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ps3

LITTLE BIG PLANET Il mondo nuovo

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a cura di Ferruccio Cinquemani

a chi ve l’ha fatto fare?. Se si guarda con un minimo di distacco l’opera di Media Molecule è impossibile non rimanere esterrefatti dalla portata di Little Big Planet. Dietro i pupazzi di juta, dietro lo stile grafico deliziosamente amatoriale da recita scolastica, dietro la semplice gioia che balza fuori dallo schermo si nasconde un’ambizione titanica. I level designers di Media Molecule, in alcune interviste, si sono lamentati o vantati - del fatto che il producer non gli abbia permesso di ‘barare’. In altre parole, tutti i livelli sono stati creati con l’editor: se lo possono fare i designer di MM, lo può fare anche un utente. In realtà, è l’intero gioco che sembra basato su questa volontà di ‘non barare’, di non prendere scorciatoie. In ogni videogioco è possibile vedere centinaia di piccoli trucchi o stratagemmi per migliorare l’aspetto, i controlli o le meccaniche del gioco stesso: la nebbia usata per coprire il pop up, modalità co-op cancellate o ridimensionate perché troppo onerose da creare... In Little Big Planet, invece, sembrerebbe che gli sviluppatori abbiano fatto l’esatto opposto. Invece di creare gli strumenti strettamente necessari allo scopo di arrivare a un risultato ben preciso, Media Molecule ha creato una base tecnica e concettuale incredibilmente innovativa, complessa e versatile. Su questa base, poi, ha costruito un gioco.

REVIEW

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PLAY! Il lato più tradizionale di Little Big Planet ha la forma di un platform in 2D. I livelli creati da Media Molecule sono una cinquantina, divisi in otto mondi e legati da una trama vagamente delirante. Oltre ad essere numerosi, lunghi e vari, i livelli della modalità storia hanno anche lo scopo secondario di mostrare cosa si può fare con l’editor del gioco. Ma dietro l’aspetto da gioco di piattaforme vecchia scuola, e dietro la novità dell’editor, si nasconde una quantità di innovazioni che avrebbe fatto la felicità di un addetto stampa se Little Big Planet fosse stato basato solo sulla modalità storia. Innanzitutto, i controlli. Tutto il mondo, in Little Big Planet, è basato sulla fisica. Ogni oggetto è fatto di un materiale specifico (legno, metallo, pietra, spugna...) con le relative proprietà fisiche. Anche i personaggi si muovono secondo inerzia, peso e momento. Il primo impatto con un platform in cui i salti non sono chilometrici e l’accelerazione ha impor-

tanza fondamentale è decisamente spiazzante. L’impressione è che ci sia una certa pesantezza nei controlli. In realtà, appena presa confidenza con il modo in cui i sackboys corrono e saltano, è difficile tornare alle regole arbitrarie degli altri platform. È invece decisamente più controversa la scelta di dare ai livelli tre livelli di profondità. Da un lato, questa scelta è la base per un ampliamento esponenziale della profondità e varietà delle meccaniche di gioco. Allo stesso tempo, però, il gioco perde una certa immediatezza. Lo spostamento fra i tre piani può causare qualche confusione visto che è, di fatto, un sistema semiautomatico. Tuttavia l’abitudine mitiga molto gli eventuali problemi, e qualche accorgimento in fase di level design contribuisce ulteriormente a ridare prontezza ai controlli. Oltre a questo sistema ‘2.5D’, la presenza di esplosivi, interruttori, adesivi, jetpack e la possibilità di afferrare oggetti e piattaforme ampliano a dismisura il gameplay. L’ossatura da platform si espande in un genere diverso. In parte avventura in versione light, in parte puzzleplatform alla Oddworld, in parte platform hardcore vecchia scuola, Little Big Planet si rivela un titolo sottovalutato in ciò che probabilmente ha di più innovativo: il gioco. Si tratta del più convincente esempio di innova-

zione portata al genere platform dall’introduzione del 3D in Super Mario 64.

CREATE! L’editor di Little Big Planet è la base su cui si fonda il sistema ‘alla YouTube’ del gioco Media Molecule. Non è semplice farsi un’idea di cosa questo editor sia e di cosa possa fare finché non si tocca con mano. All’apparenza si tratta di un semplice editor di livelli: si sceglie un materiale, si costruisce qualche piattaforma, si stabilisce l’inizio e la fine di un livello e in quindici minuti si è creato un livello. L’editor di LBP può essere descritto come una sorta di versione estremamente user friendly e divertente da usare dell’interfaccia utente di un programma come Photoshop o Flash. Ma se è vero che basta una manciata di minuti per creare un livello, è anche vero che ci vuole tempo, cura e dedizione per creare un livello di qualità. Come avviene con qualsiasi mezzo veramente espressivo, non si può creare qualcosa di interessante senza impegno. Tutto funziona in modo che ogni opzione sia intuitiva e flessibile: non esistono sottomenu, né funzioni troppo astratte. Grazie a questa facilità di approccio, creare un livello è qualcosa di divertente in sé. La soddisfazione viene dal piacere squisi-

Il multiplayer è, di fatto, l’uovo di Colombo. Fino a quattro giocatori giocano allo stesso tempo. Il fatto che si possano schiaffeggiare i propri compagni e che esista un sistema di espressioni facciali rende le partite un festival dello slapstick. Ognuno dei livelli di Media Molecule, inoltre, contiene delle sezioni pensate per più di un giocatore: basta qualche meccanismo da azionare in due o in tre per creare un sistema cooperativo esaltante tanto quanto combattere zombi in compagnia di qualche amico armato di fucile a pompa


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