Le facilities di irraggiamento del deim per il testing di componenti rad hard

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Daniela FIORE, Nicolò MARCHESE,Aldo PARLATO, Elio A.G. TOMARCHIO

LE FACILITIES DI IRRAGGIAMENTO DEL DEIM PER IL TESTING DI COMPONENTI RAD-HARD


Dipartimento Energia, Ingegneria dell’Informazione e Modelli Matematici (DEIM) Università degli Studi di Palermo Viale delle Scienze , Edificio 6 – 90128 Palermo (Italy)

In copertina: Irradiatore gamma IGS-3 ed Irradiatore neutronico . Copyright © 2015 - Tutti i diritti sono riservati per tutti i Paesi Antipodes s.a.s. via Toscana 2 90144 Palermo www.antipodes.it E mail: info@antipodes.it ISBN 978-88-96926-80-2 Daniela Fiore, Nicolò Marchese, Aldo Parlato, Elio A.G. Tomarchio, Le facilities di irraggiamento del DEIM per il testing di componenti rad-hard, Antipodes, Palermo 2015


Sommario INTRODUZIONE...................................................................................... 5 1. Le interazioni delle radiazioni con la materia ............................. 7 1.1 Interazione delle particelle cariche con la materia ....................... 7 1.2 Interazione delle radiazioni gamma con la materia ................... 10 1.3 Interazione dei neutroni con la materia...................................... 16 2. Effetti delle radiazioni sui dispositivi elettronici ....................... 22 2.1 Single EventEffects.......................................................................... 25 2.2 DisplacementDamage ...................................................................... 26 2.3 Total Ionizing Dose ......................................................................... 27 3. Descrizione delle facilities di irraggiamento del DEIM ............ 29 3.1 Impianto di irraggiamento IGS-3 ............................................... 29 3.1.1 Caratteristiche dell’impianto ............................................. 30 3.1.2 Distribuzione dell’intensità di dose ................................... 40 3.2 Irradiatore neutronico Am – Be ................................................. 43 Riferimenti bibliografici .......................................................................... 49

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Indice delle figure Figura 1. Parametri di collisione per particelle cariche che attraversano un mezzo; a è il raggio medio dell'atomo e b è il parametro d'impatto. ............ 8 Figura 2. Effetto fotoelettrico ..................................................................... 11 Figura 3. Effetto Compton .......................................................................... 11 Figura 4. Grafico polare di dσ in funzione di θ per diversi valori di energia del fotone incidente..................................................................................... 12 Figura 5. Effetto paia .................................................................................. 13 Figura 6. Fascio di fotoni monoenergetici incidenti su una lastra .............. 14 Figura 7. Andamento del coefficiente di attenuazione lineare massico per il piombo ........................................................................................................ 15 Figura 8. Esempio di andamento della sezione d'urto di interazione fra neutroni e nuclei di un materiale leggero (12C) in funzione dell'energia E; evidenti i picchi di risonanza della sezione d'urto ...................................... 19 Figura 9. Inserimento impurità con cinque atomi di valenza (sx) e con impurità con tre atomi di valenza (dx) ........................................................ 23 Figura 10. Giunzione p-n ............................................................................ 23 Figura 11. Esempi di effetti delle radiazioni ionizzanti .............................. 25 Figura 12. Meccanismi iniziali di SEE per ionizzazione diretta (sx) e interazione nucleare (dx). ........................................................................... 26 Figura 13. Dispositivi sensibili alla Total Ionizing Dose ........................... 28 Figura 14. Irradiatore IGS3 ......................................................................... 29 Figura 15. Cella dell'irradiatore .................................................................. 30 Figura 16. Sezione A-A cella dell'irradiatore ............................................. 31 Figura 17. Sezione B-B cella dell'irradiatore .............................................. 31 Figura 18. Parete schermo in piombo con vetro piombato e tele pinze ...... 32 Figura 19. Cella di irraggiamento ............................................................... 33 Figura 20. Consolle di comando ................................................................. 34 Figura 21. Irradiatore Gamma Sicilia 3 (IGS3) .......................................... 35 Figura 22. Sezione irradiatore Gamma Sicilia 3 (IGS3) ............................. 36 Figura 23. Sezione dell’irradiatore IGS3. ................................................... 37 Figura 24. Sistema elettromeccanico di esposizione delle sorgenti. ........... 39 Figura 25. Andamenti dell'intensità di dose in funzione della distanza dal centro della cavità lungo gli assi X,Y,Z...................................................... 40 Figura 26. Isodosi nel piano XY ................................................................. 41 Figura 27. Isodosi nel piano XY per una sola sorgente .............................. 42 Figura 28. Profilo isodosi sul piano XY in corrispondenza della mezzeria delle sorgenti (i colori non sono rappresentativi dei valori di dose) ........... 42 Figura 29. Irradiatore neutronico Am-Be con schermo protettivo.............. 43 Figura 30. Sezione verticale dell'irradiatore neutronico ............................. 44 Figura 31. Spettro di emissione sorgenti Am-Be ........................................ 44 Figura 32. Visualizzazione 3D della struttura dei canali di irraggiamento con sostegni a piastre(sx) e della posizione delle capsule contenenti le sorgenti rispetto al canale di irraggiamento(dx) ......................................... 45 Figura 33. Spettro gamma delle foglie d'oro irradiate ................................ 46

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Figura 34. Flusso neutronico termico in funzione della posizione lungo l'asse del canale di irraggiamento ............................................................... 47 Figura 35. Spettro nel canale di irraggiamento per i diversi intervalli di energia......................................................................................................... 47

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Indice delle tabelle Tabella 1. Valori del rateo di fluenza neutronica per i diversi intervalli di energia......................................................................................................... 48

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INTRODUZIONE La diffusione dei sistemi elettronici ha ormai raggiunto i più svariati campi di applicazione. Alcuni di essi comportano particolari condizioni operative che richiedono un adeguato studio della risposta dei dispositivi alle sollecitazioni esterne. Ricadono in questo ambito i componenti elettronici utilizzati in presenza di campi di radiazioni ionizzanti. Basti pensare ai dispositivi usati nelle applicazioni spaziali o impiegati in ambito nucleare. Questi ultimi esempi sono collegati dalla specificità delle condizioni operative, essendo i dispositivi sottoposti a campi di radiazioni anche molto intensi. A questi campi applicativi se ne possono aggiungere altri. Si consideri, infatti, l’elettronica di potenza, sempre più diffusa nelle applicazioni energetiche, che, per le particolari condizioni operative, rende i dispositivi impiegati in tale ambito sensibili all’effetto dei campi di radiazioni cui sono soggetti, come per esempio il campo di radiazione atmosferico. Oppure si considerino le applicazioni medicali che comportano l’utilizzo di campi di radiazioni che possono compromettere sensibilmente il funzionamento dell’elettronica associata (medicina nucleare e radioterapia).In tutti gli ambiti citati, hanno notevole importanza la radiazione gamma e quella neutronica in quanto, non essendo dotate di carica, possono interagire a livello atomico e nucleare con gli atomi del reticolo cristallino dei materiali costituenti i dispositivi, con effetti che possono andare dal deterioramento delle caratteristiche di funzionamento del dispositivo alla distruzione dello stesso. Data la rilevanza dei settori applicativi citati, le aziende produttrici ritengono necessario approfondire lo studio in materia di effetti dei campi di radiazioni sui dispositivi elettronici, al fine di garantire una migliore affidabilità dei dispositivi stessi e una maggiore sicurezza negli ambiti applicativi considerati, sia di tipo consolidato sia di tipo innovativo soggetti a condizioni operative analoghe a quelle presentate. Anche questi motivi risulta necessaria un’attenta valutazione delle interazioni delle radiazioni con i diversi dispositivi utilizzando una analisi di sicurezza, la Radiation Hardness Assurance (RHA),che comprende una serie di attività intraprese per assicurare che i componenti elettronici di un dato sistema funzionino secondo le loro specifiche dopo l’esposizione ad un campo di radiazioni. Un elemento chiave della RHA è la selezione dei componenti che hanno una sufficiente tolleranza agli effetti delle radiazioni per il loro impiego, anche se il processo RHA non è confinato solamente alla scelta del componente ma è strettamente correlato ai requisiti del sistema e della missione. Infatti, focalizzando maggiormente la nostra attenzione su componenti elettronici destinati all’utilizzo in operazioni spaziali, il processo RHA segue un approccio iterativo: definiti i requisiti ottenuti dalle specifiche dell’ambiente di radiazione della missione, si analizza la sensibilità alla radiazioni di

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ogni componente e il loro impatto sulle performance del sistema totale, e se il sistema elettronico soddisfa, entro dei limiti prefissati, le caratteristiche richieste sotto irraggiamento, allora può dirsi che il processo ha un risultato favorevole.

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1.

Le interazioni delle radiazioni con la materia

Le radiazioni ionizzanti interagiscono con un mezzo con modalità diverse dipendenti dalle caratteristiche del mezzo stesso e della radiazione. Per una trattazione esaustiva sulle dinamiche di interazione tra le radiazioni e la materia, si ritiene opportuno classificare le radiazioni in due categorie: •

Radiazioni direttamente ionizzanti: costituite da particelle cariche (elettroni, protoni, particelle alfa, ecc.), in grado di ionizzare in modo diretto gli atomi di un mezzo mediante una serie di interazioni che avvengono lungo il percorso nel mezzo;

Radiazioni indirettamente ionizzanti: costituite da particelle non cariche (fotoni, neutroni), che causano la ionizzazione del mezzo attraversato in modo indiretto tramite particelle “secondarie” cariche messe in moto.

Una descrizione quantitativa dei fenomeni fisici che avvengono di trasferimento nelle diverse tipologie di interazione può essere ottenuta introducendo alcuni “coefficienti di interazione” che caratterizzano sia l’interazione sia la tipologia di radiazioni, direttamente o indirettamente ionizzanti. Pertanto saranno esaminate separatamente le caratteristiche di interazione delle radiazioni ionizzanti, soffermandosi maggiormente sui neutroni e le radiazioni gamma e sui loro effetti sulla materia 1 .

1.1 Interazione delle particelle cariche con la materia Le particelle cariche interagiscono con i campi di forza coulombiani generati dagli elettroni e dai nuclei atomici del mezzo attraversato subendo, quindi un gran numero di urti. Il passaggio di particelle cariche è caratterizzato da una probabilità di interazione sempre diversa da zero e dal fatto che, se si considera come unica interazione quella di tipo coulombiano, esse non scompaiono. Il passaggio di particelle cariche all’interno di un mezzo è, dunque, caratterizzato da un costante processo di cessione di energia che si conclude quando l’energia cinetica iniziale della particella si riduce a valori tali da non consentire ulteriori fenomeni di ionizzazione o eccitazione. La perdita di energia da parte delle particelle cariche è funzione della distanza della traiettoria della particella dal centro del nucleo atomico “urtato” e, nello specifico, è tanto maggiore quanto minore è la distanza tra la traiettoria e il nucleo atomico. La probabilità dei processi di interazione delle particelle cariche è infatti legata al “parametro di impatto”b che rappresentala distanza tra la traiettoria della particella incidente ed il

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nucleo atomico. Per valori di b maggiori del raggio atomico a, il campo elettrico della particella incidente interagirà con il campo elettrico degli elettroni atomici cedendo solo una piccola porzione di energia e causando fenomeni di eccitazione o di ionizzazione (collisioni morbide). Se b è prossimo ad ala particella può interagire col singolo elettrone a cui verrà trasferita una maggiore quantità di energia (collisioni dure). Gli elettroni messi in moto da questa interazione sono chiamati raggi δ. Se, infine, il parametro di impatto è minore del raggio atomico la particella interagirà con il campo elettrico del nucleo subendo forti deviazioni, in cui può verificarsi che una parte considerevole o la totalità della sua energia cinetica venga emessa come radiazione elettromagnetica di frenamento (bremsstrahlung).

Figura 1. Parametri di collisione per particelle cariche che attraversano un mezzo; a è il raggio medio dell'atomo e b è il parametro d'impatto.

Per la determinazione delle perdite di energia subite dalle particelle cariche nell’attraversamento di un mezzo si definiscono diverse grandezze fisiche: •

Potere frenante Si definisce potere frenante, S, di un mezzo, per dato tipo di particelle cariche, il rapporto =

dove è il valor medio dell’energia ceduta dalle particelle cariche nel percorrere un tratto in quel mezzo. Si misura in MeV cm-1 o keV cm-1 o in J m-1. Si definirà inoltre il potere frenante massico di un mezzo di densità ρ, il rapporto

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1 = Ď Ď

misurato in J m2 kg-1 o in MeV cm2 g-1. Le particelle cariche, come chiarito precedentemente, perdono la loro energia attraverso due processi distinti, collisioni e irraggiamento, e di tale differenza si deve tener conto nella valutazione del potere frenante massico. Per tali considerazioni, il potere frenante massico si esprime solitamente come somma di due contributi: il potere frenante massico per collisione e quello per irraggiamento. L’espressione precedente diviene 1 = = + Ď Ď Ď

Ď Il primo termine tiene conto della perdita di energia cinetica dovuta alle collisioni che causano eccitazione o ionizzazione degli atomi del mezzo attraversato, mentre il secondo termine tiene conto della perdita di energia cinetica delle particelle mediante l’emissione di bremsstrahlung, a seguito delle interazioni coulombiane con i nuclei. Entrambe i termini dipendono dalla natura del mezzo e dalle caratteristiche delle particelle considerate. •

Potere frenante ristretto Nelle interazioni delle particelle cariche con un mezzo è possibile che, dopo una collisione dura, un elettrone atomico venga espulso con energia sensibilmente maggiore di quella mediamente rilasciata nei fenomeni di ionizzazione. Gli elettroni espulsi, raggi δ, possono avere energia tale da allontanarsi dalla traccia di ionizzazione e depositare parte della loro energia anche in regioni lontane dalla zona di passaggio della particella carica primaria. Il potere frenante massico consente di determinare la quantitĂ di energia depositata dalla particella carica primaria in un volume ∆ a condizione che le particelle secondarie cariche messe in moto abbiano energia sufficientemente bassa da non essere trasportata al di fuori di ∆ . Tale condizione non è soddisfatta se si prendono in considerazione anche le energie dei raggi δ prodotti in ∆ , poichĂŠ possono avere energie tali da uscire dal volume ∆ depositando la loro energia altrove, nel mezzo. Per determinare l’aliquota di energia che viene persa in un dato elemento di volume e che ivi rimanga depositata si ritiene utile introdurre la grandezza definita “potere frenante ristretto per collisioneâ€?, di un mezzo e per dato tipo di particella, ∆ =

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∆


Dove ∆ è l’energia media persa per collisione dalle particelle cariche nel percorrere un tratto dl di quel mezzo, diminuita della somma delle energie cinetiche di tutti gli elettroni secondari liberati con energia cinetica maggiore di un valore prefissato , detta energia di taglio∆. •

LET- - Linear Energy Transfer È definito come il rapporto =

dove è l’energia che le particelle cariche di un dato tipo e di una data energia trasferiscono al mezzo nell’attraversarne un tratto di lunghezza . Il LET, pur avendo le stesse dimensioni del potere frenante, è da esso concettualmente distinto: nell’espressione del potere frenante l’energia rappresenta l’energia cinetica che le particelle cariche perdono nell’attraversare il mezzo, anche lontano dalla traccia, come può accadere in processi radiativi. Il termine , nell’espressione del LET, rappresenta, invece, solo l’energia che, una volta persa dalle particelle, viene trattenuta “localmente” nel mezzo, all’interno del volume infinitesimo dove la cessione di energia è avvenuta. Il LET, concettualmente diverso dal potere frenante, tende a coincidere quantitativamente con quest’ultimo quanto più piccolo risulta essere il valore∆ dell’energia di taglio. Il LET fissa dunque una soglia oltre la quale le cessioni di energia non possono essere considerate, e, al contempo, fissa il volume ∆ entro cui tali perdite di energia sono classificabili come “locali” 1 .

1.2 Interazione delle radiazioni gamma con la materia I raggi γ sono radiazioni elettromagnetiche con lunghezze d’onda comprese tra 10-11 e 10-13 m ed energie che variano da pochi keV fino a circa 40 MeV. Vengono anche chiamati fotoni, ossia “pacchetti di energia”, in quanto sono privi di carica elettrica e di massa. L’energia E del fotone è connessa alla frequenza ν dalla relazione: = ℎ

dove h è definita costante di Planck ed è pari a 6,63x10-34 Js 2 . I raggi γ vengono prodotti durante la diseccitazione di nuclei radioattivi. Per le radiazioni gamma non si può parlare di penetrazione nel materiale ma solo di attenuazione : infatti, nelle interazioni, i gamma possono “scomparire” dal fascio primario o essere diffusi dal bersaglio con energia e direzione diverse da quelle iniziali. La probabilità di interazione per unità di distanza percorsa di un fotone dipende dall’energia del gamma stesso e dal mezzo

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attraversato. I principali meccanismi di interazione dei raggi γ con la materia sono: •

effetto fotoelettrico: il fotone incidente viene assorbito da un elettrone appartenente a un atomo del mezzo attraversato, che viene liberato dall’atomo con un’energia pari a = − Oltre al fotoelettrone, l’interazione crea anche uno ione positivo (un atomo ionizzato positivamente), che viene rapidamente neutralizzato mediante la cattura di un elettrone libero del mezzo. A seguito del riassestamento elettronico, possono essere emessi raggi X o elettroni Auger;

Figura 2. Effetto fotoelettrico

•

effetto Compton: il fotone incidente viene deviato con un angolo rispetto alla sua direzione iniziale. Il fotone trasferisce parte della sua energia a un elettrone (assunto inizialmente a riposo), il quale viene denominato “elettrone di rinculoâ€?. PoichĂŠ sono possibili tutti gli angoli di scattering, l’energia trasferita all’elettrone di rinculo varia da zero fino a un dato valore massimo.

Figura 3. Effetto Compton

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L’energia del fotone diffuso sarà pari a: ℎ =

1+

!

" #

$1 − cos (

dove )* + , è l’energia di massa a riposo dell’elettrone (0,511 MeV). L’energia dell’elettrone di rinculo è invece: = ℎ − ℎ

per = 0°, ℎ = ℎ e Eel=0; ! ! per = 180° , ℎ = #34 = 127 ! ed =

7$ !(#

127 !

12

.

5" 6#

(essendo

,

" #

= 4(

La sezione d’urto differenziale di scattering, 9, per unità di angolo solido, Ω, e per elettrone, al variare dell’angolo del fotone diffuso, può essere determinata ricorrendo alla formula di Klein-Nishina: , 9, 1 1 + cos, = , $1 − cos (, = ;<*,

> ? >1 + ? $1 + cos, ( 1 + =$1 − cos ( Ω 2 1 + =$1 − cos (

dove r0è il raggio classico dell’elettrone ( 2,81 fm) e = = ℎ ⁄)* + , .

Figura 4. Grafico polare di dσ in funzione di θ per diversi valori di energia del fotone incidente

In Figura 4 è riportato il grafico dell’andamento della sezione d’urto differenziale in relazione a varie energie e angoli di scattering. Si può notare che all’aumentare dell’energia si manifesta una maggiore eccentricità dell’ellisse che, quindi, appare più schiacciata.

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effetto paia: si può verificare se l’energia del fotone incidente supera di due volte l’energia della massa a riposo dell’elettrone (1,02 MeV). Quando avviene, il fotone incidente scompare generando una coppia elettrone-positrone di energia cinetica complessiva pari a: − 2)* + , . Il positrone, dopo aver dissipato la sua energia cinetica, si annichila con un elettrone dando luogo a due fotoni emessi a 180° di 0,511 MeV ciascuno, i quali in maniera indipendente l’uno dall’altro possono interagire con il mezzo circostante 3 .

Figura 5. Effetto paia

Poiché l’interazione dei fotoni con la materia è un fenomeno statistico, si può introdurre una probabilità per unità di distanza che un fotone interagisca secondo uno dei processi sopra descritti. Tale probabilità, indicata con C, è chiamata “coefficiente di attenuazione lineare” e ha le dimensioni dell’inverso di una lunghezza. Essa dipende dall’energia del fotone e dal materiale attraversato. Supponiamo di avere un flusso di fotoni monoenergetici che interagiscono con un target uniforme. Se consideriamo un fascio di D* fotoni monoenergetici incidenti normalmente su di una lastra, alcuni fotoni verranno dispersi e altri assorbiti. Se D$E( rappresenta il numero di fotoni che riesce a raggiungere la distanza E senza interagire, la frazione di fotoni che avrà subito interazione entro uno spessore infinitesimo E sarà data da: D = −CD E.

La soluzione di questa equazione è: D$E( = D* F GHI

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Figura 6. Fascio di fotoni monoenergetici incidenti su una lastra

Ne consegue che Dâ „D* , cioè F GHI , è la probabilitĂ che il fotone incidente attraversi la lastra di spessore E senza interagire. Il coefficiente di attenuazione lineare per fotoni di data energia in un dato materiale comprende i singoli contributi dei vari processi che possono rimuovere un fotone dal fascio. Quindi C sarĂ dato da: C =J+9+K

dove J, 9, K denotano i coefficienti di attenuazione lineare rispettivamente per effetto fotoelettrico, Compton e paia. La sua unitĂ di misura è m-1. E’ molto utile, in quanto poco variabile con i vari materiali, introdurre il “coefficiente di attenuazione massicoâ€?, HL MN O

P$Q â „ R (

espresso in ), â „ST o in +), â „T 2 .

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.


Figura 7. Andamento del coefficiente di attenuazione lineare massico per il piombo

Le diverse tipologie di interazione precedentemente descritte non comportano la cessione completa dell’energia dei fotoni all’elemento di volume interessato, poichĂŠ una parte di essa può essere ceduta lontano dal punto in cui ha luogo l’interazione, ad es. per bremsstrahlung. Di conseguenza, per tenere conto della modalitĂ di cessione dell’energia alla materia si introducono i seguenti coefficienti: •

coefficiente di trasferimento di energia: fornisce informazioni sull’energia trasferita dai fotoni nelle interazioni con il mezzo attraversato. Per un fascio di fotoni monoenergetici di energia , l’energia UV trasferita come energia cinetica alle particelle secondarie cariche dai fotoni che attraversano uno spessore E è pari a: UV = ÂľV E

dove Âľ V è il coefficiente di trasferimento di energia ed ha la dimensioni dell’inverso di una lunghezza. Esso rappresenta

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l’energia trasferita alle particelle secondarie cariche per unità di lunghezza e di energia dei fotoni; •

coefficiente di assorbimento di energia: tiene conto dell’energia ceduta dalle particelle secondarie cariche nel volume considerato. Esso è pari a: Âľ W = Âľ V $1 − T(

dove T è la frazione di energia persa dalle particelle secondarie cariche attraverso processiradiativi. Il coefficiente di assorbimento di energia rappresenta, dunque, l’energia ceduta dai fotoni nell’elemento di massa ) che viene assorbita, e quindi depositata, nello stesso elemento ) 1 . 1.3 Interazione dei neutroni con la materia Le interazioni dei neutroni con la materia sono diverse da quelle descritte per le particelle cariche e per i fotoni a causa della facilitĂ con cui i neutroni stessi possono interagire con i nuclei atomici provocando reazioni nucleari. Le sezioni d’urto di interazione dei neutroni e il tipo di interazioni indotte nei materiali hanno un andamento molto variabile con l’energia. Si ritiene perciò utile distinguere e classificare i neutroni in base alla loro energia. Una delle classificazioni piĂš diffuse considera i neutroni suddivisi in: •

Neutroni freddi o sub-termici: sono neutroni con energia inferiore a 10G, F .

•

Neutroni termici: hanno un’energia che dipende dalla temperatura del mezzo secondo una distribuzione maxwelliana. Il valore piĂš probabile dell’energia dei neutroni termici a 20°X è pari a 0,025 F . Per convenzione il limite superiore di energia dei neutroni termici è pari a 0,5 F , energia corrispondente alla cosiddetta energia di taglio del cadmio (cadmium cut-off). Ad energie inferiori a 0,5 F il cadmio presenta sezione d’urto di cattura neutronica molto elevata, che decresce rapidamente per valori di energia superiori. Uno spessore di cadmio di adeguato spessore assorbe pertanto la maggior parte dei neutroni con energie al di sotto dell’energia di taglio del cadmio.

•

Neutroni veloci: sono neutroni con energie maggiori a 10 ZF 1 .

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I neutroni sono, al pari dei fotoni, radiazioni indirettamente ionizzanti e vengono rimossi dal fascio incidente, scomparendo perciò dal fascio primario, per ogni urto con gli atomi del mezzo. Le modalitĂ di interazione dei neutroni con la materia sono sostanzialmente diverse da quelle dei fotoni e delle particelle direttamente ionizzanti. A seguito di interazioni con la materia un neutrone può essere rimosso dal fascio primario attraverso processi di diffusione o di assorbimento, eventi la cui probabilitĂ dipende sia dall’energia dei neutroni sia dagli specifici elementi presenti nel mezzo con cui i neutroni interagiscono. In funzione dell’energia dei neutroni incidenti si avranno: •

Interazioni con neutroni termici: anche se dotati di energia cinetica esigua i neutroni sono in grado di attivare reazioni nucleari da cui può derivare una quantità di energia non trascurabile. A basse energie un neutrone può essere infatti assorbito, in reazioni di cattura neutronica, dando luogo ad una trasmutazione nucleare. Il nucleo formatosi si troverà , generalmente, in uno stato instabile da cui decade con emissione di fotoni (cattura radiativa) o di particelle. La radiazione originata nel decadimento cede, a sua volta, energia al mezzo, potendosi quindi creare un dato numero di coppie di ioni.

•

Interazioni dei neutroni veloci e di energia intermedia: ad energie piĂš alte i neutroni perdono gran parte della loro energia in collisioni elastiche, inelastiche e anelastiche con i nuclei. Nel caso di diffusione elastica, il neutrone interagisce con un nucleo e viene diffuso senza che il nucleo venga eccitato. Tali reazioni, di tipo (n,n), hanno sezione d’urto costante ad energie inferiori a 100 keV, data con buona approssimazione dalla relazione 9[ = 4\] , dove R è il raggio del nucleo dell’elemento considerato. La sezione d’urto dipenderĂ , dunque, in prima approssimazione, da ^,â „_ secondo la relazione ] = <* ^1â „_

<* = 1,2 `)

dove A è il numero di massa dell’elemento. L’energia V trasferita al nucleo di massa ab dal neutrone di massa m ed energia W è fornita dalla relazione c< = d

4ab ) cos , $ab + )(, 17


dove è l’angolo della traiettoria del nucleo di rinculo nel sistema di riferimento del laboratorio. L’energia media trasferita sarà dunque eeee c< = d

2ab ) $ab + )(,

Si deduce dalla relazione che l’energia media trasferita risulta maggiore nelle collisioni con nuclei leggeri. Per gli atomi di idrogeno eeee c< =

d

2

potendo approssimare la massa del protone a quella del neutrone. Se ne deduce che per il rallentamento dei neutroni e la loro moderazione, quindi per diminuire la loro energia cinetica, risulta molto più efficace l’interazione con nuclei leggeri o comunque con materiali a basso numero atomico. Per valori di energia superiori a 100 keV, la sezione d’urto di collisione dei neutroni tende a decrescere, per poi avere, per alcuni nuclei, delle risonanze, e cioè dei valori di energia, o range di energia, per cui il valore della sezione d’urto aumenta rapidamente. All’aumentare della massa dei nuclei il range energetico delle risonanze si sposta verso energie più basse. Nella diffusione inelastica il neutrone è assorbito dal nucleo bersaglio e successivamente riemesso, lasciando il nucleo in uno stato eccitato dal quale ritorna allo stato stabile tramite emissione di radiazione gamma. Nella diffusione anelastica il neutrone viene assorbito da un nucleo dal quale vengono successivamente emesse altre particelle (protoni, neutroni, deutoni, particelle alfa, fotoni). I neutroni con energie superiori a 100 MeV, come ad esempio i neutroni cosmici, inducono nei nuclei bersaglio reazioni di spallazione in cui il nucleo si frammenta espellendo numerose particelle e frammenti del nucleo stesso 1 .

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Figura 8. Esempio di andamento della sezione d'urto di interazione fra neutroni e 12 nuclei di un materiale leggero ( C) in funzione dell'energia E; evidenti i picchi di risonanza della sezione d'urto

Come appena enunciato le interazioni dei neutroni con la materia dipendono, oltre che dall’energia degli stessi, anche dalla massa dell’atomo con cui interagiscono. Si procederà dunque ad approfondire lo studio sulla natura delle interazioni in funzione della massa dei nuclei con cui essi interagiscono. •

Interazioni dei neutroni con i nuclei leggeri: nel caso dei nuclei leggeri risulta complesso individuare regole comuni poiché il tipo di interazione e la relativa sezione d'urto dipendono dalla struttura di ciascun nucleo. Come già accennato, il maggiore meccanismo di interazioni dei neutroni con i nuclei leggeri è quello della diffusione elastica. Il massimo trasferimento di energia dal neutrone al nucleo urtato si verifica nel caso in cui la massa di quest'ultimo sia prossima alla massa del neutrone stesso. Ciò avviene nel caso dell'urto con atomi di idrogeno (A=1), con un'energia media trasferita dal neutrone per collisione pari a eeee ∆ ≅

* = 0,37 * F

dove * è l'energia iniziale del neutrone. Per nuclei più pesanti (A>2) l'energia media persa per collisione è eeeeeeeeeeeeeeeee * 2

d ≅ * − ∆ ^ + 2⁄3 Dalle relazioni introdotte si deduce che la diffusione elastica perda rilevanza al crescere del numero atomico dei

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nuclei bersaglio. Con energie inferiori a 0,5 MeV la diffusione elastica risulta l'unico processo da considerare per la riduzione dell'energia dei neutroni, e i materiali "leggeri", contenenti idrogeno, sono una scelta preferenziale per il rallentamento dei neutroni e quindi per la loro moderazione. Il processo di moderazione porta i neutroni all'equilibrio termico con il mezzo in cui diffondono e quindi ad energie confrontabili con l'energia vibrazionale degli atomi del mezzo, dovuta essenzialmente ai moti di vibrazione termica. Raggiunto l'equilibrio termico i neutroni iniziano a diffondere all'interno del moderatore subendo numerose collisioni elastiche prima di essere assorbiti attraverso processi di cattura radiativa. I nuclei assorbitori emettono, successivamente, raggi gamma di diversi MeV, necessari a riportare i nuclei in condizioni di stabilità. Il processo di cattura neutronica è caratterizzato da una sezione d'urto modesta per le alte energie, presenta una serie di risonanze nell'intervallo tra 1 eV e 10 MeV, e cresce al diminuire dell'energia del neutrone e con l'inverso della sua velocità. • Interazioni dei neutroni con nuclei di medio e alto numero di massa: per energie dei neutroni basse ed intermedie, con nuclei di medio numero di massa , le reazioni più probabili risultano essere, come per i nuclei leggeri, quelle di diffusione elastica e di cattura radiativa. La sezione d'urto totale coincide sostanzialmente con quella della diffusione elastica, mentre quella per la cattura radiativa presenta pronunciate risonanze. Si parlerà dunque di diffusione di risonanza, al fine di distinguerla da quella trattata in precedenza per i nuclei leggeri. Per le stesse energie il comportamento dei neutroni con i nuclei pesanti risulta sostanzialmente analogo. Per valori di energia superiori al MeV possono aver luogo interazioni quali la diffusione inelastica e l'emissione di particelle cariche. Il primo processo risulta più probabile poiché l'emissione di un neutrone dal nucleo non risulta ostacolata dalla barriera colombiana. Dopo la diffusione inelastica il nucleo permane in uno stato eccitato e si diseccita emettendo raggi gamma. La diffusione inelastica risulta di notevole importanza per le schermature data la notevole quantità di energia rilasciata nei materiali pesanti. Le perdite di energia non sono prevedibili ma la minima cessione di energia corrisponde all'energia del più basso stato eccitato del nucleo urtato. Spesso si verificano notevoli perdite di energia da parte del neutrone che portano il nucleo urtato a stati energetici più elevati e alla conseguente emissione di raggi gamma, necessari alla diseccitazione. Al crescere dell'energia dei neutroni la sezione d'urto tende asintoticamente al valore

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9hih = 2\] , dove R è pari al raggio atomico, già definito in precedenza. Ad energie più elevate il nucleo composto può emettere particelle secondo le interazioni (n, 2n), (n, np), (n, 3n), (n, α), etc. Si tratta generalmente di reazioni che necessitano di un certo valore minimo dell'energia del neutrone incidente, detta soglia, oltre la quale aumenta la probabilità che si verifichino queste interazioni 1 .

21


2.

Effetti delle radiazioni sui dispositivi elettronici

I dispositivi elettronici a semiconduttore sono usati diffusamente sulla Terra e nello Spazio e sono stati sviluppati in diverse forme per soddisfare un ampio range di funzioni analogiche o digitali. L’ampia diffusione dei dispositivi nelle applicazioni spaziali, militari e della fisica delle alte energie, ha portato a numerosi studi sugli effetti delle radiazioni. Inoltre, a causa del basso prezzo dei componenti, esiste una grande spinta commerciale affinché vengano aumentate le loro funzionalità e velocità a basso costo. Questo solitamente viene fatto diminuendo le dimensioni dei dispositivi o abbassando le tensioni operative. Sfortunatamente ciò comporta una diversa sensibilità ai neutroni, protoni ed altre particelle. Bisognerà quindi estendere i modelli utilizzati alle nuove condizioni operative. I dispositivi a semiconduttore sono componenti elettronici che sfruttano le proprietà elettroniche dei semiconduttori, principalmente il silicio, il germanio e l’arseniuro di gallio. Essi utilizzano la conduzione degli elettroni nello stato solido, attraverso portatori mobili, che possono essere sia elettroni che lacune. A temperatura ambiente però la quantità di cariche mobili che possono partecipare alla conduzione è esigua, e dunque non è possibile che avvenga la conduzione. Per creare un numero opportuno di cariche mobili si “droga” opportunamente il semiconduttore introducendo alcune particolari impurità nel reticolo cristallino del materiale semiconduttore. Nel caso del silicio, se si introduce un atomo con cinque elettroni di valenza (ad esempio il fosforo) all’interno del reticolo cristallino si viene a creare un elettrone libero che non si può legare con nessuno degli atomi confinanti. La sua energia di legame risulterà molto bassa (circa 0,05 eV) e ciò darà la possibilità ad un portatore libero di muoversi e partecipare al processo di conduzione. In un semiconduttore che contiene impurità di questo tipo (atomi donatori) a temperatura ambiente avrà un eccesso di portatori mobili negativi e si dirà che il semiconduttore è di tipo n. Le cariche con concentrazione maggioritaria saranno dunque gli elettroni che vengono chiamati portatori maggioritari. Se invece viene introdotto un atomo con tre atomi di valenza (ad esempio boro), esso strapperà un elettrone da uno dei legami silicio-silicio. La mancanza dell’elettrone genera una lacuna mobile disponibile per il processo di conduzione. Un semiconduttore ricco di impurità di questo genere mostra a temperatura ambiente un eccesso di portatori mobili positivi e verrà chiamato semiconduttore di tipo p. Le lacune verranno chiamate dunque portatori maggioritari.

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Figura 9.. Inserimento impurità con cinque atomi di valenza (sx) e con impurità con tre atomi di valenza (dx)

I vari tipi di dispositivi vengono dunque creati unendo nel modo adatto zone di semiconduttore opportunamente drogate tra di loro o unendoli con metalli e isolanti. Il più semplice di tali dispositivi è il diodo a giunzione p-n p rappresentato in Figura 10.. Esso è costituito da una barretta di semiconduttore di cui una parte è drogata tipo p e una tipo n.. Agli estremi della barretta vengono saldati due contatti metallici (terminali), attraverso i quali il diodo può venir collegato ad un circuito esterno. Questo dispositivo riveste un ruolo importante in elettronica non on solo perché nelle applicazioni si fa largo uso di diodi, ma soprattutto perché è alla base del funzionamento di molti altri dispositivi elettronici come il transistor ad effetto di campo (FET) e il transistor bipolare a giunzione (BJT).

Figura 10. Giunzione p-n

Gli effetti delle radiazioni nella microelettronica sono generalmente classificati come Single Event Effects (SEE), Total Ionizing Dose (TID) e Displacement Damage (DD). Il SEE può essere causato dall’interazione di una singola particella con il dispositivo, causando effetti che possono essere distruttivi o transitori, il TID è un meccanismo di degradazione cumulativa cumulativ e a lungo termine, mentre il DD è dovuto a modifiche della lla struttura atomica cristallina. cristallina

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Sebbene sia utile discutere di questi argomenti separatamente, essi possono avvenire simultaneamente quando un dispositivo elettronico o un sistema integrato vengono esposti alle radiazioni. I SEEs sono di natura probabilistica. In teoria, anche un singolo protone o neutrone può depositare abbastanza energia nel componente da causare un evento indesiderato. La TID è invece un effetto cumulativo. Avviene di solito in un range di 104–108rad (considerati nel silicio). È importante considerarla qualora il dispositivo venga esposto a campi di radiazioni gamma molto intensi come se ne trovano in applicazioni militari o spaziali. Il Displacement Damage è un fenomeno che può essere importante per dispositivi usati in campi di radiazioni meno intensi mentre diventa sicuramente rilevante quando sono esposti a campi di radiazioni molto intensi come avviene nelle applicazioni militari o spaziali. È importante sottolineare infine che la predominanza di uno di questi effetti dipende, oltre che dal tipo di dispositivo e dalla natura del campo di radiazioni, dal tipo di uso finale che si farà del dispositivo. Considerati i vari tipi di interazione, bisogna quindi progettare adeguatamente i dispositivi affinché questi effetti possano diventare trascurabili. Il Radiation Hardening è quella fase della progettazione in cui ci si occupa di renderli resistenti ai danneggiamenti o ai malfunzionamenti dovuti alle radiazioni ionizzanti. I componenti radiation-hardened (RAD-HARD) sono basati sui componenti non RAD-HARD, con alcune differenze nel design e nella produzione che riducono la suscettibilità ai danni dovuti alle radiazioni. I prodotti sono testati per uno o più effetti a seconda dei tipi di dispositivi presenti e del loro utilizzo finale. In Figura 11 sono sintetizzati i possibili effetti sui dispositivi. In essa sono inseriti inoltre i parametri più importanti per quantificare gli effetti e alcuni esempi di dispositivi interessati 4 .

24


Figura 11. Esempi di effetti delle radiazioni ionizzanti

2.1 Single Event Effects Gli ioni ad alta energia che passano attraverso i circuiti integrati a semiconduttore producono una traccia di ionizzazione che induce una serie di fenomeni fisici noti come Single Event Effects (SEE). Il danneggiamento è provocato dalla carica depositata da una singola particella che attraversa la regione sensibile del dispositivo (ossia la regione del semiconduttore dove si possono produrre i SEEs) ed è funzione della quantità di carica che si deposita nel nodo sensibile. I fenomeni SEE si possono suddividere in due categorie: •

Eventi che sono o possono essere distruttivi, come il single event latch-up (SEL), single eventsnapback (SESB), single eventdieletricrupture (SEDR), single event gate rupture (SEGR) e single event breakdown (SEB);

Eventi che non sono distruttivi come i single event transient (SET), single event disturb (SED), single event upset (SEU), multiple-cell upset (MCU), single-word multiple-bit upset (SMU), single event functional interrupt (SEFI), e single event hard error (SEHE).

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Figura 12.. Meccanismi iniziali di SEE per ionizzazione diretta (sx) e interazione nucleare (dx).

2.2 Displacement Damage Il Displacement Damage (DD) è un effetto cumulativo che si manifesta nel danneggiamento della struttura cristallina del semiconduttore e di alcuni materiali ottici a causa della collisioni con particelle. Il DD è un problema dominante in quei dispositivi il cui funzionamento dipende dipende dal flusso di corrente di cariche minoritarie, come i componenti opto-elettronici, opto elettronici, dispositivi bipolari, etc.. Esso avviene quando una particella partice che attraversa il materiale deposita deposit nella collisione un’energia sufficiente da spostare l’atomo con cui interagisce dalla sua posizione nel reticolo cristallino, creando un difetto interstiziale nel reticolo. La posizione libera lasciata dall’atomo viene chiamata vacanza reticolare. Questi due effetti sono mobili e possono o interagire tra di loro o con le impurità del reticolo creando centri di difetto stabili. I centri di difetto indotti da radiazioni sono la causa di numerosi effetti di degenerazione dei parametri del componente. Il DD viene anche chiamato danno da dose non ionizzante, ionizzante poiché non nasce dalla lla ionizzazione ma da collisioni elastiche o inelastiche della particella con i nuclei del materiale target. Protoni, elettroni, neutroni e ioni pesanti sono particelle in grado di produrre il DD. Il meccanismo principale con il quale gli elettroni producono DD nella materia è tramite lo scattering elastico coulombiano. Questo può avvenire anche tramite protoni di bassa energia, mentre invece ad alte energie (sopra i 10 MeV) MeV le interazioni avvengono tramite scattering elastico nucleare e non elastico. Per i neutroni a bassa energia il fenomeno principale è invece lo scattering elastico. La massa minore degli elettroni li rende meno efficienti per trasferire energia agli atomi e quindi per unità di fluenza fluenza generalmente producono effetti minori rispetto ai protoni e ai neutroni. I raggi gamma producono DD come effetto dei secondari carichi creati, ma la dose totale dovuta a questi effetti è di solito molto bassa rispetto alle altre tipologie, e quindi non non dà informazioni sulla suscettibilità del dispositivo agli effetti di DD.

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A causa dei difetti nel semiconduttore causati dal DD, si generano cinque effetti elettrici che influenzano i parametri caratteristici del dispositivo. Questi effetti sono: generazione, ricombinazione, trapping, compensazione e tunneling. Le tipologie di dispositivi interessati dal displacement damage sono diverse tra cui i dispositivi bipolari, i fotodiodi, i LED, le celle solari e i rivelatori al germanio 4 . 2.3 Total Ionizing Dose La Total Ionizing Dose è un effetto che dipende dalla creazione di coppie elettrone-lacuna all’interno dello strato di dielettrico da parte della radiazione incidente e la susseguente generazione di trappole vicino all’interfaccia col semiconduttore e di cariche intrappolate nel dielettrico. Ha un effetto cumulativo sull’elettronica, causando una graduale perdita delle performance ed un eventuale rottura del dispositivo. La TID interessa anche i componenti ottici e materiali passivi come la plastica. Essa è definita come la somma dell’energia depositata per ionizzazione o eccitazione in un materiale per unità di massa del materiale. j=

)

Nel sistema internazionale l’unità di misura è il gray (1 Gy=1 J/Kg), anche se molto spesso viene utilizzato il rad che equivale a 0,01 Gy. Poiché la dose è dipendente dal materiale target, la dose è espressa in rad o Gy riferiti al materiale interessato. Di solito si intende il silicio. Gli effetti della Total Dose sono dovuti alla deposizione cumulativa dell’energia di più particelle su un dispositivo, in un arco di tempo più o meno lungo (Total Dose). Ciò determina il malfunzionamento del dispositivo a causa della variazione dei parametri tipici di funzionamento. Di seguito è riportata una tabella che racchiude la maggior parte dei dispositivi sensibili alla TID e i relativi effetti (Figura 13). Se l’intensità delle particelle e il loro spettro non cambiano significativamente attraverso il materiale, la TID può essere calcolata tramite la fluenza di particelle cariche sulla superficie del materiale, e il potere frenante della particella tramite la seguente formula: j=

1 nN $ ( l m$ ( k n# E

dove ρ è la densità del materiale, m$ ( è lo spettro di energia definito tra 1 ed , , ed ⁄ E è il potere frenante in unità di energia persa per cammino libero medio unitario della particella.

27


L’uso di materiali ad alto numero atomico vicino al componente sensibile alla TID può portare ad effetti di dose enhancement ed è quindi importante tenere conto di questi effetti quando si fanno stime della TID in presenza di questi materiali materiali 4 .

Figura 13.. Dispositivi sensibili alla Total Ionizing Dose

28


3.

Descrizione delle facilities di irraggiamento del DEIM

Il Dipartimento Energia, Ingegneria dell’Informazione e Modelli Matematici dell’Università degli Studi di Palermo (DEIM), ospita due facility di irraggiamento impiegate per attività di didattica, sperimentale e di ricerca:

3.1

Impianto di irraggiamento Gamma Sicilia 3 (IGS-3);

Irradiatore neutronico Am-Be.

Impianto di irraggiamento IGS-3

Dal 1971 presso l’Università degli Studi di Palermo è operante un impianto di irraggiamento sperimentale denominato Irradiatore Gamma Sicilia 3, meglio noto con l’acronimo IGS-3. L’irradiatore è del tipo a cella, panoramico, con cavità di irradiazione e sorgente multipla.

Figura 14. Irradiatore IGS3

Viene adoperato per condurre ricerche in vari settori come nel campo dei materiali polimerici, delle applicazioni rad-hard, nelle applicazioni ambientali ed altro. Altre applicazioni hanno riguardato 29


il settore agroalimentare per scopi antigermogliativi, la sterilizzazione di materiale medicale e molteplici applicazioni industriali 5 . 3.1.1 Caratteristiche dell’impianto L’impianto è un impianto di ricerca ed è costituito essenzialmente da una cella di irraggiamento in calcestruzzo, dall’irradiatore IGS-3 e dal sistema di controllo e sicurezza. La cella La cella(Figura15) può contenere fino a 2,22x1014Bq (6000 Ci) di Co ed è accessibile per le operazioni di carico e scarico solamente quando le sorgenti sono ricoverate. Le comunicazioni con l'esterno (porta di accesso, condotti di ventilazione, etc.) sono state realizzate in maniera da evitare «spifferi» diretti di radiazione. Una porta di ferro di spessore equivalente a 5 mm di piombo separa la cella dal resto del laboratorio. Un sistema di ventilazione forzata provvede al ricambio dell'aria all'interno della cella (10 ricambi/ora). 60

Figura 15. Cella dell'irradiatore

30


Figura 16. Sezione A-A cella dell'irradiatore

Figura 17. Sezione B-B cella dell'irradiatore

La cella è stata realizzata su terrapieno (Figura16 e 17)per consentire in sicurezza sia il posizionamento dell’irradiatore in piombo che la movimentazione dei contenitori portasorgente.

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All’interno della cella è stata realizzata una parete schermata in piombo con un’opportuna finestra di vetro vetr al piombo e due telepinze(Figura118).. Queste ultime servono a manovrare le sorgenti durante il loro trasferimento dal contenitore di trasporto all’irradiatore. L’accesso fra le due camere è consentito da una porta anch’essa in piombo.

Figura 18.. Parete schermo in piombo con vetro piombato e tele pinze

La configurazione della cella è pertanto quella rappresentata in Figura 19 dove si possono distinguere due zone: una zona dove avviene l’irraggiamento, l’irraggiamento mediante l’esposizione diretta alle sorgenti radioattive (la camera di irraggiamento vera e propria o camera calda); ed una zona schermata dalle sorgenti radioattive ma sempre all’interno della cella (camera tiepida o zona di accesso). Nella camera calda i campi di radiazione sono molto elevati ed i sistemi di sicurezza non consentono l’accesso al personale durante l’irraggiamento, inoltre è sconsigliabile posizionare apparecchiature elettroniche o altre strumentazioni, se non opportunamente schermate,in quanto dopo poco tempo risulterebbero risulterebbero danneggiate; nella camera tiepida i campi di radiazione sono molto attenuati ed è possibile posizionare apparecchiature e strumenti di controllo 5 controllo 5 .

32


Figura 19. Cella di irraggiamento

La camera di irraggiamento è circondata da uno schermo in calcestruzzo a forma di labirinto. Tale configurazione geometrica ha lo scopo di ridurre il numero di fotoni riflessi che possono giungere alla porta di uscita che immette al laboratorio e aumentare la distanza tra le sorgenti e la porta di uscita stessa. Quest’ultima è in ferro di spessore equivalente a 5 mm di piombo. La consolle di comando è posta all’esterno della cella di irraggiamento in una zona completamente schermata (control room). Tanto nella camera calda che in quella tiepida anche in assenza di irraggiamento il personale può sostare per tempi ridotti e comunque munito di dosimetro personale; nella control room invece non sono necessarie limitazioni temporali.

33


Figura 20. Consolle di comando

L’irradiatore è stato progettato per contenere 12sorgenti cilindriche da 1,85x1013Bq (500 Ci) di 60Co. Attualmente caricato con 12 sorgenti di diversa attività e in particolare 6 sorgenti da 1,14x1011Bq (3,1 Ci) ciascuna, 3 sorgenti da 2x1011Bq (5,6 Ci) ciascuna e 3 da 7,84x1011Bq (21,2 Ci) ciascuna,per un’attività totale di circa 4,56x1012Bq (123 Ci), che dà al centro della cavità un’intensità di dose massima di circa 0,47 kGy/h. Il sistema radiante è costituito da 12 tubi porta-sorgente in acciaio inox ciascuno dei quali può ospitare una sorgente cilindrica da 1,85x1013Bq (500 Ci) di 60 Co massimo, doppiamente incapsulata in acciaio inox di altezza e diametro attivi rispettivamente di 110 mm e 6,3 mm; questi sono montati telescopicamente all'interno di altrettanti tubi solidali con lo schermo interno e disposti lungo gli spigoli di un prisma retto dodecagonale. I tubi porta-sorgente, mediante un sistema elettromeccanico, possono spostarsi in senso verticale facendo assumere alle sorgenti la posizione di ricovero o di esposizione. In quest'ultima posizione i tubi porta-sorgente realizzano la cavità al cui interno è possibile irradiare piccoli volumi (fino a circa 0.5 litri) a

34


elevate intensità di dose. Volumi maggiori, a più basse intensità, possono essere irradiati invece all'esterno della cavità 5 .

Figura 21. Irradiatore Gamma Sicilia 3 (IGS3)

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Figura 22. Sezione irradiatore Gamma Sicilia 3 (IGS3) (1) Schermo; (2) Nocciolo; (3) Cappello; (4) Cestello. 2.7-flangia superiore; 2.8base montante; 2.9-montante; 2.10-piastra triangolare;3.1-superficie laterale del cappello; 3.2-piastra circolare; 3.3-supporto bronzina; 3.4-bronzina; 3.5-serratura; 3.6-barra guida; 3.7-cavo di collegamento; 4.1-anello di collegamento dei tubi porta sorgente; 4.2-montante; 4.3-piastra; 4.4-supporto bronzina; 4.5-bronzina; 4.6-cavo per il disimpegno; 4.7-chiavetta di sicurezza; 4.8-cavo di sollevamento.

Il contenitore di ricovero delle sorgenti è costituito da un cilindro interno di piombo, detto nocciolo(indicata con 2 in Figura22), e da una parte esterna, sempre in piombo (indicata con 1 in Figura22), di forma cilindrica al centro e tronco conica alle estremità .

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Figura 23. Sezione dell’irradiatore IGS3. (2) Nocciolo; (5) Tubo porta-sorgente. 2.1-beccuccio aria; 2.2-piastra inferiore;2.3guarnizione;2.4-flangia inferiore;2.5-involucro;2.6-tubo guida; 2.7-flangia superiore; 2.11-griglia distanziatrice; 5.1-cilindretti di piombo; 5.2-sorgente di Co-60.

Il sistema di controllo permette la scelta di una qualsiasi combinazione tra le sorgenti, in modo da avere un’intensità di dose adattabile alle necessità. Inoltre impedisce il sollevamento delle sorgenti se manca il segnale di consenso. Questo è subordinato al soddisfacimento delle seguenti condizioni di sicurezza: •

luce “irradiatore in laboratorio accesa;

funzione” posta all’ingresso del

ventilazione forzata della cella avviata;

porta della cella chiusa;

chiave inserita nella consolle di comando;

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circuiti di “reset” e “scram” funzionanti;

monitor per radiazioni gamma (contatore Geiger) predisposto.

La mancanza di una delle suddette condizioni preliminari comporta il ricovero immediato per gravità delle sorgenti all’interno dello schermo. Il sistema di esposizione e controllo è di tipo elettromeccanico: le sorgenti sono collegate, tramite il cestello e il cavo flessibile all’elettromagnete che, se attivato, può agganciarsi alla piastra ferromagnetica. Questa, tramite il motore, la vite e la madrevite trascina l’elettromagnete in basso (sorgenti esposte) o in alto (sorgenti schermate). Nel caso in cui non siano soddisfatte tutte le condizioni di sicurezza l’elettromagnete viene immediatamente smagnetizzato con l’invio di una corrente di segno opposto e le sorgenti vengono ricoverate in seguito a caduta dovuta alla forza di gravità. Nell’eventualità in cui il cavo dovesse incepparsi, un altro cavo indipendente, collegato a una chiavetta di sicurezza, consente di sganciare dall’esterno della cella il cestello porta-sorgenti. L’indice, rigidamente collegato all’elettromagnete, visualizza su una scala graduata sulla consolle di comando la posizione delle sorgenti.

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Figura 24. Sistema elettromeccanico di esposizione delle sorgenti. 1-irradiatore; 2-sorente di Co-60; 3-cilindretti di piombo; 4-tubi porta-sorgente; 5cestello; 6-cavo flessibile; 7-parete della cella di irraggiamento; 8-console; 9elettromagnete; 10-piastra ferromagnetica; 11-vite; 12-madrevite; 13-motore; 14guide dell’elettromagnete; 15-indicatore della posizione delle sorgenti; 16interruttore di fine corsa regolabile; 17-interruttori di fine corsa fissi; 18-barra guida dell’elettromagnete.

Inoltre un cavo di emergenza disposto lungo il perimetro interno della cella, collegato al sistema di controllo, provoca il ricovero immediato delle sorgenti nel momento in cui viene tirato. Il contatore Geiger segnala acusticamente e visivamente l’esposizione delle sorgenti 5 .

39


3.1.2 Distribuzione dell’intensità di dose L’intensità di dose all’interno e all’esterno della cavità dipende dal numero delle sorgenti esposte e dalla distanza alla quale si effettua la misura.

Figura 25. Andamenti dell'intensità di dose in funzione della distanza dal centro della cavità lungo gli assi X,Y,Z

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Figura 26. Isodosi nel piano XY

Nella Figura 27 è riportato l’andamento delle isodosi nel piano XY in corrispondenza del baricentro di una sola sorgente, mentre nella Figura 28 è riportato l’andamento delle isodosi per tutte le sorgenti.

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Figura 27.. Isodosi nel piano XY per una sola sorgente

Figura 28.. Profilo isodosi sul piano XY in corrispondenza della mezzeria delle sorgenti (i colori non sono rappresentativi dei valori di dose)

Considerando tutte le sorgenti (Figura ( 28) sii nota come allontanandosi dalle sorgenti le curve isodose si approssimano approssima sempre piĂš ad un arco di circonferenza. circonferenza

42


3.2

Irradiatore neutronico Am – Be

L’irradiatore neutronico è composto da quattro canali verticali in plexiglass di forma cilindrica mantenuti da piastre di forma quadrata, ai cui spigoli sono posti i canali delle sorgenti, con funzione di supporto e distanziatore. distanziator

Figura 29.. Irradiatore neutronico Am-Be Am con schermo protettivo

All’interno di questi canali sono collocate le sorgenti, una miscela omogenea di polveri di Americio Americio e Berillio doppiamente sigillata all’interno di capsule in acciaio.

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Figura 30. Sezione verticale dell'irradiatore neutronico

Le sorgenti producono neutroni sfruttando la seguente reazione 7 ,=

+ 7poF →

1, rX

+ 1*d

L’Americio-241, isotopo alfa emittente, viene miscelato con il Berillio, target della reazione che causa l’emissione di neutroni con uno spettro energetico che si estende fino a circa 13 aF in relazione al tipo di sorgente.

Figura 31. Spettro di emissione sorgenti Am-Be

Nell’intersezione delle diagonali del quadrato e parallelamente ai canali destinati alle sorgenti, è posto un ulteriore canale in plexiglass chiamato canale di irraggiamento. In esso vengono posizionati i

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campioni da irradiare confinandoli in modo equidistante dalle sorgenti. La distanza interasse tra i canali contenenti le sorgenti e quello d’irraggiamento è di 10 +) . Una piastra collocata superiormente sostiene la struttura all’interno di un contenitore riempito con acqua con battente di circa 70 +) dal piano delle sorgenti.

Figura 32. Visualizzazione 3D della struttura dei canali di irraggiamento con sostegni a piastre(sx) e della posizione delle capsule contenenti le sorgenti rispetto al canale di irraggiamento(dx)

La presenza dell'acqua ha la doppia funzione di moderatore e di schermo neutronico. La funzione moderante ha effetti sullo spettro neutronico all'interno del canale di irraggiamento; i neutroni emessi dalle sorgenti rilasciano parte della loro energia nello spessore d'acqua presente tra le sorgenti e il canale di irraggiamento, giungendo all'interno di quest'ultimo con uno spettro notevolmente modificato rispetto allo spettro di emissione. La funzione schermante risulta necessaria al fine di permettere le operazioni di introduzione ed estrazione dei campioni, o dei dispositivi da irradiare, in modo da garantire all'operatore un notevole riduzione della dose assorbita. È risultato necessario, in funzione della sperimentazione sui componenti elettronici, definire lo spettro neutronico e il rateo di fluenza neutronica presenti nel canale di irraggiamento al fine di poter sottoporre i dispositivi ad uno spettro neutronico il più possibile vicino a quello atmosferico, condizioni in cui i dispositivi sono sottoposti durante le normali condizioni operative. La determinazione del rateo di fluenza è servita per definire il tempo di irraggiamento dei vari dispositivi. Il rateo di fluenza neutronica all’interno del canale di irraggiamento è stato valutato tramite simulazione Monte Carlo, con il codice MCNP5, con il quale è possibile ricostruire tridimensionalmente il sistema di irraggiamento, compresi i materiali e le sorgenti neutroniche.

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La validazione della simulazione MCNP5 per le sorgenti è stata realizzata tramite un confronto tra i valori dedotti con la simulazione e quelli misurati sperimentalmente. La validazione sperimentale della simulazione Monte Carlo delle sorgenti è stata realizzata irradiando 2 set di foglie d’oro, ciascuno composto da 5 foglie di diametro 1,3 cm con peso approssimativo di 0,6 g, poste nude o ricoperte con Cadmio in un portacampioni in Plexiglass. Lo spettro gamma rilevato sulle foglie d’oro irradiate nude e ricoperte con cadmio è riportato in Figura 33 6 .

Figura 33. Spettro gamma delle foglie d'oro irradiate

Il valore del flusso termico e della componente veloce sono stati valutati applicando il metodo della cadmium-difference. In Figura 34è riportato il confronto tra i valori derivati dalla simulazione e quelli ottenuti sperimentalmente, insieme ad alcune determinazioni di confronto con combinazioni di dosimetri a termoluminescenza (TLD) adatti per misure di neutroni termici e veloci. Si nota una differenza tra i valori simulati e le misure sperimentali non superiore al 15%, considerata ancora accettabile tenendo conto delle possibili differenze tra il modello e le condizioni reali di irraggiamento 6 .

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Figura 34. Flusso neutronico termico in funzione della posizione lungo l'asse del canale di irraggiamento

Il rateo di fluenza neutronica per i diversi intervalli di energia è rappresentato in figura 35.

Figura 35. Spettro nel canale di irraggiamento per i diversi intervalli di energia

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Come è evidente risulta preponderante la componente termica del flusso.

Tabella 1. Valori del rateo di fluenza neutronica per i diversi intervalli di energia

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Riferimenti bibliografici 1. Laitano, R. F. (2011). “Fondamenti Di Dosimetria Delle Radiazioni Ionizzanti” (Seconda ed.). Roma: ENEA – Agenzia nazionale per le nuove tecnologie, l'energia e lo sviluppo economico sostenibile. 2. Glenn F. Knoll, Radiation Detection and Measurement, John Wiley & Sons, 2010. 3. James E. Turner, Atoms, Radiation, and Radiation Protection, WILEY-VCH Verlag GmbH &Co.KGaA. 4. European Cooperation for Space Standardization, Space Engineering: Methods for the calculation of radiation received and its effects, and a policy for design margins, ECSSE-ST-10-12C, 15 November 2008. 5. Calderaro E., Oliveri E., Tallarita P. (1981) Un impianto di irraggiamento da 6000 Ci di Cobalto-60 Atti dell’Accademia di Scienze Lettere e Arti di Palermo serie IV vol. XL 1980-81 parte I. 6. P. Buffa, A. Parlato, S. Rizzo, E. TOMARCHIO (2012), Progettazione e realizzazione di un irradiatore neutronico modulare basato su sorgenti Am-Be, Associazione "Triquerta"- Piazza Castelnuovo, 26/A 90141 Palermo. ISBN 978-88-9075060-1.

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Finito di stampare nel mese di agosto 2015


ISBN 978-88-96926-80-2


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