografia: S. Vairelli, Lo scultore Narciso Càssino, 2000 Scheda 20 Scultura in bronzo con basamento proprio raffigurante nudo di donna che si asciuga i capelli con un panno titolo riportato sul basamento: “Mediterraneo” firmato sul basamento “Càssino” altezza 61,5 cm lunghezza 16 cm profondità 11 cm Bibliografia: S. Vairelli, Lo scultore Narciso Càssino, 2000 Scheda 21 Scultura in bronzo con basamento proprio raffigurante nudo femminile in piedi, con le braccia alzate che sorreggono una conchiglia sul capo titolo riportato sul basamento: “Gioia del mare” firmato sul basamento “Càssino”altezza 151,5 cm lunghezza 29,5 cm profondità 30 cm Bibliografia: S. Vairelli, Lo scultore Narciso Càssino, 2000 Scheda 22 Studio per la gioia del mare Scultura in bronzo con basamento proprio raffigurante nudo femminile acefalo, privo di braccia e del piede sinistro


firmato sul basamento “Càssino” altezza 61,5 cm, lunghezza 12,5 cm, profondità 11 cm Bibliografia: M. Monteverdi, Narciso Cassino scultore classico, 1978, n. 29 S. Vairelli, Lo scultore Narciso Càssino, 2000 Il tema della Gioia del mare si rifà al tema della bagnante, una figura femminile, solitamente nuda, in atto di prendere il sole o di bagnarsi nell’acqua; il motivo, desunto dalle iconografie del cosiddetto Bagno di Diana e di Susanna e i vecchioni, è ampiamente diffuso nella pittura e nella scultura a partire dal primo Ottocento: la figura della bagnante ispira numerose operei, da Ingres a Renoir, fino a Cézanne e all’arte della prima metà del Novecento. Il riferimento di Cassino per la realizzazione della Gioia del mare va cercato nell’insegnamento del maestro Francesco Messina, per il quale il nudo diventa fin dalla fine degli anni Venti il linguaggio attraverso cui approfondire la ricerca artistica; né è ampia dimostrazione il ciclo delle Bagnanti presentato da Messina alla personale milanese del 1929. Cassino si dedica al tema del mare fin dai primi anni Cinquanta, esponendo parte delle sculture realizzate sul soggetto all’esposizione del 1959 all’associazione Piemonte Artistico e Culturale, con sede in Torino. Per il bronzetto Studio per la gioia del mare, Cassino sceglie di raffigurare la propria bagnante come un frammento della statuaria classica, privo della testa, delle braccia e del piede sinistro; il corpo, affusolato e magro, quasi efebico, è inarcato all’indietro con le spalle sollevate, come ad alzare il braccio sinistro al cielo e protendere il destro all’indietro. Il piede destro scarica il peso del corpo sulla punta, evocando sapientemente un passo di danza. Cassino inoltre ripropone la postura e l’iconografia del frammento classico, utilizzata nello Studio per la gioia del mare, nel bronzetto che ritrae un nudo femminile acefalo, privo di braccia e piedi. La scultura raffigura un corpo femminile in piedi, con il baricentro spostato in avanti, e il peso del corpo interamente scaricato sulla gamba destra, mentre la sinistra in avanti ripropone una posizione coreutica. Il torace è ruotato verso sinistra, mentre le due spalle sono asimmetriche: la sinistra è protesa verso l’alto, la destra verso il basso. L’opera definitiva, Gioia del mare, mostra una variazione rispetto all’idea iniziale: la figura in bronzo dorato ha il volto sorridente e sereno, mentre con le braccia alzate sul capo tiene tra le mani una grande conchiglia; la donna pone i piedi uno davanti all’altro, elemento che conferisce asimmetria alla postura della figura. La relazione iconografica tra la figura femminile e la grande conchiglia può far pensare alla raffigurazione classica della nascita di Venere o delle Nereidi, le ninfe marine figlie di Nereo. Tematicamente vicino alla Gioia del mare è il bronzo Mediterraneo, le cui dimensioni corrispondono a quelle dello Studio: la figura femminile è qui intenta ad asciugarsi i capelli con un panno, con le braccia ed i gomiti alzati e le gambe incrociate tra loro. Il corpo è esile e magro, il collo allungato, i capelli sembrano una massa plastica tutt’uno con l’asciugamani.


LE STELLE DELL’ORSA Scheda 23 1962 circa Scultura in bronzo senza basamento proprio raffigurante nudo di donna disteso titolo riportato sul lato destro della scultura “Le stelle dell’orsa” firmato sul retro “Càssino” altezza 43 cm lunghezza 23 cm profondità 15 cm

Il bronzo, raffigurante una donna distesa, appoggiata su un fianco, riporta l’iscrizione dell’Artista “Le stelle dell’Orsa” ; sulla figura e sul basamento non è riportata alcuna datazione, ma la scelta del titolo richiama due omonime composizioni artistiche dei primi anni Sessanta. Nel 1962 il Quartetto Cetra, gruppo canoro costituito di quattro voci, incide la canzone Le stelle dell’Orsa Maggiore, che oltre ad essere un grande successo musicale diventa sigla del programma Studio Uno nella stagione 1962-1963, condotto da Walter Chiari; sempre nel 1962 viene pubblicato il romanzo Le stelle dell’Orsa, della siciliana Teresa Carpinteri. Si potrebbe quindi proporre una datazione a ridosso dei due eventi. Iconograficamente Cassino dà forma ad una giovane distesa, sorridente, con lo sguardo rivolto verso l’alto, il braccio destro piegato dietro la testa e il sinistro lungo il corpo; la gamba sinistra è distesa, mentre la destra è leggermente piegata, in una postura affine a quella del riposo e del sogno. L’inclinazione del corpo tuttavia suggerisce una posa meditata, come desunta da una narrazione mitologica: una ninfa o un personaggio dell’iconografia pagana.


POMONA Scheda 24 Scultura in bronzo con basamento proprio raffigurante nudo di donna con pomo nella mano destra titolo riportato sul basamento “La melograna” firmato sul basamento “Càssino” altezza 72,5 cm lunghezza 14,2 cm profondità 18 cm Scheda 25 Pomona Scultura in bronzo con basamento proprio raffigurante nudo femminile che regge una mela nella mano sinistra e una spiga nella destra firmato sul basamento “Càssino” altezza 42,5 cm diametro base 8,5 cm L’iconografia classica descrive Pomona come una ninfa pagana abitante nei boschi fuori Roma, il cui compito era presiedere alla crescita e alla maturazione della frutta; la divinità è pertanto rappresentata solitamente con un pomo in una mano e un ramo fiorito nell’altro. Nel sacrario romano essa si colloca accanto al marito Vertumno, divinità che presiede la raccolta autunnale del raccolto, e vicina a Cerere, la dea della maturazione delle messi. Essendo una divinità minore, Pomona non viene raffigurata con la medesima frequenza delle altre figure sacre della mitologia e della religione antica. Tuttavia, il riferimento di Cassino qui non può essere che il lavoro dello scultore Marino Marini, autore di uno straordinario ciclo dedicato a Pomona, il cui primo esemplare risale al 1935. L’immagine della Pomona di Marini è la rappresentazione della fecondità pagana e arcaica, evidenziata dall’opulenza delle forme nude del corpo femminile e dalla sintesi estrema dei particolari del volto. Rispetto alle opere di Marini, le figure di Cassino sono caratterizzate dagli elementi ricorrenti dello stile dell’artista lomellino: figure esili e snelle, dai corpi allungati, più simili a ballerine che non a divinità pagane. In La melograna la figura femminile è estremamente assottigliata, con il collo lungo e le spalle magre, le braccia aderenti al corpo, le cui curve dei fianchi sono appena abbozzate; la figura, completamente nuda, poggia il proprio peso sul piede sinistro, posto


anteriormente al destro, mentre nella mano destra tiene una melagrana, simbolo pagano e cristiano di rinascita. I particolari del volto sono abbozzati, ma non delineati con la precisione della ritrattistica di Cassino: gli occhi sono tratteggiati dalla forma delle sopracciglia e dal naso leggermente adunco, mentre le labbra carnose sono leggermente arricchiate in un sorriso. Nel bronzo raffigurante Pomona, Cassino adotta uno stile molto più vicino alle soluzioni della scultura arcaica italica: il corpo femminile nudo assume un peso e un volume più deciso, così come la postura ricalca con fedeltà l’immagine delle statuette delle divinità protettrici poste nei larari per la devozione domestica. La figura è realizzata con i piedi leggermente divaricati e con il sinistro più avanti del destro; le braccia sono sollevate all’altezza dei gomiti e le mani recano rispettivamente a destra un ramo fiorito (o una spiga di grano, in una sorta commistione con il culto di Cerere), la cui forma viene suggerita anche nell’acconciatura dei capelli, e a sinistra un pomo. Il volto della divinità è sorridente, lo sguardo fisso davanti a sé, la posizione estremamente statica, ieratica. Il bronzo presenta segni di doratura, maggiormente evidenti sugli emblemi della divinità e sulla capigliatura.


STUDIO PER LA NIOBE Scheda 26 1975 circa Scultura in bronzo con basamento proprio raffigurante nudo femminile disteso titolo riportato sul basamento “Studio per la Niobe” firmato sul basamento “Càssino” altezza 23 cm lunghezza 25 cm profondità 11,5 cm

Il titolo propone un tema legato alla mitologia greca, la storia di Niobe, figlia di Tantalo. La donna sposa Anfione re di Tebe, da cui partorisce sette figli maschi e sette figlie femmine; la sua fertilità diventa così motivo di superbia tanto da indurre la donna a dichiararsi superiore alla dea Latona, generatrice di Apollo e Diana. Le due divinità, per vendicare l’offesa subita dalla madre, sterminano con arco e frecce tutti i quattordici figli di Niobe. Cassino decide di raffigura il finale della narrazione mitologica, il momento in cui Niobe, sconvolta dal dolore si trasforma in roccia dalla quale continuano a sgorgare lacrime in forma di sorgente. La scultura rappresenta una danzatrice con la parte superiore del corpo a terra e le gambe leggermente sollevate verso l’alto, in balia degli eventi sovrannaturali, simile per certi versi a Tornado, altro piccolo bronzo del medesimo periodo. Ai piedi sono allacciate le scarpette di danza, mentre intorno alla vita è panneggiata una stoffa sottile.


RITRATTI Scheda 27 Scultura in bronzo senza basamento raffigurante busto femminile nudo firmato “Càssino” altezza 28 cm lunghezza 7cm profondità 5 cm Scheda 28 Grazia ( 1952 ) Scultura in bronzo senza basamento raffigurante testa femminile firmato sul retro “Càssino” altezza 37 cm lunghezza 15 cm profondità 27 cm datazione: 1952 Bibliografia: L. Budigna, Narciso Cassino, 1962, n. 8 Esposizioni: 1953, Mostra personale, Castello Sforzesco, Vigevano Fin dalla fine degli anni Quaranta e per tutti gli anni Cinquanta, prima di dedicarsi quasi interamente al motivo delle Danzatrici e ai soggetti d’arte sacra, Cassino dimostra dedizione per la ritrattistica, come testimoniano gli esemplari esposti nel 1951 presso il Circolo degli Artisti a Torino. Grazia, un piccolo bronzo raffigurante il volto della moglie, risale all’anno successivo all’esposizione, e viene presentato per la prima volta alla mostra personale che Cassino allestisce a Vigevano, presso il Castello Sforzesco, nel 1953. Il modello e il trattamento della materia dimostrano l’influenza ancora presente del maestro Francesco Messina, soprattutto per l’attenzione al dato plastico e fisionomico: i dettagli del viso sono evidenti, il naso è delineato con precisione, così come il taglio degli occhi non ha ancora risentito del mutamento di linguaggio che caratterizza parte della produzione plastica tra la fine degli anni Cinquanta e la metà degli anni Sessanta. Forme più sintetizzate e una densità materica maggiore caratterizzano, invece, il piccolo Ritratto femminile, probabilmente realizzato alla fine degli anni Cinquanta.


NUDO MASCHILE Scheda 29 1953 circa Scultura in bronzo con basamento proprio raffigurante nudo maschile in piedi, privo di braccia firmato sul basamento “Càssino” altezza 33,5 cm lunghezza 9 cm profondità 6 cm

Il motivo è meno ricorrente rispetto ai grandi cicli dedicati alle Danzatrici o alle rappresentazioni a carattere sacro, pur tuttavia non risulta completamente assente dalla produzione plastica di Cassino. Nel 1937, infatti, aveva realizzato il nudo maschile, in gesso, parte dell’opera ispirata alla vicenda di padre Giuliani, il sacerdote ucciso in Abissinia nel 1935: il successo della scultura fu tale da essere acquisita dalla Galleria d’Arte Moderna di Milano, dove è ancora conservata. Il piccolo bronzo in oggetto raffigura un giovane uomo in piedi, privo delle braccia, eco delle forme scultoree classiche e delle coeve esperienze del maestro di Cassino, Francesco Messina. L’influenza del quale è riconoscibile nella resa naturalistica degli elementi fisici e nell’intensità espressiva della figura: serena e distante dalle questioni del vivere, appartenente al passato più remoto della civiltà. Lo stile e il soggetto suggeriscono quindi una datazione che si può collocare nella prima metà degli anni Cinquanta, non troppo distante dall’altra grande prova scultorea di soggetto maschile, il David del 1952.


PAOLO E FRANCESCA Scheda 30 1975 Scultura in bronzo dorato senza basamento firmato sul panneggio sottostante il corpo di Paolo, nella piega inferiore “Càssino” altezza 51 cm lunghezza 33,7 cm profondità 15 cm datazione desunta 1975 Bibliografia: Narciso Cassino, F. Boneschi (a cura di), 1976, n. 10 S. Vairelli, Lo scultore Narciso Càssino, 2000 Scheda 31 1975 circa Scultura in bronzo senza basamento proprio altezza 20,8 cm lunghezza 32,5 cm profondità 19 cm Bibliografia: Narciso Cassino, F. Boneschi (a cura di), 1976, n. 12 S. Vairelli, Lo scultore Narciso Càssino, 2000 Esposizioni: II Biennale Internazionale d’Arte Dantesca di Ravenna, 1975 Il soggetto di dichiarata matrice dantesca raffigura Paolo e Francesca, gli amanti protagonisti del canto V dell’Inferno, ambientato nel girone dei lussuriosi, che il poeta definì “[i] duo che insieme vanno,/ e paion sì al vento esser leggieri”. Casino realizza i due bronzi nel 1975, in occasione della II Biennale Internazionale Dantesca di Ravenna, dedicata quell’anno alla “Figura e opera di Dante”; lo scultore, che vi partecipa per la prima volta, sviluppa il soggetto dell’abbraccio dei due amanti, realizzando differenti versioni in bronzo, gesso, marmo e terracotta, nonché un nutrito numero di disegni preparatori. L’artista rivisita più volte il soggetto, focalizzando l’attenzione sui due elementi chiave della scena: l’abbraccio fisico e carico di sentimento dei due protagonisti e la forza superiore ad essi che li trascina in una sorta di vortice. Gli elementi di contatto tra i due bronzi sono evidenti nella resa del tema: il loro abbrac


cio dà infatti vita ad un unico corpo in balia del moto costante ed ondulatorio delle anime del girone infernale. Gli amanti, abbracciati, formano una curva le cui estremità sono rappresentate dalle mani unite e protese dietro la testa e dalle gambe piegate, con i piedi che si sfiorano. I corpi sono nudi e asciutti, la posizione evoca una danza amorosa, lontana tuttavia dalla drammaticità della pena eterna. Nella versione in bronzo dorato, l’abbraccio dei due amanti assume un tono più drammatico, enfatizzato dall’espressione muta e dolorosa di Paolo, con gli occhi chiusi e le labbra strette, e dalla postura di Francesca, che inarca la schiena stringendosi la testa tra le mani, in un gesto al confine tra il dolore e l’estasi amorosa. La quasi interezza del ciclo dedicato a Paolo e Francesca e prodotto nel 1975 è pubblicato sul catalogo monografico del 1976, a cura di Francesco Boneschi.


SANTA CHIARA Scheda 32 1953 circa Scultura in bronzo con basamento proprio raffigurante Santa Chiara in estasi firmato “Càssino” altezza 40,5 cm lunghezza 11,8 cm profondità 12 cm Bibliografia: S. Vairelli , Lo scultore Narciso Càssino, 2000 Nel 1953 Cassino realizza una Santa Chiara in bronzo, attualmente parte della collezione permanente del Museo d’Arte Sacra Villa Clerici di Milano, presentata al concorso nazionale dedicato alla celebrazione della Santa. Il bronzo i oggetto, successivo a quello conservato nel museo, rappresenta la figura di Santa Chiara in piedi, in atteggiamento estatico, mentre stringe tra le braccia una corona di spine, metafora della passione di Cristo. Il collo allungato e la testa riversa all’indietro, come gli occhi chiusi e l’espressione rapita e sorridente alludono allo stato di grazia vissuto dalla Santa; il panneggio estremamente mosso copre completamente la parte inferiore della figura, che nella parte superiore assume una fisicità più vicina all’umano che allo spirituale. Anche il velo, che ricopre il capo di Chiara, ricade all’indietro più simile alla morbidezza di una lunga capigliatura.


SAN FRANCESCO D’ASSISI Scheda 33 1977 Scultura in bronzo dorato con basamento proprio raffigurante San Francesco d’Assisi in piedi, con le braccia spalancate titolo riportato sul basamento: “Nel crudo sasso intra Tevere e Arno, da Cristo prese l’ultimo sigillo” firmato sul basamento “Càssino” altezza 53 cm lunghezza 15 cm profondità 9 cm Bibliografia: A. P. Arisi Rota, Narciso Cassino. La bellezza: Dio e l’uomo, in «Tutto Vigevano», Vigevano, novembre 1996 G. Castelli , Sacro e profano nella scultura di Narciso Cassino, in «Viglevanum», XII, Vigevano, 2002, pp. 32-39 S. Vairelli, Lo scultore Narciso Càssino, 2000 Esposizioni: III Biennale Internazionale Dantesca di Ravenna, 1977 Scheda 34 1983 Scultura in bronzo con basamento proprio raffigurante San Francesco d’Assisi in gloria titolo riportato: “Paradiso Canto XI, 37” incisione sul basamento: “...fu tutto serafico in ardore” altezza 40 cm lunghezza 17,8 cm profondità 11,5 cm Bibliografia: A. P. Arisi Rota, Narciso Cassino. La bellezza: Dio e l’uomo, in «Tutto Vigevano», Vigevano, novembre 1996 G. Castelli , Sacro e profano nella scultura di Narciso Cassino, in «Viglevanum», XII, Vigevano, 2002, pp. 32-39 S. Vairelli, Lo scultore Narciso Càssino, 2000 Esposizioni: VI Biennale Internazionale Dantesca di Ravenna, 1983


Il tema religioso ha un ruolo dominante nell’intera produzione di Cassino. Il frate francescano, fondatore dell’ordine dei Poverelli di Cristo, è il soggetto di questi due bronzi, realizzati nella maturità dell’artista. La figura di San Francesco è resa in entrambi i casi con le braccia spalancate, postura che evoca la crocifissione di Cristo e che esprime la fede assoluta nell’opera divina, estendendo la condizione d’elezione spirituale del Santo all’intero creato. Occasione per la realizzazione di entrambe le sculture è la partecipazione alle due Biennali Internazionali Dantesche del 1977 e del 1983: in entrambe Cassino presenta due sculture dedicate a San Francesco, traendo ispirazione dal Canto XI del Paradiso dantesco, in cui il poeta descrive il Cielo del Sole, ove riposano gli Spiriti Sapienti. La prima delle due sculture raffiguranti il Santo reca sul basamento l’incisione “Nel crudo sasso intra Tevere ed Arno /da Cristo prese l’ultimo sigillo”, citazione dei versi 106-7 del canto XI del Paradiso: il passo allude alla comparsa delle stigmate sul corpo di Francesco, ultimo segno della Passione di Cristo, episodio che secondo le agiografie avvenne due anni prima della morte del Santo, il 17 settembre 1224, sul monte Verna, situato appunto tra le valli del Tevere e dell’Arno. La scultura è da datarsi 1977, anno in cui l’artista partecipa alla III Biennale Internazionale Dantesca, dedicata quell’anno a “Dante e San Francesco”. Il secondo bronzo viene presentato nel 1983 alla VI Biennale Internazionale Dantesca di Ravenna, dedicata quell’anno al “Paradiso di Dante: l’uomo di fronte al mistero della fede”. Anche qui il Santo è ritratto con le braccia spalancate e il corpo emaciato coperto dal saio; sul basamento viene riportata l’incisione “...fu tutto serafico in ardore”, corrispondente al verso 37 del canto XI del Paradiso, in cui san Tommaso descrive le virtù di San Francesco, ardente di carità come un Serafino, e di San Domenico, eletto per sapienza. La scelta di raffigurare San Francesco con le braccia aperte prefigura il Cristo del Fonte Battesimale della Chiesa di Santa Giulia di Torino, realizzato nel 1989, e successivamente il medesimo soggetto, commissionato dalla Parrocchia di Cilavegna, nel pavese, nel 1995.


CARDINALE LAMBERTINI Scheda 35 1960 circa Bassorilievo in gesso dorato con cornice lignea raffigurante un gruppo di figure intorno ad un prelato firmato anteriormente “Càssino” altezza 81,3 cm 87 cc lunghezza 141 cm 145 cc profondità 10 cm

Il soggetto è desunto dalla biografia del religioso Prospero Lambertini, cardinale di Bologna, salito al soglio pontificio con il nome di Benedetto XIV con cui regnò dal 1740 al 1758. Nuovamente, come per Le stelle dell’orsa, emergono alcune influenze provenienti dalla cinematografia e dalla produzione teatrale degli anni Cinquanta e Sessanta. Nel 1954 ebbe infatti un grande successo la pellicola intitolata Il Cardinale Lambertini, diretta da Giorgio Pastina e interpretata da Gino Cervi, Arnoldo Foà e Virna Lisi, a sua volta ispirata alla pièce di Alfredo Testoni del 1905. Pochi anni dopo, da essa viene tratta anche una serie televisiva, per cui la storia romanzata del cardinale che si oppone alle difficoltà poste da due famiglie al matrimonio dei loro rampolli diviene fatto noto. Cassino si ispira alla narrazione realizzando un bassorilievo in gesso dorato in cui il centro della composizione è occupato dal protagonista che, sorreggendo il calice dell’Eucarestia, è in procinto di somministrare la comunione ai fedeli inginocchiati e assiepati intorno a lui. Tra i presenti alcune figure femminili, un bambino e numerose figure maschili dai volti penitenti. Il soggetto religioso non è nuovo per Cassino, che ottiene le prime commissioni per la realizzazioni di sculture a tema sacro nella prima metà degli anni Cinquanta; inoltre la partecipazione dell’artista all’esposizione di Arte sacra tenutasi a Bologna nel 1960 può aver influito sulla scelta del soggetto per il bassorilievo.


ICONOGRAFIA MARIANA Scheda 36 1962 Bassorilievo in bronzo per portale con cornice lignea raffigurante scena religiosa tripartita titolo “Porta di cattedrale” firmato in basso a destra “Cassino” Iscrizione: lato sinistro “La tua benignità non pur soccorre/ a chi domanda ma molte fiate/liberamente al dimandar precorre”; lato destro”In te misericordia, in te pietate,/ in te magnificenza, in te s’aduna/ quantunque in creatura è di bontate” (Paradiso, Canto XXXIII, vv.16-21)altezza 68,5 cm lunghezza 35,5 cm profondità 3 cm Bibliografia S. Vairelli, Lo scultore Narciso Càssino, 2000 Esposizioni: 1962 Esposizione d’Arte Sacra, Roma Scheda 37 Bassorilievo in marmo firmato “Càssino” altezza 52 cm lunghezza 38 cm profondità 7,5 cm Bibliografia S. Vairelli, Lo scultore Narciso Càssino, 2000

Il motivo della Vergine Maria è ampiamente trattato nella produzione artistica di Narciso Cassino. Oltre alle committenze di grande notorietà come la Madonna con Bambino per il Santuario di Tortona, dalle considerevoli dimensioni di 14 metri di altezza, lo scultore è infatti impegnato più volte nella progettazione e realizzazione di opere a soggetto mariano. Il bassorilievo in marmo, raffigurante la Mater Dei è infatti profondamente segnata dall’esperienza tortonese, soprattutto per la monumentalità dei protagonisti, elemento a cui contribuisce la scelta del marmo, il che conduce a proporre una datazione avanzata, oltre la metà degli anni Settanta.


Precedente, e databile intorno al 1962, è il bassorilievo bronzeo esposto in quell’anno alla mostra d’Arte Sacra di Roma. La ripartizione dello spazio suggerisce che il progetto è riferito alla realizzazione di un portale per cattedrale, come si evince dall’iscrizione riportata sul retro della scultura. Cassino sceglie di dividere la scena in tre momenti cronologicamente contemporanei, ma spazialmente separati tra loro. Nella parte superiore lo scultore rappresenta la Madonna in Maestà, mentre viene incoronata da schiere angeliche; intorno a Lei vi sono Santi e Beati seduti in semicerchio, mentre inginocchiato alla sua destra viene raffigurato il Cristo benedicente. La parte inferiore, divisa in due ante in corrispondenza dell’apertura delle porte, mostra la fondazione della Chiesa Cristiana: a sinistra si trova il pontefice, vestito dei paramenti sacri, ai cui piedi giace la pietra di fondazione indicata a Cristo al suo discepolo prediletto, ed il suo seguito, mentre da destra giunge una figura ammantata che sorregge il modellino della cattedrale perché sia benedetta. Sulle porte Cassino pone rispettivamente due iscrizioni: a sinistra “La tua benignità non pur soccorre/ a chi domanda ma molte fiate/liberamente al dimandar precorre”, e a destra “In te misericordia, in te pietate,/ in te magnificenza, in te s’aduna/ quantunque in creatura è di bontate”, tratte dalla preghiera alla Vergine Maria, declamata da Dante ai versi 16-21 del canto XXXIII del Paradiso. Quest’ultimo particolare si ricollega con le scelte stilistiche maturate nel decennio successivo nell’ambito dell’esperienza concorsuale biennale di Ravenna, a cui Cassino partecipa dal 1975 al 1992.


I REGNI DELLA DIVINA COMMEDIA Scheda 38 1988 Scultura in bronzo senza basamento raffigurante l’Inferno dantesco titolo riportato “Inferno Canto XXIII” altezza 40 cm lunghezza 42 cm profondità 8 cm Esposizioni: VIII Biennale Internazionale Dantesca di Ravenna, 1988 Scheda 39 1990 Scultura in bronzo senza basamento raffigurante il Purgatorio dantesco titolo riportato “Purgatorio Canto XVI” firmato “Càssino” incisione “Come cieco va dietro sua guida” altezza 44 cm lunghezza 33 cm profondità 20 cm Esposizioni: IX Biennale Internazionale Dantesca di Ravenna, 1990 Scheda 40 1992 Scultura in bronzo senza basamento raffigurante il Paradiso dantesco titolo riportato “Paradiso Canto XIII” firmato “Càssino” altezza 37 cm lunghezza 10 cm profondità 22 cm Esposizioni: X Biennale Internazionale Dantesca di Ravenna, 1992


La partecipazione alla Biennale Internazionale Dantesca di Ravenna è l’occasione per Cassino di affrontare con continuità i temi e l’iconografia della Divina Commedia. Nel 1988, in occasione della VIII edizione della manifestazione, il tema scelto dalla commissione riguardava le “Similitudini nell’Inferno di Dante”. Cassino svolge il motivo rappresentando la similitudine descritta da Dante nei versi 35-42 del Canto XXIII, in cui i demoni attaccano Virgilio e Dante in fuga verso il sesto girone dell’Inferno, dove si trovano le anime degli ipocriti. Cassino sceglie di rappresentare la similitudine in cui il poeta descrive una madre che fugge dalle fiamme con il figlio tra le braccia, senza curarsi di se stessa, così come si comporta Virgilio con il poeta fiorentino, salvandolo dall’ira dei diavoli del quinto girone. La resa della rappresentazione è alquanto fedele al testo: il girone infernale è un pendio aspro e roccioso, dalle forme granitiche, che sembra richiudersi sui due protagonisti e seppellirli sotto la spinta dei diavoli, raffigurati sull’estremità della roccia. In basso, Virgilio e Dante fuggono con i mantelli agitati dalla corsa, uno davanti all’altro. Accanto a loro, in un movimento diametralmente opposto, una donna semi svestita fugge con un bambino tra le braccia, lasciandosi alle spalle lingue di fuoco, così come recita Dante: “Lo duca mio di subito mi prese/come la madre ch’al romore è desta/e vede presso a sé le fiamme accese/ che prende il figlio e fugge e non s’arresta/avendo più di lui che di sé cura/tanto che solo una camicia vesta”. Nell’edizione successiva della Biennale, 1990, il tema da svolgere riguardava le “Similitudini nel Purgatorio di Dante”, riprendendo la tripartizione dei regni, come dimostra il soggetto esteso al Paradiso nell’edizione del 1992. Cassino partecipa con il bronzo Purgatorio canto XVI, realizzando la raffigurazione della similitudine contenuta nei versi 10-15 del canto XVI: “Come cieco va dietro a sua guida/per non smarrirsi e per non dar di cozzo/in cosa ch’el molesti, o forse aucida/m’andavo io per l’aere amaro e sozzo/ascoltando il mio duce che diceva/pur: Guarda che da me tu non sia mozzo”. Il canto XVI descrive infatti la cornice degli iracondi, puniti per la rabbia che in vita governava il loro spirito. Secondo la legge del contrappasso, nel Purgatorio essi sono avvolti da una nube spessa, di aria torbida e pesante, che impedisce la vista; questo è il motivo per cui Dante necessita di affidarsi completamente alla guida di Virgilio, non riuscendo da solo a scorgere la strada, e comportandosi così come un cieco con la propria guida. Cassino interpreta lo spazio della cornice degli iracondi secondo la descrizione dantesca: un terreno aspro e desolato sul quale una nube bassa e densa avvolge le anime e impedisce la visuale. I due protagonisti vengono raffigurati all’estrema sinistra, mentre proseguono a fatica, Virgilio davanti, e Dante stretto alle sue spalle, sulla strada che li conduce alla cornice successiva. Accanto a loro, leggermente più lontane e avvolte dalla nube, le anime degli iracondi si stringono in prossimità della strada, impastoiati dall’aria pesante ed incapaci di vedere nell’aldilà, così come in vita lo erano a causa della rabbia. Cassino raffigura gli iracondi attraverso figure sintetizzate all’estremo, un corteo in bassorilievo che emerge dalla nube. Lo scultore partecipa per l’ultima volta alla Biennale Internazionale Dantesca nel 1992: la decima edizione conclude la tripartizione tematica, essendo dedicata alle “Similitudini nel Paradiso di Dante”. Cassino vi presenta il bronzo Paradiso Canto XIII, ispirandosi ai versi 79-84 del canto XIII, nei quali Dante e Beatrice osservano la maestosa bellezza della


luce di Cristo che illumina gli spiriti trionfanti, ubicati nell’ottavo cielo, detto delle Stelle fisse: “Come a raggio di sol, che puro mei/ per fratta nube, già prato di fiori/vider, coverti d’ombra, li occhi miei;/ vid’ io così più turbe di splendori,/ folgorate di sù da raggi ardenti,/sanza veder principio di folgóri”. Cassino concepisce una struttura spiraliforme tripartita: dalla forma circolare maggiore che iscrive le due minori, tangenti tra loro, partono cinque raggi luminosi divergenti verso la base e disposti su piani differenti; all’estremità superiore del raggio centrale si trova la figura di Cristo che ascende all’Empireo, in trionfo. Beatrice e Dante sono due figure di dimensioni estremante ridotte, completamente avvolte dal movimento spiraliforme del cielo, reso da Cassino tramite la rappresentazione delle anime in forma di numerose fiammelle che si muovono nelle spirali di luce. I due guardano verso mezzogiorno, incapaci di osservare direttamente la figura di Cristo: ad entrambi la fonte di luce è celata, mentre è visibile ciò che essa illumina, così come accade quando un raggio di sole illumina un prato fiorito, nonostante l’astro sia nascosto dalle nubi e perciò invisibile agli occhi degli uomini. Bibliografia: S. Vairelli, Lo scultore Narciso Càssino, 2000


biografia


Narciso Cassino nasce a Candia Lomellina, nel pavese, il 27 settembre 1914. Compie gli studi superiori presso il liceo artistico di Brera, dove si iscrive nel 1931, frequentando fino al 1935 la classe dello scultore Vitalino Marchini (1888-1971). Al termine degli studi Cassino si iscrive all’Accademia di Belle Arti di Brera, frequentando il corso di pittura con il maestro Aldo Carpi, che lo invita a dedicarsi alle arti plastiche e a frequentare le lezioni di Francesco Messina, dal 1934 diviene docente di ruolo alla cattedra di scultura, posto occupato fino al 1931 da Adolfo Wildt. Gli anni della formazione accademica hanno una notevole importanza nello sviluppo del linguaggio plastico dell’artista, principalmente per merito delle grandi personalità che gravitano intorno a Brera. Se Messina è l’evidente riferimento magistrale di Cassino, non va dimenticata la grande influenza che Marino Marini e Giacomo Manzù esercitano sul giovane scultore, per quanto la loro presenza nelle aule dell’Accademia sia di poco successiva alla conclusione del percorso di studi compiuti da Cassino, avvenuta nel 1939. Marini insegna infatti dal 1940 al 1969, mentre Manzù dal 1944 al 1954, subentrando inizialmente a Messina, per poi occupare la cattedra di decorazione. È tuttavia l’insegnamento di Messina a tradursi, nelle prime opere di Cassino ascrivibili alla metà degli anni Trenta, in un profondo interesse per la figura umana, che non verrà mai a scemare nel corso del tempo. Tra il 1936 e il 1939 Cassino partecipa alle prime esposizioni, incoraggiato dal suo maestro; nel 1937, espone alle Prelittoriali del G.U.F. (Gruppo Universitari Fascisti), presentando la scultura in gesso Padre Giuliani, acquistata dalla Galleria d’Arte Moderna di Milano. La scultura, una delle prime prove dell’artista, descrive la figura morente del sacerdote ucciso in Abissinia nel 1935: il volto è scavato, il corpo seminudo è asciutto e contratto, le mani stringono gli emblemi del martirio e della resurrezione, una freccia e il crocifisso. Due anni dopo, nel 1939, Cassino partecipa al premio Abbondio Sangiorgio e al premio Bozzi-Caimi, aggiudicandosi entrambi i riconoscimenti, concorrendo rispettivamente nella sezione dedicata al bassorilievo e alla scultura. Al termine degli studi Cassino ottiene la cattedra di disegno presso la Scuola Salesiana di Borgo San Martino, in provincia di Alessandria, accompagnando alla docenza l’attività artistica. Nel 1940 e nel 1942 partecipa alla XXII e XXIII edizione della Biennale di Venezia, negli anni in cui i Gran Premi per la scultura della manifestazione vengono vinti da Guido Galletti e Francesco Messina. Dopo il riconoscimento ottenuto a Venezia, nel 1942 Cassino ottiene la cattedra di figura e ornato presso il Liceo artistico di Brera, dove insegna fino al 1979. Alla fine degli anni Quaranta presso la galleria-libreria Lo Spettatore di Pavia si tiene la prima personale dell’artista, alla quale seguono numerose mostre in Italia, databili tra gli anni Cinquanta e la fine degli anni Ottanta: di particolare importanza sono le esposizioni del 1951 presso il Circolo degli Artisti di Torino, del 1959 presso l’associazione Piemonte Artistico e Culturale, con sede nella galleria della Gazzetta del Popolo in Torino, a cui fa seguito l’antologica del 1979 ospitata al Castello Sforzesco di Vigevano. Oltre alle numerose esposizioni, Cassino partecipa ad alcuni tra i maggiori concorsi nazionali ed internazionali, aggiudicandosi il Premio Sanremo nel 1949, il premio nazionale per l’arte Sacra alla mostra di Alessandria nel 1951 e di Milano nel 1953, il Premio Marche


ex-aequo nel 1959, il Premio Forlì per la scultura figurativa e il Premio Federico Motta editore alla VII Biennale nazionale di Arte Sacra contemporanea di Bologna nel 1960. Negli anni Cinquanta, Cassino inizia alcuni dei cicli che ne caratterizzano l’intera produzione plastica. Di grande importanza e consistenza è il motivo della Danzatrice, figura femminile esile e allungata intenta ad eseguire un passo di danza, alla quale Cassino si ispira per la figura femminile del successivo ciclo, dedicato a Paolo e Francesca, ideato nel 1975 in occasione della seconda edizione del concorso indetto dal Centro Studi Danteschi di Ravenna. Nella seconda metà degli anni Cinquanta Cassino inizia a ricevere commissioni, principalmente religiose, per la realizzazione di gruppi statuari a tema sacro. La più imponente e la più nota tra esse è la Madonna della Guardia di Tortona, un bronzo rivestito in foglia d’oro di 14 metri, collocato sulla cupola del santuario tortonese nel 1958, dopo oltre due anni di lavoro, e numerosi bozzetti in gesso e creta di differenti dimensioni. La Vergine con il Bambino è la prima tra le grandi commissioni religiose realizzate da Cassino; ad essa fanno seguito il portale bronzeo del Tempio di San Paolo ad Alba, realizzato nel 1960, la statua in marmo del Beato don Luigi Orione, scolpita nel 1980 per il Duomo di Milano e la parte superiore del fonte battesimale della Parrocchia di Santa Giulia di Torino, commissionatagli nel 1983. Negli ultimi anni della sua vita realizza il paliotto d’ambone e d’altare per la chiesa di Cilavegna, nonché la rappresentazione allegorica dell’ultimo dei regni danteschi, il Paradiso, esposto alla X Biennale Internazionale Dantesca di Ravenna nel 1992. Cassino muore il 31 gennaio 2003, nella sua casa di Candia Lomellina.



BIBLIOGRAFIA SINTETICA 1962 Budigna L., Narciso Cassino, Milano, Edizioni Terremare, 1962 1967 Dragone A., Porta del Tempio di San Paolo in Alba, Roma, Edizioni Paoline, 1967 1974 Caramel L., Pirovano C., Galleria d’arte moderna. Opere del Novecento, Milano, Electa, 1974 1976 Boneschi F. (a cura di), Narciso Cassino, Roma, Edizioni Noi Pubblicisti, 1976 1978 Monteverdi M., Narciso Cassino scultore classico, Roma, Edizioni Noi Pubblicisti, 1978 1981 De Micheli M., La scultura del Novecento, Torino, Unione Tipografico-Editrice torinese, 1981 1995 AA.VV., La città di Brera. Due secoli di scultura, catalogo della mostra, Milano, Fabbri editori, 1995 Di Martino E., La Biennale di Venezia 1895-1995. Cento anni di arte e cultura, Milano, Editoriale Giorgio Mondadori, 1995 2000 Vairelli S., Lo scultore Narciso Càssino, tesi di Laurea in Lettere Moderne, a.a. 1999-2000, Facoltà di Lettere, Università degli Studi di Pavia, relatrice prof.ssa G.M. Di Giovanni 2003 AA.VV., Candia e Narciso Cassino, Chivasso, Tipografia Ambert, 2003


Finito di stampare nel mese di Novembre 2009 dalle Arti Grafiche Trassini, Vimercate


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