Convegno ANOSS-ANASTE

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Exposanità ANASTE 1188 MMaaggggiioo 22001122 FOCUS SU TERZA E QUARTA ETÀ Introduzione del fondo unico Dott. Renato Dapero (ANOSS - Vicepresidente nazionale) Presenza e significato di ANOSS nella realtà socio sanitaria. Ho accettato con molto piacere di svolgere un intervento nel convegno organizzato dall’ANASTE col quale si intende mettere a fuoco i problemi della terza e quarta età. Considerata la mia passione per l’argomento lo considero un “invito a nozze”. Cerchiamo dunque di essere coerenti e come negli inviti a nozze si fa un applauso agli sposi qui voglio fare un applauso ad ANASTE, patron di questa giornata, in particolare per la proposta del fondo unico per la non autosufficienza che in un tempo di crisi, bella o brutta che sia, facile o difficile da realizzare, ha il pregio della concretezza e dell’innovatività.


Questa foto di gruppo è frutto dell’attività di un fotografo a cui non sfugge l’occasione! Ma un’immagine così chiara, anche se un po’ irriverente, ci spinge ad alcune riflessioni: 

È difficile che la politica possa risolvere la crisi in tempi brevi

La crisi si abbatte su tutte le categorie e se davvero durerà molto tempo non è improbabile che la nostra sia la categoria più a rischio

In ogni caso, anche se ci fosse una ripresa significativa, le risorse pubbliche non basteranno mai a fronteggiare una domanda crescente per numero e intensità

Se le risorse non bastano qualcuno finirà per sparire con grave danno per la collettività

Se non vogliamo sparire dobbiamo muoverci e fare qualcosa di nuovo

Ecco le PROPOSTE 1. La prima cosa da fare è smetterla di illuderci che la politica possa aiutarci. Facciamo un bagno di realtà per evitare un bagno peggiore! I politici sono troppo occupati a salvare sé stessi per aver tempo per noi. 2. Rilanciamo l’associazionismo. Non è nuova: tutti i politici si premurano di vantare l’importanza dell’associazionismo… forse perché pensano che il volontariato, ad esempio, possa coprire in parte le carenze dei servizi pubblici. Ma nessuno investe sulle associazioni che, dal canto loro, sono divise, cosicché ognuna pensa di far da sé e di tirare acqua al suo mulino. Peccato che, per restar nella metafora, di acqua non ce ne sia più! il rilancio passa dunque attraverso questa presa di coscienza: dell’impotenza del singolo e della negatività della concezione corporativistica strisciante. 3. Analizzare i punti di forza e debolezza dell’associazionismo distinguendo tra a) associazioni di volontariato e promozione sociale, b) associazioni datoriali e sindacali, c)associazioni di categoria, collegi e ordini. a. Rappresentano un patrimonio professionale e culturale di prim’ordine ma sono, nel nostro settore, numerose e scoordinate b. Sono due facce della stessa medaglia che mette in primo piano il lavoro di cura nell’aspetto socio-economico e lavoristico. Sono animate a volte da spirito di contrapposizione non solo dal punto di vista pratico della gestione del rapporto di lavoro, che sarebbe endemico e connaturato, ma anche limitato da diffusi pregiudizi sui grandi fini ideali del lavoro e dell’assistenza. c. Rappresentano un enorme bacino culturale e di professionalità ma sono troppo indirizzate alla cura , come si suol dire, del proprio orticello.


4. Preso atto dei pregi, bisogna prendere decisioni nuove sui difetti. Nella migliore delle situazioni l’associazionismo si presenta diviso, qualche volta in contrapposizione e altre volte addirittura corporativo. È su questi difetti che si deve intervenire. 5. Come ci proponiamo noi di ANOSS. Siamo un’associazione di promozione sociale e un compito che ci siamo assunti è la formazione, che significa, contributo alla creazione di una linea culturale. Almeno questo è l’obiettivo finale. Sappiamo benissimo che non ce la possiamo fare da soli e ci rivolgiamo a tutti per un aiuto. Però non vogliamo assomigliare a quei politici, non ci presentiamo spaesati e alla ricerca della “Lampada di Aladino”. Ci presentiamo con l’offerta di un contributo e con un messaggio forte e chiaro. 6. FORMAZIONE INNOVATIVA a. Nella forma: il meno noiosa possibile b. Nei contenuti: meno dedicata alla tecnica e più orientata all’uomo c. Nei costi: costi avvicinabili grazie a grandi numeri, parziale autoformazione, formazione itinerante e utilizzo della relazione di scambio tecnico tra gestori 7. Sottolineiamo la nostra proposta e la rendiamo evidente mettendo tutta la carica innovativa in ogni nostro intervento di formazione o di convegno che in sostanza si proponga lo stesso fine. Chiudo questo discorso con una bella immagine evocativa del principale concetto espresso sopra


ANOSS si occupa di formazione a tutto campo. Agli OSS ma anche alle altre figure e pone un particolare rilievo alle figure che costituiscono il MIDDLE MANAGEMENT. La ragione è semplice: le figure intermedie sono quelle che più sopportano il peso dell’organizzazione e su di loro poggiano molte delle speranze di buon funzionamento e di efficace assistenza. Devono essere tecnicamente capaci e allo stesso tempo pronte a sopportare gli stress professionali per le responsabilità che in particolare ricadono su di loro. Sono stressate dai loro capi che vogliono il meglio al minor costo e lo sono anche dalle collaboratrici che a volte si sfilano dalle responsabilità o chiedono supporti tecnici. Senza parlare poi del coordinamento, cioè delle competenze necessarie a mantenere unita “la squadra” spesso eterogenea per età, capacità tecniche e cultura generale. L’altro argomento fondamentale da trattare è la motivazione. Per ANOSS motivazione e lavoro di squadra sono i due elementi del filo conduttore di ogni corso e costituiscono il fondamento della nostra mission. Sappiamo che il lavoro di cura è difficile e stressante, che spesso sfocia nel burnout, ma siamo anche convinti che sia anche il lavoro più bello per le sue componenti relazionali. È proprio valorizzando questa componente e portando a nudo le emozioni degli operatori che si può trovare la via per un più efficace rapporto tra i due soggetti umani che si confrontano nel

Proiezione del filmato “Sogni dell’OSS”

delicatissimo rapporto di cura. Noi intendiamo lottare per una evoluzione positiva della cultura del lavoro partendo dallo studio della situazione attuale . L’Italia è piena di vincoli corporativi che non sono mai stati abbattuti perché nessun partito ne ha veramente avuto l’intenzione. Così all’affacciarsi di una nuova categoria professionale alla soglia della popolarità ecco che la stessa immediatamente pensa di costituire il suo scudo da quello che ritiene siano le invasioni barbariche da parte delle altre funzioni. E inventa o propone la creazione di un albo o di un collegio o di un ordine. Forse l’immagine della professione ne guadagna perché quanto meno si è posta nelle stesse condizioni delle altre storiche, ma succede anche che lo sviluppo della cultura professionale, se si

La Squadra si prepara

chiude in difesa, diventa autoreferenziale. Nelle nostre realtà assistenziali bisogna abbattere i vincoli di vago sapore corporativo: tutti! Bisogna cancellare le rendite di posizione connesse alla storia delle professioni e questo non per cieco ideologismo,


ma perché conviene a tutti che non ci siano steccati tra le professioni. Il rispetto per il lavoro dovrà tendere ad una serena interpretazione del concetto di uguaglianza: ognuno deve avere uguale dignità davanti al mondo in quanto lavoratore e in quanto portatore di una cultura professionale specifica. La specificità professionale deve essere un vanto, non per dividere, ma per formare un nuovo e più alto concetto di collaborazione. Questo è integrazione! A chi si avvicina alla nostra associazione chiediamo anche di essere disponibile a collaborare nella costruzione di una nuova cultura del lavoro che superi le semplificazioni del mero interesse economico, magari da trasferire immediatamente in compiacimento edonistico. Chiediamo di credere e di impegnarsi verso il principio dell’autorealizzazione. Viviamo in un mondo che ha superato i problemi della sopravvivenza di base, lavoriamo per aver i soldi sufficienti per vivere e per averne un po’ di più da investire. Noi dobbiamo dire basta al desiderio di spendere il di più per conquistare brevi soddisfazioni passeggere. Dobbiamo imparare a guardare avanti. Per questo chiediamo di aiutarci a interrompere quella catena di cecità che si snoda nelle diverse classi sociali e giunge fino a noi. Non dobbiamo lasciarci guidare da chi guarda solo all’interesse particolare di un

Pieter Bruegel: La parabola dei ciechi

momento particolare. Queste sono le guide cieche 1a cui non dobbiamo affidarci quelli che ci raccontano tutto il bene possibile a parole e ci abbandonano a noi stessi nei fatti; interrompono lo sviluppo del nostro libero pensiero lasciando che le nostre menti si perdano nel magma televisivo. Si, certo, in questo discorso c’è anche un po’ di critica sociale, ma altrimenti come si potrebbe arrivare a una nuova cultura se non ci sforzassimo di essere portatori di un punto di innovazione? E come possiamo 1

La Parabola dei ciechi è un dipinto a tempera su tela (86x154 cm) di Pieter Bruegel, databile al 1568 circa e conservato nel Museo di Capodimonte

di Napoli. È firmato in basso a sinistra "BRVEGEL.M.D.LX.VIII.". La scena raffigura un gruppo di sei ciechi che avanza in fila indiana, ciascuno appoggiandosi sulla spalla dell'altro, lungo una linea obliqua un po' sfasata rispetto al primo piano. Quattro avanzano poggiando una mano o il bastone sul compagno che lo precede, ma il primo già è caduto nel fossato e il secondo lo sta per seguire, trascinando tutti gli altri. Accentuato quindi il senso drammatico, con la rappresentazione contemporanea delle diverse fasi della caduta. Con grande realismo l'artista rappresentò i ciechi con lo sguardo perso nel vuoto e le cavità oculari vuote. Essi sono simbolo della cecità spirituale umana, che riserva un destino infelice. ( da Wikipedia)


sperare che l’innovazione possa affermarsi se non ne prendono coscienza tutti gli strati della popolazione e per la sua parte insostituibile la classe dirigente? A Keynes, il grande economista del secolo scorso a cui si deve gran parte delle soluzioni per risolvere la grande depressione del ‘29, è attribuito questo aforisma: “La difficoltà non sta nel credere nelle nuove idee ma nel rifuggire dalle vecchie” In conclusione, l’atteggiamento innovativo è il connotato distintivo, il manifesto della nostra associazione e di questo siamo fieri, certi che faremo la nostra parte nel compito di proporre una nuova linea formativa e di conseguenza operativa in un momento in cui si fatica a comprendere e in cui tutti hanno bisogno di credere in qualcosa. Offriremo la nostra collaborazione nei corsi di formazione tradizionali per far si che giovani disoccupati o inoccupati possano trovare modo di esprime le loro aspirazioni, ma offriremo anche forme nuove e diverse per cogliere al meglio il grandioso potenziale umano ed emotivo che veramente potrà fare la differenza nel lavoro di assistenza.


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