asud'europa anno 7 n.10

Page 29

Processo sulla trattativa tra stato e mafia Decine i testimoni - pentiti, politici, esponenti delle forze dell'ordine, magistrati -, centinaia di migliaia i documenti: tra tutti, atteso per mesi dai pm e annunciato a più riprese da Ciancimino, il «papello», l'elenco delle richieste che Riina avrebbe fatto allo Stato per fermare le stragi. Tra polemiche - la Procura viene accusata di volere riscrivere la storia d'Italia - e colpi di scena - come l'arresto di Ciancimino per calunnia ai danni dell'ex capo della polizia Gianni De Gennaro - si giunge a giugno scorso. Dall'inchiesta originaria di tempo ne è passato: i personaggi coinvolti ora sono molti di più. Boss, ex ufficiali del Ros, pentiti, lo stesso Ciancimino, che è reo confesso. E politici illustri: da Marcello Dell'Utri a Calogero Mannino, ultimo a essere indagato ma perno della ricostruzione dei pm, fino a Nicola Mancino. I pm lo intercettano per mesi sospettando che stia tentando di inquinare le indagini. E ascoltano una serie di sue telefonate con Loris D'Ambrosio, l'ex consigliere giuridico del capo dello Stato: per gli inquirenti sono la prova che l'ex politico Dc cerca di sottrarre l'indagine a Palermo. Mancino, citato a deporre al processo a uno dei militari dell'Arma coinvolto, il generale Mario Mori, finisce indagato per falsa testimonianza. Poi il colpo di scena dell'intercettazione «casuale», diranno i pm, delle telefonate tra Mancino e il presidente della Repubblica: irrilevanti per l'indagine, ma finite al centro di un vero e proprio scontro tra la Procura e il Colle. Si arriva al conflitto di attribuzioni davanti alla Consulta. I giudici danno ragione a Napolitano: le chiamate non dovevano essere ascoltate e vanno distrutte. Dalla maxi-inchiesta, figlia del procedimento «sistemi criminali», a giugno vengono stralciate le posizioni di 12 indagati: per 10 oggi è arrivato il rinvio a giudizio. Per due, quella del boss Provenzano e di Mannino, è stato disposto lo stralcio.

E comunque un reato «che rivendico - dice con foga Mancino - di non aver mai consumato e vorrei che il prossimo giudice fosse obiettivo e imparziale». «Non ho mai saputo niente della trattativa, nessuno me ne ha mai parlato. E non avendo mai saputo niente non potevo neppure inventare una trattativa», ha ribadito l'ex ministro. Mancino ha quindi sottolineato di non aver mai conosciuto Vito Ciancimino, nè l'ex ufficiale del Ros Giuseppe De Donno, mentre Mario Mori l'ha conosciuto «il 23 maggio 1993 nel corso di una trasmissione Tv». Quella dei due ufficiali dei carabinieri era, per Mancino, «un'attività investigativa» e in questo contesto andavano inquadrati i loro rapporti con Ciancimino. E «se Martelli ipotizzava un'attività illecita da parte loro, un'attività a fini diversi da quelli investigativi, da ministro della Giustizia non doveva farsene carico? Viceversa, se Martelli non sapeva di una trattativa, perchè quegli incontri non potevano avere fini solo investigativi?». Mancino spiega che intende essere presente al processo: «devo difendere il mio onore e la mia onestà. Non sono mai stato costretto ad arrossire per comportamenti eticamente scorretti e non sono mai stato costretto a dimettermi, come pure avvenne a certi miei colleghi, a causa di avvisi di garanzia sotto tangentopoli o per reati gravi. Avevo chiesto il giudizio separato perchè non ritengo di dover stare in compagnia di chi ha lanciato bombe, ha ammazzato un ragazzino sciogliendolo nell'acido, in compagnia di quelli che ho combattuto. Non mi accusano di aver condotto la trattativa eppure vengo messo in quel fascicolo con quell'impianto accusatorio che non poche sofferenze mi ha procurato».

I RAPPORTI TRA MANCINO E NAPOLITANO - «Non ho mai chiesto protezione al capo dello Stato». Si difende Nicola Mancino, rinviato a giudizio per falsa testimonianza nell'inchiesta palermitana sulla trattativa Stato-mafia. Prima con una nota, poi in una conferenza stampa a Roma, l'ex ministro dell'Interno ha ribadito la sua innocenza e chiesto che si faccia chiarezza in fretta: «sono certo che le prove da me fornite all'udienza preliminare sulla mia totale estraneità saranno accolte dal Tribunale in un dibattimento, che spero si concluda in tempi brevi». Dunque, nessuna richiesta di “protezione” nelle telefonate con il presidente Giorgio Napolitano intercettate, assicura Mancino, mentre nelle conversazioni con il consulente giuridico del Quirinale Loris D'Ambrosio, scomparso nei mesi scorsi, «mi sono lamentato - ha detto - per il pregiudizio che avvertivo sulla pelle da parte dei pm di Palermo». Alla fine «il teorema è stato costruito, checchè ne possa pensare qualche ex procuratore palermitano, e su quel teorema si sono volute costruire anche fortune di carattere politico». Mancino ripete più volte questa parola - “teorema” - che il gup si sarebbe «preoccupato di non smontare, accogliendo la richiesta di rinvio a giudizio per falsa testimonianza, un'accusa che non mi fa piacere, ma è meno di un tradimento contro lo Stato».

11marzo2013 asud’europa

29


Issuu converts static files into: digital portfolios, online yearbooks, online catalogs, digital photo albums and more. Sign up and create your flipbook.