Africa Nr 1-2013 Gennaio-Febbraio 2013

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n.1 gennaio-febbraio 2013

anno 91

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R.D. Congo

la musica delle miniere Senegal

Spiriti della Casamance

Zambia

Bici in bamb첫

Uganda

Passione baseball

somalia

lezioni di guerra


5 anni di “Africa” 30 numeri da collezionare 2.400 pagine di articoli e reportage Sempre a portata di mano da sfogliare e archiviare su computer o tablet n.2 marzo-aprile 2012

anno 90

n.1 gennaio-febbraio 2012

São Tomé e Príncipe

isole del cacao Senegal

Le turiste dell’amore

Sud Sudan

Il mondo dei Dinka

Egitto

La primavera del cinema

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Una chiavetta USB (2Gb) con la raccolta della rivista “Africa” in PDF dal 2008 al 2012

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In omaggio con una donazione di almeno 30 euro a favore dell’attività missionaria dei Padri Bianchi da versare a: Amici dei Padri Bianchi - Onlus* ccp 9754036 bonifico iban IT73 H088 9953 6420 0000 0172 789 *fiscalmente detraibile

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editoriale

di Paolo Costantini

Meno armi, più giustizia «B

eati i costruttori di Pace», ricorda il Papa in occasione della Giornata della Pace che si celebra il 1 gennaio. E Africa apre il nuovo anno con una copertina che sembra proprio il contrario: un servizio su una scuola militare tenuta da ufficiali europei. Purtroppo, lo sappiamo, i focolai di guerra e di terrorismo non mancano. L’Europa cerca di rimediare a uno di questi focolai, quello in Somalia in questo caso, formando militarmente dei profughi somali perché possano aiutare a riportare legalità, stabilità e pace nel proprio Paese. Come cittadino, potrei anche condividere questo pensiero di fronte al marasma e alle atrocità che violentano tanti Paesi per i quali forse urge anche un intervento armato. Ma come missionario che ha conosciuto varie situazione in Africa, mi viene più spontaneo chiedermi il perché di queste guerre. Nei tanti anni vissuti nelle foreste del Kivu, nella RD Congo, non ho mai visto manghi produrre kalashnikov né banani far nascere munizioni, né ananas trasformarsi in bombe a mano... Eppure quelle regioni martoriate pullulano di soldati e miliziani con fucili nuovi e munizioni in grandi quantità... Da dove vengono questi strumenti

di morte? Un’occhiata anche superficiale alla cartina del continente africano mi mostra che le regioni in cui si combatte sono ricche di materie prime importanti oppure occupano siti geograficamente strategici. Mi vengono spontanee allora certe riflessioni. Nei secoli passati, il traffico degli schiavi è stato la base della rivoluzione industriale e ha contribuito molto alla ricchezza dell’Occidente. Oggi succede la stessa cosa con le potenze trainanti dell’economia del pianeta che hanno assoluto bisogno delle ricchezze custodite nel forziere africano. I negrieri di ieri stabilivano relazioni commerciali con le tribù costiere offrendo perline, specchietti, tessuti, sgangherate armi da fuoco o alcool in cambio di oro nero: schiavi, appunto. Questo ovviamente includeva il riconoscimento di

chi controllava quel territorio: capi tribù, piccoli re... Oggi il meccanismo non è molto diverso. Le potenze finanziarie, le lobby economiche, le multinazionali e faccendieri vari stabiliscono accordi con i capi di Stato del continente offrendo riconoscimento politico, appoggio internazionale, forniture di armi (difensive!?) in cambio di milioni di persone schiavizzate come manodopera a buon mercato... Insomma molte classi politiche hanno sostituito le “tribù costiere” di ieri: tentati da abili corruttori, intascano il frutto della corruzione e vendono le proprie popolazioni aprendo il Paese al saccheggio di ogni tipo di ricchezza. Anche vendendo la terra dei propri compatrioti. Ecco da dove vengono le armi e tanti “soldati” arruolati da questo o da quel generale o colonnello, insomma da un

filibustiere qualunque, per creare il caos in cui pescare in abbondanza. Sarà anche utile formare militari capaci di difendere il proprio Paese. Penso però che sia molto più importante valorizzare quella vasta schiera di uomini e donne della società civile africana che, ogni giorno, si battono per i diritti umani, per la democrazia, contro la corruzione. Sono persone a rischio, perché i dittatori non ammettono critiche. Se queste persone sono valorizzate, conosciute e premiate, meno facilmente diventeranno dei bersagli. Anzi, diventeranno alternative a quelle élite politiche africane che sono il fondamento sul quale si reggono i moderni sistemi schiavistici. Allora forse potremo sperare nella pace per questo continente da sempre defraudato. • africa · numero 1 · 2013

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sommario

lo scatto 10. Maledetta primavera EditorE

Prov. Ital. della Soc. dei Missionari d’Africa detti Padri Bianchi dirEttorE rEsponsabilE

Alberto Rovelli

dirEttorE EditorialE

Paolo Costantini CoordinatorE

Marco Trovato wEbmastEr

Paolo Costantini amministrazionE

Bruno Paganelli

promozionE E UffiCio stampa

Matteo Merletto

progEtto grafiCo E rEalizzazionE

Elisabetta Delfini

dirEzionE, rEdazionE E amministrazionE

Cas. Post. 61 - V.le Merisio 17 24047 Treviglio (BG) tel. 0363 44726 - fax 0363 48198 africa@padribianchi.it www.missionaridafrica.org http://issuu.com/africa/docs foto

Copertina Damiano Rossi Si ringrazia Olycom Collaboratori

Claudio Agostoni, Marco Aime, Giusy Baioni, Enrico Casale, Marco Garofalo, Raffaele Masto, Pier Maria Mazzola, Giovanni Mereghetti, Roberto Paolo, Aldo Pavan, Giovanni Porzio, Anna Pozzi, Andrea Semplici, Daniele Tamagni, Alida Vanni, Bruno Zanzottera, Emanuela Zuccalà CoordinamEnto E stampa

Jona - Paderno Dugnano

Periodico bimestrale - Anno 91 gennaio-febbraio 2013, n° 1

Aut. Trib. di Milano del 23/10/1948 n.713/48 L’Editore garantisce la massima riservatezza dei dati forniti dai lettori e la possibilità di richiederne gratuitamente la rettifica o la cancellazione. Le informazioni custodite verranno utilizzate al solo scopo di inviare ai lettori la testata e gli allegati, anche pubblicitari, di interesse pubblico (legge 196 del 30/06/2003 - tutela dei dati personali).

38 copertina

Egitto

18. Al voto Kenya

56. Fede calcistica Sudafrica

libri - musica

38 Lezioni di guerra

46 Libri e musica

3 Africanews 4 L’incubo Kivu 12 I tesori dell’Africa 14 Fuga dall’Italia 16 Salviamo i rinoceronti

48 La musica delle miniere 54 Un leone in cucina

di Damiano Rossi

attualità

a cura della redazione

di D. Bellocchio e M. Gualazzini di Marta Gatti

di Marco Trovato di Alex Rocca

società

20 I segreti del bosco sacro 26 La moda africana conquista Parigi 28 La tavoletta che salva il cuore 30 La fabbrica delle bici in bambù 36 Michaela DePrince di L. De Michele e A. Vanni di Daniele Tamagni di Lucrèce Ebongo

di Bruno Zanzottera di Paola Marelli

di P.M. Mazzola e C. Agostoni

cultura

di C. Six e G. Dubourthoumieu di Enrest Koimba

sport

58 Passione baseball

di B. Adeyemi e T. Znidarcic

viaggi

64 Dancalia. Paradiso o inferno di Andrea Semplici

religioni

68 Penitenze indù

di P. Marelli e R. Jantilal

chiesa

72 Monaci nella savana togu na 76 vita nostra 77 di Luciana De Michele

a cura della redazione

a cura della redazione

africa rivista COME RICEVERE AFRICA per l’Italia: Contributo minimo consigliato 30 euro annuali da indirizzare a: Missionari d’Africa (Padri Bianchi) viale Merisio, 17 - 24047 Treviglio (BG) CCP n.67865782 oppure bonifico bancario su BCC di Treviglio e Gera d’Adda Missionari d’Africa Padri Bianchi IBAN: IT 93 T 08899 53640 000 000 00 1315

per la Svizzera:

Ord.: Fr 35 - Sost.: Fr 45 Africanum - Rte de la Vignettaz 57 CH - 1700 Fribourg CCP 60/106/4

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news

a cura della redazione

Africanews, brevi dal continente 1 Centrafrica, offensiva ribelle Offensiva dei ribelli del Séléka (Alleanza) che da metà dicembre proseguono la loro avanzata dal nord-est verso la capitale Bangui. Dopo aver condannato gli attacchi ai danni della popolazione civile, il Consiglio di Sicurezza dell’Onu ha chiesto ai miliziani di porre fine alle ostilità e ritirarsi dalle città occupate. L’obiettivo dichiarato del Séléka è quello di destituire il potere del presidente François Bozizé, accusato di non aver attuato gli accordi di pace firmati a partire dal 2007 né le conclusione del processo di dialogo del 2008.

2 Burkina, cinema in festa I migliori registi e attori africani si danno appuntamento dal 23 febbraio al 2 marzo in Burkina Faso per la XXIIIa edizione del Festival Panafricano del Cinema di Ouagadougou (Fespaco), la più importante rassegna cinematografica del continente. Dieci giorni di proiezioni, dibattiti, mostre, incontri e rassegne dedicate alla “settima arte”. www.fespaco.bf

3 Madagascar, le accuse dei vescovi Saccheggio delle risorse nazionali, corruzione di-

lagante, ingiustizia sociale sempre più acuta. È la durissima denuncia dei vescovi del Madagascar che puntano il dito contro la classe politica del Paese, accusata senza mezzi termini di «pensare ai propri interessi personali e non a quelli della popolazione». Il Madagascar attraversa da molti anni una grave crisi istituzionale che si traduce in un deterioramento delle condizioni di vita della gente già estremamente povera.

4 Mali, caos a Bamako L’ennesimo colpo di Stato militare avvenuto la notte del 10 dicembre - ai danni del primo ministro Cheikh Modibo Diarra, costretto a dimettersi dai soldati del capitano Amadou Haya Sanogo, l’autore del golpe di fine marzo - ha allontanato la possibilità di risolvere la crisi nel nord del Mali, da undici mesi sotto il controllo dei gruppi islamici.

5 Sud Sudan, ancora violenze Non c’è pace per la più giovane nazione africana. Dall’inizio di dicembre la città di Wau, capitale di Western Bahr el Ghazal, è teatro di scontri armati che hanno provocato una ventina di vittime e decine di feriti. Secondo il vescovo Rudolf Deng Majak,

le violenze sono legate a contrasti politici che hanno finito per contrapporre i giovani di etnia dinka a quelli delle altre comunità della città.

6 Togo, donne in piazza Dopo il clamoroso “sciopero del sesso” proclamato la scorsa estate per chiedere le dimissioni del presidente Faure Gnassingbé (in carica da 7 anni), le donne del collettivo di opposizione “Salviamo il Togo” sono scese nuovamente in strada a metà dicembre, vestite di rosso, per denunciare «il regime che ignora i diritti e

7 Kenya, bombe a Nairobi É di almeno sei morti e una trentina di feriti il bilancio provvisorio della serie di attentati dinamitardi che hanno colpito nel mese di dicembre il quartiere somalo di Eastleigh, a Nairobi. Principali sospettati sono i miliziani fondamentalisti di Al Shabaab - messi in fuga dalle truppe dell’Unione Africana impegnate in Somalia che puntano a destabilizzare il confinante Kenya, alle prese con un crescente clima di tensione per le elezioni presidenziali programmate a marzo. Fonti: Ansa, Bbc, Jeune Afrique, Misna,

4 2 6 gli interessi della popolazione». Le attiviste togolesi protestano contro «il malgoverno, il carovita e la disoccupazione che aggravano la precarietà della condizione femminile». Il presidente Gnassingbé ha promesso di indire le elezioni politiche e amministrative nel 2013.

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L’incubo

attualità

testo di Daniele Bellocchio foto di Marco Gualazzini/Luzphoto

Nell’Est della Repubblica Democratica del Congo i ribelli dell’M23 combattono l’esercito governativo e seminano il terrore tra la popolazione civile. La posta in gioco? Il controllo delle immense ricchezze minerarie contese da Stati Uniti e Cina 4

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Kivu

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attualità

Le immagini della guerra “invisibile” che infiamma la regione del Nord Kivu

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a folla rimane attonita, impassibile, ipnotizzata. Un cerchio di volti umani che forma un’arena spontanea. All’interno, con lo sguardo vitreo, riverso in una pozza di sangue, tremante, sotto i colpi del calcio del fucile e dei calci degli anfibi, brancola un giovane, un maybobo, un ragazzo di strada. La sua colpa: avere rubato una piccola radio. Due militari governativi lo picchiano, lo spogliano, lo legano, lo conducono fino in carcere. Le canne dei fucili mitragliatori dritte nella schiena. Un monito esemplare, una prova di forza per incutere nei civili obbedienza e fiducia nell’esercito regolare.

Tutsi contro hutu

Isteria pura e violenza a Goma, capitale del Nord Kivu, da quando è incominciato il conflitto tra i ribelli dell’M23 e le Fardc, le truppe governative. Coprifuoco notturno, mercato nero, epidemie di colera nei campi profughi e odio etnico. Questa la realtà all’interno della città contesa della Repubblica Democratica del Congo. E’ incominciata ad aprile 6

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Nell’apertura nella pagine precedenti, soldati del movimento M23 pattugliano il villaggio di Karuba, vicino al fronte. In queste pagine dall’alto a sinistra, in senso orario: Innocence Rugomoga, agonizzante, circondato dai familiari: è stato derubato e colpito da tre colpi proiettili sparati, forse, da soldati governativi. Una vista della città di Goma. Le truppe governative entrano nel capoluogo del Nord Kivu, dopo il ritiro dei ribelli. Il generale Sultani Makenga, tra i suoi miliziani nel campo militare di Rumangabo



lo scatto

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testo di Marco Trovato foto di Khaled Desouki/Afp

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egitto

maledetta primavera V

iolenze, sassaiole e tumulti nelle strade del Cairo. Un giovane manifestante piange a terra, consolato da un amico, mentre un compagno ferito affronta i supporter del Presidente egiziano Mohamed Morsi. A due anni dalla rivoluzione che ha deposto il regime di Hosni Mubarak, non c’è pace né democrazia per l’Egitto. Lo scorso dicembre un referendum popolare ha approvato (con una maggioranza del 64% del voti) la nuova Costituzione ispirata alla legge islamica. L’esito della consultazione ha confermato che il Paese è spaccato in due: da un lato il fronte islamista, ancorato ai Fratelli musulmani che sostengono la svolta autoritaria del neo-Presidente; dall’altro i gruppi dell’opposizione - liberali, socialdemocratici e laici - che temono l’affermazione del radicalismo islamico e il tradimento degli ideali della Primavera araba. •

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attualità

testo di Marta Gatti

Mappa delle ricchezze minerarie sfruttate dall’industria hi-tech

I tesorI dell’afrIca dell’afr ca Non solo petrolio e diamanti. Nel continente africano si trovano i più grandi giacimenti di metalli strategici… contesi dai colossi mondiali delle nuove tecnologie

BASTNAZITE

GADOLINITE

MONAZITE

Minerale raro da cui si ricava il prezioso neodimio (utilizzato per realizzare impianti audio, hard-disk e turbine eoliche). Chi: imprese statunitensi e russe.

Il gadolino è usato nella medicina (come mezzo di contrasto per gli esami radiologici) e nell’industria hitech (all’interno di forni a microonde e memorie dei computer). Chi: aziende statunitensi, russe, tedesche, australiane, lussemburghesi e canadesi.

Da questo minerale si ricavano metalli utili per le nuove tecnologie, come il cerio (usato nelle lampade a risparmio energetico ma anche nella raffinazione del petrolio) e l’erbio (impiegato nelle fibre ottiche). Chi: società australiane, canadesi, tedesche e lussemburghesi.

LITIO

NICHEL

Serve ad aumentare la durata delle batterie di cellulari, computer portatili e auto elettriche. La sua richiesta mondiale è destinata a crescere nei prossimi anni. Chi: imprese australiane, statunitensi e cinesi.

Minerale usato per produrre acciaio inossidabile, superleghe per la robotica, magneti, batterie ricaricabili. Chi: compagnie britanniche, russe, australiane, giapponesi, coreane e cinesi.

COLTAN È composto da due minerali (columbium e tantalio) e ha la capacità di trasmettere e immagazzinare energia in uno spazio esiguo. Viene utilizzato in telefoni cellulari, computer portatili, consolle e macchine fotografiche. Chi: imprese europee, statunitensi, canadesi e australiane. 12

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attualità

di Marco Trovato

Fuga dall’It Piccoli e grandi imprenditori in cerca di un La crisi economica in Europa spinge un numero crescente di industriali a tentare nuovi business a sud del Sahara. Dieci storie di successo

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a recessione prosciuga i conti correnti, soffoca l’imprenditoria e azzera la possibilità di un impiego sicuro e ben retribuito? A sud si può trovare una via di uscita: l’Africa, considerata per decenni il luogo-simbolo dell’eterno sottosviluppo, è stata solo sfiorata dalla crisi economica che ha investito in pieno l’Europa. Le stime del Fondo monetario internazionale parlano chiaro: nel 2013 i Paesi subsahariani avranno una crescita economica media del 5,5%. E in alcune nazioni lo sviDall’alto, Piero Danti, presidente della Intertransport Center Spa, leader della logistica e distribuzione in Angola. Claudio Corallo, produttore di cacao e caffè a São Tomé e Príncipe. Brindisi nella cantina italiana della Cetawico (Central Tanzania Wine Company)

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luppo del Pil sarà a due cifre. Gli industriali di mezzo mondo stanno spostandosi nel continente, provengono soprattutto dalle ex potenze coloniali, ma anche da Cina, Usa, India, Brasile. Il nostro Paese, come spesso accade, si fa trovare impreparato. Tuttavia ci sono imprenditori italiani che volano senza indugi in Africa in cerca di business. In Angola, per esempio, si contano ventidue aziende Made in Italy, a cominciare dal Gruppo Cremonini - colosso del commercio della carne - che a Luanda ha un giro d’affari di 30 milioni di dollari annui. La presenza italiana cresce anche nel mercato mozambicano, dove già operano una dozzina di piccole e medie società impegnate in vari settori: dalla ristorazione al fotovoltaico, dalla gestione delle acque alle infrastrutture.

Una nuova vita «È il momento giusto per investire a sud del Sahara», assicura Pier Luigi D’Agata, direttore di Assafrica, l’associazione di Confindustria che raggruppa 200 imprese sbarcate nel continente. «Nell’anno appena trascorso abbiamo registrato profitti e utili record», conferma Isidoro Bianchi, fondatore della Ferimex Tropico Srl, una trading company (sede a Lissone, nel cuore della Brianza) specializzata nei mercati emergenti dell’Africa occidentale e centrale. «Abbiamo una galassia di attività legate all’import-export in Burkina Faso, Costa d’Avorio, Niger e Camerun. Ovunque l’economia corre, come i consumi dell’emergente classe media». Da Abidjan a Dakar, la musica non cambia: Vanna Vallino, origini piemon-



attualità

testo e foto di Alex Rocca

Salviamo i Negli ultimi quarant’anni la popolazione dei pachidermi in Africa si è ridotta del 60%. I loro corni, adoperati in Oriente come afrodisiaci o medicinali, valgono più dell’oro

«N

el 1970 in Africa c’erano 70mila rinoceronti, oggi ne rimangono 25mila. Colpa del bracconaggio. Nel prospero mercato illegale un chilo di corno di rinoceronte vale 65mila dollari, circa 50mila euro: ben più dell’oro. Un business

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L’appello lanciato dagli esperti italiani colossale che minaccia le ricchezze faunistiche del continente». Davide Bomben, presidente dell’Associazione italiana esperti d’Africa (Aiea), usa parole dure per lanciare l’allarme in difesa dei rinoceronti africani. «I loro corni, costituiti da un tessuto simile alle nostre unghie, vengono usati in Yemen come impugnatura dei pugnali da cerimonia e in Oriente come afrodisiaci naturali o rimedi medicamentosi contro ogni genere di malanno».

Difese inadeguate L’Aiea è impegnata a proteggere i rinoceronti africani accanto alle autorità che gestiscono i parchi na-

turali. «I mezzi finora usati per contrastare i bracconieri sono inadeguati», fanno sapere gli esperti italiani. «I ranger di alcune riserve anestetizzano gli animali e tagliano loro i corni per tentare di salvarli dal massacro. Ma l’espediente non dà i risultati sperati: il corno è uno strumento sociale e di difesa fondamentale per i rinoceronti, oltretutto i bracconieri preferiscono abbattere gli esemplari senza corno per non rischiare di perdere tempo nel seguire inutilmente le loro tracce». Anche lo spostamento degli esemplari in zone più sicure non funziona. «Gli spostamenti forzati sono traumatici per

i pachidermi che tendono a non accoppiarsi anche per anni a causa dello stress subito, aumentando il rischio di estinzione». Conclusione amara: «L’unica soluzione è vigilare scrupolosamente sugli esemplari rimasti, rafforzando il personale che si occupa della loro salvaguardia». Un’impresa: oggi i bracconieri usano addirittura elicotteri, visori notturni all’infrarosso e fucili di precisione con puntatori laser.

Allarme in Sudafrica Negli ultimi anni squadre di ranger e veterinari hanno cominciato a tenere sotto controllo a distanza alcuni esemplari di



kenya

lo scatto

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testo di Peter Onyango foto di Carl de Souza/Afp

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astori masai in fila per la registrazione digitale alle liste elettorali. Il 4 marzo il Kenya è chiamato alle urne per eleggere un nuovo Parlamento e un nuovo Presidente della Repubblica. Sarà un test cruciale sulla stabilità del Paese e sulla maturità della sua classe politica. Due candidati eccellenti, il vice premier Uhuru Kenyatta e l’ex ministro dell’Educazione William Ruto, sono accusati dalla Corte Penale Internazionale di essere coinvolti nelle violenze post-elettorali del 2008 costate la vita a circa 1300 persone. Il 2013 sarà un anno importante per il rinnovamento della politica africana, non solo in Kenya. Si voterà in Camerun (data da fissare), Gibuti (22 febbraio), Zimbabwe (marzo), Madagascar (8 maggio), Tunisia (Giugno) e Ruanda. •

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al voto africa 路 numero 1 路 2013

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società

testo di Luciana De Michele foto di Alida Vanni

i segreti del bosco sacro Casamance, il racconto di un eccezionale rito di iniziazione nel cuore del Senegal 20

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ogni trent’anni, migliaia di giovani di etnia diola sparsi per tutto il mondo tornano nei villaggi del senegal meridionale per scoprire i segreti della foresta e diventare dei veri uomini

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no dietro l’altro, in fila, rasati, a piedi scalzi, con solo un tessuto colorato intorno alla vita, gli iniziati marciano fieri e in silenzio. Scortati da uomini armati di grossi bastoni si addentrano nel bosco sacro. Nello schiamazzo della folla concitata, tra grida di giubilo e lacrime di commo-

zione, li vediamo sparire tra le fronde che celano gli spiriti segreti della Casamance.

Incontro immancabile Siamo nel villaggio di Kartiak, a sud del Senegal. Mohamed Badji ha cinque anni. «Tra qualche giorno toccherà a me entrare nella foresta… Ma non ho

paura», racconta con un filo di voce. Vista la giovanissima età, Mohamed entrerà nel bosco qualche giorno dopo gli altri, che ci resteranno almeno una settimana. Aliou Badji, invece, accompagnerà suo figlio di due anni per una sola giornata: «L’iniziazione del Boukout è un dovere per tutti i maschi… africa · numero 1 · 2013

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società con il Boukout è estremamente gravoso per le finanze delle famiglie. Bisogna risparmiare anni per garantire l’ospitalità ai parenti e per procurarsi gli accessori e gli indumenti necessari per la cerimonia», spiega Sounkarou Diatta. Lui ha fatto il Boukout nel 1949, a 15 anni. Ora ne ha 78, ed è il responsabile dell’organizzazione dell’iniziazione nel villaggio. La sua famiglia è composta da 150 persone, di cui un centinaio sono gli iniziati: «Per questo Boukout ho speso una fortuna: più di 3 milioni di franchi Cfa (4.600 euro, ndr). Soldi ben spesi».

Divieti e corna di bue

anche quelli che hanno da poco finito di poppare al seno della madre», spiega reggendo in braccio il bambino. Quando il Boukout viene proclamato dal consiglio dei saggi, i giovani diola sono richiamati da ogni parte del mondo al proprio villaggio natale per diventare uomini. Solo dopo essersi sottoposti all’iniziazione, avranno diritto a sposarsi. Nessu22

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no può mancare all’appello. «Persino il campione Souleymane Sané, calciatore senegalese che gioca in Europa, è tornato nel villaggio di origine per far sottoporre i suoi bimbi al rituale», spiega Boubacar Diémé, 27 anni. «Nessuno può svelare cosa accade nel bosco sacro. Se lo facesse si ritroverebbe in un mare di guai», conclude serio.

I conti della festa La risposta all’appello è dunque di massa. A qualche giorno dall’entrata nel bosco, le strade di Kartiak scoppiano di gente. Le capanne non bastano per tutti gli ospiti, in tanti hanno dovuto accamparsi con le loro tende. Il villaggio è percorso da una moltitudine di persone indaffarate; un vortice di canti, campanelle e colori. «L’appuntamento

Il Boukout viene proclamato dai saggi del villaggio, gli unici che possono capire il momento giusto attraverso l’interpretazione di misteriosi segni mistici. A partire dal quel momento, ogni iniziato deve osservare una serie di rigidi divieti, tra cui quello di avere contatti con le donne. Soprattutto deve sottomettersi ai Diola già iniziati, da cui è tenuto a eseguire ogni ordine. «Gli amici mi ordinano di correre o danzare, e io devo obbedire!», spiega Ibrahima Badji, 30 anni, che in testa porta curiosamente delle lunga corna di bue. È lui stesso a svelarne il significato: «In questo momento siamo ancora come bestie ignoranti… Ma ci prepariamo a divenire uomini». Nove mesi prima della data ufficiale, i futuri iniziandi entrano nella prima fase di preparazione, che prevede una prova fisica



società

testo e foto di Daniele Tamagni

Scandalo in paSSerella A Johannesburg sfilano le prime modelle albine

Le immagini hanno bucato gli schermi televisivi entrando prepotentemente nelle case di milioni di africani. Per la prima volta una modella albina ha sfilato all’Africa Fashion Week, che ha radunato lo scorso ottobre a Johannesburg, in Sudafrica, i più importanti stilisti del continente. A catalizzare l’attenzione delle telecamere è stata Diandra Forrest, top model afroamericana, bellezza algida e portamento regale, protagonista di una sfilata che ha suscitato clamore. «Ho voluto sfidare gli assurdi pregiudizi che dilagano in vaste parti di questo continente», ha spiegato alla Bbc la modella. «Spero solo che questo mio gesto possa infondere

La moda africana L’orgoglio nero sfila nel tempio mondiale dell’abbigliamento La Black Fashion Week, il racconto fotografico di uno storico evento

L’

african style approda nel tempio mondiale della moda. Per la prima volta la Black Fashion Week - principale kermesse di stilisti e modelle di origine africana - si è tenuta a Parigi, conquistando le più esclusive passerelle della haute 26

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couture. Un riconoscimento importante per i protagonisti della moda afro e della diaspora, la consacrazione di un’industria in pieno sviluppo, sempre più al centro dell’interesse da parte degli investitori. «La vibrante creatività dell’Africa non può essere più contenuta nei confini del continente né banalizzata come una realtà marginale e folcloristica», esorta Adama Paris, stilista senegalese e madrina della manifestazione tenutasi lo scorso autunno in location



società

di Lucrèce Ebongo

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on vincerà il Nobel per la medicina. Difficilmente passerà alla storia come un grande inventore. È improbabile che i grandi network televisivi celebrino il suo lavoro. Eppure Arthur Zang, ingegnere camerunese di soli 24 anni, meriterebbe un riconoscimento speciale: ha creato un dispositivo che promette di salvare decine di migliaia di vite umane. Il congegno si chiama Cardiopad e ha le sembianze di un comune tablet. Ma al suo interno custodisce una tecnologia sofisticatissima, diversa da un normale computer portatile, che trasforma questa tavoletta di 25 centimetri nel primo touchscreen medicale africano: un rivoluzionario apparecchio salvavita.

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Un giovane ingegnere ha inventato il primo touchscreen medicale africano

La tavoletta che saLva iL cuore Il Cardiopad permette di visitare e curare a distanza migliaia di pazienti cardiopatici che altrimenti non avrebbero accesso alle cure mediche. Merito del ricercatore camerunese Arthur Zang, 24 anni

«In pratica funziona come un elettrocardiogramma di ultimissima generazione, ma con una fondamentale novità», spiega il ricercatore, che ha conseguito la laurea in ingegneria informatica al Politecnico di Yaoundé. «I risultati dell’esame diagnostico non vengono stampati su un rotolo di carta come normalmente avviene. Vengono digitalizzati all’istante affinché possano essere inviati a distanza a un altro computer. La connessione può avvenire tramite wi-fi, bluetooth o rete telefonica».

Dal villaggio all’ospedale In un Paese come il Camerun, grande una volta e mezza l’Italia, con solo 30 cardiochirurghi (concentrati nelle due maggiori



società

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testo e foto di Bruno Zanzottera/Parallelozero

La fabbrica delle bici in bambù africa · numero 1 · 2013


Un tempo tutte le biciclette in circolazione in Africa provenivano dall’Asia e dall’Europa. Oggi una piccola impresa con sede a Lusaka, la Zambikes, promette di rivoluzionare il mondo dei pedali

«N

on costruiamo solo bici, ma cambiamo vite». È l’altisonante slogan della Zambikes (www.zambikes.org), una piccola società nata nel 2007 a Lusaka grazie a quattro giovani intraprendenti (due zambiani e due americani). Mister Mwewa è uno dei fondatori della ditta. «Abbiamo inventato le biciclette con il telaio in bambù», spiega con malcelato orgoglio. «Il bambù, di cui sono ricchissime le nostre foreste, è un elemento naturale, leggerissimo e molto resistente». Nel piccolo capannone alla periferia della capitale zambiana oggi si costruiscono 45 biciclette in bambù al mese, che vengono esportate in tutto il mondo. «Presto raggiungeremo una produzione di 100 esemplari ogni mese», continua mister Mwewa, che puntualizza: «Servono da 40 a 60 ore di lavoro per realizzare una bici in bambù. Il costo del telaio è di 450 dollari americani, a cui bisogna aggiungere le spese per i componenti meccanici, che variano da modello a modello».

Una grande famiglia Il mattino della nostra visita alla fabbrica, un camion ha da poco scaricato un grosso quantitativo di bambù proveniente dalle coltivazioni nel nord dello Zambia. Alcune ragazze sono impegnate nella prima fase della lavorazione, quella del taglio delle canne. Successivamente il bambù viene immerso in un liquido a base di sostanze chimiche per aumentarne la resistenza. africa · numero 1 · 2013

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società

Zambia, visita alla prima industria ciclistica africana Meccanici speciali

La Zambikes organizza corsi di formazione per meccanici delle due ruote, rivolti in particolare alle persone più bisognose. Danny, il capo-meccanico della fabbrica, ha trascorso un mese insieme ad un gruppo di ragazzi sordomuti della cittadina di Kabwe. «Per istruire gli aspiranti meccanici mi sono servito della collaborazione di Sarah, una volontaria, che traduceva nel linguaggio dei segni le mie istruzioni», racconta l’uomo. «É stato un lavoro entusiasmante. I ragazzi hanno preso la cosa molto sul serio. In breve tempo hanno imparato a riparare le biciclette e oggi molti di loro sono già in grado di ricevere dei clienti». 32

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società

testo di Paola Marelli

La farfalla che vola in punta di piedi

Michaela DePrince Dall’incubo della guerra al sogno dei grandi palcoscenici. La favola vera di una bambina orfana della Sierra Leone divenuta l’astro nascente del balletto mondiale

A

Un passo di danza della nuova promessa della danza classica. «Poesia su due gambe», l’ha definita il New York Times

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vederla volteggiare nell’aria, sfolgorante nel suo tutù colorato, si resta a bocca aperta. La grazia dei movimenti, i paspas si precisi, lo sguardo lumilumi noso. Michaela DePrince, 17 anni, è davvero la nuova stella della danza. Network televisivi e grangran di giornali le dedicano i servizi di copertina. Il dodo

cumentario First Position (vedi box) l’ha resa celebre. La scorsa primavera è diventata l’étoile del Dance Theatre of Harlem. Il suo debutto internazionale, a luglio in Sudafrica, ha conquistato i critici più taglienti. «Sto vivendo un momento magico, ma so di avere ancora molto da imparare», dice la ragazzaprodigio. A parole resta coi piedi per terra, ma appena sente la musica spicca il volo come una farfalla… Come a volersi staccare dagli incubi di un passato che l’ha segnata per sempre.

L’inferno di Freetown Michaela nasce nel 1995 in Sierra Leone, battezzata col nome di Mabinty Bangura.

Cinque anni fa le fu negata una parte da protagonista in uno spettacolo. «L’America non è pronta per una prima ballerina nera», spiegò un’insegnante alla madre. Si sbagliava



copertina

testo e foto di Damiano Rossi

Reportage dal campo di Bihanga, tra simulazioni di combattimenti, lezioni di antiterrorismo, esercitazioni con mine e kalashnikov. Sei mesi di duro addestramento sotto la guida di militari europei. Per prepararsi all’inferno di Mogadiscio

Lezioni

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guerr

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di

G

uardando i loro occhi innocenti si stenta a credere che questi ragazzi, ancora così giovani, tra alcuni mesi faranno rientro in patria, in prima linea nella lotta fondamentaliai “signori della guerra” e ai miliziani di Al-Shabaab, il gruppo fondamentali sta islamico che dalla fine del 2008 sta mettendo a ferro e fuoco la Somalia. Eppure è proprio così.

ra

L’accademia all’equatore Ci troviamo a Bihanga, distretto di Ibanda, nell’ovest dell’Uganda, a circa 350 chilo chilometri e sei ore d’auto (di cui le ultime due su strada sterrata) dalla capitale Kampala. Qui, dal 2010 è operativo un campo di addestramento militare per reclute somale, controllato e gestito dall’Unione Europea in collaborazione con lo Updf (Uganda People’s Defence Force), l’esercito ugandese. Il tutto è inserito nella missione che prende il nome di Eutm (European Union Training Mission). Obiettivo: solcontribuire al rafforzamento e al miglioramento di quello che allora era sol

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copertina

intervista al soldato italiano

La tua fisionomia suggerisce una provenienza lontana. Quali origini hai? Sono nato da madre etiope e padre italiano e ho vissuto sino all’età di diciotto anni in Etiopia. Che significato ha quindi per te l’essere qui in Uganda, in terra d’Africa? Può sembrare strano, ma non mi sento emotivamente più vicino di altri miei colleghi all’Uganda o alla Somalia. Sono un soldato e voglio dedicare tutto me stesso al conseguimento degli obiettivi che ci siamo posti, con l’impegno e la determinazione di sempre. Qual è il tuo ruolo nell’ambito di questa missione Eutm Somalia? Il mio incarico principale è da sempre guastatore. Nel 2006, dopo aver frequentato un corso intensivo presso la Scuola del Genio, attuale Comando Genio, sono stato qualificato Minex. Nell’ambito di questa missione svolgo l’incarico di istruttore di Mine Awareness, attività atta a istruire personale militare sulla pericolosità di ordigni esplosivi e sui comportamenti da adottare in presenza di essi. Hai detto di essere un Minex: cosa significa? È una qualifica che mi consente, in ambito internazionale, di poter operare per procedere alla bonifica di campi minati. È certo molto importante per i somali acquisire consapevolezza sulla pericolosità degli ordigni inesplosi e delle mine, vista l’incredibile quantità che se ne può trovare in Somalia. Come riuscite a comunicare efficacemente con loro? Sono davvero contento di poter affermare che l’attenzione posta dagli allievi somali è elevata, al pari del loro desiderio di apprendere: hanno pienamente compreso la delicatezza del compito che dovranno svolgere al loro rientro in patria. >>>>> 40

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libri

di Pier Maria Mazzola

Julius Kambarage Nyerere (1922-1999) è una delle figure più luminose del Novecento. Primo presidente della Tanzania, interpretò il potere come servizio a una nazione-famiglia, adottando un’estrema sobrietà nella sua vita privata. Il socialismo africano è stato il suo progetto politicoeconomico non meno che culturale: un’utopia da attuare nutrendo l’autofiducia degli africani. Alla sua uscita di scena, Nyerere lasciava un paese pacifico e unito, per quanto ancora povero. Questa biografia ci restituisce «la magistrale lezione del Mwalimu, il “maestro” della Tanzania che ha osato pensare il nuovo nel suo paese e per l’Africa» (J.-L. Touadi). Se n’era accorto anche un ventenne di nome Marco Biagi − lo stesso Biagi che verrà ucciso nel 2002 dalle Brigate rosse − il quale scrisse, dopo un soggiorno in Tanzania, alcuni documentati articoli per l’Avanti! Cattolico convinto, Nyerere prendeva ispirazione dall’ideale di vita comunitaria degli Atti degli Apostoli. Caso singolare per un capo di stato, è in corso la causa di beatificazione.

Nyerere, il maestro

«Nessuna nazione ha il diritto di prendere decisioni per un’altra nazione, nessun popolo per un altro popolo»

Silvia Cinzia Turrin

silvia Cinzia turrin giornalista, collabora con varie riviste, tra cui Amadeus, e si occupa anche di editing. È autrice del saggio Il movimento della Consapevolezza Nera in Sudafrica (Erga Edizioni, 2011).

Nyerere, il maestro oli artic due i Con Biag arco di m ISBN 978-88-307-2066-4

Vita e utopie di un padre dell’africa, cristiano e socialista prefazione di Jean-léonard touadi

9 788830 720664

€ 11,00

Nyerere il maestro new.indd 1

Il destino di un clandestino

L’impronta della volpe

Nyerere, il maestro

Ricordi di un angelo sporco

Un gemellaggio tra scuole, e Malick giunge in Europa. Qui decide di restare da clandestino. Siamo nel 2004 e questo libro racconta un itinerario fatto di solitudine, di scelte, ma anche di incontri fortunati e positivi. Dal suo Senegal all’Europa, all’Italia: da Bergamo a Salerno a Lecce… fino alla provincia di Siena, dove tuttora vive. La narrazione dialoga con riferimenti letterari, citazioni musicali, dati sui movimenti migratori: tracce del percorso non sempre facile di chi arriva nel Bel Paese carico di sogni e speranze. Lo «Svegliati Africa!» finale è l’invito ad aprirsi alla cultura e lingua del Paese in cui ormai si vive, con fiducia e voglia di capire. C’è tutta quella curiosità e voglia di integrazione che hanno spinto Malick a spalancare le braccia al suo «destino». (M. Cappelletti)

Il maliano Konaté scrittore da trent’anni e organizzatore di eventi culturali - è ormai al suo terzo titolo in italiano. Si è ormai meritato un pubblico di affezionati al commissario Habib Kéita e al suo giovane ispettore Sosso. Una coppia investigativa che ne ricorda molte altre della giallistica ma, ovviamente, questa è dai caratteri ben africani. I due indagano, questa volta, su misteriosi morti in paese dogon, dove la prima sfida è mettersi in sintonia con l’universo culturale locale, tutt’altra cosa dalla mentalità di Habib, malinké. Ma il poliziotto ha delle riserve di sapienza oltre che di perspicacia e perviene, nella scena madre con tutti gli indiziati sotto la togu na, a sbrogliare la matassa.

«Nessuna nazione ha il diritto di prendere decisioni per un’altra nazione». È una frase, divenuta attuale anche per diversi popoli europei, con cui il fondatore della Tanzania moderna difendeva l’indipendenza autentica, non solo formale, della nuova Africa. La sua fede nell’istruzione e nella cultura africana, la promozione del kiswahili, il risveglio di una fiera autocoscienza in seno al suo popolo, la scommessa sull’agricoltura, sono alcuni dei punti di forza del socialismo africano di Julius K. Nyerere, «insegnante per vocazione, politico per caso», proposti in questa che è la prima biografia del Mwalimu in italiano. Uomo dall’estrema sobrietà di vita, e di fede cattolica profonda, Nyerere è sulla via della beatificazione da parte della Chiesa. Prefazione di JeanLéonard Touadi.

Il grande scrittore svedese non cessa di rendere omaggio al Mozambico che lo ha sedotto. Questo libro è la vicenda - da una storia vera - di una svedese povera, sbarcata in Africa nei primi anni del Novecento e che la sorte fa diventare la ricchissima tenutaria di un bordello di Lourenço Marques (Maputo). Hanna, diverrà una coscienza critica del mondo dei coloni.

Gorée 2010, pp. 104, 10 euro

Del Vecchio Editore 2012, pp. 193, 13 euro

Emi 2012, pp. 143, 11 euro

di Malick Samb El Hadji

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di Moussa Konaté

di Silvia Cinzia Turrin

di Henning Mankell

Marsilio 2012, pp. 397, 19,50 euro

EBOOK Antonella Sinopoli è tra i fondatori di Vociglobali. it, sito che aggrega post di citizen journalism di tutto il mondo. Ne è uscito un ebook: White Arrogance. Sinopoli ne è la curatrice: lascia la parola ai blogger africani perchè noi sappiamo «cosa dicono gli africani di quello che i bianchi pensano di loro». Con una licenza Creative Commons, l’ebook è liberamente riproducibile a fini non commerciali. Ed. Quintadicopertina, 4 euro

La religione nel Mozambico contemporaneo

di Luca Bussotti, Marzio Gatti, Laura A. Nhaueleque

“Fra tradizione, rivelazione e sincretismo”, precisa il sottotitolo. La religione macua, la Chiesa metodista unita e le Chiese Zione sono i casi di studio che esemplificano come il fatto religioso assuma, in un Paese africano “medio” come questo, tutto un gradiente di espressioni anche a prescindere da religioni organizzate come l’islam e la Chiese cattolica. L’approccio delle tre ricerche è socioantropologico, con utili riferimenti di carattere storico. Al lettore non sfuggirà come l’autrice del saggio sulla religione tradizionale (che non è “animismo”!) - e lei stessa macua - citi abbondantemente e positivamente opere di missionari europei (Francisco Lerma Martínez, oggi vescovo; Elia Ciscato…) divenute ormai dei classici in materia. Ibis 2012, pp. 119, 14 euro


musica

di Claudio Agostoni

AzIz SAhMAouI & uNIveRSIty of GNAwA Aziz SAhMAoui

Nativo del Maghreb e cresciuto a Marrakech, Aziz è attivo da più di un ventennio. Due le sue esperienze più importanti. Quella a metà degli anni Novanta, dopo il trasferimento a Parigi, con l’Orchestre National de Barbès e, a seguire, la militanza nel Joe Zawinul Syndicate, la band dell’ex tastierista dei Weather Report. Circondato da musicisti provenienti prevalentemente dal Senegal, zona d’origine delle radici del genere gnawa, oggi propone un cocktail sonoro che miscela trance sorniona (Makotube, presente anche in versione allungata), frenesie boogie (Ana Hayou), canti religiosi (in Salabati vengono invocati i santi dei rituali gnawa), call-and-response che strizzano l’occhio al blues (Kahina). E persino un viaggio a cavallo tra Marocco e India (Alf Hilat) e un brano dal vago sapore cantautorale (Miskina). Imperdibile.

SoNGS foR deSeRt RefuGeeS So AA. VV.

Una compilation di band tuareg del Nord del Mali in supporto ai rifugiati di quelle regioni. Già questo dà un senso al lavoro prodotto dall’etichetta tedesca Glitterhouse, che però merita un plauso anche dal punto di vista artistico. Accanto agli ormai celebri Tinariwen troviamo altre band del cosiddetto desert-blues (paradigmatico il brano interpretato da Ibrahim Djo Experience), musicisti che cavalcano con perizia ritmi ipnotici e testi poetici. Come i Tamikrest, alfieri della new wave a Kadil, capitale del Nord-Est del Mali. I Tadalat, una giovanissima band formatasi in Adjelhoc, una città ribelle repressa nel sangue. I virtuosismi chitarristici di Bombino e quelli vocali, accompagnati dal tindé (il tamburo tradizionale della regione del Timbuktu) dei Tartit… Antologico.

BeN zABo Be Ben zABo

«Non voglio che la mia cultura scompaia: questo è un appello per tenerne salde le basi». La cultura è quella dei Bwa, una minoranza etnica proveniente da una fascia di territorio tra il Mali e il Burkina Faso, il Bwatun. Ben Zabo è il nome d’arte di cui si è dotato il chitarrista e band leader - classe 1979, originario di Tominian, cittadina del Mali, regione di Sègou - del gruppo. La sua musica (che per questo lavoro è stata prodotta da Chris Eckman, ex-Walkabouts e Dirt Music) è una miscela di afrobeat, funk, reggae, blues, rock e reminiscenze jazz ottenuta incrociando balafon, tama e ara’o bara con strumenti occidentali come chitarra elettrica, basso e batteria. Ne esce un manifesto pregno di orgoglio etnico che, proclamando una precisa identità culturale, reclama pace, giustizia e tolleranza. Impegnato.

the teL AvIv SeSSIoN The Tourè-rAiChel ColleCTiVe

Vieux Farka Touré: primogenito del cantante e chitarrista Ali Farka Touré, nato in Mali nel 1981. Idan Raichel: artista che ama miscelare sonorità mediorientali ed etiopiche con l’elettronica e testi tradizionali ebraici, nato in Israele nel 1977. Un sodalizio iniziato quando nel 2008 i due si incontrarono casualmente all’aeroporto di Berlino. The Tel Aviv Session è la naturale conseguenza della profonda amicizia nata tra i due.

AfricA mon AfriquE

È un progetto che lega musica e solidarietà grazie a una serie di concerti che si protrarranno per tutto il 2013. Amadou & Mariam re-incontreranno così il popolo migrante della Grande Parigi e della Francia. Formazione ridotta all’osso e biglietti a basso costo, ma comprensivi di 1 euro destinato al Programma Alimentare Mondiale. A fine tour è previsto un festival di 48 ore. www.3dfamily.org africa · numero 1 · 2013

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cultura

Nella città congolese di Lubumbashi è tornato in auge un celebre gruppo di musicisti e ballerini che negli anni Cinquanta si esibiva per i minatori al termine delle giornate di lavoro

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La musica

testo di Caroline Six foto di Gwenn Dubourthoumieu

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delle miniere

Nella regione mineraria del Katanga rinasce il glorioso Jecoke

C

on il rischio di deludere quegli industriali che si sono accaniti sulle ricchezze della regione del Katanga da ormai più di un secolo, il vero tesoro delle miniere è già stato estratto, e non si tratta del rame che affiora generosamente dalla terra congolese. È un fenomeno artistico dal fascino antiquato e indelebile, chiamato Jecoke: un genere musicale nato all’inizio degli anni Cinquanta del secolo scorso nella città mineraria di Elizabethville (l’odierna Lubumbashi), nell’estremo sudest della RD Congo (ex Zaire).

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cultura

Un grande mUsicista

Il chitarrista congolese Edouard Masengo Katiti, fondatore nel 1951 del primo gruppo «Jecoke» a Lubumbashi, ha avuto un ruolo da protagonista nella storia della musica africana. Negli anni Sessanta, durante la terrificante dittatura di Mobutu Sese Seko, si trasferì in Kenya, dove la sua vena artistica creativa non correva il rischio di essere censurata. A Nairobi conobbe la cantante e attivista sudafricana Myriam Makeba, in esilio per via dell’apartheid. Dal loro incontro scaturì una collaborazione proficua da cui nacque la celebre canzone Malaika, divenuta ben presto un grande successo internazionale. Edouard Masengo è morto in povertà nel 2003. I governanti del Congo non gli hanno mai tributato il riconoscimento che avrebbe meritato. Ma nella regione del Katanga il suo nome è un mito scolpito nella memoria popolare.

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Allegria contagiosa Il termine Jecoke è un acronimo, deriva dal nome di un gruppo artistico locale fondato nel 1951: i Jeunes Comiques du Kenya - Giovani comici del Kenya - (dove “Kenya” indicava un quartiere popolare di Lubumbashi abitato prevalentemente da immigrati keniani). In principio era un gruppo di teatranti alle prime armi che si guadagnavano da vivere

realizzando delle scenette umoristiche che allietavano i minatori al termine delle giornate di lavoro. Ispirata dai canti dei lavoratori e contagiati dalla musica proveniente dai vicini Zambia e Sudafrica, la piccola compagnia teatrale si trasformò ben presto in un complesso musicale, ma conservò quella comicità e leggerezza originaria che le fece guadagnare successo e popolarità.



cultura

Un leone

testo di Ernest Koimba

È nato in Etiopia, cresciuto in Svezia, divenuto famoso negli Stati Uniti. Oggi, all’età di quarantatré anni, è uno dei cuochi più acclamati di New York

L’etiope Marcus Samuelsson tra i

C

on il suo sorriso, spontaneo e lumino luminoso, campeggia sulle prime pagine dei magamaga zine, sulle copertine dei libri di ricette, negli show televisivi e nana all’inturalmente all’in gresso dei suoi cinque ristoranti newyorkesi, dove i clienti devono prenotare un tavolo con almeno una settimana di anticipo.

L’etiope Marcus Samuelsson è uno degli chef più celebrati del momento. In America i giornalisti si mettono in fila per intervistarlo, le tivù si contendono ogni sua comparsata, le case editrici fanno a gara per pubblicare i suoi consigli culinari, persino Barack Obama lo ha voluto assoldare nel team dei suoi collaboratori. Durante la sua prima campagna elettorale, Samuelsson ha promosso banchetti di fi-

Cucina africana a I sapori dell’Africa hanno conquistato la Grande Mela. Nella metropoli più cosmopolita degli Usa, capitale mondiale della cucina fusion, stanno facendo furore tre ristoranti gestiti da immigrati africani. L’ivoriano-senegalese Abdoul Gueye, 47 anni (a destra), ha aperto a Brooklyn l’ottimo ABistrot, che sforna hamburger e pollo fritto condito con salse 54

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lo scatto

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testo di Nicol Mkhize foto di Yasuyoshi Chiba/Afp

fede ca

africa 路 numero 1 路 2013


sudafrica

A

lcuni rifugiati dello Zimbabwe seguono (con l’autorizzazione del sacerdote locale) una partita di calcio alla televisione nella principale chiesa metodista di Johannesburg. Dal 19 gennaio al 10 febbraio il Sudafrica ospita la XXIXa edizione della Coppa d’Africa. Sedici le squadre partecipanti, trentadue le gare in programma. I favoriti per la vittoria sono il Sudafrica padrone di casa, lo Zambia detentore della Coppa, il Ghana di Asamoah e la Costa d’Avorio di Drogba (in cerca di riscatto dopo l’ultima finale persa ai rigori). •

lcistica africa · numero 1 · 2013

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sport

testo di Bandele Adeyemi foto di Tadej Znidarcic

Passione

Per la prima volta una squadra giovanile africana si è qualificata alla Coppa del Mondo di baseball. I piccoli campioni provengono da Kampala, dove la passione per mazze e guantoni regala sorprese senza fine, in una girandola di colpi di scena…

D

avid Arago ha avuto il cuore spezzato due volte: sempre per amore del baseball. Un anno fa suo padre ha puntato la pistola contro l’allenatore della sua squadra e l’estate scorsa gli americani gli hanno impedito di realizzare un sogno a lungo covato: un viaggio negli Stati Uniti,

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la culla dello sport di cui è tanto innamorato. David, 14 anni, è un ragazzo magro e alto, cresciuto in una baraccopoli di Kampala, la capitale dell’Uganda. Suo padre fa il poliziotto, la madre lavora come sarta: insieme riescono a sfamare e a far studiare cinque figli. I coniugi Arago sono

convinti che solo lo studio e l’istruzione possano spezzare le catene della povertà. Non hanno mai digerito il fatto che David trascorra gran parte del suo tempo sui campi da baseball anziché dedicarsi ai libri. La goccia che ha fatto traboccare il vaso è giunta nella primavera del 2011, quando

David fu invitato a partecipare a un importante torneo internazionale in Polonia.

A muso duro

Appena ricevuta la notizia, il papà di David si precipitò da Augustine Kirungi, direttore della scuola superiore Saint Peter, la stessa in cui suo


baseball Un’incredibile impresa sportiva in Uganda

figlio aveva imparato a giocare a baseball. «Invece di concentrarsi sullo studio qui i ragazzi si rincretiniscono con uno sport inutile - tuonò il padre -. Nessuno in Uganda ha mai fatto carriera con il baseball. Non serve a nulla passare il tempo con una mazza in mano». Il direttore Kirungi ri-

spose al signor Arago senza giri di parole: «Vostro figlio ha talento per il baseball… Ha diritto a divertirsi e a giocarsi le sue opportunità». Il padre se ne andò sbattendo la porta. Qualche giorno dopo, l’allenatore della squadra scolastica, George Mukhobe, provò a ricucire lo strappo: il viaggio in

Polonia avrebbe offerto a David un’occasione d’oro per mettersi in mostra davanti a plotoni di talent-scout e allenatori di ogni nazionalità: doveva solo convincere i genitori. L’allenatore si recò a casa di David per tentare di far ragionare il padre. Il risultato fu disastroso: «Non feci neppure in tempo a

parlare che quell’uomo cominciò a strillare», ricorda oggi l’allenatore. «Afferrò la borsa e i guanti di David e scaraventò tutto sul tavolo. “Perché sprechi il tuo tempo?”, urlò. “Se vieni qui un’altra volta ti faccio vedere chi sono io”. Tirò fuori la pistola dalla fondina e la sbatté sul tavolo». africa · numero 1 · 2013

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sport

Pochi giorni dopo, il padre di David chiese scusa a tutti. Aveva ripensato alle parole dell’allenatore e del direttore. Soprattutto non sopportava più di vedere suo figlio in lacrime. Accettò di far partire David per la Polonia. Non avrebbe rimpianto quella decisione… Fu proprio David - segnalato tra i migliori giocatori del torneo - a trascinare la squadra alla vittoria. Un trionfo prestigioso che fece accedere di diritto i campioncini del team della Rev. John Foundation alla Little World League: il campionato mondiale giovanile di baseball. Per la prima volta nella storia di questa competizio60

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Allenamento degli allievi della scuola di Saint Peter di Nsambya. La scorsa estate gli Ugandesi della squadra di Lugazi, qualificatisi per i Mondiali, hanno ottenuto per la prima volta i visti necessari per recarsi negli Stati Uniti e disputare la fase finale della Coppa del Mondo A sinistra. L’allenatore G. Mukhobe insegna a un giovane allievo la corretta tecnica per la presa della palla da baseball

ne, una squadra africana sarebbe sbarcata a South Williamsport, in Pennsylvania, per contendersi la Coppa del Mondo. Al ri-



viaggi

testo e foto di Andrea Semplici

Dancalia. Paradiso o Elogio di uno straordinario deserto nel Corno

S

e vieni qui cercando avventure, non riuscirai ad andare oltre la tua superficialità. Che ti apparirà insopportabile. Il sole bianco e rovente, l’indifferenza degli Afar, la monotonia di un deserto privo di colori ti faranno sentire nudo e impotente. E il tuo equilibrio, fisico e mentale, rischierà di andare in pezzi. Devi difenderti in Dancalia. Devi mostrare, soprattutto a te

«

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stesso, di avere un’anima di poeta. Si viene qui per cambiare punto di vista».

Il vulcano

Ecco, il tempo è passato. Quattro ore di cammino. Ora il fuoco è davvero vicino. Nessuno parla più. Gli ultimi metri sono di fatica e di silenzio. Il cielo è di un blu intenso, reso elettrico dalla luna. Con ritmi da orchestra sinfonica, si illumina di rosso. Nessun rumore. Nessuna


.

Un nuovo libro ci guida in una delle regioni più inospitali e seducenti del continente - e del mondo. Una narrazione che nasce dalla penna di un giornalista sedotto dalla terra degli Afar. Africa ne offre un assaggio in anteprima ai suoi lettori

inferno?

d’Africa

esplosione. L’Erta Ale gioca ancora a nascondino: si mostra, invita a raggiungerlo, ma poi è come se si allontanasse. I suoi fuochi di artificio sono senza lampi e senza botti. Sono davvero i colpi di un pennello immerso in una tinta di colore rosso acceso. Il silenzio è assoluto. Si sentono i nostri passi sulla lava che scricchiola. È un andare avanti cauto. Il fiato è appesantito. Si aprono crepe nel terreno, la cro-

Carovana afar lungo la Piana del sale. Ogni cammelliere può controllare fino a 12 dromedari carichi di sale. A fianco, l’Erta Ale, 613 m, un vulcano-matrioska: la caldera principale contiene questa grande pentola di fuoco e un altro cratere assopito da più di trent’anni

sta si rompe sotto il nostro peso. Siamo impazienti e intimoriti. L’ultima salita si addolcisce all’improvvi-

so. Ecco il balcone, ecco il belvedere, ecco la caldera. È un dono grandioso. Del paradiso, non dell’inferno. Ecco il fuoco: un cerchio rosso, il colore delle fiamme, la perfezione di un’ipnosi. La luna sembra rispecchiarsi nel pozzo del cratere. Gioca con i fumi e con il riflesso del fuoco. La bellezza non ha parole. Rosso e nero: siamo arrivati in cima. Nessuno sa più cosa dire. Non so più cosa scrivere. C’è vento.

Sembra un ruggito sommesso, il sudore si gela sotto le maglie. Siamo paralizzati. La prima volta che arrivammo quassù, scomparvero i pensieri. Non ci fermammo in pace, proseguimmo subito. Solo in un altro ritorno, avremmo imparato che sarebbe stato più saggio fermarsi. Ma quella notte, la prima a tu per tu con l’Erta Ale, volemmo calarci subito nel cuore del vulcano. africa · numero 1 · 2013

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da leggere Un libro, di quasi 200 pagine, senza indice. Ci sono titoletti, certo, ma mai un titolo di capitolo che imprima una scansione all’opera, come in un libro che si rispetti. Una svista dell’editore? Uno sfizio della collana? In ogni caso, scelta o casualità che sia, è una sequenza continua di pagine, righe e parole, che pare sposarsi con il ritmo lento e trascinante di un andare continuo, verso l’Erta Ale ma anche attraverso nomi e fatti del passato - gli esploratori Nesbitt e Franchetti, per esempio. Seguendo la narrazione di Semplici, par di udire lo scricchiolio dei passi, senza fretta ma inesorabili. Un racconto, una somma di racconti di viaggio con il respiro della contemplazione, lo sguardo dell’innamorato. Innamorarsi di una terra che nemmeno è terra (è sale, lava, magma), e della sua rara e spigolosa gente dagli «occhi bruciati dai riflessi di fuoco» ma che sanno «trovare scintillii». Dancalia. Camminando sul fondo di un mare scomparso (Terre di mezzo 2012, pp. 185, euro 14,00). (P.M. Mazzola) Agli amanti della fotografia segnaliamo il volume Dancalia. L’emozione diventa silenzio con scatti di Paolo Ronc e testi curati sempre da Semplici (APR&B 2012, pp. 96, euro 24,00). www.apreb.it/dancalia.

re intesa. Era così il canto delle sirene. Nessuno numero, nessun dato scientifico rende giustizia alla sua bellezza. Si rimane lì, per ore, sui bordi del cratere, a guardare le onde del magma scontrarsi una con l’altra, ad ascoltare il ruggito dai toni bassi della risacca di lava, ad aspettare la frattura improvvisa che spezza la superficie del lago, ad ammirare le fontane di fuoco che cercano di ribellarsi alla prigionia del pozzo. Eccoci, seduti in un luogo dai mille pericoli, ombre contro il fuoco. Illusi di aver fatto un patto con l’Erta Ale. E certi che l’inferno sia il luogo più accogliente della terra. Convinti, ancor oggi, a migliaia di chilometri di distanza, che, davvero, quel cratere sia il paradiso. Terra di Dio, la Dancalia. •

le coordinate

La Dancalia è una terra di frontiera, fra Etiopia ed Eritrea. È la patria degli Afar (conosciuti, dalle cronache coloniali, come Dancali), popolazione di origini cuscitiche e di religione musulmana: un milione e mezzo di persone disperse in clan seminomadi in una regione vastissima. il viaggio . Voli giornalieri di Ethiopian Airlines (www.ethiopianairlines.com) fra Roma e Addis Abeba. Prezzo del biglietto: 600-750 euro. Quando . Nei mesi dell’autunno e dell’inverno. Le carovane del sale cominciano il loro andirivieni fra l’altopiano e la Piana dopo il capodanno etiopico (l’11 di settembre) e si fermeranno solo a maggio. documenti . Si può ottenere il visto (valido un mese) direttamente all’aeroporto di Addis Abeba: occorre un passaporto con validità superiore ai sei mesi e pagare una tassa di 20 dollari.

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religioni

testo di Paola Marelli foto di Rajesh Jantilal/Afp

Penitenze Sudafrica, i dolorosi rituali del Kavadi Nella città di Durban, centro culturale e spirituale dei sudafricani di origine indiana, migliaia di fedeli indù si radunano ogni anno per onorare il dio Muruga e infliggersi degli atti di autolesionismo in segno di devozione 68

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S

ulla costa orientale del Sudafrica c’è uno spicchio d’India che pare essersi staccato dal continente asiatico. È la bellissima e variegata città di Durban, importante polo economico e porto commerciale della

provincia del KwaZuluNatal, che vanta il primato africano della più alta concentrazione di abitanti di origine indiana: circa 800mila persone, un quarto della sua popolazione, il 70% dell’intera comunità asiatica del Paese.



chiesa

testo e foto di Luciana De Michele

Monaci nella

savana

Visita all’Abbazia di Keur Moussa, tempio della musica sacra in Senegal non lontano da Dakar una quarantina di frati benedettini passano le loro giornate alternando lavoro e preghiera, senza mai smettere di cantare (in latino e in wolof) le lodi al signore, accompagnati dai suoni dell’organo e della kora senegalese...

O

ltrepassato il villaggio di Keur Moussa (che in lingua locale significa Casa di Mosè), a cinquanta chilometri da Dakar, una strada conduce nel cuore della fitta vegetazione. Ad un certo punto il suono di una campana preannuncia il levarsi di un coro

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solenne e imperscrutabile. Proseguendo a camminare, il segreto è ben presto svelato: nel bel mezzo della selva un monastero spalanca le sue porte verso una chiesa bianca. All’interno una ventina di monaci in gran parte africani - avvolti in candide tuniche - si appresta-

no a celebrare la liturgia della messa. «Benvenuta nell’Abbazia del Cuore Immacolato di Maria», saluta accogliente fra Thomas Gomis, senegalese, 49 anni di cui 25 consacrati alla vita monastica. «Questo monastero - racconta - fu creato nel 1962 da nove benedettini fran-

cesi. All’epoca qui c’erano solo savana e capanne. Oggi il villaggio di Keur Moussa è cresciuto. La popolazione circostante è in larga parte musulmana. Ma le differenze religiose contano poco: abbiamo ottimi rapporti con la gente del posto, che ci rispetta», continua fra Thomas.


LA KorA

Strumento tradizionale dell’Africa occidentale, suonato in origine dai cantastorie di etnia mandinga, la kora si configura a metà tra un’arpa e un liuto. È composta da una grande cassa armonica tonda ricavata da una zucca, ricoperta da pelle di vacca, in cui si innesta un lungo bastone in legno che sostiene le ventuno corde pizzicate dai musicisti.

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chiesa

Missionaria con estro

A Dakar fa notizia una suora artista Annemarie Dieng è una suora-artista senegalese. La sua specialità sono i dipinti su batik. «Fin da piccola ho scoperto di aver una grande passione per l’arte», racconta. Si è formata all’école nationale supérieure des arts appliqués di Parigi.

In Costa d’Avorio ha affinato la sua tecnica, in Europa ha riscosso importanti riconoscimenti. Oggi vive a Dakar e le sue opere sono esposte in gallerie, parrocchie, missioni cattoliche. «Cerco di coniugare la vocazione religiosa con l’attività artistica»,

Incantati dalla musica Nell’abbazia vivono una quarantina di monaci di otto nazionalità diverse, provenienti soprattutto dall’Africa Occidentale. Due sono francesi. L’ottantasettenne Dominique Catta è l’unico tra i fondatori del monastero ancora in vita. «Fummo i primi a introdurre l’utilizzo della kora (strumento a corde tipico dell’Africa Occidentale, ndr) nella liturgia cattolica», ricorda con orgoglio fra Dominique nella sua tunica grigia. Tutto iniziò quando i suoi superiori lo inviarono in Senegal per studiare la musica locale. «Mi spedirono nei villaggi con un registratore... E rimasi letteralmente incantato dai canti tradizionali». Fra Dominique decise di inserire alcuni canti nella liturgia ecclesiastica. «Adattai le parole di alcuni

Con la kora i monaci accompagnano ogni momento della liturgia e dell’anno liturgico. Un anziano del posto, dopo aver assistito alla preghiera mattutina, descrisse così il canto dei monaci: «Dio è là» 74

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togu na - la casa della parola

a cura della redazione

lettere Razza di maschilisti copertina

testo e foto di Bruno Zanzottera/Parallelozero

Svelato il segreto della concordia dei Borana T

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Campioni di democrazia

Nelle savane dell’Etiopia meridionale i pastori borana hanno trovato il modo di vivere in pace evitando litigi e contenziosi. Senza sottoporsi all’autorità di capi. Amministrando la giustizia con saggezza

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utto inizia con la preparazione del caffè, cosa che in Etiopia assume un valore di vera e propria cerimonia perché si parte dai chicchi che vengono tostati e quindi macinati prima di passare alla bollitura dell’acqua. Poi l’intero villaggio si riunisce in circolo all’ombra dell’immancabile acacia per una discussione interminabile che può durare anche giornate intere. Ci troviamo tra i Borana, “le genti del mattino” (boru si traduce in italiano con “aurora”), la tribù più numerosa del grande popolo degli Oromo, i cui abitanti vivono sparpagliati nella Great Rift Valley a est del fiume Omo, tra l’Etiopia e il Kenya. Nomadi allevatori di zebù che vivono in villaggi di capanne realizzate con canne impastate di fango e sterco di animali, i Borana si sono in parte sedentarizzati, iniziando a dedicarsi anche all’agricoltura. africa · numero 6 · 2012

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Sono rimasta senza parole quando ho letto il (bel) servizio che illustra la vita dei pastori borana dell’Etiopia meridionale. Non condivido la vostra scelta di titolare il servizio Campioni di democrazia. Non può essere considerato democratico un popolo che esclude da ogni dibattito, da ogni decisione sociale, la voce delle donne. Il titolo corretto doveva essere Campioni di maschilismo. Benedetta Avellone Benevento

mando se l’Africa sarà per l’ennesima volta il grande serbatoio da cui qualcuno attingerà risorse oppure diventerà un mercato a tutti gli effetti. Non so dare una risposta, ma mi sembra di vedere che alcune grosse aziende stiano incominciando a considerare l’Africa il loro prossimo mercato. In particolare vi segnalo l’iniziativa portata avanti dalla banca Credit Swiss in Malawi, finalizzata allo sviluppo della piccola imprenditoria attraverso il progetto Opportunity International Bank (www. oibm.mw). Marco Granata via mail

Cowboy metal cultura

Afrome tal In Botswana va di moda la musica hard-rock G

iubbotti e pantaloni di pelle nera, cinturoni borchiati, stivali e cappelli da cowboy, sono la loro divisa. Sulle loro t-shirt campeggiano teschi, frasi oscene, storiche copertine di gruppi hard-rock in voga negli anni Settanta e Ottanta del secolo scorso come gli Iron Maiden, i Metallica, gli AC/DC. Sono i metallari del Botswana, ultimi discepoli di un genere musicale nato negli Usa, approdato in Europa, infine sbarcato - con trent’anni di ritardo - nel cuore dell’Africa australe.

Microfinanza in Malawi Innanzitutto grazie a tutta la redazione per l’ottimo workshop Dialoghi sull’Africa (tenuto a Treviglio l’1 e 2 dicembre, ndr), sia per quanto riguarda i contenuti che per il clima di partecipazione che siete riusciti a creare. Anch’io mi do-

testo di Marco Trovato foto di Daniele Tamagni

Radio Botswana

Una passione contagiosa, quella per la musica rock, importata dal vicino Sudafrica e in breve dilagata sulle frequenze delle emittenti radiofoniche locali. Il suono delle prime chitarre elettriche cominciò a propagarsi all’inizio degli anni Novanta dalle antenne di Radio Botswana che ogni sabato sera mandava in onda una trasmissione dedicata ai ritmi indiavolati dell’heavy metal. Nel 1993 spuntò la prima band locale: i Metal Orizon. «Quella musica straniera, così diversa dalle sonorità della nostra tradizione, ci aveva stregato», ricorda il batterista Slaezah Selaelo, oggi quarantaquattrenne.

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A Gaborone proliferano le band musicali che si ispirano alle sonorità forsennate degli Iron Maiden e Metallica. Un fenomeno inedito per l’Africa che ha plasmato il look dei giovani

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Ho letto con stupore l’articolo Afrometal dedicato ai gruppi hard-rock del Botswana. Non potevo credere ai miei occhi vedendo quei giovani africani vestiti con cinturoni borchiati

e cappelli da cowboy. Se questi sono gli effetti perversi della globalizzazione, che contamina e annienta ogni cultura, mi chiedo se è giusto rallegrarsene. Alice Polidoro, Ospitaletto (BS)

Corse africane Gent.ma Africa, ci tenevo a segnalare il progetto di solidarietà Run for Africa, Run with Africa, promosso da Medici con l’Africa CUAMM Varese, finalizzato alla donazione di protesi a ragazzi amputati che aspettano un aiuto per avere la possibilità di tornare a correre! Sempre in tema di corse in Africa segnalo il filmdocuntario Town of Runners di J. Rothwell (Uk, 2012) - che abbiamo proiettato di recente a Varese: è ambientato a Bekoji, nell’Etiopia centrale, un villaggio che da sempre sfodera atleti olimpionici. Marco Rampi mediciconlafricavarese@ gmail.com

meglio di messi Non è l’argentino Lionel Messi il più grande goleador di tutti i tempi. Il record delle reti realizzate in un anno spetta al calciatore zambiano Godfrey Chitalu, classe ’47, che nel 1972 segnò 107 goal, une ventina in più di quelli messi a segno nel 2012 dal campione del Barcellona. La Federazione Calcistica dello Zambia ha protestato ufficialmente con la Fifa (che non ha voluto esprimersi sulla querelle) per il mancato riconoscimento dell’impresa compiuta da Chitalu, ex attaccante dei Kabwe Warriors, straordinario bomber dal 1970 fino al 1982 (anno del suo ritiro dal calcio), deceduto tragicamente dieci anni fa nel disastro aereo che annientò la Nazionale dello Zambia. A restituire l’onore perduto a Chitalu, usurpato ingiustamente del suo primato, ci ha pensato il quotidiano spagnolo AS che ha ammesso e celebrato il record del giocatore zambiano.

sondaggIo PaRERI RaccoltI sulla PagIna FacEbook dI aFRIca In Egitto è in corso uno scontro tra l’anima laica della società e quella religiosa incarnata dalla Fratellanza Musulmana ora al potere. Ritieni che: 2% L’Europa deve mettere in guardia il Paese contro il pericolo dell’integralismo 10% L’Onu deve votare una risoluzione per un embargo sulle armi dirette in Egitto 2% La comunità internazionale dovrebbe evitare qualunque intervento 86% Si dovrebbero moltiplicare le relazioni con la parte laica della società

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africa rivista


n. 1 gennaio . febbraio 2013 www.missionaridafrica.org

Uganda Insieme contro la povertà

Padre Maurice Oudet, missionario in Burkina Faso, ci racconta una sua recente visita a coltivazioni e allevamenti dell’Uganda, nel quadro di uno scambio di esperienze tra agricoltori Nel mese di novembre sono passato in Uganda per visitare alcune aziende agricole nella regione di Katakwi. È stata un’ottima occasione di incontri e scambi

con le popolazioni che vivono di agricoltura e pastorizia. Un pomeriggio, seduti all’ombra degli alberi, dopo le presentazioni, ha preso

Nel suo viaggio in Uganda padre Maurice ha incontrato varie collettività di contadini e di allevatori, attive e piene di progetti

di Maurice Oudet la parola il responsabile del territorio dicendo: «Ci siamo messi insieme per lottare contro la povertà». Ero sbalordito a sentire una cosa del genere, tanto più che quella regione è caratterizzata da un clima mite, le piogge sono copiose e apparentemente non ci sono problemi per coltivare in abbondanza. Le case sono circondate da rigogliosi alberi da frutta: banani, agrumi, manghi... Tutto sembra dare l’impressione di benessere e prosperità. Tra una chiacchiera e l’altra, ci siamo interrogati sulle cause di questa povertà e sulla situazione economica delle famiglie che vivono di agricoltura in quella zona. Dagli interventi dei numerosi contadini presenti, abbiamo capito che la causa principale sono i prezzi di vendita non remunerativi dei vari prodotti (arachidi, mais, miglio, sorgo, ecc.). Solo i commercianti e chi si occupa della trasformazione dei prodotti agricoli ottengono profitti importanti, perché meglio organizzati tra di loro. I contadini e gli allevatori presenti hanno quindi lanciato l’idea di mettersi insieme e organizzarsi in cooperativa per poter estrarre da soli l’olio dalle arachidi e metterlo in commercio con i propri mezzi. Tra l’altro, ricuperando i resti della lavorazione potranno migliorare l’alimentazione del loro bestiame. Visitando poi i negozi di alimentari della zona mi ha fatto piacere vedere esposti molti prodotti locali, spesso ben imballati

padri bianchi . missionari d’africa

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Goma: il lazzaretto della speranza

di Pino Locati

Il 20 novembre i ribelli del Movimento 23 marzo (M23), sostenuti da Uganda e Rwanda, occupano la città di Goma nel Nord Kivu. Di nuovo la popolazione di questa terra rivive un dramma senza fine. Neppure il ritiro dei ribelli, il primo dicembre, riporta la normalità. Come racconta padre Pino Locati, che ha condiviso con la gente la follia di questa guerra

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È venerdi 7 dicembre, vigilia della Festa dell’Immacolata. Dopo la Messa celebrata con un centinaio di persone anziane nella chiesa di Katoy, prendo la moto e vado al campo profughi di Ngangi, alla periferia di Goma. Ho sentito che ci sono alcuni casi di colera. Diverse tende sono state montate sul terreno di calcio. Corridoi tracciati da reti di plastica arancione delimitano il passaggio di lunghe code di persone: tutti, uomini, donne, bambini, sono usciti dal campo per farsi vaccinare. Mi avvicino per vedere meglio e scambiare qualche parola. Nell’attesa della vaccinazione, la paura e le grida dei bambini sono interminabili. La folla avanza lentamente ma viene e si fa curare. Mi dirigo al Centro dei salesiani di Ngangi. Ho l’impressione di entrare in un lazzaretto manzoniano talmente ci sono sporcizia, fuocherelli dappertutto, pentole con dentro farina di mais per fare la polenta, fasci di legna secca, un vero bailamme di confusione e di disordine! E un andirivieni di persone con sacchi e masserizie. Per terra ci sono alcune stuoie dove alcuni ambulanti vendono poche cose indispensabili alla vita quotidiana come sapone, patate, fazzoletti di carta, biscotti... È la povertà assoluta! Ovunque scenari di miseria senza fine! Eppure tante persone riescono ancora a sorridere, soprattutto

e con un giusto prezzo di vendita. Questo ha rinforzato in me l’idea che i contadini debbono potenziare la loro organizzazione per ottenere prezzi più equi e creare cooperative di trasformazione che permettano loro di mettere sul mercato la farina di miglio o di mais in moderni sacchi da 1, 2 o 5 kg. Nel mio viaggio in questa terra ricca e florida, ho avuto anche l’occasione di partecipare ad un matrimonio dove ho bevuto dell’ottimo dòlò, la birra di miglio. Peccato solo mancassero le calebasse (sorta di zucca come recipiente), ma lo

abbiamo condiviso lo stesso alla maniera ugandese. Andando poi verso Sud, ho visitato la regione di Mbarara dove sono rimasto impressionato dall’abbondante consumo di latte. Qui è normale vedere per strada ciclisti e camion con bidoni di latte. Nei bar e nei ristoranti, i clienti bevono latte fresco, mentre nei negozi si trova un formaggio prodotto localmente e venduto col nome di “Gouda” o “Parmigiano”. E così mi sono detto che forse è arrivato anche per noi, in Burkina, il momento di produrre la “toma del Sahel”!

le mamme e i bambini! Gli uomini meno, sono consapevoli della condizione umiliante e ingiusta nella quale si trovano. Entro nel grande cortile e cerco padre Piero, il direttore del centro. Lo vedo un po’ sciupato, ma sempre coraggioso nella presenza quotidiana a questi ultimi della terra. Non c’è niente da fare: il vero missionario sta sempre dalla parte degli ultimi! Se all’esterno c’è tanta sporcizia per via dello spostamento di migliaia di persone, all’interno della sala invece sembra regnare un ordine composto, un silenzio raccolto, la gente è calma, accetta di parlare e di sorridere. Osservo i bambini che mangiano con avidità la polenta di mais mista ad altri legumi. I profughi si accontentano di poco per sentirsi sazi e per un attimo si quietano fisicamente e psico-

logicamente. Negli occhi di questa folla sfortunata, leggo la fatica e la tristezza per situazioni ingiuste subite senza poter fare nulla, se non scappare. Non vi leggo però disperazione o rabbia contro gli avvoltoi politici della vita umana, non odo imprecazioni o lamenti alterati dall’isterismo. Quale lezione di dignità! La gente è formidabile per quel suo atteggiamento di compostezza, di silenzio, di attesa oserei dire - di un tempo messianico che venga a stabilire una pace che sia duratura e libera dagli inganni dai faraoni e dagli erodi di turno. È qui che abbiamo preparato il vero Natale del 2012, in questa grande sala sportiva che diventa la grotta di Betlemme per accogliere tutti quei “piccoli” nei quali il Signore della Storia si identifica!

padri bianchi . missionari d’africa

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Ricordiamo che l’associazione AMICI DEI PADRI BIANCHI onlus tra le sue attività ha quelle di • promuovere le sottoscrizioni di sostegno alla rivista “Africa”, pubblicata dai Padri Bianchi; • aiutare le Associazioni umanitarie e i centri di raccolta a favore di popolazioni bisognose di solidarietà; • sostenere le opere dei Padri Bianchi, rappresentati dalla Provincia Italiana dei Missionari d’Africa.

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Il 16 dicembre è morta Elena, moglie del nostro ex-allievo Castellan Pietro.

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