RUNA BIANCA maggio 2012

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Ora, come anticipato fin dal titolo del presente articolo, la mia analisi lascerà in secondo piano gli enigmi e i simbolismi massonici dell’edificio di Palazzo Camuzzi (sui quali non escludo di soffermarmi in un’eventuale futura trattazione), concentrandosi, invece, su quelli del giardino. Parliamo, sarà bene precisarlo, di un parco non visitabile dal pubblico poiché privato, sebbene non vi siano barriere fisiche a delimitarne in modo chiaro il perimetro. Il giardino, dall’accentuata verticalità, è idealmente diviso in tre fasce da altrettanti sentieri che lo tagliano in orizzontale. I tre livelli sono percorsi e collegati tra loro da diverse scale. In realtà, ad eccezione della scala principale in muratura, situata nel livello più alto (dove il giardino si collega al palazzo), le altre sono piuttosto degli scalini scavati nel terreno, in un’ambientazione che, più si scende, allontanandosi dalla casa, più si fa naturale e “incolta”, fino a sembrare selvatica nel livello più basso. Quest’ultimo livello lo definiremo il “primo”, di conseguenza “secondo” quello intermedio e “terzo” il più alto, come si trattassero dei piani di

Cominciamo dai tre livelli. Non solo la Massoneria, ma quasi tutte le antiche dottrine iniziatiche e l’Alchimia (da cui la Massoneria attinge a piene mani i suoi simboli), sono strutturate su tre grandi livelli di affinazione dell’individuo, che passa da Apprendista a Compagno, per diventare infine Maestro. La Grande Opera degli Alchimisti si svolgeva in tre fasi maggiori: la Nigredo od Opera al Nero, l’Albedo od Opera al Bianco, e la Rubedo od Opera al Rosso (sulla spiegazione delle quali mi sono spesso soffermato nei miei libri). Si tratta come detto di gradi di progressiva affinazione, purificazione e crescita dell’uomo-piombo che deve diventare oro. Questo spiega perché il “nostro” giardino si presenti oscuro e quasi impenetrabile nel primo e più basso livello: ci troviamo nella “selva oscura” dantesca, il principio dell’Iniziazione. Il giardino, come l’Iniziato, viene plasmato e ordinato nei livelli superiori, man mano che si sale, in cerca dell’armonia. L’idea che Agostino Camuzzi abbia voluto indicare, nella struttura del giardino, un modello dell’ascesa iniziatica, viene in qualche modo avvalorata dall’aver posto, nella parte più alta, come passaggio dal giardino al palazzo, la scala in muratura. Questa scala consta di trentatré scalini. Trentatré sono i gradi della Massoneria di Rito Scozzese Antico ed Accettato. Di Massoneria scozzese si hanno le prime tracce nel 1743, ma è il 31 maggio del 1801 che venne fondato il primo Supremo Consiglio a Charleston, negli Stati Uniti. La scala di trentatré gradi rappresenta il cammino del fratello Libero Muratore alla ricerca della “parola segreta”, ovvero l’insegnamento ultimo che il maestro leggendario Hiram (architetto del tempio di Salomone) si rifiutò di rivelare agli apprendisti che lo minacciarono e che in seguito lo uccisero. Parlando delle altre scale nel giardino, situate ai livelli inferiori e più precisamente là dove idealmente situeremmo il passaggio da Apprendista a Compagno, e da Compagno a Maestro, incontriamo una prima scala dritta, e successivamente una serie di sentieri e scale ricurve, che salgono con anse parallele, simili

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Gli elementi che abbiamo finora indicato potrebbero sembrare poca cosa per costruire una lettura simbolica, massonica addirittura, del giardino di Palazzo Camuzzi. Spero di riuscire a smentire questa prima impressione. In realtà, è necessario soltanto riordinare i pezzi del puzzle.

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Ma a guardar dal giardino in su (meglio se dal giardino ghiaioso, di sopra), ecco poi che il palazzo o castello acquista tutta la sua ampiezza, per di così, scenografica: e sopra il porticato-atrio s’innalza magro, con un altro orologio tondo fermo a quell’ora, una sorta di corpo centrale, che va su a un terrazzino, e poi su su a una torretta con una cupola sostenuta da esili colonnine di legno, con l’incrocio delle banderuole che segnano i punti cardinali, e una campanella, […] e di qua e di là quel corpo […] ecco che apre i suoi bracci, i suoi corpi laterali, che son quasi quinte, sormontate da frontoni triangolari, dai colmi però scalettati. E a guardar bene è tutto un susseguirsi per quelle facciate, oltreché di triangoli, di cerchi, di rombi, di ellissi, geometrie che si ripetono ma anche svariano, e non son più elementari […]; sicché il tutto acquista caratteri eclettici, compositi, si dà un neogotico, un neomedievale, e per entro gelidezze neoclassiche e stravaganze barocche. L’aura è da romanticismo, perché qui siamo intorno alla metà dell’Ottocento; e da romanticismo piuttosto nordico, perché proprio del mondo d’un uomo che visse e operò per buona parte della sua vita nel nord […] Agostino Camuzzi, l’architetto”.

un edificio. Scopriremo, in centro al giardino, tra il primo e il secondo livello, la volta di una piccola grotta, che fa da tetto al laghetto artificiale. Infine, se è vero che le piante costituiscono un mezzo privilegiato di comunicazione simbolica, tra le specie botaniche che fanno da cornice a questo luogo così suggestivo parleremo di cinque in particolare, ovvero del glicine (Wisteria sinensis), che avvolge tra le sue spire una vasta area del parco; del tasso o albero della morte (Taxus baccata), di cui si contano sette esemplari nel primo livello del giardino; dell’albero di Giuda (Cercis siliquastrum), più volte citato dallo stesso Hermann Hesse, che cresce nel secondo livello insieme alla magnolia (Magnolia grandiflora); e delle palme (Trachycarpus fortunei), che svettano nel terzo livello.

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costruzione una leziosità elegante, estrosa, fin a momenti scherzosa: e l’impressione più o men si conferma a considerar le cose da presso. Passiam per un breve androne o atrio, dal soffitto mosso da decorazioni a stucco, a mò di foglie e di fiori, e di fronte ecco un orologio ottocentesco […]; e oltre quel bel porticato siamo a dovere scender per una breve scaletta di sasso, che ci porta in un giardinetto ghiaioso a terrazza, e di poi, per altra scaletta, in un giardino quasi en negligé, un giardino-bosco digradante a terrazzi e quasi scosceso, dove i sentierini si fan largo a malapena tra intrichi d’alberi. E in un umidore diffuso e costante, col cielo che appena s’intravede a sprazzi, ecco sopra lo specchio verde-bruno d’un minuscolo laghetto attorcersi variamente un glicine possente, che s’attacca ad alberi e alberoni, gira per l’intrico di altri rami e tronchi, sorprendentemente ritorna e riparte, per finir chi sa dove, quasi divertendosi a menar l’occhio del visitatore dentro un oscuro laberinto […].


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