Africa Nr 2-2011 Marzo-Aprile 2011

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n.2 marzo-aprile 2011

anno 89

www.missionaridafrica.org

Ruanda

Rivoluzione hi-tech Egitto

Poste Italiane Spa - Spedizione in Abbonamento Postale - D.L. 353/2003 (conv. In L. 27/02/2004 n. 46) art. 1, comma 2, DCB Milano.

Monasteri copti Sport

L’Africa di corsa Kenya

Le nonne del karate

metropoli d’AfricA


informazioni

Africa presenta

professione

REPORTER

Corso di fotografia

per imparare a catturare l’anima del continente nero Due giorni full-immersion, alla portata di tutti, in compagnia di Bruno Zanzottera, reporter, e Alberto Salza, antropologo, alla scoperta di un continente prodigioso, da esplorare con curiosità e fotografare con abilità. Riti ancestrali, cerimonie segrete, spiriti invisibili, costumi e tradizioni di popoli sconosciuti. Tutti i segreti per realizzare un buon reportage. Torino, sabato 16 e domenica 17 aprile Ai partecipanti in omaggio la rivista Africa per un anno. Informazioni e adesioni; www.parallelozero.com Tel. 02 89281630 info@parallelozero.com

Le nostre mostre fotografiche disponibili per esposizioni in tutta Italia Le mostre possono essere allestite in scuole, biblioteche, parrocchie e centri culturali. È richiesto un contributo minimo di 200 euro per l’esposizione più il rimborso delle spese di spedizione. Per prenotazioni e informazioni rivolgersi alla redazione, tel. 0363 44726, africa@padribianchi.it Anteprime su www. missionaridafrica.org

Figli maletti

I piccoli dannati del Congo di Marco Trovato

L’Africa di Edo

Uno sguardo al continente africano e alla sua gente litografie di Edoardo di Muro

L’africa nel pallone

20 fotografi illustrano sogni e illusioni del calcio africano autori vari

Nei giardini di Allah

Viaggio tra le sabbie del Sahara di Marco Trovato

Donna Africa

Immagini sorprendenti che svelano il volo fiero e gioioso del continente di Andrea Semplici e Bruno Zanzottera

Sulle strade di Maputo

I “meninos de rua” del Mozambico di Giovanni Diffidenti


editoriale

di M. M.

Le donne, i giovani e la Rete S

ono sotto gli occhi di tutti le immagini di questi mesi di un’Africa che non ci aspettavamo, di un’Africa in fermento. Una parte del continente si mobilita per chiedere il rispetto dei diritti umani fondamentali, maggiore libertà e democrazia. Il Nord Africa è infiammato da questa ondata di novità che partita dalla Tunisia, ha raggiunto l’Egitto e altri Paesi del Maghreb. Nessun politico o esperto di geopolitica si sarebbe aspettato un tale movimento di rivolta e nessuno

può dire a cosa porteranno queste “rivoluzioni” in atto. Sta di fatto che i nostri stereotipi occidentali di sguardo sul continente africano sono stati spazzati via per diversi motivi e soprattutto per la vitalità dei giovani, la forza delle donne e gli strumenti di comunicazione utilizzati. I media di tutto il mondo ci hanno mostrato un volto dell’Africa che non conoscevamo. I giovani e le donne sono i veri protagonisti di questo inizio d’anno. Giovani e donne che hanno marcia-

to a migliaia per il primo vero Forum Sociale Mondiale africano. Dal 6 all’11 febbraio, la capitale del Senegal, Dakar, è stata il centro di incontri, colloqui e discussioni sui temi più disparati: diritti, beni pubblici, democrazia, tecnologie, media. In contemporanea, giovani e donne in tutto uguali a quelli riuniti a Dakar hanno occupato la piazza Tahrir de Il Cairo e sono riusciti a scacciare il presidente Mubarak. Le vite e le passioni si sono incrociate come trama e ordito della stessa storia: quella che stanno facendo i giovani e le donne del Nord Africa. I mezzi di comunicazione in questi eventi hanno avuto un ruolo fondamentale. Le aule dell’università Cheikh Anta Diop di Dakar straripanti di persone provenienti da 123 Paesi e collegate ad internet tramite Wi-fi rendono chiunque soggetto nel villaggio globale. Le informazioni di appuntamenti e manifestazioni nella capitale egiziana, e non solo, trasmesse tramite Facebook e

Twitter sono la risposta al bisogno di comunicare. Un governo al potere che cerca di sopprimere la rivolta oscurando internet per alcuni giorni è l’esempio concreto di come non si possa controllare un popolo che si risveglia e chiede risposte. Sono segnali che l’era del web condiviso può portare benefici se utilizzato in maniera creativa e partecipativa. Al momento in cui scriviamo queste note non sappiamo quali saranno le prospettive cui stanno portando le manifestazioni e le rivolte in gran parte del continente. Siamo sicuri che molti cosiddetti leader tremano e vedono incerto il loro futuro, a meno che non sia più democratico. Siamo altresì convinti, utilizzando le parole preoccupate di Aminta Traoré al Social Forum di Dakar, che: “Ora è il tempo delle rivoluzioni in nome della democrazia. Ma già al più presto dovremo capire dove vogliamo andare e cosa vogliamo realizzare come africani”. • africa · numero 2 · 2011

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sommario

lo scatto 8 Lezioni di guerra Uganda

Direzione, reDazione e amministrazione

Cas. Post. 61 - V.le Merisio 17 24047 Treviglio (BG) tel. 0363 44726 - fax 0363 48198 africa@padribianchi.it www.missionaridafrica.org http://issuu.com/africa/docs Direttore

Paolo Costantini CoorDinatore

Marco Trovato webmaster

Paolo Costantini amministrazione

Bruno Paganelli

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copertina

Progetto grafiCo e realizzazione

Elisabetta Delfini foto

Copertina Nel centro di Algeri B. Zanzottera/Parallelozero Si ringrazia Olycom Collaboratori

Claudio Agostoni, Marco Aime, Giusy Baioni, Enrico Casale, Giovanni Diffidenti, Matteo Fagotto, Emilio Manfredi, Diego Marani, Raffaele Masto, Pier Maria Mazzola, Giovanni Mereghetti, Aldo Pavan, Piero Pomponi, Giovanni Porzio, Anna Pozzi, Andrea Semplici, Daniele Tamagni, Alida Vanni, Bruno Zanzottera, Emanuela Zuccalà CoorDinamento e stamPa

Jona - Paderno Dugnano

Periodico bimestrale - Anno 89 marzo-aprile 2011, n° 2

Aut. Trib. di Milano del 23/10/1948 n.713/48 L’Editore garantisce la massima riservatezza dei dati forniti dai lettori e la possibilità di richiederne gratuitamente la rettifica o la cancellazione. Le informazioni custodite verranno utilizzate al solo scopo di inviare ai lettori la testata e gli allegati, anche pubblicitari, di interesse pubblico (legge 675/96 - tutela dei dati personali).

COME RICEVERE AFRICA per l’Italia:

Contributo minimo consigliato 30 euro annuali da indirizzare a: Missionari d’Africa (Padri Bianchi) viale Merisio, 17 - 24047 Treviglio (BG) CCP n.67865782 oppure con un bonifico bancario sul conto della BCC di Treviglio e Gera d’Adda intestato a Missionari d’Africa Padri Bianchi IBAN: IT 93 T 08899 53640 000 000 00 1315

per la Svizzera: Ord.: Fr 35 - Sost.: Fr 45 da indirizzare a: Africanum - Rte de la Vignettaz 57 CH - 1700 Fribourg CCP 60/106/4

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Costa d’Avorio

34 L’ultimo bicchiere Kenya

64 Musulmani d’Italia Italia

cultura

36 Metropoli

46 e-Rwanda

3 Africanews 4 Primavera araba 6 Le sfide del Sud Sudan 10 I fantasmi di Conrakry

52 L’Etiopia di Rimbaud

16 21 Kenya, Paese di geni 22 La fabbrica del latte 28 Il circo delle meraviglie 33 Breakdance Uganda

66 Monasteri d’Egitto 72 Brevi

di Marco Trovato

attualità

Promozione e UffiCio stamPa

Matteo Merletto

14 Macabro ricordo

a cura della redazione di Laura De Santi di Diego Marani

di Roberto Paolo

società Nonne karaté

di Matteo Fagotto e Sara Elliott di Luciana De Michele

di Stefano Pesarelli e Redazione di Marco Trovato e Marco Garofalo di Joshua Mampuru

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libri e musica di Pier Maria Mazzola e Claudio Agostoni

28

di Matteo Fagotto e Tadej Znidarcic

viaggi

di Bruno Zanzottera

sport

58 L’Africa di corsa 63 Pedali come ali

a cura della redazione di Yonas Gebremariam

chiese di Aldo Pavan

a cura di Anna Pozzi

storia

74 L’esploratore delle dune togu na 76 vita nostra 77 di Diego Marani

a cura della redazione

a cura della redazione

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attualità

Primavera testo di Laura De Santi

Il Nord Africa sconvolto dalle rivolte popolari Il rischio di proteste yemen

87 GIBUtI

75 SIRIA

67 IRAQ

65 mAURItAnIA

58 SUDAn

55 ALGeRIA

51 GIORDAnIA

50 ARABIA SAUDItA

49 mAROCCO

48 BAHReIn

47 Indice calcolato secondo i parametri di corruzione, democrazia, popolazione giovanile, disoccupazione, libertà di espressione, Pil pro capite

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LIBIA

EGITTO

Carneficina del Colonnello

In cerca di futuro

Il bagno di sangue voluto da Gheddafi (si parla di migliaia di civili uccisi) resterà nella storia come uno dei crimini più efferati mai commessi da un leader contro il proprio popolo. Il colonnello libico, al potere da ben 42 anni, aveva preparato e minacciato la rappresaglia contro i rivoltosi; ma neppure i suoi più fedeli alleati internazionali sospettavano che il rais potesse spingersi a far bombardare con elicotteri e aerei i cortei di civili che invocavano la fine della dittatura. Malgrado il silenzio imposto dal regime ai media e ai collegamenti telefonici e web, dal Paese trapelano diverse notizie di militari libici che si rifiutano di eseguire gli ordini dei vertici. Le autorità hanno perso il controllo della Cirenaica (la regione orientale). Gran parte delle tribù tradizionali che compongono il mosaico libico si sono schierate dalla parte dei rivoltosi. Mentre andiamo in stampa non è chiaro come evolverà la situazione. L’emergenza umanitaria è inquietante. Ma l’Occidente sembra più preoccupato del possibile esodo dei profughi, della temuta deriva fontamentalista e delle conseguenze economiche (fragilità dei capitali libici nei mercati e crollo della produzione di petrolio e gas).

L’era Moubarak, l’ultimo faraone, è finita l’11 febbraio. L’anziano Rais in carica da quasi trent’anni ha dovuto cedere alla pressione del popolo, dei milioni di persone che per settimane hanno affollato piazza Tahrir, luogo simbolo della ‘Rivoluzione del Nilo’. Una Rivoluzione a tratti violenta e sanguinosa: almeno 365 persone sono morte. Fondamentale anche l’intervento della comunità internazionale, tra tutti degli Stati Uniti consapevoli del ruolo chiave che l’Egitto ha sempre giocato nel mondo arabo e in Medio Oriente. Oggi, Israele e tutto l’Occidente guardano con preoccupazione ad una possibile ascesa del movimento islamico dei Fratelli Musulmani, principale forza d’opposizione nel Paese. Tra speranze e timori, il futuro del gigante arabo è adesso tutto da costruire. I militari hanno preso le redini del potere ma promettono, entro pochi mesi, una nuova Costituzione ed elezioni trasparenti. Impossibile fare previsioni, ma chiunque prenderà il potere avrà il compito gravoso di guidare una popolazione di 80 milioni di persone fuori dalla crisi economica e sociale che imperversa ormai da anni.


araba

L’onda delle manifestazioni che hanno abbattuto i regimi nel maghreb dilaga in tutto il medio Oriente. A infiammare la rivoluzione è un mix esplosivo di rabbia, disoccupazione, diritti negati. e sete di libertà

L’evento scatenante ALGERIA

MAROCCO

TUNISIA

Paura del caos

Il Regno di mohamed VI

tutto è iniziato da qui

Molti algerini temono che ‘un’ondata rivoluzionaria’ possa far ripiombare il Paese nel caos. È troppo forte il ricordo delle atrocità commesse negli anni ’90, durante la guerra civile. Fu proprio in seguito alla grande rivolta popolare del 1988 che il Fronte islamico per la salvezza prese il potere. Il Paese non ha ancora chiuso quella pagina nera della sua storia. Corruzione, disoccupazione, salari troppo bassi in un Paese ricchissimo di gas e petrolio alimentano il malcontento. L’opposizione è scesa in piazza, molte persone hanno tentato di suicidarsi con il fuoco. Ma se anche il Presidente Bouteflika dovesse lasciare le redini del Paese, cambierebbe ben poco: la casta militare che governa dall’indipendenza lo sostituirebbe prontamente.

È stato risparmiato fino ad oggi dalle proteste che stanno attraversando il mondo arabo. Mohamed VI, salito al trono nel luglio del 1999, sembra avere il controllo della situazione. È il governo semmai ad essere nel mirino dei giovani che si mobilitano su Facebook, You Tube, Twitter. Ancora una volta la voce della protesta si alza dalla rete. Rivendicando maggiori diritti civili ma anche un lavoro, una casa, una vita dignitosa. È la grave crisi economica a preoccupare. Subito dopo l’inizio delle rivolte scoppiate in gennaio in Tunisia e Algeria, il governo ha tentato di frenare il malcontento: il 4% del Pil, oltre 1,3 miliardi di euro, è stato destinato ai sussidi per i prodotti alimentari ed altri generi di base, come gas e benzina.

La Rivoluzione dei gelsomini, che in un mese ha portato alla fuga del presidente Ben Ali, in carica da 20 anni, ha fatto oltre 200 morti e 500 feriti. A fare da detonatore alle rivolta sono stati la disoccupazione dilagante e la corruzione del regime, ma anche la mancanza di libertà di espressione e l’aumento dei prezzi di prima necessità. Oggi la Tunisia, travolta da un’ondata di scioperi in tutti i settori, tenta di ritornare ad una vita normale. Si attendono a breve nuove elezioni presidenziali mentre l’Europa e l’Italia, guardano con timore all’ondata di migranti salpati dalla coste tunisine (in larga parte sono giovani laureati che si trovano senza possibilità di lavoro). Più di 5mila tunisini hanno raggiunto le coste italiane nelle ultime settimane.

Lo scorso 17 dicembre Mohammad Bouazizi, un tunisino di 26 anni che sbarcava il lunario come venditore ambulante, compie un gesto estremo e disperato: si dà fuoco per protesta contro la polizia che gli ha sequestrato il suo banco di verdure. Muore il 4 gennaio. Ma il sacrificio di quel giovane commerciante di strada diventa il simbolo della frustrazione di un’intera generazione. E la scintilla che incendia le rivoluzioni contro i regimi del Nordafrica e della Penisola arabica. africa · numero 2 · 2011

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attualità

testo di Diego Marani*

Le sfide del Occhi puntati sul nuovo e fragile Stato africano

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rriva il Sud Sudan, il 54° Paese africano. Il nuovo Stato nascerà ufficialmente il 9 luglio, come previsto dagli accordi di pace siglati nel 2005 tra il nord e il sud del Sudan. Ma è solo una formalità: lo scorso 9 gennaio i sudsudanesi hanno scelto all’unanimità la secessione da Khartoum. L’esito del referendum era ampiamente previsto. Dopo due guerre civili - l’ultima, dal 1983 al 2005, ha causato qualcosa come due milioni di morti e quattro milioni di sfollati - sarebbe stato assai complicato far convivere le due anime del Sudan (una arabo-musulmana, l’altra nera e cristiano-animista).

Leader impreparati Ma che cosa attende la nuova nazione? Le prospettive non sembrano così rosee come forse si aspettano molti sudsudanesi, in particolare le centinaia di migliaia di sfollati che sono rientrati nel Sud come se fosse una terra promessa. I più giovani in particolare ci sono arrivati per la prima volta, essendo nati nel Nord o in qualche campo profughi, magari in Kenya. Da un punto di vista politico in questi sei anni non è che 6

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Dal prossimo 9 luglio l’Africa avrà ufficialmente una nuova nazione. Ricca di petrolio, ma anche di problemi: povertà diffusa, tensioni tribali, fragilità politica. Riuscirà a sopravvivere la neonata Repubblica del Sudan?

Movement), ex guerriglieri convertiti alla politica, hanno passato la maggior parte del tempo a litigare con gli ex nemici guidati dal Presidente Bashir. Nel frattempo in Sud Sudan centinaia di civili sono rimasti vittime di scontri tra etnie rivali che si contendono pascoli e pozzi d’acqua a colpi di kalashnikov. Juba ha sempre accusato Khartoum di fomentare le violenze interetniche: uno stato indipendente però non potrebbe più rimandare il dovere di disarmare i cittadini e di gestire i conflitti in modo pacifico…

Il greggio non basta

COlpO d’OCChiO

Nome Capitale popolazione Superficie

Repubblica del Sud Sudan Juba 9/10 milioni di abitanti circa 620mila kmq, oltre due volte l’Italia (confini settentrionali non ancora definitivi) presidente Salva Kiir, 60 anni Economia petrolio e agricoltura di sussistenza lingua inglese, più numerose lingue locali

i dirigenti del Sud abbiano dato prove esaltanti di autorevolezza e leadership. Né a Khartoum, come parte del governo di unità nazio-

nale, né a Juba nell’esecutivo che ha gestito il Sud con un’ampia autonomia. Gli esponenti dell’Splm (Sudan People Liberation

Da un punto di vista economico, l’unica cosa che veramente conta è il petrolio, da cui dipende la quasi totalità del budget del Sud Sudan. La maggior parte dei pozzi sono al Sud, ma le raffinerie e il porto dove attraccano le petroliere (Port Sudan) sono al Nord. Dividersi le rendite petrolifere non sarà facile, ma è possibile che Nord e Sud riescano a trovare un accordo: meglio spartirsi la manna che danneggiarsi a vicenda. I cinesi, i grandi protagonisti del boom petrolifero del Sudan negli ultimi dieci


José Cendón/AFP

Sud Sudan anni e i principali investitori nel Nord, sono pronti a investire anche nel Sud. Bisogna però vedere come verranno gestiti questi affari futuri. L’altra grande potenziale risorsa del Paese, la terra, rimane ancora in gran parte non sfruttata: la maggior parte dei sudsudanesi si è finora dedicata a un’agricoltura di sussistenza. Ancora oggi il Sud Sudan resta una delle regioni più povere al mondo, alle prese con una crisi umanitaria divenuta ormai cronica. Risolvere a breve una situazione così difficile è più un’utopia che una speranza. Fragile equilibrio Dal punto di vista regionale, il Sud Sudan dovrebbe integrarsi economicamente

con i vicini Kenya, Uganda ed Etiopia, che non hanno mancato di inviare messaggi di benvenuto al nuovo Stato. Però anche in questo caso il processo sarà lento e non privo di ostacoli e non è detto che saranno i sudsudanesi a guadagnarci di più: anzi, visto la mancanza di personale qualificato in Sud Sudan, sono sempre più numerosi gli ugandesi e i keniani che vanno a lavorare in Sudan. Potrebbe sembrare paradossale, ma la relazione più importante che dovrà gestire Juba sarà quella con Khartoum. Troppe questioni sono ancora aperte: che fine faranno i territori e gli abitanti di Abyei, al centro del Paese, per esempio; oppure la definizione del-

la linea di frontiera; senza dimenticare le insoddisfazioni del Kordofan meridionale e del Nilo azzurro, i cui leader politici e militari – appartenenti allo Splm – hanno già annunciato di voler rimanere al Nord per creare un partito di opposizione alleato con il Sud. Dato che i leader del Nord e del Sud sono abituati a “risolvere” i problemi sparandosi addosso, la prima esigenza è che Khartoum e Juba riescano a non ricorrere alle armi. • Diego Marani, giornalista, ha curato i libri Darfur. Geografia di una crisi (Terre di mezzo/Altreconomia, 2008) e Scommessa Sudan (Altreconomia, 2006).

Tensioni a Karthoum La novità del Sud Sudan indipendente ha fatto dimenticare il Darfur, la regione orientale del Sudan in lotta contro il governo di Karthoum. In questa guerra silenziosa il Presidente Bashir è accusato di genocidio e di crimini contro l’umanità: la Corte penale internazionale ha emesso contro di lui un mandato di cattura che finora non ha avuto conseguenze pratiche, ma che certo non aiuta il presidente. Il quale ha forse osservato con particolare attenzione a ciò che è accaduto in Egitto. Bashir ha preso il potere con un colpo di stato nel 1989 e non lo ha più mollato. Gli studenti e i giovani hanno già iniziato a scendere in strada nel Nord per protestare contro il carovita e per chiedere più democrazia. Finora la polizia ha sgomberato le piazze a manganellate. Ma non si può escludere a priori che il vento di Tunisi e del Cairo arrivi anche a Khartoum. africa · numero 2 · 2011

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I militari europei preparano le truppe somale

lo scatto

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testo di Joshua Mampuru foto di Marc Hofer / Afp

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n ufficiale dell’esercito tedesco addestra dei militari somali nella base di Bihanga, in Uganda. L’Unione Europea è impegnata a istruire oltre 2mila reclute destinate a combattere i miliziani Shabaab che seminano il terrore in Somalia. I ribelli jihadisti collegati ad Al Qaeda oggi controllano l’80 per cento del territorio e tengono sotto scacco le fragili autorità di Mogadiscio. Il governo di transizione guidato da Sheikh Sharif è difeso da circa settemila soldati dell’Unione Africana, in maggioranza ugandesi. E proprio l’Uganda, che ospita le attività europee di addestramento dell’esercito somalo, è finita nel mirino dei terroristi islamici: lo scorso 11 luglio, i miliziani Shabaab hanno colpito la capitale Kampala con due attacchi suicidi che hanno causato la morte di 76 persone.

Lezioni di

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guerra

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attualità

testo e foto di Roberto Paolo

I fantasmi di Reportage dalla disastrata capitale della Guinea

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Conakry

E’ il cuore ferito di una nazione potenzialmente ricchissima, ma devastata da decenni di malgoverno e instabilità politica. Un Paese che si affaccia per la prima volta alla democrazia. Con i timori di un nuovo golpe militare

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e esiste un inferno, in qualche modo deve assomigliare a Conakry. La capitale della Guinea accoglie i visitatori già all’uscita dall’aeroporto con un fumo denso di plastica bruciata e un check-point di soldati. Dovunque, in questa megalopoli protesa su una stretta lingua di terra in mezzo all’Oceano, cumuli di rifiuti bruciano ai lati delle strade rendendo l’aria nera e irrespirabile. Ai lati delle strade corrono canali di scolo che sono vere e proprie fognature a cielo aperto. Le lunghe e placide spiagge che circondano la città, bagnate da un mare davvero poco invitante, sono invase da sacchetti di plastica e rifiuti di ogni genere.

Una città in tilt

Come se non bastasse, mancano l’acqua e l’elettricità. Alberghi, uffici, negozi, ristoranti e quei pochi discobar che nel weekend aspirano a accogliere la clientela con bevande gelate, musica e luci, sono costretti ad utilizzare propri ge-

neratori di corrente. Sempre che si trovi il carburante necessario. A gennaio uno sciopero dei camionisti ha lasciato asciutte le pompe di benzina per quasi una settimana. E anche quando tutto funziona a dovere, il fiorente mercato nero provvede a far terminare anzitempo le scorte dei benzinai legali. Di conseguenza, notte e giorno scarseggiano i taxi collettivi, unico mezzo di trasporto per i cittadini di questa capitale che si estende per circa quaranta chilometri. La sua particolare conformazione stretta e allungata rende inevitabili ingorghi e rallentamenti lungo le poche arterie principali, due o tre strade sgangherate col manto d’asfalto vecchio più di cinquant’anni e da allora mai rattoppato. Del resto, la capitale della Guinea fu progettata e costruita dai francesi per ospitare non più di 50mila abitanti, e tanti ne erano al momento dell’indipendenza, nel 1958. Oggi ne sono censiti ufficialmente due milioni, ma si calcola che gra-

vitino su Conakry qualcosa come tre milioni di persone. Attorno ai principali assi viari sono sorte estese baraccopoli che si dipanano senza fine in un labirinto di lamiere, assi di legno, muri di fango e teli di plastica. Persino a Kaloum, quella che oggi dovrebbe essere la city di Conakry, con gli uffici, le due banche, i ministeri e le ambasciate straniere, i segni della povertà sono ben visibili sulle facciate dei palazzi, con intonaci e vetri rotti o cadenti. Uno spettacolo che contrasta con le lucide carrozzerie degli enormi fuoristrada guidati dai rampolli dell’élite guineiana.

Business per pochi

Il 47% della popolazione vive sotto la soglia della povertà. Eppure, il Paese avrebbe ogni sorta di ricchezza, agricola e mineraria. Il suo sottosuolo racchiude la metà delle riserve mondiali di bauxite, minerale da cui si ricava il preziosissimo alluminio, sempre più ricercato dall’industria hi-tech. E in Guinea

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lo scatto

testo di Augustine Fatago foto di Issouf Sanogo / Afp

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Macabro ricordo Violenze in Costa d’Avorio

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lcuni giovani di Abidjan fotografano il cadavere di un uomo ucciso nei violenti scontri che stanno insanguinando la Costa d’Avorio. La grave crisi post-elettorale scoppiata lo scorso 28 novembre ha già causato più di 500 morti. L’inferno si è scatenato quando l’ex presidente Laurent Gbagbo, uscito sconfitto dalle urne, si è rifiutato di lasciare il potere al suo rivale, Alassane Ouattara, riconosciuto come legittimo vincitore dalla comunità internazionale. Il braccio di ferro tra i due politici sta avendo serie conseguenze sulla vita economica e sociale del Paese, già in difficoltà dopo anni di crisi durate dal 2002 al 2007. La situazione di insicurezza diffusa e lo stallo politicoistituzionale hanno spinto l’Onu e l’Unione Africana a tentare una difficile mediazione: se dovessero fallire, la Costa d’Avorio scivolerebbe nel baratro di una nuova guerra civile.

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società

testo di Matteo Fagotto foto di Sarah Elliott

Nonne karate

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Corsi di autodifesa per mature signore di bidonville

Nell’inferno di korogocho, periferia di Nairobi, nemmeno le donne più anziane vengono risparmiate dalla violenza. rapine e stupri sono incubi quotidiani. Per difendersi non resta che… imparare a menare le mani

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n uno spiazzo di terra rossa battuto dal sole, circondato da poche pareti in lamiera tenute assieme da una malandata palizzata di legno, 30 vecchine dall’età indefinita aspettano pazientemente sedute su alcune panchine di legno, riparate dal caldo e dalla luce da un semplice tetto in metallo. Improvvisamente, a un cenno dell’istruttrice Sheila Kariuki, si alzano in piedi all’unisono in posizione di guardia: le mani aperte a taglio, le braccia rigide, guardano

un punto immaginario davanti ai loro occhi, prima di cominciare a lanciare fendenti nell’aria e prorompere in un sonoro e collettivo «No!».

Picchiare a novant’anni

Siamo a Korogocho, una delle baraccopoli più grandi di Nairobi, la brulicante capitale del Kenya. Qui, agli ordini di Sheila, le anziane signore si riuniscono due volte a settimana per dei corsi gratuiti di autodifesa molto particolari, dove colpi di karate e judo si mischiano

a mosse “proibite” come dita negli occhi e calci nelle parti basse. Benvenuti nella tana delle Cucu Takinge, in lingua kikuyu letteralmente “le nonne che si difendono”. Vestite dei lunghi e coloratissimi abiti africani (che ad alcune ostacolano gran parte dei movimenti), le anziane signore vengono tutte da Korogocho e hanno un’età che varia tra i 50 e i 90 anni. In comune, hanno la voglia di far valere i loro diritti. Con le buone o con le cattive. Dopo un breve riscaldamento, le signore

Vivere a Korogocho Luogo-simbolo del degrado urbano dell’Africa, Korogocho è una delle zone più densamente abitate e instabili tra gli slum di Nairobi. La baraccopoli si estende su un’area di 1,5 kmq nella zona est della capitale keniana. Korogocho, in kikuyu, significa “confusione”. Gran parte dei suoi 120mila abitanti è costituita da migranti dalle campagne, rifugiati illegali, e sfollati vittime di sfratti in altre aree urbane. Le baracche sono attaccate le une alle altre, divise soltanto da viottoli angusti che fungono anche da fogna. La scarsità di acqua corrente rimane uno dei problemi più gravi di Korogocho, unitamente alla mancanza di infrastrutture, opportunità di lavoro, programmi d’istruzione, elettricità, appropriate misure igieniche, luoghi di aggregazione e svago per giovani e bambini. www.korogocho.org

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società

testo a cura della redazione foto di Stefano Pesarelli

In Tanzania una latteria sociale

La fabbrica del latte

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produce salute e lavoro A Nyombe, in una regione arretrata ma ricca di pascoli, centinaia di allevatori hanno migliorato le condizioni di vita delle loro famiglie grazie a un piccolo caseificio, realizzato con aiuti italiani

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i chiama Kiwanda cha maziwa, in lingua locale “La fabbrica del latte”. È un’iniziativa di solidarietà promossa in Tanzania da un’associazione di volontariato bolognese, il Cefa, in collaborazione con il gruppo industriale Granarolo. Il piccolo caseificio realizzato nel distretto di Nyombe è il cuore pulsante di un progetto più vasto e ambizioso - denominato Africa Milk Project - che punta a sviluppare una vera e propria filiera del latte, capace di valorizzare il lavoro di circa quattrocento piccoli allevatori, migliorando al tempo stesso l’alimentazione della popolazione locale. La latteria sociale produce latte fresco di ottima africa · numero 2 · 2011

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società

testo di Marco Trovato foto di Marco Garofalo

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Il circo delle

meraviglie

In Sudafrica c’è una scuola speciale di arti circensi

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el cuore di Khayelithsa, sterminata baraccopoli di Città del Capo, c’è una palestra che mostra, meglio di qualsiasi ospedale, come si può vincere la battaglia contro l’Aids. È un edificio basso e luminoso, tutto vetro e cemento. Sembrerebbe un fabbricato industriale, se non fosse per gli allegri schiamazzi che provengono dall’interno.

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lo scatto

testo di Peter Onyango foto di Simon Maina / AFP

Il Kenya inasprisce le leggi anti-alcool

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n controllo con l’etilometro a Nairobi. Il Kenya ha varato una legge che vieta di somministrare bevande alcoliche al di fuori di rigide fasce orarie. La nuova norma - un tentativo di contrastare la piaga sociale dell’alcolismo, che provoca violenze e incidenti, causando ogni anno migliaia di morti - dispone anche la revoca della licenza ai locali che si trovano nel raggio di 300 metri dalle scuole pubbliche. Inoltre prevede un giro di vite contro i micidiali liquori tradizionali venduti impunemente sulle strade dei quartieri poveri di Nairobi. La più diffusa tra queste bevande, conosciuta col nome di changa, è ricavata artigianalmente dalla distillazione di grano, mais o sorgo. Alcuni produttori aumentano il tasso alcolico di questo potente drink aggiungendo sostanze chimiche altamente pericolose per la salute dell’uomo: metanolo, formaldeide, etanolo. C’è chi non esita a mischiarvi l’acido delle batterie e l’olio bruciato degli aerei. Un mix letale che spesso provoca drammatiche tragedie.

L’ultimo bic

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chiere africa 路 numero 2 路 2011

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Metro copertina

testo di Marco Trovato

JOHANNESBURG SUDAFRICA

Con 3,7 milioni di abitanti, è la città più popolosa del Sudafrica e la terza di tutta l'Africa subsahariana (dopo Lagos e Kinshasa). Fondata nel 1886 dai coloni europei che scoprirono i primi giacimenti d'oro, oggi è una metropoli moderna e in pieno sviluppo; ma le sue periferie mostrano ancora le ferite dell'apartheid. È lo specchio delle contraddizioni sudafricane: una crescita media del Pil nazionale intorno al 5%, ma un tasso di disoccupazione che sfiora il 35% e soprattutto un elevatissimo tasso di criminalità: a Johannesburg il rischio di essere uccisi resta 12 volte più alto che negli Usa e 50 volte più alto che in Europa.

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opoli Le città africane crescono e si moltiplicano ad un ritmo impressionante. E il fenomeno dell’urbanizzazione selvaggia è destinato ad acuirsi nei prossimi decenni. Con effetti clamorosi. Ecco come sta cambiando il volto del continente

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copertina

Viaggio nelle dieci più grandi giungle di cemento dell’Africa

D

imenticate le campagne e i villaggi di capanne sperduti nel nulla. Oggi l’Africa è una galassia di città che si allargano senza sosta. Basta osservare una foto satellitare del continente scattata di recente e confrontarla con una di vent’anni fa. Là dove c’erano praterie e minuscoli centri abitati, oggi si vedono enormi distese di asfalto e di lamiere che sfiorano i santuari della natura e si spingono fino ai margini di deserti e foreste pluviali. Solo un assaggio di ciò che vedremo nel prossimo futuro.

Esodo epocale La crescita demografica urbana in Africa è del 7% l’anno. Entro il 2030, la popolazione cittadina raddoppierà, passando dagli attuali 375 milioni a oltre 760 milioni di persone. Lo prevede l’ultimo rapporto del Programma delle Nazioni Unite per gli insediamenti umani (Un-Habitat), secondo cui entro vent’anni il 60% degli abitanti del continente vivrà in città, contro l’attuale 38%. È un esodo epocale, un processo ineluttabile. I poveri delle campagne si riversano nelle metropoli spinti dalla siccità, dalle guerre o dal sogno di una vita migliore. Le città crescono a un rit38 africa · numero 2 · 2011

 KINSHASA RD CONGO Con oltre 8 milioni di abitanti, è la capitale e maggiore città della RD Congo. Non solo: è la terza grande area metropolitana dell’Africa (dopo Il Cairo e Lagos) e la seconda città di lingua francese al mondo (dopo Parigi). Fondata dall’esploratore Henry Morton Stanley nel 1881, sorge sulla riva sinistra del fiume Congo, di fronte a Brazzaville. Cinquant’anni di malgoverno, corruzione e instabilità politica l’hanno fatta diventare una metropoli infernale e caotica, dove i cittadini devono lottare ogni giorno per sopravvivere.

 IL CAIRO EGITTO È la più popolosa città dell’Africa e dell’intero mondo musulmano. Conta circa 8 milioni di residenti, oltre 17 milioni di abitanti nella sua area metropolitana. La congestione del traffico, la sporcizia, la disorganizzazione e l’inquinamento ne fanno una delle città meno vivibili del pianeta. Eppure è destinata a crescere. Soprattutto per l’impressionante esplosione demografica: ogni minuto in Egitto nascono tre bambini, due nella sola capitale.


 LAGOS NIGERIA È la maggiore città della Nigeria e la sua area metropolitana - 14 milioni di abitanti - è seconda solo a quella del Cairo. Costruita dai mercanti portoghesi di schiavi e avorio, conquistata dai britannici nel 1807, capitale nigeriana fino al 1991 (la sede del governo fu spostata ad Abuja), resta il cuore economico dello Stato. Ha un tasso di criminalità record e una densità di popolazione pazzesca (12mila abitanti per chilometro quadrato) che la fanno assomigliare ad una “giungla umana”, secondo una definizione dell’ex Presidente Obasanjo.

lo studio. Come sarà l’Africa nel 2050? Entro quarant’anni buona parte della popolazione mondiale abiterà in megalopoli di 20-30 milioni di abitanti. E su una popolazione stimata di 9,2 miliardi di abitanti, ben 6,4 miliardi vivranno nelle città. Lo rivela uno studio appena pubblicato negli Stati Uniti: The World in 2050 curato dallo scienziato Laurence C. Smith, geografo della University of California Los Angeles. Secondo accurate proiezioni demografiche, l’esplosione urbana cambierà il volto dell’Africa: con 1,2 miliardi di residenti nelle sue metropoli (ai primi posti Il Cairo, Lagos e Kinshasa), il continente nero concentrerà quasi un quinto di tutta la popolazione urbana del pianeta.

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libri

di Pier Maria Mazzola

TJ / Doppia Negazione

Il ragazzo perduto

Intrattabili

di Aher Arop Bol

di Fabrizio Mastrofini

TJ sta per Transvaal, Johannesburg. È il titolo, ispirato al vecchio sistema di immatricolazione auto, che il grande fotografo sudafricano di origine lituana David Goldblatt ha voluto dare alla sua selezione di scatti, effettuati a Joburg - o Choburg, o eGoli, o eJone… - per oltre sessant’anni. Sono eccezionali documenti visivi quasi tutti in bianco e nero, esaltati dal formato 28x27, che rievocano la storia sociale di una città-simbolo del Sudafrica. Indivisibile da questo volume c’è il cofanetto che contiene l’altro gioiello, il romanzo di un importante scrittore sudafricano di origine croata, anch’egli oppositore dell’apartheid, che meriterebbe di essere maggiormente conosciuto in Italia. Il brillante, “postmoderno” Doppia Negazione è una fiction letteraria basata sulle foto di TJ.

La Red Army continua a rivelare storie incredibili. La cosiddetta Armata Rossa era un’intera popolazione di bambini sudsudanesi che, nel 1987-88, a causa di una carestia, venne concentrata nel campo profughi di Fugnido (o Panyido), in Etiopia. Il cambio di potere ad Addis Abeba, nel 1991, obbligò migliaia di ragazzini a tornare indietro, anche se la guerra nel loro Paese era lungi dall’essere cessata. Molti di loro perirono di stenti o attraversando i fiumi, o in cento altri modi. Tra quelli che ce l’hanno fatta ricordiamo Emmanuel Jal, il rapper di Figlio della guerra (Tea 2009), e Valentino Achak Deng (Erano solo ragazzi in cammino, Mondadori 2007). Alle loro si aggiunge questa autobiografia a lieto fine di Aher, oggi non ancora trentenne, scritta in Sudafrica, meta della sua fuga.

di David Goldblatt e Ivan Vladislavi´c

Contrasto 2010, pp. 316 (TJ) + 208 (Doppia Negazione), 79,90 euro

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Piemme 2010, pp. 220, 15,50 euro

Un mese e un giorno

Ai confini del mondo

Dovremmo essere tutti e tutte “intrattabili”, e invece… Lo schiavismo a fini sessuali - come chiarisce il sottotitolo - è vivo e vegeto. L’argomento della nuova tratta non è più una novità. È stato oggetto anche di parecchi libri, tra cui il recente Schiave scritto da una collaboratrice di questa rivista, Anna Pozzi, con suor Eugenia Bonetti (Africa 6/2010). Il presente volume si distingue perché fornisce, in forma sintetica, una mappatura generale del fenomeno: dalle tipologie di prostituzione (il caso nigeriano, per esempio, è differente da quello dell’Est europeo) alle risposte di vario tipo messe in campo, con efficacia diversa - progetti del volontariato e iniziative delle religiose, “ordinanze” di certi Comuni e legislazione italiana, messa a confronto con le normative di altri Paesi europei.

Ken Saro-Wiwa, nato nel 1941 nella regione del Delta del Niger, fu un intellettuale e scrittore straordinario. Il suo gruppo etnico, gli Ogoni, è stato costretto a emigrare in seguito all’inquinamento del proprio territorio causato dalle multinazionali del petrolio, complice la classe dirigente nigeriana. Fu per difendere i diritti degli Ogoni che Saro-Wiwa intraprese la battaglia civile e politica che gli costò la vita. Arrestato dal regime militare, venne impiccato nel 1995 dopo un processo farsa. Nel 15° anniversario della sua esecuzione, è stato pubblicato in italiano un libro prezioso che contiene il diario del mese e un giorno di detenzione di Saro-Wiwa nel 1993 - autobiografia e testamento politico. Un duro atto d’accusa al regime nigeriano e alla Dutch Shell, condannata per i suoi crimini solo nel 2009 - dopo cinquant’anni di trivellazioni selvagge.

Emi 2010, pp. 126, 10 euro

Baldini Castoldi Dalai 2010, pp. 288, euro 17,50

«A volte vorrei spegnere la videocamera e mettermi semplicemente a piangere». Giorgio Fornoni, 62 anni, giornalista televisivo di Report, si racconta in un cofanetto (libro+dvd) che va consigliato anzitutto ai giovani che sognano il mestiere del reporter. Fornoni viaggia nei luoghi più pericolosi del pianeta. Per raccontare conflitti, rivoluzioni, epidemie, crisi dimenticate. Per lui il giornalismo è soprattutto passione civile. «Un modo per documentare la sofferenza di popoli che non hanno voce». Un reporter senza frontiere, indipendente, inquieto, sempre in cerca di storie spinose che nessuno si prende la briga di raccontare. Nulla a che vedere con certi inviati che seguono le guerre rintanati in hotel lussuosi e sicuri. «Le notizie si trovano sulle strade, tra le rovine fumanti, dove impazza la battaglia». www.giorgiofornoni.com

Ken Saro-Wiwa

Giorgio Fornoni

Chiarelettere 2010, pp. 160, 60’, 18,60 euro


musica

di Claudio Agostoni

LA mIA AfrIcA Arsene Duevi

La sua carta d’identità dovrebbe essere in formato A4 per rispondere adeguatamente alla voce “professione”. Ci limitiamo a scrivere “direttore di coro (in Africa ha diretto quello della cattedrale di Lomé), bassista, chitarrista, cantante ed etnomusicologo”. Nel 2002 sbarca a Milano e da allora ha insegnato a cantare a centinaia di persone. E ha scritto decine di canzoni. Nel frattempo la sua vita, come dice lui, continua a scorrere “blewu”, con calma. Lo racconta in uno degli 11 brani di questo cd, realizzato con la crew di Musicamorfosi, un’associazione musicale brianzola con cui collabora da anni. Lo accompagnano, tra gli altri, la tromba di Giovanni Falzone, il djembé (tamburo a calice africano) di Tetè da Silveira e il cumbus (uno strumento a corde metalliche della tradizione gipsy turca). E le voci del coro Gudù Gudù (uno dei 4 attualmente diretti da Arsene). Musica afro? Non solo.

rooTs of oK JAzz AA.vv.

Un cd per chi ama la fotografia: le numerose immagini di cui è farcito sono veri e propri gioielli Ma anche per chi vuole conoscere gli esordi di un ventenne che contribuirà a scrivere la storia della musica africana moderna: Luambo Makiadi, in arte Franco. Il sottotitolo di questo lavoro dice tutto: Congo Classics 1955-1956. A partire dagli anni ’30 erano tornati a casa i ritmi neri del Caribe. In un quarto secolo il processo di metabolizzazione si era completato, riagganciandosi al contesto locale e miscelandosi con ritmi autoctoni (zebola, mutuashi…). Le chitarre erano entrate dal Sudafrica o portate dai lavoratori della Sierra Leone e del Ghana, attirati dalle miniere. Fioccarono le varianti della rumba e non a caso questa raccolta si apre con La Rumba O.K. Il brano è registrato due settimane dopo la nascita dell’O.K Jazz, le altre 19 tracce sono antecedenti.

Love AND DeATh ebo TAylor

1957: il Ghana otteneva l’indipendenza. Le orchestre di highlife celebravano la nascita di un paese e di un continente. Tra quei musicisti c’era anche Ebo Taylor. Nel 1962 la famiglia lo mandò a studiare musica a Londra, dove suonò con il giovane Fela Kuti. Nel 1966 tornò in Ghana: il presidente Kwame Nkrumah era appena stato rovesciato da un colpo di Stato. Molti musicisti lasciano il paese. Ebo restò, e per tutti gli anni ’70 sperimentò una miscela a base di jazz e afrobeat. Negli ’80 la musica del Ghana sprofondò nell’oblio e Taylor cadde nel dimenticatoio. Alcune raccolte uscite nel 2007 crearono un’attenzione che lo riportarono in sala d’incisione. Ne è uscito questo lavoro dove oltre a riprendere i suoi standard (Victory, Love and Death,...) presenta alcuni inediti. Tra cui un omaggio a Kwame Nkrumah…

mAhmoUD AhmeD & ImperIAL BoDygUArD BAND: 1972-74 ÉThioPiques 26

Continua la raccolta della Buda Records dedicata alla musica del Corno d’Africa, che giunge al 26esimo capitolo, questo, dedicato al celebre cantante etiope Mahmoud Ahmed (Addis Abeba, 1941), ‘fotografato’ nell’ultimo periodo in cui si esibiva con l’orchestra militare Imperial Bodyguard Band. Voce rauca e trascinante, i ritmi dell’Africa orientale, melodie dagli evidenti accenti indiani, un groove swingante, spruzzate di funk e sorprendenti accenni reggae, arrangiamenti sofisticati... Questa raccolta contiene, in una rigida scansione cronologica, molti capolavori di Mahmoud Ahmed. Per sincerarsi che, musicalmente parlando, gli anni ’70 in Etiopia furono qualcosa di travolgente basta Tezeta: questa è la più ricca versione mai registrata di questo brano, una lettura che ricorda le fantasiose marching band dei funerali di New Orleans. africa · numero 2 · 2011

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cultura

testo di Matteo Fagotto foto di Tadej Znidarcic

Un giornalista ruandese invia notizie usando la connessione wi-fi del suo portatile durante lo scrutinio delle recenti elezioni presidenziali, nello stadio Amahoro di Kigali

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e-Rwanda

viaggio nel nuovo polo tecnologico africa 路 numero 2 路 2011

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cultura

Il governo ruandese punta tutto sulle nuove tecnologie, investendo in fibre ottiche e connessioni wi-fi. Ma anche in scuole di informatica, centri multimediali e autobus dotati di postazioni internet

K

abaya (Ruanda). «È la prima volta che uso questo maledetto programma e già lo odio!» Seduto alla sua postazione, alle prese con un laptop ultimo modello, Fulgence Ndikubwimana sbuffa nervoso, mentre tenta di eseguire il compito assegnatogli per oggi. Incurante delle prese in giro di quattro ragazzini che lo guardano divertiti attraverso il vetro, l’uomo, un consulente agrario ruandese di 42 anni, è concentrato a disegnare una tabella su un foglio Excel. 48 africa · numero 2 · 2011

Rivoluzione hi-tech Tra arrabbiature e imprecazioni, finalmente Ndikubwimana riesce ad avere ragione del pc. In venti minuti la tabella è lì, completa e corretta, sul suo schermo. Dopo averla prudentemente salvata e prima di andare ad aiutare i colleghi in difficoltà, l’uomo si gode in silenzio la sua “creatura” con un sorriso soddisfatto. Attorno a lui, uomini e donne di mezza età guardano i propri schermi con aria ancora spaesata, mentre all’esterno si è già radunato un ca-

pannello di curiosi, attirati dall’autobus grigio sulla cui fiancata campeggia una scritta verde a caratteri cubitali: Bridging the digital divide. “Supera il divario digitale”. Ndikubwimana è uno dei venti fortunati leader locali selezionati per un training di alcune settimane all’interno di uno degli “ICTbus”, come sono chiamati i

tre torpedoni che girano il Ruanda offrendo gratuitamente connessioni internet e corsi accelerati di computer agli abitanti delle zone rurali. Creati allo scopo di avvicinare alle nuove tecnologie le comunità più isolate del Paese, gli autobus sono gestiti dalla Rwanda Information Technology Authority (Rita) nell’ambito di e-Rwanda, un pro-


Colpo d’occhio Superficie . 26.338 km2 (poco più della Lombardia) Abitanti . 10 milioni Densità . 380 ab./km2 (tra le più elevate del continente africano) Capitale . Kigali Lingue . kinyarwanda, francese, inglese, swahili Religione . cristianesimo, religioni tradizionali Speranza di vita . 44 anni Pil pro capite . 350 dollari; nel 2010 è cresciuto del 7% Esportazioni principali . caffè, tè

In alto, un ICT-bus (Ict sta per Information and Communications Technologies). Sopra, l’interno di un ICTbus affollato di studenti. Il mezzo dispone di venti computer collegati con il web attraverso una parabola satellitare

gramma patrocinato dal governo locale e dalla Banca Mondiale che mira a trasformare il Paese nel nuovo hub tecnologico dell’Africa orientale.

Computer itineranti Accompagnato dall’inseparabile responsabile tecnico Patrick Aimé Kigenza, oggi il bus fa tappa presso la cittadina di Kabaya, un

serpentone di case in fango e mattoni situato lungo una strada sterrata a centoquaranta chilometri a nordovest della capitale Kigali. Qui, la maggior parte delle case non ha nemmeno l’energia elettrica, e un corso di computer sarebbe un lusso impensabile. «Siamo arrivati ieri, resteremo qui per tre settimane», spiega Kigenza. «Oltre a organizzare corsi gratuiti di computer, terremo delle lezioni di tecnica agraria per gli agricoltori della zona e di educazione sanitaria per i giovani». Dotati di schermi al plasma, stampanti, scanner, fotocopiatrici e connessioni satellitari, completamente autosufficienti grazie a un potente generatore che garantisce elettricità alle venti postazioni su cui sono

montati altrettanti laptop, gli ICT-bus hanno cominciato a girare per il Paese nell’estate del 2009. Il successo dell’iniziativa ha spinto il governo a ordinarne altri, che entreranno in servizio nei prossimi mesi. «In Ruanda il 75% della popolazione attiva vive ancora in campagna, senza accesso a internet», spiega Yahya Hassani, uno dei manager di e-Rwanda. «L’unica soluzione era quella di portare letteralmente il web a casa loro».

Strade difficili L’obiettivo degli ICT-bus è formare un numero di persone (principalmente giovani e leader locali) sufficiente a creare un effetto a cascata, che permetta agli allievi di oggi di introdurre all’uso del computer i memafrica · numero 2 · 2011

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viaggi

di Bruno Zanzottera/Parallelozero

L’Etiopia di Rimbaud

Viaggio in Dancalia sulle orme del celebre

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Dall’altopiano fino ai depositi salini, le carovane dei Dancali percorrono canyon che, in poco più di cento chilometri, precipitano di oltre duemila metri di quota

poeta francese A

ll’età di 24 anni, il poeta francese Arthur Rimbaud, anima irrequieta e sovversiva, abbandona il mondo della letteratura e dei salotti europei per lanciarsi in un’avventura che lo segnerà per sempre. Nell’estate del 1880 approda nei territori infuocati del Corno d’Africa. È in fuga dalla noia e alla ricerca di sé stesso. Per oltre dieci anni esplora le province più estreme dell’Abissinia, girovaga per il deserto della Dancalia, incontra popoli sconosciuti, annota sui suoi taccuini i segreti e le suggestioni di un viaggio “al confine del mondo”. Un viaggio fuori dal tempo che abbiamo voluto ripercorrere… sulle orme del poeta maledetto.

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sport

a cura della redazione

L’Africa di

Guida pratica alle migliori gare

Dalle sabbie infuocate del Sahara alle vette vertiginose del monte Camerun, un lungo viaggio tra le corse più spettacolari (e impegnative) dell’Africa

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Chott Marathon (Tunisia) È l’unica maratona al mondo che si corre all’interno di un lago salato. Per la precisione si svolge sulla superficie del Chott El Jerid, circa 2500 chilometri quadrati che si estendono tra le mitiche oasi di Tozeur e Nefta, nel sud-ovest della Tunisia. La prova si sviluppa su due distanze, la classica maratona di 42,195 chilometri, e la mezza maratona. La partenza avviene alle prime ore della mattina, verso le 4, e i primi chilometri di gara si corrono con il buio. Il tracciato è contrassegnato da segnali luminosi e bandiere. È obbligatorio correre con una riserva di almeno mezzo litro di acqua. L’ottava edizione si svolgerà dal 13 al 16 ottobre 2011. quota di partecipazione 590 euro compreso il volo aereo chottmarathon.com


corsa

podistiche nel continente Boavista Ultramarathon (Capo Verde) Si corre ogni anno, all’inizio di dicembre, a Boavista nell’arcipelago di Capo Verde. Prevede una sola tappa, spettacolare e micidiale, di 150 chilometri lungo un tracciato che sfiora le acque dell’oceano Atlantico. Si gareggia sotto il sole cocente e la notte stellata, muniti di uno zaino con sacco a pelo e cibo sufficiente. I partecipanti hanno un tempo massimo di 50 ore per coprire l’estenuante percorso che si snoda tra dune di sabbia, pietraie infuocate, sentieri in terra battuta e vecchi lastricati in pavé. La gara è stata ideata dieci anni fa da un podista italiano che vive sull’isola. È possibile iscriversi all’edizione 2011. quota di partecipazione da 300 euro boavistaultramarathon.com

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Crescono i fedeli e le diffidenze

lo scatto

testo di Luca Spampinato foto di Giovanni Mereghetti

M

usulmani in preghiera durante la Festa del Sacrificio celebrata lo scorso novembre al Palasharp di Milano. Migliaia di fedeli hanno dovuto partecipare al rito restando fuori dal palazzetto, gremito in ogni posto. Nel nostro Paese i seguaci di Maometto sono stimati in 1 milione e quattrocentomila persone, di cui circa 70mila cittadini italiani convertiti al Corano. Le comunità musulmane più numerose provengono da Marocco, Tunisia, Egitto e Senegal. La loro diffusione cresce da trent’anni. Ma ancora oggi in tutta Italia esistono soltanto tre moschee: a Roma, Segrate (Milano) e Colle Val D’Elsa (Siena). La gran parte dei fedeli musulmani è costretta a pregare in seminterrati, capannoni, palestre. Oppure sui marciapiedi. Siamo un caso unico in Europa. Sindaci, parroci e comitati di cittadini fanno fronte comune quando si tratta di negare uno spazio di preghiera islamico. E su una questione i politici in Parlamento paiono tutti d’accordo: non concedere i finanziamenti dell’8 per mille all’Islam (mentre li si accorda a ortodossi, buddisti, mormoni, induisti, apostolici e testimoni di Geova). •

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Musulmani d’Italia africa · numero 2 · 2011

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chiesa in africa

testo e foto di Aldo Pavan

Monasteri d’Egitto 66 africa · numero 2 · 2011


Nei remoti conventi del deserto egiziano, le comunità dei monaci copti si tramandano il cristianesimo delle origini. Tra preghiera, liturgie solenni e vite solitarie immerse nel silenzio e nel misticismo

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chiesa in africa

a cura di Anna Pozzi

TUNISIA •

R.D.Congo •

Mons. Lahham, la Tunisia non può essere lasciata sola

Elezioni presidenziali.

Mons. Pasinya. non PrEciPiTiaMo LE cosE

Più si avvicina la data delle elezioni presidenziali, previste per il 27 novembre, più il dibattito politico, in Repubblica Democratica del Congo, si infiamma. In particolare, fa discutere, la modifica della legge costituzionale in base alla quale in capo dello Stato, invece di essere eletto con uno scrutinio in due turni, verrà eletto con un turno unico. In questo dibattito è intervenuto anche il cardinale Laurent Monsengwo Pasinya, arcivescovo di Kinshasa, secondo il quale «in un sistema elettorale a un solo turno, un candidato potrebbe matematicamente vincere anche solo con una maggioranza relativa del 20 per cento dei voti e, per questo, non sarebbe sufficientemente rappresentativo. Occorre invece che il Presidente abbia una base sufficientemente ampia, che lo si conosca ovunque e che raggiunga almeno il 51 per cento dei voti». «Lo spirito della legge - ha aggiunto - ci invita a riflettere seriamente su questa questione e a non precipitare le cose». Sono d’accordo anche i missionari della “Rete Pace per il Congo” secondo i quali il presidente Joseph Kabila «intende operare un tour de force sin dal primo turno. Con le elezioni a un solo turno, non c’è più il rischio di affrontare una grande coalizione dell’opposizione in un fatidico secondo turno».

«La Tunisia sta vivendo un momento di incertezza sociale, economica e politica nell’attesa delle elezioni». Mons. Maroun Elias Lahham, vescovo di Tunisi, ha appena perso un suo sacerdote, don Marek Rybinski, salesiano della comunità della Manouba, di origini polacche, ucciso il 18 febbraio. Anche la Chiesa paga così un prezzo molto alto della situazione di crisi e tensione che permane nel Paese. Situazione che spinge migliaia di giovani tunisini a imbarcarsi nuovamente verso l’isola di Lampedusa. Un fenomeno che si era quasi completamente arrestato e che è ripreso massicciamente in seguito alle rivolte che hanno sconvolto trasversalmente tutto il Nordafrica-. «I giovani che sono giunti in Italia - dichiara all’agenzia Fides mons. Lahham - hanno approfittato della situazione di insicurezza, dove la polizia ha rilassato i controlli per scappare in modo consistente verso l’Europa. È un fenoIl card. Laurent meno che esiste da tempo; la Monsengwo, gioventù maghrebina (tuniarcivescovo di Kinshasa, sina, algerina e marocchina) è contrario ad elezioni a turno unico ha sempre sognato di arrivare

Egitto • Una crisi non solo economica «Il cammino verso la democrazia richiede tempo, anche perché occorre una preparazione culturale. In Egitto esiste già una certa pluralità di espressione sulla stampa. Anche sul piano del pensiero islamico noto che Al-Azhar si apre alla collaborazione con diversi istituti culturali. Questo, secondo me, dovrebbe contribuire a costituire il tessuto di fondo per la crescita di una cultura democratica». All’indomani della caduta del regime di

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Hosni Mubarak, padre Giuseppe Scattolin, missionario comboniano al Cairo ed esperto di sufismo, cerca di analizzare le prospettive future di un Paese con pesanti problemi economici, una forte disoccupazione e un grave disagio giovanile. «La crisi che coinvolge tutti i Paesi arabi - sostiene padre Scattolin - ha diversi motivi, tra i quali una componente economica molto pesante, si pensi solo

alla forte disoccupazione che colpisce soprattutto i giovani. Ma c’è anche una crisi culturale che dura da almeno due secoli, derivante dal confronto tra la tradizione islamica e il mondo moderno». A questo proposito, secondo il missionario, «l’estremismo rimane un problema, che è alimentato anche da alcune politiche occidentali che hanno contribuito a offrire argomenti agli estremisti e non hanno certo aiutato a


sulla sponda nord del Mediterraneo, ma adesso le partenze stanno assumendo una proporzione più grande a causa dell’instabilità del Paese». Difficile prevedere come evolveranno questi flussi migratori in un contesto che resta di forte instabilità e dove le prospettive di vita migliore sono alquanto limitate. «Dipende molto da come agirà il nuovo governo - dice il vescovo -, in particolare se offrirà maggiori possibilità di lavoro in un Paese dove il tasso di disoccupazione ufficiale è del 14%, ma quello reale è almeno del 20%. Molti giovani disoccupati hanno un titolo di studio superiore o una laurea. Su 80mila laureati che escono ogni anno dalle università, il Paese può dare lavoro solo alla metà». Secondo mons. Lahham, la Tunisia non può essere lasciata sola. Solo in un

Nigeria•

La gestione delle risorse

Più di 15mila tunisini sabato 19 febbraio hanno manifestato la loro “rabbia e perplessità” contro il barbaro assassinio di Don Marek, 33 anni

rapporto di reale collaborazione con l’Europa si potranno affrontare i problemi e trovare soluzioni efficaci. «L’Unione Europea dovrebbe concedere 258 milioni di euro alla Tunisia per progetti di sviluppo. In questo modo oltre ad aiutare i tunisini, si protegge da un flusso di immigrati che l’Italia e l’Europa fanno fatica a sopportare. La strada per controllare questo fenomeno passa attraverso la collaborazione e convincendo i giovani a rimanere qui per contribuire al loro sviluppo». Gli ultimi avvenimenti nel Maghreb rischiano di creare un flusso di profughi difficile da gestire

risolvere il problema. In questo contesto, le minoranze cristiane, così come altri gruppi minoritari, diventano facile bersaglio di chi vuole destabilizzare la società. Ma non bisogna fare di tutta l’erba un fascio, perché all’interno del mondo islamico vi sono non poche persone che cercano la pace».

L

e «sfide della riconciliazione» devono ancora essere affrontate. Così come le «ingiustizie di sistema» devono essere superate. Alla vigilia delle elezioni presidenziali previste per il mese di aprile, i vescovi del Delta del Niger, in Nigeria, denunciano le sperequazioni che caratterizzano questa ricca regione petrolifera, contrassegnata da forti squilibri e da persistenti violenze. I prelati constatano che alcuni sforzi per la pace e la stabilità sono stati fatti, testimoniati, in particolare, dal programma di amnistia cominciato nel 2009, che ha favorito il reinserimento sociale dei militanti di vari gruppi ribelli. Tuttavia, resta cruciale il problema della gestione delle immense risorse petrolifere, che in cinquant’anni non sono state in grado di assicurare il necessario sviluppo della società.

A sinistra, il padre Scattolin, esperto in sufismo, autore di circa 50 titoli tra libri e articoli

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togu na - la casa della parola

Ma quale silenzio?

lettere La tv italiana Ho seguito in tv, con passione e commozione, la straordinaria rivolta popolare che ha spazzato via i vecchi dittatori in Egitto e Tunisia. Per settimane ogni sera, quando tornavo dal lavoro, mi sintonizzavo su Al Jazzera, Bbc e Cnn per seguire le dirette che mostravano le manifestazioni e le reazioni dei regimi. Mi sono sentita vicina a quei milioni di giovani nordafricani che lottavano per una società più giusta e più democratica. Mentre il mondo fuori da casa nostra stava cambiando, e tutti i media raccontavano questa rivoluzione, i canali televisivi italiani trasmettevano solo quiz, reality e altre amenità. Che tristezza! Eleonora Imarisio, Cuneo

Dov’è il trucco? anno 89 io 2011

-febbra n.1 gennaio

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aridafrica.or

www.mission

Somalia

La legge del terrore Ghana

Le iniziazioni Krobo Il business del corallo

in Abbonament Spa - Spedizione Poste Italiane

353/2003 o Postale - D.L.

Milano. comma 2, DCB n. 46) art. 1, (conv. In L. 27/02/2004

Tunisia

rica magico sudaf

Spettacolare il servizio di copertina sui maghi sudafricani (Africa 1/2011)! La foto pubblicata a pagina 40 del giovane illusionista che fa lievitare una ragazza sulla spiaggia è semplicemente sbalorditiva. Dite la verità: è un effetto speciale realizzato con Photoshop? Fate i bravi: svelateci il trucco! Paola Di Vico, Palermo 76 africa · numero 2 · 2011

a cura della redazione

Vorrei rispondere alla lettera firmata Christine Fatiga da voi pubblicata sull’ultimo numero di Africa. Cara Christine non c’è nessun silenzio da parte dei media italiani sulla situazione attuale in Costa d’Avorio. Nei tre quotidiani che leggo ogni giorno ho trovato molte notizie. Molte più di quante ne abbiano gli amici ivoriani che vivono ad Abidjan, i quali, per esempio, non sono al corrente del fatto che l’epidemia di febbre gialla scoppiata in questi in giorni non può essere tamponata dalle vaccinazioni proposte dall’UNICEF in quanto il Presidente uscente non le consente affatto. Tu affermi, senza sapere, che la diplomazia internazionale non sta facendo niente. Ebbene non è così. L’Europa e gli Stati Uniti, per mezzo dell’ONU, sono presenti sul territorio proprio per favorire il legittimo vincitore delle elezioni e per evitare che venga assassinato. Mentre la moglie di Gbagbo fuggiva all’estero con una grande fortuna in oro, Ouattara veniva condotto in un Hotel presidiato dall’ONU per evitare che fosse ucciso. Ognuna di queste notizie è stata pubblicata sui giornali italiani. Chi si dimentica del popolo africano sono i governanti locali, fautori di un sistema corrotto. Ti sei mai chiesta perché nonostante le innumerevoli risorse del continente, il popolo divenga sempre più povero? Che fine fa il petrolio, la bauxite, i diamanti, il gas? Chi dimentica chi? Lory Cocco, via mail

L’anima in una foto E se avessero ragione loro? Quei popoli tribali - lontani quanto basta dalla nostra cosiddetta “civiltà”- a credere che la fotografia rubi l’anima? A un romanziere occorrono decine di migliaia di parole per scrivere un’intera storia. Un fotografo fa lo stesso con un solo scatto: è a partire da quel palpito istantaneo che prende il via il racconto di tutto quello che è successo prima e dopo: il resto della vita. In Africa tutto questo sembra a portata di mano. Il difficile è imprigionare volti e gesti perché non è ancora così lontana l’idea che l’impressione della propria immagine sulla pellicola rubi l’anima. Guardare, per credere, la foto di questo bimbo. Silvia Bigliardi, Parma

Assieme alle prostitute Da anni, insieme a tre mie consorelle (suore Orsoline del S. Cuore di Maria), sono impegnata in un territorio, quello casertano, sempre più in ginocchio per il suo grave degrado ambientale, sociale e culturale, dove anche la piaga dello sfruttamento sessuale, perpetrato a danno di tante giovani donne migranti, è assai presente con i suoi segni di violenza e di vera schiavitù. Come donna, come consacrata, provocata dal Vangelo di Gesù, ho scelto di

“farmi presenza amica” accanto a queste giovani donne straniere, spesso minorenni, per offrire loro il vino della speranza, il pane della vita e il profumo della dignità. Credo che dentro questo mondo maschile, dove le relazioni e i rapporti sono spesso esercitati nel segno del potere, ci sia un grande bisogno di liberazione. Suor Rita e la comunità Rut, Caserta

Rispetto per i missionari Gentile Direttore, una critica ricorrente rivolta alla Chiesa, soprattutto da “atei terzomondisti”, riguarda la colonizzazione culturale dell’Africa che sarebbe tuttora in corso, attraverso la presenza dei missionari. Questi signori hanno la memoria corta e spirito d’osservazione fondato sul pregiudizio: la presenza dei missionari deriva dal principio fondamentale del cristianesimo, di amore verso il prossimo, testimoniato quotidianamente con la creazione e la gestione di ospedali e scuole e il soccorso a orfani e bisognosi. L’opera dei missionari ha creato le basi per lo sviluppo economico di questi paesi, di cui si cominciano a vedere i frutti. Claudio Maffei, Fasano del Garda BS Prendete anche voi la parola nella “Togu na”. Scrivete a: Africa C.P. 61 24047 Treviglio BG oppure mandate una mail: africa@padribianchi.it o un fax: 0363 48198


n. 2 marzo . aprile 2011 www.missionaridafrica.org

Lo chiamavano “Brutta bestia” Un missionario di una volta… Era un Padre Bianco, un grande missionario, come ormai se ne incontrano pochi. Aveva un fisico bestiale ed un cuore enorme. Si chiamava Carlo Isaia Bellomi ma lo chiamavano Brutta bestia

Nato nel 1921 a Caravaggio e diventato prete nel 1945, era un missionario, un grande costruttore con un intercalare che finì per definirlo. Così interpellava amici e conoscenti: “Brutta bestia!”. Con un bel sorriso. Nulla di offensivo, ma solo un modo di scherzare per allentare la tensione, anche nelle situazioni più difficili: “Brutta bestia, non avresti 100 sacchi di cemento, che devo finire di costruire la chiesa o il dispen-

a cura di Paolo Costantini sario o le scuole e non ce n’è sul mercato?” E se l’interlocutore fingeva di non avere neanche un sacco, lui rincarava la dose: “Brutta bestia!”. Naturalmente dopo tali “complimenti”, conditi da altre “chiacchiere” sulla situazione, i problemi e le speranze per il futuro, Padre Bellomi ripartiva dal cantiere con il camioncino carico dei sacchi di cemento richiesti, e a volte anche di più!

Ottimo costruttore, padre Belloni conosceva anche il valore della terra e dei suoi prodotti...

padri bianchi . missionari d’africa

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Bisogna dire che restituiva a tempo debito quanto riceveva ed era sempre pronto a rendere servizio. Padre Carlo Isaia Bellomi ha vissuto la maggior parte della sua vita missionaria - oltre 50 anni - in Ruanda fondando parrocchie, consigliando, predicando, battezzando ma soprattutto costruendo. Molti lo hanno conosciuto al di fuori dell’ambiente strettamente ecclesiastico. Come costruttore, infatti, aveva spesso bisogno di materiali o macchinari che non aveva a disposizione: il cemento, per esempio, molto capriccioso…, che veniva a mancare proprio nel momento più cruciale; oppure certi macchinari al di là della portata finanziaria della missione. In questo campo, Brutta bestia aveva stretto relazioni che andavano oltre il lavoro, sconfinando nell’amicizia e nella solidarietà con responsabili di imprese straniere nel Paese per progetti di sviluppo finanziati dai propri governi. Alcune di esse erano italiane, con dirigenti italiani. È stato criticato - e chi non lo è - perché de-

AMICI DEI PADRI BIANCHI ONLUS Codice fiscale 93036300163

Ricordiamo che l’associazione AMICI DEI PADRI BIANCHI onlus

tra le sue attività ha quelle di: • finanziare progetti umanitari in Africa • sostenere le opere sociali dei Padri Bianchi italiani • promuovere la solidarietà internazionale con conferenze e dibattiti pubblici • far conoscere le ricchezze culturali ed umane del continente africano, attraverso la rivista Africa Le donazioni alla Onlus sono detraibili dalla dichiarazione dei redditi. Conto intestato a: Amici dei Padri Bianchi - Onlus IBAN: IT73 H088 9953 6420 0000 0172 789

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In compagnia di Suore di Madre Teresa, davanti ad uno dei conventi da lui costruiti

dicava troppo tempo alle costruzioni e, secondo alcuni, non abbastanza al suo lavoro di sacerdote missionario. Il fatto è che, nei suoi lunghi anni passati sul terreno, Padre Bellomi ha conosciuto e sperimentato le varie teorie che hanno attraversato il concetto di “Missione”. Quando agli inizi del ‘900 i primi missionari arrivarono in Ruanda, nel paese non c’erano case in cui abitare; non c’erano chiese in cui riunire i fedeli, non c’erano scuole né aule di catechismo. Insomma, non c’era niente e c’era bisogno di tutto. Era normale che i Superiori, intuite le capacità èdili di un Padre, ne approfittassero: se costruire bisognava, tanto valeva costruire bene. Così, Brutta bestia, a 26 anni, si trovò ad essere utile per l’edilizia: costruirà ben 13 chiese, con annesse abitazione dei Padri, aule per il catecumenato, convento per le suore, scuole, dispensario, ecc. - con poco tempo a disposizione per il lavoro di evangelizzazione che, tuttavia, bisogna dirlo, non ha mai trascurato. Era infaticabile! Di costituzione robusta lavorava molto duro. La gente lo apprezzava e anche a lui piaceva essere in contatto con la gente di cui parlava molto bene la lingua. Non era mai fermo: nei sui 47 anni di attività, ha soggiornato in una ventina di missioni diverse. I drammi umanitari lo sollecitavano all’azione: già negli anni ’80 si occupò dei profughi ugandesi che fuggivano le crudeltà di Idi Amin, li accolse e ne organizzò il campo e le attività. Ottimo cacciatore, padre Carlisaia aveva sempre due fucili in auto: uno per la caccia grossa e uno per quella minuta. Non sbagliava mai la mira e la carne che portava alla missione era quanto mai apprezzata. Nel 1994 si scatenò l’orrendo genocidio con il massacro di più di 800mila persone.

Carlisaia seguì in Tanzania un folto gruppo di rifugiati. Ma appena la situazione lo permise, rientrò in Ruanda e aiutò chi si occupava dei bambini rimasti orfani a causa della guerra. Nel 1995, in un clima ancora teso e infuocato, venne accusato di aver partecipato attivamente al genocidio. Accuse inverosimili e infondate, alimentate forse da qualcuno che sperava di trarre beneficio dagli ingenti fondi che il padre gestiva. O da nemici che ogni missionario che si rispetti si fa lungo gli anni. Per dieci mesi fu costretto agli arresti domiciliari nel vescovado di Kibungo, nel Sud-Est del paese, finché il Ministero degli Esteri italiano non riuscì ad ottenerne la liberazione. Così, padre Bellomi lasciò il suo amato Ruanda per non ritornarvi mai più. Rientrato in Italia, fu nominato alla casa dei Padri Bianchi a Castelfranco Veneto, dove si rese disponibile per le parrocchie circostanti, offrendo i suoi servizi di sacerdote e di missionario in pensione. Senza mai dimenticare il Ruanda che continuò ad aiutare, sostenendo gli orfani di guerra e le istituzioni che se prendono cura. A Castelfranco si è spento, a pochi passi dal suo 90° anno di età. La notizia della sua morte sarà certamente commentata in molte zone del Ruanda, là dove Brutta bestia ha lavorato.

Francobolli per le missioni Raccogliamo francobolli usati. Inviare a: P. Sergio Castellan Padri Bianchi

Casella Postale 61,

24047 Treviglio (Bergamo)


Società dei MISSIONARI D’AFRICA detti Padri Bianchi ENTE MORALE CON PERSONALITÀ GIURIDICA La Società dei Missionari d’Africa, Padri Bianchi, è un Ente Morale con personalità Giuridica (Regio decreto, 25 maggio 1936) la cui denominazione è: Provincia Italiana della Società dei Missionari d’Africa, detti “Padri Bianchi” C.F. 80105630158 con sede legale a Treviglio in Viale Merisio, 17. Tale denominazione va usata per individuare la nostra Società nei documenti ufficiali e legali, denominazione che è bene usare anche nei “Testamenti” per “Eredità” o “Legati”. Per ulteriori informazioni: Economato Provinciale Padri Bianchi economato@padribianchi.it

Vescovo in terra musulmana Intervista a mons. Claude Rault, vescovo di Laughouat-Ghardaïa Padre Locati ha incontrato a Goma (RD Congo) il vescovo di LaghouatGhardaïa, in Algeria. Un’occasione unica per approfondire la conoscenza di questa Chiesa del Sahara e del ruolo di un

Amici dei Padri Bianchi - Onlus Gestione 2010

Presentando un breve resoconto delle attività dell’anno di gestione 2010, l’Associazione Amici dei Padri Bianchi, Onlus, ne approfitta per esprimere la propria riconoscenza a quanti l’hanno sostenuta: • Coloro che nel 2008 hanno destinato il 5 x mille alla Onlus • Coloro che hanno elargito donazioni alla Onlus • Coloro che hanno partecipato finanziariamente ai progetti promossi dalla Onlus e presentati dalla rivista Africa Il bilancio approvato dall’Assemblea sarà pubblicato sul prossimo numero di Africa ENTRATE Donazioni ricevute Proventi “5 x 1000” del 2008 Donazioni per progetti presentati Sostegno rivista Africa Totale

euro 3.700,00 euro 5.536,52 euro 14.625,00 euro 3.736,72 euro 27.598,24

USCITE - EROGAZIONI Prog. Centro Angeli Innocenti (p. Zuccala) Prog. Camioncino St Mary (p. Morell) Prog. Scanner Ibla Tunisi (p. Maffi) Prog. Centro nutrizionale Kinshasa (p. Iotti) Prog. Chiesa Masina (p.Rovelli) Totale Erogazione progetti Donazioni ai Padri Bianchi e sostegno Rivista Africa Totale erogazioni 2010

euro 7.255,00 euro 1.250,00 euro 350,00 euro 650,00 euro 5.120,00 euro 14.625,00 euro 9.855,52 euro 24.480,52

padri bianchi . missionari d’africa

di Pino Lacati

vescovo in un Paese quasi interamente musulmano Qual è la situazione della Chiesa d’Algeria?

Ci sono quattro diocesi: Algeri, CostantinaIppona, già sede di Sant’Agostino, Orano e la mia, quella di Laghouat-Ghardaïa. È la più grande diocesi al mondo: circa due milioni di chilometri quadrati di deserto con una popolazione di 3,8 milioni di abitanti. I cristiani residenti in diocesi non superano il centinaio: tra questi, vi sono 25 sacerdoti, 40 suore, alcuni laici e qualche cristiano di passaggio per motivi professionali.

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AMICI DEI PADRI BIANCHI - ONLUS Codice Fiscale: 93036300163

PROGETTI SOSTENUTI Progetto 01-10 RD Congo Sfamare i bambini del Congo

Sostegno al Centro nutrizionaledi Kisenso Referente: padre Italo Iotti

Mons. Rault, in un’oasi del Sahara, prende il tè con un abitante del luogo: “Incontrare l’altro in una comune preoccupazione di crescita della persona e della società”

Com’è la convivenza con i musulmani?

Il clima religioso che vi si respira è molto tollerante e sereno nei confronti dei cristiani, nonostante le turbolenze che il Paese ha subito negli anni Novanta a causa del terrorismo. La nostra diocesi ha celebrato il

PROGETTI Ricordiamo ai lettori che Africa sostiene e promuove vari prog etti di sviluppo e solidarietà. Come inviare il vostro contributo: • Ccp: n.: 67865782 - Missionari d’Africa, - C.P. 61 - 24047 Treviglio-BG • Bonifico su conto Amici dei Padri Bianchi - Onlus: IBAN: IT73 H088 9953 6420 0000 0172 789 - Cassa Rurale di Treviglio e Gera d’Adda • Assegno intestato a: Amici dei Padri Bianchi - Onlus Specificare sempre la causale del versamento, il vostro cognome e nome con indirizzo.

Chi intendesse usufruire della detrazione dalla dichiarazione dei redditi può utilizzare il conto della Onlus: “Amici dei Padri Bianchi” citato sopra

Per maggiore informazioni scriveteci a: africa@padribianchi.it oppure chiamateci allo 0363 44 726

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Progetto 06-10 Burkina Faso Costruire un mulino Dori - Il mulino della speranza Referente: padre Pirazzo Gabriele

suo centenario e un numero considerevole di credenti, missionari, religiosi e religiose hanno lavorato qui, specialmente nel settore educativo e nella sanità. Non abbiamo più accesso a queste aree di impegno ma abbiamo mantenuto ottimi rapporti con exalunni molto riconoscenti per l’educazione ricevuta.

Progetto 07-10 Borse di Studio Aiutare i seminaristi in Kenya

Che cosa fa un vescovo cattolico in un Paese musulmano?

Progetto 12-10 Kenya Un camioncino per St. Mary

Noi non siamo cristiani e discepoli di Gesù per noi stessi. Gesù ci ha insegnato ad attraversare i confini. Essere vescovo per me in questo Paese musulmano significa essere pastore di una Chiesa, affidatami dal Papa, ma anche pastore di una Chiesa per gli altri. Lo scopo della nostra comunità diocesana è di compiere la nostra parte per far avanzare il Regno di Dio, ben oltre i limiti della propria Chiesa. Non mi sento vescovo solo per i cristiani, ma vescovo anche per tutta la popolazione musulmana.

È dunque possibile un incontro e un dialogo con il mondo musulmano?

Il punto d’incontro tra cristiani e musulmani, ancora prima del dialogo interreligioso, è la preoccupazione comune dell’umanità e della persona nella sua individualità e nella sua crescita oltre al riconoscimento della sua cultura. Siamo rispettati come cristiani e rispettiamo i musulmani tra i quali viviamo. È pure importante costruire una società interculturale. Questa non è solamente ideale ma è pure possibile, è quello che cerchiamo di fare insieme: gettare dei ponti tra una riva e l’altra al di là delle nostre culture e le nostre rispettive religioni e incontrare l’altro in una comune preoccupazione di crescita della persona e della società.

Per studenti Padri Bianchi Referente: padre Luigi Morell

Progetto 09-10 Mozambico Adotta un bambino in Mozambico Referente: padre Caludio Zuccala

Regalare un pulmino ad una parrocchia Referente: padre Luigi Morell

Progetto 01-11 Algeria Scolarizzazione femminile

Si tratta di sostenere gli studi di alcune ragazze algerine in situazioni particolarmente difficili Costo previsto: 950,00 euro Referente: padre José Maria Cantal

Progetto 02-2011 Algeria Biblioteca di Tizi-Ouzou

La biblioteca Le Figuier è uno strumento indispensabile per più di 500 iscritti, soprattutto studentesse in medicina. Aiuto richiesto: 5.500 euro. Rami da aggiornare: medicina, biologia e lingua inglese Referente: padre José Maria Cantal

Per ogni donazione, si prega di precisare sempre la destinazione del dono (numero progetto, sante messe, rivista, offerte, ecc) ed il vostro cognome e nome info africa@padribianchi.it telefono 0363 44726


informazioni

Diario di un viaggio in Sudan Il linguaggio dei fumetti per capire il Sud Sudan. Cesar onlus, impegnata nel Sud Sudan nei settori della sanità di base, dell’accesso all’acqua, dell’educazione e dello sviluppo sostenibile, ha chiesto agli studenti della Scuola Internazionale di Comics di provare a raccontare, con il linguaggio crudo, a volte dissacrante, dei fumetti, la tragedia del Paese. Ne è nato Diario di un viaggio in Sudan, un racconto, scritto a più mani, di un viaggio alla scoperta di una terra meravigliosa, un vero e proprio diario. Il protagonista, pagina dopo pagina, racconta la meraviglia e l’orrore della scoperta di una realtà neanche immaginabile e di quel fermento profondo e inarrestabile che attraversa oggi il sud Sudan, in cui ha preso vita il progetto di costruzione della prima scuola per insegnanti, che Cesar sta realizzando. Il ricavato andrà a sostegno del progetto scuola. AA.VV. - Scuola Internazionale di Comics, pp. 112, 12,00 euro - Ed. EMI

Haiti - L’innocenza violata Chi sta rubando il futuro del Paese? - A più di un anno dal terribile terremoto che ha sconvolto Haiti, un libro controcorrente punta i riflettori sulla rinascita della società civile locale, raccogliendo le voci di intellettuali, artisti, politici, religiosi, leader contadini… Figli di un paese ferito ma orgoglioso, che vuole riprendersi il futuro. «I media occidentali celebrano la macchina internazionale degli aiuti umanitari», fanno notare gli autori. «Ma il popolo haitiano rischia di restare escluso dai piani per il proprio sviluppo». Un saggio che fa riflettere. Di Marco Bello e Alessandro Demarchi, pp. 172, 13,00 euro - Infinito Edizioni

La«Clandestino storianonsiè l’unica fa con i piedi - Diario di missione a Genova parola che avrei incontrato innumerevoli volte nel lessico quotidiano. Certo è stata quella che mi ha ferito di più. Ho vissuto per vent’anni fuori dall’Italia. Al massimo mi hanno chiamato comunista, mai clandestino». In attesa di ripartire per l’Africa, padre Mauro continua ad essere missionario anche in Italia. Negli anni trascorsi a Genova, incontra immigrati, detenuti, prostitute. Con loro spezza il pane, piange o ride, s’indigna. I suoi passi si confondono con i loro piedi. Padre Mauro Armanino, genovese, è membro della Società Missioni Africane (Sma). È stato missionario in Costa d’Avorio, in Argentina e in Liberia; ora lo attende il Niger. È autore, per l’Emi, di Isabelle e altri volti africani (1992) e di Cinque nomi per dire Liberia (2008). Di Marco Armanino, pp. 112, 10,00 euro Ed. EMI

PROMOZIONE AfricaPer scoprire il continente vero + + + RIVISTE

Vps

Nigrizia

Valori

La rivista di chi abita il mondo

Mensile del mondo nero

Mensile di economia sociale

contributo

51 euro

AFRICA + VPS

contributo

54 euro

contributo

55 euro

Nella causale del versamento specifica: Contributo cumulativo AFRICA + NIGRIZIA AFRICA + VALORI

L’Africa delle meraviglie

Fino al 5 giugno a Genova è di scena l’Africa con una grande mostra che non deluderà gli appassionati d’arte. Tra Palazzo Duca le e il Castello D’Albertis sono ospitate centinaia di opere tradizionali presenti nelle collezioni private italiane. Maschere, figure d’altare, “feticci”, pali funerari, oggetti rituali e d’uso quotidiano, tutte opere dal grande valore estetico capaci di portarci dritti al cuore delle culture dell’Africa subsahariana: dal Mali al Congo, dalla Costa d’Avorio al Camerun. Info: www.palazzoducale.genova. it/africa


foto Fethi Belaid / AFP

africa Primavera di libertà Africa, la ricevi per posta con un contributo minimo di 30 euro l’anno Informazioni allo 0363 44726 africa@padribianchi.it www.missionaridafrica.org C.P. 61 - 24047 Treviglio (BG)


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