Non Chiamatelo Regresso

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A volte c’è da chiedersi come si possa trascorrere la vita in una comunità, immersi in una sorta di sottocultura evangelica, dove sono posti in essere e messi in risalto fattori che non hanno alcuna rilevanza scritturale e, di contro, non conoscere neppure i principi biblici basilari su cui si fonda la nostra fede. Non Chiamatelo Regresso è una lettura essenziale per tutti quelli che vogliono comprendere con chiarezza le verità che contano di più, quelle che determinano lo spessore della nostra fede evangelica e ispirano la nostra condotta cristiana. Una cosa del genere può sembrare antica, un ritorno al passato, ma sono proprio quei “sentieri antichi” che devono essere percorsi in vista di un nuovo domani. L’intramontabile Parola di Dio è quella che ci farà vedere un’altra aurora spirituale.

ADI Media

NON CHIAMATELO REGRESSO

Kevin DeYoung

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ISBN 978-88-89698-71-6

€ 15,50

9 788889 698716

NON CHIAMATELO

FEDE ANTICA PER UN GIORNO NUOVO

Servizio Pubblicazioni delle “Assemblee di Dio in Italia”

Via della Formica, 23 - 00155 Roma Tel. 06 2251825 - 2284970 - Fax 06 2251432 adi@adi-media.it - www.adi-media.it

K. DeYoung

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Titolo originale: “Don’t Call It a Comeback: The Old Faith for a New Day” Copyright © 2011 by Kevin DeYoung Published by Crossway a publishing ministry of Good News Publishers Wheaton, Illinois 60187, U.S.A. This edition published by arrangement with Crossway. All rights reserved. Edizione italiana: “Non Chiamatelo Regresso: Fede Antica Per Un Giorno Nuovo” © ADI-Media Via della Formica, 23 - 00155 Roma Tel. 06 2251825 - 2284970 Fax 06 2251432 Email: adi@adi-media.it Internet: www.adi-media.it Servizio Pubblicazioni delle Chiese Cristiane Evangeliche "Assemblee di Dio in Italia" Ottobre 2012 - Tutti i Diritti Riservati Traduzione: A cura dell'Editore. F. T. Tutte le citazioni bibliche, a meno che non sia indicato diversamente, sono tratte dalla Bibbia Versione Nuova Riveduta - Ed. 1996 Società Biblica di Ginevra - Svizzera Stampa: Typokolor S.r.l. - ROMA

ISBN 978 88 89698 71 6


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K. DeYoung

NON CHIAMATELO

FEDE ANTICA PER UN GIORNO NUOVO

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Indice

Prefazione

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Introduzione: Tutti cresciuti e niente da dire

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Parte 1: Storia evangelica: guardare avanti e guardare indietro 1. Il segreto per conquistare la nuova generazione

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2. La storia dell’Evangelismo dal principio e ancor prima

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Parte 2: Teologia evangelica: esaminare, sperimentare e credere le verità che contano di più 3. Dio: non come te

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4. La Scrittura: perché la Bibbia è un libro come nessun altro

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5. L’Evangelo: Dio si sostituisce ai peccatori

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6. Nuova nascita: bisogna nascere di nuovo

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7. Giustificazione: perché il Signore nostra giustizia è notizia migliore rispetto al Signore nostro esempio

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8. Santificazione: essere sinceramente rivoluzionati non basta

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9. Il Regno: il cielo dopo la terra, il cielo sulla terra, o qualcosa di diverso?

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10. Gesù Cristo: l’unica via e la nostra unica speranza

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Parte 3: Pratica evangelica: imparare a vivere secondo la volontà di Dio 11. Talvolta è una vita meravigliosa: evangelici e vocazione professionale

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12. Giustizia sociale: che cosa c’entra Dio con questo

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13. Omosessualità: grazia, verità e la necessità di un garbato coraggio

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14. Aborto: perché il silenzio e l’indifferenza non sono una scelta possibile per gli evangelici

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15. Confusione dei sessi e una controcultura conforme all’Evangelo

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16. La chiesa locale: non sempre meravigliosa, ma amata da Gesù

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17. Il culto: è importante

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18. Le missioni: l’adorazione di Gesù e la gioia di tutti i popoli

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Prefazione

CIRCA UN ANNO FA, in una conversazione privata, John Piper e io abbiamo convenuto che è un bel momento per essere sessantenni. Perché - udite, udite - le generazioni più giovani desiderano essere istruite; vogliono ascoltare le spiegazioni bibliche di vari servitori di Dio che hanno superato i sessanta anni d’età. In Occidente non è sempre stato così; ma ora sì. È un bel momento per essere sessantenni. Sarebbe, però, un errore immaginare per un attimo che tutto dipenda dai sessantenni. Dio sta facendo sorgere una generazione di ventenni, trentenni e quarantenni desiderosi di essere fedeli al Signore Gesù e al Suo Evangelo, desiderosi d’insegnare la Bibbia correttamente e nell’unzione divina, bramosi di utilizzare la mente e di amare con l’intero loro essere, combattendo per credere e praticare la verità. Le persone che hanno contribuito a realizzare il presente libro, ne sono soltanto una piccola rappresentanza. Un giorno mi sono incontrato con molti di loro in una sala conferenze presso l’aeroporto O’Hare di Chicago. Sono stato felice di provare a rispondere alle loro domande per un paio d’ore, a condizione di poter poi fare io delle domande a loro per un paio d’ore. Il flusso d’informazioni si è mosso felicemente in entrambe le direzioni. Sono tornato a casa ringraziando Dio per questi giovani servitori cristiani, determinati a vivere secondo l’Evangelo, anche se il pieno frutto non lo vedrò da questo lato dell’eternità. 5


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D. A. CARSON

Il duplice obiettivo di questo libro - da un lato, precisare cosa devono credere i cristiani e come devono agire e, dall’altro, dimostrare la natura essenzialmente teologica dell’evangelismo - va di pari passo con il desiderio degli scrittori di rendere il testo accessibile. In questo sono riusciti egregiamente. Sarebbe facile lamentarsi per l’assenza di certi argomenti o criticarne l’esposizione perché non caratterizzata da profondità e ricchezza di sfumature, ma ciò sarebbe come dire agli autori che avrebbero dovuto scrivere un libro diverso; un libro con altri obiettivi e destinato ad un pubblico di specialisti. Qualsiasi pubblicazione si proponga di “introdurre i giovani cristiani, i nuovi credenti e i cristiani poco informati agli argomenti più importanti della fede, mostrando come va vissuta la fede nella realtà quotidiana” (DeYoung) suscita la mia gratitudine a Dio. Spero e prego che molti comprino più copie di questo libro per distribuirlo con generosa premura. D. A. Carson

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Capitolo UNO

Il Segreto per Conquistare la Nuova Generazione KEVIN DEYOUNG

RIUSCIRE A PUBBLICARE un libro è una cosa divertente. Gente

che non hai incontrato mai, pensa improvvisamente che sei una persona straordinaria. Altri sconosciuti (che scrivono recensioni su riviste specializzate) pensano che sei la spazzatura del mondo (e non nel senso paolino). Un sacco di persone, poi, si aspetta che tu sia un esperto in cose che non conosci poi tanto. Dopo l’uscita del mio primo libro, Why We’re Not Emergent (perché non siamo “emergenti”), pastori e altri credenti mi chiedevano in che modo la mia comunità evangelizzasse i giovani. “Non accettiamo le teorie moderne sulla crescita della chiesa”, precisavano, “vogliamo sana dottrina. Abbiamo bisogno di buona predicazione. Tuttavia, cosa fate nella vostra chiesa per raggiungere le nuove generazioni”? Di solito, la mia risposta era: “Niente”. Volevo far capire loro che non c’è niente di fantasioso o brillante nella strategia della nostra comunità. Cerchiamo soltanto di essere fedeli a Dio. Tuttavia, dopo un po’ ho capito che “niente” non era una risposta utile. Allora, ho cominciato a parlare del nostro lavoro spirituale nelle università e nelle scuole, di come sono struttu13


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KEVIN DEYOUNG

rati i rapporti tra i vari collaboratori e i nostri piccoli gruppi il che, nell’insieme, ha molta importanza. Eppure, la mia risposta sembrava quasi la stessa. “Chi desidera evangelizzare i giovani, deve seguire questo programma o nutrire tale sentimento o porsi in questo modo”. Non vorrei essere frainteso; riflettere sulle strategie, le strutture e i sentimenti non è sbagliato. Sono grato a tutti i collaboratori della nostra chiesa che si affaticano in questi aspetti. Non è questo, però, il segreto per raggiungere con l’Evangelo la nuova generazione. Ci sono state volte in cui mi sono scoraggiato, come pastore, per la lenta crescita numerica della mia comunità. Ho pensato: “Perché quella chiesa laggiù ha tanto successo? Perché sono aumentati da 150 a 1500 membri in tre anni”? A volte sono stato quasi insolente: “Signore, se in cielo scopro che c’era qualche stile musicale segreto o filmato o programma speciale che avrei dovuto utilizzare per avere successo, mi sentirò piuttosto depresso”. Nei momenti di maggior serenità, però, ho considerato due cose: (1) È la mia vecchia natura che brama il successo, non il mio spirito santificato. (2) Il segreto è che non c’è alcun segreto. Raggiungere con l’Evangelo la nuova generazione - che si trovi fuori della comunità o seduta tra i banchi della chiesa ad annoiarsi - è allo stesso tempo più facile e più difficile di quanto si pensi. È più facile perché non è necessario conseguire una laurea in letteratura postmoderna o assistere ad un mucchio di film sciocchi. Non bisogna pronunciare parole in gergo o conoscere il significato di sigle astruse. Non devi ascoltare la musica che la gente ascolta oggi. Non devi stare su Twitter, guardare certi programmi televisivi o tracannare bibite fantasiose. Devi soltanto essere come Gesù. Questo è tutto. Così, la parte facile è che non devi essere come loro. La parte difficile è che devi essere con loro essendo come Gesù. La ricetta per evangelizzare in modo efficace è camminare con Dio, camminando tra la gente. Permettimi di spiegare meglio il concetto. Dopo aver meditato sul problema per oltre un anno, ho individuato cinque 14


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suggerimenti utili per i pastori, per chi guida gruppi giovanili, per chi evangelizza nelle scuole e università e chiunque desidera trasmettere la fede alla nuova generazione: attirali con la passione di Gesù. Conquistali con l’amore del Signore. Afferrali con la santità dello Spirito Santo. Sfidali con la verità della Parola. Meravigliali con Dio.

Attirali con la passione La gente va sempre meno in chiesa per obbligo culturale. Ciò vale soprattutto per i giovani. La nuova generazione non s’interesserà della fede cristiana se questa apparirà morta, monotona e poco entusiasmante. Sarà attratta seriamente soltanto se vedrà che vale il suo tempo. Si possono anche avere riunioni di culto formali, a patto di non mostrare formalismo. Si possono avere riunioni di culto più spontanee, a patto di non affrontare la fede in modo superficiale. I servizi di culto possono avere impostazioni diverse; ma i giovani vogliono vedere passione. Vogliono vederci seriamente coinvolti nella chiesa e nel seguire Cristo. Faremmo bene a porre attenzione su Romani 12, laddove leggiamo: “L’amore sia senza ipocrisia. Aborrite il male e attenetevi fermamente al bene. Quanto all’amore fraterno, siate pieni di affetto gli uni per gli altri. Quanto all’onore, fate a gara nel rendervelo reciprocamente. Quanto allo zelo, non siate pigri; siate ferventi nello spirito, servite il Signore” (vv. 9-11). Se la temperatura spirituale delle nostre chiese non fosse tiepida, ci sarebbero meno probabilità di perdere i giovani, e più possibilità di conquistarne altri. La gente ha bisogno di vedere che Dio è una “realtà consumante” nella nostra vita. La nostra sincerità e serietà nelle cose spirituali è dieci volte più importante dello stile che usiamo per esprimere sincerità e serietà. Blaterare su quanto siamo diversi o parlare di pesci rossi sul blog personale non è evidenza di maturità spirituale. C’è bisogno di passione, di uno zelo alimentato dalla conoscenza (cfr. Romani 10:2). I giovani vogliono vedere che la fede è realmente importante per noi. Sono come Ben Franklin, quando gli chie15


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sero perché stava andando ad ascoltare un sermone di George Whitefield. “Non credete neanche a quel che dice”, obiettava la gente. Al che, Franklin rispose: “Lo so. Ma lui ci crede”. Se la fede evangelica è noiosa per noi, lo sarà anche per gli altri. Se l’Evangelo è una notizia vecchia per te, lo sarà per chiunque altro. Non possiamo trasmettere ciò che non sentiamo. Whitefield tuonava contro la chiesa dei suoi tempi perché “la generalità dei predicatori [nel New England] parla di un Cristo sconosciuto e lontano. Le comunità sono così morte perché vi predicano uomini morti”. (1) La nuova generazione, come ogni altra, ha bisogno di ascoltare una predicazione dell’Evangelo vissuta e appassionata. C’è un tempo per discorrere, ma c’è anche un tempo per dichiarare. Le persone non hanno bisogno di lezioni o dissertazioni dal pulpito la domenica mattina. Hanno bisogno di ascoltare le gesta potenti del Signore. Hanno bisogno di ascoltare il messaggio da qualcuno che non soltanto lo comprenda, ma ne sia catturato. Se vogliamo attirare la nuova generazione con l’Evangelo, dobbiamo attirarla con la passione. Per attirarli con la passione, dobbiamo esserne afferrati noi stessi da Cristo. Il mondo ha bisogno di vedere i cristiani ardere, non di un’indignazione farisaica nei confronti dei costumi corrotti del mondo, ma di un amore appassionato per il Signore. Come ha affermato il predicatore metodista W. E. Sangster: “Non m’interessa sapere se il Tamigi è in fiamme. Ciò che voglio sapere è: se ti prendessi per il colletto e t’immergessi nel Tamigi, friggeresti?”. (2)

Conquistali con l’amore Le chiese evangeliche hanno speso troppo tempo nel cercare di elaborare progetti culturali e poco tempo per provare sem(1) Roger Finke e Rodney Stark, The Churching of America, 1776-2005 (Piscataway, NJ: Rutgers University Press, 2005), 53. (2) Citato in John R. W. Stott, Between Two Worlds: The Challenge of Preaching Today (Grand Rapids: Eerdmans, 1982), 285.

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plicemente ad amare. Se ascoltiamo con pazienza le persone e doniamo loro la nostra attenzione, saremo pieni di cose da fare. Non sto proponendo un ritorno all’ignoranza o all’oscurantismo. Piuttosto, sostengo che bisogna fermare l’attenzione della gente con una forza superiore rispetto al linguaggio adatto o il film adatto. Spendiamo tanto tempo per cercare di imitare la cultura prevalente; a che pro? Per cominciare, non esiste una cultura universale dei giovani. I giovani non pensano tutti allo stesso modo, non vestono alla stessa maniera e non si sentono a loro agio negli stessi ambienti. Inoltre, anche se potessimo capire “cosa piace alle nuove generazioni”, nel momento in cui lo capiamo, probabilmente non piacerebbe più. Puoi esserne certo: appena la chiesa mostra interesse per qualcosa, non è più interessante. Ho visto credenti ben intenzionati cercare di introdurre in chiesa una musica nuova, nel tentativo di raggiungere i giovani; per scoprire poi che si trattava degli stessi inni di sempre. Non c’è niente di peggio che cercare di essere attuali, per rivelarsi poi piuttosto datati. Meglio restare attaccati all’organo e agli inni del passato, che fare musica “nuova” non al passo con i tempi o in modo imbarazzante. Le chiese evangeliche devono smettere di predicare il falso evangelo dell’identificazione culturale. Non sprecare tempo per capire come puoi assomigliare di più alla nuova generazione. Sii te stesso. Parla loro di Gesù. Amali senza vergogna. Molti cristiani si disperano per cercare di capire i giovani, perché sono troppo imbarazzati di essere sé stessi e troppo insicuri di sé per amare semplicemente le persone che vogliono raggiungere. Gesù lo ha detto chiaramente: “Da questo conosceranno tutti che siete miei discepoli, se avete amore gli uni per gli altri” (Giovanni 13:35). Non ha detto: “Conosceranno tutti che siete miei discepoli, se siete al passo con le nuove tendenze della cultura giovanile”. Oppure: “Conosceranno tutti che siete miei discepoli, se create in chiesa un’atmosfera moderna”. Rinuncia 17


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alla rilevanza culturale e cerca l’amore. Se vedono amore in te, amore per i fratelli, amore per il mondo e amore per loro, ascolteranno. Parla con la gente. Nota i visitatori. Invita persone nuove a pranzo. Comincia una conversazione amichevole in pizzeria. Lascia che gli amici adolescenti di tuo figlio s’intrattengano in casa tua. L’amore non garantisce che i giovani non si allontaneranno mai dalla chiesa, ma lo renderà molto più difficile. Non garantisce che i peccatori verranno a Cristo, ma renderà l’invito più attraente. Afferrali con la santità Voglio chiarire questo ancora una volta. Non sto affermando che riflettere sugli stili musicali o prestare attenzione alla “sensibilità” dei credenti o cercare di capire la cultura dominante sia sbagliato. Non sostengo che bisogna assolutamente ignorare le tendenze culturali. Piuttosto, affermo che non serve essere esperti in materia culturale, se prima di tutto non siamo esperti nell’amore, nella verità e nella santità. Guardiamo cosa dice il Signore nella seconda lettera di Pietro: “Voi, per questa stessa ragione, mettendoci da parte vostra ogni impegno, aggiungete alla vostra fede la virtù; alla virtù la conoscenza; alla conoscenza l’autocontrollo; all’autocontrollo la pazienza; alla pazienza la pietà; alla pietà l’affetto fraterno; e all’affetto fraterno l’amore. Perché se queste cose si trovano e abbondano in voi, non vi renderanno né pigri, né sterili nella conoscenza del nostro Signore Gesù Cristo” (1:5-8).

Hai notato la promessa nell’ultimo versetto? Crescere nella fede, la virtù, la conoscenza, l’autocontrollo, la pazienza, la pietà, l’affetto fraterno e l’amore, rende servi di Cristo utili. Questi versetti rivelano il segreto per un servizio spirituale efficace. Se cresciamo nel Signore, faremo la differenza nella vita 18


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delle persone. Quando non accade nulla di rilevante nella tua comunità, nello studio della Bibbia o nella tua famiglia, forse il motivo è che la tua vita spirituale è irrilevante. Mi piace l’affermazione di Robert Murray M’Cheyne: “Il bisogno più grande degli altri è la mia santità personale”. Ho dato questo consiglio decine di volte, e l’ho ripetuto centinaia di volte a me stesso. Le parole di M’Cheyne riassumono quasi interamente il significato del servizio spirituale. La mia comunità ha bisogno che io sia umile, prima di aver bisogno della mia capacità. Ha bisogno della mia onestà, più che io sia una guida dinamica. Ha bisogno che sia disposto a lasciarmi istruire, più della mia bravura nell’esporre insegnamenti biblici. Se la tua condotta corrisponde al parlare, se la fede ti costa qualcosa, se essere un cristiano è più di un vestito culturale, ti ascolteranno. Paolo esortò il giovane Timoteo a seguire da vicino il suo esempio e dottrina (cfr. I Timoteo 4:16). “Persevera in queste cose”, scrisse, “perché, facendo così, salverai te stesso e quelli che ti ascoltano”. Oggi, il servizio spirituale si svolge prestando poca attenzione alla santità. Abbiamo scoperto che cambiare il modo in cui guidiamo la chiesa è più facile che cambiare il modo in cui siamo. Abbiamo scoperto che non siamo poi così diversi dagli altri per essere notati; perciò, abbiamo cercato di diventare in tutto come gli altri. I giovani d’oggi non vogliono un cristianesimo culturale, ben introdotto nella società. Vogliono un cristianesimo coerente che cambia le vite e trasforma la società. Forse, faremmo più progressi nel raggiungere con l’Evangelo la nuova generazione se facessimo più progressi nella santità: “Occupati di queste cose e dèdicati interamente ad esse perché il tuo progresso sia manifesto a tutti” (I Timoteo 4:15), esorta Paolo. Ricorda: la nuova generazione non è soltanto là fuori. È anche qui, seduta nelle nostre chiese, ogni settimana. Sentiamo parlare spesso di quanto sia pericolosa l’università per i giovani cristiani; tanti abbandonano la chiesa, una volta raggiunta l’università. Gli studi, però, mostrano che la maggior 19


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parte degli studenti lascia la chiesa nel periodo del liceo, non dell’università. Non sono i professori liberali a sviare i nostri giovani. Piuttosto, il loro cuore duro e la nostra testimonianza stantia, compromessa, aprono quelle porte e li fanno andar via. Uno dei problemi è che non abbiamo presentato bene la fede cristiana nelle nostre case, né abbiamo avvicinato i nostri giovani ad altri cristiani maturi nella chiesa. Un responsabile dei giovani ha affermato che l’assiduità con cui i nostri ragazzi “frequentano gli incontri giovanili (compreso la scuola domenicale) non consente di prevedere con sicurezza chi di loro continuerà fino a diventare un cristiano maturo”. Al contrario, quasi senza eccezione, quei giovani che crescono nella fede fino all’età adulta sono stati adolescenti che rientravano in una delle due categorie seguenti: (1) sono nati in famiglie dove la maturità cristiana è stata dimostrata personalmente da almeno uno dei genitori, o (2) hanno sviluppato dei rapporti così importanti con gli adulti all’interno della chiesa da farla diventare una specie di famiglia allargata.(3)

Allo stesso modo, il sociologo Christian Smith sostiene che, sebbene la maggior parte dei ragazzi e dei genitori non se ne rendano conto, “gran parte delle ricerche svolte dai sociologi suggerisce che l’influenza sociale più importante per l’esperienza spirituale dei giovani è la fede mostrata e trasmessa dai loro genitori”.(4) La deduzione logica di tutto questo è semplice. Il requisito indispensabile per produrre cristiani consacrati e maturi è la presenza d’altri cristiani consacrati e maturi. Tanti bravi genitori, è vero, continuano ad avere figli ribelli, e non sempre da (3) Mark DeVries, Family-Based Youth Ministry: Reaching the Been-There, Done-That Generation (Downers Grove, IL: InterVarsity, 1994), 63. (4) Christian Smith, con Melissa Lundquist Denton, Soul Searching: The Religious and Spiritual Lives of American Teenagers (New York: Oxford University Press, 2005), 56.

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maestri fedeli derivano allievi fedeli. La chiave che rigenera il cuore non è la santità delle persone. Lo Spirito soffia dove vuole. Tuttavia, non dimentichiamo che la promessa di II Pietro 1 è vera. Se siamo santi, porteremo frutto. I legami personali con i giovani cristiani sono più che mai necessari per la nuova generazione.

Sfidali con la verità Nel periodo di maggior sviluppo delle chiese evangeliche, studiosi e pastori discutevano su come evangelizzare i perduti senza abbassare il livello spirituale. Personalmente, sostengo che raggiungiamo i perduti proprio non abbassando quel livello. Oggi la porta è aperta come non mai per presentare alle persone un buon insegnamento biblico. La gente vuole conoscere la dottrina. Lo desidera davvero, anche i non cristiani. Vogliono sapere cosa crediamo realmente, sia che l’accettino o no. I giovani non sopportano discorsi semplicistici e banali. Vogliono la pura verità, nuda e cruda, predicata senza vergogna. Alcuni anni fa, lo scrittore evangelico Thom Rainer ha condotto un’indagine con una domanda aperta ai cristiani che in precedenza non frequentavano la chiesa: “Quali fattori ti hanno portato a scegliere questa comunità”? Nel passato erano state fatte molte indagini chiedendo a chi non faceva parte di una chiesa come immaginava la comunità ideale. Questo studio, invece, chiedeva a chi in precedenza non frequentava una chiesa, per quale motivo si trovasse ora in quella comunità. I risultati sono stati sorprendenti: l’11 percento ha risposto che li aveva portati in quella chiesa lo stile del culto, per il 25 percento il motivo era la cura spirituale rivolta ai bambini e ai giovani; il 37 percento ha risposto che in quella chiesa avvertiva la presenza di Dio. Per il 41 percento, era stato qualcuno della comunità a testimoniare loro, ed il 49 percento indicava nell’accoglienza calda e amichevole la ragione per la scelta di quella chiesa. Riuscite a immaginare quali sono state le prime due risposte in termini percentuali? La sana dottrina e la pre21


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dicazione - l’88 percento ha riferito che era in quella chiesa per la dottrina, ed il 90 percento per la predicazione; in particolare, un pastore che predicava con certezza e convinzione.(5) Una donna ha osservato: Abbiamo frequentato varie chiese, prima di diventare credenti. Abbiamo notato che molti predicatori parlavano con poca autorità; non affrontavano quasi mai questioni difficili della Scrittura, e presentavano gli altri argomenti in modo sfumato. Ora, Frank e io ci rendiamo conto che eravamo affamati di verità. Perché i predicatori non capiscono che i sermoni banali e superficiali non aiutano nessuno, incluse persone come noi, che non eravamo cristiani?(6)

Quando si tratta di evangelizzare i perduti, una predicazione franca, profonda e biblica non è il problema. È parte della soluzione. La nuova generazione nelle nostre chiese deve essere sfidata con la verità. Nel suo libro sulla vita religiosa degli adolescenti americani, il professore Christian Smith ha coniato l’espressione: “Deismo moralistico terapeutico” per descrivere la spiritualità dei giovani. Essi credono di essere delle brave persone sotto l’aspetto morale. Credono che la religione debba dare pace, felicità e sicurezza. Credono che Dio esiste e che ha fatto il mondo, ma non è particolarmente coinvolto nei fatti della vita quotidiana.(7) Siamo ingenui se pensiamo che la stessa convinzione non l’abbiano alcuni tra i giovani migliori e brillanti delle nostre chiese, o persino chi legge questo libro! La gente che frequenta le chiese evangeliche non è incapace di apprendere. Il problema è che non riceve istruzione. Nessuno li ha sfidati a pensare in modo profondo o a leggere un libro dif(5) Thom Rainer, Surprising Insights from the Unchurched (Grand Rapids: Zondervan, 2001), 74. (6) Ibid. 62. (7) Smith and Denton, Soul Searching, 162 e ss.

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ficile. Nessuno ha chiesto loro di articolare la propria fede in categorie bibliche e teologiche. Non ci aspettiamo quasi nulla dai nostri giovani e, di conseguenza, non otteniamo nulla. Un paio di generazioni fa, i ventenni si sposavano, mettevano su famiglia, lavoravano per essere autonomi, oppure andavano a combattere i nazisti. Oggi i trentacinquenni sono incollati a Facebook, cercano il senso della vita e cercano di trovare sé stessi. Siamo stati coccolati, quando avevamo bisogno di essere sfidati. Per sfidare la nuova generazione con la verità bisogna iniziare con un onesto autoesame. Dobbiamo chiederci, conosciamo la trama della Bibbia? Conosciamo la teologia cristiana? Leggiamo dei libri cristiani sostanziosi? Sappiamo cosa sono la giustificazione, la redenzione, il peccato, la propiziazione e la santificazione progressiva? Capisco davvero l’Evangelo? Non posso sfidare gli altri se prima non ho sfidato me stesso. Questo è uno dei motivi trainanti del presente libro. Desidero che il credente “medio” di ogni chiesa rifletta più profondamente sulla sua fede. Desidero che i cristiani si rendano conto, com’è capitato a me quella notte all’università, che c’è ancora molto da imparare. Qualcuno ha affermato che, negli Stati Uniti, il cristianesimo è ampio un chilometro e profondo un centimetro. Beh, forse oggi è ampio soltanto mezzo chilometro. L’influenza di un cristianesimo biblico non è più così pervasiva, come una volta. Perché esso torni ad essere ampio un chilometro, deve prima trovare il modo per essere profondo un chilometro. Una fede cristiana superficiale non sopravvivrà nella nuova generazione, e non crescerà. Il cristianesimo culturale si sta dissolvendo nel materialismo. La chiesa del ventunesimo secolo deve tornare a fare sul serio con la verità oppure ritirarsi.

Meravigliali con Dio Ti prego di non avvicinarti alla nuova generazione con un moralismo trito: non fare sesso, frequenta la chiesa, testimonia della tua fede, stai lontano dalla droga, sfama i senzatetto. 23


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KEVIN DEYOUNG

L’Evangelo non parla di ciò che dobbiamo fare per il Signore, ma di quanto Dio ha fatto per l’umanità. Quindi, afferrali con la buona notizia su chi è Dio e cosa ha fatto per noi. Alcuni, a quanto pare, si vergognano di parlare del Signore alla gente. Forse perché non Lo conoscono veramente. Oppure preferiscono vivere nella superficialità. O ancora, non ritengono che conoscere Dio sia particolarmente utile. Anch’io combatto questo genere d’incredulità nella mia vita. Il Signore è capace di conquistare il cuore e la mente della nuova generazione. È la Sua opera, prima d’essere la nostra. Quindi, mettiamolo davanti e al centro; non predichiamo i nostri dubbi e non riduciamo Dio al nostro livello. Se mai la gente ha avuto fame di un Signore grande e onnipotente, certamente è ora. Presentiamo un Dio Santo, indipendente e diverso da noi; un Dio buono, giusto, pieno d’ira e di misericordia. Diamo loro un Dio sovrano, potente, amorevole e vero. Presentiamo un Dio tagliente, vivo; che li fa sentire amati e al sicuro, e allo stesso tempo piccoli e a disagio. Presentiamo un Dio che agisce secondo la propria volontà e per la gloria del Suo nome. Diamo loro un Dio che ama generosamente e gratuitamente. Presentiamo un Dio degno di stupore e timore, un Dio grande abbastanza da meritare tutta la nostra fiducia, speranza e amore. I tuoi amici, la tua chiesa, la tua famiglia, i tuoi figli sanno che Dio è il centro dell’universo? Vedono che è al centro della tua vita? Immagina di aver sognato qualcuno seduto su un trono. Nel tuo sogno, intorno al trono c’era un arcobaleno; lo circondavano anche ventiquattro anziani. Dal trono uscivano fulmini e tuoni ed alla base c’erano sette lampade sfolgoranti. Davanti c’era un mare di vetro. Intorno al trono c’erano quattro creature strane, che ringraziavano Colui che vi sedeva sopra. I ventiquattro anziani si prostravano dinanzi a Lui. Non c’è bisogno di tirare Giuseppe fuori di prigione per interpretare questo sogno. Il trono è il centro della visione. Il significato del sogno è Dio. 24


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Il Segreto per Conquistare la Nuova Generazione

Non si tratta, ovviamente, di un sogno ordinario. È la visione di Giovanni riportata nel capitolo 4 dell’Apocalisse. Proprio in questo momento, è realtà. Dio è più vero, duraturo e importante del tuo dolore, o paura, o tentazione, o avversità, o vestito, o fidanzato, o videogioco, o iPod o BlackBerry, o qualsiasi altra cosa sia importante per i giovani secondo la cultura attuale. Ciò che conta adesso e per l’eternità è adorare Chi siede sul trono. Possiamo cercare di portare a Cristo la nuova generazione, meravigliandola con la nostra bravura, umorismo o aspetto esteriore. Oppure, possiamo decidere di meravigliarla con Dio. Io ho bisogno di tante cose. Ho dei progetti e una lunga lista di cose da fare. Ho bisogno di cibo, acqua e riparo. Ho bisogno di sonno. Ho bisogno di più esercizio fisico, e di mangiare meglio. Il bisogno più grande che ho, tuttavia, e che tutti noi abbiamo, è di conoscere Dio, amarlo, rallegrarci in Lui e metterlo al centro della nostra esistenza. Davanti a noi c’è un’opportunità incredibile. La maggior parte della gente conduce una vita vuota, effimera. Possiamo dare loro sostanza, e non semplicemente stile. Possiamo mostrare loro un Dio grande, capace di dare un senso alla loro vita scialba. Possiamo additare la trascendenza, invece delle banalità. Possiamo raggiungerli con qualcosa di più duraturo e potente rispetto ad espedienti, gadget e giochi. Possiamo raggiungerli con il Signore stesso. Prova ad immaginarlo. Conquistare la nuova generazione a Dio, mostrandole più di Dio. È così fuori dell’ordinario, che può avere successo.

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A volte c’è da chiedersi come si possa trascorrere la vita in una comunità, immersi in una sorta di sottocultura evangelica, dove sono posti in essere e messi in risalto fattori che non hanno alcuna rilevanza scritturale e, di contro, non conoscere neppure i principi biblici basilari su cui si fonda la nostra fede. Non Chiamatelo Regresso è una lettura essenziale per tutti quelli che vogliono comprendere con chiarezza le verità che contano di più, quelle che determinano lo spessore della nostra fede evangelica e ispirano la nostra condotta cristiana. Una cosa del genere può sembrare antica, un ritorno al passato, ma sono proprio quei “sentieri antichi” che devono essere percorsi in vista di un nuovo domani. L’intramontabile Parola di Dio è quella che ci farà vedere un’altra aurora spirituale.

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NON CHIAMATELO REGRESSO

Kevin DeYoung

REGRESSO_Copertina_xp8_Layout 1 16/10/12 08:45 Pagina 1

ISBN 978-88-89698-71-6

€ 15,50

9 788889 698716

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